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1 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 697-702
Il Bartoli riferisce di lei il seguente aneddoto : In occasione che questa Comica recitava in Venezia con grido, vi fu un ta
uove da Firenze l’A. V. Io invio il mio servitore a Mantova acciò che questa mia le giunga più presto di quello che farebbe pe
il suo gusto è che la compagnia cominci presto e guadagni bene. V. A. questa volta facci un poco il cospetone. Questo che le s
na altra impertinenza di Flaminio, pure qui gliel’acenno, acciò anche questa la possa scrivere. Dimanda la Vicenda alla sig.ra
buona a far cosa di più, acenandole che V. A. si maraviglia che facci questa dimanda così spropositata, mentre non dovrebbe ne
a sopra questo tenore, ma dubitando che le giunga troppo tardi scrivo questa e la mando per il servitore a posta. La patente c
era in musicha di Firenze non si fa per insino alla rinfrescata, però questa non è nova sicura, io ne avrei grand.ma sotisfati
ò non tocca a me a giudicare, come V. A. la vedrà sarà giudice lui di questa causa. Circa alla compagnia della S.ra Lavinia ch
no per la novità. Mi occorre suplicare V. A. d’una gratia, la quale è questa , nel viagiare, all’ osteria mi sono dimenticata q
olano a pigliar questo impiego, dissero che se io havessi recitato in questa comedia m’ havrebero mandato fori di compagnia, m
na che fosse l’una cosa e l’altra insieme ? E di dove sarebbe sbucata questa Orsola ? Per un momento, se bene il Bartoli chiam
iovinetta nel 1652, ho pensato che quella potesse essere figliuola di questa , e che la madre di cui chiedeva la vicenda Flamin
2 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [G]. I COMICI ITALIANI — article » p. 968
Gabbrielli Ippolita. Di questa attrice, prima donna e capo comica, abbiamo la se
E la grazia, secondo il rescritto della Cancelleria, fu concessa. Con questa data, a un dipresso, concorderebbe la Ippolita, p
, richiesta, pare, dal Duca, per aggregarsi a’ suoi comici. Nè men di questa si può dir con precisione. Scapino cita solo nel
3 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 235-236
a nel 1593 di far parte della Compagnia degli Uniti, come rilevasi da questa lettera di un Giusto Giusti al Duca di Mantova co
ione. Et perchè sà che un minimo cenno di V. A. S. può farla degna di questa gratia, è venuta a pregarmi con la maggior istanz
giovarle non poco. Et io amerei grandemente che il buon desiderio di questa donna fosse ajutato dal mio reverente affetto. Su
iovami di credere che se bene la Compagnia è stabilita, di conseguire questa gratia, et come di cosa già ricevuta le resto con
4 (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO IV — CAPO II. Progressi della poesia comica nel medesimo secolo. » pp. 175-262
Suppositi. Nell’edizione che se ne fece in Venezia nel 1525, si vede questa favola preceduta da un prologo in prosa, nel qual
ll’Ariosto e di tanti altri comici Italiani, de’ quali ragioneremo, è questa appunto di aver migliorati gli argomenti degli an
del Moliere, dipinsero i nobili ridicoli109. Lo stile dell’Ariosto in questa e nelle altre si presta mirabilmente, alla manier
ina gli avvocati. Io non parlo poi della regolarità della condotta di questa favola, e delle altre, non dell’Ariosto solamente
ono nella lettura continuata che nel racconto. La Cassaria. Benchè in questa favola ricca di sali, di grazie e di passi piacev
to della giovinetta Eulalia vien data in potere di Lucramo padrone di questa bella schiava, forma un groppo ingegnoso, ed addu
’una scimia, ecc. Ma giova osservare in qual maniera si esprima in questa favola un innamorato. Eulalia lo rimprovera perch
eggio mi potriano Far, se già m’han levato il cuore e l’anima? In questa guisa nelle commedie Italiane del cinquecento par
gio si riconosce, e se ne compiace. La Lena. Piacevole è l’intrigo di questa commedia, che su di un semplice fondamento aggira
urre in sua casa, e ne segue il matrimonio di Flavio e Licinia. Non è questa una commedia nobile; ma nel genere inferiore ha t
nendo egli scornato e scoperto per impostore. Delle molte bellezze di questa favola additiamone alcuna che ne sembri più piace
viò tal favola al re Dionisio per dargli a conoscere gli Ateniesi. Di questa utilità e diletto privansi per certo spirito di s
ni, i quali sono pieni, e ’l sanno i ragazzi, di quest’ intrighi e di questa furberia servile. Osserviamo solo che questo prin
Cin. Doveano al vostro tempo avere i giovani, Più che non hanno a questa età, malizia. Mass. Non già, ma bene i vecchi p
rtore. Cin. Perchè? Mass. Perchè hanno tutti sì buon stomaco. È questa l’esagerata gelosia Italiana che corre di bocca i
e che prima aveano cercato di guadagnare. Essi temono qualche male da questa cassa, e vedendola portare verso la casa di Massi
i, quanto più naturali. Un vivo disordine e movimento reca all’azione questa cassa condotta in casa di Fazio. Camillo che v’è
. Fermiamoci qualche istante in questo punto dell’azione. Se non è questa la forza (vis) comica da Cesare desiderata in Ter
movimento che anima la favola, e tiene svegliato lo spettatore111. Or questa forza comica, questa vivacità piacevole dell’azio
a favola, e tiene svegliato lo spettatore111. Or questa forza comica, questa vivacità piacevole dell’azione noi ravvisiamo app
l’ultimo grado comico lo scioglimento. Nè dee recare stupore, che per questa parte rimanga il comico Latino superato dall’Ital
tergliela l’accompagnò con una lettera de’ 16 di gennajo del 1520. Or questa data, e le parole del secondo prologo di tal comm
e che questi dà all’ altro il nome di Bartolo. Si trova introdotto in questa favola un frate teologo con cui Bartolo si consig
o sì grande, Che non si possa scior con l’elemosine. Trovasi in questa commedia più d’una imitazione di Terenzio. Simile
o non senza sospetto di veleno l’anno 1520. Un pieno applauso riportò questa favola nelle replicate rappresentazioni che se ne
volta in Urbino115. Probabilmente però la prima di tutte le recite fu questa di Urbino, come ben riflette l’insigne Storico de
e Storico della nostra letteratura116; giacchè il Castiglione dice di questa recita che non essendo ancor giunto il prologo de
e mezzo prima de’ Molieri. Ma sebbene tutto fia comico e pîacevole in questa favola e tutto lontano dalla decantata gelosia e
oglie ecc. segue i nominati comici antichi, ma si allontana anche per questa ragione da Terenzio universalmente approvato, il
l’Andria. La Mandragola. La freschezza e la vivacità del colorito di questa favola, se l’oscenità dell’argomento non la tenes
co, col quale erasi in Firenze rappresentata”. Il Giovio chiama Nicia questa favola, perchè n’è il personaggio principale il b
e di sua moglie nella scena ottava dell’atto IV, quanti lezj ha fatto questa mia pazza ecc. Ligurio anche graziosamente motteg
ma del Guarini e dopo del Tasso, intitolata il Pentimento amoroso. Ma questa si pubblicò in Venezia nel 1583, ed io trovo, che
ò che dice poi dell’oscenità di tali commedie, potrebbe sì bene esser questa giusto motivo di vietarne la lettura a’ fanciulli
puro ed elegante libro della Celestina ruffiana famosa? La Clizia. É questa una libera imitazione o una bella copia della Cas
edia non fosse nota la novella di Nicia. Tralle dipinture lodevoli di questa favola ci si presentano i bellissimi ritratti del
ed è cantata da una ninfa e da due pastori; le altre cinque ancor di questa più corte son poste per tramezzi nella fine di ci
canzonette de’ cori, dovrebbero contare ancora tralle opere musicali questa commedia in prosa del Machiavelli per la medesima
one; la qual cosa sarebbe una rara scoperta del secolo XVIII. Oltre a questa libera imitazione della Casina si provò il Machia
nè dalle sue riflessioni politiche sulla storia di Tito Livio, nè da questa traduzione dell’Andria. Intorno a cinquanta altri
r della gelosia e vendetta delle commedie Italiane, avuto in pensiere questa favola? Quì in fatti abbiamo un vecchio medico ge
el Machiavelli, regneranno per avventura come nel proprio elemento in questa favola del Bentivoglio che di proposito dipinge u
d’Aragona nunzio di Clemente XI al re Cristianissimo. L’argomento di questa favola è nuovo. L’autore stesso dice nel prologo
duta in scena; Il suo nome è il Geloso. Questa è Roma. ecc. E sia questa una delle tante evidenti prove per ismentire queg
e copie e traduzioni de’ Greci e de’ Latini. Tralle grazie comiche di questa favola son da notarsi gl’ impedimenti che sopravv
Datemi le mie calce e ’l mio giubbone, Ch’io non voglio dormire in questa casa, Nè mai più porvi alla mia vita il piede.
otte, ch’io son quì sepolto, E starvi mi conviene eternamente. In questa guisa arricchirono gl’ Italiani la propria lingua
la quinta del V atto di Cittina: Io non so che trispigio sia dentro a questa camera terrena; io sento la lettiera fare un rime
iorno accaggiono al viver nostro. Con tutto ciò questo conoscimento e questa squisitezza di gusto non l’hanno salvato dalla ne
critta, in istile puro e piacevole e copiosa di grazie comiche, e per questa parte degna di sì leggiadro scrittore. Tuttavolta
rio un piacere indicibile, specialmente quando sono espressi, come in questa scena, senza affettazione e senza farne un sermon
tesso nella passione di Gisippo e Giulietta un interesse che avvicina questa bella commedia al genere dell’Ecira Terenziana, e
io l’ ho veduta, io le ho parlato, ella ha parlato a me, e mi ha data questa lettera e quest’anello che vi porto. Dem. Quest
e maraviglie. Gisip. Oh dio, questo è l’anello con che la sposai, e questa è sua lettera. Dem. Non m’avete voi detto ch’el
s’ella è morta! ah! Dem. E quest’anello? Gisip. E’ suo. Dem. E questa lettera? Gisip. E’ di sua mano. Dem. O come p
; a siffatti delicati leggitori, dico, non increscerà di ammirar meco questa bellissima lettera degna del pennello maestrevole
Di casa della vostra moglie. Giulietta sfortunata. Chi non senta a questa lettura correr sugli occhi suoi copiosamente le d
fintamente Elfenice e che è menato a morir Milziade. Potrebbe dunque questa favola servir d’esempio agli Spagnuoli vaghi di s
ra di Giovanni Antonio Liberati che fece il prologo e gl’ intermedj a questa commedia, per la sola ragione che quest’ Accademi
5 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 386-389
tra la Delia e la Celia, la Malloni, attribuendo a quella le lodi di questa , e citando persino come errore di stampa il nome
to di Girolamo Priuli (pag. 49) sappiamo com’ Ella fosse bionda : Di questa così saggia in biondo pelo, di questa, che di rai
mo com’ Ella fosse bionda : Di questa così saggia in biondo pelo, di questa , che di rai la chioma cinta fu Delia in terra, ed
con li giusti godi eterna pace. E sopratutto come concorderebbe con questa terzina del Fidenzi (pag. 36) ? Fu Delia de le d
mentre Camilla Rocca, onor, contento del secol nostro….. Ma nè anche questa è prova sicura del suo cognome di sposa, serbando
6 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article »
Bonaldi-Bartozzi Angela. Moglie del precedente. « Recitò questa comica – dice il Bartoli – nel carattere della se
e vicende, toltasi alla professione, morì nella città di Bologna. » È questa dunque la bruna fresca e vezzosa del Goldoni, che
7 (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome V « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO IV. — CAP. IV. Progressi della poesia comica nel medesimo secolo XVI quando fiorirono gli scrittori producendo le Commedie dette Erudite. » pp. 136-255
I Suppositi. Nell’edizione che se ne fece in Venezia nel 1525 si vede questa favola preceduta da un prologo in prosa, nel qual
iosto e di molti altri comici Italiani, de’ quali dovrem ragionare, è questa appunto di aver migliorati gli argomenti degli an
erlina gli avvocati. Non parlo poi della regolarità della condotta di questa favola come delle altre, non dell’Ariosto solamen
ono nella lettura continuata che nel racconto. La Cassaria. Benchè in questa favola ricca di sali, di grazie e di passi piacev
to della giovinetta Eulalia vien data in potere di Lucramo padrone di questa bella schiava, forma un groppo ingegnoso, ed addu
esti ch’una scimia. Ma giova osservare in qual maniera si esprima in questa favola un innamorato. Eulalia lo rimprovera perch
he peggio mi potriano Far, se già m’han levato il cuor e l’anima? In questa guisa nelle commedie Italiane del cinquecento par
io si riconosce, e se ne compiace. La Lena. Piacevole è l’intrigo di questa commedia, che su di un semplice fondamento aggira
urre in sua casa, e ne segue il matrimonio di Flavio e Licinia. Non è questa una commedia nobile; ma nel genere inferiore ha t
nendo egli scornato e scoperto per impostore. Delle molte bellezze di questa favola additiamone alcuna che ne sembri più piace
viò tal favola al re Dionisio per dargli a conoscere gli Ateniesi. Di questa utilità e diletto privansi per certo spirito di s
uali sono pieni, e sel sanno anche i ragazzi, di questi intrighi e di questa furberia servile. Osserviamo solo che questo prin
solito. Doveano al vostro tempo avere i giovani, Più che non hanno a questa età, malizia. Mass. Non già, ma bene i vecchi più
e. Cint. Perchè? Mass. Perchè?Perchè hanno tutti sì buon stomaco. È questa l’esagerata gelosia Italiana che corre di bocca i
e che prima aveano cercato di guadagnare. Essi temono qualche male da questa cassa; e vedendola portare verso la casa di Massi
li quanto più naturali. Un vivo disordine e movimento reca all’azione questa cassa condotta in casa di Fazio. Camillo che v’è
ia. Fermiamoci qualche istante in questo punto dell’azione. Se non è questa la forza (vis) comica da Cesare desiderata in Ter
padre) que de la vivacitè de l’action et du noeud des intrigues. Or questa forza comica, questa vivacità piacevole dell’azio
citè de l’action et du noeud des intrigues. Or questa forza comica, questa vivacità piacevole dell’azione noi ravvisiamo app
l’ultimo grado comico lo scioglimento. Nè dee recare stupore, che per questa parte rimanga il comico. Latino superato dall’Ita
mettergliela l’accompagnò con una lettera de’ 16 gennajo del 1520. Or questa data, e le parole del secondo prologo di tal comm
te che questi dà all’altro il nome di Bartolo. Si trova introdotto in questa favola un frate teologo con cui Bartolo si consig
bligo sì grande, Che non si possa scior con l’elemosine. Trovasi in questa Commedia più d’una imitazione di Terenzio. Simile
o non senza sospetto di veleno l’anno 1520. Un pieno applauso riportò questa favola nelle replicate rappresentazioni che se ne
gne Storico della nostra Letteraturab; giacchè il Castiglione dice di questa recita che non essendo ancor giunto il prologo de
e mezzo prima del Moliere. Ma sebbene tutto sia comico e piacevole in questa favola, e tutto lontano dalla decantata gelosia e
spoglie , segue i nominati comici antichi, ma si allontana anche per questa ragione da Terenzio universalmente approvato, il
l’Andria. La Mandragola. La freschezza e la vivacità del colorito di questa favola, se l’oscenità dell’argomento non la tenes
co, col quale erasi in Firenze rappresentata». Il Giovio chiama Nicia questa favola, perchè n’è il personaggio principale il b
di sua moglie nella scena ottava dell’atto IV, quanti lezii ha fatto questa mia pazza ecc. Ligurio anche graziosamente motteg
iò che dice poi dell’oscenità di tali commedie potrebbe sì bene esser questa giusto motivo di vietarne a’ fanciulli la lettura
tica e moderna non è fatto per ogni sorta di antiquarii. La Clizia. È questa una libera imitazione o una bella copia della Cas
edia non fosse nota la novella di Nicia. Tralle dipinture lodevoli di questa favola ci si presentano i bellissimi ritratti del
canzonette de’ cori, dovrebbero contare ancora tralle opere musicali questa commedia in prosa del Machiavelli per la medesima
ancor questo sproposito alcun dì non abbia a venire in moda! Oltre a questa libera imitazione della Casina si provò il Machia
torie di Tito Livio, nè dall’imitazione della Casina di Plauto, nè da questa traduzione dell’Andria di Terenzio. Mi si permett
i e da’ Latini . Il profano Machiavelli non poteva entrare a parte di questa medesima indulgenza? E lasciando da banda l’oscen
r della gelosia e vendetta delle commedie italiane, avuto in pensiere questa favola? Quì in fatti si presenta un vecchio medic
el Machiavelli, regneranno per avventura come nel proprio elemento in questa favola del Bentivoglio che di proposito dipinge u
d’Aragona Nunzio di Clemente XI al re Cristianissimo. L’argomento di questa favola è nuovo. L’autore stesso dice nel prologo
veduta in scena, Il suo nome è il Geloso. Questa è Roma ecc. E sia questa una delle tante evidenti prove per ismentire queg
e copie e traduzioni de’ Greci e de’ Latini. Tralle grazie comiche di questa favola son da contarsi gl’impedimenti che sopravv
tolga il model; così ancor noi Non sappiam fare alcuna cosa bella, Se questa antichità per nostro specchio Non ci mettiamo inn
o) Datemi le mie calce e il mio giubbone, Ch’io non voglio dormire in questa casa, Nè mai più porvi alla mia vita il piede. Vo
e notte, ch’io son quì sepolto, E starvi mi conviene eternamente. In questa guisa arricchirono gl’Italiani la propria lingua
a quinta del V atto di Cittina: Io non so che trispigio sia dentro a questa camera terrena; io sento la lettiera fare un rime
orno accaggiono al viver nostro. Con tutto ciò questo conoscimento e questa squisitezza di gusto non l’hanno salvato dalla ne
ritta, in istile puro e piacevole, e copiosa di grazie comiche, e per questa parte degna di sì leggiadro scrittore. Tuttavolta
rio un piacere indicibile, specialmente quando sono espressi, come in questa scena, senza affettazione e senza farne un sermon
tesso nella passione di Gisippo e Giulietta un interesse che avvicina questa bella commedia al genre dell’Ecira Terenziana, e
io l’ho veduta, io le ho parlato, ella ha parlato a me, e mi ha data questa lettera e quest’anello che vi porto. Dem. Questo
delle maraviglie. Gis. Oh dio, questo è l’anello con che la sposai, e questa è sua lettera. Dem. Non m’avete voi detto ch’ella
is. Oimè! s’ella è morta! ah! Dem. E quest’anello? Gis. È suo. Dem. E questa lettera? Gis. È di sua mano. Dem. Oh come può sta
lle arti; a’ siffatti leggitori, dico, non increscerà di ammirar meco questa bellissima lettera degna del pennello maestrevole
. Di casa della vostra moglie. Giulietta sfortunata. Chi non senta a questa lettera correr su gli occhi suoi copiosamente le
fintamente Elfenice, e che è menato a morir Milziade. Potrebbe dunque questa favola servir d’esempio agli Spagnuoli vaghi di s
