Sessione terza [3.1] Non ebbi più campo di parlare genialmente col nostro Impostore né al miserabile porto di Agai, ove rimanendo egli nel legno, discesi in terra a ristorarmi de’ patimenti del mare, né al poco migliore ricovero di Saint Orpè, non venendomi bene in acconcio il cercar tanto di lui che insospettissi chi ne osservava e che averebbe forse potuto richiedermi o, curioso, spiare qual grand’affare mi stringesse a così lunghi ragionamenti col gobbo da tutti gli altri fuggito ed omai troppo palesemente deriso; né pur lo vidi in Tolone e, se lo avessi ancora veduto, non avrei né meno avuto agio d’intrattenerlo, essendo io troppo allora distratto nella vista di quello smisurato arsenale ove e negli edifici architettati secondo il bisogno di quanto può ridurre a stato di correre armati il mare sessanta grossi vascelli, e nella prodigiosa quantità di cannoni di bronzo e di ferro, e nelle innumerabili bombe co’ loro mortari, ammirava io la profusion de’ tesori e la magnificenza di Luigi XIV, che oltre l’aver quivi ammassato ne’ gran ridotti di quel terribil ricinto gli attrazzi più riguardevoli e più copiosi della marina, gli ha, quasi libro di pratico insegnamento, esposti allo studio ed all’esercizio di giovani nobili che a spese regie in un maestoso collegio apprendon le guise di andar sicuri a traverso delle tempeste e de’ venti, ad affrontare, a combattere coraggiosamente le flotte che o l’interesse o l’impegno o l’invidia, renda nemiche alla Francia. [3.2ED] Parvemi in fine toccar il ciel con le dita quando, sbarcati a Marsiglia, mi venne fatto d’incontrarlo nel delizioso e magnifico passeggio del corso, ove que’ grand’alberi che fan ala ed ombra ad un lieto numero di giovani e di donzelle che quivi si spazia interrompono senza nascondere le adorne facce de’ bei palagi che, sì dall’una che dall’altra parte, per lungo tratto quasi egualmente s’innalzano.