L’autore dimostra qui un’ampia conoscenza dei classici greci e latini, sebbene non sempre di prima mano, che emergeva già nell’Apologia di Sofocle, lavoro critico giovanile e documento della precoce militanza di Calepio — impegnato a difendere l’Edipo Re dalle accuse rivoltegli da Voltaire — nel partito degli anciens. […] Ringrazio coloro che sono stati per me interlocutori costanti ed esemplari nella loro serietà e passione per la ricerca, e hanno avuto la pazienza di leggere e correggere minutamente saggi e capitoli che man mano proponevo loro, Corrado Viola, Laura Sannia Nowé e Andrea Fabiano; la mia gratitudine si estende però a tutti gli studiosi con i quali durante questo percorso mi sono confrontato, nel corso di convegni e seminari, su temi calepiani, ottenendo spunti assai importanti, e in particolare Beatrice Alfonzetti, Franco Arato, Alberto Beniscelli, Silvia Tatti, Piermario Vescovo e Stefano Verdino. […] Dal fatto, perciocché Seleuco, uno de’ figliuoli, muore trucidato per sua mano e con fierezza vie più di quella di Medea intollerabile, apparendo ella quindi sulla scena a compiacersi tranquillamente sì del suo misfatto che d’un altro simile che spera di compire; dalla ragione, perché lo sperare la liberazione de’ buoni, oltreché sospende quella intiera pietà che s’avrebbe loro nel compimento della sciagura, nulla non impedisce il comprendere la crudeltà di chi procura la loro calamità, né scema però punto l’irritamento della indignazione. […] Per disuguaglianza sconvenevole è il costume della Merope del Torelli, la quale dopo aver mostrato nel corso della tragedia contro Polifonte tutto quell’odio che si può concepire per un tiranno, uccisor del marito, usurpatore del suo regno, al fine vedendolo estinto per mano del proprio figliuolo, invece di gioire per essere liberata e per essere ricoverato nel regno il figliuolo stesso, si trattiene a dire a favore del morto tiranno: Fosti re valoroso e quel che duolmi e per forza mi trae dagli occhi il pianto, fosti leal, fosti cortese amante. […] Quindi si può scorgere quanto male scusisi il poeta con dire ch’egli non ci presenta la favola di Sofocle o d’altri, ma la sua, e che non si può riprendere d’avere alterato il costume d’Elettra nulla più che i pittori che dopo Apelle hanno dipinto Alessandro senza fulmine in mano.