ra di Giovanni Antonio Liberati che fece il prologo e gl’intermedii a questa commedia, per la sola ragione che quest’Accademic
8 (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO IX. Dell’uso delle antiche Maschere. » pp. 290-297
re di alterar colla feccia il sembiante; e gli attori conformaronsi a questa usanza per celare il proprio volto e dare a crede
on erano tuttavia ciò che poscia si disse poesia drammatica; e quando questa cominciò a pullulare da que’ semi, l’attore fece
no di formare per timore di quel potente cittadino. Confermasi ancora questa verità istorica con un passo di Eliano, il quale
numi, e di altre mentovate nell’Onomastico di Giulio Polluce148. E di questa naturale imitazione della maschera approfittandos
ato, e producesse un’ articolazione piena, chiara e sonora149. Nè poi questa maschera di tutto il capo rimase inutile allorchè
una figura gigantesca lo rendesse visibile agli ultimi spettatori. Nè questa figura colossale noceva all’illusione; perchè se
la maschera avrebbero mirabilmente dipinti nel sembiante naturale. Di questa maschera fanno parimente menzione Polluce nell’ O
9 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — Venezia il 31 10bre 1837.E il 14 novembre : » pp. 389-402
adunque di talun l’iraconda impazienza, e mentre da un lato trova in questa compagnia chi per assoluta perizia può soddisfarl
lle belle speranze, onde a buon dritto l’Itala scena può attendere in questa ragazza una novella esimia attrice. Al princi
si recò ebbe onore di rime e di effigie ; e in Perugia le fu coniata questa medaglia d’oro, la riproduzione della quale, come
pubblicazioni seguite nel tempo della celebrazione della S. Messa in questa Chiesa Parrocchiale dei SS. Giuseppe e Ignazio, d
del fu sig. Giovanni Bettini e della vivente signora Lucrezia Mora di questa Parrocchia de’ SS. Giuseppe ed Ignazio, testimoni
L. 24,000 d’appalto degli introiti serali niente indifferenti…………… A questa lettera la Bettini risponde colla seguente : Mio
oprio sarà appagato ? Non ho bisogno di venire a Napoli per godere di questa soddisfazione…. anzi più di quello che lo è nell’
e che quest’ultimo non prosegua oltre il 39 ed è perciò che le avanzo questa proposizione, in caso contrario mi guarderei bene
esorta ad accettare la scrittura propostale. Romualdo Mascherpa, con questa intestazione stampata : Il Capo Comico – della D
un P. S. : « Ditemi se fate Il Bicchier d’acqua e come è distribuita questa commedia nella R. Compagnia. » Gaetano Coltellini
do che sia il maggiore stipendio che queste possano accordare ; non è questa un’ offesa al vostro sommo ed incontestabile meri
to per rimanere tre stagioni dell’anno ferma ad agire in Firenze ? Di questa combinazione farebbe parte l’amico Gattinelli. ……
si deve stare sempre in guardia e a dirvi il vero sono stanco di fare questa vita ; infelice quel Capo Comico che la prenderà…
rezzano il tuo merito singolare…. …. Questi signori non attendono che questa tua risposta ed io egualmente onde non restarmene
ità drammatica. » Camillo Ferri, che incontrammo sui primi gradini di questa scala epistolare, riprende la penna in Roma il 6 
blico, del pubblico all’autore. Descrivere a parte gli altri pregi di questa sua rappresentazione, seguirla in que’ suoi atteg
d’Asti – Gismonda da Mendrisio. Quale ricchezza ! quanta varietà ! E questa donna acclamata, festeggiata, celebrata da pubbli
10 (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO VI. Tragici Spagnuoli, secondo il Signor Lampillas, negletti, o censurati a torto dal Signorelli. » pp. 43-68
ualche altro testimonio che l’appoggi? Mi perdoni il Signor Lampillas questa mia discredenza. Ma di un Esaminatore così iperbo
ntè a proposito del Torrismondo. Ma sapete che cosa credo ancora? Che questa domanda quì ripetuta ci stia, come dicesi, a pigi
se ne ridevano. Il famoso Antonio Moreto tra tanti altri, osservò che questa meccanica divisione di Atti e di Scene fu invenzi
certamente per questo gli moverà lite. Il male è che Montiano taccia questa prima Tragedia come difettosa, slogata, irregolar
e le bellezze di un componimento? perchè ad esse non vi atteneste in questa Tragedia? Torno a replicarvi che dovevate leggere
ola col titolo Los Amantes de Toruel, che appartiene al Montalban. Di questa nella nuova Edizione della Storia de’ Teatri vedr
Lampillas, è il disordine nella distribuzione delle scene: quasi che questa potesse introdurre nella favola la moltiplicità d
e ciò stà alla vista di ogni Leggitore, se il Signor Sedano non niega questa moltiplicità di azioni, egli è assai notabil cosa
molti ornamenti poetici permessi ad altri generi? Come si scagionerà questa favola di certe apostrofi non brevi fatte da Isab
mio intendimento di mettere in vista tutte le pruove, che ha dato in questa favola il per altro famoso Poeta Argensola, e del
che il Poeta non osservò veruna delle tre unità; ma non è preceduto a questa confessione degli altrui peccati un maturo esame.
di aver pensato a fare di ognuna delle tre Giornate una Tragedia. Di questa discolpa, strana al certo, fa galloria il Lampill
alizzarle tutte e tre quasi fossero Tragedie distinte, e trova che da questa separazione stessa nascono di molti assurdi. Di p
isogna. M’incolpa poi l’Apologista per non avere mentovato i pregi di questa Tragedia. Ma con questi principj capricciosi, con
lla Semiramide del Manfredi, rispondo colla medesima nettezza, che da questa sola domanda comprendo che l’Apologista non l’abb
non guastano colla poca verosimilitudine l’altra unità del tempo? In questa guisa si osservano le Unità? Ho trovato ancora ch
à? Ho trovato ancora che il Montiano il confessa allorchè riprende in questa favola la incredibilità che risulta dall’eccessiv
co Spagnuolo dice che in grazia de’ vivi colori, con cui è dipinto in questa Tragedia il furore di Attila, può dissimularsi qu
te las supo guardar en esta”, cioè nella quinta ch’è l’Elisa. Adunque questa sola è l’eccettuata dalla taccia dell’irregolarit
Signor Montiano intendesse se stesso, mentre dopo vere asserito esser questa una Tragedia mal regolata, dice appresso che vi s
la inviolabile l’astenersi nella Tragedia delle mescolanze Comiche? E questa non è violata nella Marcella? E il Montiano non l
11 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [G]. I COMICI ITALIANI — article » p. 987
rinda e Flavia apparivan sempre meno accostabili, e più per cagion di questa che di quella. In fatti al Cardinal Gonzaga il Ma
poter mostrar con gli effetti in cose di sustanza la stima che tutta questa Casa fa delle sue intercessioni. Et le bacio le m
tra Altezza Aff.mo parente et seruitore Il Gran Duca di Toscana. Di questa Flavia non si hanno indizi di sorta. Forse una ch
12 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [D]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 741-743
ietro mi fu da un gentil-homo Napolitano virtuosissimo spirto, donata questa comedia, la quale essendo da me vista, et in qual
li il Capitano Coccodrillo con alcune sue Rodomontate, mi disposi con questa , dico, comparirle davanti. Con tal pensiero dunqu
a nostra Compagnia chiamata in casa dell’illustre signor Conte di Gos questa istate passata, glie la rapresentassimo. Et perch
a commedia era dunque un semplice Scenario, disteso poi in parole per questa occasione. Il Bartoli, seguito dal Sand e dal Bac
13 (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « LIBRO II — CAPO II. Prima epoca del teatro Latino. » pp. 9-90
lle nazioni allontana la barbarie e ingentilisce i costumi, e toccò a questa prima vinta Grecia il vanto di erudirla e abbelli
i delle Calabrie si argomenta con molta probabilità dall’essere stata questa la Grecia vinta in guerra e soggiogata da’ Romani
de? qual gente? qual città? Ennio non copia, ma imita ed amplifica in questa guisa il sentimento:    quid petam   Præsidii?
cuba nel persuadere ad Ulisse d’intercedere per Polissena profferisce questa sentenza: Λόγος γαρ ἐκ τʹ αδοξούτω ἰὼν, κακ τῶν
particolarità che reputo più degne di notarsi. Anfitrione. Se non è questa una favola tessuta alla foggia della Greca ilarod
2. Indi altri Italiani cominciando da Pandolfo Collenuccio tradussero questa favola, e cento volte ne imitarono l’artificio e
lcmena ammetta in casa come proprio marito un altro Sosia. Piace oggi questa graziosa ripetizione de’ colori comici impiegati
puta a Plauto lo studio di filosofare con qualche affettazione; ma in questa favola sparge alcuna massima filosofica senza gon
ligero, il Castelvetro, l’Einsio, hanno osservato che Plauto pecca in questa favola contro la verisimiglianza, facendo che Alc
additatogli come fosse Saurea. Lo riceve poi Argirippo, il quale con questa chiave riapre quell’uscio che l’era stato chiuso
i moderni non si allontaneranno dagli antichi. Havvi non per tanto in questa favola molta vivacità comica. I caratteri della r
rò protettore l’erudito Benedetto Fioretti54. Casina. Greca ancora è questa favola appartenente al comicissimo Difilo, e s’in
ondo, Inimica est tua uxor mihi, inimicus filius, ecc. Difilo in questa favola non si dimostra indegno del soprannome acq
rcator, e Plauto l’imitò ritenendone il titolo. Notasi nel prologo di questa favola una novità simile a quella che abbiamo oss
padre, e ne ottiene che gli ceda Pasicompsa. Notabile a mio avviso in questa commedia scritta con vivacità e piacevolezza è si
non pensi indi a sparir dalla città per disperazione. Callicle intesa questa nobil gara, procura rimediarvi, e dar la dote all
nvenire il linguaggio da se coltivato. Giuseppe Scaligero56 considerò questa scena poco lontana dalla purità dell’ebraismo; e
erà da pascolarsi in quanto, oltre a’ nominati, dissero per illustrar questa scena il Salmasio, il Reinesio, il Petit, il Boch
che malinconia! Evviva. Tu superi me stesso che sono l’architetto di questa frode. Questo comico colore sempre piacevolissimo
na commedia, e specialmente nell’Astrolago. Il Persiano. Si tratta in questa favola dell’astuzia di un servo che aggira un ruf
on essendo scorsi che sei mesi dalla venuta del ruffiano da Megara in questa città. Saturione si rattrista al’ vedere andare i
iano. Tossilo aggiugne che sborsato che avrà il ruffiano il prezzo di questa finta schiava, Saturione si farà avanti dandosi a
on saviezza e modestia procura di rimuoverlo ancora da tal disegno in questa guisa secondo la mia versione: Verg. Di grazia,
ebbe l’unità del luogo senza mutazione di scena. Pseudolo. Vedesi in questa favola un altro ruffiano aggirato e truffato, e t
lla beffa perdendo certa sua schiava. In genere di trappole servili è questa una delle più ingegnose e piacevoli di quante se
e moderne. Il più volte lodato Cavaliere della Porta prese ad imitare questa favola Plautina nella poc’anzi mentovata Trappola
ve quell’indegno che la tiene in bocca e nel cuore. Si osservi che in questa favola ancora Pseudolo distrugge l’ illusione col
di un parassito che inganna un soldato millantatore, prende il titolo questa favola. Egli ruba al vantatore un anello, per cui
lla Repubblica prima di Terenzio. Aulularia. Somministra il titolo a questa favola un vase o pentola ripiena di oro d’intorno
iato da Italiani, Spagnuoli, Francesi e Inglesi; e lo scioglimento di questa favola in molte commedie moderne si è ripetuto. S
o Urceo Bolognese sotto Sigismondo e Federico III Imperadori supplì a questa favola alcuni versi, e l’illustrarono altri più r
bschütz, Stefano Riccio, Maurizio Sidelio65. Cestellaria. Denominasi questa favola da un cestino cogli ornamenti infantili di
dizioni, le pene e gli amareggiati diletti dell’amore. I Menecmi. Di questa commedia, che dalla compiuta somiglianza di due g
ede per lui e pel figliuolo. Nel moderno teatro Francese si trasportò questa favola, ed ebbe per titolo le Rétour imprevû. E’
tal felice evento ne ottiene, non che il perdono, la libertà. Contasi questa favola tralle Plautine più ben disposte e versegg
e per la continuata eleganza69. Stico. Il servo che presta il nome a questa commedia, è un personaggio episodico che per niun
le felici dipinture de’ caratteri, per la condotta e per lo stile, è questa commedia noverata tralle buone, e fu cara al poet
tiche commedie rispettate dal tempo, la favola più decente e pudica è questa che Plauto intitolò Capteivei. Egione ha due figl
indaro è l’altro figlio di Egione. L’unità di tempo non si osserva in questa favola. Filocrate nel fine dell’atto secondo part
nfini della verisimiglianza. Convengono i più sagaci critici in tener questa favola per una delle più eccellenti di sì gran Co
Il poeta l’avea prevenuto nel prologo: “Non troverete (egli dice) in questa favola nè versi laidi, nè ruffiani spergiuri, nè
lo stesso: “O spettatori (dice il coro degli attori col nome di grex) questa favola è composta per chi ama le dipinture de’ co
le idee elementari che ivi ne ricevettero, imparino dall’argomento di questa commedia, che gli antichi comici molte altre inve
me mio si sarà reso Chiaro, e famoso, fonderò una grossa Città, e questa città la chiamerò Gripo, perchè ella sia una me
della Poetica. 68. Fabrizio Bibl. Lat. 69. Illustrò separatamente questa favola Andrea Wilchio nel 1604. 70. Gli si attri
14 (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « LIBRO II — CAPO III. Teatro Latino intorno alla seconda guerræ Punica. » pp. 91-171
dia interamente Romana intitolata Bruto. Paolo Manuzio86 pretende che questa fosse rappresentata celebrandosi i giuochi Apolli
to faremo su di esse qualche riflessione passeggiera101. L’Andria. Fu questa la prima sua commedia rappresentata nell’additato
nore, A conservar la roba entrambe sono Armi assai frali. Deh per questa destra, Per l’indole gentil, per quel bel cuore
stra, Per l’indole gentil, per quel bel cuore, Per la tua fe, per questa istessa, Panfilo, Derelitta fanciulla, io ti sc
colore di dire alcuna cosa a voce alta ed altre con poca voce. Ma in questa Terenzio lavora con maggior delicatezza. Egli vuo
rebbe ripugnato a tal disegno. Alcuni critici ancora hanno detto, che questa favola conteneva due azioni, una degli amori di P
cera. Torna Panfilo tutto acceso dell’amor della moglie nel punto che questa partorisce, nè di lui al suo credere. Mirrina mad
gli tolto a una fanciulla una notte che la sforzò senza conoscerla; e questa fanciulla è per l’appunto la stessa Filomena. Pan
mpo richiesto al congresso di Bacchide in quella casa. Le bellezze di questa favola si presentano in folla, e noi ne accennere
ro, per la parola datane a Mirrina. Tale angustia è ben maneggiata in questa terza scena, e l’espressioni son tutte dettate da
gli si butta a’ piedi, e palesa la disgrazia. Tutte le circostanze di questa scena presentano quadri vivacissimi, pieni di aff
erà? Questa nuova giunta al di lui dolore egregiamente si maneggia in questa scena. Lachete ascrive la di lui ritrosìa agli an
scersi riceverono migliore accoglimento, così si lusinga che abbia in questa di Terenzio a rinnovarsi il passato esempio, fida
io, fidando nella benignità e nel silenzio degli ascoltatori. Piacque questa terza volta, e ciò avvenne nell’anno di Roma 588,
e di se stesso. Non cambiò Terenzio il titolo di Heautontimorumenos a questa commedia di Menandro trasportandola interamente n
una adeguata ragione, siccome è stato anche da altri avvertito104. Ma questa cosa potrebbe fare che un poeta assennato chiamas
ri di Clinia per Antifila, nello scoprimento della vera condizione di questa fanciulla, e nel carattere del vecchio Menedemo c
bblica con varie case che richiede il rimanente della commedia105. Ma questa opposizione non avrebbe luogo, se si concepisse u
cum caput Rejectus negligenter, pax! 106 Si rappresentò da prima questa favola dal soprallodato L. Ambivio Turpione e da
a volta nell’anno di Roma 591. Il Formione. Apollodoro cui appartiene questa favola, scrisse una commedia intitolata Epidicazo
fone rimane sposo della sua Fannia riconosciuta dal zio per figlia. É questa una delle commedie Terenziane pessimamente divisa
acconciamente la fine dell’atto. I codici della Vaticana giustificano questa osservazione, e contraddicono alla divisione dell
nte, e lascia i giusti intervalli all’azione senza veruna violenza, è questa . Atto I incominci, Amicus summus, e termini, Ut
eleganti versi del lodato Mons. Fortiguerra: Si stava dirimpetto a questa scuola, Ove andava ella, certa barberia. Ivi
. E se doveste Qualc’altra cosa far più faticosa? Ant. Non posso questa , men potrei far quella. Get. Questo è nulla e t
. Io leverogli il ruzzo. Poter del mondo! e Demifon sostiene, Che questa Fania non è sua parente? Sostiene, che costei n
a rabbia. E s’io per tale Tenuto non l’avessi, espor vorreimi Con questa vostra casa a nimicizie Sì fiere per sua figlia
memoria il vostro stipite, Facendovi dal nonno e dal bisnonno. Fu questa commedia rappresentata, essendo Edili L. Postumio
premise il prologo il celebre Antonio Mureto. La sesta volta sarebbe questa che si è rappresentata in Parma da’ giovani stude
’interpreta la seconda, la terza, la settima volta; or perchè solo in questa favola vuolsi che significhi bis, puntellandola c
maggior verisimiglianza nell’interpretazione del Fabro II die, che in questa II anno. L’analogia poi esige che s’interpreti la
o osservare che Terenzio in tutte le sue favole, e con ispecialità in questa , si scaglia contro il poeta Luscio Lavinio suo de
di Fedria sulla soglia di Taide. Quattro versi che danno principio a questa favola, sono la disperazione degli scrittori teat
giunte a domandar mercede. Par. Purchè il possa tu far, non v’ha di questa Nè più gloriosa, nè più forte impresa. Ma pen
o in moltissime altre che lasciansi alla loro diligenza, abbondandone questa bella favola forse la migliore tralle Latine. Non
appartenenti alla vita di Terenzio, abbiano francamente asserito che questa favola fosse tratta da una di Menandro. Niun crit
va forza una meretrice a un ruffiano, egli ha voluto approfittarsi di questa parte non toccata, per tessere questa sua commedi
egli ha voluto approfittarsi di questa parte non toccata, per tessere questa sua commedia. L’intitolò Adelphi per avervi intro
ffiano, bastonandolo e togliendogli una meretrice. Ma egli ignora che questa donna è l’amata da Ctesifone, cui Eschino ha pret
i in matrimonio con Sostrata. Tralle bellezze più degne di notarsi in questa commedia si vogliono collocare le ottime regole d
traggio ad una verginella Cui di toccar nessun diritto avevi. Già questa ella è gran colpa, Ma pure umana, e che commise
Non ti vorrei nel resto delle cose Negligente, conforme fosti in questa . Ma stammi allegro. Avrai costei per moglie.
