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472. (1732) Paragone della poesia tragica d’Italia con quella di Francia

L’Andromaca pare che dovesse anzi intitolarsi l’Oreste, perché questi sembra l’attore primario, cominciando e terminando l’azione da cui dipendono le vicende di Pirro, d’Ermione e d’Andromaca parimenti; senza che non recano alcun timore purgante Andromaca ed il figliuolo Astianatte: poiché sono del tutto innocenti promuovon solo una pietà passeggera che per l’esito felice tosto svanisce. […] Un tale difetto parmi massimamente notabile ne’ loro prologhi, ove s’instruivan sovente gli ascoltatori col far loro narrare lo stato de’ successi, onde dipendevano le favole, da qualche attore che pareva venire in teatro a tal fine, o da qualche Deità e talora anche da personaggi del tutto ideali, come è la Morte introdotta nell’Alceste d’Euripide. […] Di schifare il detto disordine molti hanno creduto col lasciar sentire alle persone operanti non i sentimenti, ma solamente le voci flebili di chi seco stesso si querela; ma questa regola soggiace ad una sconvenevolezza anche maggiore, perocché meno inverisimile sì è che un attore senta il discorso inteso anche dall’uditore, che non è l’apprendere che uno parli e non distinguere i sensi e talora le persone stesse, mentre dal popolo tutto si capisce. […] Però si loda Cornelio ben giustamente d’aver nella Rodoguna preservato Antioco dal parricidio, ancorché egli non sia veramente il principale attore, come il poeta si persuade. […] Ed in altro luogo fa che vegga la morte che «marche sur ses pas107», in che si sente più lo stile d’Orazio che d’un tragico attore.

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