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215. (1732) Paragone della poesia tragica d’Italia con quella di Francia

[1.1.6] Però soggiunge egli che Aristotele, non giudicando essenziali alla favola tragica le sentenze ed i discorsi instruttivi, né potendo rinvenire altra ferma utilità, volle sostituirne una, la qual non è forse se non immaginaria; perciocché il purgamento delle sopradette passioni non pare che siegua nelle tragedie stesse, ove si ritrovano le condizioni che richiede quel filosofo. […] Un tal pensiere parve sì bello a Tomaso Cornelio che volle imitarlo nel suo Achille ove Polissena dice che il suo amante convien che taccia nel suo cuore quando ha parlato Priamo.

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