us Servare prorsus, non potest hanc familiam. L’ultima favola fu questa che Terenzio espose sulle scene Romane. Ciò avven
Attilio Prenestino e da Minuzio Protimo colla musica di Flacco. Anche questa commedia fu nel nativo linguaggio recitata nell’I
monile, che bene esser potè il titolo della commedia di Menandro. Ma questa voce poteva anche col tempo essere divenuta nome
15 (1790) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome VI « LIBRO X ed ultimo. Teatro Italiano del secolo XVIII — CAPO ULTIMO. Conchiusione. » pp. 300-303
io, ch’essa contempla tranquillamente come dall’alto d’una collina: a questa sola storia, dico, appartiene il giudicar di tant
nza tortuosi giri alla possibile perfezzione drammatica. E chi se non questa semplice storia e questa serena filosofia sa disc
ssibile perfezzione drammatica. E chi se non questa semplice storia e questa serena filosofia sa discernere quel che può esser
he può esser bello per un sol populo, e quello che lo sarà per molti? questa che non ignora che ciò che si chiama buon-gusto n
16 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 257-258
vea Talia di propria man contesta nobil ghirlanda, e dicea lieta : or questa della PEROTTI io reco al crin corona ; Ma Melpome
sue frondi anch'ella. Sorge aspra gara : il biondo Nume incerto or di questa in favor pende, or di quella. Ad ambe alfin togli
e è nella Biblioteca Nazionale di Firenze, si trova una sua lettera a questa , in cui la ring razia di certe medaglie e reliqui
17 (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO VIII. Degl’Inventori del Dramma Pastorale. » pp. 86-94
no. Incomincia dall’escludere i pretesi Drammi Pastorali Italiani con questa grave decisione (p. 155.). Gl’Italiani non furono
uadrio, che il Rueda fiorisse verso il 1560., e stima ch’egli erri in questa data. Sarà così: ma non per la piacevole ragione
dissimulano le sue ragioni, vo’ rapportarle. La prima che propone, è questa che si legge alla p. 168.: “Nella serie storica d
mente fiorì da’ primi anni di quel secolo sino al quaranta”. In prima questa serie istorica de’ Comici Spagnuoli si è forse tr
i Fregenal, del Maestro Perez, e di Lope de Rueda. E donde cavate voi questa certezza? Così l’Apologista tremendo in congettur
a qualche opera nel 1511.; dunque allora fioriva Lope de Rueda. Non è questa una illazione ben dedotta? Lascio che la parola a
: in somma faccia egli, che farà sempre bene al solito. Mi dica solo; questa trasformazione de’ Dialoghi del Roxas su la vita
ano così facilmente per corrivi delle vostre astuzie. Ma finisca omai questa tiritiera sull’inventore della Pastorale. Un altr
18 (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VII. Teatro Francese ne’ secoli XVII e XVIII — CAPO III. Stato della Commedia Francese prima e dopo di Moliere. » pp. 36-58
o la moda prendevano nella conversazione più famigliare. Allorchè poi questa farsa si ripetè in Parigi dove il ridicolo che vi
un vecchio rapito dal piacere gridò dalla platea, coraggio, Moliere, questa questa è la buona commedia, voce della natura ond
chio rapito dal piacere gridò dalla platea, coraggio, Moliere, questa questa è la buona commedia, voce della natura onde siamo
delle sue farse il Dottore innamorato; ed il modo di rappresentare di questa comitiva piacque alla corte, e Moliere ottenne da
ginaire scritto più correttamente delle prime favole. Il carattere di questa favola parimente ricavata dagl’ Italiani non è de
ò da una novelletta delle Notti Facete di Straparola14. Essendo stata questa piacevole commedia criticata da certi smilzi lett
si elevò a così alto segno; e poche altre ridicolezze importanti come questa rimangono da esporsi allo scherno scenico. Il car
a di Filaminta preoccupata del merito ideale di Trissottino. Dietro a questa commedia nell’anno stesso venne la farsa della Co
enetra, tutto avviva e tutto purifica per l’altrui ammaestramento. Or questa filosofia da quanti filosofi e matematici d’osten
etto o prestarono il nome a chi non volle comparire. Trarremo solo da questa folla di poca importanza il Pedante burlato piace
be poi tal carattere da Moliere. L’istesso Voltaire avendo riguardo a questa Mère coquette diceva che Moliere non trovò il tea
l teatro francese totalmente sfornito di buone commedie; e che quando questa si rappresentò, non avea egli prodotto i suoi cap
ntropo, ma le Preziose ridicole, la Scuola delle donne, la Critica di questa e l’Improvvisata di Versailles, ed assai più i tr
19 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — Ferrara, li 4 marzo 1618.Ferrara, li 3 marzo 1618. » pp. 170-184
o. Poche parole ci ha lasciate nelle sue notizie Francesco Bartoli di questa comica ; ma di essa abbiamo un largo studio in du
vedendo essere impossibile di poter per qualsivoglia strada rimovere questa sua mala volontà, mi disposi ricorrere dal sig. F
gando lui che da mio cognato volesse separarmi, stimando nel rimovere questa cagione, rimovere i cattivi effetti di detto sig.
giusto e protettori de’ più infelici. Il Sig.r Flavio dunque, veduta questa perfidia, scrisse e fece che noi scrivessimo a Le
Ortensio. Ill.mo et Ecc.mo Signore. Avendo inteso che V. E. vole che questa Compagnia stia insieme, e che se vi è qualcheduno
imedio per liberarmi. Hora son forsata a suplicare V. E. a concedermi questa prima gracia che io sua humile e divota serva li
a, con speranza di essere consolata dalla gracia sua. E tanto più che questa è cossa che non a porta disonore, anzi onore e ri
orno a dire che quest’anno che viene io non uscirò fora a recitare se questa donna è in compagnia, e più tosto mangerò radice
ssi ancora molte cosse del Sig.r Fulvio, ma per non infastidilla dico questa solla, che per la sua partialità, ostinacione, no
a contrasti, a pensieruzzi stemperati puerilmente in varie forme, di questa pastorale, sistema comune, a dir vero, se non in
l’atto terzo coi versi seguenti che sono l’espressione più chiara di questa strana pazzia : L’ardir mi porge aita, l’arrogan
e, la vittoria m’innalza e mi corona !… Queste son le mie palme, ed è questa l’insegna ! Or sonate le trombe, percotete i tamb
lla recitazione di quei comici, di accenti e gesti di convenzione ; e questa opinione seguì il Bevilacqua nel suo elaborato st
20 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 301-303
ssima nelle comiche » era stata chiamata a sostituire sua madre. E di questa sostituzione così parla il Goldoni nella prefazio
arguzia sottile, ed alcuini motteggi aspri insieme ed accorti, resero questa comica sulle scene gradita. La sua fama giunse ol
ene della Didone e Semiramide e altre opere del Metastasio. Benchè in questa non prendesse parte la Bastona, nondimeno è certo
ino Limberger e Giovanni Battista Toscani ; e molto probabilemente in questa rappresentazione sarà stato eliminato il Limberge
21 (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome I « A CHI AMA la poesia rappresentativa » pp. -
enze la pubblica gratitudine? E non ebbero ragione gli antichi, che a questa scienza che migliora l’intendimento e rettifica l
è la stessa morale posta in azione: quella si trasmette per l’udito, questa si presenta alla vista: quella sa supporre un rig
ta: quella sa supporre un rigido precettore che gravemente ammonisce, questa affabile e popolare in aria gaja e gioconda non m
all’uomo che l’uomo stesso: quella parla nudamente al l’intendimento, questa l’intendimento stesso illustra commovendo gentilm
ovendo gentilmente il cuore: quella è un farmaco salutevole ma amaro, questa una bevanda vitale insieme e grata al palato. La
rla. Egli è vero che io usai ancora nella prima edizione e ritengo in questa , forse senza esempio, il termine tecnico della da
to spirale del capitello Jonico; ma non ho trovato fra’ Toscani usata questa nel senso che le diede Saverio Bettinelli di glob
r pantanosi siffatti suoi bei componimenti. a. Non volle accordarmi questa lode l’abate Bettinelli nella citata prefazione.
a continuata approvazione del pubblico par che abbia deciso contro di questa sua magistrale se non gentile asserzione. Ho poi
ate giù senza aver letto o senza avere inteso gli autori; ma chiuderò questa nota ripetendo le parole dell’incomparabile Metas
22 (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome II « CONTINUAZIONE DEL TEATRO GRECO E DEL LIBRO I — CAPO XVI. Dell’uso delle Antiche Maschere. » pp. 201-212
re di alterar colla feccia il sembiante; e gli attori conformaronsi a questa usanza per celare il proprio volto e dare a crede
on erano tuttavia ciò che poscia si disse poesia drammatica, e quando questa cominciò a pullulare da que’ semi, l’attore fece
ntovate nell’Onomastico di Giulio Polluce nel libro IV, capo 20. E di questa naturale imitazione della maschera approfittandos
l siato, e producesse un’articolazione piena chiara e sonoraa. Nè poi questa maschera di tutto il capo rimase inutile allorchè
una figura gigantesca lo rendesse visibile agli ultimi spettatori. Nè questa figura colossale noceva all’illusione; perchè se
la maschera avrebbero mirabilmente dipinto nel sembiante naturale. Di questa maschera fanno parimente menzione Polluce, e Boin
23 (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome III « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO SECONDO — CAPO III. Teatro Latino intorno alla seconda Guerra Punica. » pp. 129-244
gedia interamente Romana intitolata Bruto. Paolo Manuzio pretende che questa fesse rappresentata celebrandosi i giuochi Apolli
tanto faremo su di esse alcune riflessioni passeggerea. L’Andria. Fu questa la prima sua commedia rappresentata nell’additato
l’onore, A conservar la roba entrambe sono Armi assai frali. Deh per questa destra, Per l’indole gentil, per quel bel cuore,
a destra, Per l’indole gentil, per quel bel cuore, Per la tua fe, per questa istessa, Panfilo, Derelitta fanciulla, io ti scon
cuna cosa a voce alta, ed altra con voce bassa, e furtivamente. Ma in questa Terenzio lavora con maggior delicatezza. Egli vuo
ebbe ripugnalo a sì bel disegno. Alcuni critici hanno ancor detto che questa favola conteneva due azioni, una degli amori di P
cera. Torna Pamfilo tutto acceso dell’amor della moglie nel punto che questa partorisce, nè di lui al suo credere. Mirrina mad
gli tolto a una fanciulla una notte che la sforzò senza conoscerla; e questa fanciulla è per l’appunto la stessa Filomena. Pam
mpo richiesto al congresso di Bacchide in quella casa. Le bellezze di questa favola si presentano in folla, e noi ne accennere
ro, per la parola datane a Mirrina. Tale angustia è ben maneggiata in questa 3 scena, e l’espressioni sono tutte dettate dalla
gli si butta a piedi, e palesa la disgrazia. Tutte le circostanze di questa scena presentano quadri vivacissimi, pieni di aff
rà? Questo nuovo aumento al di lui dolore egregiamente si maneggia in questa scena. Lachete ascrive la di lui ritrosia agli an
scersi riceverono migliore accoglimento; così si lusinga che abbia in questa di Terenzio a rinnovarsi il passato esempio, fida
io, fidando nella benignità e nel silenzio degli ascoltatori. Piacque questa terza volta, e ciò avvenne nell’anno di Roma 588,
e di se stesso. Non cambio Terenzio il titolo di Heautontimorumenos a questa commedia di Menandro trasportandola interamente n
veruna adeguata ragione, siccome è stato anche da altri avvertitoa Ma questa cosa potrebbe fare che un poeta assennato chiamas
ri di Clinia per Antifila, nello scoprimento della vera condizione di questa fanciulla, e nel carattere del vecchio Menedemo c
pubblica con varie case che richiede il rimanente della commediaa. Ma questa opposizione non avrebbe luogo in chi sapesse conc
um caput Rejectus negligenter; pax!a. Si rappresento la prima volta questa favola dal soprallodato L. Ambivio Turpione e da
volta nell’anno di Roma 591. Il Formione. Apollodoro cui appartiene questa favola, scrisse una commedia intitolata Epidicazo
fone rimane sposo della sua Fannia riconosciuta dal zio per figlia. È questa una delle commedie Terenziano possimamente divisa
acconciamente la fine dell’atto. I codici della Vaticana giustificano questa osservazione, e contraddicono alla divisione dell
nte, e lascia i giusti intervalli all’azione senza veruna violenza, è questa : Atto I, incominci Amicus summus, e termini Ut n
on’ gli eleganti versi del lodato Fortiguerra: Si stava dirimpetto a questa scuola Ove andava ella, certa barberia, Ivi lei s
armi.E se doveste Qualche altra cosa far più faticosa? Ant. Non posso questa , men potrei far quella. Get. Questa e nulla è tut
itto. Io leverogli il ruzzo. Poter del mondo! E Demifon sostiene, Che questa Fannia non è sua parente? Sostiene che costei non
ga la rabbia. E s’io per tale Tenuto non l’avessi, espor vorreimi Con questa vostra casa a nimicizie Sì fiere per sua figlia,
a memoria il vostro stipite, Facendovi dal nonno e dal bisnonno. Fu questa commedia rappresentata, essendo Edili L. Postumio
premise il prologo il celebre Antonio Mureto. La sesta volta sarebbe questa che si è rappresentata in Parma da’ giovani stude
preta la seconda volta, la terza, la settima volta; or perchè solo in questa favola vuolsi che significhi bis, puntellandola c
maggior verisimiglianza nell’interpretazione del Fabro II die che in questa  II anno. L’analogia poi esige che s’interpreti l
o osservare che Terenzio in tutte le sue favole, e con ispecialità in questa , si scaglia contro il poeta Luscio Lavinio suo de
di Fedria sulla soglia di Taide. Quattro versi che danno principio a questa favola, sono la disperazione degli scrittori teat
i giunte a domandar mercede. Par. Purchè il possa tu far, non v’ha di questa Nè più gloriosa, nè più forte impresa: Ma pensa b
o in moltissime altre che lasciansi alla loro diligenza, abbondandone questa bella favola forse la migliore delle latine. Non
appartenenti alla vita di Terenzio, abbiano francamente asserito che questa favola fosse, tratta da una di Menandro. Niun cri
va forza una meretrice a un ruffiano, egli ha voluto approfittarsi di questa parte non toccata, per tessere questa sua commedi
egli ha voluto approfittarsi di questa parte non toccata, per tessere questa sua commedia. L’intitolo Adelphi per avervi intro
iano, l’ha bastonato e gli ha tolto una meretrice. Ma egli ignora che questa donna è l’amata da Ctesifone, cui Eschino ha pret
i in matrimonio con Sostrata. Tralle bellezze più degne di notarsi in questa commedia si vogliono collocare le ottime regole d
oltraggio ad una verginella, Cui di toccar nessun diritto avevi. Già questa ella è gran colpa, Ma pure umana, e che commiser
tto? Non ti vorrei nel resto delle cose Negligente, conforme fosti in questa . Ma stammi allegro; avrai costei per moglie. Non
Salus Servare, prorsus non potest hanc familiam. L’ultima favola fu questa che Terenzio espose sulle scene Romane. Ciò avven
Attilio Prenestino e da Minuzio Protimo colla musica di Flacco. Anche questa commedia fu nel nativo linguaggio recitata nell’I
Monile, che bene esser potè il titolo della commedia di Menandro. Ma questa woce poteva anche col tempò esser divenuta nome p
24 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [E-F]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 832-837
» Meglio non avrei potuto cominciar le note sul forte artista che con questa lettera, la quale dice chiaro nella sua concision
