— [2.65ED] — E cotesto è bene lo scandalo — ripigliò l’Impostore — che in una sala, dove rare volte si parla di cose gelose, esca un personaggio a tramare una secreta congiura contro di un principe, che di lì a poco vi s’oda l’istesso principe in discorsi d’affari del suo governo o de’ suoi amori; ch’ivi una vergine figlia esca a sfogare un affetto di cui ella sola è consapevole verso il suo stesso inimico, cose tutte le quali sono inverisimili ed inconvenienti, se l’immaginazione non fa uno sforzo a sé medesima di considerare quell’anticamera come altrettante anticamere quanti sono gl’interessi de’ principali interlocutori e quanti sono essi medesimi; quando tutto il verisimile veracemente s’ottiene senza alcuna violenza di mente e con diletto maggiore dell’occhio cangiando scena e collocando i discorsi degli occulti affari ne’ gabinetti o negli interni giardini, ed i palesi nelle sale, nelle logge o nelle strade d’una città. [2.66ED] Ma i Greci non hanno amata la mutazione delle scene; e questo pure non è sempre vero e con gli esempi alla mano ti farò vedere il contrario, non volend’io che tu stia alla mia sola relazione, mentre nel tuo concetto so d’esser tuttavia un impostore. [2.67ED] Tuttavolta egli è certo che cotesta prodigiosa facilità di mutare scena, della quale ha la gloria maggior la tua patria, è nata, per così dire, con te.