Non giugne all’eleganza dell’Ariosto, del Bentivoglio o del Caro; anzi non sempre la dizione è pura, sfuggendogli dalla penna tratto tratto formole e voci non ammesse da’ Toscani rigorosi. […] Quando con ardir felice il Rinuccini accoppiava al dramma una musica continuata e tirava l’attenzione dell’Europa con uno spettacolo che tutte raccoglieva le sparse delizie che parlano efficacemente a’ sensi; quando, dico, nacque l’Opera, l’Italia trovavasi ricca di opere immortali di pittura, scoltura ed architettura: gloriavasi de’ talenti e delle invenzioni di varii celebri pittori e machinisti che seguirono Girolamo Genga e il matematico e architetto Baltassarre Peruzzi: possedeva illustri pittori di quadratura, come Ferdinando da Bibiena, Angelo Michele Colonna Comasco scolare del Dentoni, Agostino Mitelli Bolognese, il cavalier d’Arpino architetto e pittore insigne: non vedeva fuori del suo recinto nè Noverri, nè Vestris, nè Hilverding, anzi inviava i suoi ballerini oltramonti, e i Francesi stessi scendevano dalle Alpi per apprendere la danza (Nota IV): i suoi Peri, Corsi, Monteverde, Soriano, Giovannelli erano allora quel che oggi sono i Piccinni, i Gluck, i Sacchini, i Paiselli. […] Nel suo Giasone pubblicato nel 1649 interruppe il recitativo con quelle stanze anacreontiche che diconsi arie, usate ancor prima di lui dal Testi, dal Salvadori e dal Rinuccini, anzi dal Notturno sin dal XV secolo.