nanzi ad una gran parte è la sfiducia. Dico sempre a me stesso : ah ! questa non arriverò mai a renderla come l’autore l’ ha c
entrare in scena, poi divento freddo e calcolatore come un giudice. E questa lotta per certi lavori è durata degli anni. Prima
che cosa conta la nascita, e cosa conta l’educazione ! Pochi anni fa questa scimmia viveva nei boschi, mangiava radici e carn
È dunque da desiderare che rimanga a capo di una compagnia, e che di questa compagnia faccia una scuola, come ora sta facendo
tesso. Chi ha udito al Valle l’ Emanuel nella Odette, nel Nerone e in questa Fedora, è costretto a riconoscere non esservi ogg
omparse anche le piccole mende d’un tempo, e finchè avremo artisti di questa fatta non dobbiamo disperare interamente del teat
ro, dichiaro che in Asti non recito più, finchè il gusto artistico di questa città non sia mutato. Questa città dette i natali
25 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 288-292
na, non ha visto, nè sentito cosa rara, et maravigliosa, che certo di questa comedia sono restati tutti soddisfattissimi. L'i
Al Ser.mo S.r Duca di Ferrara mio sig.re colend.mo Del 1590 abbiamo questa lettera da Roma comunicatami da Angelo Solerti, a
ta d’ordinare i consiglieri di cotesta Città li quali sono giudici di questa causa che venghino all’esecuzione della sentenza,
el 1593 (D'Ancona, p. 330). Grandissima artista dovett’essere in vero questa Vittoria, se si disputò il primato con la famosa
udele pietà, di molle asprezza, l’alma m’avvince, ed incatena il core questa maga d’amore, de' Socchi, de' Coturni e delle Sce
26 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » p. 73
sono in Napoli con cinque persone carico di debiti fatti per uenir in questa Città, non con altro ogetto che di leuarmi dalla
arzia (la Fiali) che sincero, et anteriore à quello, che haueuano con questa signora…. Il che concorderebbe forse col fatto de
27 (1715) Della tragedia antica e moderna
11, quanto agli sterili osservanti aristotelici. Una prima traccia di questa ricerca erudita sono probabilmente le pressanti r
ova alla bella inclinazione ch’ha per me che per dare alcun risalto a questa sua opera piena d’una profonda erudizione e di un
le Tuileries, dove si svolge, tre giorni dopo, la quarta sessione. In questa prima redazione la tentazione di scrivere un ‘com
iccome ho fatto in Italia e vederassi a suo tempo36. Della natura di questa seconda revisione non è possibile, allo stato att
i teatri son pieni di donne, dove, essendo rimosse dal teatro antico, questa effeminata passione venia trascurata dai loro tra
ima [1.1] Sempre fu pieno il mondo e sempre lo sarà d’impostori, e questa è una certa razza di spiriti o torbidi o disperat
spero di separare nell’animo tuo la derisione dalla maraviglia e che questa prevalerà a quella, dimodoché non disprezzerai ne
lo che mi vuol mortale, non mi han secondato, in guisa che io godo di questa luce per l’ultimo secolo. [1.20ED] Tu ridi ancora
ra adducessi. [1.56ED] Nella poesia sì che sta tutto il guaio, perché questa fu, per così dire, inventata e certamente perfezi
lchi rappresentiamo. [1.60ED] Anzi, se il mondo è più scellerato, per questa stessa ragione gli dovrebbero piacer più le vostr
. [1.92ED] Ti dei ricordare averti io poco fa detto che ti conosceva: questa almeno non è un’impostura. [1.93ED] Dal ritratto
i moderazione avessero quanto hanno d’ingegno! — [1.94ED] — E qual fu questa conversazione — io diceva — in cui la prima volta
o!» ad ogni parola e quello era io: guardami bene ed esamina se sotto questa parrucca, che mi ha non so se abbigliato o più de
rucca, che mi ha non so se abbigliato o più deformato, ti sovviene di questa figura che pur dovrebbe esserti rimasta fitta nel
plauso che vari passi bellissimi e forti meriterebbero e, se ben peso questa popolare sentenza, nell’una parte la trovo giusta
non l’amano punto i Franzesi, né mai l’amarono i buoni Italiani, e in questa parte merita tutto l’applauso il nostro greco giu
vato che nel corso della sua vita non ne possa numerar qualcheduna di questa tempra bizzarra ed apparentemente incredibile. [1
scambio e per travestirsi senza esser ravvisati; e però torno a dire: questa sorta d’avvenimenti, come universalmente creduta
purché, come è ingegnoso il viluppo, lo scioglimento sia naturale; e questa è la spina che per lo più guasta la fioritura del
dunque la commedia assai più ingegnosa della tragedia, mentre che in questa non contenendosi stranezza di avvenimenti, come n
in miseria ascenda ad impensata felicità ci fa il medesimo effetto; e questa è la peripezia tanto per me rinomata, senza di cu
roduce meraviglia insieme e diletto negli ascoltanti. [1.138ED] Anche questa sorta d’avvenimento viene verisimilmente ammessa
ad esser cagione ed effetto di sé medesime. [1.142ED] Dissi che senza questa agnizione può sussistere la tragedia, ma ti confi
applauso; l’una è fisica, e quella te la perdono; l’altra è morale, e questa non è da trascurarsi per verun conto; nasce quest
’altra è morale, e questa non è da trascurarsi per verun conto; nasce questa dallo scoprimento d’una passione in un animo oppo
’ miei insegnamenti a’ posteri ingrati. [1.150ED] Troppo ho stemprata questa mia secca testa nella meditazione del vero, onde
a quattr’occhi fra noi due soli segua, con reciproco nostro diletto, questa che chiami impostura. — [1.157ED] Così, all’imbru
ì, perché là si crede maggior perfezione ove è maggior semplicità e a questa ragione aggiungon l’esempio delle greche tragedie
si caret arte, egli è uopo spiegare in qual guisa si debba intendere questa triplicata unità; e anticipatamente ho da dirti c
di un giorno, poco più, poco meno». [2.13ED] In fatto i miei Greci in questa parte possono essere imitati dagli Spagnuoli, e s
itrovo pur orma. [2.19ED] Pure per farti intendere come io concepisca questa unità, è necessario che io ti parli ancora della
azione, una di un giorno, non si dee rappresentar che in un luogo; ma questa unità non è così semplice come altri se la figura
elle quali tutto il mondo letterato conviene, io dica qualche cosa di questa terza in cui non convengono alcuni dei più scrupo
troppo — rispose Aristotile — men conseguisce. [2.26ED] Ed io voglio questa volta dir qualche cosa contra i filosofi, perché
oco di esser tu il Creatore e di aver lena di creare a tutta norma di questa idea i corpi umani. [2.32ED] Tu creerai milioni d
prontati e moltiplicati. [2.33ED] Or qual disordine non nascerebbe da questa ideal perfezione? [2.34ED] Ma contraponi ora all’
nta varietà di governi adattati a’ geni ed a’ climi degli abitanti di questa Terra. [2.38ED] Cicerone nella sua opera a Bruto
ccedono l’essere di una verisimile rappresentazione, e però chi cerca questa perfezione cerca mostruosità, cerca chimere. [2.4
gue mai che in più luoghi. [2.50ED] Quello che si vede è la scena, ma questa è sempre stata composta di più parti corrisponden
può credersi abitare i personaggi da’ quali è maneggiata l’azione, e questa sorta di scena anche oggi fra’ vostri dipintori c
a quanto più d’aiuti esterni abbisogna. [2.56ED] Ed io ti replico che questa è una di quelle perfezioni chimeriche. [2.57ED] N
municarsi, egli è vero, alla mente de’ leggitori per la scrittura, ma questa non dà tutto il nerbo dell’eloquenza, se chi legg
o — soggiunsi — che i tragici greci non abbiano mutato mai scena e di questa costante opinione è il padre Scamacca in un suo d
materie bucoliche largamente cantassero, e tu sai tutta la gloria di questa sorta di dramma comunemente esser data al vostro
ri in un bosco. [2.93ED] E lascia dire il padre Scamacca intestato di questa unità rigorosa di scena, che non contento d’aver
uinci partirsi col dire: Non parti da noi, né partirai nuovamente da questa casa senza strepito? [2.107] Vorrei sapere se ho
e entrare in casa, dunque era in strada. [2.110ED] E che sia vero che questa tragedia è composta di due mutazioni di scena, El
infuriato, dice più a basso, parlando al Coro: State altre di voi in questa via pubblica, altre in quest’altra via a custodia
a figliuola dice male di lei, che la mette in disgrazia de’ popoli; e questa vedova ed erede del grande Agamemnone, a cui cent
tragici, ma non mai la comica, come da te puoi osservare in leggendo questa tragedia tutta eseguita in un bosco, in un antro,
mo e non si può a bastanza esprimere quanto validamente un parlare di questa sorta ci muova ad amore o ad odio verso o contro
onaggio, allora che l’introduce solo a discorrere; e per me credo che questa sia una di quelle libertà che dal teatro vengano
dando al canto la danza, e sempre chiamavansi Coro, veramente tale in questa ultima funzione e abusivamente detto ancor tale o
oi soliloqui né di quel che chiami sceneggiamento. — [3.37ED] — Siasi questa — io soggiunsi — o parzialità tua o ben fondato g
li oggetti amanti ed amati produce sempre l’amore o sia l’amicizia, e questa è unione per sé sterile, che nulla propaga se non
la degl’intelletti. [3.53ED] Quella de’ corpi propaga gl’individui, e questa è comune anche a’ bruti siccome all’uomo e alla d
e il suo compimento dal corporalmente accoppiarsi nella generazione e questa è il fine dell’amor sensuale. [3.55ED] L’unione d
ilmente da tale accoppiamento intellettuale. [3.56ED] E non è già che questa union d’intelletti non possa avvenir fra l’uomo e
mori rappresentati fra uomo e donna una fortuna che noi non avemmo, e questa è la religione. [3.61ED] La religione vi vieta gl
favellan d’amore senza cagion d’arrossire e rendon sì bella e sì pura questa per sé fecciosa e vile passione, che dove prima e
far comparir gastigati in pena del lor malvagio costume. [3.63ED] Ma questa fuga dell’antica colpa degenera in vizio ogni vol
vvero ne’ caratteri de’ loro personaggi fan troppo vivamente spiccare questa passione amorosa. [3.64ED] Tanto l’amore quanto l
rchia e rovina, e la principal figura delle tragedie sarà occupata da questa indegna passione. [3.70ED] Così non fusse. [3.71E
scoprir con gelose malizie gli amori fra essa e Xifare di lui figlio, questa viltà di passione me lo disfà più di quello che l
ingo già ad odiare la verità per amar troppo Aristotile. [3.75ED] Con questa piccola protestuccia ti dirò ancor qualche cosa s
d’Ippolito attaccato dalla matrigna, a cui vigorosamente resiste, ma questa sua resistenza non tanto si dee rifondere nella v
me (perdona al vero) le vostre sarebbero le nostre tragedie senza che questa bella passione le rinverdisse. — [3.81ED] — E no
rduto gli amori sono affatto celesti fra madre, figlio e parenti: per questa tua condotta ne’ quattro drammi accennati hai tu
tazione ove non avesse gran parte la sua passione favorita; e giacché questa difficilmente può dal cuor suo sradicarsi, è alme
anchezza ci vuole — ripigliò l’Impostore — nell’impostura: almeno con questa il tuo avversario ha fatta tacere la disputa; ma
xίδες seu arbores stipite oblongo instar radii» e, per confermarsi in questa credenza, riporta una legge di Sfiromaco, dalla q
a il mio purgar gli affetti col terrore e con la compassione non è in questa sfera, e son obbligato all’interpretazione che in
à camminati tutti i paesi sin ora scoperti dagli uomini, mi ho eletto questa per lasciar le mie ossa in un regno che fra tutti
de’ giorni suoi spensierato. — [3.117ED] — Approvo quanto tu dici in questa parte — io risposi — e tanto maggiormente io l’ap
ardevole quello delle Tuillerie. [3.131ED] Là riconoscerai facilmente questa contraffatta caricatura e là potrò finire di sodd
ran regno, che se altra città non avesse come ne ha tante potrebbe da questa sola cavare a suo talento gli eserciti e, dopo tr
uirne de’ nuovi non meno formidabili e numerosi. [4.8ED] Confesso che questa aspettata, ma sempre maggiore grandezza di cose m
tata dalla curiosità di trovarmi ad una tragedia franzese e massime a questa che è delle più rinomate del mentovato poeta. [4.
ol dirmi all’orecchio: [4.15ED] — Figliuolo, sta ben composto perché questa per altro allegra nazione che tu hai veduto per l
Racine; dimani l’Anfitrione dello spiritoso Molière. [4.17ED] Goditi questa tragedia e quella commedia, e assaggiate che avra
rappresentazione ragioneremo. [4.24ED] Statti intanto attentissimo a questa tragedia, giacché il concerto delle viole ci fa s
pento dell’avere in simil guisa rimate le mie tragedie, con tutto che questa nuova sorta di verso italiano abbia eccitato sì g
non di quello che ormai comincia ad assordarmi, perché io credeva in questa parte i miei giudici men passionati che ragionevo
ermi.» [4.34ED] Si può udire, caro Aristotile, maggior sciocchezza di questa ? [4.35ED] Quasi che fra il verso franzese ed il m
ito con plauso, né che il famoso Luigi Riccobuoni (dovendosi molto in questa parte credere a’ comici) mi abbia scritto più vol
ancia, conchiudono che le rime franzesi nella maniera del recitare di questa nazione non si distinguono, ove ne’ recitamenti i
, ma in oggi che, la Dio mercé, mi son trovato con le orecchie tese a questa tragedia, ti assicuro che ho benissimo distinto l
sicuro che ho benissimo distinto le rime e che invece di stancarmi di questa lor consonanza me ne sono, oltre ogni credere, co
ssametro, è misurato da sei piedi, parte dattili e parte spondei, con questa legge che da uno dattilo con uno spondeo che a qu
riamente, come in quello: Nemica naturalmente di pace. [4.56] Fatta questa prova che vi riuscirà quale io dico, fatene un’al
ta seccagine di Aristotile tanto impugnata dal genio tuo l’incontrerà questa volta; dalla qual cosa ricaverai che il verso gre
ancor che debba ammettersi nella tragedia la rima, pretenderassi che questa più naturalmente risuoni alternata e che non entr
rso franzese costantemente si osserva. [4.84ED] Condanneranno altresì questa uniformità di verso, non mantenuta né da’ Greci n
ente spiegato nella mia prima dissertazione e ciò perché io considero questa misura di versi non regolata dal metro, ma ben pi
ribitur»; e così sente ancor Diomede trascritto da Beda. [4.87ED] Con questa ragion mi lusingo che a’ miei versi, che in verit
uell’armonia che non è perfezionata da ritmo. [4.88ED] Mi conferma in questa opinione il dotto discorso di Sforza Pallavicino
altra ragione non ti sovvenga per sostenere il mio impegno; e però in questa parte usa pure della tua abituale sincerità e sen
esto sia un gran segreto per la mozione delle passioni, mentre, posta questa condizione, promette: Et quocumque volent animum
il poeta nascosto sotto l’attore; e però non essendo tanto propri di questa sorta d’imitazione tutti quegli ornamenti poetici
monia variamente usata o a commuovere o a tranquillare gli affetti; e questa è una forza fisica, di cui più si vede l’effetto
ione, perché solamente nell’ultimo del suo periodo risonando la rima, questa lo fa conoscere per verso; dove, se tu invece di
rfezione il vero parlare quando ci asterremo dall’artificio palese di questa rima. — [4.106ED] — Io — replicava l’Impostore —
esti han seguito il lor genio, o per meglio dire sonosi uniformati in questa piccola parte al genio corrotto del popolo. [4.13
libri vedrai chiaramente la verità di quanto ti espongo. [4.148ED] Di questa natura per lo più sono tutti i linguaggi oriental
rmente con un altro che più copioso sta preparando, dà a divedere che questa lingua non ha finito di crescere e di arricchire.
