Qual conformità ritruova l’orecchio non prevenuto dell’uditore tra il sentimento sublime, tranquillo e profondo che signoreggiava l’anima di Temistocle, allorché risoluto di morire prima di disonorare la sua memoria, prorompe in quelle inarrivabili parole: «Serberò fra ceppi ancora Questa fronte ognor serena: È la colpa e non la pena Che può farmi impallidir.»