[1.1.2] Ad imitazione de’ Greci scrisse Gian Giorgio Trissino la prima tragedia italiana in principio del secolo decimosesto, seguito poco appresso dal Rucellai, dallo Speroni, dal Giraldi e quindi da numeroso stuolo d’altri che son fioriti fino a questo tempo. […] Fra le tragedie della natura orribile abbiamo la sola Medea d’Euripide, che licenziosamente appar finta non pur contro la naturale credibilità, ma contro la storia stessa, secondo Eliano17, il quale scrisse che non dallei, ma da’ Corintii furono uccisi i suoi figliuoli, ma un pari fallo sarebbe assai men perdonabile ai tempi nostri che a quelli de’ Greci, i quali avevano minori comodi d’apprendere l’istoriche notizie. […] Muzio Manfredi, che scrisse la Semiramide con uno stile più proprio degli altri, pur non guardossi da molte superfluità in cui farebbe di mestiero adoperar la falce, né libero del tutto è da liriche affettazioni. […] [6.2.7] Il Corradino del Caracci, la Merope del Maffei, la Didone del Zanotti, l’Ulisse del Lazzarini, le Tragedie di Pier Jacopo Martelli, d’Annibale Marchesi, del Baruffaldi, il Cesare del Conti ed altre hanno generalmente uno stile lodevole, ancorché rada sia che non abbia qualche germoglio da mozzicarsi: perciocché io non sono del parere di Pier Jacopo Martelli, il quale55 scrisse che lice usare, ma rare volte «qualche cosa di quasi inverisimile e di poetico che faccia la spia all’ascoltante, levandolo in tal qual modo d’inganno: perché per far conoscere l’eccellenza dell’arte è d’uopo che l’arte sia conosciuta e distinta dalla natura per qualche tratto che la corregga non solo; ma s’abbisogna ancora non la somigli». […] Per questo riguardo può giustificarsi in gran parte chi scrisse che quanto i Francesi dovevano cedere agli Italiani per gli altri poetici stili, tanto eccedevano ne’ pregi del drammatico.