ì nel verso che nella prosa, usando in quella la misura e la rima, in questa il numero del periodo raggirato, lo che contradic
ossolana, violenta e stomachevole delle desinenze simili»; ma in oggi questa impostura esser cessata e volersi da’ giovani il
ria e non gloria. [4.193ED] Quinci l’impostore, postosi alla testa di questa truppa sedotta, insulta impunemente la vera savie
le soprabbondanza. [5.11ED] Il marmo, il bronzo e sin l’oro è vile in questa reggia, mentre persino i tetti della medesima spr
oldati provista con abbondanza. [5.28ED] Dirò solamente che osservata questa vasta opera, del cui materiale potrebbe Augusto p
a, dall’antica tragedia, perché in esse parte solamente cantavasi, in questa tutto si canta, e però a questo proposito si può
i ragione di deplorare la sorte di quegl’ingegni che s’imbarazzano in questa razza di dramma ed io, che vari ne ho posti in sc
rispetto al nostro presente soggiorno, che sfuggiamo di paragonare in questa parte la musica franzese all’italiana. [5.50ED] C
essori più rinomati; ed io, che son Greco, difficilmente mi separo da questa opinione. [5.53ED] Ma il peggio si è che l’autor
a stampata delle più scelte ariette franzesi dà anch’gli il pregio di questa rappresentazion musicale a voi Italiani. [5.54ED]
zatore franzese vi dà per le mani, benché fosse de’ men pellegrini di questa ballerina nazione. [5.105ED] Con tai condizioni t
ne di tutti le altre trionfi e le altre non servano che a far spiccar questa , la quale, essendo la più comune a tutti gli uomi
però vero che per amore della repubblica ti dee piacer l’onestà: con questa l’affetto amoroso è utilissimo a’ cittadini, invi
he incontro ed avvenimento non aspettato dagli uditori. [5.129ED] Con questa distribuzione ti fo sicurtà per la felice riuscit
a prima parte dell’aria, che poi ripetesi dal cantore, essendo che in questa facendo il compositore brillar l’artificio delle
da i tre versi e si contenti di quattro quando saran quadrisillabi; e questa regola si osservi inviolabilmente nelle altre can
eri poetastri: vorrei una corrispondenza ben regolata di rime, perché questa non può che piacere al compositore, a’ musici, al
l’impresario, il quale dee pagarti la tua fatica (non arrossire, che questa è l’unica sorta di poesia destinata a servir per
o che dalle loro operazioni si può esiggere. [5.206ED] Io pure era di questa opinione allora che abbozzai la mia Poetica o fos
non sia così agevole il contrariar la natura che il secondarla, e per questa ragione pochi sono i mostri e gli animali son mol
presente fortuna. [5.233ED] Ma quando si serve, si è servidore; e in questa linea opera onoratamente la poesia, niente comand
solo ubbidendo alla musica che in teatro n’è la padrona. [5.234ED] E questa musica poi è una delle arti più meravigliose e pe
ze che o furono o sono sotto la giurisdizione reale e con le quali ha questa potenza avuto contesa, modellate in piccolo da un
ine, con maestria sinora da pennello umano non imitata. [6.7ED] Ma in questa del Loure altro vi è che pittura. [6.8ED] Le picc
lla figura e foltezza a cui fra noi altri il nero busso riducesi, con questa differenza che là dove il busso esala un odor dis
ata ma naturale, nel che veracemente sono eccellenti i bravi poeti di questa nazione. [6.27ED] Cantano insomma allor che decla
stro metro: di tanto peso è alla tragedia il numero e la dolcezza; ma questa dolcezza così importante all’imitazione per muove
ra sorta di musica, detta cromatica, pur era nella nostra tragedia, e questa era quella che framezzava gli atti secondati dall
otte sul palco l’opere in musica che noi non avemmo, vi dispensate da questa terza specie di musica nella tragedia, contentand
i ha una parte di coro la qual si mescola con gli attori, accenno che questa che io chiamo coro, non canta, essendo un accompa
6.70ED] Io non credo di aver teco a contrastar dell’azione, perché di questa nel teatro franzese veduto avrai maraviglie e mar
ante che nella muta. [6.71ED] Voi Italiani particolarmente mancate in questa seconda, non si prendendo i vostri attori veruna
i più attento quando non parla e, quando parla, di più commosso; e se questa è perfezione (siccome in parte concedo) avanza la
na ciocca di capelli che le scherzava sul petto, quasi le fosse ancor questa d’inopportuno imbarazzo a cacciar fuori del seno
endere o l’elmo o il diadema. [6.91ED] Ma, Dio buono!, facciamo almen questa corte alla loro stimata nazione: vestano i Greci
’azione non chieda che ei debba in altra parte portarsi; e allora, se questa parte è determinata, avvertiamo che a quella volt
e ivi era Giunia, e di Quinault, che era Brittannico, la scena in cui questa povera principessa è astretta da Nerone, che sta
altra parte e dentro il proprio appartamento; mi fu detto ancora che questa poca avvertenza fu notata da tutto il popolo inte
di maestà che è indivisibile dal genio grave della nazione, dimodoché questa danza sembra più tosto un passeggio adorno di biz
chiaman ‘opera’ adoprano. [6.131ED] Ma certa cosa è che i Franzesi in questa parte dan bene che imitare a voi Italiani, e siet
hé più di noi Greci, meno certo di voi moderni Italiani han saputo in questa parte inventare i vostri antecessori latini, benc
per camuffare l’uniformità prosodica che la consuetudine suole dare a questa prosa ritmata’. [commento_4.145ED] Cicerone… ju
re). Sessione quinta [commento_5.8ED]-[5.23ED] Ma si confronti questa descrizione con quella ben meno lusinghiera del V
, Œuvres mêlées, II, cit., p. 395. [commento_5.35ED] Secondo canone, questa volta relativo al melodramma, che include: Giovan
pp. 28-29, 54; e qui supra V.[82]. [commento_5.236ED] Altro canone, questa volta musicale: Bernardo Pasquini (1637-1710), Gi
1713, «Illustrazione italiana», 11 marzo 1906, p. 234. 20. Conforta questa ipotesi la Vita scritta dallo stesso Martello: «I
vole ridussi già la greca e la latina», e passim. 44. Una lettura di questa porzione ha offerto C. Gallico, «P. J. M. e “La p
28 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 164-168
e alla riproduzione del frontespizio, per dare una idea ben chiara di questa variazione (sudiciotta, se vogliamo) della masche
i ?). In fatto l’ingegno, il giuditio, il sale che sta riposto in questa guardarobba di scienze, in questo scrigno di dott
o in questa guardarobba di scienze, in questo scrigno di dottrina, in questa zucca, in questa chirichiocca Spacchesca, è vedut
arobba di scienze, in questo scrigno di dottrina, in questa zucca, in questa chirichiocca Spacchesca, è veduto da’ ciechi, sen
ttore à mettergli d’accordo, senz’ altro si romperebbono la testa : E questa mattina appunto (ò bel caso diavolo, alzate l’int
ca senza, quasi Felle sine, senza fiele, senza amarezza. Alla fè, che questa mi cauò quasi diffatto della brachetta la sentenz
tto della brachetta la sentenza à favor suo ; ma ricordandomi, che in questa materia giudicevole Tanti causa mali femina insal
o stato il fondatore di Bologna, & io debbo riportare il vanto di questa lite, e voi altri Signori Dei resterete come senz
do son diuentato vn pò pò nero : Ma ’l nero il bel non toglie. E però questa sera (nobilissimi Signori Bolognesi) pregato da’
29 (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome II « CONTINUAZIONE DEL TEATRO GRECO E DEL LIBRO I — CAPO XII. Teatro di Aristofane. » pp. 16-140
guerra posti al confronto de’ vantaggi della pace. Del sale comico di questa favola il lettore prenderà diletto a misura che s
rofonda spelonca che ha coperta e serrata con gran sassi. Nè contenta questa fiera nemica della pace ha fatto condurre nella c
eggasi cosi bene accompagnato. Con tutto ciò la più vaga allegoria di questa favola consiste nel Coro che fa sforzi grandi, ti
contadini gli deridono e seguitano a godere, a cantare, a saltare. In questa favola vedesi trasgredita l’unità del tempo in va
, e non dice mai una parola . Lisistrata (Λυσιστρατη). L’oggetto di questa favola è d’inspirar la pace come nella precedente
o la vincono, e costringono gli uomini a far la pace. Di passaggio in questa commedia vien motteggiato Pisandro uomo di bella
ammatica contro le donne sfacciate, altiere, ambiziose, si osserva in questa favola. Si ridicolizza la loro stravagante preten
le maniere; e se Aristofane non ha commesso un errore nel costume, in questa scena si scopre la grossolana libertà e schifezza
esoro commune, dal quale saranno tutti pasciuti. Ella non eccettua da questa communità nè anche le donne. Tutti (le si oppone)
Una delle satire più vivací contro delle invénzioni tragiche contiene questa commedia, la quale prende il titolo dalle feste d
feste di Cerere, e dal soprannome Tesmoforo legislatrice attribuito a questa Dea. Vi si agita una comica difesa di Euripide al
prestati a’ mariti per farli impazzire ed altro. Il romore che eccita questa maligna orazione, è sospeso dall’arrivo di Cliste
di qualche scena tragica, No , dice, non fia che mai più tu allatti questa fanciulla, se non sono lasciato in libertà; con q
fuga, fingendosi Elena moglie di Menelao. Una donna lo rimprovera per questa nuova follia; ma egli senza darle retta pronunzia
del tempo che va tramezzandosi fra essa ed il Comico Greco. Anche in questa favola osserva il riputato Poeta Cesareo (nel cap
ed Euripide erano già trapassati, quando fu composta e rappresentata questa favola, nella quale di que’ tragici si giudica, e
bella, cioè quella di un legno ed una corda, impiccandoti. Bac. Oibò, questa via suffogatoria non mi piace. Erc. Ti dirò quell
Intendi tu con manipolare qualche veleno? Erc. Sì certo. Bac. No, no, questa mi farebbe subito gelar le gambe. Erc. Ne vuoi tu
a e restati. Per conforto una cagna, or vanne e stringila. Bac. Oimè! questa è l’Empusa! San. Oimè! questa è l’Empusa! Affè c
agna, or vanne e stringila. Bac. Oimè! questa è l’Empusa! San. Oimè! questa è l’Empusa! Affè ch’io credolo. Vè vè che il vis
Equigalto. Ma a ciò Eschilo risponde. Oh ignorantissimo! impara che questa era una dipintura capricciosa fatta sulle navi.
, la più abbondante di colori comici tralle commedie di Aristofane, è questa intitolata le Nuvole composta nel nono anno della
maligni sacerdoti professori di cloquenza Anito e Melito per comporre questa commedia col fine dí procurar per tal mezzo la co
le, cosa che far non potrebbe, se co’ piedi toccasse la terra, perchè questa attrarrebbe a se l’umore delle sue cogitazioni ,
e satireggia quelle de’ suoi competitori e antepassati. Dice di esser questa la migliore delle sue favole, e spera che l’udito
solo vi aggiunse una vecchia ubbriaca che faceva un ballo lascivo, e questa ancora egli tolse da Frinico. Ermippo poi l’intro
cosa da cercare… Oh! l’ho trovata, è bellissima. Vedi tu, o Socrate, questa pietra de’ venditori di farmachi sì rilucente, co
Socr. La chiami tu vetro? Strep. Sì. Socr. E bene? Strop. Se piglierò questa pietra, quando il Notajo stà imprimendo le letter
o piacevole è la scena di Strepsiade col figliuolo. Il sale comico di questa , per avviso del dotto Brumoy, non è dissimile da
(cioè del proprio gusto) il quale nè arte ne ordine riconosceva in questa favola e si rideva della semplicità di Madama Dac
avvezzi a durar la fatica di leggere con riflessione. Si rappresentò questa favola nella festività de Baccanali con un prodig
i Uccelli nella nuova città. Il verisimile drammatico viene offeso in questa favola manifestamente, formandosi il progetto, ed
om. Oimè!… Che Giove non mi vegga!… Dov’è Pistetero? Pist. Che cosa è questa ? Chi è costui che viene così coperto? Prom. Vedi
ista Pistetero, e terminano gli esercizii spirituali dell’empietà. In questa favola che parmi la più strana e bizzarra e la pi
ostanze, e Metone astronomo. Le Vespe (Σφηκες). I giudici vengono in questa farsa caratterizzati come vespe. Vi si dipinge la
co’ principii della commedia nuova, ed io sempre dovrei ripetere che questa differisce di molto dalla farsa allegorica; cioè
co figliuolo di Carcino. I Cavalieri (Ιππεις). L’oggetto del poeta in questa favola denominata così da un Coro di Equiti o Cav
ioè intorno a tremìla scudi che furono regalati al poeta. Si finge in questa commedia che Demostene e Nicia capitani mentovati
duttore di Demostenea trasporta colla solita grazia alcuni squarci di questa scena per mostrare le smancerie adoperate da ambe
eli delle qualità richieste ne’ suoi governatori, premiò l’autore per questa commedia. Il dotto critico ciò scrivendo non badò
ll’allegorico pizzicagnolo de’ Cavalieri. Gli Acarnesi (Αχαρνεις). In questa favola ancora si vuole insinuar la pace, mostrand
ppiarvi a qualche trappola, Vi chiamano violi-ghirlandiferi All’udir questa voce melatissima Di gioja vi traballano le natich
sieli non dovette avvedersi di tale artifizio, allorchè asseri che in questa favola era uno confusione di cose parle orribili
a quale sola ne forma tutta la piacevolezza. La spoglia allegorica di questa favola copre un tesoro di filosofiche verità, e m
arricchisce. Osserva giustamente l’erudito Benedetto Fioretti che in questa favola l’azione abbraccia lo spazio di due giorni
Ὶππεις, cavalieri, per lo nobile uso che essi fanno del cavallo. E se questa madre vuol chiamare il figliuolo Callippide, p. e
ndendo la patria, e l’ardire che ha di uguagliarsi a Temistocle ec. E questa fu l’accusa che fe condannar Cleone. a. Qui allu
dunque sicofanti erano i delatori de’ contrabbandisti di fichi, e poi questa voce divenne più generale, e comprese tutte le sp
30 (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « PARTE I — LIBRO VI » pp. 94-106
a divisa in tre atti o giornate, ma una rappresentazione de’ fatti di questa regina in tre favole separate. Nella prima giorna
e mal accozzate, in bassezze e indecenze. Elisa Dido non rappresenta questa regina amante di Enea come cantò Virgilio. La fav
risce nel V, ed il Coro apre la stanza ove dimorava Didone, e si vede questa regina trafitta dalla spada di Jarba, che ha la c
to quattro volte, e compiuto nel quinto. Il Montiano affermava che in questa favola si rispettano le regole, ma per regole int
senza nulla intendere di poesia, volle parlar della drammatica, stimò questa Dido una tragedia perfetta. Compete questa osserv
ar della drammatica, stimò questa Dido una tragedia perfetta. Compete questa osservazione ad una favola, di cui tre atti almen
31 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — Pisa, li 13 agosto 1745. » pp. 192-197
alle ginocchia di suo padre. G. Perchè adunque differite voi a dargli questa consolazione ? D’A. La mia famiglia, i miei paren
ente cinto d’alloro. G. Qual è dunque il vostro stato, o signore ? A questa domanda si alza il D’Arbes dalla sedia, batte la
azioni, non posso farlo. D’A. Rispetto le vostre occupazioni ; farete questa composizione quando vorrete, a tutto vostro comod
media doveva essere col Pantalone in maschera o a viso scoperto, ebbe questa risposta, che delinea ancor più la comicità e, di
ato dal Goldoni : Avrò dunque una commedia del Goldoni ? Questa, sì, questa sarà la lancia e lo scudo, di cui armato andrò a
pagnia di Medebac, per non occuparsi che della sua andata a Dresda. E questa partenza mise più d’ogni altra cosa in impicci il
32 (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « A CHI AMA LA POESIA RAPPRESENTATIVA. » pp. -
ienze la pubblica gratitudine? E non ebbero ragione gli antichi che a questa scienza che migliora l’intendimento e rettifica l
è la stessa morale posta in azione: quella si trasmette per l’udito, questa si presenta alla vista: quella fa supporre un rig
ta: quella fa supporre un rigido precettore che gravemente ammonisce, questa affabile e popolare in aria gaja e gioconda non m
all’uomo che l’uomo stesso: quella parla nudamente all’ intendimento, questa l’intendimento stesso illustra commovendo gentilm
ovendo gentilmente il cuore: quella è un farmaco salutevole ma amaro, questa una bevanda vitale insieme e grata al palato. La
rla. Egli è vero che io usai ancora nella prima edizione e ritengo in questa , forse senza esempio, il termine tecnico della da
to spirale del capitello Jonico, ma non ho trovato fra’ Toscani usata questa voce nel senso che le diede il Sig. Bettinelli di
. Bettinelli nel poema delle Raccolte. 13. (*) Non volle accordarmi questa lode il Sig. Ab. Bettinelli nella citata prefazio
a continuata approvazione del pubblico par che abbia deciso contro di questa sua gentile asserzione. Ho poi troppe volte mostr
gettate senza aver letto o senza aver inteso gli autori; ma chiuderò questa nota ripetendo le parole dell’incomparabile Metas
33 (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO IX. Teatro di Euripide. » pp. 134-207
edie di Euripide vera scuola di eloquenza . Egli è non per tanto per questa medesima ragione che si allontana talvolta dal ve
non fanno così, dunque gli antichi offendono il decoro . l’azione di questa tragedia acquista dal principio del l’atto quarto
imo lamento, come ben fece il Dolce, Madre, misera madre. Poscia che questa voce. Di misero e infelice Ad ambedue conviene.
