to, per non pigliarsi tanto fastidio, farò nuoua Compagnia, e farò in
questo
modo : Prima entrarò à nuova Compagnia, e fatti l
che li ho dato ogn’anno cento scudi di fitto del Teatro, m’obbligo in
questo
caso, di far quello comandarano le Signorie loro
La Compagnia, che faremo sij durante la mia uita, o uinti anni che in
questo
mi rimetto nella benignita delle Signorie loro Il
o mi rimetto nella benignita delle Signorie loro Ill.me facendo tutto
questo
per conseruar l’amicicia, e che le cose del Teatr
ella potrà intendersene seco, perch'esso è quel che ha in mano tutto
questo
negotio. Anche di un Torquato Toschi l’Archivio
nsegnò l’architettura all’incomparabile Andrea Palladio. La figura di
questo
teatro non è un semicircolo, ma una semiellissi:
nel prospetto tre uscite e due laterali. Sussiste ancora a’ nostri dì
questo
teatro ben conservato per diletto de’ viaggiatori
avea terminato il teatro Olimpico sul disegno del Palladio. Fu eretto
questo
teatro dall’istesso Vespasiano Gonzaga duca di Tr
irono per le compagnie de’ Sempiterni, degli Accesi e della Calza. In
questo
ultimo si rappresentò l’Antigono tragedia di M. C
sono scusabili gli Stranieri, grida il rigido Apologista. Ed aggiugne
questo
argomento (p. 70.) “Se dovesie adottarsi questa r
Popolo che reciti Tragedie non molto buone, si dirà che coltivi male
questo
genere, ma non già che non abbia Tragedie. Di poi
n Omero, e in tutto l’Imperio Romano solo un altro in Virgilio; e per
questo
si potrebbe asserire sobriamente che tutti i Grec
ardo alle Tragedie Spagnuole. E in che (direte) stà la differenza? In
questo
che soggiungo. Le Tragedie Spagnuole, siano regol
a ragione allegata nella Storia de’ Teatri1. 1. Non comprendo io in
questo
numero alcune altre composizioni chiamate Tragedi
le, che non erano Tragedie a verun patto. Impropriamente porterebbero
questo
nome los Aspides de Cleopatra, e ’l Tetrarca de J
nte ha praticato, essere in ciò indulgente, e credere, che ad onta di
questo
fallo corso per essersi confusi i segni di alcune
i pare il suon sentire allora, che le fiere traea quasi incantate. Ma
questo
è poco ; perchè Orfeo talora tirò le bestie, e vo
una lettera per Flaminio, ma scritta di bon inchiostro, il tenore sij
questo
, che venga quanto prima alla compagnia e non la f
dere qui in Bologna che per tutto estate non vuol partirsi di Roma, e
questo
sarebbe di troppo nostro danno. Per la posta di V
e meza, perchè non merita neanche un quarto. Questo è quanto bramo in
questo
particolare. Le giungerà per la posta di Venetia
etia una mia lettera che sarà di quatro o cinque righe in circa sopra
questo
tenore, ma dubitando che le giunga troppo tardi s
Co. Vialardi, et egli stare alegramente poichè stimo che per mezo di
questo
parentado V. A. uscirà for di stufa e potrà viagg
for di stufa e potrà viaggiare, voltando faccia il mal francese, e se
questo
Carnovale stando in Mantova la d.ta Sig.ra à avut
à arrivato Flaminio penso che sarà la meglio di tutte le compagnie di
questo
anno, però non tocca a me a giudicare, come V. A.
levano che vi cantassi io, ma perchè non possono essere al ordine per
questo
mese non ò voluto per non far danno alla Comp.ia
to con poco termine, poichè sapendo che questi mi stimolano a pigliar
questo
impiego, dissero che se io havessi recitato in qu
Nella licenza del prologo nono (d’ Amore) dice : ho congiunti dietro
questo
teatro certi amorosi Accademici, per recitare all
ono, ma ritrovandosi Genio Dio del piacere secretamente tra tutti, in
questo
festivo giorno, pieno di contenta gioja, et immen
posta, e s’ hanno affaticati alcuni Accademici farvene un presente in
questo
giorno. Nè solo per Compagnie comiche, o per Acc
ntiquattresimo della raccolta, che termina così : abbiamo proposto in
questo
luoco con la musica dei dolci concenti di cotanti
to il chiapperello, e apparivano senza testa chi facevan la prova. Di
questo
Mozzana non abbiam notizie ; ma due lettere di An
daglia d’oro, e lo impegnò per l’anno uenturo, et che desobbligato da
questo
ambise de seruir a V. A. pur che unita con lui ha
ligar li comici nominati nella lettera sua di 2 spirato, a seruir per
questo
prossimo carnevale V. A. ma che la bizzaria di qu
OLO I. Su i Teatri Spagnuoli sotto i Romani. Non sarà infruttuoso
questo
mio Discorso, qualora le censure del Signor Apolo
sono altrettanti testimonj di quanto si fosse impossessato del Popolo
questo
genere di divertimento”. Ed io ben credo che così
pubblicata nel 1781. Una Tarteso differente da Cadice, che portò pure
questo
nome, chiamata da’ Greci Carteia, secondo Strabon
anzo di Filostrato? I miei Precettori non m’insegnarono a ragionare a
questo
modo. Non entro frattanto di proposito a seguitar
è che i Saguntini presero i Giuochi Scenioi da’ Greci, pensando io in
questo
discorso a ristrignermi a quello soltanto che a m
uogo può sostituirsi una pianta del Teatro di Marcello molto simile a
questo
di Morviedro.” Vegga dunque il Signor Lampillas
ntro la storia de’ Teatri, non meritandone la pena, la soggiugnerò in
questo
luogo. Dice il Censore [p. 23.]: “L’Autore della
composti dall’infante Don Pietro fratello del re. Tuttavolta insino a
questo
giorno con molta diligenza (anche dopo le ciance
la storia, nè da’ romanzi apologetici stessi, cosa veruna teatrale di
questo
secolo, siccome nè anche riuscì al dotto bibliote
i avvicinano bensì alle teatrali alcune farse sacre de’ primi anni di
questo
secolo che si trovano mentovate nella storia di F
ressamente da alcuni per trarre profitto dalla folla che concorreva a
questo
nuovo devoto divertimento. Trovansi pure in quest
a che concorreva a questo nuovo devoto divertimento. Trovansi pure in
questo
secolo i misteri teatrali in Inghilterra, che all
ologna al Duca : « Essendo desiderosa la nostra Compagnia far comedie
questo
carnevale in Mantova, la suplicamo resti servita
o S. A. mi favorisca che non venghi altro che la nostra…. » Accertato
questo
, rimarrebbe pur anche accertata la fama dell’Albe
a Vicenza, l’Isabella etc. etc.), e tal’altra con quello teatrale ; e
questo
di Angelica fu anche nome teatrale, come vediamo
ourgogne, ma con poca fortuna. Forse, concordando le date e il luogo,
questo
Lazzaro potrebbe non essere altro da Battista Ver
uca di Mantova, con data di Cremona 4 decembre 1595, ci dà notizia di
questo
comico in Compagnia della Diana, al quale il Mart
issata, quando sulle scene comparve Guglielmo Shakespear. Abbandonato
questo
scrittore a se stesso si arrollò tra’ commedianti
nge un morto, dicasi da un buffone qualche motto che muova a riso. Ma
questo
vero indiscreto non si dee imitar sulla scena; in
ruto) come sforzandosi di uscire, per sapere, se fosse possibile, che
questo
era Bruto. Longino, Orazio e Boelò, de’ quali con
ratore il Sherlock, avrebbero ravvisato del patetico e del sublime in
questo
sangue che si sforza di uscire per seguire il fer
re per seguire il ferro e per sapere se era Bruto il feritore? Merita
questo
concettuzzo di esser preferito a quanto vantò di
ico risentito e forte che accompagna lo spettacolo alle parole; e per
questo
merito, ad onta delle false espressioni accennate
e espressioni accennate, si manifesta un esperto poeta drammatico. Ma
questo
merito tutto appartiene al teatro, nè senza ridic
delle bruttezze che delle bellezze di lui. In compenso però può oggi
questo
famoso poeta tralle altre sue glorie contare di e
rsi moltissime cose che leggonsi altrove, ed altre non poche a lui da
questo
e da quello suggerite in Italia le quali ha egli
in Ferrara nel 1779, anno alle lettere fatale per la perdita fatta di
questo
dotto laborioso Italiano25. Shakespear scrisse an
bustezza e un amor deciso pel complicato più che per la semplicità; e
questo
carattere di tragedia si è andato sempre più disv
Noi non ci perderemo in tessere partitamente analisi delle favole di
questo
maraviglioso Inglese, non volendo cadere nella ri
dierono in appresso nascimento alla Poesia Satiresca, ma i Drammi di
questo
genere sono per noi perduti, eccetto il Polifemo
alo, il quale è fuor di dubbio una Pastorale. Adunque l’invenzione di
questo
Dramma appartiene di tutta ragione all’Italia, be
ende seriamente, che in Ispagna nacque la Scenica Pastorale. E perchè
questo
è uno de’ possibili non lontanissimi dal converti
il sacrifizio del Beccari, può dirsi che non fu conosciuto in Italia
questo
nuovo genere Drammatico.” Le quali parole in sost
Gli avete dunque letti? esaminati? Ditene dunque perchè non meritano
questo
nome. Fossero anche questi, come la Sofonisba, Di
Benissimo, noi ci rallegriamo della felice scoperta. Ma quando nacque
questo
Rueda? quando fiorì? quando cessò di vivere? Null
mbra al Lampillas un bellissimo Dramma Pastorale. Faccia il Cielo che
questo
ancora non sia un mulino a vento, preso per un Gi
c. 8. 1. Non siamo stati avari delle nostre lodi al componimento di
questo
illustre Poeta: perchè non le picciole macchie, m
gran parte di essa i pensamenti bucolici del nostro Sannazaro, e con
questo
nome essa corse per ben tre secoli in tutte l’edi
o molti teatri et anfiteatri…. non però non ho mai veduto il simile a
questo
. Ma l’istesso Alberti chiama teatro anche l’edif
una introduzione fatta da Mosè, e in un dialogo pieno di dignità fra
questo
legislatore e capo degli Ebrei e la Divinità nel
ttà eretta nel regno di Valenza sulle ceneri dell’antica Sagunto. Era
questo
teatro capace di circa novemila persone, secondo
nzo Gravina, nella lettera scrittane a monsignor Zondadaria. Alluse a
questo
teatro e ad altre antichità di Murviedro il poeta
ine dell’antica città di Tarteso (differente da Cadice che pure portò
questo
nome) detta da’ Greci Carteia. Tralle antichità d
esi obbligato a rimediarvi col minorarne la mercedea. Nè conseguì per
questo
di scemarne il numero, anzi a tal segno esso creb
mano lo flagellavaa. Si sa per quali infami vie ottenne il favore di
questo
medesimo imperadore un altro famoso attore tragic
tà di Bologna Professora di lingua e letteratura Greca, un modello di
questo
teatro mirabilmente combinato con tutte le misure
locate e supplite dove il tempo le ha distrutte. b. Vedasi intorno a
questo
teatro la lettera 8 del tomo IV del Viage de Espa
Cingana, et la Pazzia, la favorita d’Isabella. Però s’ accordarono in
questo
, che la prima a recitarsi fusse la Cingana, et ch
la mi faccia gratia di farsi dar informacione da chi ha cognicion di
questo
fato senza che io sapia da chi et non siano perso
rsa la gratia di Vostra Altezza Ser.ma per non hauerla potuto seruire
questo
Carneuale, et perche la riuerenza con la quale l’
elicissimi io di nouo caldamente la suplico et humilissimamente me et
questo
suo deuoto benche basso seruo raccomando, oferend
stringe a supplicare V. A. con la presente con molta caldezza. E con
questo
fine nella sua buona grazia mi raccomando e le ba
nelle Scene detta Fioretta Col nome di Fioretta lusingando m’alletta
questo
tiranno amore ; ma quando ardito il core s’accost
in un’opera intitolata : Della Cristiana Moderazione del Teatro…. Di
questo
comico Aurelio non è a noi pervenuto altro lume ;
orosamente la di lui Professione. » Così Francesco Bartoli. Chi fosse
questo
Aurelio non fu possibile sapere. Sappiamo solo da
Marcheselli. Trovo a
questo
nome il seguente curioso documento nell’Archivio
porto del Sig.r Ambasciatore di Francia passaua a Verona per recitami
questo
Carneuale ; fortunatamente e con stento si sono s
i obliga servire, mentre però quest’anno habbi compagnia, e perchè da
questo
vengo stimolato ogni giorno di risposta, per ciò
andola significarmi la sua volontà, acciò possi risolverlo, dicendomi
questo
haver altre occasioni. Non manco ancora di pregar
pagnolo) non sa come possino accordarsi le cose. Ha anche significato
questo
nostro sentimento al S.r Valerio (Francesco Allor
taglia. « Oltre il suo proprio merito — scrive Fr. Bartoli — si può a
questo
comico attribuire il vanto d’essere stato il maes
’Fiorentini, poi, nel 1739, al Casotto del S. Carlino, sostituendo in
questo
anno a quelle del Tartaglia le parti di Vecchio,
AL LETTOR CORTESE L’EDITORE. Terminando in
questo
volume la storia teatrale del XV secolo, non ha s
reimprimere a’ 4 di Pratile nell’anno IX. Spera con ciò e di rendere
questo
volume a un di presso di giusta mole, e di soddis
avvenire, chi credendo offesi i diritti di letteratura, che vanta in
questo
genere di teatrali composizioni la sua nazione, n
neppur in menoma parte i limiti d’una disputa meramente letteraria: e
questo
gli somministra opportuna occcasione di arrecar m
està de’ costumi, stimo poter permettersene la stampa. Nel sottoporre
questo
mio giudizio alla sua autorità le bacio divotamen
con l’acutezza de’ suoi detti traffiggeva le cure più nojose. Fioriva
questo
commediante, di cui non si sa il vero nome, nell’
» Così Fr. Bartoli. Molti comici pare abbiano assunto nel xvii secolo
questo
nome, e Guazzetto, primo Zanni, abbiamo nella Com
!… Comico insigne !… 1630 !… Che finalmente si possa identificare in
questo
Testa l’Aurelio conosciuto fin qui col solo nome
mico » (V. D'Ancona, op. cit.) ? A ogni modo però non potrebbe essere
questo
lo stesso che il Padre Ottonelli asserisce di ave
o, nominato Tommaso Bambasio da Ferrara, della cui amistà si gloriava
questo
principe de’ nostri lirici, come il principe degl
ella città d’Eisenach nel 1322, quindici giorni dopo Pasqua. Anche in
questo
secolo troviamo i misteri rappresentati dagli ecc
Mussato in Prol. lib. X. de Gestis Italicorum. Veggasi ciò che sopra
questo
passo dice il dotto e giudizioso abate Tiraboschi
uale a una teatrale rappresentazion si conviene. Parmi nondimeno, che
questo
dottissimo uomo non sempre abbia ragione quando é
73 ec.) ha pubblicate tredici lettere latine scritte verso la fine di
questo
secolo, in una di esse parla di una sua tragedia,
a delle proprie forze cercava ognora nuovo campo per esercitarle. Era
questo
il grato frutto della libertà, e de’ governi mode
a’ figli di esser essi nati dal demonìo, e nell’accingersi a scoprire
questo
gran secreto perde i sensi, indi rivenuta raccont
niti stabilem Discite legem. Si vede non esser
questo
un componimento senza difetti. L’azione non è una
omparava per la dottrina e per l’eccellenza nel rappresentarea. Basta
questo
racconto de’ pregi del Bambasio a provare la freq
equenza delle rappresentazioni sceniche di quel secolo. Se non avesse
questo
Ferrarese dati in Italia continui saggi della sua
anto egli è degno di lode, si per essere stato uno de’ primi a tentar
questo
guado, si per avere dopo del Mussato preso a trat
oboni nella storia del teatro Italiano vorrebbe riferire alla fine di
questo
secolo la Floriana commedia scritta in terzarima
a delle proprie forze cercava ognora nuovo campo per esercitarle. Era
questo
il grato frutto della libertà e de’ governi moder
a’ figli di esser essi nati dal demonio, e nell’accingersi a scoprire
questo
gran secreto perde i sensi, indi rivenuta raccont
um licet ergo moniti stabilem Discite legem. Si vede non esser
questo
un componimento senza difetti. L’azione non è una
mparava per la dottrina e per l’eccellenza nel rappresentare34. Basta
questo
racconto de’ pregi del Bambasio a provare la freq
equenza delle rappresentazioni sceniche di quel secolo. Se non avesse
questo
Ferrarese dati in Italia continui saggi della sua
anto egli è degno di lode, sì per essere stato uno de’ primi a tentar
questo
guado, sì per avere dopo del Mussato preso a trat
oboni nella storia del teatro Italiano vorrebbe riferire alla fine di
questo
secolo la Floriana commedia scritta in terza rima
Colletta Orazio. A
questo
comico è fatto cenno nella lettera seguente che t
zi a pregarla, che si uoglia degnare di accettare al suo seruitio per
questo
poco carneuale poiche esso si offerisce pronto di
toria d’Italia, scriveva il Bruni, quasi presago dell’avvenire : « in
questo
luogo dove i monti tengono il piede, l’Italia il
palme, la Gloria i trionfi e l’Onore il seggio, ecc. » Non ho veduto
questo
libretto di Prologhi, ed ho però trascritte le pa
care quanto fosse stato necessario al maggiore e migliore sviluppo di
questo
dizionario. L’opera è in quarto, di nitida scritt
aba. Questo abbiamo visto accadere per l’Innavertito del Beltrame ; e
questo
forse accadde per la Rodiana, commedia improvvisa
o da voi ricevuto. Celia. Questo giorno la fortuna mi ha condotto in
questo
luogo, perchè io adempisca il decreto del Destino
i nomi hanno in loro un non so che di fortunato e d’infelice ; per me
questo
di Lauinia non mi piace ; poichè Lauinia, quella
, e trauagli a Enea : oltre che se voi pigliate la seconda sillaba di
questo
nome che è Vi, e la fate prima, componete un nome
o M. Adriano allo Speziale di S. Maria nuova in Firenze ; montato con
questo
ornamento sopra d’un Mulo carico di mezza soma di
che da me recitato fu il pronostico che sempre dovevo perseverare in
questo
esercizio, poichè il prologo fu questo : (V. And
e sempre dovevo perseverare in questo esercizio, poichè il prologo fu
questo
: (V. Andreini Francesco (pag. 56) dove il Prolo
crittura dell’ Andreazzo, con queste parole : « Sappia bene V. S. che
questo
è un bordello d’ innamoramenti di p…… con questi
questo è un bordello d’ innamoramenti di p…… con questi furfanti ; e
questo
è quanto mi occorre per hora. »
rodotti, non permisero a questa Sofonisba di salire in gran pregio. E
questo
significa forse che non è Tragedia? Anche quì mos
tà? se i posteri debbano convertirsi in macchine, e non contraddire a
questo
Scrittor Fiorentino? Forse più di un moderno Legg
quel Dramma, presumendolo dotato di cuore sensibile, son certo che in
questo
ci accorderemmo; nè mi condannerebbe per aver io
la: il Signor Lampillas ardisce in faccia all’odierna Europa riprovar
questo
appunto che s’inculca, e attribuire a difetto d’i
19. venne da un suo zio chiamato in Roma, e vi dimorò tre anni. Morto
questo
zio, andò a Parigi, ove si trattenne altri tre an
ando posponendo, o anteponendo, qualche scena, o tutta, o in parte. E
questo
non è tradurre? Non sarà mia la Biblioteca, se Vo
os fuera no caben en los ayres?” . . . Oltre al non esservi natura in
questo
modo di esprimersi sulla scena, scorgesi in tal s
spiraderos de las hornazas de fuego que dentro me atormentan”. Vi par
questo
linguaggio scenico? I ventilatoj delle fornaci ch
qual altra proprietà ed energia di passione, parla l’Elettra Greca in
questo
medesimo luogo! Due soli versetti producono quell
comincia, ιὠ μᾶτερ μᾶτερ τι βοᾶς. Ecco come io informemente tradurrei
questo
breve squarcio seguendo esattamente l’originale.
!Ancor con mesta infausta voce Mi appelli? ahi qual per me presagio è
questo
? “Ec. Figlia, ahi di te! “Pol. Figlia, ahi di te
i perdute nel lasciarne i bellissimi Cori? Ma io non vò portare oltre
questo
esame, e dirò colle parole di Torquato: “Nessuna
se anche dettata dall’elegantissimo Racine, o da un Voltaire; nè è di
questo
luogo addurne le ragioni. Dico però che l’Apologi
le lagrime di Alzira, d’Ipermnestra, d’Ines de Castro, e di Pamela; e
questo
popolaccio non saprebbe tessere un ben ordinato r
, acuto quanto potrebbe concepirlo il Signor Lampillas. Le lagrime di
questo
popolaccio dinotano ch’egli abbia cuore, e dove e
te, che così sia? Voi, se la vostra censura non m’inganna, trovereste
questo
pregio di un cuore sensibile nell’inserire in un
ripetizioni intempestive fatte unicamente ad ostentazione e pompa; nè
questo
poi con vostra licenza, manifesterebbe un cuore f
ancato di 69. anni nella Patria alla fine del 1777.! Quale innesto in
questo
genio raro delle più astruse scienze, e della Poe
re sensibile, onde si resero giudici competenti di Poesia. Ma come in
questo
articolo obbliare il tenero, il sensibile alle am
e età sino alla decrepitezza, l’immortale Metastasio? E chi negherà a
questo
Spirito gentile la profonda dottrina, che traluce
terrò dal favellarne. Domando adunque, se mostri punto di sensibilità
questo
Critico, il quale, come farebbe tra i gelsomini,
si forse a scherzare buffonescamente per rallegrare Erminia? Nulla di
questo
. E pure il maestoso Virgilio che riscalda sì bene
ront, “Si les Graces jamais leur deroidoient le front.” Non pare che
questo
Critico, che vale assai più del vostro Rapin, abb
orse non se ne farà più comparazione). Vi pare, Signor Lampillas, che
questo
giudice, che si accorda col sentimento del Boilea
como querer, dipingersela a suo modo. Nò, gentilissimo Signor Abate,
questo
giudice non è immaginario, non è stato da me pers
delle altrui Poesie, perchè di molto mi dilungherei, nè l’oggetto di
questo
mio discorso è il formare Autos contro Rapin, ben
e Novellet cantarono molti versi composti dal re. Tuttavolta insino a
questo
giorno con molta diligenza (anche dopo le ciance
alla storia nè da’ romanzi apologetici stessi cosa veruna teatrale di
questo
secolo, siccome nè anche riuscì al dotto bibliote
i avvicinano bensì alle teatrali alcune farse sacre de’ primi anni di
questo
secolo che si trovano mentovate nella storia di F
olla che concorreva a tal nuovo devoto divertimento. Trovansi pure in
questo
secolo i Misteri teatrali in Inghilterra, dove fi
, banchettare. Ma il diletto che quantunque grossolano recava a tutti
questo
spettacolo, mosse alcuni comici industriosi a mig
e’ poemi eroici di Omero, vollero anch’essi giovarsi delle fatiche di
questo
gran padre della poesia, e presero ad imitare l’a
ondo l’interprete di Aristofane nell’argomento del Pluto, contese con
questo
comico rinomato nel quarto anno dell’olimpiade XC
XCVII. Ma Cratino, Eupoli ed Aristofane furono i più chiari comici di
questo
periodo. Trovavasi il teatro Ateniese nel colmo d
el governo e la prosperità stessa della repubblica Ateniese diedero a
questo
genere di commedia i pregi e i vizj che la caratt
quale i comici e gli spettatori erano membri della sovranità. Osò per
questo
un poema così straordinario internarsi impunement
uenza di moral corruzione, mirò senza orrore il fiele che sgorgava da
questo
fonte, si compiacque della indecenza che vi regna
da pochissimi compreso. II. Teatro di Aristofane. La poesia di
questo
comico vivace, animata, fantastica, faceta, e al
ono apprendere e ritenere, per sovvenirsene nelle loro decisioni, che
questo
Aristofane era un Ateniese, e che fioriva sul pri
cielo per lamentarsi con lui più da vicino. I servi e le figliuole di
questo
Greco Don-Chisciotte cercano rimoverlo dal propos
damento della favola; or che perciò? qual convenienza, qual regola in
questo
si trasgredi ce? Non sempre il titolo indica un i
tra il modo. Bisogna (ella dice) mettere tutti i beni in comune, e da
questo
fondo della nazione prendere il sostentamento di
altro per bisogno sia costretto a servire. Vita comune, uguaglianza;
questo
è il mio progetto . . . . Tutte le cose adunque,
ncora che non si conosceranno i figliuoli di ciascuno. Ma qual pro da
questo
? dice Prassagora. Così i vecchi passeranno per pa
Euripide allora vivente contro le accuse delle donne satireggiate da
questo
tragico che quì vien motteggiato a tutto potere.
one in iscompiglio. Chi sarà mai? vanno dicendosi le donne. Dove sarà
questo
vecchiaccio disgraziato? è costei? e quell’ altra
più tu allatti questa fanciulla, se non sono lasciato in libertà; con
questo
ferro le taglierò le vene, farò che ne sgorghi tu
za e intemperanza donnesca. Quello che rende più satirico e piacevole
questo
colpo teatrale, è che l’ azione si rappresenta ne
a della finta Andromeda. Ma Euripide ritorna in forma di Perseo; e da
questo
nuovo travestimento nasce un nuovo passaggio trag
ce che in leggendo l’Antromeda di Euripide erasi invogliato di trarre
questo
tragico dall’inferno ed averlo seco. E che vuoi t
ndurlo meco. Erc. Ed Agatone dove egli è ito? Bac. Mi ha lasciato
questo
poetino tanto desiderato dagli amici. Erc. In c
e timore. Sente però uno strepito, e comincia a temere. E’ curiosa in
questo
luogo la descrizione dell’Empusa, o sia della Fan
o, e per sapere quale di essi due è il ladro e quale Ercole, immagina
questo
espediente: colui che soffrirà le bastonate senza
più nobili di quelli che comunemente usiamo; dovechè tu distruggendo
questo
bel ritrovato gli hai abbigliati trivialmente.
iene la favola che io esamino? La maggior parte delle osservazioni di
questo
erudito contro Aristofane svanisce al considerars
petto si tratta da gentiluomo e si carica di debiti e di angustie. Da
questo
matrimonio disuguale cominciarono a buon’ ora le
ue ci accordammo nel dirlo Fidippide. Ella di poi toglieva in braccio
questo
figliuolo e accarezzandolo diceva: E quando, o ca
ili per aggirare l’ignorante Strepsiade, affinchè degnino mostrarsi a
questo
nuovo discepolo. Odesi quì il canto del coro dell
tempio, la cima della rocca Ateniese e le quercie. Strep. E perchè
questo
? le quercie forse giurano sul falso? Socr. Abbi
duto nella Pace, ma egli stesso si caccia avanti a favellar di se. E’
questo
l’equivalente di un vero prologo che i Latini pre
ormento sono stato burlato di mezzo stajo. Socr. Non ti parlo io di
questo
, ma di misure metriche, Dimmi quale stimi tu migl
ocrate carissimo, ho trovato il modo di non pagare. Socr. E quale è
questo
? Strep. Dimmi un poco. Socr. Che mai? Strep.
cavillazioni e le risposte furbesche che dà il figliuolo. Si noti che
questo
Fidippide baldo, trincato, calunniatore, è divers
la di un falso filosofo. Egli fa trapelare ancora, che per l’avvenire
questo
sfacciato andrà più oltre. Entrato il padre e ’l
unque discacciato ancor quest’altro. Il coro riflette alla malizia di
questo
vecchio, ed al figliuolo divenuto sommamente dest
ol tuo abominevole maestro nel baratro infernale. O Nuvole, o Nuvole,
questo
mi avviene per voi. No (riprendono le Nuvole) tu
l più virtuoso degli uomini allora viventi. Detestabile adunque è per
questo
il comico. Ma travede l’eruditissimo Nisieli nel
fare scorrerie in aria e ad intimar guerra a Giove. Cattivo esordio è
questo
certamente per cominciar gli Esercizj Spirituali
e piacevole coll’ imitazione del canto di varj uccelli. Si trovano in
questo
coro ed anche in una scena antecedente di Epope a
a sarò scoperto da Giove. Ma affinchè io possa tutto narrarti, prendi
questo
parasole, e tienlo sopra di me sì che non sia ved
venire alla moda, cioè d’incolpare per ogni poco di tirannia. Trovasi
questo
passo tradotto dal chiar. Ab. Cesarotti103. Fr
ne’ porti, nel consiglio, nell’ esercito. In qual modo avverrà tutto
questo
(domanda Agoracrito), se io non sono che un vendi
a Agoracrito), se io non sono che un venditor di salcicce? Giusto per
questo
tu diverrai grande, risponde Demostene. Ma io (di
musica ogni bell’ arte, appena so leggere. Baje (replica Demostene);
questo
è il tuo vero merito l’essere odioso, vile, ignor
pure sarà siffattamente imitato, che verrà tosto conosciuto, essendo
questo
teatro pieno di spettatori savj e sagaci. Or in q
il coro si trattiene a favellare del poeta. Degno di lode (ei dice) è
questo
nostro al pari de’ poeti antichi, perchè egli abb
o, il tuo Cleon, che a torto Da costui son battuto. Pop. E perchè
questo
? Cle. Perchè ti sono spasimato amante, Perchè
ti arreco Un buon guanciale sprimacciato, adagiati Bellamente su
questo
, onde non abbia A logorar le Salaminie natiche.
i sei tu valent’uomo? or se’ tu forse Della schiatta di Armodio? ah
questo
al certo Fu un atto generoso e democratico. Cl
di esser piaggiati, e facili a prendersi colle lodi esagerate. Trovo
questo
squarcio tradotto ancora bellamente dal Sig. Ab.
