Questi libri ci avrebbero somministrati lumi maggiori e sull’origine della commedia e sull’ordine cronologico de’ poeti comici. […] Lilio Gregorio Giraldi, Isacco Vossio, Giovanni Meursio, Francesco Patrizi, squadernando i libri de’ commentatori, de’ lessicografi, degli scoliasti, de’ cronisti e de’ gramatici, ed approfittandosi di quelli di Ateneo, Suida, Esichio, Giulio Polluce, Stabeo, Plutarco, gettano in tanta oscurità qualche barlume. Chi ama di essere minutamente informato di siffatte cose, consulti le opere de’ riferiti scrittori. […] Il carattere delle di lui favole consisteva nel seminarvi acconciamente la sapienza pitagorica, e nella piacevolezza de’ motteggi. […] Con tale artificio erano lavorati quegli strani Uccelli geroglifici eloquenti di certi cittadini viziosi nati in Atene; quelle Vespe immagini de’ magistrati ingordi e venali; quelle Rane simboli de’ molesti verseggiatori ciclici; quelle Nuvole colle quali si satireggiava l’ipocrisia morale e l’inutilità de’ calcolatori fantastici.
Cooper Walker nelle Memorie de’ Bardi Irlandesi. […] Il regno de’ Longobardi in Italia ne porge un chiaro esempio. […] Le necessarie discordie domestiche l’indeboliscono, e per timore de’ Franchi e de’ Greci eleggesi di nuovo un re nella persona di Autari. […] Ma senza più ascoltiamo la decisione dell’autore dello Spirito delle Leggi, giudice troppo competente, intorno alle leggi de’ Borgognoni, de’ Longobardi, e de’ Visigoti. […] Osservi il diva rio che passa tralle leggi promulgate in quella mezzana età in Italia, e quelle de’ Visigoti e de’ Borgognoni.
Quanto alla lingua Italiana è stato non senza ragione detto, che simile a Pallade nacque bella ed armata dalla testa di Giove per l’innesto non pure del latino parlare e del settentrionale, ma de’ rimasti rottami de’ primitivi linguaggi Italici de’ popoli indigeni, e de’ forestieri Etrusci, Osci, Greci, Sabini, ed altri, che anticamente abitarono le nostre amene regioni. […] de Gestis Friderici), che i popoli Italiani già in quel tempo nulla più ritenevano de’ barbarici costumi degli antichi Longobardi, e che ne’ loro costumi e linguaggio compariva molto della pulizia e leggiadria de’ vecchi Romani. […] Millot nella Storia letteraria de’ Trovatori, il Cav. […] Blair intorno ai poemi del Celto Ossian, e dall’erudite Memorie de’ Bardi Irlandesi del Sig. […] In tempo di pace ordinariamente cantavano l’ eroiche azioni de’ loro guerrieri per tramandarle a’ posteri; e per ciò Tacito disse de’ Germani, che altra storia essi non aveano che i canti de i loro Poeti; e i Bardi furono energicamente chiamati da Ossian i Re della fama.
I mentovati ministrieri erano compagni de’ trovatori, e per lo più giravano per li castelli de’ signori per divertirli nell’ora del desinare, cantando su proprii stromenti de’ versi accompagnati da musica da loro composta. […] Il regno de’ Longobardi in Italia ne porge un chiaro esempio. […] Le necessarie discordie domestiche l’indeboliscono e per timore de’ Franchi e de’ Greci eleggesi di nuovo un re nella persona di Autari. […] Ma senza più ascoltiamo la decisione dell’autore dello Spirito delle leggi, giudice troppo competente, intorno alle leggi de’ Borgognoni, de’ Longobardi, e de’ Visigoti. […] Osservi il divario che passa tralle leggi promulgate in quella mezzana età in Italia e quelle de’ Visigoti e de’ Borgognoni.
Quel che vi si avanza, specialmente dell’ignoranza provata de’ Sacerdoti Spagnuoli sino al XV secolo, è fondato, come ognun vede, sulle cure presene per distruggerla da tutto un Concilio Matritense, e sul testimonio del celebre Storico Mariana. […] Io veggo però un altro possibile incomparabilmente più comune, e naturale, cioè, che il Nasarre ignorasse o dissimulasse la barbarie della Penisola verso il principio del XVI secolo (alla quale non mai derogheranno nè tre nè quattro scrittori che altri potesse citare), e spacciasse un fatto passato solo dentro del suo cervello, cioè che ne fosse sbucciato un autore spagnuolo che, usando nelle insipide sue commedié un latino barbaro e un pessimo italiano, calato fosse ad insegnare a scrivere commedie ai maestri de’ Nebrissensi e de’ Barbosi, agl’ Italiani, che, come bene osserva l’A. di questa eccellente Storia teatrale, già possedevano le comiche produzioni de’ Trissini, degli Ariosti, de’ Machiavelli, de’ Bentivogli. […] Avvegnachè la prima Accademia scientifica de’ Segreti della Natura fosse stata formata in Napoli nel secolo XVI (V. il dotto ab. […] Egli godè l’amicizia de’ più colti uomini dell’una e dell’altra nazione, de’ Diderot, de’ D’Alembert, dell’Ab. […] Ferdinando Galiani, del Frugoni, del Duca di Belforte, dell’avvocato Diodati, del can de Silva de’ marchesi della Banditella, dell’ab.