eco pittore tanto vantato da Cicerone trasportò nel suo famoso quadro questa felice situazione. Volle ancora il celebre Racine
e, come pur ha fatto il p. Carmeli. Non è improbabile che gli atti di questa tragedia sieno sei, e che il quinto termini dopo
a scena del l’ultimo addio della madre e d’Ifigenia, colle parole che questa dice alle fanciulle perchè cantino in onore di Di
n Grecia ad Oreste. Fra quante agnizioni si sono esposte sulla scena, questa ad Aristotile parve una delle eccellenti, ed a no
amare l’attenzione del l’uditorio, e a tenerlo sospeso. Osserviamo in questa favola che dopo la scena d’Ifigenia e Toante, il
tato nella stampa del l’Ifigenia in Tauride; ma a mio giudizio cede a questa assai in patetico, in moto, in nobiltà e in inter
e in teatro con una corona in testa che indi offerisce a Diana, e per questa corona che egli porta, ricevè quel l’aggiunto; de
lo il Coro e si trattiene sullo stato di Fedra; or non potrebbe esser questa la fine di un atto? Ma vi è attaccata anche la sc
elette A l’esercizio de’ corsieri ardenti, Deh perchè non poss’io con questa mano Generoso destrier domare al corso? Nutrice M
gione verso gli dei, che cosa avremo appreso de’ pregi inimitabili di questa bella tragedia? I giovani non ne sapranno se non
pag. 48) colla solita sua sicura lettura e martellata erudizione, che questa tragedia è di Sofocle. Avventuratamente però per
ciò che la musica riguarda. Egli stesso non fece di più nel tradurre questa medesima scena in maniera, com’egli dice, diversa
uba non credesse vero quel che avea sotto gli occhi. Sa egli bene che questa voce qui manifesta l’enorme, atroce, stupenda ser
assioni forti per dar motivo al l’espressione della musica. I cori di questa tragedia sono tratti dal soggetto e pieni di pass
a di Euripide non contiene l’azione del l’Andromaca di Racine, perchè questa è la vedova di Ettore che teme per la vita di Ast
ia per andare a Delfo ad uccider Pirro, e nel quinto si narra in Ftia questa uccisione già avvenuta in sì poco tempo, e vien p
ioni non giungono a darne a conoscere tutto il patetico, e molto meno questa nostra che si ristrigne a un solo passo spogliato
movimento teatrale sommamente tragico. Quello che mai non piacerà in questa favola, è il personaggio di Egeo introdottovi sen
pure dal Tasso trasportato nella Gerusalemme. Il Dolce non si curò di questa bellezza, e la sua scena rimane sterile. Nè anche
ampo Argivo e le loro armature. È da credersi che prima di avventurar questa censura quel dotto Critico si sarà assicurato del
etta i figliuoli. Nulla di più tragico, di più vivacemente dipinto di questa deplorabile strage, in cui eccitano ugual compass
e degli Eraclidi, cioè de’ figliuoli di Ercole, onde prende il titolo questa tragedia. L’erudito Udeno Nisieli ossia Benedetto
rabile, contro il parere degli Ateniesi stessi, lo manda a morire. In questa tragedia ancora Euripide nulla omette che possa r
etastasio, fino discernitore delle bellezze degli antichi, si vale di questa scena di Euripide nel l’Achille in Sciro, ma sull
la strana malattia degli Abderiti avvenuta a’ tempi di Lisimaco. Era questa una febbre che di ordinario durava sette giorni,
quest’opera del 1787 feci alcun cangiamento sulle pause degli atti di questa tragedia, e stimai ben fatto avvertirae la gioven
34 (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO VI. Teatro Greco. » pp. 44-148
e ballerino per accrescerne quello degli attori degli episodj; e con questa seconda classe di rappresentatori rendè l’azione
e a certa antica ruvidezza che gli concilia rispetto. Intervengono in questa favola numi, ninfe, eroi e personaggi allegorici,
errori della misera Io trasformata in giovenca accresce il terrore di questa favola; e benchè vi sia introdotta senza manifest
iamo nelle minute obbiezioni del per altro erudito Robortelli fatte a questa favola che spira per tutto grandezza e nobiltà e
ucciso e sepolto. Si può notare eziandio che o la rappresentazione di questa tragedia dee durare alcuni giorni, o, come riflet
dia non ebbe bisogno dell’esempio altrui per condurre alla perfezione questa parte sì rilevante del dramma, nella quale tanti
ed in fatti non si prenderà mai per modello delle agnizioni teatrali questa di Eschilo sfornita di verisimiglianza. Ma egli p
che fanciullo e più di una donna incinta vi si sconciasse. Eschilo in questa favola trasgredì le regole del verisimile, facend
tto il dipartirmene per seguire l’affetto che m’inspira la lettura di questa favola. Io non mi sono punto proposto in quest’op
raniero. Dopo ciò arriva Ulisse, e cerca di placare Agamennone; nè in questa ultima scena trovansi punto le villanie decantate
oro imeneo. Antigone n’è sepolta viva, Emone figliuolo del re che ama questa principessa, si ammazza, ed Euridice di lui madre
scelleratezza: il giorno ho tolto A chi mi diè la vita. O sol, fia questa L’ultima volta che i tuoi raggi io miri 67. M
erle, sulle vestigia di Sofocle, tragiche e grandi. Può osservarsi in questa favola che i cori del primo e del terzo atto semb
Teseo, secondo l’oracolo va a morire in un luogo a tutti ignoto. Fra questa tragedia e le Supplici di Eschilo scorgesi qualch
e non fanno così, dunque gli antichi offendono il decoro. L’azione di questa tragedia acquista dal principio dell’atto quarto
i le più tenere memorie. Eccone una parte adombrata comunque siasi in questa mia traduzione: Poichè altro non poss’ io, ved
o lamento, come ben fece il Dolce: Madre misera madre, Posciachè questa voce Di misero e infelice Ad ambedue conviene
eco pittore tanto vantato da Cicerone trasportò nel suo famoso quadro questa felice situazione. Volle ancora il celebre Racine
e, come ha pur fatto il P. Carmeli. Non è improbabile che gli atti di questa tragedia sieno sei, e che il quinto termini dopo
ra scena dell’ultimo addio della madre e d’Ifigenia, colle parole che questa dice alle fanciulle perchè cantino in onore di Di
n Grecia ad Oreste. Fra quante agnizioni si sono esposte sulla scena, questa ad Aristotile parve una delle eccellenti, ed a no
hiamare l’attenzione dell’uditorio e a tenerlo sospeso. Osserviamo in questa favola che dopo la scena d’Ifigenia e Toante, il
ttato nella stampa dell’Ifigenia in Tauride; ma a mio giudizio cede a questa assai in patetico, in moto, in nobiltà, e in inte
e in teatro con una corona in testa che indi offerisce a Diana, e per questa corona che egli porta, ricevè quell’aggiunto, del
lo il coro e si trattiene fullo stato di Fedra; or non potrebbe esser questa la fine dell’atto? Ma vi è attaccata anche la sce
e A l’esercizio de’ corsieri ardenti, Deh perchè non poss’ io con questa mano Generoso destrier domare al corso? Nut.
gione verso gli dei, che cosa avremo appreso de’ pregi inimitabili di questa bella tragedia? I giovani non ne sapranno che un
pag. 48) colla solita sua sicura lettura e martellata erudizione, che questa tragedia è di Sofocle. Avventuratamente però per
ciò che la musica riguarda. Egli stesso non fece di più nel tradurre questa medesima scena in maniera diversa dalla Salvinian
uba non credesse vero quel che avea sotto gli occhi. Sa egli bene che questa voce quì manifesta l’enorme, atroce, stupenda ser
passioni forti per dar motivo all’espressione della musica. I cori di questa tragedia sono tratti dal soggetto e pieni di pass
a di Euripide non contiene l’azione dell’ Andromaca di Racine; perchè questa è la vedova di Ettore che teme per la vita di Ast
ia per andare a Delfo ad uccider Pirro, e nel quinto si narra in Ftia questa uccisione già avvenuta in sì poco tempo, e vien p
uzioni non giungono a farne conoscere tutto il patetico, e molto meno questa nostra che si ristrigne a un solo passo spogliato
movimento teatrale sommamente tragico. Quello che mai non piacerà in questa favola è il personaggio di Egeo introdottovi senz
un tempio supponendolo asilo inviolabile. Ma i Corintii che odiavano questa straniera, gli uccisero, siccome narrano Parmenis
dal Tasso pur si trasportò nella Gerusalemme. Il Dolce non si curò di questa bellezza, e la sua scena rimane sterile. Nè anche
del campo Argivo e le loro armature. É da credersi che prima di fare questa censura quel dotto critico si sarà assicurato del
proprj figliuoli. Nulla di più tragico, di più vivacemente dipinto di questa deplorabile strage, in cui eccitano ugual compass
e degli Eraclidi, cioè de’ figliuoli di Ercole, onde prende il titolo questa tragedia. L’erudito Udeno Nisieli, ossia Benedett
mpiere storie più che da formare una tragedia. La favola enunciata in questa guisa subito sveglierà ne’ lettori l’idea di un d
rabile, contro il parere degli stessi Ateniesi, lo manda a morire. In questa tragedia ancora Euripide nulla omette che possa r
Metastasio fino discernitore delle bellezze degli antichi si vale di questa scena di Euripide nell’Achille in Sciro, ma sulle
la strana malattia degli Abderiti avvenuta a’ tempi di Lisimaco. Era questa una febbre che di ordinario durava sette giorni,
del sole e la natural debolezza delle teste degli Abderiti. In fatti questa città marittima della Tracia era popolata da gent
fu varie volte coronato, se ne attribuisce una intitolata Alope. Era questa figliuola di Cercione, dalla quale Nettuno ebbe I
li attori, si allontana dall’avviso di molti valorosi critici, e mi è questa volta paruto espediente additarne a’ miei leggito
tre i rappresentatori. Sulle quali parole fece il critico Modanese in questa guisa la sua esposizione: Tespi, secondo Laerzio,
non giugneva alla melodia che costituisce il canto propriamente, e di questa cura si allegerì il coro, come accenna Aristotile
ltanto alcuni pochi versi. 65. Tiranno dice l’originale; ma fra noi questa parola sveglia l’idea odiosa di un dominio usurpa
resse e in conseguenza l’ attenzione di chi ascolta. 75. Ho fatto in questa edizione alcun cangiamento sulle pause degli atti
fatto in questa edizione alcun cangiamento sulle pause degli atti di questa tragedia, ed è bene avvertirne la gioventù, affin
35 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » p. 385
Pompei  – ovvero – la prima terribile eruzione del Vesuvio. – Verrà questa seguita da una graziosa Farsa tutta da ridere int
a, Voi che di grazie il cor rendeste un Tempio, Non sdegnate onorarmi questa sera : Essendo donna io pur conosco a fondo Che s
36 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » p. 564
no da Venezia a divertire colle loro applaudite fatiche la nobiltà di questa Metropoli e che ora ritornano a Venezia, colle lo
zia, che colle loro fatiche anno con applauso divertito la nobiltà di questa Metropoli nel R.° D.e Teatro, e che or ripassano
37 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 447-448
e perseveranza negli studi, accoppiate all’intelligenza svegliata. Di questa e di quelli egli va dando non dubbie prove, speci
ari del suo collega Ciro Galvani, benchè in altro modo, egli unisce a questa del comico l’arte del disegnatore. Il genere suo
38 (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome III « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO SECONDO — CAPO II. Prima Epoca del Teatro Latino. » pp. 16-128
agli Osci nazione più antica di Roma? Ma che giuochetto vizioso è poi questa sentenza del Cantel? Le parole impudiche dagli Os
lle nazioni allontana la barbarie e ingentilisce i costumi; e toccò a questa prima vinta Grecia il vanto di erudirla e abbelli
delle Calabrie, si argomenta con molta probabilità dall’essere stata questa la Grecia vinta in guerra e soggiogata da’ Romani
cuba nel persuadere ad Ulisse d’intercedere per Polissena profferisce questa sentenza. Λὸγος γαρ ἐκ τʹ αδοξοὺτω ίων, Χακ τὼν
vino alcune particolarità più degne di notarsi. Anfitrione. Se non è questa una favola tessuta alla foggia della greca Ilarod
a. Indi altri Italiani cominciando da Pandolfo Collenuccio tradussero questa favola e cento volte ne imitarono l’artifizio e i
adrona ammetta in casa come proprio marito un altro Sosia. Piace oggi questa graziosa ripetizione de’ colori comici impiegati
puta a Plauto lo studio di filosofare con qualche affettazione; ma in questa favola sparge alcuna massima filosofica senza gon
ligero, il Castelvetro, l’Einsio, hanno osservato che Plauto pecca in questa favola contro la verisimiglianza facendo che Alcm
additatogli come fosse Saurea. Lo riceve poi Argirippo, il quale con questa chiave riapre quell’uscio che gli era stato chius
i moderni non si allontaneranno dagli antichi. Havvi non pertanto in questa favola molta vivacità comica. I caratteri della r
arò protettore l’erudito Benedetto Fiorettia Casina. Greca ancora è questa favola appartenente al comicissimo Difilo, e s’in
’atto II: Inimica est tua uxor mihi, inimicus filius ecc. Difilo in questa favola non si dimostra indegno del soprannome acq
rcator, e Plauto l’imitò ritenendone il titolo. Notasi nel prologo di questa favola una novità simile a quella che abbiamo oss
adre, e ne ottiene che gli ceda Pasicompsa. Notabilo, a mio avviso in questa commedia scritta con vivacità e piacevolezza, è s
non pensi indi a sparir dalla città per disperazione. Callicle intesa questa nobil gara, procura rimediarvi, e dar la dote all
invenire il linguaggio da se coltivato. Giuseppe Scaligeroa considerò questa scena poco lontana dalla purità dell’ebraismo; e
erà da pascolarsi in quanto, oltre a’ nominati, dissero per illustrar questa scena il Salmasio, il Reinesio, il Petit, il Boch
che malinconia! Evviva. Tu superi me stesso che sono l’architetto di questa frode. Questo comico colore sempre piacevolissim
na commedia, e specialmente nell’Astrologo. Il Persiano. Si tratta in questa favola dell’astuzia di un servo che agira un ruff
on essendo scorsi che sei mesi dalla venuta del Ruffiano da Megara in questa città. Saturione si rattrista al vedere andare i
ebbe l’unità del luogo senza mutazione di scena. Pseudolo. Vedesi in questa favola un altro ruffiano aggirato e truffato, e t
lla beffa perdendo certa sua schiava. In genere di trappole servili è questa una delle più ingegnose e piacevoli di quante se
e moderne. Il più volte lodato Cavaliere della Porta prese ad imitare questa favola Plautina nella poc’anzi mentovata Trappola
ia quell’indegno che la tiene in bocca e nel cuore. Si osservi che in questa favola ancora Pseudolo distrugge l’illusione col
di un Parassito che inganna un soldato millantatore, prende il titolo questa favola. Egli ruba al vantatore un anello, pel cui
lla Repubblica prima di Terenzio. Aulularia. Somministra il titolo a questa favola un vaso o pentola ripiena d’oro d’intorno
o Urceo Bolognese sotto Sigismondo e Federigo III Imperadori suppli a questa favola alcuni versi, e l’illustrarono altri più r
ibschütz, Stefano Riccio, Maurizio Sidelioa. Cistellaria. Denominasi questa favola da un cestino con gli ornamenti infantili
ddizioni, le pene e gli amareggiati diletti dell’amore. I Menecmi. Di questa commedia, che dalla compiuta somiglianza di due g
ede per lui e pel figliuolo. Nel moderno teatro francese si trasportò questa favola, ed ebbe per titolo le Retour imprevû. È s
tal felice evento ne ottiene, non che il perdono, la libertà. Contasi questa favola tralle Plautine più ben disposte e versegg
e per la continuata eleganzaa Stico. Il Servo che presta il nome a questa commedia, è un personaggio episodico che per niun
le felici dipinture de’ caratteri, per la condotta e per lo stile, è questa commedia noverata tralle buone, e fu molto cara a
tiche commedia rispettate dal tempo, la favola più decente e pudica è questa che Plauto intitolò Capteivei. Egione ha due figl
indaro è l’altro figlio di Egione. L’unità di tempo non si osserva in questa favola. Filocrate in fine dell’atto II parte dal
nfini della verisimiglianza. Convengono i più sagaci critici in tener questa favola per una delle più eccellenti di Plauto. Do
Il poeta l’avea prevenuto nel prologo: « Non troverete (egli dice) in questa favola nè versi laidi, nè ruffiani spergiuri, nè
lo stesso: O spettatori (dice il coro degli attori col nome di grex) questa favola è composta per chi ama le dipinture de’ co
le idee elementari che ivi ne ricevettero; imparino dall’argomento di questa commedia, che gli antichi Comici molte altre inve