gra a misura che Lamaco si lamenta. Forse il Nisieli non si avvide di
questo
artifizio, allorchè asserì, che in questa favola
a filosofia si nascondeva Sotto il velame degli versi strani di
questo
comico così spregevole agli occhi cisposi di molt
favore di Pluto è egli uscito di miseria, l’ha abbondonata. Viene poi
questo
medesimo giovane, il quale in veder la sua vecchi
tà. Plutarco, Eliano ed altri antichi si vendicarono col disprezzo di
questo
maligno persecutor di Socrate, e al lor parere si
to nelle materie poetiche e nella lingua Greca versa a piena bocca su
questo
comico le sue lodi per la verità e naturalezza de
tesse a un cittadino. Il gran re (cioè il re di Persia) domandando di
questo
poeta agli ambasciatori Spartani, e de’ soggetti
niera di scrivere sullo stile elegante, polito, dolce, e armonioso di
questo
poeta, e se n’era talmente invaghito, che onorò u
run personaggio vivente, e così cessò la commedia chiamata Antica. Da
questo
editto nacque la Mezzana. I poeti doveano obedire
e dipinture naturali de’ costumi e delle nazioni117. Secondo Plutarco
questo
comico eccellente finì di vivere sulla scena in m
erno, gli Ateniesi lo condannarono a morir di fame. Suida ci dice che
questo
comico portò la prima volta sulle scene le avvent
risio si attribuisce la favola detta Mactata, della quale Grozio reca
questo
frammento, τό γῆρας εστιν αὐτό νοσημα, la stessa
e, e mal soffrendo di vedersi a Filemone posposto, il punse un dì con
questo
motto conservatoci da Aulo Gellio: Senza andare i
tre di lui commedie, il Colace, il Fasma, la Taide, della quale si ha
questo
frammento, Colloquia mores prava corrumpunt bo
nta, benchè tuttavia passasse per pulcella, a suo tempo partorisce. A
questo
punto disastroso giugne un servo dabbene, e stand
ono conservati molti versi. Il più onorevole testimonio del merito di
questo
comico filosofo, si è il verso di una sua commedi
ballo grottesco animato da una poèsia corrispondente. Insiste sempre
questo
noto traduttor de’ Salmi e autor de’Paradossi e d
i tratti da Calderòn”? M’ingegnerò di appagarvi. Ma prima che io dica
questo
perchè, convenite Voi meco in pensare, che da gen
nate, Oratorj sacri, tutte cose musicali. Calderòn ha forse coltivato
questo
medesimo genere? Non era dunque la miniera, in cu
n bocca del Demonio mille bestemmie contro il Creatore, volete che in
questo
torbido fonte beva un Metastasio? E per quale ino
òn, dov’egli è ito? non poteva ravvisarlo Metastasio? Questo spirito,
questo
perchè, Signor Lampillas mio, consiste singolarme
tro, in modo che lo spettatore ne rimanga incessantemente sorpreso. E
questo
artificio (ne siano poi bene o male preparati gli
ttono in brio l’Apologista. Ma egli o s’infinge, o non si avvede, che
questo
sagace Impostore non dice già de’ vostri Poeti, m
moderni Tragici. Dovevate dire Tragedi, cioè Attori Tragici. In oltre
questo
Filosofo mascherato comincia il suo discorso dal
eggio. Or questa è l’opera musicale; a giudizio di tutta l’ Europa; e
questo
lavoro nella nostra lingua non s’inventò prima de
Aretufa, tuttochè così diligente si fosse mostrato in quanto concerne
questo
scrittore. Appartiene ancora al Rinuccini la Masc
e ne’ giusti principj di ragionare, sogliono rimproverare all’Italia
questo
genere difettoso a lor parere che manda a morir g
poesia. 147. Menestrier delle Rappresentazioni in Musica. 148. Di
questo
parere è stato ancora il dottissimo lodato Algaro
duello, E cantando s’azzuffa e muor cantando. Mi credo però che
questo
nostro insigne letterato voglia biasimare l’ abus
r verisimile del natural colorito. Da certi pensatori oltramontani in
questo
secolo chiamato filosofico si è tentato di annien
allace. Ma sottilizzino pure a loro posta per confinar la dramatica a
questo
vero immaginario, che essi dureranno la vana fati
trova? E di ciò contento, non si sovviene della musica che accompagna
questo
sentimento. Se ne sovviene veramente lo spettator
igo II) nessun essere ragionevole penserebbe a cantar neppur sognanda
questo
sentimento, che è una massima fredda. Ma egli for
e un Piccini, un Sacchini, un Gluck, saprebbero coll’ armonia animar
questo
pensiero vivace, imitar l’impeto guerriero raffre
sul palcoscenico dei Lumi. Ciò che mi spingeva a studiare l’opera di
questo
conte bergamasco, nato nel feudo di Calepio nel 1
o Croce, il quale si prodigò per riportare in Italia i manoscritti di
questo
autore, ammirato per la portata originale della s
riografia letteraria tra i più rilevanti nell’Europa del tempo — e in
questo
senso devo ringraziare soprattutto Andrea Fabiano
o la rete di collegamenti intertestuale allestita da ogni editore. In
questo
contesto un commento ampio e volto a trattare in
talmente giusto che cade in miseria per qualche colpa occasionale; in
questo
contesto egli propone una lettura del mito di Edi
ta dal Calepio come prerogativa di ogni buon componimento tragico. In
questo
frangente si nota peraltro che l’attenzione dell’
temporanea per rendere perfettibile la scrittura tragica italiana. In
questo
senso l’operazione contenuta nel Paragone si dist
edia francese, stimata generalmente inferiore a quella italiana sotto
questo
profilo, in quanto gli autori transalpini, a part
e introduzione, nelle tragedie francesi, di personaggi malvagi — e in
questo
caso è palese la vicinanza di Calepio alle Osserv
e. Il classicismo del bergamasco non è tuttavia sempre ortodosso e in
questo
consiste l’originalità della sua posizione che in
ezza su cui si dovrebbe fondare la verosimiglianza dell’intreccio. In
questo
caso il Paragone parrebbe riprendere le tesi dell
obria, dal Martello all’interno del trattato Del verso tragico: anche
questo
è uno degli elementi che comprova il fatto che il
l’eroe messo in scena con l’uditore più modesto, per Calepio — che da
questo
punto di vista supera anche la posizione di Maffe
iva generalmente condannato per una sorta di pruderie moralistica, in
questo
caso la censura procede esplicitamente da un prog
eicentesca dal punto di vista della tenuta scenica della tragedia. In
questo
ambito egli riconosce fin da subito la superiorit
i tipici della tragedia di derivazione classicistica: secondo Calepio
questo
tipo di stratagemmi appiattiva le prove italiane
fino anche a esemplari contemporanei come la Temisto di Salìo, in cui
questo
cruciale snodo viene fatto dipendere dal capricci
te circonlocuzioni o a improprie apostrofi. Ancora meno verosimile in
questo
sistema risulta l’a-parte, che richiede come prer
nza, alla dignità e alla coerenza — ma un dato propriamente etico. In
questo
senso, dimostrando invero una lettura molto meno
ria. Ancora più alla lettera deve essere presa la storia sacra, ed in
questo
senso vanno lette le veementi accuse lanciate dal
secolo, come dimostrano, fra gli altri, Gravina e Muratori. Anche in
questo
caso i problemi mostrati dalle composizioni itali
ano da una troppo scrupolosa fedeltà agli antecedenti classici, ma in
questo
punto, ancor più che nei precedenti, emerge l’imm
amento del gusto e delle tecniche drammatiche. Calepio si richiama in
questo
caso ancora alla Querelle des Anciens et des Mode
nnamorato di Racine risulta grottesco a Calepio, il quale riprende in
questo
frangente una delle argomentazioni forti del part
ve, avevano rilevato il medesimo problema; la colpa starebbe anche in
questo
caso nella troppo servile imitazione delle auctor
gratitudine si estende però a tutti gli studiosi con i quali durante
questo
percorso mi sono confrontato, nel corso di conveg
a menzione particolare meritano gli amici che mi sono stati vicino in
questo
percorso: dal mentore Alessandro Metlica, a cui d
al Giraldi e quindi da numeroso stuolo d’altri che son fioriti fino a
questo
tempo. Jodel e Ronzard in Francia, invitati dall’
ia asserito, nella prefazione, che Cornelio sostenuto dalle regole di
questo
filosofo ha restituito lo splendore alla tragedia
[1.2.1] Dalla perfetta tragedia vuolsi ricercare il fine ottimo, né
questo
altro è propriamente che il purgar con piacevolez
ofocle, il quale si dà per idea della perfezione, non purga punto: ma
questo
Francese s’inganna per non saper rinvenire in Edi
e necessità a cui soggiaceva a cagione della madre stessa. [1.2.9] A
questo
grado s’approssima anche l’Agamemnone, perciocché
Jacopo Martelli, il quale non par che guari abbia curato le favole di
questo
primo ordine. Tal proprietà fu dall’autore attrib
Articolo IV. [1.4.1] Ma perciocché mio avviso è di parlare in
questo
capo della sola dignità più sustanziale della fav
ria alla tragedia. [1.4.4] L’Orazio avrebbe soggetto non indegno, se
questo
poeta non lo trattasse talmente che, scordato di
rivarvi. Di molte lor favole occorrerammi di ragionare nel decorso di
questo
paragone. [1.4.16] Io chiuderò dunque il present
se della particolare benemeranza, e nel proposito di cui trattiamo in
questo
, conviene altresì dire che hanno non di rado una
più difetti che scuopre nel suo proprio teatro, non s’attribuisce mai
questo
: anzi egli non dubita di preporre a tutte le sue
con passione, si introduce Stefania, che in due parole si spedisce di
questo
punto e distende la sua narrazione nell’esprimere
a epopeia colla rassomiglianza di molte cose, ma colla compassione. E
questo
piacere si forma principalmente, secondo il mio s
e l’essere sconvenevoli all’occasione sono anche per altro noiosi. In
questo
numero puossi mettere la storia che il Trissino f
nso d’ogni testo aristotelico, che stimo superfluo il dimostrarlo. Da
questo
falso principio deduce egli che, avendo mestieri
rrarsi nella brevità del tempo prescritto. Racine mostrò di conoscere
questo
errore e d’amar però meglio la semplicità, ma non
l’Italiani poeti e m’avesse mosso a censurare quelli de’ Francesi, in
questo
capo egli s’avvedrà che l’amore del vero, siccome
iderabile nell’Andromeda di Pietro Cornelio. Né possonsi assolvere da
questo
difetto alcune italiane. La Polissena del Marches
, sì li soliloqui e ciò che si dice ad alcuno a parte. Certo anche in
questo
non è lieve il vantaggio de’ Francesi. Già sopra
l’Etolia, non che vicino a Calidonia, e pure si dovette ricorrere in
questo
incontro ad uno classico e famoso come costumavas
o non lodare il Bonarelli, che nel principio del secolo antecedente a
questo
cominciò ad eschiuderlo del tutto, come ora veggi
ce n’ha di molte non inferiori alle greche, così ne abbiamo alcune di
questo
secolo superiori non pur nelle cose medesime, ma
a tragedia, perciocché occupati quasi totalmente nel procacciarsi con
questo
la maraviglia, mostransi d’ordinario meno curanti
vremond, come s’espresse nel giudizio sopra l’Attila di Cornelio, che
questo
poeta prendesse a comporre tragedia sopra Annibal
agini che prendono a fare in quel genere». Ma rispondo che non ha con
questo
voluto Aristotele distruggere la prerogativa dell
à. Lascio però giudicare quanto sia ridevole il motivo per cui mostra
questo
Francese d’essersi indotto a ciò fare, dicendo eg
r compassione, né giovar col terrore, perché di quella sono indegni e
questo
si rende inutile al più della gente che non è sì
i quali trattarono tal fatto sotto la persona d’Ippolito, diviene per
questo
poeta insopportabile. [5.3.2] Il frutto del terr
altre ch’abbiamo di soggetti greci patiscono l’accennato difetto. Ma
questo
è di poca considerazione a rispetto d’altre compo
o la proprietà della nazione, avendo quasi tutte qualche bassezza. In
questo
numero è la Sofonisba del Trissino, ove si vede f
sopra l’altre notabile come fondamento di quelle, perciocché laddove
questo
manchi debbon mancare necessariamente la bontà, l
nsorte con i figliuolini trucidati da Semiramis: Morta hai tu qui di
questo
cor la fiamma ma l’incendio è pur vivo, e cresce
essi schifata sì la bassezza che le borre da me sopra descritte. Per
questo
riguardo può giustificarsi in gran parte chi scri
s deux. Fra pensieri della medesima tragedia parvemi già freddissimo
questo
che dice Orazio al re Tullo: Un homme tel que mo
sito avvertirò che non mancano vari esempli di vane acutezze anche in
questo
poeta, benché ne fosse più parco di Pietro suo fr
L’esclamazione ha la sua forza senza il secondo verso, ma perché in
questo
si riconosce la combinazion ricercata dell’abisso
i suoi pensieri disoccupati dalla sua grave risoluzione per comporre
questo
scherzo: Que mon cœur soit l’écueil, où sa gloir
si vede un saggio anche d’apostrofe troppo poetico, nella qual figura
questo
autore s’è reso più d’ogni altro imitatore di Cor
ersi intieri sdruccioli usossi dal Gratarolo nella Altea. [7.1.2] In
questo
secolo si sono aggiunte due forme nuove di versi.
quella dignità che prestano al verso giambo la greca e la latina, ma
questo
difetto è comune alla francese altresì, perciocch
ndere che fra il latino ed il greco non è sì grande la differenza che
questo
non possa facilmente soprabbondare per cagione di
na con l’ettasillabo egli comunica a quello la sua grandezza, siccome
questo
corregge l’altro con la naturalezza e con la vari
do di scriverli potesse a ciò cooperare, né sapendo render ragione di
questo
suo sogno, procurò d’avvalorarlo con la similitud
re di ricontro quello de’ Francesi ora descritto, prima di dar fine a
questo
capo, piacemi qui recare un saggio tratto dall’Or
oux, et digne d’un tel frère? Traduzione. No fratello, non vengo in
questo
loco che per darti un amplesso, e dirti addio. No
d’onta v’animasse all’impresa. Vietavi tali cure il patrio zelo: poco
questo
oprarebbe, se congiunti tra voi men foste: è d’uo
gusto, ch’ora ha la Francia nell’arte tragica. Convien confessare che
questo
scrittore è uno de’ più rari spiriti che abbia av
ere eccessivo, nondimeno secondo la poesia è d’un grande vantaggio. A
questo
errore sembra che monsieur de la Motte sia stato
la gente a suo favore (il che come appresso vedrassi è falso) non per
questo
l’autore «omne tulit punctum». Allora avrebbe egl
n è punto valevole a moderare l’irritamento degli animi, come suppone
questo
scrittore. L’altra all’incontro ha de’ motivi ver
rvano i concetti e si toglie la precisa attività de’ ragionamenti: ma
questo
bensì prova quel difetto che io stesso ho già not
iferirgliele, né ciò puote fare Antigone verisimilmente. L’uditore in
questo
luogo sente l’importunità della narrazione: s’avv
io di far che oda lo spettatore ciò che Romolo non sente. Lo stile di
questo
dramma per frasi poetiche ed espressioni strane n
parfaits n’ait embrasé mon âme146. Lascio giudicare quanto convenga
questo
motto giocoso al doloroso annunzio che Inès allui
a non corrisponde direttamente al difetto che gli ascrive, non avendo
questo
veruna altra attinenza che d’una occasione lontan
i stampare il mio Critico paragone, non so che rispondervi se non che
questo
è opera donata a voi e però la rimetto alla vostr
oma, Bari, Laterza, 1964, p. 34), salvo poi limare significativamente
questo
primo assunto nei Discorsi del poema eroico, in c
ovamento («volendo ritener il giovamento, si dee drizzar il piacere a
questo
fine; e per aventura il diletto è fine della poes
o è fine della poesia, e fine ordinato al giovamento», ivi, p. 67; su
questo
parziale ravvedimento dell’estetica letteraria ta
a preferenza per la posizione del Castelvetro — largamente citato per
questo
tipo di considerazioni da Corneille —, anteposto
oni attorno alla centralità dello stile e della sentenza. Tuttavia su
questo
preciso punto lo Scaligero sosteneva una nozione
mente sull’utile che innerva e legittima ogni operazione poetica, sia
questo
inteso in senso genericamente morale, oppure anch
ates cinquecentesche; senz’altro una particolare importanza assume in
questo
senso il Discorso del cipriota Iason De’ Nores, i
ostumatamente nelle città. Quello si può chiamar principio naturale e
questo
si può chiamar principio artificioso» (Iason De’
di Bernard Weinberg, Bari, Laterza, 1972, p. 375). Gravina recuperava
questo
stesso schema nel Della tragedia, mostrando come
ro musicale di Quinault e nella librettistica coeva, e sulla presa di
questo
«linguaggio dell’amore» sul pubblico francese cfr
te ligia a mettere in pratica tutte le disposizioni aristoteliche. In
questo
caso Calepio contesta lo sviluppo dell’argomentaz
co del Parallèle, che anima al fondo lo stesso Paragone di Calepio. A
questo
copione si attiene l’Abbé de Villiers, autore di
ille, e Clearque, appassionato del teatro di Racine. A spuntarla è in
questo
caso Timante, il quale, convinto che la tragedia
stata originariamente espressa dal Castelvetro, che viene ripreso in
questo
passaggio puntualmente dal francese (Lodovico Cas
VI e XVIII secolo», Horizonte, XII, 2010-2011, pp. 33-50. [1.1.7] In
questo
caso il riferimento calepiano va al seguente pass
re una qualche utilità etico-drammaturgica alla Poetica —, risulta in
questo
brano evidente. A Calepio non poteva certo piacer
è pur sempre innamorata —, ma anche di diversi altri suoi drammi. Per
questo
motivo propone una spiegazione alternativa: non d
cier su Corneille non è tuttavia incondizionatamente positivo — forse
questo
punto è anzi l’unico in cui si spende in un elogi
plus favorables» (ivi, p. xix). [1.1.11] L’accenno di Calepio va in
questo
caso ai prodromi della filosofia cartesiana, ben
atini, condotta allo scopo di esaltare incondizionatamente i moderni:
questo
è, a suo parere, l’atteggiamento che molti autori
renui sostenitori della supremazia di Omero e della poesia classica —
questo
partito annoverava, oltre a Madame Dacier, letter
n, Jean Bovin e infine Du Bos. Probabilmente Calepio allude proprio a
questo
tardo prodromo della polemica (1714-1716), di cer
colo II. [1.2.1] Viene immediatamente presentato, nell’esordio di
questo
articolo, un elemento fondamentale nella poetica
ò farlo, senza spogliarsi dell’humanità? Per modo che la Tragedia per
questo
solo meriterebbe di essere, come fiero, e scandal
azion tragica ad altro fine che per averne diletto», ivi, p. 420; su
questo
punto cfr. anche Elisabetta Selmi, «Classici e mo
, e dall’Ostinatione, ed insieme d’alcun’altra incontinenza» (cfr. su
questo
punto Roberto Puggioni, «Sulla dedicatoria della
canti […] Ben disse Angelo Ingegneri nel Proemio alla sua Tomiri, che
questo
sarebbe un voler “curare il freddo col freddo, e
d’Amburgo, a cura di Paolo Chiarini, Roma, Bulzoni, 1975, p. 340; su
questo
punto, in ottica di un proficuo confronto con la
ttatori come una potenza medicamentosa che ne lenisce gli affanni (su
questo
mi permetto di rimandare al mio «L’“irragionevole
ultura classica, III, 2003, pp. 67-84; Teresa Chevrolet, «“Che cosa è
questo
purgare?”: la catharsis tragique d’Aristote chez
iscorrendo sulle qualità richieste al personaggio esemplare, anche in
questo
caso non si richiami semplicemente all’autorità d
a, con l’Apologia di Sofocle, Venezia, Zatta, 1770, p. 165). Anche in
questo
caso, tuttavia, si noti, l’approvazione di Calepi
Chimène, il quale lo aveva schiaffeggiato pubblicamente. A partire da
questo
episodio si svilupperebbe dunque il nodo tragico,
«uomo dabbene», cittadino rispettoso delle leggi e dell’autorità; in
questo
senso egli giudica impropria l’affermazione con c
va ancora nelle Osservazioni sopra la Rodoguna di Scipione Maffei (su
questo
punto rimando al mio «L’“irragionevolezza” della
a (Libro VII, capo I, 1145b 35) in cui Aristotele contrappone appunto
questo
tipo di bestialità alla virtù eroica e divina. I
semplicemente la loro colpevolezza. Come Tieste fu incestuoso — e in
questo
caso Calepio concorda con Corneille, prendendo le
re umano che egli favorisce attraverso il dono del fuoco rubato e per
questo
furto viene aspramente punito, provocando nel pub
acchiandosi di una colpa così comune fra gli uomini, risulta anche in
questo
caso efficace nel destare sia la compassione che
ma sono comunque funzionali ad ottenere la purgazione del pubblico. È
questo
il caso dell’Agamennone, nel quale il protagonist
ebbe in realtà le colpe del padre Atreo. Il bergamasco segue anche in
questo
caso la lettura di Dacier che nominava Agamennone
azione, in quanto Clitemnestra uccide il marito proprio per vendicare
questo
delitto. Anche nei Sette contro Tebe i personaggi
s, Barbin, 1692, p. 211). Secondo Calepio nell’Ippolito, approvato da
questo
punto di vista anche da Dacier (ivi, p. 188), è p
estier, Paris, Gallimard, 1999, p. 817). L’allusione di Calepio va in
questo
caso probabilmente alla anonima Dissertation sur
, pubblicata nel 1677, in cui l’autore accusava Racine — l’intento di
questo
scritto non era certo quello di «accrescere la gl
una plurisecolare tradizione letteraria. Il bergamasco sottolinea in
questo
caso la causa originaria della punizione attribui
la legge di Creonte pur di donare sepoltura al fratello Polinice. In
questo
caso viene biasimata la posizione di Terrasson, i
e, considerate migliori dal filosofo greco. Calepio condanna anche in
questo
caso un modello drammaturgico che si discosta da
ù regolare e maggiormente rispettosa dei dettami poetici classici. In
questo
terzo articolo il bergamasco sonda a tal proposit
popolo che indurrà i giudici a condannarlo a morte. Celia risulta in
questo
caso un personaggio mezzano, in quanto colpevole
ce di gran lunga la più regolare favola semplice, e quindi ritiene in
questo
senso più apprezzabile il Tancredi, che ancora in
la figlia Merope, mosso in prima battuta dall’ambizione politica. In
questo
primo sondaggio sulla tradizione tragica italiana
amasco ritiene fondamentale per la tragedia. Venendo al confronto fra
questo
primo canone calepiano e quello stilato dal Maffe
ogo della Bellezza della volgar poesia di Crescimbeni, che affastella
questo
sommario elenco di «tragedie nobilissime» da oppo
za della volgar poesia, Roma, De’ Rossi, 1712, p. 124). Collazionando
questo
canone, che tiene in giusto conto Giraldi, e una
nfigura tanto come un documento patriottico di critica antifrancese —
questo
accadeva invece nelle opere critiche di Crescimbe
rici, a cura di Amedeo Quondam, Roma-Bari, Laterza, 1971, p. 517). Su
questo
punto si veda il contributo di Beatrice Alfonzett
titolo di Re di Napoli. Il personaggio che muove pietà e terrore è in
questo
caso Beatrice, già moglie di Enrico, primogenito
namenti svolti in margine al Cid di Corneille nel secondo articolo di
questo
medesimo capo, il bergamasco inizia la propria re
et annotée par Georges Forestier, Paris, Gallimard, 1999, p. 260). In
questo
senso Calepio si dimostra molto più vicino alla p
rnelia —, sorella di Orazio e amante di Curiazio. Proprio in virtù di
questo
diverso trattamento della fabula i primi atti, ne
reccio secondario. André Dacier aveva stigmatizzato l’introduzione di
questo
episodio, considerato inopportuno e inefficace: «
, se rappresentato in uno stato cristiano. Sui problemi che poneva in
questo
senso il soggetto di Edipo e sul modo in cui i va
guerra civile spagnola in epoca romana che Calepio chiama in causa in
questo
frangente, indicandola come il manifesto della tr
se il meccanismo tragico, Ériphile era assolutamente innocente, e per
questo
motivo il processo di purgazione non poteva avere
un lettore attento anche dei paratesti delle tragedie raciniane e in
questo
passaggio, come farà più tardi con l’Andromaque,
vuole imporre al popolo romano un’imperatrice straniera. Per Calepio
questo
soggetto non è adatto a mettere in moto il meccan
l protagonista plausibile e passibile di compassione, a patto che sia
questo
a scatenare la catastrofe, cosa che non succede n
io Conti in quanto capace di far rivivere la poesia biblica. Anche in
questo
caso il giudizio in merito alla qualità del prota
Settecento, Modena, Mucchi, 1989, pp. 9-79. [1.4.16] Calepio tira a
questo
punto le somme delle considerazioni fatte in ques
6] Calepio tira a questo punto le somme delle considerazioni fatte in
questo
primo capo, nel quale ha osservato come gli itali
bbene non così apertamente, anche da Scipione Maffei, che proprio per
questo
motivo collaborava con Riccoboni alla rinascita d
sulla figura del martire o più in generale sul protagonista virtuoso:
questo
tipo di personaggio sarebbe perfetto all’interno
eroica, ma nella tragedia non riesce a produrre l’effetto proprio di
questo
genere letterario. [1.4.18] In chiusura, Calepio
reda plausibili le vicende rappresentate. Calepio non si riferisce in
questo
caso alla disputa fra tragedia di argomento stori
bellezza della volgar poesia, Roma, De’ Rossi, 1712, pp. 78-103). In
questo
genere di pastorale tragica si erano cimentati, t
vol. I, a cura di Ada Ruschioni, Milano, Marzorati, 1971, p. 129). Su
questo
specifico punto Calepio tornerà in Paragone V, 6,
o credito, forse non indipendentemente dal bergamasco, al racconto di
questo
storiografo. Capo II. Osservazioni intorno le
poeta tragico a partire dal teatro di Corneille. Si passerà dunque a
questo
punto all’esame del valore della peripezia, ossia
degli ultimi capitoli, dedicato al rapporto fra epica e tragedia; in
questo
frangente il filosofo greco ammette che tanto la
orma di poesia che non poteva andare scisso dal dilettevole. Utili in
questo
senso sono le riflessioni di Minturno (Antonio Se
a costruzione retorica e stilistica; particolarmente significativo in
questo
caso è la riflessione teorica di Emanuele Tesauro
indi piacevole. Più la peripezia è generata da motivi imprevisti, più
questo
rivolgimento risulterà piacevole; nella Poetica v
estirgli l’animo di desideri nobili, e invaghirlo della perfezione; e
questo
è l’utile, che si ritrae dal Poema Eroico, il qua
nto impiega personaggi eroici. Ciò depotenzia la portata catartica di
questo
genere letterario, dal momento che un protagonist
edia, che non è in grado di conseguire pietà e terrore. Nel discutere
questo
passaggio viene richiamata la Dissertation sur l’
a conclusione integralmente tragica. Tuttavia, sentenzia Aristotele, «
questo
non è il piacere che deriva dalla tragedia, piutt
(cfr. in proposito gli strali della ben nota polemica con il Nores su
questo
punto: Battista Guarini, Risposta dell’Attizzato
così l’una come l’altra non sia mista di parti Tragiche e Comiche: e
questo
basta per farla simile alla doppia legittima del
ione inattesa della peripezia nella tragedia italiana, ritenuta sotto
questo
profilo assai più efficace di quella francese. La
la composizione tragica citato da Calepio è la riconoscenza. Anche in
questo
caso il dibattito sei-settecentesco in merito all
Roma la maraviglia, finse ch’Eraclio, l’Imperadore nella Tragedia di
questo
nome fosse figlio, non d’un Pretore dell’Africa,
uover gli affetti, qual più possente strumento potrà ella adoperare a
questo
fine, di quello d’una peripezia, che venga fatta
Dell’istoria della volgar poesia, vol. I, cit., pp. 307-308 (cfr. su
questo
punto anche Franco Arato, La storiografia lettera
l Cid o la Berenice, rispetto a quelle che, come l’Œdipe, sfruttavano
questo
artificio (Pierre Corneille, «Discours de la trag
Stefano Mazzoni, Firenze, Le Lettere, 2011, pp. 180-189. [2.2.3] In
questo
frangente Calepio controbatte ad una specifica co
atura — e si profila il diverso destino — dei buoni e dei cattivi; in
questo
caso, così come nelle favole di lieto fine, la so
di Gregorio Caloprese e Gian Vincenzo Gravina. Calepio si propone in
questo
caso di analizzare i tre punti che ritiene fondam
fronti del protagonista della vicenda, Calepio ritiene che proprio su
questo
punto le pièces francesi siano senz’altro censura
7-270: 266-267. Interessanti sono anche le considerazioni in merito a
questo
dramma fatte da Jean-Philippe Grosperrin, il qual
ellenza, pietà e terrore. Qualunque altro affetto che si inserisca in
questo
momento cruciale rischia di distrarre lo spettato
timento di animosa ostilità nei confronti del cattivo: l’insorgere di
questo
slancio di indignazione ridurrebbe tuttavia notev
fo greco, il mancato rispetto della «mediocrità» del protagonista, in
questo
frangente si passa ad attaccare l’introduzione di
o preso in esame da Calepio è quello della Rodogune, già censurata in
questo
senso dal Maffei nelle sue Osservazioni, proprio
mutato rispetto a ciò che narrava la storia proprio per far risaltare
questo
aspetto compassionevole (cfr. Pierre Corneille, R
ne, in Id., Œuvres complètes, t. II, cit., p. 202) — è emblematico di
questo
procedimento. Scrive infatti Corneille, riferendo
ondamentale al quale sottoporre la bontà di ogni invenzione, nega che
questo
meccanismo comporti una compassione pari o maggio
, negando di fatto il perfetto compimento della purgazione finale. Su
questo
interessante finale raciniano si sono soffermati
merosi critici moderni, i quali hanno dato diverse interpretazioni di
questo
«dénouement»: alcuni hanno intravisto nell’uccisi
vois baptisée», V, 5, vv. 1724-1728). Corneille si era soffermato su
questo
punto nell’Examen del 1660 — che Calepio dimostra
sultata efficace agli orecchi dei pagani che l’ascoltavano, e che per
questo
motivo, e per non svilire la dignità dell’azione
otés par Georges Couton, Paris, Gallimard, 1987, p. 982). [2.4.8] In
questo
caso Calepio fa riferimento ad alcune battute del
provazione ch’ebbe la prima volta la tragedia di M. de Voltaire: e da
questo
egli ha preso motivo di sofisticare sopra l’asser
nizione di personaggi fallibili, tutt’altro che eroici, e proprio per
questo
adatti a far nascere nello spettatore il sentimen
traverso un’operazione che struttura la pietas cristiana. Proprio per
questo
motivo egli rigetta l’ipotesi avanzata dal Castel
ta, vol. I, a cura di Werther Romani, Bari, Laterza, 1979, p. 367; su
questo
punto si rimanda a Paragone I, 1, [1]). Il piacer
esso e prova pietà secondo un meccanismo cristianamente catartico. Su
questo
nodo fondamentale della poetica tragica di Calepi
tà — di abbandonarsi alla fiducia nel cessare del “vento” (v. 66), in
questo
senso di attesa degli eventi e di trepidazione pr
ustafà, che poi si scopre essere in realtà figlio anche di Regina. In
questo
intreccio si incastonano elementi romanzeschi tip
ivista italiana di drammaturgia, XV-XVI, 1980, pp. 39-66. [3.1.5] In
questo
frangente emerge con chiarezza la conformità del
dono dallo sregolamento del palato, non da squisitezza di gusto: e se
questo
poeta avesse avuto la moderazione di contentarsi
ità potea convenire alle sue tragedie; non avrebbe certamente provato
questo
amaro», Pietro Calepio, «Confutazione di molti se
il legittimo successore di Claudio, Britannicus. Racine inserisce in
questo
soggetto una sottotrama amorosa grazie al persona
mante qualora lei non avesse accettato. Calepio ritiene evidentemente
questo
episodio amoroso ben gestito e tale da non compro
o il fondo, su cui si tesse il carattere è ciò che ne fa l’unità; ma
questo
non toglie la varietà de’ sentimenti. Così in qua
convinto che la tragedia riceverebbe giovamento dalla soppressione di
questo
ruolo e dal ridimensionamento dell’episodio amoro
conflitto con un mostro che lo stava per far soccombere. In virtù di
questo
evento Alcippo, re dei Tegeati, comprenderà l’ora
ore che contrapponeva tre guerrieri dei Tegeati a tre dei Feneati. In
questo
intreccio si inserisce l’amore fra i due sposi, D
omposta da Lagisca ed Eurindo. Sarà infine utile notare come anche in
questo
caso nel suo Della storia e della ragione d’ogni
sono tutti Episodii viziosi. La Demodice del Recanati è assai pure in
questo
fatto peccante» (Francesco Saverio Quadrio, Della
e la Comedie Latine […], t. I, Paris, Cailleau, 1730, pp. 275-276). A
questo
attacco frontale rispose immediatamente il dramma
finire del secolo, il Metastasio dell’Estratto dell’arte poetica: in
questo
importante documento critico egli — riprendendo i
intransigente circa l’unità di tempo e di luogo egli non transige su
questo
ultimo punto, necessario a concentrare l’attenzio
plasmato l’antefatto del Pastor Fido (II, 2, vv. 383-474) proprio su
questo
episodio (cfr. Elisabetta Selmi, «Commento», a Ba
, nella seconda edizione del 1675, si ha una parziale attenuazione di
questo
giudizio rispetto alla princeps del 1674; ciò tes
na madre nei confronti del figlio non tanto — o non soltanto — perché
questo
fosse reputato meno sconveniente, ma perché un si
isultati poco efficaci e scarsamente interessanti per il pubblico: in
questo
contesto egli si diceva in particolare sicuro che
par Elfrieda Theresa Dubois, Genève, Droz, 1970, p. 103). [3.3.3] In
questo
segmento Calepio espone un principio cruciale del
che garantisce un contatto con l’eroe protagonista delle tragedie. Se
questo
poteva effettivamente essere vero per le tragedie
costituisce un impedimento temporaneo per soddisfare un desiderio. A
questo
ragionamento farà eco il Quadrio, ancor più decis
Episodi Amorosi. Può essere, che non avessero eglino delle lor Donne
questo
concetto ingiurioso, che non sapessero esse, se n
egnare a quelli il maggior luogo, come son soliti di fare i Francesi,
questo
sarà fallo inescusabile» (Scipione Maffei, «Recen
Rossa a Solimano, operarono l’effetto dal lei desiderato, io però da
questo
picciol seme istorico ho pensato poter far nascer
a: prima da Gian Rinaldo Carli («Ma io non voglio andar esaminando in
questo
momento tutte le nostre Tragedie. Basti per tutte
’œuvre de Pierre Corneille, Paris, Gallimard, 1948. [3.3.6] Viene in
questo
frangente denunciata l’incoerenza di alcuni prota
ta all’Œdipe di Corneille e all’Andromaque di Racine, già rilevata in
questo
capo nel quarto punto dell’elenco stilato dall’au
i Jonathas, impone a Saul di non punire il figlio. Calepio giudica in
questo
caso superflui i personaggi secondari di Achinoam
donna di Absalon — sono inutili allo sviluppo dell’azione. A chiudere
questo
elenco di tragedie francesi di soggetto religioso
a costruzione della favola, al contrario quello italiano appare sotto
questo
profilo molto più regolare, ma al contempo poco e
alepio un momento particolarmente delicato della rappresentazione: in
questo
punto vanno fornite allo spettatore le notizie ne
nei seguenti paragrafi prenderà a censura qualsiasi deroga rispetto a
questo
modello, che considera l’unico efficace dal punto
ligere la versione sofoclea, nei cui prologhi non compaiono figure di
questo
tipo: l’Antigone, ad esempio, è aperta dal dialog
informare il pubblico degli antefatti. Giraldi Cinzio aveva affidato
questo
prologo talora a personaggi coinvolti nella rappr
cio circa il futuro di moglie e figlia —, talaltra aveva investito di
questo
compito divinità: è il caso dell’Orbecche, dove d
meccanismo, ma questa volta ad agire sono Iride e Giunone. Conscio di
questo
difetto il Maffei, pubblicando la tragedia nel Te
rappresentarsi, ed in secondo si addita nel fine il modo con cui può
questo
facilmente tralasciarsi senza danno (e tanto più,
ralasciarsi senza danno (e tanto più, che non è la più bella parte di
questo
componimento) riducendo la Tragedia in tre Atti»,
one commentata, site IdT — Les Idées du théâtre). [4.1.5] Si passa a
questo
punto al fronte francese, affatto esente da simil
mare Rodrigue, cavaliere audace ma indegno di sposare una regina; per
questo
motivo si è imposta di resistere alla tentazione
l’Infante a Léonor nel Cid, e quelli di Cléopâtre a Charmion erano in
questo
senso esemplari, in quanto si imponevano come imp
Pissot, 1770, t. I, p. 300]). Molto vicino al Calepio si mostrava in
questo
frangente anche Antonio Conti, che assegnava alla
Timagene nella Rodoguna, tutt’e tre Opere di Pietro Cornelio, sono di
