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20. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo secondo »

Ma di ciò, come ancora delle cagioni morali, che contribuiscono ad alterar i linguaggi, si farà di proposito più ampiamente discorso in un saggio filosofico sull’origine della espressione poetica, e musicale, che da chi scrive si conserva inedito. […] Non ha d’avere dittonghi di suono indeterminato, e confuso, perché non avendo essi un valore determinato nella pronunzia, non possono né meno riceverlo dalle note, le quali non hanno in tal caso che una espressione insignificante. […] Ma nell’armonia puramente poetica cercasi sopra tutto la forza de’ vocaboli, e l’eleganza del fraseggiare: voglionsi parole scielte, grazie di lingua, torni d’espressione inusitati, versi talora rotondi talora spezzati colla scelta di voci più ruvide, le quali composte di maggior numero di consonanti elidano il suono troppo vivace e sonoro delle vocali, rendendo così la poesia più sostenuta e robusta. […] Io rispondo che la espressione che scorgesi nei versi del ferrarese, è piuttosto poetica che musicale, che non percuote soltanto l’orecchio ma la pronunzia, e che l’accozzamento de’ suoni fra le vocali e le consonanti, di cui fa egli uso comunemente, è atta bensì a grandeggiare nell’epica declamazione, ma meno acconcia si rende pel canto. […] Ogni lingua dunque, la quale sarà doviziosa di accenti, sarà ricca parimenti d’espressione, e di melodia, come all’opposto, chi ne scarseggia avrà una melodia languida, fredda, e monotona.

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