il nome mio si sarà reso Chiaro e famoso, fonderò una grossa Città, e questa Città la chiamerò Gripo, perchè ella sia una memo
a. Fabrizio Bibliot. Latina. a. Illustrò separatamente dalle altre questa favola Andrea Wilchio nel 1604. a. Gli si attrib
39 (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « NOTE DI D. CARLO VESPASIANO. » pp. 301-306
ur patrie, que comme un jugement fort sain ou fort sincere. Contro di questa mia nota volle scagliarsi l’apologista Lampillas
rissensi e de’ Barbosi, agl’ Italiani, che, come bene osserva l’A. di questa eccellente Storia teatrale, già possedevano le co
mese di marzo dell’anno 1691. Quindi nell’anno 1699 fu incorporata in questa medesima Accademia una Colonia dell’Arcadia di Ro
i si può aggiugnere il giudizio, che della Tancia portò il Nisieli in questa guisa: Ridicolosa, accomodata e ingegnosissima in
ce il sig. di Voltaire) ha tirato dalla Scuola delle Donne di Moliere questa singolare e troppo ardita commedia, la quale, se
40 (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. LIBRO VII. Teatri Oltramontani del XVII secolo. — CAPO I. Teatro Spagnuolo. » pp. 4-134
olitudini si trovano nell’Isabella ma con delirio maggiore, perchè in questa parlano in proprio nome le persone introdotte, e
è più dispiacevole posta alla vista sulle scene che nella lettura. Da questa favola del Gongora si vede che la commedia spagnu
rico troppo ricercato; le quali si trovano nel II tomo delle opere di questa dama. Simone Machado anche portoghese poeta rinom
’azione vien raffreddato dalle pedanterie del poeta. Si sente cantare questa redondiglia: Si acaso mis desvarios llegaren â t
turar dovessi, Pensa a qual rischio la tua vita esponi. Specchiati in questa immagine del vero, E ingelosir chi tutto può, pav
te quiera, por conservarte la vida, por traydor la suya pierda. Da questa lettera screduta la Regina ordina che si sospenda
e. Mi vien detto che voi ed io possiamo averne quanti vorremo. Venite questa notte a trattare del primo, che ci sarà tempo poi
ue sotto il regno del di lui successore Ferdinando, rendono mostruosa questa favola che prende il nome da una Rica-Fembra di G
teatro ad onta di tante stravaganze, cioè il carattere vendicativo di questa dama che parla nel proprio dialetto galiziano, e
ndicarsi del principe Garzia di lei padre. Los Amantes de Teruel. In questa terra del regno di Aragona corre una tradizione d
arito. L’affretta a partire. Tradurrò esattamente qualche squarcio di questa scena. Vieni tu con salute? dice Isabella. Sap
è forza. Die. E di che è tempo? Isa. E di che è tempo?Di pensar ch’è questa L’ultima volta, oimè, ch’io ti favello, Che tu mi
no io priego? Die. Io nulla ascolto. Isa. Io nulla ascolto.Ed io con questa mano Saprò morir. Die. Saprò morir.Saprò morire
, per altro titolo il Convitato di pietra. Niuno ignora la fortuna di questa stravagantissima composizione. In Ispagna si è co
Cristo; almeno non costa che gli Angeli avessero fatto uso ancora di questa pozione Messicana. Ma è inutile di più tratteners
ei morte. Nell’una e nell’altra è dipinto vivacemente il carattere di questa regina straordinaria piena di valore e di ambizio
a allato darebbe la morte alla persona da lui più amata. Risaltano in questa favola il carattere di Marianna virtuosa quanto b
morte, e la manda a Tolomeo. Per un intrigo amoroso di una damigella questa lettera passa nelle mani della stessa Marianna, c
ammazzarsi col pugnale di Erode che Ottaviano porta al fianco. Non è questa una contesa tutta comica ed indecente contraria a
udiato d’insegnare che esse provengono dall’influsso degli astri. Era questa una bella moralità da insinuarsi dalle scene? Si
inuarsi dalle scene? Si combattono in tal guisa gli errori volgari? È questa una dottrina concorde colla libertà umana e colla
’umanità? E se tralle antiche leggende spagnuole si rinviene eziandio questa spietatezza (di che lascio a’ nazionali la cura d
so è il di lei cugino, nè perciò lascia di proteggerlò e salvarlo. In questa favola Calderòn non ha evitato il solito difetto
de molti difetti del teatro spagnuolo, e più di una volta ne rise. In questa favola motteggia sull’uso d’introdurre i servi bu
le ha mai poste in vista? Si confrontino le loro scritture. Anche in questa favola si osservano le solite allusioni buffonesc
all’amore. Moliere la tradusse intitolandola la Princesse d’Elide; ma questa copia, fatta per altro frettolosamente, sembra as
delitti. Il sign. Linguet ha renduto a Moreto tutta la giustizia per questa favola preferendola a quella de’ Menecmi di Regna
ll’Italia e recitata spesso estemporaneamente, ossia a sogetto. Ma in questa si vuole osservare che il poeta per sostenere il
casa antes que Reyes su silla; laonde rende a se stesso giustizia in questa guisa, Pues quien ha de poner ley en un hombre c
iei leggitori vedranno forse con piacere tradotto qualche squarcio di questa favola; ed io prescelgo un discorso di Juan Pasqu
 IV, confessarono di aver seguita la favoletta inglese, ignorando che questa era una debole copia delle mentovate commedie spa
la Zingaretta di Madrid. Una novella di Cervantes diede l’argomento a questa favola, che ha somma grazia in castigliano, e per
ne che ne fanno i nazionali. Più di una fiata ho veduta rappresentare questa commedia (perchè quasi ogni anno si ripete) or da
o della commedia imperfetta del Gongora, ed è felicemente dipinto; ma questa commedia non è rimasta al teatro. Nella commedia
osene alcuni versi. Poche commedie spagnuole hanno la piacevolezza di questa ridicola favola. El Castigo de la miseria, il ca
vedova indiana che in effetto è una povera donna di Salamanca. Anche questa favola partecipa assai della farsa; ma i caratter
he non vale lo studio scompagnato dall’esperienza; ma viene a fondare questa massima: que no es ciencia que se studia la del
a saperli scegliere per l’oggetto di studiar l’arte di regnare, e che questa si apprende non meno ne’ buoni libri che nel mane
la di Candamo merita lode, è che vi si mostra coll’esempio di Camillo questa verità morale, cioè che un principe buono, che vo
bene de’ popoli rinunziare a non poche delizie concesse a’ privati. E questa verità imparata colla pratica di un lungo regno h
fuoco e felicità hanno seguito il di lui metodo. Io potrei impinguare questa parte del mio libro con più migliaja di commedie
ate, in bassezze e indecenze. La favola di Elisa Dido non rappresenta questa regina di Cartagine amante di Enea come immaginò
nel quinto, ed il Coro apre le stanze ove dimorava Didone, e si vede questa regina trafitta dalla spada di Jarba ed ha la cor
ro volte, e terminato nel quinto. Il signor Montiano affermava che in questa favola si rispettano le regole; ma per regole egl
las poco intelligente di poesia che volle parlar di drammatica, stimò questa Dido una tragedia perfetta. Compete questo suo de
volte promessa, e mai non intrapresa! Possa facilitarne l’esecuzione questa mia storia! Allora gli Spagnuoli che mostrano già
41 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [G]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 958-966
me. Oltre al noto epitaffio di Francesco Loredano, Giace sepolto in questa tomba oscura, Scappin, che fu buffon tra i commed
ri lette particolarmente, havendosi contentato chi le ha fatto durare questa fatica ; ne per cagion mia, ne di altri vi è stat
gennaio del 1627 Francesco Gabbrielli era a Ferrara, come si vede da questa lettera del 6, senza indirizzo, ma scritta ad Ant
dagra e finalmente Mezzettino. Il perchè più brevemente che potrò con questa mia lo paleserò a V. S. et lo potrà mostrare a S.
va altro che la lingua, non mi par bene. Non voglio che S. A. creda a questa mia, ma facci scrivere, che vedrà non poter haver
itissimi disgusti. Per tanto V. S. mi facci gratia di leggere a S. A. questa mia che non vi sij altro che V. S. e S. A. e sign
servitore, che fanno in tutto quatordeci persone. Mi perdoni V. S. se questa mia non è stata lettera, ma un processo, tutta vi
lloni. Non la prima celebre, ma non men celebre e Maria Malloni anche questa , colonna dei secondi Confidenti. Per quante rice
42 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » p. 477
sottoscritta dal Salimbeni per sè e per gli assenti, sì dal tenore di questa lettera dettata a nome della Compagnia, il Neri n
simil genere. Il Salimbeni dovè certo acquistarsi buona rinomanza in questa parte : e vediam del 1608 a Fontainebleau il Delf
43 (1772) Dell’opera in musica 1772
dar l’animo da un maraviglioso piacere, in considerando che mentre in questa estrema parte d’Europa io stendea un teorico sagg
ro di Raffaello. I colori di Raffaello e la musica di Gluck, quelli e questa destinati a servire all’espressione, vanno esamin
ume delle nazioni; e quanto agevolmente l’inosservanza delle leggi di questa pomposa scenica rappresentazione possa corrompere
in noi una data disposizione, egli sapea bene a qual s’appigliare. Ma questa dimanda medesima farebbe oggi contorcere il più v
di canto ripugna assolutamente alla musica vocale. Poiché uffizio di questa è di dare tal forza alla parola, che l’idea a que
oiché uffizio di questa è di dare tal forza alla parola, che l’idea a questa unita sia vivamente riprodotta nello spirito. Or
a avea […] sostenute con mensole le colonne che figuravano di reggere questa cupola. Alcuni architetti alla vista di tale inve
vola, perché in questo modo «alimenta ed accresce l’affetto acceso da questa e ci rende curiosi del proseguimento» (VI.II.3).
, giacché colui non era che Astianatte» (VI.III.5). Potrà stupire che questa fitta messe di osservazioni teoriche e pratiche s
irezione de’ publici piaceri: essi mostrano di non intendere l’uso di questa gran molla per volgere a lor talento gli animi de
vissimo magistrato, in cui risiede la suprema ispezione de’ teatri di questa mia patria, come quegli che veglia diligentemente
ume delle nazioni; e quanto agevolmente l’inosservanza delle leggi di questa pomposa scenica rappresentazione possa corrompere
sica ne somministrano gli statuti della Compagnia del Gonfalone16. Fu questa congregazione istituita in Roma nel 1264 per prin
lla prefata compagnia fu, come dicemmo, di decentemente rappresentare questa sacra tragedia, pare che tali rappresentazioni fo
sua perfezione; talmentechè nel secolo XV parve già molto prossima a questa meta. In tal secolo e probabilmente verso il 1480
rincipe in Napoli l’anno 1492, nella sala di castel Capoano. Consisté questa in una breve farsa, come la chiama il famoso Jaco
ssero ottenuti i loro restauratori quella nella persona del Trissino, questa nel cardinal Divizio da Bibbiena, ciò nulla ostan
ca, confortarono Ottavio Rinuccini a tesserne uno secondo le leggi di questa poesia. Rendutosi il Rinuccini alle istanze de’ s
fece il Rinuccini succedere L’Euridice e L’Arianna, quella nel 1600, questa nel 1608, messi anche in musica dal Peri. Furono
a oggimai pervenuta alla sua perfezione, convien prima esaminare dove questa perfezione consista. [Sez.I.2.0.2] In qualunque o
com’è ciascuna delle annoverate, ma dichiarata quasi tale dall’uso, e questa è la danza. Perché dunque l’opera in musica possa
ano alla poesia: tutte, quale più verisimiglianza e quale più forza a questa aggiugnendo, sono destinate a soccorrerla e soste
quegli affetti al quale allora aspira la scena quando esse vengono in questa impiegate. [Sez.I.2.0.6] Da questo general princi
ni, ma né pure possono essere esercitate se non da uno spirito che da questa attualmente sia posseduto. Infatti il furore, l’e
re tra grandezze che in ragione d’uguaglianza sieno tra loro. Dopo di questa la più aggradevole è quella che hanno due grandez
alla ragione doppia, sarà più piacevole di quella che dalla tripla, e questa più della seguente, e così in avanti, per vigore
osì in avanti, per vigore della seconda regola. Perciocché quando più questa ragione multiplice aumenta, tanto più le sue gran
ti, e tra queste e l’edifìzio intero venga osservata la simmetria; né questa facultà insegna altro artifizio egli architetti c
in questo è quella d’uguaglianza; più rara è la multiplice, e più di questa la superparticolare. Che poi dalla sola simmetria
ntellettuali, ma i sensibili altresì e i più dipendenti dal corpo, in questa appercezione d’un’ idea feconda consistano, sicco
gere la natura di lui? Ma io non posso arrestarmi a mettere in chiaro questa teoria del piacere in generale, come quella che t
e balconi e porte e nicchie e loggiati collocati tutti in simmetria: questa seconda idea come più feconda, più diletterà dell
‘l numero delle sue parti moltiplicar si potesse in infinito. Sarebbe questa una falsa deduzione; poiché noi già dicemmo sin d
impressione giugne a tal grado nell’animo nostro, ch’egli occupato da questa non pensi più che quell’oggetto sia ideale, ma cr
rà il loro patetico, quanto più colla sua forza sarà capace d’ingerir questa credenza nell’animo: il che si ottiene coll’osser
si ottiene coll’osservare attentamente il verisimile. E i difetti di questa parte delle belle arti nascono da queste impropri
lla poesia: perciocché, dovendo tutte le altre seguire le vestigia di questa , sarà più agevole a diriggere il cammino ch’esse
tò Cicerone parlando del numero oratorio. Perciò ne’ nostri movimenti questa simmetria d’uguaglianza per naturale istinto a tu
simmetria d’uguaglianza per naturale istinto a tutt’altra preferiamo, questa sopra ogni altra vogliam che campeggi nelle opere
nza de’ versi e quella de’ piedi, o sieno parti di ciascun verso. Tra questa simmetria d’uguaglianza cominciaron poi, per vari
era l’acutezza e la gravità de’ tuoni; e però qual simmetria nasca da questa differenza di tuoni allora appieno s’intenderà qu
della prima più dipendea dal tempo che dal tuono delle sillabe, e di questa più dal tuono che dal tempo. [Sez.II.1.1.6] Or di
ica. Tanto più che gl’inventori della poesia armonica introdussero in questa una nuova simmetria (ed è quella delle rime), pro
non sola è dà osservare quanto ben convenga alle arie la sonorità di questa spezie di verso, ma ancora quanto la sua celerità
le sillabe (tanto però quanto basta al nostro istituto), poiché senza questa previa cognizione non si possono pienamente inten
ta previa cognizione non si possono pienamente intendere le regole di questa mescolanza. [Sez.II.1.2.5] In qualunque verso it
ttenzione facendo al total numero delle sillabe. [Sez.II.1.2.16] Per questa ragione ben s’accoppiano insieme il decasillabo e
labe lunghe e le brevi possono essere variamente combinate, e solo da questa varia combinazione nasce la rapidità e la tardanz
cane foreste. Va fra l’orror dell’ircane foreste. [Sez.II.1.2.27] E questa ragion di quinari: Manca sollecita Più del usato
, Aglaia, un moggio. Lungo appesa in ozio altero. [Sez.II.1.2.30] E questa spezie di senari del Metastasio: È falso il dir
ti molesti. Alla tenerezza però possono essere più atti, appartenendo questa alla classe degli affetti piacevoli. [Sez.II.1.2.
i piacevoli. [Sez.II.1.2.32] Mi rimarrebbe a parlar della rima. Ma di questa non si possono assegnar regole generali, poiché s
che a me altro presso a poco non toccherebbe che ripetere ciò che su questa materia è stato scritto del tempo d’Aristotile in
a una tal differenza tutta sta in poche mutazioni fatte alle leggi di questa , per ragione della diversità che passa tra’ nostr
e, io son certo ch’eglino sarebbero stati men tenacemente attaccati a questa loro unità. Non avrebbe Sofocle menati Oreste, Pi
non allora che il verisimile più non la soffre, sicché egli manterrà questa sul teatro tanto che può, anzi non la cangerà mai
ndo quella de’ barbari riti e che disonorano l’umanità, e presentando questa nella divinità i più abbominevoli esempi d’ire, d
minare colla rovina di lui, s’egli fosse stato assolutamente vizioso, questa rovina non avrebbe fatta tentazione alcuna; da ch
dico, non dee) avere un protagonista sovranamente virtuoso. Ciò rende questa ben più istruttiva dell’antica e più atta a forma
non era permesso all’antica. Rendela in oltre ben più interessante di questa : mercecché lo spettatore tanto più ama il protago
potuto la moderna tragedia ridurre a tre il numero degli atti, e che questa nuova distribuzione val forse meglio dell’antica.