questo
difetto medesimamente macchiate» (Francesco Saver
ni e progetti. Sebbene egli non si dica pregiudizialmente contrario a
questo
tipo di personaggio — al quale del resto aveva fa
ova nelle tragedie francesi un’eccessiva abbondanza di confidenti; in
questo
caso egli censura principalmente il teatro di Rac
gedie, Firenze, Bonducci, 1751, p. 351). Meno severo nei confronti di
questo
espediente, ritenuto notevolmente migliore rispet
n suo cuore quella persona, come ancor si fa negli a parte. Ma quando
questo
Inverisimile possa schivarsi, ottimo consiglio sa
il quale, nelle sue due tragedie religiose, inserisce due visioni di
questo
tipo: il sogno di Athalie narrato a Mathan nell’o
può conghietturare, che l’Autore del Paragone scritto abbia in fretta
questo
suo Libretto, senza esaminar bene le cose delle q
a, Venezia, Zatta, 1770, pp. 232-233). Articolo II. [4.2.1] In
questo
articolo viene ribadita la superiorità dei France
o, ma piuttosto eliminava i versi precedenti all’ingresso in scena di
questo
personaggio, pronunciati dal Vecchio (Scipione Ma
, Napoli, Orsino, 1789, pp. 111-112). [4.2.2] Vengono condannate, in
questo
passaggio, le tragedie italiane che fanno ricorso
osserva e ascolta tutto ciò che accade in scena. Calepio asseconda in
questo
senso la generale disistima nei confronti dell’is
di serbare i segreti confidatigli («ille tegat commissa», v. 200). Se
questo
elemento era considerato, anche dai classicisti s
eorie nella sua Apologia di Sofocle. Eppure sembra proprio che ci sia
questo
stesso Voltaire alla base dell’argomentazione del
ssi politici, si trattino in pubblico alla presenza del popolo, e che
questo
non manchi di dir parere, o di dare consiglio», G
mancavano detrattori di questa posizione: il solito Salìo accusava in
questo
frangente Calepio di assecondare una logica tropp
otagonisti confessavano impunemente i propri segreti più reconditi: è
questo
il caso della Tullia di Martelli, già criticata i
ofe. Gli Italiani, a differenza dei Francesi, sarebbero carenti sotto
questo
specifico aspetto, dal momento che abitualmente n
ara in qualche misura, con la fuga di Licisco e Arena nel primo atto,
questo
rivolgimento. Il tratto comune di queste tragedie
pezia in molti luoghi, fra’ quali è il Robortello nell’esposizione di
questo
luogo, perché spesse volte i Trojani sono vincito
spingerà al suicidio. Dal punto di vista di Calepio la peripezia è in
questo
caso mal gestita, in quanto dipende dall’accident
morte è il mezzo, per cui col verisimile arrivo del Balio, mandato a
questo
effetto da Ino, riconosce Temisto il suo errore,
si alluda in maniera esplicita al contenuto della peripezia, privando
questo
elemento della meraviglia che le dovrebbe essere
dendo ancora una volta meno efficace la riuscita. L’autore rinnova in
questo
caso una critica già mossa all’Œdipe di Voltaire
lla prefissata conclusione del quinto atto. Egli prende ad esempio di
questo
meccanismo la Bérénice di Racine, in cui Antiocus
verosimiglianze, venga qui elevata a modello dal Calepio che guarda a
questo
dramma come ad un modello di verosimiglianza in q
mente e si fa riconoscere come tale soltanto molti versi più tardi. È
questo
il caso dell’Aristodemo del Dottori in cui l’eroe
dall’inizio, ciò sarebbe fatto in maniera così artificiosa da rendere
questo
dispositivo scenico, indispensabile affinché gli
e avvinto dalla sua storia e commosso dalle sue passioni. Anche sotto
questo
profilo Calepio ritrova imperfette le tragedie it
ipendenza dell’Aminta tassiana da quel rilevante ipotesto tragico. Su
questo
punto si veda Renzo Cremante, «Appunti sulla pres
econdo Calepio il Torrismondo risulterebbe particolarmente carente da
questo
punto di vista nel terzo atto, dal momento che i
lessandria, Edizioni dell’Orso, 2007, p. 105. Sarà bene notare che in
questo
passaggio il Calepio parrebbe replicare un’argome
e Racine, vengono comunque considerati superiori agli Italiani sotto
questo
profilo. Benché anche in Italia ci siano stati in
ro sollevar Roma», ibid.). Articolo V. [4.5.1] Calepio entra a
questo
punto nel merito della disposizione dei dialoghi,
ortantissime sull’antefatto è considerata mirabile da Calepio, che in
questo
frangente si accorda al parere dello stesso Corne
il quale nel suo esame della tragedia si era vantato dell’acutezza di
questo
passaggio («Surtout la manière dont Eudoxe fait c
lepio, anche nella tecnica dei soliloqui, benché non siano neppure in
questo
punto esenti da qualche rimprovero. Corneille tal
terpretare il ruolo della perfida madre; Voltaire, pur riconoscendo a
questo
pezzo una qualche innegabile bellezza, ne censura
tragedia di Corneille. Ben prima di Voltaire si trovano allusioni di
questo
tipo al monologo di Émilie nell’Art poétique del
Fénelon, richiamandosi al Boileau, condannava l’inverosimiglianza di
questo
passaggio, profondamente lesivo del criterio di n
del saggio della Montagu nell’Italia del tardo Settecento, e su come
questo
suo “paragone” condizioni la ricezione di Shakesp
edia, Verona, Ramanzini, 1745, p. 132). Sulla discussione in merito a
questo
verso della Merope si rimanda anche a Paola Trive
nconsulte in tutta la città. Ti parlerò nel modo che t’ho detto, e in
questo
modo ascoltami anche tu. Le visioni che ho avute
reci. Eschilo, Sofocle, Euripide, Roma, Newton Compton, 2016, p. 386;
questo
passo è interpretato come un a parte anche nella
ville, 1640, p. 268). D’Aubignac, punto di riferimento per Calepio in
questo
capo, sosteneva a sua volta che gli a parte dovev
mmedia Le Menteur, pur dichiarando la sua avversione nei confronti di
questo
espediente («J’ai tâché de la réduire à nôtre usa
si apparta per dire qualcosa che l’altro non intende; nel secondo — e
questo
è il caso della Merope, ben più lodevole — si ind
etti a parte. Ora di cotali nella Merope non v’ha niuno ed ha però in
questo
il riverito autore equivocato. Furono in ciò altr
i come naturali e impetuosi prorompimenti potranno ammettersi; ma con
questo
sempre, che il detto in tal modo non sia punto ne
cellai presentavano a loro volta dei discorsi in disparte («Esempi di
questo
parlar separatamente veggonsi nelle buone Tragedi
retura/ ei diede a Bruto, e lui corruppe il primo», III, 6). Anche in
questo
caso Conti aveva replicato al Bergamasco, rifacen
2005, pp. 251-272. Articolo VI. [4.6.1] Nel sesto articolo di
questo
capo Calepio passa ad esaminare la partizione del
passa ad esaminare la partizione del dramma in atti e scene: anche in
questo
caso il paragone vedrà vincenti i Francesi, dal m
nvece distanziate per questioni di verosimiglianza temporale. Sarebbe
questo
ad esempio il caso del Torrismondo, già più volte
d esempio il caso del Torrismondo, già più volte ripreso nel corso di
questo
capo, poiché l’arrivo di Frontone in scena (IV, 5
o di conoscere cosa sia accaduto alla sorella, ordina di far chiamare
questo
servo che si suppone abitare un solingo luogo pas
, che si chiami Ismene», II, 3, vv. 241-242). Maffei non ribatterà su
questo
punto nella sua Recensione al Paragone. Viene ino
tragici francesi sarebbero stati secondo Calepio meno difettosi sotto
questo
profilo: qualche trasgressione — ma l’autore non
lcune tragedie di argomento sacro già menzionate da Calepio; anche in
questo
frangente il Bergamasco non fornisce esempi preci
’Orso, 2001, p. 185), ma stimava comunque più pratico ed efficace che
questo
ruolo venisse affidato ad un attore, secondo una
esso della liceità del dramma per musica sei-settecentesco. Accanto a
questo
brano, nei dibattiti dell’epoca viene spesso riev
orto fra musica e parole nel testo drammaturgico, metteva in evidenza
questo
disaccordo («Hor avvertite che le Tragedie, &
tudine de’ sopradetti che o si dolga, o vero festeggi cantando; et in
questo
modo pare che molto più diletto arrechino quale n
fatto moltissimo la rosa di azioni che è possibile rappresentare. Per
questo
motivo il Bergamasco loda la soppressione dei Cor
tteratura italiana, CXXXIX, 427, 1962, pp. 392-423: 411). [4.6.5] In
questo
passaggio Calepio affronta il nodo spinoso dell’u
tragedie, nei quali ammette talvolta di aver deliberatamente tradito
questo
principio, talaltra rivendica una fedeltà assolut
nel giro di poche pagine — e nel Cesare del Conti (biasimato già per
questo
motivo in Paragone IV, 4, [5]): in entrambi i cas
ontrario, delle tragedie del Gorini egli salva soltanto il riguardo a
questo
principio della tradizione aristotelica, consider
si stasse sempre nella Città medesima, variando tre o quattro luoghi,
questo
parmi troppo allargare una regola, la quale essen
tazione delle Scene che premetteva all’edizione faentina del 1725. In
questo
ragionamento egli diceva di non voler affermare c
al trattato dei giochi scenici di Callimaco. Tuttavia secondo Calepio
questo
stesso principio era stato già adottato, ben prim
, p. 5). Il principale riferimento polemico del Calepio è tuttavia in
questo
passaggio Giuseppe Salìo: in lui andrà identifica
cui debbansi accomodare le drammatiche composizioni: anzi non essendo
questo
nuovo, che un’immagine dell’antico, ma guasta, e
on regge il paragone di quella francese. Ciò che conta per Calepio in
questo
segmento è la capacità dell’opera teatrale di and
gedia una scrittura destinata primariamente alla rappresentazione. In
questo
senso la tragedia francese — sulla base di tutte
ragedia francese — sulla base di tutte le argomentazioni riportate in
questo
capo — riesce superiore tanto alla tragedia greca
terza, 1981, p. 425). Un discorso simile vale per l’Alceste: anche in
questo
caso la versione di Martello è preferibile second
bile rispetto a quelle del Liviera e del Torelli, che seguivano sotto
questo
profilo gli antecedenti classici. Ciò tuttavia no
ovolgendolo in direzione di un finale lieto, l’Edipo Re di Sofocle. A
questo
proposito sarà importante notare che Calepio, sme
. I, p. 52), e ancora alla fine del Seicento André Dacier chiosava in
questo
modo la sentenza del filosofo greco: «Les mœurs c
oëtique d’Aristote…, Paris, Barbin, 1692, p. 85). Meno sbilanciato in
questo
senso si era mostrato il La Mesnardière, il quale
tradizione drammaturgica francese abbia fatto talvolta confusione su
questo
punto, considerando il costume la parte essenzial
ostume, ma nel paragone fra le tragedie francesi e quelle italiane su
questo
punto, a differenza di Calepio, considerava migli
vole al fine di veicolare messaggi positivi per gli spettatori. Sotto
questo
profilo Calepio si dimostra assai vicino alla pos
diletto il fine principale della poesia. Egli già aveva condannato in
questo
senso la posizione di Castelvetro, recentemente r
e riproponeva la centralità dell’utilità morale della letteratura. Su
questo
punto cfr. Enrico Zucchi, «Il “diletto tragico” e
sibile, e l’Orazia di Aretino, vede il drammaturgo francese perdente;
questo
stesso confronto era stato già proposto nel Parag
oria che trattava del particolare (1451b 5-10). Nel Seicento tuttavia
questo
passaggio veniva messo a confronto con una succes
ppure a giustificarne ogni minima alterazione. Il dibattito attorno a
questo
punto è molto acceso, e uno dei documenti più imp
si a un tratto falsificator della storia. Dico adunque che per dare a
questo
dubbio bene aggiustata risposta, giudicherei nece
gédie française (1550-1715), Tübingen, Narr, 2010. [5.2.10] Anche in
questo
paragrafo il problema che l’autore si pone rimane
parentela anche all’avversario del marito, Corradino; secondo Calepio
questo
personaggio femminile sarebbe troppo sbiadito e i
Agamennone, Ulisse e Calcante —, oppure degli aspiranti sovrani — di
questo
tipo è invece l’intreccio del Servio Tullio, in c
dotta eccessivamente sregolata vengono censurate dall’autore, che per
questo
motivo riprende la Progne di Ludovico Domenichi,
gevole, capace di instillare in Fedra i progetti delittuosi, cerca in
questo
caso di distogliere la regina dalla realizzazione
soluta son’un di duo fare», ivi, II, 1, p. 21v). Il Bozza recupera in
questo
senso la struttura portante dell’Ippolito di Euri
l quale si ricollegano i drammi cinquecenteschi che vengono citati in
questo
frangente, ossia la Progne del Domenichi, l’Acrip
rginia, venisse in qualche modo punito. Il Quadrio riproduce anche in
questo
caso le opinioni di Calepio, prescrivendo, come f
me, che quello, che non si può togliere, senza corromper la Favola: e
questo
medesimo noi sempre rappresentar dovremo in manie
appresentato il carattere infamissimo di Ruffiano, egli però è contra
questo
giustissimo insegnamento, e sta assai male» (ivi,
le e sotto quello retorico; nel Minturno, uno dei maggiori teorici in
questo
campo, la doppia natura di questa nozione è già e
inzione di René Bray, il quale scorgeva concorrere alla formazione di
questo
concetto una «bienséance interne» — la coerenza d
ssique en France [1927], Paris, Nizet, 1966, pp. 215-230). Proprio su
questo
ambiguo criterio andava costituendosi di fatto la
cia la sua ferma condanna nei confronti del Cid di Corneille (cfr. su
questo
punto Georges Forestier, Essai de génétique théât
eck, 1996, pp. 151-156). Diversi critici insisteranno sul rispetto di
questo
decoro, da La Mesnardière a d’Aubignac, passando
francese, biasimando la tragedia contemporanea che spesso pecca sotto
questo
aspetto («Questi sono appunto parte di que’ vizi,
a poesia latina si mostrerebbe superiore alla letteratura greca sotto
questo
profilo, come si evince dalla superiorità, circa
a greca sotto questo profilo, come si evince dalla superiorità, circa
questo
elemento, delle tragedie di Seneca a quelle di Eu
e delle genti, quantunque famigliari […]; et se i Greci non conobbero
questo
decoro, lo conobbero i Romani, et seppero dare al
la trasgressione delle regole della «bienséance». Esemplificative in
questo
senso sono le parole di Terrasson, autore di una
ssi dovrebbero possedere. Il principale bersaglio del Bergamasco è in
questo
caso l’Alexandre le Grand (1665), tragedia di Rac
amante; onde son fuori di tutte queste difficoltà, perchè neppure di
questo
costume han da cercare il ritratto della natura [
pure di questo costume han da cercare il ritratto della natura […]. E
questo
chimerico amore ancora, più d’ogni altro, ha escl
ha esclusa da’ nostri teatri la varietà: poiché, dandosi luogo solo a
questo
, rimane abbandonata ogni espressione di altro cos
etta, viene messo a morte a seguito di un complotto (sulla fortuna di
questo
soggetto nel tardo Seicento si veda Florence de C
I, Paris, Gissey et Bordelet, 1740, p. 246). Calepio se la prende in
questo
caso con l’Œdipe di Corneille, laddove le proprie
tiche. Corneille aveva saputo in qualche misura scantonare rispetto a
questo
principio: egli era infatti generalmente lodato p
40, pp. 220-221). Non è tuttavia Corneille il bersaglio principale di
questo
tipo di critica, che colpisce piuttosto Racine, s
suo Esame critico Salìo si mostrava invece perplesso nei confronti di
questo
tentativo di rispettare i costumi nazionali dei p
sarri, 1739, p. 384). Articolo V. [5.5.1] Calepio riproduce in
questo
frangente considerazioni tradizionali circa il co
che non contemplavano quella grandezza che era propria dell’epoca. In
questo
errore sarebbero cadute molte tragedie italiane,
ellai, la Merope del Torelli e altre che egli va citando nel corso di
questo
capo. Di conseguenza il Bergamasco propone un sis
a, può il poeta mutarle e rimutarle e narrarle come gli piace. Ma con
questo
comodo è un incomodo peraventura, e non picciolo,
ono pareri dissonanti — il Gorini Corio insisteva con grande forza su
questo
punto —, quando si entra nel merito del giudizio
tà sostengano le persone di grado e di maestà nella nostra etade, e a
questo
accomodarsi più tosto che a seguir quello ne’ Gre
inadatte a essere rappresentate davanti a un pubblico moderno. Sotto
questo
profilo egli censura l’Appio Claudio di Gian Vinc
pensier, d’alti consigli» (II, 4, vv. 126-135). Il Tasso riprende in
questo
frangente, come ben nota Stefano Verdino, la quae
45-2647; 2658-2662) lamenta la morte dei due sovrani che ha amato. In
questo
caso il Bergamasco riprendeva il giudizio formula
epio censura il personaggio di Oreste nella tragedia del Rucellai: di
questo
protagonista egli non apprezza l’improvviso trasc
e conforto al Coro di donne (ivi, pp. 120-122). Calepio reputa che in
questo
caso il Rucellai abbia tentato di riprodurre nel
o la storia e la fama. Egli ritrova i Francesi spesso difettosi sotto
questo
aspetto, a causa principalmente di due tipi diffe
contrario come degli eroi rigidamente refrattari ad ogni debolezza di
questo
tipo. Ippolito veniva infatti sempre rappresentat
enim tenebris Diana pudicum/ liberat Hyppolitum», IV, 7, 25-26). Per
questo
motivo Calepio reputa inverosimile l’amore per Ar
l’altrove casto Hyppolite. La critica del Bergamasco non si limita in
questo
caso a descrivere l’episodio amoroso di Hyppolite
o complice dell’assassinio del padre Agamennone. Crébillon adopera in
questo
caso un espediente tipico del teatro francese del
pio considera tuttavia inverosimile che Elettra possa essere mossa da
questo
tipo di passione nei confronti del figlio di un t
Benché egli non approvi in toto la tragedia di Sofocle imperniata su
questo
soggetto, non ammette una così grossolana trasgre
lità di introdurre gli amori di Itys ed Electre, Calepio rivendica in
questo
caso la natura “moderna” della sua censura: egli
tti inventati, oppure poco noti. Calepio non fa grande distinzione in
questo
senso; se in precedenza già aveva accennato una c
osciute, quanto alle pastorali seicentesche (Paragone I, 4, [18]), in
questo
caso parrebbe indicare soltanto le prime. Egli co
Decio da Orte, agita al tempo dell’impero egizio. Calepio riprende in
questo
caso un’opinione piuttosto comune nel Settecento.
invenzione, o tutto ciò che il suo capriccio gli abbia detto, non è a
questo
, a cui risguarda il buon conoscitore, ma bensì a
ane di Lazzarini che invece, significativamente, il Calepio omette in
questo
frangente per evitare di condannare una tragedia
sco — deve essere preferito a quello della somiglianza storica. Sotto
questo
profilo egli si trova d’accordo con il padre René
ria sacra per renderlo in parte meritevole della condanna di Saul. Su
questo
punto cfr. Paragone V, 2, [2]. Tra i modelli posi
i in riguardo alla convenevolezza. Conti si disse molto orgoglioso di
questo
giudizio (Antonio Conti, «Prefazione», in Id., Pr
Romani, Bari, Laterza, 1978, p. 182). Corneille si era arrovellato su
questo
passaggio nel tentativo di dare una giustificazio
tori senza che questi abbiano la cognizione di essere istruiti. Sotto
questo
profilo Calepio ritiene che Sofocle abbia allesti
incontra invece nei caratteri della tragedia francese del Seicento. A
questo
giudizio si allineerà la storiografia ottocentesc
sso di costumi convenienti ed ammirevoli. Fra i drammi migliori sotto
questo
profilo cita quelli di Martello, Caraccio, Maffei
francese — ad eccezione del Corradino di Caraccio, che francamente in
questo
elenco appare un po’ fuori luogo — e non quelle o
icato da’ poeti d’ambedue le nazioni. Articolo I. [6.1.1] In
questo
capo Calepio si sofferma sulle proprietà stilisti
ma quello di tutte le tragedie cinque e settecentesche che proprio a
questo
archetipo si ispiravano, ridimensionando in parte
mosse da Bouhours ai poeti italiani, che condivideva senz’altro sotto
questo
profilo. Nella Ragion Poetica infatti muoveva un’
che le era assegnato nelle poetiche cinquecentesche. Egli sostiene in
questo
frangente che le persone appassionate non possono
rici che non possono appartenere a una finzione dialogica. Ciò che in
questo
passaggio, e negli articoli successivi, Calepio v
una netta separazione tra l’oggetto e i mezzi dei diversi generi. In
questo
caso — come in parte già accadeva nel Gravina — l
ani, e l’allontanamento da Siface, prorompe, nel dialogo col Coro, in
questo
accorato lamento: «Qual triste piangeria, se non
atina, ritorna anche nel pezzo estratto dall’Orbecche del Giraldi; in
questo
caso siamo all’inizio della terza scena del secon
tto il Dottori e Prospero Bonarelli, sebbene a sua volta notasse come
questo
vizio appartenesse anche alle opere cinquecentesc
re il Martello non fa menzione del Trissino fra gli autori affetti da
questo
malcostume retorico. Sulla teoria stilistica del
la Sofonisba e in generale della tragedia del Cinquecento si veda, in
questo
volume, il contributo di Renzo Cremante, «“Or non
etorica tragica; come Calepio anche il Napoli Signorelli riteneva che
questo
tipo di sentenza potrebbe essere ragionevolmente
el verso, caratterizzato da un susseguirsi di continue inarcature («è
questo
uno degli stilemi ritmico-sintattici costanti del
ensamente estraneo al purismo bembiano», ivi, pp. 72-73). [6.2.4] In
questo
interessante passaggio Calepio si esprime in mani
dia, ossia suscitare una compassione che avesse valore catartico. Per
questo
motivo ogni deroga alla verosimiglianza condotta
stile — l’antecedente più diretto della prova tragicomica del Tasso;
questo
giudizio, espresso originariamente dal Guarini in
rale. Ma forse intende il Guarini della leggiadria dello stile; né in
questo
ancora mi par c’abbia ragione», Aminta. Favola bo
arricchito della solita postilla sulla derivazione della pastorale da
questo
dettato, veniva espresso dal Napoli Signorelli («
orale da questo dettato, veniva espresso dal Napoli Signorelli («Vide
questo
gran letterato [Speroni] che il veleno de’ tragic
ta da una battuta di Simandio nella scena quinta dell’ultimo atto. In
questo
caso il Bergamasco parrebbe mutuare la propria va
ino, scritta attorno al 1694 («Ma noi non habbiamo tanto a dolerci in
questo
di noi, standoché potiamo vantare la Canace dello
lino del Baruffaldi o le tragedie del Martello che non contemplava in
questo
primo elenco in quanto rientravano nella categori
ffaldi. C’è spazio anche per Conti, che forse, dopo il Lazzarini — ma
questo
si potrà meglio argomentare con le affermazioni c
présentation au dix-huitième siècle, Paris, H. Champion, 2011), tutto
questo
discorso non aveva senso. Dal suo punto di vista
o delle emozioni che il soggetto dipinto eserciterebbe su di loro. In
questo
diverso atteggiamento critico si scorge in manier
poetici, vol. II, Firenze, Pignoni, 1620, pp. 105-107). A partire da
questo
riferimento, il Calepio richiama l’importanza di
se preferito ai tragici greci si spiega in virtù della prospettiva di
questo
passaggio, incentrato sul decoro e sulla nobiltà
ssia l’introduzione di lunghe similitudini dal sapore omerico che, in
questo
caso, tratto dal Palamede (Gian Vincenzo Gravina,
lch’evento favorevole/ per recarne a te l’annunzio», II, 2). Di certo
questo
parlare figurato doveva apparire a Calepio inutil
1996, pp. 314-315 [Amsterdam, Bernard, 1715, t. I, pp. 289-290]). In
questo
caso Calepio riprende il d’Aubignac non soltanto
quattro versi della battuta poi incriminata dal bergamasco, anche in
questo
caso dipendente dal Maffei (Scipione Maffei, Il T
scena settecentesca; molte sono le testimonianze dell’affermazione di
questo
ideale tragico, a partire da quella del Conti, il
, della qual cosa niente è più giovevole al viver comune, e civile. E
questo
è l’insegnar proprio della tragedia; e non il dar
me sentenze, e regole utilissime, pare, che dian lezioni; et anche di
questo
si lodano; nol fanno però esse mai per profession
Edisud, 2000, p. 190). Articolo III. [6.3.1] Nel preambolo di
questo
terzo articolo Calepio, dopo aver esaminato l’elo
aestosa, seppure non del tutto priva di complicazioni retoriche. Dopo
questo
secolo aureo le prove successive, di La Fosse, Vo
o che gli Italiani non avessero una lingua tragica, e che soltanto in
questo
genere fossero sopravanzati dai Francesi, esso er
987, p. 103). Tuttavia il vero bersaglio critico di Calepio appare in
questo
caso il Bouhours, tanto degli Entretiens d’Ariste
un carattere eminentemente concreto. L’autore parrebbe richiamare in
questo
frangente un paradigma interpretativo proposto da
e. Lo stesso difetto era stato ravvisato da André Dacier, al quale in
questo
caso il Bergamasco si conforma; il commentatore d
a cura di Laura Sannia Nowé, Modena, Mucchi, 1988, p. 2). Non a caso
questo
capo è uno di quelli che il Maffei dimostra di ap
del Paragone pubblicata nelle Osservazioni letterarie («È notabile in
questo
punto l’affettazione, o sia lambiccameto, ch’ei f
eorges Couton, Paris, Gallimard, 1987, p. 910). Calepio disapprova in
questo
caso il «pueril contrapposto», ossia l’antitesi p
19- 629). [6.3.6] L’analisi del lungo discorso di Sabine prosegue in
questo
passo: viene biasimata tanto l’insistenza di Corn
érez en moi celle de votre Frère», IV, 3, vv. 1077-1080), insiste con
questo
sfoggio retorico, invitando i figli ad ucciderla
itando i figli ad ucciderla e a colpire in lei la madre del fratello:
questo
espediente, che Calepio considera a tutti gli eff
Forestier, il quale, nel commento alla tragedia di Racine, rileva in
questo
passo un preciso meccanismo di riscrittura di una
palesemente riproduce l’argomentazione del bergamasco, condanna tanto
questo
verso quanto quello della Phèdre che Calepio cite
drammaturgia francese, ammetteva che Corneille era caduto talvolta in
questo
errore a causa della troppo ravvicinata imitazion
6 e 1659. [6.3.12] I due versi dell’Iphigénie che Calepio discute in
questo
passo sono tratti dalla prima scena della tragedi
», Thomas Corneille, Le Comte d’Essex, Lyon, Amaury, 1678, p. 73). In
questo
caso la ricerca dell’argutezza comporta — e ciò v
I, Napoli, Orsino, 1813, pp. 192-193). Articolo IV. [6.4.1] In
questo
breve articolo Calepio mette in discussione l’opi
tt’altro che priva di espressioni affettate, si impegna, a partire da
questo
paragrafo, a dimostrare che il teatro di Corneill
stinguere il linguaggio di una nutrice da quello di un eroe tragico —
questo
stesso difetto era stato rimproverato in preceden
a è l’Alexandre le Grand di Racine ad essere attaccato da Calepio; in
questo
caso egli mostra come nella seconda scena del pri
ese sia il non aver lingua Poetica, né Poetiche forme e il potersi in
questo
poco differenziar dalla prosa», Scipione Maffei,
vol. 1A, Oxford, Voltaire Foundation, 2001, p. 169). L’autore giudica
questo
detto più ardito e meno adatto alla poesia rappre
u théâtre di d’Aubignac, e vi si troveranno i documenti principali di
questo
procedimento; il critico francese postulava infat
quello lirico, anzi, doveva elevarsi per raffinatezza al di sopra di
questo
(«En un mot, si la Poësie est l’Empire des Figure
id.]). Quanto all’apostrofe, nello specifico, d’Aubignac riteneva che
questo
tipo di figura fosse una delle più adatte nella p
eponimo si rivolge a Roma (Mithridate, III, 1, vv. 817-820). Anche in
questo
caso, secondo Calepio, versi simili si addicono p
superbi bastioni che Minerva ha costruito» (Phèdre, I, 5, v. 360). In
questo
caso egli approva tale uso figurato perché Œnone,
Crébillon, Électre. Tragédie, Paris, Ribou, 1709, p. 1). In realtà in
questo
caso l’autore francese cerca di rimodulare l’esor
dal primo principio preso da furore poetico: e in genere lo stile di
questo
Tragico è in ciò più difettuoso, che qualunque al
edia e de’ tragici versi de’ Francesi Articolo I. [7.1.1] In
questo
ultimo capo Calepio si accinge a trattare l’ultim
ne. Nel corso del capitolo Calepio paleserà la propria preferenza per
questo
ultimo modello metrico; tale posizione, a cui and
gli affetti rappresentati; tuttavia egli condanna la resa concreta di
questo
principio teorico, spesso insoddisfacente, in qua
nella tragedia eponima («Fresche erbette, ameni fiori,/ che corona a
questo
crine,/ tante volte offerto avete;/ e davate al d
alessandrino italiano», Anticomoderno, II, 1996, pp. 257-284). Contro
questo
verso si erano espressi non soltanto gli Italiani
spogliato delle «forme del favellare che sanno alquanto del lirico»,
questo
metro gli appariva inadatto a dipingere gli affet
si que l’original», ivi, p. 576-577). Calepio è convinto tuttavia che
questo
unico esempio non possa avvalorare la teoria del
aliani, in Id., Rime e prose, Venezia, Coleti, 1719, pp. 132-137). In
questo
abregé di storia della letteratura, il veronese,
, p. 137. Il Seigneux reputava ardito il ragionamento del veronese in
questo
passaggio, accusandolo di zelo eccessivo nei conf
azione degli aggettivi, tipica invece dell’italiano. La polemica è in
questo
caso diretta agli scritti di Dominique Bouhours,
delle più nobili, ricche e famose Lingue. Ancor dee confessarsi, che
questo
Autore in vece di far comparire maestosa, e grave
in quanto ad estensione del vocabolario scientifico e filosofico, ma
questo
parziale vantaggio non costituisce, secondo Calep
gran nomi ha mai sgomentato, mi son fatto a credere potersi anche in
questo
, se non superare, almeno emulare i Franzesi, quan
re i loro drammi», ivi, pp. 151-152). Articolo III. [7.3.1] In
questo
articolo l’autore propone la propria soluzione al
e più naturalmente gli pronunziano e atteggiano. Interrogati da me su
questo
punto, concordemente me l’attestarono, ed io per
ammetteva che l’endecasillabo corrispondesse all’esametro latino; che
questo
verso fosse capace di sostenere una costruzione s
ologia di Sofocle, Venezia, Zatta, 1770, pp. 188-192). Si distacca in
questo
caso dall’opinione del Calepio anche il Quadrio,
ll’erudito Moderno prodotte si può rispondere, che non ha mestieri di
questo
vizioso frammischiamento per variar l’armonia: pe
o dall’altro divisi si leggessero; perch’io risponderò che quantunque
questo
comporli insieme sia accidentale ed esterno, most
zione dei personaggi. Articolo IV. [7.4.1] Calepio affronta in
questo
articolo la spinosa questione dell’introduzione d
ottenuto poco plauso […]. Ma se si ritrovasse la vera maniera di usar
questo
condimento nelle tragedie e vi si avvezzasse l’or
one ad un rigido «oltranzismo» mimetico, ma nel Bergamasco prevale in
questo
caso — in sensibile contrasto con l’opinione del
il poeta cesareo —, purché l’autore fosse capace di destreggiarsi con
questo
strumentario prosodico («Parimente, è sicuro che
l’opinione di Corneille contenuta nell’esame della sua Andromède. In
questo
contesto Corneille si interrogava sulla natura de
le conclusioni, palesando qualche perplessità sull’effetto scenico di
questo
tipo di commistione; anche quei versi diseguali,
onche. Il Muratori, nella Perfetta poesia, faceva notare con eleganza
questo
fraintendimento («Quantunque fosse vero, che un p
, The Voltaire Foundation, 1974, p. 492; il Calepio, passava anche in
questo
caso al contrattacco, mettendo in evidenza la sca
xte établi par Julien Benda, Paris, Gallimard, 1951, p. 54). Anche in
questo
caso Calepio tenta di delegittimare concretamente
leggera maggioranza di endecasillabi. La versione italiana risulta in
questo
caso poco più lunga di quella francese; il Bergam
, un semplice «Più senza me non rimarreste uniti». La concitazione di
questo
passaggio, animato nell’originale francese da una
ne dell’ultimo. [7.5.5] Molto letterale la traduzione del Calepio in
questo
passaggio; il Bergamasco si limita a tradurre ad
tore riassume brevemente le proprie tesi, esponendo le conclusioni di
questo
paragone; la tragedia italiana viene riconosciuta
Jakob Bodmer, il quale gliene aveva raccomandato la lettura. Anche in
questo
caso, come per Joseph François Duché de Vancy (Pi
ropei dell’epoca. Il Giornal letterario d’Aia a cui fa riferimento in
questo
caso l’autore è il Journal Littéraire, uno dei pi
Paragone III, 3, [1-4]). Il de La Motte osserva poi che Racine, sotto
questo
profilo, si era dimostrato assai più difettoso di
anto in parte queste ultime affermazioni in quanto egli, a partire da
questo
principio, condannava non soltanto le tragedie a
ont on veut occuper l’un et émouvoir l’autre», ivi, p. 557). Anche in
questo
caso Calepio non può non sottoscrivere le asserzi
elle force que leur donne la surprise» (ivi, p. 588). Calepio approva
questo
discorso; dal canto suo non aveva mai raccomandat
della bontà mezzana e della virtù mediocre; del resto de La Motte in
questo
frangente dialoga apertamente con i Discours du p
principale della scrittura tragica. [Giunta.4] Ancora una volta, in
questo
paragrafo, Calepio insiste sui principi cardine d
mulus e Tatius e con la morte dei congiurati, guidati da Proculus. In
questo
modo il poeta non innesca il meccanismo catartico
maestosi e ammirevoli anche nella pravità più scoperta, e proprio per
questo
pericolosi nel momento in cui venivano presentati
a epopeia colla rassomiglianza di molte cose, ma colla compassione. E
questo
piacere si forma principalmente secondo il mio se
a alle osservazioni già fatte dall’autore in Paragone V, 2, [2-4]. In
questo
passaggio il Bergamasco, estrapolando la frase ri
et Béatrice Guion, Paris, H. Champion, 2002, p. 639). Calepio approva
questo
ragionamento, mentre non si trova d’accordo con q
La Motte, «Troisième discours à l’occasion d’Inès», cit., p. 641). Su
questo
punto il Bergamasco non si esprime, mentre dissen
cours à l’occasion d’Inès», cit., p. 646). Per Calepio il problema in
questo
caso non è soltanto legato all’organizzazione dei
a cattiva costruzione del carattere di Achille. [Giunta.10] Anche in
questo
segmento Calepio si dimostra in disaccordo con la
i non doveva far commettere un fratricidio al protagonista, perché in
questo
modo ne avrebbe minato il carattere virtuoso ed e
un héros qui se termine en parricide», ivi, pp. 656-657). Per Calepio
questo
commento non è condivisibile, in quanto il dramma
il Francese non si fosse arrischiato a proporre la messa in scena di
questo
prototipo in prosa — a causa dell’abitudine del p
come i mimi siciliani o i dialoghi socratici, meritavano maggiormente
questo
titolo (1447b 11-19). Dall’altra parte, i sosteni
arlato e più adatto per la poesia drammatica (1449a 22-29). Attorno a
questo
nodo testuale, come ad altri della Logica o dei P
titativo fra tragedie scritte in prosa e in verso nel Cinquecento. Su
questo
punto si accordavano tanto i critici di formazion
l Paragone fin dall’esordio (Paragone I, 1, [11]). In realtà anche in
questo
caso egli non si allontana molto dal discorso ari
ella lirica. Il discorso del de La Motte permetteva peraltro anche in
questo
caso a Calepio di ribadire un elemento importante
ccanismo catartico. Sarà bene notare che il Bergamasco rigetta, sotto
questo
profilo, la teoria giraldiana, altrove tenuta in
rbecche, nel messo che apporta la morte di Oronte e de’ figliuoli. Et
questo
, credo io, che si conceda in persona tale, perché
l poema eroico, a cura di Luigi Poma, Bari, Laterza, 1964, p. 198). A
questo
punto Calepio passa bruscamente dal Discours sur
ttere le ragioni — non meno consuete, almeno per i punti riportati in
questo
paragrafo — dell’avversario. Il Bergamasco, innan
ence — che procura la recitazione dei versi e la meraviglia che desta
questo
parlare misurato negli uditori. Nel farlo, tuttav
ndo che la meraviglia del verso nella tragedia, e commedia procede da
questo
, che essendo versi paiano prosa» (GianVincenzo Gr
vano contrapposte al dramma per musica — vengono liquidate in nome di
questo
principio. Sulla Libre Éloquence del de La Motte
Genre, Farnham-Burlington, Ashgate, 2009, pp. 70-82. [Giunta.14] In
questo
punto riaffiora una tangenza dubosiana nel pensie
