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179. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro I. — Capo VII. Teatro Latino. » pp. 109-171

Egli medesimo n’era l’attore; e divenuto roco a forza di ripetere troppo spesso alcune cosa per compiacere al popolo, impetrò di rappresentar le sue favole tacitamente col gesto e atteggiamento, mentre che un servo al suon della tibia le cantava65. […] Volle allora il popolo, che sottentrasse il maestro a rappresentar l’istessa cosa, ed egli obbedì; e giunto a quelle parole, si compose in atto grave colla mano alla fronte in guisa d’uomo che medita cose grandi, e caratterizzò meglio la persona d’Agamennone96. […] Chi mai, se non costui, senza prove, fondendo dati ed idee, e passando d’un salto leggiero sulle terribili vicende dell’Europa, le quali, può dirsi, la fusero, e rimpastarono di nuovo, chi, dico, avrebbe scritto colla di lui franchezza, che le fazioni per gli pantomimi si sono perpetuate per mille e dugento anni, fino a produrre, che cosa? […] Ma se tu prendi a paragonarle cogli originali greci, da cui furono tratte, e ogni cosa di seguito e diligentemente tra lor confronti, cominciano le latine pur troppo a cadere di pregio e a svanire al paragone; così sono esse oscurate dalle commedie greche, cui in vano cercarono di emulare». […] Non é cosa rara il sentire oggigiorno più che mai così ridicolose castronerie in Parigi, ove fra tante arti e scienze siede e trionfa coll’ignoranza, presunzione e vanità, la ciarlataneria letteraria.

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