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159. (1732) Paragone della poesia tragica d’Italia con quella di Francia

[6.6.4] Nella Tebaide di Racine Antigone, che appare sulla scena desiderosa di finir la vita per la perdita della madre e per l’orrido spettacolo de’ fratelli, termina la sua querela con volgersi in cotal guisa al proprio amore: Oui tu retiens, amour, mon âme fugitive: Je reconnais la voix de mon vainqueur: L’espérance est morte en mon cœur, Et cependant tu vis, et tu veux que je vive: Tu dis que mon amant me suivrait au tombeau, Que je dois des mes jours conserver le flambeau116. […] Per modo che la Tragedia per questo solo meriterebbe di essere, come fiero, e scandaloso spettacolo abborrita», Battista Guarini, Compendio della poesia tragicomica, in Id., Opere, III, Verona, Tumermani, 1737, p. 408), avallando una fruizione edonistica del testo poetico che già era stata suggerita da Castelvetro («E per venire all’età nostra, che bisogno abbiamo oggidì di purgare il terrore e la commiserazione con le tragiche viste, avendo i precetti santissimi della nostra religione, che ce l’insegna con la parola evangelica?

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