sur la peinture, 7e éd., Paris, Pissot, 1770, t. I, pp. 451-453). In
questo
caso, riprendendo le mosse da quelle considerazio
théâtre!», Houdar de La Motte, «Quatrième discours… », cit., p. 679):
questo
accrescimento della platea dei drammaturghi secon
del drammaturgo francese, cominciando con Les Macchabées. Lo stile di
questo
dramma è reputato superiore rispetto alla media d
l’ultimo dei Maccabei è miseramente fallito. Oltre all’incostanza di
questo
personaggio vengono criticati anche alcuni specif
Pour mon tourment, dit-il, me permet ta presence», ivi, V, 2, p. 65);
questo
sembra a Calepio un espediente di comodo impiegat
onna non potesse rinfocolare la fede di Misaël. [Giunta.17] Anche in
questo
caso Calepio afferma che la presenza dell’autore,
] Il rimprovero di inverosimiglianza da parte di Calepio è diretto in
questo
caso ad un passaggio della scena seconda del seco
os neveux; vous, Romains, vos enfans», ivi, III, 5, p. 123). Anche in
questo
caso, secondo Calepio, il de la Motte non avrebbe
ferisce l’accaduto a Hersilie nella scena quinta dell’atto quinto. Su
questo
punto si era già soffermato il de La Motte, conce
Su questo punto si era già soffermato il de La Motte, concedendo che
questo
episodio aveva un aspetto piuttosto artificioso:
o, nello scorporamento dell’agnizione — tipica dei drammi francesi su
questo
soggetto — in due scene diverse. Il de La Motte,
Commissione per i testi di lingua, 1964. Appendice indispensabile di
questo
carteggio è il lodevole contributo di Valeria Ram
ilità con cui in questi anni ha seguito e incoraggiato lo sviluppo di
questo
lavoro, fornendomi consigli e spunti preziosi in
reziosi in materia calepiana e non solo. 4. I migliori studi sono in
questo
senso quello di Marco Ariani (Drammaturgia e mito
Nei confronti di Andrea Fabiano, che mi ha accolto e seguito durante
questo
periodo, così come nel mio precedente soggiorno a
col Bodmer avevano dato alla formazione di un’estetica europea. Certo
questo
approccio sacrificava necessariamente un approfon
a Civica Angelo Mai, Archivio Calepio, P1.d, cc. 5r-28v. Si tratta in
questo
caso delle giunte poi pubblicate nell’edizione de
o umano136. Quanto agli studi teatrali divennero sempre più comuni in
questo
secolo, e ne sieno testimoni parlanti le tante pr
uali, essendosi ne’ secoli precedenti usate in Italia, furono pure in
questo
continuate a Roma e in altri luoghi con maggior s
a delle commedie, veggiamo che parecchie trovansene fino alla metà di
questo
secolo scritte in latino da i nostri più accredit
25 di gennaio del succennato anno, secondo l’antico diario ferrarese,
questo
splendido duca fece rappresentare in un gran teat
pata nel 1564. Antonio da Pistoia ancora scrisse due drammi ad uso di
questo
teatro149, pel quale altri celebri letterati furo
e Eterno, vi si cantavano. In Portogallo si coltivava nel declinar di
questo
secolo la poesia latina, e Luigi De la Cruz compo
tte e sei le commedie di Terenzio. Nelle Fiandre troviamo a fatica in
questo
tempo quel genere di rappresentazione muta che so
tra i ritrovatori di antiche opere celeberrimo, né ad alcun’altro in
questo
genere di gloria cedé Tommaso da Sarzana, che pos
ggasi trattato argomento recente e non favoloso. 140. I primi che in
questo
secolo, e probabilmente verso il 1480, cominciaro
m. V pag. 57, e ’l Tiraboschi tom. VI part. II pag. 183 seq. 141. In
questo
secolo ancora, e propriamente nel 1489 da Bergonz
dera esatta notizia delle rappresentazioni de’ sacri misteri fatte in
questo
XV secolo, legga il Tiraboschi tom. VI part. II l
: « lontano discendente del gran Patriarca Azampamber. Ma…. chi era
questo
Azampamber ? – ricomincia lo stesso Costetti nell
tidigitazione data niente meno che dal professore Azampamber. Leggere
questo
nome, e riafferrare tutte la sparse e isvariate b
del Cannelli. È il solito dialogo tra pubblico e Stenterello, in cui
questo
chiede a quello la somma per soddisfare agli assu
cio ventitrè scudi in punto per pan tutto di staccio. …………… e giù di
questo
passo fino al compimento della somma, concludendo
zza, e per ultimo fuoco generale di gioja per la riportata vittoria :
questo
porta per titolo LA GRAN SPEDIZIONE DEI FRANCESI
la pratica. Siami dunque lecito d’autorizzare colle proprie parole di
questo
dotto maestro quanto abbiamo fin qui esposto dell
noiano d’uno stile recitativo, cotal noia non procede dalla natura di
questo
stile, ma dal poco studio, che fanno sopra di ess
ciologicamente e filosoficamente parlando, più generali: «Lo scopo di
questo
trattato — scrive — è quello ch’io posi fin da pr
felice per ogni maniera d’italica poesia. Nondimeno alla decadenza di
questo
spettacolo non contribuì solo l’infelicità di que
gliabile vagheggiarne la funzionale sobrietà: non era stato del resto
questo
il principio ispiratore dei colti classicisti del
ta di più note, e talora di più battute, nulla dicono allo spirito; e
questo
mentre più ansiosamente cerca di penetrare lo sta
i, propria a ordinare, riprendere, rampognare. Ora il teatro sovverte
questo
bell’ordine; e gli alessandri, gli scipioni, i ce
eve essere estrinseco ma avere intima unione con la favola, perché in
questo
modo «alimenta ed accresce l’affetto acceso da qu
a che possa pregiudicare la moralità degli spettacoli. È tipico che a
questo
punto del libro Planelli stenda lunghe note di fa
cea, si dessero piuttosto a dichiararci nel modo indicato le leggi di
questo
dominante spettacolo che quasi solo occupa da lun
nare particolarmente dell’opera comica musicale. [Pref.6] Lo scopo di
questo
trattato è quello ch’io posi fin da prima in vedu
gni d’Italia e a indicar loro quanto degno di loro attenzione sarebbe
questo
suggetto da essi finor trascurato: … Fungar vice
perfezione Cap. I. Che s’intenda per opera in musica. Storia di
questo
spettacolo [Sez.I.1.0.1] L’opera in musica è u
I.1.0.1] L’opera in musica è un dramma rappresentato cantando. Quando
questo
spettacolo nascesse in Italia è malagevole a diff
ta mostra in quella occasione, che gli autori dell’Encyclopédie 29 in
questo
spettacolo del Botta crederono di trovar l’epoca
, non ben si apponessero, chiaro apparisce da ciò che sulla storia di
questo
spettacolo si è da noi fino a qui ragionato. La s
so duca di Calabria mi richiama in mente una simil festa celebrata da
questo
principe in Napoli l’anno 1492, nella sala di cas
e finalmente per l’accompagnamento di splendidissime decorazioni31. A
questo
intermedio però (che fu frapposto nell’Amico Fido
da lui medesimo di note musicali. Nella sepolcrale iscrizione fatta a
questo
valentuomo e riportata dal Muratori32, si legge e
quell’astronomo fu il primo a provarlo in modo che soddisfacesse. In
questo
senso ancora l’Harvey è riguardato come inventore
felice per ogni maniera d’italica poesia. Nondimeno alla decadenza di
questo
spettacolo non contribuì solo l’infelicità di que
lo, dirò così, di quelle. [Sez.I.1.0.21] Dimorò l’opera in musica in
questo
stato di decadenza per tutto il corso del secolo
mento di macchine e per la magnificenza onde furono colà decorate. In
questo
secolo si cominciarono a inserir le arie ne’ melo
a così fatta dimanda, si vuol riflettere che la parte predominante di
questo
spettacolo è quella della poesia. Il che è sì ver
ra la scena quando esse vengono in questa impiegate. [Sez.I.2.0.6] Da
questo
general principio partono tutte le leggi concerne
rincipio partono tutte le leggi concernenti il nostro spettacolo, e a
questo
paragone vanno esaminate tutte le discipline che
rti, per bene esaminarle e per adoperarle in modo ch’esse facciano in
questo
spettacolo il più bell’effetto che attenderne si
.1] Belle arti sono le arti destinate al movimento delle passioni. Di
questo
numero è la poesia, l’eloquenza, la musica, l’arc
d’una persona cara rende infelice, mentre ha la fantasia occupata da
questo
oggetto, per arrestarlo come può e resistere a su
l quale l’armonia de’ versi e della rima cattivasi il mio udito: ma a
questo
ne succede immantinente un altro di genere divers
rtifizio che adoperano a fine di piacere a’ nostri sensi. Or consiste
questo
artifizio nella simmetria ch’esse mettono nelle o
icio prescrive la poesia per la sonorità del verso e della rima, e da
questo
artificio stesso dipende la melodia e l’armonia d
l corpo umano. Da’ quali si può apprendere che la ragion dominante in
questo
è quella d’uguaglianza; più rara è la multiplice,
’esca talvolta come fuori di sé. Procuriamo d’investigar l’origine di
questo
oscurissimo, e in uno importantissimo fenomeno de
e della grandezza di ciascuno de’ piedi che lo compone: perciocché in
questo
il verso differisce dalla prosa, ch’egli per mezz
allo, una pausa interposta fra le parti di esso verso. Per esempio in
questo
: Due rosa fresche, e colte in paradiso è tale l
o in cinque sensibilissime parti. Nell’ascoltar poi un seconde verso,
questo
gli riproduce l’idea della misura del primo e di
a, nel soccorrerlo. Se dunque un oratore, un pittore, un poeta elegga
questo
suggetto e lo presenti con energia, egli non può
le belle arti non si durerà stento ad indagare la segreta sorgente di
questo
umano istinto. La natura del nostro spirito ne po
oesia greca e la latina ed armonica quella delle moderne nazioni, per
questo
non niego che in quella non siesi avuto alcun rig
nto, come cogli esempi di leggieri provar si potrebbe. Ma non essendo
questo
luogo da ciò, noi non altro qui esamineremo che q
sillabe che quei versi compongono. E poiché l’estetico delle arie in
questo
dramma ha più bisogno d’attenzione che non quello
rvire a’ particolari affetti. Del novenario non mancheranno esempi in
questo
paragrafo. In ordine all’endecasillabo, con quant
abo, con quanta grazia possa essere adoperato nelle arie, si vegga in
questo
esempio del Conte Magalotti In quel bacile, che
da un quinario. Si vegga più chiaro il medesimo effetto dell’acuto in
questo
quartetto: Pace non trovo, e non ò da far guerra
sillaba e qual sulla sesta, è diviso in un settenario e un quinario a
questo
modo: Pace non trovo, E non ho da far guerra; E
si italiani, passiamo al mescolamento de’ versi propri delle arie. Su
questo
capo alcuni poeti soverchia libertà s’attribuiron
incorsero in un altro. Il poeta che voglia tenere un giusto mezzo in
questo
cammino ancora incerto, due princìpi, se noi ben
grappoli gli pendon dalle corna. [Sez.II.1.2.10] E col quinario in
questo
di Giovan Pietro Zanotti: Per lor sicuri Fiano i
n si unisce a un altro che lo stesso numero d’accenti acuti abbia con
questo
, o colla prima sua parte, niuna attenzione facend
vole sempre ammasso. [Sez.II.1.2.19] E il decasillabo al senario in
questo
esempio del Guidi: Quella vite, che in alto s’es
le a dire quanti appunto ne ha il senario «Là sovra quel colle». E da
questo
egual numero d’accenti deriva l’armonia che produ
nde se più volte quella contiguità sarà replicata nel medesimo verso,
questo
sarà più scorrevole. Talmenteché se rapido è ques
l medesimo verso, questo sarà più scorrevole. Talmenteché se rapido è
questo
: Va tra le selve ircane più rapido sarà, quest’
tizia, la tenerezza e simili, accomodatissimi sono i versi tardi. E a
questo
genere spettano quegli endecasillabi e quegli ott
ù o di meno versi composte, così è varia la loro combinazione. E però
questo
saggio basti sulle arie. [Sez.II.1.2.33] Ciò che
ano la sua differenza dalla tragedia antica. Il che essendo, niuno in
questo
luogo da me si aspetti un’esposizione di quelle r
ri poeti per condurre il melodramma alla sua perfezione, serviranno a
questo
dramma d’una breve difesa. Cap. III. Dell’unit
o gli antichi tragici severissimi osservatori dell’unità del luogo, e
questo
era sovente una publica piazza, sulla quale riduc
frequentato atrio del palazzo d’Egisto a ordinare una congiura contro
questo
tiranno, come dottamente notò il Calsabigi42. Uom
lvatichezza. Le tragedie, che di essa rimangono, spirano da per tutto
questo
carattere della nazione: essendo i personaggi di
in prospero stato. [Sez.II.5.0.3] Si dirà, forse, che la mancanza di
questo
dolce sentimento è abbastanza compensata nelle tr
a falsità. Un carattere virtuoso non può mancar mai d’interessarci, e
questo
interesse, piuttosto che diminuire, tanto più cre
ttamente o indirettamente impedirebbe l’effetto di quelle virtù. Né a
questo
carattere è paragonabile un carattere mezzano, pa
d egli può comparire soggetto alle umane debolezze, senza deporre per
questo
il suo sublime carattere. Cap. VI. Del numero
ttere. Cap. VI. Del numero degli atti [Sez.II.6.0.1] È noto su
questo
proposito il precetto d’Orazio, osservato dall’an
Fabula, quæ posci vult, et spectata reponi. [Sez.II.6.0.2] Ma non è
questo
precetto tratto dalla natura del dramma, o dalle
tragici che in essa varie ragioni di versi insieme accoppiarono. Per
questo
medesimo fu da taluni biasimato il melodramma, ch
elga di tragedia fatta al conio greco, ma più naturale e più vario di
questo
, il quale coll’uniformità de’ versi riesce spesso
le, il più puro, il più semplice linguaggio del cuore. Per esempio in
questo
duetto tra Megacle ed Aristea45 : MEGACLE: Ne’ g
ello stato, ch’egli ha cavato dal suo cuore quel medesimo parlare che
questo
gli suggerirebbe in tali circostanze. Perciò i du
in tali circostanze. Perciò i duetti, i terzetti, i quartetti ecc. di
questo
grand’uomo fanno sì maraviglioso effetto sul teat
simili casi ha con eterna sua lode praticato il valorose poeta. Ma in
questo
egli ha voluto che Matusio, non già il protagonis
ascere una data massima in mente allo spettatore, usurpa l’uffizio di
questo
, esprimendo da sé medesimo quella sentenza. Infat
nsura son que’ poeti che questa figura adoperano nelle arie? Anche in
questo
punto il Metastasio si è lasciato sorprendere all
e le arie contenenti le nominate figure; tanto più che alcune arie di
questo
genere sono così belle, che esse furono sempre un
radice. Crede per avventura il lettore che io avrei potuto trasandare
questo
precetto senza grande scapito de’ poeti. Anzi è q
uto trasandare questo precetto senza grande scapito de’ poeti. Anzi è
questo
per essi uno de’ più utili ricordi, al quale, se
vertenza il senso rimarrebbe imperfetto e sospeso. Conosciam bene che
questo
assoggetta contr’ogni dritto la poesia alla music
ne, lo stile non sarà più così alto; ed a misura che quello crescerà,
questo
vuole andar decrescendo, finché giunta la passion
vi s’immerga. I quali ondeggiamenti in ciò differiscono tra loro, che
questo
dell’acqua circolarmente, quello dell’aria sferic
doperare non altro che quel modo, quando volesse disporre gli animi a
questo
affetto. [Sez.III.1.4.2] Gli antichi adunque da
o. Cap. II. Stile della musica teatrale. § I. Prima legge di
questo
stile [Sez.III.2.1.1] Fu la musica teatrale am
rminata passione61. Di qui nasce il particolare stile, onde abbisogna
questo
genere di musica, destinato a un tempo stesso a s
Potrà bene un tal canto riuscir piacevole all’orecchio. Ma oltre che
questo
piacere è ben insipido, in confronto di quello ch
rice dotata di voce sì acuta, che non avea forse avuta mai la pari in
questo
genere. Costei con una voce da calderino si tirò
nto che vi muova; trasportatelo ne’ tuoni più acuti, o ne’ più gravi;
questo
basterà per fargli perdere tutto l’affettuoso. Di
. Di qui si comprende come i Greci avessero potuto riuscir sì bene in
questo
genere di musica, non ostante che, come dicemmo,
ta di più note, e talora di più battute, nulla dicono allo spirito; e
questo
mentre più ansiosamente cerca di penetrare lo sta
maravigliosa gorga d’una celebre odierna cantatrice62 ha ingerito su
questo
particolare uno spirito di vertigine ne’ nostri c
altro affetto, e talora senza che il compositore gli abbia diretti a
questo
fine. Or di tai passi il diligente maestro dee fa
ione dello stile particolare d’un determinato affetto. Ben si deve in
questo
aver riguardo al carattere de’ personaggi, percio
o stil teatrale. [Sez.III.2.5.1] Affinché però una composizione di
questo
stile sia nello stil medesimo cantata, il composi
’io non fallo, ciò che si è detto intorno al gorgheggio, e ciò che in
questo
paragrafo abbiamo osservato. Io non so ad altri c
compendiar dovrebbe quel dramma, lietamente anch’essa terminerebbe. E
questo
allegro come connetterebbe mai colla prima scena
noiano d’uno stile recitativo, cotal noia non procede dalla natura di
questo
stile, ma dal poco studio, che fanno sopra di ess
per loro vantaggio ragioni. Se essi sullo stile che fa la materia di
questo
paragrafo, facessero quelle riflessioni che solea
oferito colla posatezza medesima: quel passo ha bisogno di movimento,
questo
d’una lentezza più che ordinaria. Darà alle pause
entimento che le più colte nazioni attesero in ogni tempo da’ teatri,
questo
esige quello stile energico e breve, che noi abbi
nsiero d’esaminare il libricciuolo, e lo condanna severamente, quando
questo
s’allontani dalle regole della drammatica e del v
osse principalmente condotto, ben poca melanconia si darebbe di tutto
questo
. Non ha dunque la mia nazione rinunziato al buon
la pratica. Siami dunque lecito d’autorizzare colle proprie parole di
questo
dotto maestro quanto abbiamo fin qui esposto dell
e potuto trarre dall’azione di Roscio74, era solito d’esercitarli con
questo
istrione; e mentre egli in differenti medi s’inge
questa qualche attenzione; ma i cantanti de’ drammi in musica sono in
questo
particolare sì negligenti, e fanno degli atti sì
oni che nelle moderate; e però i primi e i secondi attori riescono in
questo
gesto più agevolmente che i terzi e i quarti, per
ione limitata, che con termine dell’arte si chiama mezza passione. In
questo
stato è ben malagevole imbrecciar giusto. Per lo
rado né pel canto, né per la pronunziazione. [Sez.IV.2.1.9] Chiudiamo
questo
paragrafo con qualche riflessione sul gesto muto.
rli il compagno. Onde, senza fare la menoma attenzione al discorso di
questo
, si dà o a passeggiare a dilungo, o a sbirciare p
usicale, ha liberati questi ultimi da sì fatte sollecitudini. Non per
questo
però si creda, che nulla resti da badare al canta
zo della voce, tal altra una voce dimessa. Quel passo vuol movimento,
questo
vuol gravità e posatezza81. Sedato fatur quisqui
i, propria a ordinare, riprendere, rampognare. Ora il teatro sovverte
questo
bell’ordine; e gli alessandri, gli scipioni, i ce
bbandonati a una obbrobriosa miseria. Non sono tali considerazioni da
questo
luogo. Altro qui non si vuol rilevare, che l’inve
Così Baron, il degno discepolo di Molière, si rendé celebre imitando
questo
Roscio francese. Ma però l’Imitazione mestieri di
i. Le pitture particolarmente del divin Raffaello vanno tant’oltre in
questo
genere, ch’io non so chi vi sia che gliene possa
egli abbigliamenti delle opere musicali. [Sez.V.1.0.2] Ma per evitare
questo
inconveniente egli si guardi d’incorrere in quell
rivano vere, che con dolce inganno dilettavano gli occhi di tutti. Da
questo
elogio del Peruzzi si possono dedurre le qualità
ribuisce la scena, facendo unità col dramma; e unità non farà mai con
questo
quando le manchino le tre annoverate qualità. [S
a esser cosa quasi ordinaria alle persone del suo mestiere il dare in
questo
errore. Vedrai talvolta uscire un personaggio da
più convenevole all’interno edifizio del teatro. Quelle fibbre, onde
questo
materiale è tessuto, percosse dalla voce concepis
tore agli opposti palchi, fa che la costui voce là giunga, dove senza
questo
artifizio non potrebbe. Ma se abbiamo a dire il p
pianga, il mio cuore freddo e indifferente non prende veruna parte in
questo
affanno. Quodcumque ostendis mihi sic, incredulus
è che allarga troppo il vano, o sia la luce della scena. Si ripara a
questo
inconveniente dando al teatro la figura non già d
llisse, la quale ha per poco tutti i vantaggi dell’altra ed ha di più
questo
, che accresce il numero de’ palchetti essendo la
vanno distribuiti con esattissima economia. Un principio generale su
questo
punto si è, che nell’interno del teatro solo queg
amenti che si vogliono dare all’interno de’ teatri. [Sez.V.4.4.2] Se
questo
principio avessero avuto presente parecchi archit
proprie dell’opera in musica, che sono le quattro essenziali parti di
questo
spettacolo, uopo è per ultimo arrestarsi alcun po
ola danza bassa appartiene alle belle arti. L’alta non può entrare in
questo
numero, perché inetta al movimento delle passioni
e, ma ripugna a un tempo stesso a tutt’e tre l’unità del dramma? Né è
questo
il solo inconveniente: il dramma è tragico, e l’b
menato al divertimento e al riso; ma non così facilmente torna poi da
questo
ad applicarsi a un serio affare. Vi sperimenta an
de seguace d’UIisse faccia dalle navi trasportar sul lido i doni, che
questo
eroe destinava a Licomede re dell’isola, e che po
moso bastasse distinguersi in una cavriola o in un mulinetto, dirà in
questo
ch’io parli da autore, non da ballerino, come fu
a loro professione, benché eccellenti nel ballo alto, pure, posto giù
questo
, tutti si diedero al pantomimo, confessando che l
ndo che la danza non sarebbe mai giunta alla sua perfezione, finché a
questo
non rivolgessero i ballerini tutti i loro pensier
umane passioni: del che ne dà Macrobio una palpabil pruova. Rapporta
questo
scrittore107, che Pilade, saltando l’Ercole furio
do alcuno dell’alta. Depongano dunque una volta i nostri danzatori su
questo
particolare i loro pregiudizi. Essi debbono badar
me parti nella danza, allora la comparsa si farà da un fanciullo, e a
questo
, quando sarà tempo che il personaggio s’avvicini
del ballo e le gambe de’ ballerini, quanto il loro volto, perciocché
questo
fornisce i più espressivi mezzi all’imitazion deg
de in un ballerino. Piacemi il recare spesso in mezzo i sentimenti di
questo
degno figliuol di Terpsicore, che è giunto a form
one, per la quale la direzione dello spettacolo, che fa la materia di
questo
trattato, ha mestieri di non comuni talenti. Il d
nzi si studia ciascuna di dare in arzigogoli, sicura d’incontrare per
questo
verso l’umore eteroclito e ‘l cattivo gusto di ch
ticata la farfalla, l’eco, l’usignuolo, la tempesta, la navicella. Ma
questo
, e il di più che volentieri si tace, tutto è null
presari, qualora il teatro avesse molta dote, molta rendita certa. In
questo
caso l’impresario, sicuro del suo guadagno, si dà
dove si è in uno stato di distrazione. L’illusione che cagiona in noi
questo
artifiziosissimo spettacolo, ci rende poco attent
la poesia del nostro spettacolo. Che se l’opera in musica sia comica,
questo
esame vuol essere più rigoroso. Una tale spezie d
esse spiri libertinaggio e licenza, ma tutte contribuiscano a rendere
questo
spettacolo degno d’una costumata nazione. [Sez.VI
iù efficace di pervenire alla totale depurazione de’ nostri teatri. A
questo
fine il parlamento di Parigi nel 1641 registrò un
sulle persone di teatro, finché i suoi moralisti saranno discordi su
questo
punto, e non converranno o a condannare, o ad app
mo adunque al savio direttore il modo ch’e’ vuol tenere per adempiere
questo
secondo più importante e insieme più malagevol do
8-89 (da precisare che si tratta di Borgo san Friano, non Priano):«In
questo
medesimo tempo che ‘l cardinale da Prato [il dome
I, Firenze, Massi, 1647, libro IV, p. 225). • Buonamico Buffalmacco:
questo
il passo di Vasari: «Scrivono alcuni che essendo
tiche e Meccaniche, per ridurre la professione a quella perfezione in
questo
genere, che adesso la gode il mondo tutto: e se v
resentò al Cardinale Riari Camerlengo di S. Chiesa; dove si dice, che
questo
Prelato fu il primo, che cantar facesse una Trage
ntate, tentò egli a suoi giorni di restituire con esse Tragedie anche
questo
costume». La fonte di Quadrio è la princeps del D
ista e allievo dello Striggio, fu maestro di Jacopo Peri: servendo in
questo
modo quasi da ideale anello di congiunzione nella
tutte le opere composte, molte delle quali sono ancora stampate. Ora
questo
valentuomo prima del Rinuccini insegnò la maniera
Cap. III [commento_Sez.I.3.1.1] • al movimento delle passioni: su
questo
punto, tipico dell’estetica musicale settecentesc
ane). [commento_Sez.II.1.2.25] • va fra l’orror de l’ircane foreste:
questo
e il precedente verso sono naturalmente libere va
edie vestite della Musica. Ma perché mi pare a dismisura mutato sotto
questo
abito il sembiante vero delle Tragedie, tali non
astasio adornate di musica sono poesie musicali; ma senza l’unione di
questo
ornamento sono vere, perfette, e preziose tragedi
, ma non nei moderni dizionari storici. [commento_Sez.II.7.2.4] • in
questo
duetto tra Megacle ed Aristea: nell’atto I, scena
e di quell’anno). [commento_Sez.II.7.2.8] • va prigioniera in fonte:
questo
l’intera arietta (fa séguito ai versi sopra citat
/ e il voler della fortuna / son costretto a seguitar. / Infelice in
questo
stato / son da tutti abbandonato; / meco sola è l
uinto paio: il ricorso al termine medico diatetico (‘predisposto’) in
questo
contesto pare un originale scelta lessicale di Pl
onie in onore di Bacco; abitudine ignota ai Cinetesi, considerati per
questo
poco meno che barbari. [commento_Sez.III.1.4.8]
uomini selvaggi dalle stragi e da nutrimenti atroci, / e si disse per
questo
che ammansiva le tigri e i leoni feroci; / anche
e vissuto a cavallo tra il quinto e il quarto secolo a.C; un mimo con
questo
nome è menzionato anche da Aristotele, ma non è c
a lui esattamente le prescrive il compositore. Ma non resta per tutto
questo
che molto ancora egli non ci abbia a metter del s
rcello nel Teatro alla moda). [commento_Sez.IV.2.2.3] • dal Salvini:
questo
il commento di Salvini al passo muratoriano sulla
testimonio d’Eliano, facea di mestieri di scrivere sotto alle figure:
questo
è un cane, questo un cavallo: così imperfetta fos
o, facea di mestieri di scrivere sotto alle figure: questo è un cane,
questo
un cavallo: così imperfetta fosse quella recitazi
el pittore François Boucher. [commento_Sez.V.1.0.6] • proscenio: cfr
questo
passo della sesta lettera del Noverre: «Le mêlang
la tragedia, realizzava la scena tragica e ne lasciò un trattato; da
questo
incoraggiati, Democrito e Anassagora ne scrissero
già citato recensore romano contestò a Planelli la sua sfiducia verso
questo
espediente fonico-architettonico: «il suo razioci
era e gridò a chi rideva: ‘Sciocchi! Faccio la parte di un pazzo’. In
questo
balletto scagliava anche frecce sul pubblico; e q
. [commento_Sez.VI.2.3.2] • perito maestro: difficile dare un nome a
questo
maestro di ballo. [commento_Sez.VI.2.3.6] • pass
per un pantomimo (‘conoscere le cose necessarie e interpretarle’); in
questo
contesto per interpretazione [ermenéia] s’intende
Venezia, Milano e Napoli) provocò a Roma scandali d’altro tipo: ma di
questo
Planelli preferisce prudentemente tacere, pur det
a a quelli di profano argomento. Così nel Biagio Contadino, dramma di
questo
genere, si legge: «Volendo voi che qui si rappres
aevo docuimus» . 28. Anche Tristano Calchi nella sua Storia descrive
questo
spettacolo del Botta. 29. Art. Danse. 30. Ciò p
cché, sebbene l’uso ci costringa a porvi il segno dell’accento grave,
questo
nondimeno è in quel luogo segno dell’acuto e non
ica il poeta era dagli antichi eseguita nel fine del dramma qualora a
questo
se ne fosse sostituito immediatamente un altro, e
eantur». Lib. VII, Prooem. 99. Il modo di praticarle è insegnato da
questo
celebre professore in un suo libro intitolato Dir
endiamo per interno del teatro fu già definito nel primo paragrafo di
questo
capo. 104. «Mira sunt de voce digna dicta. In t
., lib. XI, cap. LI. 105. Basta, è vero, a destare la meraviglia. Ma
questo
è l’effetto di qualunque opera straordinaria dell
e fino all’anno 1670, ch’era il trigesimo secondo dell’età sua, ma in
questo
anno avendo assistito alla recita del Britannico,
co e di Venere, di Giove, di Vulcano, di Castore e Polluce ecc. Non è
questo
il luogo di provare ciò che avanziamo. Cudworth (
’impero di Tiberio e poi anche di Nerone furono esiliati gl’istrioni,
questo
esilio ferì le varie spezie di buffoni, ma non gi
che l’eccessiva licenza de’ buffoni diede occasione all’editto e che
questo
riguardò essi soli, non già gli attori tragici e
no sul Teatro di Milano. Il Padre Concina (De Spectac. Theatral) nega
questo
fatto e dice anzi che i commedianti andaron via d
non soggiacere alle regole prescritte dal Santo Cardinale. Nondimeno
questo
medesimo anzi che autorizzare la sua sentenza (at
agli uomini il vestire abiti donneschi, e abiti virili alle donne. Ma
questo
divieto mal s’applica a’ teatri. Esso avea per fi
lib. I part. I cap. 5 e l. 3 part. 2 cap. 2. 119. Dopo aver disteso
questo
mio pensiero sulla Drammatica nazionale, ò avuto
esione alla Carboneria nell’esilio parigino7. Sul piano letterario, a
questo
proposito, notevole risalto è stato dato alla pro
’epoca tra i giacobini era quello dell’Istruzione pubblica20, ed è in
questo
orizzonte che si situava il teatro. I rischi deri
mo dei quali il 29 ottobre 1797, con vittoria finale di Luigi Gori. A
questo
periodo risalgono degli articoli di critica teatr
ttori per ovviare all’alone di disprezzo che avvolge i mestieranti di
questo
settore (si veda il punto 4). Il desiderio di par
erà la necessità di uno sviluppo progressivo del carattere. Occorre a
questo
punto domandarsi quanto del Della declamazione si
vità svolta sulle colonne del Termometro politico della Lombardia. In
questo
senso, la sezione che maggiormente risente di tal
are gradualmente la passione, fossero presenti già a quest’altezza. A
questo
proposito, non bisogna trascurare l’esperienza ma
ne personale all’evento straordinario che si sta svolgendo. Si veda a
questo
proposito la didascalia: « Intanto molti, che era
ica, e forse all’occasione che verrà da voi destinato un giornale per
questo
oggetto. I trascorsi altrui, rilevati a tempo e g
romantici ad esempio di Shakespeare, si mostrano spesso eccellenti in
questo
genere di tratti caratteristici che si riferiscon
una vera e propria “histoire de l’âme”. Ecco le parole di Schlegel a
questo
proposito: Les sentiments qu’il sait exprimer ne
curali, dal momento che gli è lecito abbracciarne l’intera esistenza,
questo
non è concesso ai tragediografi francesi, vincola
accennando al momento della revisione parigina: «Aggiungerò solo, che
questo
lavoro venne molto applaudito dal Botta e dal Tal
ona, e urgente a darsi alla luce, come materia propria dell’autore. A
questo
proposito il Salfi ebbe varie conferenze col cele
ssent encore des interférences et se développent parallèlement89. In
questo
senso, verrebbe parzialmente ridimensionata l’oss
rizzonte dei non professionisti un tramite congeniale per distinguere
questo
nuovo teatro da quello commerciale. Passati i fer
o faceva riferimento, e di individuazione del destinatario ideale che
questo
implicitamente auspicava, ci viene fornita dagli
degli elementi di maggior pregio di ogni performance. Egli voleva in
questo
modo oltrepassare una lacuna intrinseca all’arte
scelta dei mezzi, gradualmente assunsero connotazioni individuali. A
questo
punto, il focus si sposta sull’arte della declama
à di una passione di rivolgersi verso l’interno o verso l’esterno. In
questo
caso assumono valore paradigmatico la tristezza,
alle scene. Salfi consiglia all’attore che voglia essere penetrato da
questo
fuoco travolgente di attingere alle letture dei g
ello della conversazione ordinaria, più adatto alla commedia. Non per
questo
si deve incorrere nel rischio dell’inverosimiglia
le, che deve trovare corrispondenza nella fisionomia dell’attore. Per
questo
Salfi critica la pratica in uso di far recitare a
ca, forte passione, come nel caso dei suoi tiranni. Capitolo XVI: In
questo
capitolo si tratta dello sviluppo progressivo dei
l’attitudine. Salfi prende in considerazione varie circostanze in cui
questo
si verifica: — L’ingresso in scena, durante il qu
tante per i personaggi secondari, quali i confidenti o le comparse. A
questo
proposito, Salfi si sofferma sulla tecnica dei qu
ito e della storia antica con le fogge della Francia contemporanea. A
questo
proposito, esemplari sono le figure della Clairon
rtorio per ragioni economiche. Se si rappresentassero opere migliori,
questo
continuo variare gli spettacoli in scena non sare
specie di suoni, egli apprese a parlare. La stessa natura lo aveva a
questo
fine consacrato siffattamente, che anche, senza a
ra parlato per solo desiderio innato ed instancabile d’imitare. Sotto
questo
rapporto l’uomo è un naturale contraffacitore di
e quella esprime più o meno del selvaggio o de’ primi uomini. E sotto
questo
punto di vista l’uomo più colto ed incivilito non
Aristotele, che più di tutti avea de’ suoi tempi compreso la forza di
questo
principîo e l’importanza della sua conseguenza, p
ipingere, e per l’ordinario si pose ad imitarli tutti ad un tempo. In
questo
senso può dirsi che la danza, la pantomima, il ca
ia antica e moderna è tutta ripiena di siffatti esempli. [Intro.7] È
questo
, secondo me, il primo embrione della teatrale dec
stesso gusto passarono a Roma e i romani se non superarono i greci in
questo
genere gli emularono certamente come in tanti alt
ssai tardi cominciarono ad imitarli. E sino ai nostri tempi è invalso
questo
costume di gare all’improvviso sopra un soggetto
, e Roscio rappresentandole. La tragedia era pur nata ne’ principî di
questo
secolo con la Sofonisba del Trissino, comparsa ve
o men regolare, come il Pastor fido. Ma infelicemente s’introdusse in
questo
secolo il genere tragicomico degli spagnuoli, il
genere di licenza, che dominava i teatri di quei tempi. Per opera di
questo
saggio attore si vide su le scene, dopo il Pastor
isura che si venne nella Francia avanzando. [Intro.13] Non cessò per
questo
il Riccoboni, assistito e secondato dalla sua col
osciuta assai più tardi di noi, si sono come largamente compensate di
questo
ritardo, ed hanno fatto progressi straordinari in
nghilterra e la Francia sono oggi le tre nazioni, che si disputano in
questo
aringo il primato e la palma. Ciascuna però ha ad
erto modo fondata e determinata col genere dei loro drammi. E siccome
questo
è molto libero e qualche volta licenzioso nell’In
i dee distinguere il carattere proprio della loro declamazione. Non è
questo
il luogo di pronunciare chi di loro meriti in que
te, ch’esse professano. [Intro.18] Ora qual parte prende l’Italia in
questo
nobile aringo? Ancorché fosse stata la prima a co
rancese, ella è rimasta al disotto del livello delle altre. Non è per
questo
che su’ teatri d’Italia non sieno comparsi a quan
uniscono lo studio alla pratica, e la scuola al teatro. La natura in
questo
genere ha particolarmente favorito gl’italiani, a
cano l’arte a regole e principî più o meno determinati, e si formi in
questo
modo e si sviluppi quel gusto e quel tatto, che i
la perfezione. E tutte le nazioni che si sono avvicinate più o meno a
questo
termine, non hanno trascurato né potevano trascur
o meno a questo termine, non hanno trascurato né potevano trascurare
questo
metodo. La declamazione fu per essa un’ arte rego
ancia, l’Inghilterra e l’Alemagna ebbero le loro opere particolari in
questo
genere. Ha la Francia il Commediante di Sainte Al
ti gli esseri più o meno attivi e modificabili, ch’essa comprende. In
questo
senso parlano e si esprimono tutte le cose non pu
così l’uomo si espresse con la voce, col volto e col gesto. [1.5] In
