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194. (1715) Della tragedia antica e moderna

— [1.10ED] — Tu vedi — ei soggiunse — un vecchio, secondo l’apparenza, di settant’anni, ma in sostanza uom tu vedi che da giovanetto passato in Atene ivi fu ascoltator di Platone, finché qualche fama di sapere mi elevò (grazie a Filippo re de’ Macedoni) al grado di governatore e maestro del poi sì grande Alessandro. [1.11ED] Ma lode al cielo che ridi scopertamente del mio parlare. […] [1.128ED] Meglio che nelle regie, nelle private persone accader puote l’esser tolto in iscambio per somiglianza di vestimento; il confidare ad un servo una lettera che passi disgraziatamente alla mano di chi non doveva vederla; l’uscire a tutte l’ore di casa ed il trovarsi furtivamente in tutti i luoghi ad ascoltare, o non veduto o non conosciuto, gli altrui segreti discorsi, i travestimenti felici e massime nella nazione spagnuola ove le donne coperte da’ lor zendadi vanno come mascherate e nascoste, e si dan solo a conoscere con segni che posson produrre degli equivoci, fonti ordinari di tutti gli avvenimenti e viluppi delle lor rinomate commedie. [1.129ED] Nella tragedia non è così, massime nella tragedia in cui non dassi il primo luogo all’amore, perché, dove l’amore occupa principalmente l’azione, sempre il personaggio pubblico opera da privato e tal volta il principe da plebeo. [1.130ED] Ma perché non si può avere un popolo spettatore tutto di prìncipi che, esaminando le proprie coscienze, trovino vero in sé stessi quello che vedono rappresentato in altrui, e il popolo che interviene allo spettacolo generalmente ha troppo alto concetto della grandezza de’ prìncipi, egli è forza nell’imitazione de’ gran personaggi in teatro astenersene. [1.131ED] In fatto, ben rare volte i gravi interessi da un principe si confidano alla sciocchezza d’un servo; rare volte un principe esce di casa solo e sconosciuto a suo arbitrio; non è facile che soprarrivi all’improvviso in una stanza ove altri discorra di cose che gli appartengano, essendo i personaggi reali in troppa soggezione di sé medesimi e troppo accompagnati e lor mal grado osservati, e i loro visi son troppo impressi nella memoria del pubblico per esser presi in iscambio e per travestirsi senza esser ravvisati; e però torno a dire: questa sorta d’avvenimenti, come universalmente creduta inverisimile ne’ gran signori, si sfugge nelle tragedie. [1.132ED] Lodiamo dunque il genio spagnuolo negl’intrecciamenti meravigliosi delle commedie, purché, come è ingegnoso il viluppo, lo scioglimento sia naturale; e questa è la spina che per lo più guasta la fioritura delle loro vaghe invenzioni. [1.133ED] Ma tu mi opporrai: sarà dunque la commedia assai più ingegnosa della tragedia, mentre che in questa non contenendosi stranezza di avvenimenti, come nell’altra, non farà punto meravigliar chi l’ascolta, e così semplice e naturale non potrà dilettar altrettanto. [1.134ED] Io non voglio paragonar qui la tragedia con la commedia, né vo’ decidere se in mio concetto prevaglia Sofocle ad Aristofane, il Cornelio a Molière, il Tasso all’Ariosto, ma posso ben dirti che chiunque di questi eseguisce felicemente il suo dramma merita una gran lode, e torno unicamente alla tragedia di cui dobbiamo ragionare. […] [5.227ED] Ella è una comparsa di maggior grado della pittura e di minor delle voci, che è destinata al corteggio di un personaggio maggior di lei ch’è la musica. [5.228ED] La composizion musicale è la sostanza de’ melodrammi, tutte le altre parti ne son gli accidenti; e fra questi conta pur anche la poesia; o s’ella è sostanza è come il colore, il quale non è che una sostanza di lume (per parlare con sentenza non mia) accomodata alla superficie, a cui serve dimodoché, variamente riflessa, variamente appar colorita. [5.229ED] Il lume nella sua vera forma non ha colore; ma quando si avvilisce all’ubbidienza de’ corpi solidi, secondo la loro maggiore o minore ispidezza superficiale, veste apparenza di una natura diversa e deformato ancor piace; ma piace, perché il colore là non si crede sostanza, dove non opera a talento del suo naturale, ma dell’altrui. [5.230ED] Ed ecco il modo che non ti spiaccia più che tanto la poesia melodrammatica, considerandola di principale, avvilita già in accessorio; allora questo qualunque accessorio può riuscirti sin grato. [5.231ED] Ma la poesia è uno di quei signori caduti in bassezza e costretti dalla necessità del guadagno a servire. [5.232ED] Non si è scordato ancora l’orgoglio del comandare e mal si adatta alla presente fortuna. [5.233ED] Ma quando si serve, si è servidore; e in questa linea opera onoratamente la poesia, niente comandando e solo ubbidendo alla musica che in teatro n’è la padrona. [5.234ED] E questa musica poi è una delle arti più meravigliose e perfette dell’universo, che non perisce alla posterità né con gli autori né con le voci né con gli strumenti. [5.235ED] I suoi caratteri la rendono perpetua agli occhi ed alle menti degli uomini, e non meno de’ più insigni poeti e filosofi meritan fama questi venerabili, non men che amabili artefici.

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