Lo veggiamo agiato non solo e fornito di quanto bisogna alla sua sussistenza, ma disdegnoso de’ primi cibi non compri, dell’erbe su cui giaceasi ne’ tugurj, delle lanose pelli onde copriva la sua nudità, passare alle delizie più ricercate della gola, alle soffici oziose piume, alla delicatezza delle sete, de’ veli, de’ bissi, alla pompa degli aironi, degli ori, delle perle, dei diamanti di Golconda, in somma al fasto Persiano e Mogollo, e alla mollezza Sibaritica e Tarentina. Ma veggiamo ancora che egli, deposta ogni ferocia, ogni baldanza, ogni vanità ed effemminatezza, perviene alla rettitudine degli Aristidi e de’ Fabrici, alla probità de’ Socrati, de’ Senocrati, e de’ Catoni, alla meditazione de’ Platoni, degli Anassagori, degli Archimedi. […] I quali nel pronunciarsi con certa cantilena e con espressivo atteggiamento diedero la vita anche alla pronunziazione, che è la prima musica della natura, e poi alla musica stessa artificiale; da che l’uomo solingo posto in mezzo alla silenziosa amenità della campagna sentesi sensibilmente invitato e rapito a mandar fuori di se i versi e a modular la propria voce per incantar dolcemente i sensi di chi l’ascolta; prendendone l’esempio dal concorde suono del grato mormorar de’ ruscelli, del susurrar dell’aure leggiere, del frascheggiar de’ teneri frondosi virgulti, e del lieve aleggiare e del gorgheggiar soave de’ canori augelletti. […] Colà solo spiccano gli Apollodori, i Difili, i Filemoni, e Menandro la delizia de’ filosofi, ed il modello inarrivabile de’ Cecilii e de’ Terenzii. […] Il vostro Governo composto de’ vostri migliori Concittadini volge tutte le sue mire a rendervi felici e tranquilli e scienziati e grandi artisti; secondatelo.
Ambiste mai di passare pel Carneade de’ nostri giorni? […] L’istesso è da dirsi de’ Greci. Or perchè non si afferma il medesimo de’ Fenici? […] Da ciò risulta, che più recente ancora fu lo stabilimento de’ Fenici in quella Costa, mentre i successi narrati de’ Cartaginesi coincidono col III. secolo, prima dell’Era Cristiana. […] Stavano scritte con questa Logica le Scienze de’ Turdetani?”
Le tragedie erano o palliate che imitavano i costumi de’ Greci, a’ quali appartenevasi il pallio, o pretestate, che dipingevano i costumi de’ Romani i quali usayano la pretesta. […] Fu stimato al pari del famoso Verrio Flacco precettore de’ nipoti di Augusto. […] Finì in Roma ogni gloria della poesia drammatica, allorchè cominciò a regnarvi la moda delle buffonerie e delle oscenità de’ mimi e de’ pantomimi, spettacoli più atti a trattenere un popolo che andava degenerando. […] i partiti de’ Guelfi e de’ Ghibellini? È vero che in Roma ed in Costantinopoli arsero le fazioni de’ Verdi e de’ Turchini nel circo e ne’ teatri; ma è vero ancora che i pantomimi influirono negl’interessi e nell’origine degli odii de’ Guelfi e de’ Ghibellini quanto v’influì la discordìa de’ Tebani Eteocle e Polinice.
Dicami di grazia, non potrebbe un Popolo Asiatico essere competentemente colto, e non compiacersi de’ divertimenti Europei? […] Gli Alemanni aveano de’ Leibnitz, e tuttavia ascoltavano in Teatro Giovanni Salciccia. […] La Natura (argomenta) accoppiata all’Arte come mai non insegnò agli Arabi l’idea de’ Giuochi Scenici in più di sette Secoli? […] Tardi Roma udì quest’impulso naturale, e sull’esempio de’ Drammi Greci della ludrica Etrusca, e delle Farse Osche coltivò la Poesia Scenica. […] Pare che il Signor Apologista abbia voluto serbare per le ultime fortune il più debole, il più inefficace de’ suoi argomenti.
Nè della scena nè delle colonne e de’ fregi che l’adornavano, rimane alcun vestigio. […] Quanto poi alla condizione nobile delle Spartane che rappresentavano per prezzo, non è da stupirsene; e Cornelio l’adduce appunto per uno degli esempj nella diversità de’ costumi de’ Greci e de’ Romani. […] Frinico era rappresentatore e fu, come vedemmo, creato capitano dagli Ateniesi in grazia de’ suoi versi che mostravano la di lui perizia nelle çose belliche. Eschilo musico attore e saltatore non meno che poeta, era uno de’ valorosi capitani del suo tempo, e sotto di lui godeva la pubblica stima il saltatore Teleste che si segnalò nella rappresentazione de’ Sette a Tebe. […] Gli spettacoli come scuole di destrezza, di valore e d’ingegno formavano una delle cure predilette de’ Greci, e tralle prime di queste cure erano i teatrali.