questo
primitivo e maraviglioso magistero della natura c
no approssimarsi a quell’accento ch’è, e si reputa il più perfetto; e
questo
non s’apprende e s’insegna, se non sentendolo ed
ed imitandolo da chi lo possiede e l’esercita naturalmente. [2.6] Su
questo
primo accidente della voce si compongono e divers
, e le avviva, le ordina e le armonizza. [2.9] Dalla collocazione di
questo
acccento si raccoglie eziandio una specie di temp
cazione massimamente. [2.10] I grammatici hanno chiamato volgarmente
questo
accento acuto per distinguerlo da quello che alle
rende ancor più efficace il magistero de’ due precedenti principî. In
questo
modo percorrendosi un certo numero d’intervalli d
zo delle parole. Ogni discorso dee avere il suo tuono proprio; ed, in
questo
senso, esso è più o meno elevato, più o meno grav
ce e perfetta. Noi possiam dire fondamentale il tuono del discorso, e
questo
, per quanto acconciamente si diversifichi da quel
e delle parole, dee sempre servirgli di appoggio e di regola. E sotto
questo
rapporto la pronunciazione può divenir viziosa og
e può divenir viziosa ogni qualvolta il tuono sia falso e discorde; e
questo
sarà falso quante volte il tuono delle parole non
i, che l’armonia della pronunziazione oratoria costituiscono, e sotto
questo
senso essa non si propone solamente di dilettare,
r esprimere adeguatamente i loro pensieri. Io ho confermato più volte
questo
fenomeno, avendo osservato in più province d’Ital
a perfezione risulta dall’accordo ed armonia di questi elementi; ed a
questo
generale ed unico scopo tutte si riferiscono le o
o dell’una sarà sempre e notabilmente diverso dal ritmo dell’altra; e
questo
ritmo non può non influire su la loro propria pro
celebra questa pratica, non è permesso al declamatore di render nullo
questo
artificio e distruggere quell’effetto che il poet
desolantemente. È dunque evidente, che se il poeta vuol dilettare con
questo
mezzo, e se a questo precipuo ed unico fine consa
que evidente, che se il poeta vuol dilettare con questo mezzo, e se a
questo
precipuo ed unico fine consacra le sue idee, le s
si corrispondono, che il ritmo del verso rilevi quello del periodo, e
questo
il ritmo del verso. [4.4] Nella lingua metrica s
amo i suddetti principî a qualche più notabile esempio. Dante apre in
questo
modo la scena terribile del Conte Ugolino: La bo
finora del suono generale del verso, che alla cadenza raccogliesi; ma
questo
suono medesimo, comune a tutti, soffre tali e tan
imita ed esprime, e quindi ne accresce, e conferma il significato. E
questo
artifìcio, che alla prosa ancor si presta non poc
certo ecc. [4.12] Dante avea conosciuto e maestrevolmente adoperato
questo
artificio, accomodando mai sempre i suoni ed i ri
rmonia de’ suoi versi. Il Tasso, più che altri, si era allontanato da
questo
modello per aver voluto dar troppo sonorità a’ su
rmonia, che il significato de’ versi. Che se l’orecchio esercitato in
questo
genere di delicate sensazioni, le avverte e ne go
ungea frattanto, e disciogliea felice Le vele al vento, [4.19] Ed a
questo
tratto immantinente ne succede un altro diverso,
le espressioni particolari, che a quella passione si riferiscono. In
questo
modo noi avremo facilmente il tuono del dolore o
non solo il tuono, anche un tempo suo proprio la passione richiede, e
questo
modifica non pur ciascuna parola, ma l’andamento
passioni, si può ancora determinare la voce, che a quelle risponde. E
questo
è pur quanto hanno finora trattato gli antichi ed
nata all’impressione ed al movimento che riceve dalle sue idee. Sotto
questo
rapporto l’oratore più tranquillo e contento, l’i
la sua tinta corrispondente. Dopo Cicerone Quintiliano n’espresse in
questo
modo la singolare energia: Dominatur autem maxim
no certifica che una persona dei tempi suoi comunicava spontaneamente
questo
movimento ai suoi capelli, facendoli rizzare e ab
escunt, probant, cum patiuntur, decernunt, cum tacent, clamant. Ed è
questo
quel silenzio che clamoroso dicea Cassiodoro: Si
e più o meno patetici tutti diventano. Riguardate l’espressioni sotto
questo
punto di vista il più semplice e generale, noi ce
e alla sua natura, al suo sviluppo, al suo grado, essa dee conforme a
questo
fine e tendere ed operare al di fuori, e per cons
nei cospiratori, e che racconta ed espone ad Emilia. Ma ancorché sia
questo
il sentimento dominante di Cinna, lo stesso inter
alista, ma soltanto come semplice artista e declamatore. È ufficio di
questo
il conoscere ed imitarne la parte esterna e sensi
o distrutto, o conseguito e goduto come ottimo. Giunta la passione a
questo
grado diventa ancor trasporto ed entusiasmo, che
he hanno questi fra loro, che varie specie di passioni n’emergono. In
questo
modo nascono e si sviluppano il timore o la spera
’oggetto avverso e malefico. E perciò all’incontro o alla presenza di
questo
, per evitarlo, dechina dalla parte opposta il vis
ficazioni, che abbiamo omesse. Egli è perciò necessario il continuare
questo
genere di osservazione e di studio che solo può f
no se non i fatti particolari ed universali trasformati e ridotti. Ma
questo
non basta all’esercizio dell’arte sua. Egli debbe
sincera e reale delle passioni nel libro della natura, o togliere da
questo
quei tratti particolari nuovi ed originali, che q
così la teorica renderebbe più spedita, e più sicura la pratica; e in
questo
modo tutti i migliori artisti si sono formati e s
segno dell’arte. Non tutte le nazioni, né tutti gl’individui hanno in
questo
genere la stessa attitudine. La natura non parla
utte egualmente alla natura più o meno spiegata appartengono. Secondo
questo
rapporto ciascuna ha il suo carattere proprio, le
a della natura scelta ed imitata nell’aspetto più interessante. Sotto
questo
rapporto lo spettacolo di questi monumenti delle
e che l’artista non isceglie ed imita, che la bella natura. Or qual è
questo
bello? ed in che veramente consiste? [9.2] In gen
è nella medesima circostanza, ond’è risultata qual è di presente. In
questo
senso tutto è bello in natura, o, ch’è lo stesso,
are del genere o della specie, a cui l’una e l’altra appartengono. In
questo
senso noi diciamo comparativamente l’uno più bell
propriamente belli, perché universalmente piacciono ed interessano. E
questo
genere di esseri è quello che suol dirsi la bella
compie il quadro dell’espressione conveniente. E cresce l’effetto di
questo
accordo con l’efficacia o vivacità dell’espressio
belle del pari, perché contraggono il carattere di quelle qualità. In
questo
modo il segno si veste anch’esso della bellezza d
timore, di gioja ecc., diletta più nell’uno che nell’altro, e più in
questo
che in quel momento, e più a questo che a quell’u
nell’uno che nell’altro, e più in questo che in quel momento, e più a
questo
che a quell’uso, perché l’effetto, il fine e il s
gono pure dell’elegante, del grazioso, del morbido, ciò accade perché
questo
temperamento essendo analogo al carattere della p
che la produce e determina. Bello e vero sono in tal caso sinonimi; e
questo
bello prende forza e vigore dall’importanza dell’
mondo ideale, che mentre è verisimile, perché sul reale formato, è di
questo
assai più bello ed interessante; ed in questo mon
sul reale formato, è di questo assai più bello ed interessante; ed in
questo
mondo ideale dee pur cercare l’espressione, il su
vigliosi ed interessanti non pur nell’intensità, che nella durata. In
questo
modo si sono formati i caratteri o generi poetici
col probabile e col possibile, che più interessi e diletti. Ma perché
questo
tipo abbia un termine più o men diffinito non dee
della declamazione consiste nella illusione, come mai potrai ottener
questo
effetto, se ella non è fatta per conciliarsi la t
’arte, dall’interesse e dal pianto ci mena al disprezzo ed al riso. E
questo
forse volea intendere Orazio, allorché diceva: Q
verificarsi senza la coesistenza degli anzidetti elementi. [10.13] Or
questo
tipo di bellezza artificiale vien concepito dall’
originali nell’uno, ripetute religiosamente dall’altro, diventano in
questo
fredde, infeconde, prive di effetto. [11.5] Quest
mplicemente imitare, ma di operare veramente. Alcibiade aveva sortito
questo
talento dalla natura, e, secondo il bisogno e le
re al di fuori, ed a quanti gli stanno presenti pur si comunica. Ed è
questo
quello spirito che per gli effetti straordinari c
suoi effetti, la fece abbandonare al solo talento della natura, ed in
questo
modo si trascurò e degradò l’arte, la quale non e
comme il faut. [11.14] Ma se l’attore arriva a sentire e sviluppare
questo
genio, non ha più bisogno di arte quanto nel mome
è ormai tempo di applicarla particolarmente all’attore tragico. Sotto
questo
rapporto ella soffre nuove modificazioni, che la
presenta, un eroe, cioè un essere medio fra i mortali e gli Dei. Ed a
questo
tipo di natura eroica debbono accomodarsi i carat
Euripide; tali erano pur quelle di Omero; e perciò dopo la lettura di
questo
, gli altri uomini a chi sembravano piccoli e mesc
da quel divino poema ne avevano attinta. [12.3] Egli è ben vero che
questo
carattere tragico, che più a quei tempi si conven
l caso o il capriccio, ma l’esperienza e la riflessione che determinò
questo
genere presso gli antichi. Più che altra cosa la
della loro tragedia. Ond’è che tutti i poeti che si sono distinti in
questo
genere, anziché abbassar la moderna tragedia al c
de ottenere quell’intento che la tragedia si dee proporre. [12.5] Da
questo
principîo importantissimo molte conseguenze si tr
mi. Sotto qualunque forma li facciano comparire gli accompagna sempre
questo
decoro. Omero, anche allora che più gli assoggett
ollo, quantunque pastore, condannato a guardar le greggi di Admeto; e
questo
al certo sarebbe il dono migliore, che i numi far
olo, che la persona si tenga sempre violentemente montata, ed affetti
questo
artificio fuor della scena. Forse la stessa Clair
i questo artificio fuor della scena. Forse la stessa Clairon diede in
questo
eccesso, per cui era detta comunemente la regina
dee fondarsi principalmente sul tuono ordinario della conversazione,
questo
tuono dee accomodarsi alle persone, alla circosta
e ed un tuono fondamentale ad ogni interlocutore egualmente comune. E
questo
è il genere drammatico. [13.7] Ma questo tuono m
cutore egualmente comune. E questo è il genere drammatico. [13.7] Ma
questo
tuono medesimo si dee modificare secondo la condi
i straordinariamente appassionati e caldamente operanti. E debbono in
questo
mezzo contenersi gli attori tragici se vogliono v
one e nell’acutezza, dee nella gravità e nella forza consistere. E da
questo
temperamento di forza e di gravità risulta, secon
imere il sentimento col più d’interesse e di forza, che all’indole di
questo
si addice, e di ordinario precede od accompagna l
, straordinari, ma non sono perciò furiosi, stravolti, ridicoli. Ed è
questo
il giusto contegno che dee prendere e conservare
ee prendere e conservare l’attore tragico. [13.10] Io so bene che in
questo
argomento sì dilicato e difficile è molto facile
l sublime e dignitoso si ruina nel basso e ridicolo. E si crede che a
questo
eccesso dia per l’ordinario la declamazione franc
importa si è che gli stessi francesi hanno pur riconosciuto appo loro
questo
difetto. Clement, fra gli altri, ne ha giudicato
appo loro questo difetto. Clement, fra gli altri, ne ha giudicato in
questo
modo nelle sue Osservazioni critiche al poema del
con quello tutto rappresentare, hanno voluto tutto rappresentare con
questo
. Quindi il dramma è divenuto per loro una mera st
lla persona, che il tuono ed il gesto della espressione. E per quanto
questo
scorra pe’ suoi gradi e per le sue specie, succes
rebbero o per distrazione, o per contrasto. E tanto più si correrebbe
questo
pericolo, quanto maggiore sarebbe la distanza dal
ima ciascuna non dee perdere di vista il genere tragico, e per quanto
questo
si modifichi e si digradi, dee pur serbare in tut
nelle loro rappresentazioni. [14.12] Forse l’Alfieri per ragione di
questo
difetto ordinario delle scene specialmente italia
ncipale. In tutti i monumenti più insigni delle belle arti si osserva
questo
accordo e questo disegno; ma non sempre e sì faci
i monumenti più insigni delle belle arti si osserva questo accordo e
questo
disegno; ma non sempre e sì facilmente nella decl
no e distinguono gli individui che ne sono predominati. [15.2] Sotto
questo
rapporto l’amore, l’odio, l’ira, il timore ecc. s
i due pessime e contrarie pesti l’affliggevano, lusso e avarizia.” Su
questo
fondo storico han lavorato Crebillon e Voltaire:
cui sta per eseguire la vasta conspirazione che avea meditata. Ed in
questo
momento il suo carattere non è più l’ordinario, e
gli hanno sul primo ideato, e che poetico possiamo denominare. Ed in
questo
modo si concepisce, si forma e s’imita il vero e
n tempo il triplice carattere di sposo, di amante e di sultano. Ma di
questo
parleremo più partitamente nel capo seguente.
l luogo e dell’incontro in cui si ritrovano. [16.4] Analizzato dietro
questo
principîo un carattere o una parte qualunque, ess
liando rapidamente ed acconciamente l’ottava bassa. Per non conoscere
questo
artificio, che, accrescendo ad un tempo la variet
espressione, che con l’ordinario e col medio non dee confondersi. In
questo
modo, determinando i tratti principali della line
o alla vista di Isabella e di Carlo sorpresi da lui nella prigione; e
questo
momento terribile riuscirebbe languido e freddo,
[16.9] I migliori attori e antichi e moderni non hanno mai trascurato
questo
artificio di progressione. [16.10] Cicerone ci h
ent montes, nascetur ridiculus mus. [16.16] L’altro difetto sembra a
questo
in certo modo contrario, e consiste nel riservare
e procedere in guisa, che progredendo nulla si raffreddi ed annoi; ma
questo
principîo non dee recar pregiudizio a quei moment
ti nel portamento della voce e del gesto certi metodi che sacrificano
questo
interesse della passione e del sentimento a certe
ti, ed allora l’espressione sarà anch’essa variabile o permanente. In
questo
modo gli stessi interlocutori possono cangiare fr
a nuocerebbe assaissimo all’illusione. È necessario dunque il variare
questo
quadro secondo il movimento che lo sviluppo della
evitasse ad un tempo alcune attitudini insignificanti ed assurde. In
questo
modo diventa il quadro più vario, più vero, più s
e accidente, che gli obblighi o gli abiliti a tal cangiamento. Sino a
questo
momento essi debbono guardare il loro posto, ma n
il tuono dell’uno non ha punto di relazione con quello dell’altro, o
questo
ripete esattamente il tuono di quello, che è quan
i. [17.20] Quanti altri simili tratti non vi offrono le tragedie di
questo
autore, che più di tutti ha fatto servire l’artif
ni che non sono sospesi o preoccupati. Cerchiamo intanto di applicare
questo
principîo generale a’ casi particolari e più cons
to. Come dunque dee presentarsi? Che fare? Come disporsi a parlare? È
questo
il primo momento che dee fermare l’attenzione deg
rispondere, a tacere o a partire; e qualunque sia la deliberazione di
questo
, egli dee sempre indicarle con l’attitudine conve
li risponde solamente: No, niente affatto. Garrik ci assicura che in
questo
momento sentendosi tutto rabbrividire aveva intes
rabbrividire aveva inteso un fremito di terrore in tutta l’udienza; e
questo
effetto non proveniva certamente dalle parole ins
voce, ma tutti gli altri organi lascia come interdetti ed immobili. È
questo
l’effetto delle passioni straordinarie ed eccessi
popolo. I quinti atti delle tragedie dell’Alfieri sono quasi tutti di
questo
genere. Capitolo XIX. De’ monologhi o solil
d eseguisce per tal modo una specie di dialogo con se medesimo. E per
questo
riguardo il monologo è la pietra di paragone per
cena, e tutta a lui rivolta l’attenzione del pubblico, non potranno a
questo
sfuggire le più leggiere imperfezioni di lui. [19
situazione di Riccardo nella 1a scena dell’att. V. della tragedia di
questo
nome, dove, dopo aver sognato il suo esterminio,
e si avvicendano, sono l’una dall’altra isolate ed in dipendenti; ma
questo
disordine diventa ricomposto e ligato per l’oppor
uncia. Io cerco di tradurlo nel modo che so migliore: Essere, o no,…
questo
è il gran punto!… Dessi Gli aspri colpi soffrir d
e, a’ danni, a’ tanti Dolori innumerabili, retaggio Che da natura sol
questo
riporta Massa di carne… questo istante, in cui Tu
numerabili, retaggio Che da natura sol questo riporta Massa di carne…
questo
istante, in cui Tutto sarà consunto…. ardentement
ognar forse; ecco, ecco il grande Inciampo. — Il non saper quai sogni
questo
Possan turbar sonno di morte, allora Che spogliat
ni questo Possan turbar sonno di morte, allora Che spogliati sarem di
questo
ingombro Mortale, ah sì, questo pensier ci sforza
morte, allora Che spogliati sarem di questo ingombro Mortale, ah sì,
questo
pensier ci sforza Ad arrestarci. È la ragion sol
ol questa Che alla miseria dà sì lunga vita. [19.10] Forse sopra di
questo
modello formò l’Addison il monologo del suo Caton
to modello formò l’Addison il monologo del suo Catone, quantunque sia
questo
più grave, e quale al carattere di quello stoico
tutto compreso e preoccupato dal solo oggetto di cui favella, come se
questo
fosse a lui soltanto presente. Di questo genere è
etto di cui favella, come se questo fosse a lui soltanto presente. Di
questo
genere è il momento di Atalia, allorché manifesta
talmente inorridita, che pare di rivedere quel ch’espone parlando. A
questo
modo dee pur Clitennestra narrare ad Elettra l’om
ltanto circoscritti, hanno finalmente sentito la necessità di evitare
questo
sconcio nelle statue e nelle pitture, e niuno di
assai tardi hanno essi cominciato a conoscere ed osservare sul teatro
questo
dovere. A’ tempi di Pier Jacopo Martelli, Agamenn
, e non manca di qualche opera opportuna ad istruire gli attori sopra
questo
particolare. [20.5] L’Italia, ch’era pur ricca e
prima e più d’ogni altra nazione di monumenti teoretici e pratici di
questo
genere, è stata a paragone delle altre più restiv
re sino all’estrema circonferenza del teatro, e perciò la capacità di
questo
non debbe esser tale che sforzi troppo la declama
l’attore da questa lettura allo studio particolare della sua parte; e
questo
non debbe essere limitato alle sole parole, ch’ei
o ne’ primi esperimenti sortita. Il solo attore non ha come gli altri
questo
vantaggio: egli non può osservare ed esaminare in
che volta con l’abito caratteristico indosso; perocché concorre ancor
questo
, ed in gran parte alla dignità ed espressione del
inventarne delle nuove e significanti. I pittori non hanno trascurato
questo
studio ne’ loro panneggiamenti. Timante presentò
a l’attore dee secondare, ed oso ancor dire, assicurare ed accrescere
questo
fine col mezzo dell’illusione, e verificare con l
questo fine col mezzo dell’illusione, e verificare con l’espressione
questo
effetto maraviglioso, senza del quale il fine del
e se l’opera di costui non ha poi commosso egualmente l’attore, e se
questo
alla fine non riesce a ripetere le medesime impre
lasciarsi illudere, ed ammirarli, non dee il buono attore aspirare a
questo
genere di applausi. Ed a chi si mostrasse superbo
rofondo silenzio, ne’ palpiti e nelle lagrime degli spettatori. Senza
questo
effetto precedente gli Abderiti non sarebbero giu
errotto da qualche sospiro, e foriero de’ più nobili sentimenti; ed è
questo
il vero trionfo del poeta, dell’attore e dell’art
re da lui quel ch’egli aveva prima emulato da loro. [23.6] Ballo. Se
questo
tende principalmente a regolare l’andamento del c
ttitudini e quei movimenti che la passione esiga e comandi. E secondo
questo
disegno era raccomandata quest’arte da Socrate, c
sica vocale può eziandio ottenerlo dall’esercitazione della voce. Con
questo
esercizio non pur si addestra, ma si fortifica l’
che dovrebbero essere specialmente sentite ed assaporate, e che, per
questo
difetto, o non si avvertiscono, o, ch’è peggio, s
perché da loro non approvate. La Francia stessa ha sofferto più volte
questo
scandalo. L’Edipo di Voltaire non fu ricevuto se
e avvertenze intorno a quei tratti che le meritano, e di applicare in
questo
modo le massime teoretiche più rilevanti dell’art
legge meglio, la parte migliore che sia del suo genere. [23.19] Dopo
questo
primo esperimento dovranno studiar la parte. E qu
artisti, passeranno a professare l’arte loro su le scene; ma non per
questo
è da credersi che l’arte non possa ancor migliora
o è da credersi che l’arte non possa ancor migliorarsi. E ad ottenere
questo
massimo miglioramento possibile, nel che la perfe
di essere nel teatro distinti ed ammirati universalmente? [24.5] Ed a
questo
potrebbero intendere quegli stessi disegnatori, c
i o de’ quadri, che si sono più segnalati alla vista del pubblico. In
questo
modo si verrebbero ognor più conservando, moltipl
e all’interno dell’estetica settecentesca. Le belle arti risultano in
questo
modo accomunate nel loro oggetto di imitazione, d
moderni, 2a edizione, vol. I, Napoli, Vincenzo Orsino, 1787, p. 6). A
questo
proposito, si veda anche la teoria sull’ordine de
da Signorelli, opponendo a Batillo / Pilade la coppia Ila / Pilade. A
questo
proposito si veda Napoli Signorelli: «Da Batillo
dell’azione oratoria: «È dunque chiaro che anche nella retorica vi è
questo
elemento come già per la poetica, la qual cosa, t
l’art du comédien, Paris, chez la veuve Duchesne, MDCCLXXV, p. 45). A
questo
proposito, si veda quanto affermato da Sabine Cha
ica, veniva menzionato da Engel, che lo giudicava di scarso valore. A
questo
proposito, veniva contestata l’incoerenza dell’au
nsigliava ai suoi lettori le riflessioni sulla bellezza di Hogarth. A
questo
proposito si veda Johann Jakob Engel, Lettere sul
la sua diffidenza rispetto a un catalogo delle passioni, rivelando in
questo
una sensibilità pre-romantica che guarda all’indi
t dramatique, Amsterdam, chez E. Van Harrevelt, MDCCLXXIII, p. 41). A
questo
proposito, Mercier sottolinea la superiorità del
e esprimeva la sua concezione di dramma come successione di quadri. A
questo
proposito, egli riconosceva il merito degli attor
osito dell’origine del linguaggio. Riferimento fondamentale restava a
questo
proposito la teoria del sensista Condillac, Nell’
e tra tutti i brutti è di più forza imitativa dotata, cioè la scimia,
questo
animale, io dico, cominciò da prima cogli atti e
o sull’origine e natura della poesia, cit., p. 61). [commento_1.8] A
questo
proposito, l’Abbé Du Bos, nelle sue Réflexions cr
tour de leurs paroles» (ivi, livre II, IIIe partie, ch. I, p. 80). In
questo
possiamo trovare una vicinanza con l’attore, che
o stesso in Napoli Signorelli: «Ma perché la pronunciazione di cui in
questo
capo trattiamo è un talento d’immensa estensione,
rosolimitano, cit., p. 160). [commento_2.4] Rousseau aveva parlato a
questo
proposito di accent de la langue: «La seule diffé
e françoise, par M. l’Abbé d’Olivet, cit., p. 24). [commento_2.10] A
questo
proposito si legga quanto scritto da Trissino: «[
o la funzione deittica del linguaggio verbale a quello non verbale. A
questo
proposito Patrice Pavis individua la seguente fun
n tropo del linguaggio verbale al linguaggio del corpo. La pittura in
questo
caso non ha come oggetto un corpo sensibile, ma u
ure del discorso nelle quali il linguaggio si fa corpo. Salfi sfrutta
questo
legame in funzione inversa: non si tratta di risa
lle passioni, della contingenza, del grado sociale, della nazione. In
questo
senso il linguaggio di azione si rivelerà un veic
tura del genere drammatico, possiamo riconoscere a prima vista che in
questo
caso l’anima non deve essere compresa da un unico
i basano proprio su questa ben collegata molteplicità. Per conseguire
questo
fine ultimo come può essere vantaggioso per il po
le aveva impressa. Intraprese a formare il suo stile sopra quello di
questo
gran poeta che gli sembrava il più drammatico di
mento_4.20] A proposito della metrica dantesca, Salfi si esprimeva in
questo
modo: «Riguardasi la lingua italiana come la più
alche cosa di magico. In poche parole egli disegna un bel ritratto, e
questo
ritratto è veramente vivo» (Francesco Saverio Sal
coboni, Dell’arte rappresentativa, cit., cap. 4, vv. 16-21, p. 66). A
questo
proposito si vedano le critiche mosse da parte de
gria, fierezza, umiltà: è il viso che gli uomini fissano, guardano; è
questo
che viene osservato anche prima che si inizi a pa
è questo che viene osservato anche prima che si inizi a parlare; con
questo
esprimiamo amore e odio nei confronti di determin
uesto esprimiamo amore e odio nei confronti di determinate persone; è
questo
che ci fa comprendere moltissime cose; questo fa
determinate persone; è questo che ci fa comprendere moltissime cose;
questo
fa spesso le veci di ogni parola» (Marco Fabio Qu
resto lei mi ha già rimproverato una volta di aver chiamato in causa
questo
altrimenti stimabile e valente uomo solo per darg
o male che attribuiamo a un oggetto. Piacere e dolore si rivelano in
questo
modo essere «[…] i cardini intorno a cui ruotano
Non c’è solo contemplazione dell’amato, ma desiderio di possederlo, e
questo
si traduce, visivamente, in una serie di linee ch
ccessione lineare, può essere scisso in unità minimali simultanee. In
questo
senso, la pronunciazione verbale consente di espr
i passare così rapidamente da una passione all’altra. In primo luogo,
questo
passaggio sarebbe stato impedito dal trucco dell’
ohann Jakob Engel, Lettere sulla mimica, cit., pp. 481-482.) Salfi in
questo
caso sembra prendere le parti di Dorat nell’appre
in particolare la stretta interdipendenza che lega corpo e anima. Da
questo
ne consegue che il corpo, spinto per qualche ragi
n’emozione interna crea un corrispettivo sul piano somatico. Burke in
questo
modo apre la strada a quanti, nell’ambito della t
, Le passioni dell’anima, cit., art. LXXIX, p. 232). Engel tratteggia
questo
atteggiamento apportando come esempio la postura
Ascolta! Un passo!” Che atteggiamento crede che assumerà Giulietta in
questo
momento? Sicuramente quello che mi accingo a desc
Jakob Engel, Lettere sulla mimica, cit., p. 418). [commento_7.18] A
questo
proposito si rimanda a quanto scritto nelle Lette
pure in un parlare delirante. Salfi individua come caratteristiche di
questo
stato la situazione di Fedra, Saul e Mirra. Guard
mes yeux malgré moi se remplissent des pleurs»). [commento_7.22] In
questo
caso la deissi è tuttavia di tipo distale (Keir E
azioni esteriori prodotte dal riso, dal pianto, dal tremore, e via di
questo
passo; con quanta esattezza dovrebbe essere possi
’hanno, trovo una regola universalissima, la quale mi par valer circa
questo
in tutte le cose umane che si facciano o dicano p
ti. […] Ciò che non poteva dipingere, lo lasciò indovinare. In breve,
questo
nascondimento è un sacrificio che l’artista fece
erità — anche con molto decoro; è solo che — se mi è consentito farle
questo
piccolo appunto — il suo piede sinistro era tropp
e ne L’analisi della bellezza (1753) di William Hogarth. Si riveda a
questo
proposito la critica fatta da Engel a Löwen: Joha
ma che si rivelano inadeguate ad esprimere una specifica passione. In
questo
caso i movimenti che egli descrive non appaiono t
designata, ma che tuttavia sono stati adottati in modo arbitrario. Di
questo
tipo sono i suoni articolati in tutte le lingue,
nno i grammatici non si riesce a dedurre come il poeta abbia trattato
questo
argomento. Tuttavia sono certo che egli non avrà
992, p. 67). E, per l’aneddoto raccontato, si veda ancora Luciano: «A
questo
proposito voglio ora parlarti di un altro stranie
ui l’attore ha maggiore bisogno dell’arte, in grado di razionalizzare
questo
furore divampante. Anche un attore rivoluzionario
dra, a sostenere la possibilità di insegnare il mestiere di attore. A
questo
proposito si legga Stefano Geraci, Comici italian
792, scriveva a Luigi Serio, censore dei teatri di Napoli: «Maledetto
questo
coturno, che sono entrato in impegno di volermi c
Pur pronunciandosi a favore della nobiltà del genere tragico, non per
questo
Salfi sostiene sia necessario trarre i propri sog
nito per essersi macchaito di violenza contro Dio. [commento_12.7] A
questo
proposito Madame de Staël affermava: «Une des bea
carattere di nobiltà e di austerità. Non ignoro le ridicolaggini che
questo
modo d’essere ha suscitato nei miei compagni e ne
mmento_14.10] L’ostilità dell’Alfieri per i confidenti emerge viva in
questo
passo: «Ora io domando, se un soliloquio di perso
interpretazione di Piritoo fatta Lekain, D’Hannetaire si esprimeva in
questo
modo: «Quant aux Confidens, dont je faisois menti
vedevano nel rispetto delle unità un appiattimento del personaggio. A
questo
proposito si legga l’introduzione al trattato. [
ice, dotata di voce sì acuta, che non avea forse avuta mai la pari in
questo
genere. Costei con una voce da calderino si tirò
re emozioni, se fosse stata consumata nel movimento precedente, e per
questo
esaurita. E gli attori non se ne accorsero certo
t Sylvaine Guyot, Paris, Classiques Garnier, 2013, III, 5, p. 1047. A
questo
proposito si veda anche quanto affermato nel para
ena prodotto nel vostro animo, subitamente, e senza preparazione. Più
questo
moto deve sembrare improvviso e più è necessario
ori, atto II, scena 20, p. 20). Capitolo XIX [commento_19.1] A
questo
proposito, Alfieri rispondeva alle critiche di ch
ondeva alle critiche di chi reputava inverosimili i suoi soliloqui in
questo
modo: «Circa all’inverosimile, io non lo credo ta
mente, ed alle volte per fino dialogizzo con altri. Ma lasciamo andar
questo
; chi crederà per esempio, che un uomo che medita
tto, / Io son lor madre; in me il vipereo torci / flagel sanguigno: è
questo
il fianco, è questo, / Che incestuoso a tai mostr
dre; in me il vipereo torci / flagel sanguigno: è questo il fianco, è
questo
, / Che incestuoso a tai mostri diè vita. / Furia,
e che gli spettacoli non venivano allestiti che in pochi giorni. Per
questo
le proposte da lui formulate a proposito di tale
sala di teatro e che lo spettacolo non è altro se non artificio. Per
questo
Pellico, nel tessere le lodi di Carlotta Marchion
ngolo attore, perché non tutto può essere annotato con precisione; né
questo
provocherebbe la freddezza dell’interprete, che a
ème partie, cit., pp. 309-323). Come fa notare Claudio Vicentini, «In
questo
modo Du Bos si trova inconsapevolmente all’avangu
tizio il ver, s’altro non puoi» (ivi, cap. IV, p. 69, vv. 136-141). A
questo
proposito si esprimeva anche Riccoboni fils: «Olt
ra, dal recitare davanti ad uno specchio per studiare i vostri gesti;
questo
metodo è il padre dell’affettazione: bisogna sent
acità piuttosto che a concentrarsi sull’espressione del sentimento. A
questo
proposito si leggano le osservazioni sul castrato
nata Società Patriottica Napoletana, che venne repressa nel sangue. A
questo
proposito Beatrice Alfonzetti nota, a partire dal
co l’uso del dialetto poteva giocare a favore delle rappresentazioni,
questo
non avveniva nel caso del tragico, che richiedeva
dinando Taviani, Bari, Laterza, 1991, pp. 136-137. [commento_23.5] A
questo
proposito si legga quanto scritto da Talma: «Ce n
ssioni sulla declamazione teatrale, cit., p. 141). [commento_23.7] A
questo
proposito si tenga a mente il parallelo instaurat
per dare agli accenti acuti o lamentosi la giusta modulazione. Senza
questo
studio è quasi impossibile interpretare bene Corn
telli Treves, 1900. 7. Due studi monografici sono stati pubblicati a
questo
proposito: Bruno Barillari, Il pensiero politico
ichiarandosi benemeriti della patria, potrebbe sulle prime rimpiazzar
questo
vuoto, ed aprir la strada alla compagnia che si d
ierre Frantz, che assegnano alla didascalia una natura performante. A
questo
proposito si veda Jacques Joly, Goldoni et l’utop
, p. 297. 58. Ivi, vol. II, p. 301. 59. Ivi,vol. II, p. 290. 60. A
questo
proposito, Jean-Pierre Perchellet scrive: «Le spe
ndreini. I maggiori poeti d’Italia facean tutti a gara in celebrar
questo
tipo singolare di donna, che al raro sapere sembr
rà a tempo, dovendo noi star al servizio dell’una e dell’altra Maestà
questo
verno, e forse ancor più. Humiliss.ª Le m’inchino
ccio seguire un sonetto del De la Roque (Œuvres, pag. 380). Quella e
questo
si trovano riprodotti a pag. 4-6 de l’Histoire d
e. Dura legge d’Amor ! dunque conuiene Ch’ami quello in altrui, che’n
questo
altero Fù la sola cagion de le mie pene ? Ben è t
ntino, Massimiano, et Veridico Sant. Se hoggi ci sodisfà cosi bene,
questo
galant’ huomo ; discorrendo sopra il modo di rapp
la qualita del personaggio, che hanno da imitare ; et licentiati con
questo
, le dò tempo di poter imparar le parti loro. Mas
nti esser uoglino, m’ ingegno di hauerli, prima di bona prouincia, et
questo
piu che altro importa, et poi cerco che siano di
tani, non ponno udire, onde ha poi disturbo tutto lo spettacolo, et a
questo
puo seruir solo, lo hauer il recitante bona uoce
imitare i migliori] bisogna poi anco al recitante auuertire di più in
questo
caso, che egli hà da dar tempo alli spettatori di
chi si facci mentione di molti histrioni eccelenti, et si conosce che
questo
era uno studio particolare, nel quale si essercit
ti et gesti assai apropriati, da farla comparire come cosa uera, Et a
questo
gioua molto [come anco in molte altre parti è uti
senza il debito feruore, et la conueniente efficacia. Et per fuggire
questo
diffetto, è neccessario a recitanti [et a quelli
u particolari, mi par impossibile, Et credo cosi generalmente circa a
questo
importantissimo auertimento, esser inteso abastan
to stracciato, ma anzi porrei a dosso a quella una bona Gamurra, Et a
questo
uno apariscente giacchetto ; accrescendo poi tant
quanto piu posso, di uestire i recitanti fra loro differentissimi. et
questo
aiuta assai, si allo accrescere uaghezza con la u
eta loro, et si anco a facilitare l’ inteligenza della fauola. Et per
questo
piu che per altro cred’ io, che gl’ antichi haueu
te da un altro recitante, o conseruo. Ver. La uarieta de i colori, a
questo
gioua assai ; et uorrebbono essere per lo piu gl’
riescono per lo piu cosi uaghe le comedie uestite alla greca. Et per
questo
, piu che per altra cagione fo io che la scena del
rle acadére tra cittadini, co quali habbiamo continoua pratica. et se
questo
riesce ben nelle comedie, come per isperienza ne
ci bisogna uno stato per rappresentare una tragedia, uoglio dir solo
questo
, che non é cosi mal fornita guardarobba d’un prin
haurà introdotto alcuna deita, od’ altra noua inuentione ; bisogna in
questo
, seruire alla intention sua : ma circa al uestir
r piu differenti che si può, Et quanto al generale il lor uestir sara
questo
. Coprir le gambe et le braccia, di drappo di colo
er le spalle, che nel ciuil uestire, cotanta uaghezza accrescono ; et
questo
[come dico] si potrà concedere anco in questi spe
la uerità fa anco molto piu grato, Et bello spettacolo. Sant. Sotto
questo
nome di nimphe uoi non comprendete gia tutte le s
i mandar fuori il prologo delle comedie. Ver. Prima che si conduca a
questo
, si suol fare una rassegna, de i personaggi, et u
porli anco in bocca la parola, con che haurà da cominciare. Sant. A
questo
modo, non è periglio, che possi restar da una sce
e de gli spettatori, prima che si uenghi al desiderato principio : et
questo
Gioua anco per risuegliare i cori de i recitanti.
