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23. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Discorso preliminare premesso alla prima edizione »

Non solo la cognizione richiedesi, e il possesso di quelle leggi ricavate dal consenso comune, e dalla esperienza, onde l’autore possa dettare intorno alle cose un ben fondato giudizio: non sol gli è d’uopo investigare il legame segreto, che corre tra il genio della nazione e la natura dello spettacolo, tra il genere di letteratura, che è il principal argomento dell’opera, e gli altri che gli tengono mano, ma indispensabile diviene per lui eziandio l’erudizione, quell’erudizione medesima, della quale l’uomo di genio fa così poco conto, e senza cui niuno storico edifizio può alzarsi. […] Non dee solamente cercare sterili fatti, ma l’ordine e il congegnamento tra essi: dee usar di stile conveniente al soggetto, ma senza tralasciar le riflessioni opportune, e il colorito talvolta vivace: ora rispettar modestamente l’autorità, ora aver a tempo e luogo il coraggio di misurarla colla bilancia della ragione: quando apprezzar le particolarità, che servono ad illustrar l’argomento, quando troncarle allorché divengono oziose: dove avvicinar i secoli passati e presenti per rilevar col confronto i progressi delle arti, dove risalire fino ai principi a fine di rintracciar meglio l’origine della perfezione loro, o del loro decadimento. […] Qualunque sia stata la mia premura nel rintracciar la verità delle notizie, mio principal assunto non è d’offrire una sterile compilazione di reminiscenze, ma di ragionare sui fatti, di far conoscere le relazioni che gli legano insieme, e d’abbracciare gli oggetti analoghi, i quali, entrando comodamente nel mio argomento, potevano servire a maggiormente illustrarlo. […] Che se ciò nonostante alcun m’attribuisse intenzioni che non ho mai sognato d’avere: se dalla stessa mia ingenuità si prendesse argomento a interpretare malignamente le mie intenzioni, come dall’aver Cartesio inventato un nuovo genere di pruove fortissime a dimostrar l’esistenza d’Iddio, non mancò ch’il volesse far passare per ateista: se altro mezzo non v’ha di far ricreder costoro, che quello d’avvilir la mia penna con adulazioni vergognose, ovvero d’assoggettarmi ad uno spirito di partito ridicolo; in tal caso rimangano essi anticipatamente avvisati, che non ho scritto per loro, e che la mia divisa per cotal genia di lettori sarà sempre quel verso d’Orazio: «Odi profanum vulgus, et arceo.»

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