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32. (1764) Saggio sopra l’opera in musica « Saggio sopra l’opera in musica — Della musica »

Per cosa del mondo non gli può entrare in capo ch’egli ha da essere subordinato, e che il maggior effetto della musica ne viene dallo esser ministra e ausiliaria della poesia. […] Né quella critica fatta già contro all’opera in musica, che le persone se ne vanno alla morte e cantano, non ha origine da altro, se non se dal non ci essere tra le parole ed il canto quell’armonia che si richiede. […] E con ciò la musica vocale era quale ha da essere secondo la vera instituzione sua: una espressione più forte, più viva, più calda dei concetti e degli affetti dell’animo. […] E già non pochi debbono essere stati più di una volta offesi a quel subito passaggio che si suol fare da un recitativo liscio et andante ad una ornatissima arietta, lavorata con tutti i raffinamenti dell’arte. […] Soverchiamente lunghi sogliono essere quei ritornelli che le precedono e ci sono assai volte di soprappiù.

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