trasformare il personaggio, come per farlo parere persona antica. et
questo
haurà da uenire subito calate le tende, con passo
re, esser Roma, et che la comedia [poniam caso] si reciti in firenze,
questo
prologo, con chi ha da parlare, et in che loco hà
olta di mezzo un’ altro, et il non comparire personaggi in scena ; fa
questo
effetto con maggiore eficacia. Mass. E che sorti
ueder questa proua. Sant. Vogliamo noi, o signor Massimiano accettar
questo
cortese inuito ? Mass. E per che no ? Ver. Andi
portante e di più interessante per la storia della scena italiana, di
questo
dialogo, in cui sono massime e sentenze che assai
to dall’arlecchino Gabbriele Costantini, che fu il primo inventore di
questo
trasformismo che il Goldoni chiama novità incanta
tre con molto successo. Si ritirò alla chiusura di Pasqua del 1755. A
questo
Gandini dedica il Calendrier historique des Thèât
i che sostituì il Bertinazzi era un fratello di Pietro ?E come mai di
questo
non è cenno in alcuna opera teatrale francese, co
e, e di sostituire invece sua il comico Francesco Rubini, e fecelo in
questo
modo. Uscì egli in teatro vestito da campagna, av
ini, e riverendo il popolo sull’istante partì. Qualche circostanza di
questo
fatto ci riserbiamo a narrarla sotto l’articolo d
enezia, e passò agli eterni riposi nell’anno 1740. Formerà le lodi di
questo
eccellente comico la lettera dedicatoria in quart
a la farsa e la religione? In effetto non ne hanno avute altre sino a
questo
secolo, e si rappresentavano ne’ monisteri in occ
fiziale Macikow ha composto la tragedia del Falso Demetrio. Intorno a
questo
tempo si tradussero le migliori commedie francesi
ggetto di perfezionarsi nell’ arte di rappresentare. Pur non sembrami
questo
solo il mezzo opportuno a conseguir l’intento. In
’anima delle scene, inspireranno il proprio entusiasmo agli attori, e
questo
spirito farà che essi rappresentino con tanta ene
!… Rammentalo e molto nel tuo libro ; ci tengo che lo si sappia. » E
questo
fervore di riconoscenza non genera meraviglie nel
gi di artista ; e il Boutet nella Tribuna della Domenica gli dedicò a
questo
proposito un grazioso articolo illustrato. Di lui
lui scrisse anche Tommaso Salvini : e credo di non poter finir meglio
questo
breve cenno, che riferendo qui le sue parole :
ede in fallo, sia che tratti il genere totalmente burlesco, sia che a
questo
si congiunga alcun che di serio : coscienzioso es
arigi per rappresentare a quella Corte e convenendogli transitare per
questo
Stato habbiamo voluto accompagnarli con la presen
uffetto biscottato in amore non vi comparisca avanti. Prima che facci
questo
strabalzo il trottolante mio cuore, vi supplico c
sempre obbligatissimo anco con mio scomodo Buffetto. È strano che di
questo
artista, il quale oltre i monti incontrò tanto il
et la moglie seguitauano ad’ ingiuriarsi con infamentissime parole in
questo
ariuò li sbiri fui auisato da un Cauaglier del S.
a moglie il dottore, et che non bramo da lui nisuna satisfatione : in
questo
ariuò ordine del Gouernatore che me agiustassi ò
ne mia moglie, non uolcuamo recitare più sino al Comando de S. A. in
questo
ponto io receuo ordine dala S.ra Donna olimpia di
io receuo ordine dala S.ra Donna olimpia di recitare in gracia sua, e
questo
e broio che ha fato fare l’Angela perche la detta
tanto più che il dottore per essere a l’ombra del patrone me a fatto
questo
che se non fusse me farebbe li ponti d’oro per ri
oseno fare el lor uiagio per le lor case caso che fuseno esclusi ; di
questo
io ne suplico con ogni Umilta posibile il Sere.mo
r di dio Sig.r Don Cornelio la me ne sia protetore acio io non receua
questo
danno che li prometto da uero seruitore che mio s
ua di V. S. la prego a esermi mezano acio io non resti mortificata da
questo
mal omo contra ala mia inocenza che piu tosto con
erò me remetto alla benignità de S. A. che sò che non uorà comportare
questo
danno alla mia povera casa : Scriuendo à mio soce
uerità, antiuedo li disgusti che receuera la prima donna che uera da
questo
bon homo di già sento a buccinare molte cosse li
ζειν banchettare. Ma il diletto che sebbene grossolano recava a tutti
questo
spettacolo, mosse alcuni comici sagaci a migliora
e’ poemi eroici di Omero, vollero anch’essi giovarsi delle fatiche di
questo
gran padre della poesia, e presero ad imitare l’a
co era di Mitilene, e rinunziò alla patria per dirsi Ateniese. Lasciò
questo
comico dieci favole, una delle quali s’intitolava
ondo l’interprete di Aristofane nell’argomento del Pluto, contese con
questo
comico riputato nel quarto anno dell’olimpiade XC
quale i comici e gli spettatori erano membri della sovranità. Osò per
questo
un poema così straordinario internarsi impunement
uenza di moral corruzione, mirò senza orrore il fiele che sgorgava da
questo
fonte; si compiacque della indecenza che vi regna
conseguenza per vivacità. E se il nostro dottissimo Gravina avesse da
questo
punto riguardata la commedia Italiana del cinquec
Rapin diede al Moliere una lode immaginaria, allorchè affermò che fu
questo
celebre Francese il primo a far ridere con ritrat
gli sconcerti privati. Un Ferrarese discolpa i Rettori: Che san di
questo
li rettori? credi tu Che intendano ogni cosa?
e forse di que’ medesimi rettori. Non meno penetrante è il colpo che
questo
satirico di Lizio dà a’ giudici, che oggi forse n
er lo stile e più naturale di quella della galera del Moliere, perchè
questo
comico Francese la trasse da altri comici, ed Ari
e in pegno. Fazio ch’è il padre di Licinia amata da Flavio, arriva in
questo
punto, ode il contrasto, si frappone, e per mette
e di un giovine trovato in casa di una fanciulla onorata, ma non per
questo
produce risentimento veruno di funeste conseguenz
. Cint. Te ne fai beffe? e ti par di udir favole? Or che dirai di
questo
, che invisibile Va a suo piacere? Tem. Invisi
razioni de’ costumi e delle maniere ed all’epoche de’ loro abusi. Per
questo
aspetto mirava Platone le Nubi, quando inviò tal
i, e capaci di esercitare la furberia de’ servi. Pongasi da parte che
questo
maestro di poetica ciò scrivendo non si ricordò d
di quest’ intrighi e di questa furberia servile. Osserviamo solo che
questo
principio è fabbricato sulla rena. Le commedie da
aggior parte del secolo XVI. Ora per verificare il principio posto da
questo
autore che ha dato al teatro la Cleopatra, bisogn
lettura di tali commedie, rimanga priva di tante bellezze comiche. Or
questo
furbo così trincato si ha prefisso, giusta le sue
raccomando Fazio, La mia Lavinia. Fermiamoci qualche istante in
questo
punto dell’azione. Se non è questa la forza (vis)
fosse mancata a Terenzio. Ma è troppo noto che il pregio maggiore di
questo
Cartaginese fu appunto il sapere disviluppare i c
cipalmente quella dell’Ariosto114. Si novera tralle prime commedie di
questo
secolo la Calan dra del cardinal Bernardo Dovizio
n Dio, e l’ uomo ritorna vivo. E stà sicuro, Calandro mio, che chi fa
questo
, non è mai morto . . . . Calandro contentissimo
a far co’ savj! chi avria mai imparato a morir sì bene come ha fatto
questo
valentuomo, il quale muore di fuora eccellentemen
di drento muore, non sentirà cosa che io gli faccia, e conoscerollo a
questo
. Zas: bene. Zas: benissimo. Zas: ottimo. Calandro
e voi non ridete, Egli è contento di pagarvi il vino. Nè vano è
questo
vanto della piacevolezza che promette, che ridico
ttatori, le quali a parer mio distruggono l’illusione teatrale sino a
questo
punto mirabilmente sostenuta. Aristofane e Plauto
camente avvenuto in Grecia, è poi seguito anche in Firenze: E volendo
questo
nostro autore l’uno delli due rappresentarvi, ha
di Parigi delle di lui opere che porta la data di Londra del 1768. Se
questo
celebre segretario Fiorentino ignorò il latino li
per quella introdursi. Il medico che stà in osservazione vede entrare
questo
mercatante in casa senza raffigurarlo, si dispera
rima di fondar principj filosofici; mentre le poesie e le commedie di
questo
nostro illustre scrittore s’ impressero in Parigi
vicino all’Ariosto per la commedia di quel tempo egli è senza dubbio
questo
nobile scrittore, il quale nell’elezione poi del
della Sporta, mostra l’intelligenza ed il buon gusto che possedeva in
questo
genere: In essa (egli dice) non si vedranno ricon
di cose che tutto il giorno accaggiono al viver nostro. Con tutto ciò
questo
conoscimento e questa squisitezza di gusto non l’
le: deh uscite fuori, acciocchè i raggi del vostro aspetto illustrino
questo
luogo, come io illustrato da voi veggio ogni cosa
, o per altra che mi vogliate, abbiate ad essere scudo dell’onor mio:
questo
vi basti: ricordatevi di me. Non si possono mai a
i porto. Dem. Questo è il giorno delle maraviglie. Gisip. Oh dio,
questo
è l’anello con che la sposai, e questa è sua lett
m. E questa lettera? Gisip. E’ di sua mano. Dem. O come può star
questo
? lasciatemela leggere. Merita di osservarsi la
uesto? lasciatemela leggere. Merita di osservarsi la naturalezza di
questo
dialogo, in cui non si dice o si risponde cosa ch
erata, che io prometto a voi di restituirlo. Gisip. Oh che dolore è
questo
! Dem. (leggendo) E quando questo non vogliate fa
stituirlo. Gisip. Oh che dolore è questo! Dem. (leggendo) E quando
questo
non vogliate fare, mi basterà solamente di morire
lla libertà vostra, vi rimando l’anello del nostro maritaggio. Nè per
questo
si scemerà punto dell’amor che io vi porto. State
tte in versi e collo spirito d’arguzia che domina ne’ componimenti di
questo
famoso cieco d’Adria. Di Cornelio Lanci si hanno
a notizia della di lei morte. In mezzo all’allegrezza di vederla viva
questo
suo amante chiamato Aristide è conosciuto ed arre
e di pericoli grandi eccede i limiti della vera poesia comica, e per
questo
capo è assai difettosa. Essa par tessuta alla fog
a politezza e la libertà stessa, meritava un poco più di diligenza da
questo
scrittore. E che direbbe egli se si volesse dare
hon avesse avuta più pratica della storia letteraria, avrebbe evitato
questo
ed altri simili errori, i quali per se stessi leg
itazione di quelli dell’antico poeta Spagnuolo Giovanni di Mena, come
questo
Non nocque a lei l’esser cotanto bella, Un
la, Un non ignobile letterato di Parma nel 1780 ha voluto rinnovar
questo
metro ne’ suoi Treoboli commedia o traduzione acc
eggio . Or questa è l’opera musicale, a giudizio di tutta l’Europa; e
questo
lavoro nella nostra lingua non s’inventò prima de
ngua non s’inventò prima degli ultimi tre anni del Cinquecento. Fu di
questo
parere ancora il dottissimo prelodato Algarotti n
Aretusa, tuttochè così diligente si fusse mostrato in quanto riguarda
questo
scrittore. Appartiene ancora al Rinuccini la Masc
e ne’ giusti principii di ragionare, sogliono rimproverare all’Italia
questo
genere difettoso a lor parere che manda a morir g
armonia duello, E cantando s’azzuffa e muor cantando. Credo però che
questo
nostro pregevole letterato abbia voluto biasimare
verisimile del natural colorito . Da certi pensatori oltramontani in
questo
secolo chiamato filosofico si è tentato di annien
llace. Ma sottilizzino pure a loro posta per confinar la drammatica a
questo
vero immaginario, che essi dureranno la vana fati
trova? E di ciò contento, non si sovviene della musica che accompagna
questo
sentimento. Se ne sovviene veramente lo spettator
rande) nessun essere ragionevole penserebbe a cantar neppur sognando
questo
sentimento, che è una massima fredda . Ma egli fo
il maestro di musica che ragiona dritto, saprebbe coll’armonia animar
questo
pensiero marziale, imitar l’impeto raffrenato del
n quella reggia in presenza di Alfonso duca di Calabria nel 1489a. In
questo
secolo ancora, e propriamente nel 1489b, da Bergo
propria. Un’altra tragedia latina sulla Passione di Cristo compose in
questo
secolo Berardino Campagna dedicata dall’autore al
Ma non composero gl’Italiani altro che farse e componimenti latini in
questo
secolo? Non ne scrissero alcuno in volgare, che l
e la mutazione de’ primi tre atti, accennandovisi eziandio il monte,
questo
monte gira intorno , ovvero cangiarsi il teatro i
sto monte gira intorno , ovvero cangiarsi il teatro in una foresta su
questo
monte destinata dalle Baccanti alla celebrazione
lo dolore risolve di non mai più innammorarsi di donna veruna; ed era
questo
un sentimento naturale per la disperazione in cui
a a somiglianza de’ verseggiatori estemporanei impazienti di lima. Ma
questo
difetto e qualche altro che possa notarsi in ques
ienti di lima. Ma questo difetto e qualche altro che possa notarsi in
questo
dramma, faranno si che ne venga a perdere la natu
gari leggonsi nelle rime del Notturno poeta napoletano appartenente a
questo
periodo. S’intitola la prima Tragedia del maximo
in Roma ed in Ferrara. In Milano il duca Ludovico Sforza fe aprire in
questo
secolo un magnifico teatro, di cui si parla in un
que di gennajo del mentovato anno, secondo l’antico diario ferrarese,
questo
splendido duca fe rappresentare in un gran teatro
ne fece nel 1500 una seconda edizionea. Non ci curiamo di riferire a
questo
secolo le due commedie italiane di Giovanni di Fi
mi indubitati pezzi teatrali in lingua volgare (giacchè è piaciuto a
questo
letterato, altro non potendo, ricorrere a questo
giacchè è piaciuto a questo letterato, altro non potendo, ricorrere a
questo
asilo) nè solo coll’Orfeo, ma con altri drammi ez
stampi d’ eternitade il calle, ond’ oggi avvampi d’ immortal luce in
questo
mar d’ affanni. E me beata, che dal tuo bel lume
rò al Cav. Marino il presente madrigale : « Bronzin, mentre ritraggi
questo
fior di beltà, beltà gentile, che co’ detti, e co
r di Cintio, invero con grandissimo suo obrobrio. Udrà V. S. sopra di
questo
cento ottave e quaranta sonetti del Cavalier Mari
ciò che le capitino alle mani. Mi farà favore di parlar di costei con
questo
S.re Ambasciatore, che udrà cose scelleratissime.
l’ harieno impiantata s’ io non giungeva a Torino. Io per sopportare
questo
humoraccio faccio quanto posso, ma credo che non
tutti odiata ; in grazia me ne avvisi ch’ io le giuro che se ottengo
questo
, che allora soffrirò più di core, sapendo ch’ io
atori e corteggiatori e…. qualcosellina più, della Signora Cecchini :
questo
dev’ essere stato il pernio su cui s’ aggiravan d
ul conto di un così rimarchevole personaggio ? È possibile, dico, che
questo
amante della Cecchini, annunciato dalla Andreini
i Conjugi Andreini. In genere le poesie non sono la più bella cosa di
questo
mondo : meschinissimi poi i sei sonetti probabilm
i punzecchiare gli Andreini direttamente o indirettamente, scrive, su
questo
proposito, al Duca da Milano il 1620. Sereniss.ma
un incendio così grave in compagnia che ci è impossibile il vivere in
questo
travaglio. Io lo voglio dire, se ben aveva pensat
rno, et questa sgratiatuzza ride et gode sott’ occhio havendo ridotto
questo
negotio con una tal volpagine che l’istessa Flori
fuori de’ suoi interessi non capisce altra cosa. Orsù non parliamo di
questo
che la materia c’ è amplissima. Io replico a V. A
o ormai ridotto a rovina e a precipicio. Mi fano parlare che io resti
questo
verno a Milano, et perchè non mi pare giusto, et
egio avversario, aggiunge paurosamente : sopratutto non si tratti che
questo
avviso venga da me che pur troppo sarà sospettato
a si spazia entro le famiglie private; ed è chiamata Cittadina. Non è
questo
un dramma da gareggiar punto colla grande e vera
o e Drixa, e de’ pedanti Grafio, Como e Bertillo giornalista, sarebbe
questo
dramma il modello di tale specie di tragedia. Sot
a rappresentazione, e si obbliò. Il prenominato Lemercier pubblicò in
questo
genere varii drammi che la Francia ha chiamati pe
ragico. Sedaine, Falbaire, Mercier (diverso da Lemercier) coltivarono
questo
genere comico lugubre con felicità in alcuni comp
Saint-Albin, la cui passione è ritratta con ottimi colori. Ecco come
questo
innamorato si esprime con naturalezza e calore:
songe à s’èloigner, et si elle s’èloigne, je suis perdu. È ben vago
questo
pronome elle posto prima di nominar Sofia ad imit
colori teatrali, di piacevolezze, e di tratti satirici. Ad accreditar
questo
genere che si allontana da’ tristi eccessi del co
no gli amanti. In somma i movimenti, le parole, il silenzio stesso in
questo
punto dell’azione, è quanto può dipingersi di più
rina intempestiva impertinente. Del resto simil difetto è generale in
questo
romanzo in dialogo. Chi può soffrire Melibea, che
. Se gli scrittori di quella penisola avessero seguito le vestigia di
questo
autore quanto alla regolarità, adattandosi però a
di Leone X; ma Cervantes fanciullo lo vide rappresentare. Trovansi di
questo
commediante due Colloquii pastorali e quattro pic
la lasciò su questa sbraciata del Nasarre: » Non sarebbe stato forse
questo
erudito Bibliotecario Matritense indotto dal foll
triotti possessori delle miniere Americane sufficiente sostentamento;
questo
rinomato castigliano a’ suoi di negletto schernit
egli con gran senno ragionò sulle commedie della propria nazione. Ma
questo
argomento perde ogni vigore al riflettersi ch’egl
le a gran torto avvilire il merito di Lope. Egli si scatena contro di
questo
poeta come il primo corruttore del teatro, e la c
mejor decir la interpretacion comica de las Sacradas Escrituras . Ma
questo
è incominciar dalla morte di Meleagro e dagli ele
ttore nazionale prima di me mi ha sugerito nè cosa più ragionevole nè
questo
che io ho indicato a. Ma passiamo agli altri dram
Cid, che io vidi di tempo in tempo sulle scene. Probabilmente sarebbe
questo
scrittore rimasto confuso tralla turba de’ dramma
econda favola De las Mocedades del Cid, la quale impropriamente portò
questo
titolo, sì perchè vi s’introduce il Cid già vecch
o nè si tratta delle di lui imprese giovanili, sì perchè le azioni di
questo
componimento si aggirano sulle fraterne contese d
l nominarlo la curiosità di sapere dove mai si trovino le tragedie di
questo
Vasco, e se furono impresse ovvero rimasero inedi
alcune tragedie di Assalone, Ammone, Saule e Gionata. Il carattere di
questo
Tanco fa sì che senza molto esitare si ripongano
nfiezza dimostrano la di lui vanitàa. Si sapesse almeno quando nacque
questo
Tanco? S’ignora affatto. Solo ne sappiamo che viv
non vi è specie che ripugni all’esser nato Vasco nel 1500 a; ed in
questo
veramente erroneo raziocinio fu il signor Montian
giacchè l’ha copiata nella sua Nise lastimosa. Amendue le tragedie di
questo
Galiziano mancano di azione e d’intrigo: abbondan
ella sua Castro, e prendendo aspra vendetta degli uccisori di lei. Ma
questo
componimento poco merita il nome di tragedia. Anc
ano a suo confronto ha troppo gran peso, tra perchè ne’ suoi Discorsi
questo
spagnuolo mostrò saviezza, intelligenza e sobriet
Nunzio, e si deprime in bocca di Alessandra e di Acoreo ecc. ecc. Da
questo
racconto giustificato dalla ragione, da’ fatti e
e cinquecento cinque appunto Di spagnuolo in idioma italiano E’ stato
questo
opuscolo transunto Da me Alfonso Ordoñez nato Isp
cci le piume involate a’ nobili augelli. a. Delle favole sceniche di
questo
gesuita favellò con somma lode Antonio Possevino.
arii, e l’autore della presente Istoria il suo antico verace amico in
questo
valentuomo nativo dì Marzano in provincia di Terr
li Enciclopedisti, ed altri Francesi ed Italiani danno erroneamente a
questo
poeta il nome di Lopez” voce che in Ispagna espri
Ognuno che sappia la storia teatrale, vedrà che ei s’inganna anche in
questo
. E donde ricavò egli tal supposizione? Ed in qual
agnuola? Or che puerilità affastella egli in quattro pagine intere su
questo
punto? Bisognerebbe essere impastato, com’egli è,
ul finir del terzo lustro del secolo XVIII instituita da Filippo V. E
questo
è uno de’ tre enormissimi errori di lingua spagnu
a degli Atti Sacramentali che quì si narra. Egli dice (ed in ordine è
questo
il secondo grave errore di cui mi riprende) che è
dico nel testo con più parole, non era allora stato da me indicato? E
questo
che io ne dissi e ne dico, si scrisse da altri in
Mi getta sul viso una collezione di dodici autos con sus loas (che in
questo
luogo significano introduzioni drammatiche, cioè
esentare in una terra dalla comica Compagnia di Angulo el malo. Bastò
questo
all’acuto Huerta per arzigogolare ed asserire qu
. Nel suo Discorso II sopra le tragedie. a. Il ridicolo manifesto di
questo
sogno creduto storia dal Lampillas (e quel che è
i & anfiteatri . . . . . . non però non ho mai veduto il simile a
questo
159. Esistevano intanto in Grecia i già mentovati
ttà eretta nel regno di Valenza sulle ceneri dell’antica Sagunto. Era
questo
teatro capace di circa novemila persone, secondo
ro Gravina, nella lettera scrittane a Monsignor Zondadari. E alluse a
questo
teatro e ad altre antichità di Murviedro il poeta
ine dell’antica città di Tarteso (differente da Cadice che pure portò
questo
nome) detta da’ Greci Carteia. Tralle antichità d
i obbligato a rimediarvi col minorarne la mercede168. Nè conseguì per
questo
di scemarne il numero, anzi a tal segno esso creb
ano lo flagellava174. Si sa per quali infami vie ottenne il favore di
questo
medesimo imperadore un altro famoso attore tragic
atri, e le ricchezze e gli onori prostituiti agli strioni, debbesi da
questo
tempo contare il vuoto della storia teatrale, per
ina lingue domi. E forse era una spezie di mimo il componimento di
questo
Paolo intitolato Delirus mentovato nella lettera
ze mimiche nel barlume che vi fe rilucere Carlo Magno187. Non empiono
questo
gran vuoto nè le musiche, i balli e i travestimen
lie e con una mima che egli amava192. Si pretende anche trasportare a
questo
medesimo secolo XII un informe abbozzo di dramma
one di Nasarre, la cui solidità si è già notata. Da quanto abbiamo in
questo
capo osservato, si deduce che il principio del vu
i Aristofane, e le favole de i di lui figliuoli, vennero ad illustrar
questo
genere gli Apollodori, l’uno e l’altro Filemone,
una introduzione fatta da Mosè, e in un dialogo pieno di dignità fra
questo
legislatore e capo degli Ebrei e la Divinità nel
ta nel VII libro delle Famigliari di Cicerone. 165. Vedasi intorno a
questo
teatro la lettera VIII del tomo IV del Viage de E
ati stampato in Pisa ci fecero sapere nel volume pubblicato nel 1779,
questo
Delirus vien chiamato commedia da M. Roubo nel tr
costrutto in casa del medesimo Ausonio. Noi sinora non abbiamo veduto
questo
trattato per accertarcene su i frammenti istorici
i fastidio, esaminate da voi stesso, giacchè avete voluto mettervi in
questo
gineprajo; nè sperate molto negli sforzi Logici e
fu la cagione della deformità del Teatro del seguente secolo (che di
questo
parla il Gravina, e non già del XVI. come voi cre
parla il Gravina, e non già del XVI. come voi credeste)? Al contrario
questo
Scrittore afferma che il Teatro si deturpò del tu
buisce alla immoderata licenza la principale deformità del Teatro. Or
questo
non è tutto l’opposto di quanto Voi asserite, e p
è tutto l’opposto di quanto Voi asserite, e pretendete fortificar con
questo
passo? Io quì vedo un manifesto decreto di conden
perciò satireggiavano con franchezza. Or chi si offende con osservar
questo
fatto? Ben si può lagnare del Signor Lampillas l’
andasse degenerando. Questo tempo durò sino alla fine del secolo. E’
questo
un sommario sincero della Storia scenica del pass
enze occupò a quei tempi talmente gl’ingegni Italiani, che neglessero
questo
piacevole esercizio della Poesia Scenica. Le arle
ne? E questa è la matronal decenza esaltata dall’Apologista? Ma non è
questo
solo lo scandalo contagioso delle Commedie di que
rano una fierezza che in vece di amore infonde spavento, ma da poi da
questo
estremo passano, per mezzo della gelosia, all’alt
e per gli studj severi che avrà coltivati, si sarà ben poco mirato in
questo
specchio, in cui la sua gentil Dama non fa la mig
! Ma è veramente per lo meglio, che non si legga. Riflettete poi, che
questo
è un puro effetto di esercizio, e di vivacità non
Commedie da non perire giammai. Io credo, che più che ogni altra cosa
questo
genio di precipitazione nel comporre facesse cred
l Mondo, cioè i costumi, i caratteri, e le passioni degli uomini (che
questo
vuol dir Mondo, Signor Lampillas, e non già, come
egli artificj comici che più sogliono risvegliare gli Spettatori (che
questo
vuol dir Teatro); ed a questi due Libri Mondo e T
ro di componimenti Comici, che formano la raccolta del suo Teatro. Or
questo
Teatro, che mai ha di comune con quello di Lope?
che ad imitazione di Lope egli conculcasse le regole ragionevoli; che
questo
sarebbe uno de’ vostri farfalloni madornali. Fin
n ciascuna nazione un Popolo, anzi che una ristretta brigata? Intanto
questo
Popolo non è mica il vostro diletto Volgo, Signor
Popolo non è mica il vostro diletto Volgo, Signor Lampillas mio. E a
questo
Popolo rischiarato non fia gloria il piacere? In
rca la Poesia Rappresentativa? Oh Amico, su tal punto questa Plebe, e
questo
Popolo polito e colto sono più uniti di quel che
lo stile, che è il sale che mantiene incorruttibili i componimenti. E
questo
sale, quest’arte, queste bellezze faranno, che gl
ali componimenti che si scrissero nella Caverna di Salamina. Or non è
questo
il vero scopo, a cui dee aspirare il Poeta Dramma
chi Romani, Plebei, e Megalesi3 aveano luogo gli spettacoli scenici),
questo
proverebbe, che il Popolo Romano talora s’infasti
, e ascoltare i suoi migliori Poeti scenici. Nè anche lo strepito che
questo
Popolo faceva in Teatro, è argomento di mal gusto
viglia non cagionerà a’ suoi Leggitori, per poco che sieno instruiti,
questo
amabile delirio dell’Apologista? I più rinomati P
re le più importanti regole? E dove ha studiate sì pellegrine notizie
questo
Apologista? O per meglio dire, dove ha appresa co
zieri si scostarono dalla semplicità naturale nelle loro Pastorali. E
questo
vuol dire, che nulla curarono di osservare le più
e rimasero convinti Lope, Cervantes, Virues, Castro, Calderòn &c.
