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172. (1715) Della tragedia antica e moderna

[6.32ED] Vedresti allora a forza di quale armonia fussero edificate le mura di Tebe e smossi i monti e guidate le selve ed ammansate le fere. [6.33ED] Ma le ghiande parvero un cibo di soavissimo nutrimento, sinché non arrivossi a macinare il grano e a gustare l’esquisitezza del pane. [6.34ED] Della nostra musica noi parleremo più a basso soltanto che io possa darti ad intendere la cantilena, qualunque ella fusse, delle nostre vecchie tragedie. [6.35ED] Già queste si tessevano in versi, prima perché essendo poesia di sua natura involgono la misura de’ metri. [6.36ED] La favola senza de’ versi è per me un’anima senza del corpo, la quale, quantunque per sé medesima possa sussistere, non rende a noi sensibili le sue operazioni che per lo mezzo degli organi corporei; e di natura dell’uomo è l’essere composto di anima e di corpo, come della tragedia di favola insieme e di verso; e l’invenzione per sé languirebbe se non colasse negli animi altrui per l’organo dolce de’ versi.

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