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33. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo ottavo »

personaggi fantastici, numi ed eroi mischiati tra buffoni, un miscuglio di tragico e di comico, che non aveva né la vivacità di questo né il sublime di quello, ne facevano allora il più cospicuo ornamento del dramma. […] L’armonia era ben concertata, e spiccava la pienezza degli accordi, ma niuno, o pochissimo studio si metteva nell’osservar la relazione tra la parola e il canto, e nel perfezionare la melodia. […] Il piacere, che gustava il popolo nelle macchine e nelle decorazioni, faceva che si stimasse più un buon macchinista che un poeta o un musico: quindi mancò l’emulazione tra i professori, la quale non si riscalda, ove il pubblico grido non la risveglia. […] Vi furono delle gare e delle dispute celebri tra Vincenzo Galilei e il Zarlino. […] Gli è vero che visse a que’ tempi Giambattista Doni, scrittore grandissimo, il quale solo varrebbe per tutti, ma la più bella tra le opere sue, e la più acconcia a spargere il buon gusto, cioè il Trattato della musica scenica, rimase fra le tenebre inedita fino a’ nostri giorni.

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