questo
proverebbe, che nel secolo XVI. gl’Italiani trasg
ci fa camminar sicuri ed a chiusi occhi su quanto egli asserisce. In
questo
medesimo passo ei dice: “Nelle Commedie Sacre Spa
e altra ancora, che ve ne fosse, può fare giustamente affermare esser
questo
il gusto Scenico nazionale in Italia? Io assicuro
rimo a introdurre l’amore nella Tragedia con decenza e delicatezza. E
questo
parmi troppo vero; perchè prima sul Teatro France
offendere il pudore della nazione. Aggiunse a ciò il Signorelli, che
questo
sarebbe bastato a Racine per essere applaudito ne
la Corte di Luigi XIV. piena di amoreggiamenti e di galanteria. Tutto
questo
, non so perchè (certamente per qualche motivo apo
on è possibile, che in quella Corte l’amore fosse tutto Platonico”. E
questo
ha che fare nulla con quel che io dico? E quando
no riproduzioni, realiste, a volte eccessive. Ogni suo sforzo tende a
questo
: ad esser più efficace, più vera….. Un particol
. I suoi nervi li scuote troppo e se ne risente. Le sue lettere dicon
questo
spesso, che recitare è per lei una gran gioja, ma
uale, colta, riuscì a comprendere il vero e, nell’ estrinsecazione di
questo
, rivelò tutte le virtù in un solo difetto che non
CAPO XII. Teatro di Aristofane. La poesia di
questo
comico vivace, animata, fantastica, faceta, e al
ono apprendere e ritenere, per sovvenirsene nelle loro decisioni, che
questo
Aristofane era un Ateniese, e che fioriva sul pri
damento della favola; or che perciò? qual convenienza, qual regola in
questo
si trasgredisce? Non sempre il titolo indica un i
addita la guisa. Bisogna (dice) mettere tutti i beni in commune, e da
questo
fondo della nazione prendere il sostentamento di
altro per bisogno sia costretto a servire. Vita commune, uguaglianza;
questo
è il mio progetto… Tutte le cose adunque terra, a
ncora che non si conosceranno i figliuoli di ciascuno. Ma qual pro da
questo
? dice Prassagora. Così i vecchi passeranno per pa
Euripide allora vivente contro le accuse delle donne satireggiate da
questo
tragico che in tal favola a tutto potere vien mot
one in iscompiglio. Chi sarà mai? vanno dicendosi le donne. Dove sarà
questo
vecchiaccio disgraziato? È costei? È quell’altra?
più tu allatti questa fanciulla, se non sono lasciato in libertà; con
questo
ferro le taglierò le vene, farò che ne sgorghi tu
za e intemperanza donnesca. Quello che rende più satirico e piacevole
questo
colpo teatrale, è che l’azione si rappresenta nel
a della finta Andromeda. Ma Euripide ritorna in forma di Perseo; e da
questo
nuovo travestimento nasce un nuovo passaggio trag
ce che in leggendo l’Andromeda di Euripide erasi invogliato di trarre
questo
tragico dall’inferno ed averlo seco. E che vuoi
e condurlo meco. Erc. Ed Agatone dove egli è ito? Bac. Mi ha lasciato
questo
poetino tanto desiderato dagli amici. Erc. In che
tte per ispaventarlo; ma egli è bravo, non conosce timore. Curiosa in
questo
luogo è la descrizione dell’Empusa, ossia della F
o, e per sapere quale di essi due è il ladro e quale Ercole, immagina
questo
espediente: colui che soffrirà le bastonate senza
ù nobili di quelli che communemente usiamo; dovecchè tu, distruggendo
questo
bel ritrovato, gli hai abbigliati triviálmente.
petto si tratta da gentiluomo e si carica di debiti e di angustie. Da
questo
matrimonio disuguale cominciarono a buon’ora le d
ue ci accordammo nel dirlo Fidippide. Ella di poi toglieva in braccio
questo
figliuolo, e accarezzandolo diceva: E quando, o c
ili per aggirare l’ignorante Strepsiade, affinchè degnino mostrarsi a
questo
nuovo discepolo. Odesi qui il canto del Coro dell
tempio, la cima della rocca Ateniese, e le quercie . Strep. E perchè
questo
? le quercie forse giurano sul falso? Socr. Abbi p
eduto nella Pace, ma egli stesso si caccia avanti a favellar di se. È
questo
l’equivalente di un vero prologo che i Latini pre
frumento sono stato burlato di mezzo stajo. Socr. Non ti parlo io di
questo
ma di misure metriche. Dimmi quale stimi tu migli
Socrate carissimo, ho trovato il modo di non pagare. Socr. E quale è
questo
? Strep. Dimmi un poco. Socr. Che mai? Strep. Se i
cavillazioni e le risposte furbesche che dà il figliuolo. Si noti che
questo
Fidippide baldo, trincato, calunniatore, è divers
ola di un falso filosofo. Egli fa trapelare ancora che per l’avvenire
questo
sfacciato andrà più oltre. Entrato il padre ed il
unque discacciato ancor quest’altro. Il Coro riflette alla malizia di
questo
vecchio, ed al figliuolo divenuto sommamente dest
ol tuo abominevole maestro nel baratro infernale. O Nuvole, o Nuvole!
questo
mi avviene per voi. No (riprendono le Nuvole)
l più virtuoso degli uomini allora viventi. Detestabile adunque è per
questo
il Comico. Ma travede l’eruditissimo Nisieli nel
fare scorrerie in aria e ad intimar guerra a Giove. Cattivo esordio è
questo
certamente per cominciar gli Esercizii Spirituali
e piacevole coll’imitazione del canto di varii uccelli. Si trovano in
questo
Coro ed anche in una scena precedente di Epope al
a sarò scoperto da Giove. Ma affinchè io possa tutto narrarti, prendi
questo
parasole, e tienlo sopra di me sì che io non sia
moda, cioè d’incolpare per ogni poco le persone di tirannia. Trovasi
questo
passo tradotto dal chiarissimo Cesarottia. Fra n
ne’ porti, nel consiglio, nell’esercito. In qual modo avverrà tutto
questo
(domanda Agoracrito) se io non sono che un vendi
da Agoracrito) se io non sono che un venditor di salcicce? Giusto per
questo
tu diverrai grande , risponde Demostene. Ma io (
musica ogni bell’ arte, appena so leggere. Baje (replica Demostene);
questo
è il tuo vero merito l’essere odioso, vile, ignor
pure sarà siffattamente imitato, che verrà tosto conosciuto, essendo
questo
teatro pieno di spettatori savii e sagici. Ora i
Coro si trattiene a favellare del poeta. Degno di lode (ei dice) è
questo
nostro al pari de’ poeti antichi, perchè egli abb
e a torto Da costui son battuto. Pop. Da costui son battuto.E perchè
questo
? Cle. Perchè ti sono spasimato amante, Perchè ti
, io ti arreco Un buon guanciale sprimacciato, adagiati Bellamente su
questo
, onde non abbia A logorar le Salaminie natiche. P
Chi sei tu valent’uomo? Or se’ tu forse Della schiatta di Armodio? Ah
questo
al certo Fu un atto generoso e democratico. Cle.
i essere, piaggiati, e facili a prendersi colle lodi esagerate. Trovo
questo
squarcio anche tradotto bellamente dal Cesarotti:
col favore di Pluto è uscito di miseria, l’ha abbandonata. Viene poi
questo
medesimo giovine, il quale in veder la sua vecchi
tà. Plutarco, Eliano ed altri antichi si vendicarono col disprezzo di
questo
maligno persecutor di Socrate, e al lor parere si
to nelle materie poetiche e nella lingua greca versa a piena bocca su
questo
comico le sue lodi per la verità e naturalezza de
tesse a un cittadino. Il gran Re (cioè il Re di Persia) domandando di
questo
poeta agli ambasciadori Spartani e de’ soggetti o
maniera di scrivere sullo stile elegante polito dolce e armonioso di
questo
poeta, e se n’era talmente invaghito che onorò un
tua figlia adelaide | che amavi tanto e che sì presto ti ha perduto |
questo
monumento | debole segno d’incancellabile affetto
a ai vivi il 26 maggio 1874 | i suoi desolatissimi figli | inalzavano
questo
monumento | tributo di lagrime e di dolore. L
tto comico da Suida, ma da Ateneo si citano l’Eroine e la Baccante di
questo
drammatico come favole tragiche. Corsero intorno
te, il Penteo sono nomi di alcune favole Tespiane. Appartiene a Tespi
questo
frammento rapportato e tradotto da Grozio45: V
cciarlo da parte dello stesso Giove di più atroci pene, se non palesa
questo
nuovo successore. Traspare in Prometeo una grande
ibile ai mali de’ popoli sacrificati agli usurpatori del trono. Tutto
questo
rende in certo modo sopportabile il gran parricid
dalle querele del coro de’ vecchi Persi, forma una delle bellezze di
questo
dramma. L’atto IV, in cui comparisce l’Ombra di D
e in conseguenza di commuovere e piacere (Nota VI). Discordi pure da
questo
avviso chiunque si senta rapire dall’autorità de’
, della Morte ecc. Di grazia in che mai essi discordano da Eschilo su
questo
punto? Eschilo trasportato una volta dal proprio
io monco, inteneri i giudici, ed il colpevole ottenne il perdono. Per
questo
rigore usato seco Eschilo si disgustò di Arene su
no ad applaudirsi le tragedie del giovane Sofocle. La prima volta che
questo
nuovo tragico, contando anni ventotto di età, pro
trionfi poetici da lui riportati al vedersi vinto al primo saggio di
questo
novizio soldato! Egli prese il partito di allonta
in oltre che quando Eschilo si ritirò alla corte di Jerone, trovasse
questo
re occupato in riedificare l’antica città di Cata
incurabili moderni appena basta per ingannar se stessi sul merito di
questo
capo d’opera, e per supporre la tragedia ancora a
l dottissimo Brumoy desiderava nella per altro elegante traduzione di
questo
passo fatta da Niccolò Boileau. Lacera finalmente
erimonie praticate ne’ sacrificj che facevansi all’eumenidi, affinchè
questo
forestiere e le di lui figlie rifuggite al loro t
rebbe anche al confronto di Eschilo per cagione della vivacità che in
questo
è maggiore; ma quella immaginata da Euripide la s
tte d’irregolarità e qualche accidentale espressione poco pensata. E’
questo
il fuoco elettrico rinchiuso nelle loro opere, il
arte di farlo scappar fuori. Io compiango coloro che ne giudicano con
questo
entimema, le nostre principesse non fanno così, d
tragico Greco. Se Agamennone dovea piegarsi e cangiar consiglio, per
questo
bellissimo discorso il dovea, nel quale la figliu
he a lei sopravvenne e si contrappose al primo terror della morte. Or
questo
salva il poeta dalla pedantesca censura dell’ineg
suoi più cari. Finalmente con somma perizia de’ moti del cuore umano
questo
grande ingegno mostra l’immenso dolore del padre
onore di Diana nella sua disgrazia. Non si vede però allora eseguito
questo
canto, e pare che vi manchi il coro. In tal caso
ll’atto quinto, Celebriamo le lodi di Febo e di Diana. Or non sarebbe
questo
il finale di un atto? Allora potrebbe la tragedia
tutamente Teoclimene che n’era innamorato. Per la disposizione sembra
questo
dramma gettato nella stampa dell’Ifigenia in Taur
Di me stessa ho rossor: coprimi, dico, Nascondi agli occhi altrui
questo
che il volto M’inonda e bagna involontario pian
eco a me sembra assai più internato nella verità dell’orribil caso. E
questo
ci addita lo spirito de’ Greci ognora intento a c
e volta, qualche volta ozioso nel poeta Francese!” Termina Le Batteux
questo
giudizioso eccellente parallelo con attribuire al
giardini di Alcinoo secondo il gusto di quelli di Versailles, perchè
questo
formidabile Gradasso non tratta con maggior genti
ben freddi i versi da’ quali comincia il terzetto, Dunque è ver? o
questo
è inganno. A un furor da baccante che trasport
he trasporta Ecuba fuori di se, far succedere un dubbio sul fatto? Ma
questo
dubbio corrisponde al senso ed alla lettera dell’
ede una strage inopinata, incredibile, tutta nuova. Or perchè cambiar
questo
pensiero in peggio? Non crederei che il Sig. Matt
io non hanno luogo se non conosciuta perfettamente la sventura. Ma in
questo
squarcio che si è voluto convertire in terzetto,
aca, ma già moglie di Pirro, che teme per la vita di Molosso avuto da
questo
secondo matrimonio. Oggi desta più compassione il
Nel seno mio, quale augellin rifugge Sotto l’ali materne? Ahi non è
questo
Più un asilo per te. Morì già Ettorre, Nè dal
di lui tragedie, quanto alle molte espressioni del Reso famigliari a
questo
tragico. L’argomento è lo strattagemma di Ulisse
gico. L’argomento è lo strattagemma di Ulisse che con Diomede ammazza
questo
re di Grecia nel campo Trojano. Nell’atto quarto
i, ed ora ad ingrandirli, ora ad immaginarseli, in tal guisa parla di
questo
dramma: Negli Eraclidi l’ambasciator di Euristeo
iere a versare il sangue di una propria figlia. Ode nell’atto secondo
questo
nuovo sconcerto la vergine Macaria figliuola di E
conduceva al Pireo. Sofocle che ad Euripide sopravvisse, mentre vivea
questo
suo grand’emulo, compose contro di lui qualche ep
conta che avendole Socrate ascoltate l’insinuò di bruciarle, dicendo:
questo
Platone ha bisogno dell’opera tua, o Vulcano. Pri
ragico diverso dal comico, del quale favelleremo nel capo seguente. A
questo
Alceo tragico da alcuni si attribuisce la favola
erilo seguì Alessandro in Asia e fece alcuni poemi in di lui lode; ma
questo
principe lo stimava sì poco, che soleva dire, che
a il suono della fistula dopo dell’immagine orribile di Argo. 52. In
questo
solo verso vibrato ho chiuso il concetro dell’ori
favole che ci rimangono di questi due tragici. Aristotile così narra
questo
fatto, giusta la versione del Castelvetro P. II,
atino impero. 66. Trattato del Sublime cap. XXVII. 67. In tradurre
questo
passo ho solo posposta l’apostrofe alla luce Ω φω
iò si è attenuto all’ originale l’incomparabile Metastasio traducendo
questo
passo nell’Estratto della Poetica di Aristotile c
ortunio: Il III col quì tradotto Σὺ μεν, ὦ πατρις Ιλιὰς: ed il IV con
questo
Ὀύπω δεδωκας, Non ancor pagasti. A ciò ne ha dete
e si è notato essersi dal Francese tralasciate non poche bellezze. Or
questo
non è trarre la tragedia Greca dalle fasce, o dal
no uso di nuovi ordigni per cattarsi l’attenzione degli spettatori di
questo
tempo, essi fanno gran senno e meritano somma lod
urnal, lib. V. cap. 20. 87. Altrove ne cita un verso, il cui senso è
questo
: bisogna che la fortuna sia ajutata dall’ industr
, rispose bizzarramente : « morì Lavinia e duolmene ; tormento già di
questo
cuore grandissimo, e della borsa. Non poetar più
faccia da prima donna. Io, Sigre, intendendo con mio estremo disgusto
questo
, e sapendo che per essere io il minimo di compagn
lmente, per suplicarla della sua gratia. Quando il Sig.r Fulvio senti
questo
disse e fece ciò che da altri haurà inteso, nè gi
sto di che che si voglia lo si faccia sapere a V. E. ond’io avendo da
questo
preso ardire, e confidatomi nella benignità sua d
la detta Nespola, perchè per nissuna maniera non ci voglio essere, e
questo
nasce da giustissima causa, poichè quest’anno è n
Ma perchè mio marito dice che farrà quello che V. E. li comanderà, da
questo
m’acorgo che à gusto e che desidera di essere con
lei, cioè con Nespola : ma che il Sig.r Flavio non tenga concerto di
questo
con mio marito, perchè ne succederà qualche gran
ciò che avrebbe potuto gettare e con tanto interesse un po’di luce in
questo
buio della nostra scena d’una volta. Come parte i
he l’onda volubile, incostante, ingrato, crudo, e simulato amante. E
questo
monologhino tira avanti di questo passo per 19 pa
grato, crudo, e simulato amante. E questo monologhino tira avanti di
questo
passo per 19 pagine ; e chiude l’atto terzo coi v
evilacqua nel suo elaborato studio su G. B. Andreini. Ma, a dir vero,
questo
monologo di Arianna mi mette un gran dubbio nel c
E se il nostro dottissimo Gian Vincenzo Gravina riguardata avesse da
questo
punto la commedia Italiana del Cinquecento, certa
Rapin diede al Moliere una lode immaginaria, allorchè affermò che fu
questo
celebre autore comico francese il primo a far rid
hon avesse avuta più pratica della storia letteraria, avrebbe evitato
questo
ed altri simili propositi, i quali per se stessi
, gli sconcerti privati. Un Ferrarese discolpa i Rettori: Che san di
questo
li Rettori? Credi tu Che intendano ogni cosa?
e forse di que’ medesimi Rettori. Non meno penetrante è il colpo che
questo
Lizio satirico dà a’ giudici, che oggi forse non
r lo stile, e più naturale di quella della galera del Moliere; perchè
questo
comico Francese la trasse da altri comici, ed Ari
e di un giovine trovato in casa di una fanciulla onorata, ma non per
questo
produce risentimento veruno di funeste conseguenz
nola. Cint. Te ne fai beffe, e ti par di udir favole? Or che dirai di
questo
, che invisibile Va a suo piacere? Tem. Va a suo
razioni de’ costumi e delle maniere ed all’epoche de’ loro abusi. Per
questo
aspetto mirava Platone le Nubi, quando inviò tal
di questi intrighi e di questa furberia servile. Osserviamo solo che
questo
principio è fabbricato sulla rena. Le commedie da
la lettura di tali commedie, rimanga priva di tanti vezzi comici. Or
questo
furbo così trincato si ha prefisso, giusta le sue
vi raccomando, Fazio, La mia Lavinia. Fermiamoci qualche istante in
questo
punto dell’azione. Se non è questa la forza (vis)
fosse mancata a Terenzio. Ma è troppo noto, che il pregio maggiore di
questo
Cartaginese fu appunto il sapere disviluppare i c
rincipalmente quella dell’Ariosto. Si novera tralle prime commedie di
questo
secolo la Calandra del cardinal Berardino Dovizio
on Dio, e l’uomo ritorna vivo. E stà sicuro, Calandro mio, che chi fa
questo
, non è mai morto. Calandro contentissimo pruova
a far co’ savii! Chiavria mai imparato a morir sì bene come ha fatto
questo
valentuomo, il quale muore di fuora eccellentemen
di drento muore, non sentirà cosa che io gli faccia, e conoscerollo a
questo
. Zas: bene. Zas: benissimo. Zas: ottimo. Calandro
Pur se voi non ridete, Egli è contento di pagarvi il vino. Nè vano è
questo
vanto della picevolezza che promette; che ridicol
ttatori, le quali a parer mio distruggono l’illusione teatrale sino a
questo
punto mirabilmente sostenuta. Aristofane e Plauto
amente avvenuto in Grecia, è poi seguito anche in Firenze. E volendo
questo
nostro autore l’uno delli due rappresentarvi, ha
una rara scoperta del secolo XVIII. Guardici però il cielo che ancor
questo
sproposito alcun dì non abbia a venire in moda! O
di Parigi delle di lui opere, ch porta la data di Londra del 1768. Se
questo
celebre Segretario Fiorentino ignorò il latino li
dell’uscio di dietro. Il medico che stà in osservazione, vede entrare
questo
mercatante in casa senza raffigurarlo, si dispera
ima di fondar principii filosofici: mentre le poesie e le commedie di
questo
nostro illustre scrittore s’impressero in Parigi
vicino all’Ariosto per la commedia di quel tempo egli è senza dubbio
questo
nobile scrittore, il quale nell’elezione poi del
i cose che tutto il giorno accaggiono al viver nostro. Con tutto ciò
questo
conoscimento e questa squisitezza di gusto non l’
le: deh uscite fuori, acciocchè i raggi del vostro aspetto illustrino
questo
luogo, come io illustrato da voi veggio ogni cosa
, o per altro che mi vogliate, abbiate ad essere scudo dell’onor mio:
questo
mi basti: ricordatevi di me. Non si possono mai a
che vi porto. Dem. Questo è il giornò delle maraviglie. Gis. Oh dio,
questo
è l’anello con che la sposai, e questa è sua lett
suo. Dem. E questa lettera? Gis. È di sua mano. Dem. Oh come può star
questo
? lasciatemela leggere. Merita di osservarsi la n
questo? lasciatemela leggere. Merita di osservarsi la naturalezza di
questo
dialogo, in cui non si dice o si risponde cosa ch
comperata, che io prometto a voi di restituirlo. Gis. Oh che dolore è
questo
! Dem. leg. E quando questo non vogliate fare, mi
voi di restituirlo. Gis. Oh che dolore è questo! Dem. leg. E quando
questo
non vogliate fare, mi basterà solamente di morire
lla libertà vostra, vi rimando l’anello del nostro maritaggio. Nè per
questo
si scemerà punto dell’amor che io vi porto. State
in versi, e con lo spirito di arguzia che domina ne’ componimenti di
questo
famoso Cieco d’Adria. Di Cornelio Lanci si hanno
a notizia della di lei morte. In mezzo all’allegrezza di vederla viva
questo
suo amante chiamato Aristide è conosciuto ed arre
i pericoli grandi eccede i limiti della poesia comica naturale, e per
questo
capo è assai difettosa. Essa par tessuta alla fog
e caricature e piacevolezze: che quel Liberati, il quale nè nacque in
questo
regno, nè si sa che lo visitò; ed altro di lui no
tazione di quelli del l’antico poeta Spagnuolo Giovanni di Mena, come
questo
, Non nocque a lei l’esser coranta bella. Un non
ella. Un non ignobile letterato di Parma nel 1780 ha voluto rinnovar
questo
metro ne’ suoi Treoboli commedia o traduzione acc
lio, essa non bastò per istabilirvi la vera commedia. Non era al fine
questo
dramma se non una traduzione in parte corretta ne
to imitò anche un’altra commedia italiana detta Gli sdegni amorosi, e
questo
titolo ben può indicare che da tal commedia egli
ella felice arditezza dell’idea, dell’eleganza e purezza dello stile,
questo
bel componimento non piacque la prima volta che s
derono un altro capo d’opera, il famoso Tartuffo. I tre primi atti di
questo
componimento si rappresentarono sin dal 1664, e s
are per una satira della vera pietà e religionea, Mille pregi rendono
questo
dramma l’ornamento più bello della comica poesia
arietà degli oggetti che appagavano i sensi, fe mirare con indulgenza
questo
spettacolo, di cui avea suggerito il piano l’iste
amezzo ballò da Nettuno, e di poi da Apollo; ma fu l’ultima volta che
questo
monarca che si trovava nel trentesimosecondo anno
volmente de’ suoi cortigiani, la qual cosa manifesta il buon gusto di
questo
monarca e la stima che faceva di Moliere. Parigi
edia-ballo l’Ammalato immaginario recitata nel 1673, ultimo frutto di
questo
raro ingegno. Alla quarta rappresentazione che se
appresentazione che se ne fece il di 17 di febbrajo, morì in sua casa
questo
principe della commedia francese, essendovi stato
in tanta copia che si rende poco credibile. Carlo Goldoni introdusse
questo
carattere in una sua favola, facendolo comparire
a sulla finestra di una donna maritata, e poi ricomparisce, dicendo:
questo
è per mortificar la carne . a. Dizionario Criti
Rubini Federico. Non mi è riuscito di veder traccia di
questo
Rubini in Italia. Sappiamo che esordì alla Comedi
l gennajo '63 e del febbrajo '64 da Parigi, si accenna alla moglie di
questo
Federico, Anna, rimasta a Bologna, poverissima, e
Dei balli [4.1] Ma che cosa è finalmente
questo
nostro ballo, dietro al quale va così perduta la
itatrice, dee fare in ogni cosa di non trasgredire. Ma lasciando star
questo
, che nella odierna licenza potrà parere una tropp
imento: ha da essere un compendio sugosissimo di un’azione. [4.3] Su
questo
andare è per esempio il ballo del giocatore compo
mbre ’56, parlando del teatro in cui recitava il Cannelli scrive : A
questo
teatro si vedono e si sentono cose, che non si so
recita davvero ; qualcuno dirà che vi si canta, ma non è vero nemmen
questo
; chi dicesse che vi si urla, vi si strepita, vi
ente ognuno è padrone di andarsene quando più gli aggrada ; ed invero
questo
è il solo mezzo che rimane, quando si è nauseati
celebre Vestri, che divinò in lui l’attore caratterista. In fatti in
questo
ruolo esordì il '47 colla Fusarini, passando poi
ui (il beneficio è più presto scordato) molto male egli fece a sè ; e
questo
il mondo dell’arte non gli ha perdonato. Simile a
sto Rossi (op. cit., 164), come contrapposto alle tante accuse : « In
questo
lasso di tempo furono aggregati alla mia Compagni
li della voce la imitazione era tal volta perfetta. Un po'appunto per
questo
, e molto per la fibra che appariva più tosto debo
e nell’Otello, lasciandogli in quello la parte del Protagonista, e in
questo
la parte di Jago. Incitato a nuovi e severi studj
mpacciano, lo studio non lo prostra, purchè quelli affronti, si dia a
questo
per l’arte sua, nella quale, e ciò forse gli nocq
quella reggia in presenza di Alfonso duca di Calabria nel 148946. In
questo
secolo ancora, e propriamente nel 148947, da Berg
ropria. Un’ altra tragedia latina sulla Passione di Cristo compose in
questo
secolo Bernardino Campagna dedicata dall’autore a
a non composero gl’ Italiani altro che farse e componimenti latini in
questo
secolo? Non ne scrissero alcuno in volgare che lo
re la mutazione de’ primi tre atti, accennandovisi eziandio il monte,
questo
monte gira intorno, ovvero cangiarsi il teatro in
esto monte gira intorno, ovvero cangiarsi il teatro in una foresta su
questo
monte destinata dalle Baccanti alla celebrazione
lo dolore risolve di non mai più innamorarsi d’ alcuna donna; ed era
questo
un natural sentimento nella disperazione in cui s
nsi nelle Rime del Notturno poeta Napoletano, le quali appartengono a
questo
periodo. La prima s’intitola Tragedia dil maximo
in Roma ed in Ferrara. In Milano il duca Ludovico Sforza fe aprire in
questo
secolo un magnifico teatro, di cui si parla in un
nque di gennajo del nominato anno, secondo l’antico diario Ferrarese,
questo
splendido duca fe rappresentare in un gran teatro
ne fece nel 1500 una seconda edizione67. Non ci curiamo di recare in
questo
secolo le due commedie Italiane di Giovanni di Fi
i Napoli, fidando nel codice Estensé citato dal chiar. Tiraboschi. Ma
questo
insigne istorico in una sua cortesissima lettera
e Annotazioni alla Bibliot. Ital. del Fontanini t. I, p. 358. 59. Ma
questo
difetto e qualche altro che possa notarsi in ques
, p. 358. 59. Ma questo difetto e qualche altro che possa notarsi in
questo
dramma, faranno sì che ne venga a perdere la natu
hie, il Bertolotti cita fra gli altri, nella parocchia di S. Stefano,
questo
Ancatoni, spagnuolo, comico di S. A., che sostene
coll’esercizio congiunto a un forte spirito di assimilazione. — Sotto
questo
rispetto, la separazione artistica di Eleonora Du
i non sappiamo : a meno che (le date concorderebber a un dipresso) in
questo
comico non dobbiam ravvisare quel Fabrizio che ne
b’essere qui il Pantalone Ardelio. Bagolino. Chi si nascondesse sotto
questo
importantissimo personaggio non ho potuto trovar
nel mestiere del padre, morto il quale, vagando di paese in paese, or
questo
or quello frecciando, s’ imbattè in una piccola c
al momento della partenza, non trovasse che dire pei debiti fatti con
questo
e con quell’oste. A Livorno (in quaresima del '22
. Abbiamo in molte lettere dell’Archivio di Modena precise notizie di
questo
comico, il quale fu rinomatissimo artista sotto l
a, che serui non per smorzare ma per accendere maggiormente là sete à
questo
Idropico corpo di Compagnia ; Potati che furono à
adron Col.mo il Sig.r Don Alfonso D' Este Franca per Mantoa Modena. A
questo
viaggio di Londra si riferisce l’altra sua letter
i sosteneva la maschera del Brighella. L’annotatore dice di lui : Di
questo
vecchio non si può dir male ; mentre essendo vecc
a Truppa nel voler dar prova del suo costante impegno per ben servire
questo
erudito, e dotto PUBBLICO, ha scelto per detta Se
gno precoce sulle scene del teatro valle i romani ammirando plaudendo
questo
ricordo tenue compenso a tale valore offrivano l’
osito della Caracciolo, dopo un lungo articolo di lodi sperticate : «
questo
registriamo per amore di verità e per rispondere
Fanegotti Isabella, detta Vittoria. Di lei non abbiamo notizia che in
questo
documento inedito, che trovo tra le carte del Mar
Croce (V. Bianchi (De) Ludovico e Bagliani Pietro) l’opera seconda ha
questo
titolo : Aspramonte, Tom. 2 con l’allegorie di Za
pervenire a’ Cornelj, a’ Racini, a’ Metastasj, a’ Maffei, veggansi in
questo
volume con miglior critica e filosofia i passi de
olte latine degl’ Italiani, che lasciarla sola nel teatro Francese di
questo
secolo. Giano Anisio, ossia Giovanni Anisio Napol
risse Giovanni Francesco Stoa. Ma le più pregevoli tragedie latine di
questo
secolo uscirono da Cosenza. Antonio Tilesio celeb
in poi si sono rigettate come impertinenti. Io non debbo dissimulare
questo
neo della tragedia del Tilesio; ma non è giusto p
o; ma non è giusto poi lo spregiarla tanto, come al tri ha fatto, per
questo
episodio. Atto IV. Ammirasi in quest’atto il racc
on difficoltà poi si cangiano i loro sdegni. Martirano così trasporta
questo
concetto: . . . Superba magnorum indoles Regu
incominciando da Κορινϑιαι γυναικες. Martirano risecando quasi tutto
questo
squarcio attende solo alla passione di Medea per
a e sicurezza affermare che per sì maestosa e grave tragedia debbe in
questo
Cosentino raffigurarsi un Sofocle Cristiano; sì s
Sof. I’ non posso far altro, e sono in via. Erm. Alzate il viso a
questo
che vi bacia. Cor. Riguardatelo un poco. Sof.
Olimpico di Vicenza opera del prelodato Palladio, che per la morte di
questo
insigne architetto seguita nel 1586 si terminò da
rima introdotta nel prologo sostituire il personaggio di Venere. Vide
questo
gran letterato che il veleno de’ tragici componim
ronte, e un certo giovane chiamato Flaminio quella di Orbecche. Dovea
questo
medesimo Flaminio rappresentare anche nell’Altile
, de’ Farnesi e di altri principi Italiani, ed anche di Carlo V; ed è
questo
il primo esempio de’ prologhi che servirono di po
lgono con le mani affettuose Negli orti de la lor benivolenza; e
questo
del medesimo atto, Orazio vincitor per la mia
censura del Rapin appoggia in falso. L’altra cosa che non seppe veder
questo
critico Francese, è che i costumi dell’età in cui
e i costumi dell’età in cui s’immagina che abbia dominato nella Gozia
questo
Torrismondo, riescono per gli moderni più verisim
abbia più belle dame? Non all’ordine della Giarrettiera instituito in
questo
tempo in occasione degli amori del nominato Eduar
sangue, Or da le tombe antiche, ove sepolte L’alte regine far di
questo
regno, Uscir gran simulacro e gran rimbonbo Q
spirava, e disse: O mio più che fratello, e più che amato, Esser
questo
non può, che morte adombra Già le mie luci. D
. Tali cose veramente non possono nuocere alle bellezze essenziali di
questo
componimento; perchè presso i veri intelligenti l
oche voci; e poi Ah Calcante crudel! forse Calcante Vi esorta
questo
, e vi minaccia questo? Queste sono esclamazion
Ah Calcante crudel! forse Calcante Vi esorta questo, e vi minaccia
questo
? Queste sono esclamazioni imprudenti che contr
stianatte ad Ecuba e Andromaca; e il Grattarolo l’ha seguito anche in
questo
, benchè per altro il suo racconto a più di un rig
liuolo viene da lui uccisa. Figura il Manfredi ch’ella voglia sposare
questo
suo figliuolo chiamato Nino, il quale da sette an
di due pargoletti chiamati Nino e Semiramide anch’essi. La notizia di
questo
secreto nodo mette la regina in tal furore, che m
trimonio, e ch’oggi Voglio che insiem celebriam le nozze, E che a
questo
non sia risposta o scusa. A Dirce dissi: al mio
isi, e sì compassionevole la situazione di Dirce. Assiste veramente a
questo
racconto l’infelice Nino, ma coll’ interromperlo
e, Dicendo, ah Nino! E’ questa la virtude Onde sì risplendevi? A
questo
modo Si governano i regni? ed egli: Non m
h’or viva incestuoso e parricida? Tu non m’ami sel vuoi: che se per
questo
Morta è mia madre, i miei figliuoli e Dirce,
re due sue tragedie l’Amata e l’Edipo. Era colui suo compare; e forse
questo
titolo gliele fe parere degne di uscire alla luce
se tutto ciò, dico, non contrastasse con tanti pregi che ha, potrebbe
questo
componimento contarsi fra gli eccellenti. Ma quan
musica dovea dirsi che la tragedia moderna non sia tale? E pure anche
questo
ha voluto avanzare a’ giorni nostri l’Avvocato Ma
nsegnò l’architettura all’incomparabile Andrea Palladio. La figura di
questo
teatro non è un semicircolo, ma una semiellissi:
el prospetto tre uscite, e due laterali. Sussiste ancora a’ nostri dì
questo
teatro ben conservato per diletto de’ viaggiatori
avea terminato il teatro Olimpico sul disegno del Palladio. Fu eretto
questo
teatro dall’istesso Vespasiano Gonzaga Duca di Tr
oposito rilevata, non è fuggita al dotto Signor Maffei, ed ha imitato
questo
passo nella Merope: O Ismene, nell’aprir la bo
gli ha voluto dissimulare? Sarebbe a desiderare che la bell’ opera di
questo
Spagnuolo erudito sopra ogni letteratura al pregi
ie degli amanti; in somma le azioni, le parole, il silenzio stesso in
questo
punto dell’azione, è quanto può dipingersi di più
ttrina intempestiva impertinente. Del resto tal difetto è generale in
questo
romanzo drammatico. Chi può soffrire Melibea che
ologisti come antispagnuolo a dispetto della verità e dell’ evidenza,
questo
straniero, io dico, si accinge a rilevare i pregi
di Leone X; ma Cervantes fanciullo lo vide rappresentare. Trovansi di
questo
commediante due Colloquii pastorali e quattro pic
triotti possessori delle miniere Americane sufficiente sostentamento;
questo
rinomato Castigliano a’ suoi dì negletto, scherni
uanto con gran senno ragionò sulle commedie della propria nazione. Ma
questo
argomento perde ogni vigore al riflettersi ch’ eg
le a gran torto avvilire il merito di Lope. Egli si scatena contro di
questo
poeta come il primo corruttore del teatro, e la c
r mejor decir la interpretacion comica de las Sagradas Escrituras. Ma
questo
è incominciar dalla morte di Meleagro e dagli ele
id), che si vede di tempo in tempo sulle scene. Probabilmente sarebbe
questo
scrittore rimasto confuso tralla turba de’ dramma
econda favola de las Mocedades del Cid, la quale impropriamente portò
questo
titolo, sì perchè vi s’introduce il Cid già vecch
l nominarlo la curiosità di sapere dove mai si trovino le tragedie di
questo
Vasco, e se furono impresse ovvero rimasero inedi
alcune tragedie di Assalone, Ammone, Saule e Gionata. Il carattere di
questo
Tanco fa sì che senza molto esitare si ripongano
fiezza dimostrano la di lui vanità50. Si sapesse almeno quando nacque
questo
Tanco? S’ignora affatto. Se ne sa solo che viveva
io mostrò per le millanterie di Vasco, vorrebbe Agostino Montiano con
questo
Tanco di Fregenal contrastare agl’ Italiani l’ an
è non vi è specie che ripugni all’esser nato Vasco nel 1500”51; ed in
questo
veramente erroneo raziocinio fu il Sig. Montiano
giacchè l’ha copiata nella sua Nise lastimosa. Ambedue le tragedie di
questo
Galiziano mancano di azione e d’intrigo: abbondan
della sua Castro, e prendendo aspra vendetta de i di lei uccisori. Ma
questo
componimento poco merita il nome di tragedia. Anc
no al suo confronto ha troppo gran peso, tra perchè ne’ suoi Discorsi
questo
Spagnuolo mostrò saviezza, intelligenza e sobriet
cca del nunzio e si deprime in bocca di Alessandra e di Acoreo ec. Da
questo
racconto giustificato dalla ragione, da’ fatti e
amici) si adornano delle penne altrui. 38. Delle favole sceniche di
questo
gesuita favellò con somma lode Antonio Possevino.
li Enciclopedisti, ed altri Francesi ed Italiani danno erroneamente a
questo
poeta il nome di Lopez, voce che in Ispagna espri
uno che sappia la storia teatrale, vedrà ch’ei s’ inganna eziandio in
questo
. E donde ricavò egli tal supposizione? Ed in qual
agnuola? Or che puerilità affastella egli in quattro pagine intere su
questo
punto? Bisognerebbe aver la di lui impudenza e ma
l finir del terzo lustro del nostro secolo instituita da Filippo V. E
questo
è uno de’ tre enormissimi errori di lingua spagnu
Mi getta sul viso una collezione di dodici atti con sus loas (che in
questo
luogo significano introduzioni in dialogo) fatta
resentar in una terra dalla comica compagnia di Angulo el malo. Bastò
questo
all’ Huerta per arzigogolare ed asserire que es m
Nel suo Discorso II sopra le tragedie. 52. Il ridicolo manifesto di
questo
sogno creduto storia dal Lampillas (e quel che è
rebbe anche al confronto di Eschito per cagione della vivacità che in
questo
è maggiore; ma quella immaginata da Euripide la s
ette d’irregolarità e qualche accidentale espressione poco pensata. È
questo
il fuoco elettrico rinchiuso nelle loro opere, il
arte di farlo scappar fuori. Lo compiango coloro che ne giudicano con
questo
entimema: le nostre principesse non fanno così,
tragico Greco. Se Agamennone dovea piegarsi e cangiar consiglio, per
questo
bellissimo discerso il dovea, nel quale la figliu
he a lei sopravvenne e si contrappose al primo terror della morte. Or
questo
salva il poeta dalla pedantesca censura del l’ine
suoi più cari. Finalmente con somma perizia de’ moti del cuore umano
questo
grande ingegno mostra l’immenso dolore del padre
onore di Diana nella sua disgrazia. Non si vede però allora eseguito
questo
canto, e pare che vi manchi il coro. In tal caso
’atto quinto, Celebriamo le lodi di Febo e di Diana . Or non sarebbe
questo
il finale di un atto? Allora potrebbe la tragedia
e greche , perchè niuno, a suo credere, le ha ancora ben divise . Ma
questo
enfatico cicaleccio oggi fa poca fortuna, e suol
tutamente Teoclimene che n’era innamorato. Per la disposizione sembra
questo
dramma gettato nella stampa del l’Ifigenia in Tau
ga. Di me stessa ho rossor; coprimi, dico, Nascondi agli occhi altrui
questo
che il volto M’inonda e bagna involontario pianto
co a me sembra assai più internato nella verità del l’orribil caso. E
questo
ne addita lo spirito de’ Greci ognora intento a c
e volta, qualche volta ozioso nel poeta Francese!» Termina Le Batteux
questo
giudizioso eccellente parallelo con attribuire al
giardini di Alcinoo secondo il gusto di quelli di Versailles, perchè
questo
formidabile Gradasso non tratta con maggior genti
ben freddi i versi, da’ quali comincia il terzetto, Dunque è ver? o
questo
è inganno? A un furore da baccante che trasporta
he trasporta Ecuba fuori di se, far succedere un dubbio sul fatto? Ma
questo
dubbio corrisponde al senso ed alla lettera del l
ede una strage inopinata, incredibile, tutta nuova. Or perchè cambiar
questo
pensiero in peggio? Non crederei che il signor Sa
io non hanno luogo se non conosciuta perfettamente la sventura. Ma in
questo
squarcio che si è voluto convertire in un terzett
aca, ma già moglie di Pirro, che teme per la vita di Molosso avuto da
questo
secondo matrimonio. Oggi desta più compassione il
i Nel seno mio, quale augellin rifugge Sotto l’ali materne? Ahi non è
questo
Più un asilo per te. Mori già Ettorre, Nè dal l’
di lui tragedie, quanto alle molte espressioni del Reso famigliari a
questo
tragico. N’ è l’argomento lo stratagemma di Uliss
co. N’ è l’argomento lo stratagemma di Ulisse che con Diomede ammazza
questo
re di Grecia nel campo Trojano. Nel l’atto quarto
hi, ed ora ad ingrandirli ora ad immaginarseli, in tal guisa parla di
questo
dramma: Negli Eraclidi l’ambasciador di Euristeo
traniere a versare il sangue di una propria figlia. Ode nel l’atto II
questo
nuovo sconcerto la vergine Macaria figliuola di E
: il terzo col qui tradotto εὐ μεν, ω πατρις Ιλιάς: ed il quarto con
questo
Οὐ πο δεδωκας, Non ancor pagasti . A ciò ne deter
a tutta la Corte, restò oltr’Alpi fino alla morte della moglie ; dopo
questo
triste caso, che lo privava di una consorte bella
Ma poi nessuno scritto dell’Andreini, ch’io mi sappia, è comparso a
questo
proposito, nè dalli archivi pistoiese e fiorentin
ior profitto, e senza tanto travaglio, poichè chi ha arte ha parte in
questo
mondo, soleva dire Farfanicchio mio compagno. Paz
e romperci un pajo di scarpe, per non se ne levar mai più. Ma poi che
questo
mi deve avvenire, io voglio aver questo avvertime
ne levar mai più. Ma poi che questo mi deve avvenire, io voglio aver
questo
avvertimento di esser sempre nelle compagnie migl
restami il tuo favore, acciò che i ritimi, habbiano qual che forza in
questo
genere. Ed ecco ch’ io mi movo, e do principio a
’originale. Ho detto « esattezza storica problematica ; » e corroboro
questo
mio avviso colla osservazione non superficiale su
Cesare Romano, e che meco venissero a contese, che io gli vorrìa con
questo
pugno solo tutti sbalzar da l’uno e l’altro Polo.
oco l’esercito Romano ha fatto in guerra mai tanto rumore, quanto che
questo
mio tagliente brando, che gambe teste e braccie v
gran fortuna, e per non mi veder fugge la Luna. Io ho tanta forza in
questo
picciol dito, che crollar fo le Torri e i campani
ma pasto mio son marmi e sassi. E più, pascomi ancor di tigri e lupi,
questo
è per me quel delicato pasto. E fra grotte tremen
formato piccolo. Contengono prima – dice il Guerrini – le bravate di
questo
Smidolla ossa in 14 ottave, nelle quali, con qual
ano ed io non ci mettevamo le scarpe d’altro che di barbe strappate a
questo
, e a quell’altro bravo ; i matterazzi e cuscini n
erno ? Temp. Non vi dico ? Non si dormiva su altro………………………………….. A
questo
del Secchi fa riscontro il bravo (Spavento) del P
orchè nel primo discorso di detta scena, che ha il peccato d’origine,
questo
Frangimonte, Capitano della Guardia, diviene un s
soldato, ma Capitano che sia mai stato, sia, o sarà al mondo. E tutto
questo
in virtù dell’ opinione di quel filosofo, che tie
formò prima Ercole, e poi gli altri suddetti, è passata finalmente in
questo
mio corpo, e però coloro ed io siamo gl’istessi,
a in mano tutti qui traboccare al terren smalto. E va continuando in
questo
tenore per tredici terzine. Altro tipo di Capi
), le tue narici son pezzi d’artiglieria, che sbarando, e colpendo in
questo
petto fanno un dirupo della Casa matta della Brav
amo esser più proprij, & più domestici gl’ impossibili. Hora vien
questo
personaggio si nell’uno, come nell’altro Idioma e
gua. Che uno di questi tali dichi, che la Regina di N. muora per lui,
questo
puol derivare da una pazza opinione fondata su la
caso da quella Maestà. Ch’egli si vanti di generalissimo in Fiandra,
questo
si è veduto in altri a’ quali per ischerzo sono s
ologna per bracciale, & che se ne vadi trastulando per solazzo, ò
questo
non si può udire senza tenerlo per pazzo, & s
Giuba, di Marzia, di Lucia, di Sempronio, o sulla congiura tramata da
questo
scellerato con Siface che gli rassomiglia. L’atto
bblica, e sì stiasi Alla sentenza d’un Roman Senato. Ch’ei faccia
questo
, ed è suo amico Cato. Aggiugne poi che allora
mia vista, lasciate ch’io conti le sue ferite; chi non torrebbe esser
questo
giovane? Disgrazia grande non poter morire che un
Il sonno poi gli aggrava gli occhi, ed egli vuol prima soddisfare a
questo
bisogno del suo corpo, dicendo, Colpa o timo
elineare i caratteri, puro nella lingua, nobile ne’ sentimenti, viene
questo
autore noverato in Inghilterra tra’ migliori trag
zzo di tragedia Ersa o Coltica. Appartiene alla Gran Brettagna, a
questo
secolo e alla tragedia reale una traduzione di un
ente per gli scarsi soccorsi della stessa Carlotta. Wilmot che sino a
questo
punto non si è imbrattato di alcun delitto, vacil
fortuna? lascia i libri, rinunzia alla filosofia, studia gli uomini;
questo
solo studio ti basterà. Tu da essi imparerai a na
Wil. Ma quali mezzi hai tu di prolongar la vita? Agn. Eccoli. Mira
questo
tesoro . . . Wil. Oh cielo! che dici? vuoi tu p
do della tua debolezza”. L’ammazza e poi si ferisce. Alla lettura di
questo
dramma orribile si crederebbe che l’autore fosse
ola seria difettosa per la mescolanza comica è stata pur coltivata in
questo
secolo come ne’ precedenti. La nominata Miss Cowl
ti a far ridere gli spettatori. Un critico Inglese censura seriamente
questo
costume degli epiloghi nazionali, pretendendo che
i un mascalzone è preso pel collo, scosso, minacciato, cacciato or da
questo
or da quello, tal personaggio, dico, così spregev
poi nell’impressione lo produsse come l’avea scritto da prima, e con
questo
lasciò una pruova dell’intelligenza del pubblico,
o il suo danaro. E queste sono le tragedie, le commedie e le farse di
questo
secolo, nelle quali si sono distinti al pari de’
etta musicale di caratteri comici ben combinati. Ma la più celebre in
questo
genere è quella del sig. Gay rappresentata nel 17
o che il Pope nella Dunciade e che il Warburton nelle note che fece a
questo
poema satirico, l’esaltarono come un capo d’opera
musica, i cantanti, tutto vi si fa venire dall’Italia. Si concorre a
questo
spettacolo senza trasporto. Non disgusta la nostr
ll’ arte, prendendone in parte il gusto dall’ Italia dove fioriva. In
questo
nostro secolo il famoso Tedesco Hendel ha cagiona
fissata, quando sulle scene comparve Guglielmo Shakspear. Abbandonato
questo
scrittore a se stesso si arrollò tra’ commedianti
versa fortuna, ovvero opporsi con tutta la fortezza e gire incontro a
questo
torrente di calamità? Morire è dormire. Non altro
glie gli amorosi omaggi. Ciò vedendo Ofelia dice ad Amlet: Of. Che è
questo
? Aml. Questo è un assassinamento. Of. Al parere a
tal la tua diletta? No: chi un altro ne impalma, il primo uccise. A
questo
passo il Re Danese commosso e colpito dice ad Aml
so e colpito dice ad Amlet: Re. Ti sei bene informato dell’azione di
questo
dramma? Tiene alcuna cosa di mal esempio? Aml. No
razio legge; è un foglio di Amlet che dice: Orazio, come avrai letto
questo
foglio, dirigerai gli uomini che te lo recano al
assioni. Egli non conobbe l’arte, e copiò egregiamente la natura. Tè
questo
pennello, La genitrice ritrarrai con essoa Che
non diverrebbe chi sapesse bene accoppiare l’uno e l’altro studio! Ma
questo
gran tragico inglese studiando la natura mancò di
nge un morto, dicasi da un buffone qualche motto che muova a riso. Ma
questo
vero indiscreto non dee sulla scena imitarsi; in
Bruto) come sforzandosi di uscire per sapere, se fosse possibile, che
questo
era Bruto. Longino, Orazio e Boileau, de’ quali
vantasi ammiratore, avrebbero ravvisato del patetico e del sublime in
questo
sangue che si sforza di uscire per seguire il fe
ico risentito e forte che accompagna lo spettacolo alle parole; e per
questo
merito, ad onta delle false espressioni accennate
e espressioni accennate, si manifesta un esperto poeta drammatico. Ma
questo
merito tutto appartiene al teatro, nè senza ridic
delle bruttezze, che delle bellezze di lui. In compenso però può oggi
questo
famoso poeta tralle altre sue glorie contare di e
ate moltissime cose che leggonsi altrove, ed altre non poche a lui da
questo
e da quello Italiano sugeritegli, le quali ha egl
in Ferrara nel 1779, anno alle lettere fatale per la perdita fatta di
questo
dotto laborioso Italianoa. Shakespear scrisse pu
stezza, e un amor deciso pel complicato, più che per la semplicità; e
questo
carattere di tragedia si è andato sempre più disv
ioti. E quale esaminatore giudizioso, dopo mille Tragedie composte da
questo
Andaluzzo, l’avrebbe decorato del titolo di Menan
l’avrebbe decorato del titolo di Menandro Betico? E pure il Cueva di
questo
si vale per encomiare il Malara. Andate poi a sud
. Vorreste replicare, che poteva aver fatte anche Commedie, e meritar
questo
titolo? Sì; ma per cancellare la memoria di Mille
alara che non esistono, nè si sa che cosa fossero? Io cedo volentieri
questo
campo agli Apologisti. II. GIOVANNI DE LA CUEV
o dall’ultimo cambiamento, di cui spera ottenere l’assoluzione. Ma di
questo
chi mai l’accusa? a che dunque consumare in vano
condo il motto di Lope sulle antiche Commedie; e niuno certamente per
questo
gli moverà lite. Il male è che Montiano taccia qu
potè tranguggiare quel principali, parendogli che rendesse più grave
questo
difetto. Ma egli non vide, che se non si fosse tr
ra giustamente, e il Signor Lampillas ingiustamente se ne querela. Ma
questo
acuto Apologista dice di non vedere il fondamento
oli, quanto ciò che dice del Signorelli a proposito delle Tragedie di
questo
buon Poeta. Si lagnò l’Apologista che di quelle d
Audalla: si prepara la rovina di Alboacen: si effettua l’uccisione di
questo
Re per mano di Aja di lui sorella. Termina poi? U
i amori infelici di Adulze Re di Valenza richiede uno scioglimento, e
questo
siegue in fine col di lui suicidio, il quale port
bisogno quello che io non rivelo. V. CRISTOFORO VIRUES. Rimane
questo
Capitano e Poeta Sivigliano. Dispiace all’Apologi
e regola veruna, siccome confessa il Montiano. Va poi arguendo contro
questo
Erudito, e rivangando la di lui confessione da me
rime il Montiano, e poteva, aggiugnere, per conseguenza sregolata. Or
questo
è osservar le regole? Sappia in oltre il Signor L
runa regola, come pretende il Signorelli asserirsi dal Montiano? Anzi
questo
Critico Spagnuolo ci assicura tutto l’opposto”. Q
novera il contrasto di Scipione con Massinissa, e la disperazione di
questo
principe. Contuttociò lo stile del Mairet rimane
no del primo atto di una Ifigenia in Tauride, dal quale apparisce che
questo
gran tragico moderno, prima di mettere in versi q
ADDIZIONE VII* Sulla Morte di Solone. Si crede che appartenga a
questo
secolo la Morte di Solone, tragedia di cui s’igno
tò anche un’ altra commedia italiana intitolata gli Sdegni amorosi, e
questo
titolo ben può indicare che da tal commedia trass
cala sulla finestra di una donna maritata, e vi ricomparisce dicendo,
questo
è per mortificar la carne. Un simile eremita che
. Non eccedono &c.**. Sedaine, Falbaire, Mercier hanno coltivato
questo
genere comicolugubre con particolar riuscita. La
ri del teatro francese, dovrà il Piron la sua riputazione maggiore in
questo
genere. Il piano &c. ADDIZIONE XVIII* Com
o a regolarità ed a verisimiglianza. In Francia nel XVII secolo ed in
questo
che cade hanno continuato a comparire i drammi di
asio colà recitata colla musica de’ nostri ultimi celebri maestri. Nè
questo
nè il buon senno di uno scrittore francese ha pun
tenga la nota (1) impressa nella pag. 6, che incomincia Voltaire negò
questo
&c. 2. Si ritenga anche la nota (2) della m
inee che seguono dalle parole, Nell’inverno in cui sino a sulla scena
questo
argomento, e si scriva la presente addizione. 1.
essersi parlato di Pompignan, e dopo le parole, la versificazione di
questo
scrittore, si aggiunga quel che qui si scrive. *
lio, essa non bastò per istabilirvi la vera commedia. Non era al fine
questo
dramma che una traduzione in parte corretta, nell
lla felice arditezza dell’idea, dell’ eleganza e purezza dello stile,
questo
bel componimento non piacque la prima volta che s
sare per una satira della vera pietà e religione. Mille pregi rendono
questo
dramma l’ornamento più bello della comica poesia
arietà degli oggetti che appagavano i sensi, fe mirare con indulgenza
questo
spettacolo, di cui avea suggerito il piano lo ste
zo ballò da Nettuno, e nel sesto da Apollo; ma fu l’ ultima volta che
questo
monarca che si trovava nel trentesimosecondo anno
favorevolmente de’ suoi cortigiani, il che dimostra il buon gusto di
questo
monarca e la stima che faceva di Moliere. Parigi
a-balletto l’Ammalato immaginario recitata nel 1673, ultimo frutto di
questo
raro ingegno. Alla quarta rappresentazione che se
appresentazione che se ne fece il dì 17 di febbrajo, morì in sua casa
questo
principe della commedia francese, essendovi stato
enne quella verità di carattere che costituisce il maggior talento di
questo
grand’uomo, e che lo rende superiore di genio a t
pia le distrazioni che si rende poco credibile. Il Goldoni introdusse
questo
carattere in una sua favola, facendolo comparire
liano. RISPOSTA. Il Signorelli domanda perdono al Signor Lampillas di
questo
peccato, ora che si è avveduto, che per vivere co
Teatro privo di quasi tutti questi pregi. Ma il Lampillas mi dice che
questo
è un pregiudizio, ed io vi rinunzio incontanente.
rte e al gusto, con cui le altre fossero scritte. E per corollario di
questo
pregiudizio già distrutto, mi spoglierò di un’ al
Spagnuolo, per rendere più proporzionate le membra della mia Storia,
questo
parimente ho aumentato quasi al pari dell’Italian
Ruzzante chiamato Belocci, ma sì bene un Angelo Beolco1. Pensava che
questo
Ruzzante avesse composte talora Commedie con più
avesse poi composte otto sommamente spropositate. RISPOSTA. Anche di
questo
pregiudizio si emenderà il Signorelli, e crederà
ta il sapore usato di Cervantes? Che importa che si dovrebbe supporre
questo
Scrittore assai stupido e nemico della propria ri
eano veduto il loro Teatro in altro stato di salute prima di Lope. Ma
questo
Achille degli argomenti Lampigliani sembra assai
dell’ingegno di Lope, a lui si rivolsero, sperando, che, incamminato
questo
Poeta per la diritta via, trarrebbesi dietro tutt
cciarlo da parte dello stesso Giove di più atroci pene, se non palesa
questo
nuovo successore. Traspare in Prometeo una grande
ibile ai mali de’ popoli sacrificati agli usurpatori del trono. Tutto
questo
rende in certo modo supportabile il gran parricid
dalle querele del Coro de’ vecchi Persi, forma una delle bellezze di
questo
dramma. L’atto quarto, in cui comparisce l’Ombra
teressare, e in conseguenza di commuovere e piacere. Discordi pure da
questo
avviso chiunque si senta rapire dall’autorità de’
, della Morte ecc. Di grazia in che mai essi discordano da Eschilo su
questo
pnnto? Eschilo trasportato una volta dal proprio
io monco, intenerì i giudici, ed il colpevole ottenne il perdono. Per
questo
rigore usato seco Eschilo si disgustò di Atene su
no ad applaudirsi le tragedie del giovane Sofocle. La prima volta che
questo
nuovo tragico, contando anni ventotto di età, pro
in oltre che quando Eschilo si ritirò alla corte di Jerone, trovasse
questo
re occupato in riedisicare l’antica città di Cata
a il suono della fistula dopo del l’immagine orribile di Argo. a. In
questo
solo verso vibrato ho chiuso il concetto dell’ori
la quale portarò quanto prima se mi appresenterà l’occasione ; et con
questo
humilmente me gli inchino, baciandole le invitte
tte mani, pregandoli dal Cielo ogni felicità e contento. Di Pistoia,
questo
dì 21 di ottobre 1589. Di V. A. S. Humil. servo
nassù, vist al present, ha manco tempo, che non ha so par. E via di
questo
tenore. La maschera del Dottore come quella del C
ntenza o una citazione latina. Non è fuor del possibile che sia preso
questo
carattere dal vero. Noi vediamo oggi ancora e med
huomini del Mondo ? Per rappresentare adunque (secondo il mio senso)
questo
così gratioso personaggio direi che quello il qua
uerrini a pag. 123 della citata opera sul Croce, dice : Se non sotto
questo
nome (Grasiano da Francolino), pure la caricatura
da Francolino accettata ed ammessa nel teatro e nelle sue tradizioni,
questo
Graziano figlio di una Bambagi ed il dottor Grazi
o Studio, quando Bologna forniva di dottori tutto il mondo civile. A
questo
punto io richiamo l’attenzione degli eruditi sopr
rappresentazioni teatrali nel secolo xiv, chiedendo : Se non avesse
questo
ferrarese dati in Italia continui saggi della sua
domanda (op. cit.) se davvero figurasse in quella Compagnia più tosto
questo
che quel comico, e se davvero ne fosse capo lo Sc
inio Scala nel suo Stato con Compagnia di comici li sia prohibito per
questo
anno il recitar comedie, e ciò perchè gli era sta
tentarsi cavandone utile che veramente mi rincresce che resti tolto a
questo
povero galanthuomo che sempre è vissuto in manier
nthuomo che egli medesimo instantemente mi ha pregato ch' io operi in
questo
affare in guisa che V. A. resti servita di conosc
endogli io più volte detto et ridetto che non mi volevo impacciare di
questo
affare ma che gli farei sapere quanto mi pareva b
za, non ho creduto veramente ch' egli habbia a voler premere tanto in
questo
negozio, ch' egli habbia a voler mandare spersi q
cusati, perché ancor' io più volentieri ho comandato che ubbedito, et
questo
è desiderio innato in ciascun’ huomo, et però ard
anni. Però creda V. S. ch' io stimo che sia servitio di S. A. che di
questo
negozio non se ne tratti, perchè non è proporzion
conforme all’honesto. Di Venezia, 21 marzo 1620. Don Gio. Medici. A
questo
punto cessano le notizie della vita artistica di
tto Marco Aurelio o Antonino Pio. I Turchi hanno interamente demolito
questo
teatro, e de’ suoi marmi costruito un bellissimo
fei di essersi egli lasciato ingannare da qualche falsa relazione. Da
questo
medesimo fatto possiamo eziandio rilevare che le
Corona. Aristodemo ambasciadore al re Filippo, e Neottolemo tanto da
questo
principe favorito, erano poeti ed attori sommamen
e spargere anco del sangue per avervi luogo. Or per moderare alquanto
questo
pericoloso concorso, si emanò una legge che niuno
ni in tempo di pace per abilitarli ad assistere agli spettacoli; ed è
questo
il danajo chiamato τόϑεωρικὸν o sia degli spettac
cominciar della guerra di Olinto volle Apollodoro fare un decreto che
questo
danajo ritornasse all’uso antico; ma egli fu per
n decreto che questo danajo ritornasse all’uso antico; ma egli fu per
questo
accusato e punito con una grossa pena pecuniaria.
avali ai patriotici progetti di Demostene, si corruppe170, rovinò per
questo
appunto, divenne schiava e poi barbara. Se il div
nuovi mezzi di difesa dalla miseria, come fiere o altro, recandosi da
questo
a quel posto oggi in barroccino, domani a piedi.
ero Pilotto, per condur finalmente compagnia da solo dopo la morte di
questo
; compagnia che va innanzi trionfalmente da sette
esto ; compagnia che va innanzi trionfalmente da sette anni. Tutto
questo
passare per quasi quarant’anni da un ruolo all’al
ogici per lungo processo di preparazione. Ed è facile capire come con
questo
studio del personaggio non soltanto nei fatti che
a, non mai volgare, ogni plastica angolosità, mostrando di seguire in
questo
metodo di studio per l’interpretazione e l’espres
co che ben ricorda l’arte magistrale e novatrice dell’Emanuel, chiama
questo
volentieri maestro dello Zacconi, tanto più che,
er eccellenza, sui diversi modi di estrinsecazione. Che vuol dire mai
questo
circoscrivere l’arte a un tale o tal altro sacerd
zione aveva per la forza comprensiva e l’arte profonda e cosciente di
questo
, per gli scatti passionali del Majeroni, per la s
pirito, e dà pantalone marauiglioso. u’è buffetto ; dirà Vostra Ecc.ª
questo
non brama il S.r Duca ; respondole, che ual più l
gustar un principe con tanti disgusti ? Signor Marchese, non procuri
questo
per l’amor d’iddio, mancano personaggi ; domandi
end’io pouer’huomo, non ho modo da sostentarmi senza il mio esercitio
questo
tempo, si che, hauendo da seruir cotest’ Altezza,
trice era la moglie di Fiorillo. Angiolina. Chi si nascondesse sotto
questo
nome non sappiamo di certo. Forse l’Angiola D’Ors
Fatiche comiche del 1623 a Parigi, dice di lui nell’introduzione : A
questo
(Gio. Paulo Fabri) come ad Adriano Orazio (il Val
0 (Siena, Rossi), possiam trarre molte notizie riguardanti la vita di
questo
attore che recitava nella Compagnia Roffi, al tem
e l’acquisto. Egli adunque si ritirò per alcun tempo dall’arte, e in
questo
prologo si finge la Dea Melpomene che venga a scu
altro, avutosi riguardo all’effetto che dee produrre, non è il tutto;
questo
dipende in gran parte anche dal modo con che ella
è simile a quelle pitture sotto le quali faceva di mestieri scrivere,
questo
è un cane, questo è un cavallo; e quadrerebbe a n
pitture sotto le quali faceva di mestieri scrivere, questo è un cane,
questo
è un cavallo; e quadrerebbe a noi assai meglio ch
lui esattamente le prescrive il compositore. Ma non resta, per tutto
questo
, che molto ancora egli non ci abbia a metter del
re udite anch’esse con vero diletto, e troveranno la via del cuore; e
questo
pure intende di dire, come avvertiva colui, il ca
nosissimo discorso da lui composto sopra la libertà della musica. Per
questo
solo, lo scrittore del presente saggio avrebbe cr
senza l’esterminio quali totale degli antichi abitatori. Non empiono
questo
gran vuoto i soli ignorati o negletti sei dialogh
teatri si recitasse veruna azione drammatica. Il più antico poema di
questo
genere ne’ secoli bassi, che fino a noi sia giunt
o la sinagoga col gentilesimo, che anch’essi ragionano. Non si sa, se
questo
dramma fosse mai andato in teatro, e dove.» 111
Gravina, nella lettera che ne scrisse a monsignor Zondadari. Alluse a
questo
teatro e ad altre antichità di Murviedro il poeta
Aras) en Sagunte. Fabrican oy tabernas y mesones». Vedasi intorno a
questo
teatro la lettera VIII del tomo IV del meritament
a si spazia entro le famiglie private, ed è chiamata Cittadina. Non è
questo
un dramma da gareggiar punto colla grande e vera
o e Drixa, e de’ pedanti Grafio, Como e Bertillo giornalista, sarebbe
questo
dramma il modello di tale specie di tragedia. Dal
dicole un quadro tragico. Sedaine, Falbaire e Mercier hanno coltivato
questo
genere comicolugubre con singolare felicità, il p
nge à s’éloigner, & si elle s’ éloigne, je suis perdu. É ben vago
questo
pronome elle posto prima di nominar Sofia ad imit
colori teatrali, di piacevolezze e di tratti satirici. Ad accreditar
questo
genere che si allontana da’ tristi eccessi del co
ltezza Ser.ma a darme licenza che piccone non stia alla porta poi che
questo
carneuaile ma sasinato e se bufetto non parla e f
e se bufetto non parla e flaminio perche afato camerata con loro, ma
questo
non lo dico per la camerata, ma perche son stato
ne? Forse i partigiani delle furie e de’ demonj ballerini? La musa di
questo
grand’uomo si distingue per molti pregi, e singol
l fece? Importa saperlo convertire in proprio sangue e sostanza, ed è
questo
uno de’ rari pregi del Metastasio. Si è da’ criti
ritrovo in lui! Come divenne Terribile per me!) Tit. (Stelle! ed è
questo
Il sembiante di Sesto? Il suo delitto Come lo
le vie tentate da Tito per sapere il segreto di Sesto: le angustie di
questo
infelice posto nel caso o di accusar Vitellia, o
ori, e del vivace alloro Onorate l’altissimo poeta. Seguaci ebbe
questo
valorosissimo ingegno nell’opera istorica il Livo
ascio? Ma tutto oggi dee sacrificarsi a’ ballerini. L’anno 1782 (ed è
questo
un altro fatto che smentisce solennemente il gazz
Dal di lei seno senza contrasto sono usciti i più celebri maestri di
questo
secolo. Egli è ben vero che i Tedeschi possono va
Ginevra79: “Giovane artista, vuoi tu sapere, se qualche scintilla di
questo
fuoco divoratore serbi nell’ anima? Corri, vola a
bello, osi tu domandare che cosa è Genio? Uomo volgare, non profanar
questo
nome sublime; e che t’importerebbe il conoscerlo?
. Non debbo lasciar di avvertire che la Serva Padrona colla musica di
questo
insigne maestro servì di scuola a’ Francesi in qu
colla musica di questo insigne maestro servì di scuola a’ Francesi in
questo
genere. “Essi non sapevano (dice Marmontel nella
o elegante ne’ suoi drammi sì bene scritti ec. Noi vogliamo credere a
questo
acuto osservatore, il quale trovò spessissimo man
e obbliate; vorremmo per soscriverci all’autorevole sua decisione che
questo
mondo culto e sensibile si commovesse più spesso
nto allora ch’egli canta alla maniera Metastasiana: Guarda pure, o
questo
o quello E’ tua prole, è sangue mio: Tu nol
stro. Sisiema Melodrammatico inedito sin dal 1783. 77. Perchè dunque
questo
attivissimo carattere che la natura presenta, e l
dell’arte, dell’esempio di Racine e di Metastasio. 78. Perchè ancora
questo
debole Sesto soggiacque alla stessa proscrizione
o XVII. Spagnuolo La ricchezza del teatro spagnuolo riceve in
questo
secolo un aumento prodigioso. Il lungo regno, di
le stravagante, gli errori, e l’ignoranza di Calderone. Senza dubbio
questo
poeta mostrò a prova di non conoscer veruna delle
dice Orazio, i poemi piaceranno, ripetuti dieci e cento volte. Egli é
questo
perché, questo spirito elettrico che sfugge al ta
poemi piaceranno, ripetuti dieci e cento volte. Egli é questo perché,
questo
spirito elettrico che sfugge al tatto grossolano
rogressivamente aumentato a misura che si avanza verso il fine! Tutto
questo
manca alla copia che ne abbozzò Molière. Son comp
precedente, appena sette od otto, e pure sregolate, se ne trovano in
questo
. Cristoforo Virues nel 1609 pubblicò cinque trage
Shadwell dice a tavola un dissoluto a una meretrice: «Vada al diavolo
questo
misero ditale da’ cucire; dammi un altro bicchier
lato gli Ordini Militari Cristo viene a domandar la croce al mondo, e
questo
personaggio per concedergliela richiede il parere
ovane in Bisnagar, e nel III canuto nel Senegal? Ma questa filososia,
questo
spirito giusto, accurato, esatto, basta a produrr
r la fantasia e fomentar il fuoco poetico che si nutrisce d’immagini,
questo
spirito compassato serve per agghiacciar l’entusi
hi possa degnamente compararsi con veruno de’ quattro gran tragici di
questo
e del passato secolo, pure oltre alle poche di so
ravaganze del teatro lirico francese, ed essi in caso di cagionare in
questo
una crisi favorevole, e convertir l’opera loro in
te, ha creduto di pareggiar di gloria Pietro Metastasio, ed ha aperto
questo
cammino tortuoso, che invece di menarci avanti, c
o, ove ne bisogni, il giudizioso sistema dell’opera italiana, dissipi
questo
nembo apportatore di manifesta decadenza. 263.
efesi scrisse de’ filosofi idolatri. Si vede bene, che nel teatro di
questo
mondo gli attori al volger degli anni mutan facci
scherzando il signor di Voltaire; ma ben anche volle dettar regole in
questo
genere più strambo e bizzarro dell’opera buffa. «
piere le speranze dell’attore che l’offre ; infine, non, per onore di
questo
…. sì lo ripeto, di questo si colto ed iutelligent
ore che l’offre ; infine, non, per onore di questo…. sì lo ripeto, di
questo
si colto ed iutelligente Pubblico Lucchese. Uni
sio d’aver figliuoli ; e se io facessi tal risoluzione, mi piacerebbe
questo
bisciolone. 4ª sera (nella Reginella) S’ ho a d
vi parlo con materno affetto, già siete dello sposo e non più mia, e
questo
è ciò che mi trafigge il petto. Cercate che tra v
▲