so dall’antica tragedia, col miglior grado del mondo lascio, a chi di questa ultima imprenda a ragionare, il carico d’acquetar
cantando. [Sez.II.7.1.3] Ma i fautori dell’antica tragedia, per trar questa d’imbarazzo, fondano la loro difficoltà non sul c
ratta da Virgilio: quanto più degni di tal censura son que’ poeti che questa figura adoperano nelle arie? Anche in questo punt
le avere il poeta intorno alla materia propria delle arie, e si è che questa abbia stretta connessione con quella del recitati
osservazioni ancora procedendo allo stesso cammino, s’aggireranno in questa sezione sulla musica richiesta da quel dramma, ch
la musica in generale §. I. Quali sieno i fonti dell’estetico di questa facultà [Sez.III.1.1.1] L’oscillazione d’un co
altro non è che il grado d’acutezza d’un suono. [Sez.III.1.1.2] Nasce questa diversità d’acutezza dal diverso numero d’oscilla
se nel tempo che la prima farà un’ oscillazione l’altra ne farà due, questa darà l’ottava alta del tuono di quella; se ne far
rio mentre una corda farà otto oscillazioni un’altra ne farà quattro, questa darà l’ottava bassa del tuono di quella; se due l
Che se mentre una corda farà due oscillazioni un’ altra ne farà tre, questa produrrà la quinta del tuono di quella. IV. Che s
mentre la prima eseguirà cinque oscillazioni, l’altra n’eseguirà sei, questa darà la terza minore. [Sez.III.1.1.3] Da ciò si v
ché la quinta sia una consonanza più perfetta della terza maggiore, e questa più della terza minore; e colla faciltà medesima
l’Italiani riconosce la sua perfezione, come l’antica da’ Greci49) in questa parte ben superiore all’antica, avendo un estetic
il modo, onde il patetico della musica opera sulle spirito umano. Né questa azione riman nello spirito, ma passa alla nostra
nche immediata sulla meccanica delle passioni, ciò è su’ nervi, a cui questa meccanica è appoggiata. E primieramente egli mi p
non di rado mosse non solo le corde di stromenti musicali compresi in questa sfera ondeggiante, ma i cristalli ancora, i vasi
da men dell’antica. Pervennero i Greci a sì perfettamente analizzare questa parte della lor musica, ch’essi in breve tutti i
in noi una data disposizione, egli sapea bene a qual s’appigliare. Ma questa dimanda medesima farebbe oggi contorcere il più v
moderni maestri, diversa da quella che ne ebbero gli antichi. Oggi è questa trattata come un’arte destinata principalmente al
uanto a muovere e regolare le passioni ch’essi dirigeano per mezzo di questa piacevole disciplina a’ più perfetti oggetti, e p
ia esperienza. Essi erano stati istituiti per mezzo della musica, e a questa erano debitori della loro cultura. Lino, Orfeo, C
urono dalla lor propria esperienza istruiti a formare la vera idea di questa disciplina. Quindi derivò l’alta considerazione i
idea di questa disciplina. Quindi derivò l’alta considerazione in cui questa venne tra loro. Pitagora, a cagion d’esempio, la
que’ moderni, i quali non badando all’indole della musica greca, e di questa giudicando come della nostra, di stravagante e di
tra’ loro filosofi presero a professare sì elegante ed util arte60. E questa è appunto, a mio intendere, la terza ragione del
e qual cammino per giugnervi dovrebbe tenere: perché quando manchi in questa parte, non solo non può sperare di ricercarci d’u
mai conosciuto che più di tre ottave abbracciasse. [Sez.III.2.2.3] È questa sorta di musica amica di tuoni temperati, perché
di canto ripugna assolutamente alla musica vocale. Poiché uffizio di questa è di dare tal forza alla parola, che l’idea a que
oiché uffizio di questa è di dare tal forza alla parola, che l’idea a questa unita sia vivamente riprodotta nello spirito. Or
a bocca aperta a gargarizzare un lungo passaggio? [Sez.III.2.3.2] Fu questa strana maniera di canto menata sul teatro da que’
lo della stromentale. [Sez.III.2.3.3] Mai però più che oggi non ebbe questa impropria maniera di canto tanta voga su nostri t
rimi Spagnuoli ch’entrarono in America) d’averlo sortito a nascere in questa età. Guai a chi avesse ardito in quelle circostan
. Guai a chi avesse ardito in quelle circostanze di chiamare ad esame questa musica novità! Egli sarebbe per poco stato messo
non ci crederemmo d’avere, quanto è in noi, promossa la perfezione di questa , se non iscendessimo a particolarmente favellare
della sinfonia d’apertura, de’ recitativi e delle arie, parti in cui questa musica è comunemente divisa. [Sez.III.3.1.2] Ebb
segno medesimo, senza riguardo alcuno alla qualità degli edifìzi. Era questa uniformità avvenuta perché nella fondazione di qu
III.3.2.6] Baderà finalmente a dare tal musica a ciascuna parola, che questa si possa pronunziar netto e chiaramente, evitando
rcostanze, sostituendo alla di lui voce il suono degli strumenti. Per questa ragione una tale spezie di recitativo è propria d
torto il mal gusto del compositore che gli dà così intempestivamente questa sbrigliata. [Sez.III.3.3.6] Non mancherà forse ch
nto, la loro bellezza. Anzi però ch’io prenda ad assicurar costoro di questa lor temenza, volentieri intenderei da essi nel ve
nche la passione drammatica può sussistere. Ma qualora non si attende questa dal teatro, tutto ciò diviene inutile. [Sez.III.3
dar l’animo da un maraviglioso piacere, in considerando che mentre in questa estrema parte d’Europa io stendea un teorico sagg
ro di Raffaello. I colori di Raffaello e la musica di Gluck, quelli e questa destinati a servire all’espressione, vanno esamin
, più ci muove che quello che va dirittamente allo spirito, perciò in questa consiste la parte più vigorose dell’arte del dire
ate al movimento dell’animo70. Ciò basta a far comprendere quanto sia questa necessaria all’opera in musica. Il poeta e ‘l mae
: appo di essi non v’era arte più necessaria della pronunziazione. In questa i Greci e i romani si esercitavano dalla loro più
ortanza della pronunziazione. Gl’istrioni de’ drammi recitati danno a questa qualche attenzione; ma i cantanti de’ drammi in m
dopera. Così un adirato ringhia, e dà del piede in terra. Ma perché a questa spezie di gesto fu dato il nome d’affettivo, non
vano alle passioni. Ogni spezie di gesto può essere affettiva: e si è questa denominazione ristretta all’ultima delle annovera
è questa denominazione ristretta all’ultima delle annoverate, perché questa più propriamente delle altre caratterizza le pass
grazie che sono come l’anima d’una danza. Veggiamo adunque ciò che in questa parte della pronunziazione esiga il popolo dalla
a con una voce che muove invidia nelle italiane fanciulle. E non sarà questa riputata una grave improprietà, una intollerabile
d additare agli attori altri mezzi, che menar possono all’acquisto di questa pronunziazione che al nostro spettacolo conviene.
l’attore nella passione del personaggio che rappresenta, egli darà a questa il gesto e la voce che l’è dovuta; e mettendo sot
e abbia fatto il pittore a render bello chi realmente non è tale. Per questa via giunse il Tribolo94 all’immortalità, feliciss
calzari, delle acconciature di capo, e di altri abbigliamenti; e per questa vi giunsero ancora il Frigeri, i due Canziani, e
, né giardini di Ninive, o tra le tende dagli espugnatori di Troia. A questa illusione contribuisce la scena, facendo unità co
maestra di tal segreto. Il pittor delle scene deve addimesticarsi con questa scienza, e farne il suo maggior capitale. Ella na
on effetto vedute da qualunque lito della platea, e de’ palchetti. Ma questa declinazione ha d’uopo di molta circospezione, pe
vea costui sostenute con mensole le colonne che figuravano di reggere questa cupola. Alcuni architetti alla vista di tale inve
nderebbe una bicocca se una mole elevasse degna d’una vasta città. Ma questa medesima non potrebbe assegnare un’ ampiezza arbi
ntrario a concentrarlo e custodirlo gelosamente in sé stesso? Di più, questa campana restringe lo spazio della platea e togli
dal punto di mezzo del proscenio. Un inconveniente si può trovare in questa figura, e si è che allarga troppo il vano, o sia
amente ampia la fronte del pulpito o proscenio; o pure, volendo ridur questa a una moderata estensione, io non so intendere co
della persona, per aiutare il ballerino ad osservarla, o per mettere questa connessione ch’egli non mette fra ‘l ballo e ‘l s
della metrica poesia. [Sez.VI.1.1.5] Un terzo fonte dell’estetico di questa piacevole facultà nasce dalla bella disposizione
e misere che sono osservabili nella lor macchina. La danza rimedia a questa negligenza, assegnando a ciascun membro il sito c
ticolarmente per la danza teatrale la medesima necessità. Costituendo questa bella disciplina una parte del nostro spettacolo,
ue nel suo cuore da un contrario movimento che vi cagiona la danza? È questa una delle principali cagioni della poca attenzion
e abbia unione colla favola, alimenta ed accresce l’affetto acceso da questa e ci rende curiosi del proseguimento. [Sez.VI.2.
e il genio militare del travestito Achille. Qual più bella materia di questa per un ballo? I nostri danzatori adopran pure som
, sopra un medesimo davanzale, ma qual giù qual su, quale in mezzo, e questa fosse un palmo discosta dall’altra, e quella diec
esse fossero uniformi, equidistanti e sulla medesima linea disposte, questa esatta unità bella renderebbe la loro serie, e ta
giunto però a tutte quelle grazie, nelle quali consiste l’estetico di questa disciplina. [Sez.VI.2.2.2] Ma non ogni spezie di
mo del ballerino. E Luciano nel dialogo intitolato la Danza definisce questa per un’«arte che fa professione d’esprimere il co
tutti i ballanti, che niuno paia venuto là per far numero. Nondimeno questa distribuzione va eseguita in maniera che il panto
ezza del proscenio, non già per la lunghezza. Fatto il suo pantomimo, questa classe, quasi inseguendo le fiere, se n’entrava p
iere, se n’entrava pel luogo opposto a quello ond’era uscita. Entrata questa , usciva la seconda da luogo più lontano, ed esegu
a un suono di stromenti da caccia che venisse di gran lontananza. Ora questa degradazione di statura e di musica, fece sul tea
uello inganno, mostrava gli oggetti in una distanza maravigliosa. Con questa degradazione di statura e di musica, andò d’accor
giustizia a danzatori dell’età nostra. Non manca tra loro chi conosca questa verità, testimonio il più volte nominato Noverre,
era, s’esce di teatro. Fu da noi già dianzi notato che un edificio di questa natura ha bisogno di molte porte, corrispondenti
soverchiato. [Sez.VII.2.0.5] Ma affinché il direttore possa adempiere questa parte di suo uffizio, ha bisogno d’esser munito d
autorità sufficiente. Convien soprattutto che mentre egli è in teatro questa sua autorità si estenda sopra qualunque ceto, e c
ssi, Paride ha mille ragioni, Menelao ha torto a ripeter la moglie, e questa amabil preda va sostenuta coll’estremo sangue de’
iana, riflettendo alle umiliazioni a cui Onfale soggettò Ercole. E di questa Taide si fa un carattere sì lodevole, che basta p
rnaliera esperienza fa vedere quanto spesso se ne abusino le donne di questa professione. Nella favola delle sirene, che col c
annati gli antichi istrioni. Si cominci anzi a incoraggiare i buoni a questa professione, e a non permettere l’esercizio della
itare i vizi della medesima ha mestieri d’una somma circospezione. In questa materia va fatta distinzione tra il vizio tragico
se nell’esecuzione dell’opera in musica verranno osservate, non sarà questa , come altri declama, uno spettacolo privo di buon
cura di G.M. Gianola, Padova, 1999, pp. 6-9. Il brano si conclude con questa clausola:«Nichil ergo recusandum disponens quod v
canta; / a noi fatica, a voi el piacer resta, / però non ci guastate questa Festa». • a tal effetto impiegati: per Buffalmacc
erbamente adornare ad uso di quella Tragedia, la quale noi i primi in questa età abbiamo alla Gioventù, per eccitarla, insegna
abilmente in occasione dell’Ippolito di Seneca]: perciocché azione di questa fatta non si era in Roma da molti secoli in qua v
7) dell’oratoriano Agostino Manni. Si fa risalire convenzionalmente a questa data la nascita del genere dell’oratorio sacro: t
o Pitti, in occasione delle nozze di Enrico IV con Maria de’ Medici): questa è la prima opera conosciuta di cui si conservano
ntusiasmo al fuoco della lirica. Non niego io già che l’entusiasmo di questa sia per lo più maggiore di quello degli altri gen
tre de Sophocle. Tragédies grecques, Paris, Barbin, 1692) non ritrovo questa pointe. [commento_Sez.II.6.0.4] • che oggi s’abb
n opuscolo indirizzato a Fontanini (1743) aveva tra l’altro censurato questa imitatio virgiliana del poeta veronese: cfr. C. V
: «la pronuncia [actio] è il principale fattore dell’eloquenza; senza questa il miglior oratore non vale niente, mentre uno me
un broccardo molto diffuso, che però non sembra ritrovarsi (almeno in questa forma) negli scritti di Cicerone; un concetto sim
Cap. I [commento_Sez.V.1.0.3] • il Tintoretto: Planelli ricava questa notiza da F. Algarotti, Saggio sopra la pittura (
e nel volto; perché il discernimento e tutti i sensi sono riuniti in questa sola parte del corpo’); la massima deriva da un p
s, Paris, Belle Lettres, 1973, p. 73. • si tolga poi via la maschera: questa avversione all’uso della maschera, che semplicist
se nell’esecuzione dell’opera in musica verranno osservate, non sarà questa , come altri declama, uno spettacolo privo di buon
ntusiasmo al fuoco della lirica. Non niego io già che l’entusiasmo di questa sia per lo più maggiore di quello degli altri gen
so» del protagonista, la polimetria dei versi. 10. Vedi per esempio questa raccomandazione al macchinista intorno all’arte d
non di quest’una, sicché pare ch’ella le abbia prese in prestanza da questa e da quell’altra». 35. V. ne’ Princìpi elementar
ostrare se il nostro istituto il permettesse. Ma i progressi fatti in questa facultà da un popolo come fu l’ebreo durante la s
per genio segregato dal commercio d’ogni altra nazione, morirono con questa republica, e nulla contribuirono alla perfezione
ancora impiegati. 52. Non so tuttavolta se i fisici sien contenti di questa ragione del Willis, a me parendo che senza ricorr
di deve ascendere verticalmente. 53. Il modo frigio per esempio appo questa nazione ispirava lo sdegno, e gli spiriti marzial
ti dalle leggi perché non esercitavano l’arte ludicra, nonostante che questa spezie di commedie non fosse delle più castigate
tumate. Quindi si vede che qualora le leggi romane parlano d’istrioni questa voce non è da quelle leggi usurpata nel più ampio
ores, et eius generis perditos homines e suis finibus ejiciant. Ma su questa materia come estranea al nostro istituto basti av
44 (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. LIBRO VII. Teatri Oltramontani del XVII secolo. — CAPO VI. Stato della Commedia Francese prima e dopo di Moliere. » pp. 212-244
un vecchio rapito dal piacere gridò dalla platea, coraggio, Moliere, questa questa è la buona commedia , voce della natura on
hio rapito dal piacere gridò dalla platea, coraggio, Moliere, questa questa è la buona commedia , voce della natura onde siam
delle sue farse il Dottore innamorato; ed il modo di rappresentare di questa comitiva piacque alla corte, e Moliere ottenne da
ginario scritto più correttamente delle prime favole. Il carattere di questa parimente ricavata dagl’Italiani non è de’ più de
vò da una novelletta delle Notti facete di Straparolab. Essendo stata questa piacevole commedia criticata da certi smilzi lett
si elevò a così alto segno; e poche altre ridicolezze importanti come questa rimangono da esporsi allo scherno scenico. Il car
a di Filaminta preoccupata del merito ideale di Trissottino. Dietro a questa commedia nell’anno stesso venne la farsa della Co
enetra, tutto avviva e tutto purifica per l’altrui ammaestramento. Or questa filosofia da quanti filosofi e matematici di oste
arono il nome a chi le scrisse e non vole comparire. Trarremo solo da questa folla di poca importanza il Pedana burlato piacev
tal carattere per mezzo di Moliere. Voltaire stesso avendo riguardo a questa Mère coquette diceva che Moliere non trovò il tea
l teatro Francese totalmente sfornito di buone commedie; e che quando questa si rappresentò, non avea Moliere prodotto i suoi
ntropo; ma le Preziose ridicole, la Scuola delle donne, la Critica di questa , e l’Improvisata di Versailles, ed assai più i tr
45 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 344-345
i azione ? Infatti, al proposito della pantomima, era detto : « verrà questa rappresentata da varj componenti la Comica Compag
zioso ed esperto agente teatrale, attaccato jeri dal cholera, spirava questa mattina a ore 4 antimeridiane, fra il pianto dei
46 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — (Ferdinando Martini, Al teatro. Firenze, Bemporad, 1895). » pp. 78-82
n vi aggiungesse nulla del proprio, quando invece era la sublimità di questa che le faceva raggiungere il vero ; e se questa s
e era la sublimità di questa che le faceva raggiungere il vero ; e se questa somma attrice fu a tante superiore nella commedia
ra. L'arte che professava fu sempre per lei una seconda esistenza. Nè questa le impedì d’essere figlia amorosissima, perchè no
La madre morì d’anni 65 il dì 24 marzo 1835 ; ed ebbe sulla sua tomba questa iscrizione : Ad Elisabetta Marchionni Sanese | d
ri e spettator, prendano forma d’ogni sincera teatral virtude. Opra è questa da Te. Natura ed arte Ti componeano al bello ed a
47 (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IX « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. Tomo IX. LIBRO IX. Continuazione de’ Teatri Oltramontani del XVIII secolo. — CAPO V. Teatro Spagnuolo Tragico. » pp. 56-148
fatte enunciare in un giornale. Il sig. Andres afferma di esservi di questa Virginia una traduzione francese, di cui a me nè
cità e la tracotanza de’ congiurati a danno di Ataulfo. Manca adunque questa favola di quella saggia graduazione che progressi
e il Moratin avesse introdotto nella sua favola Bruto finto pazzo. Ma questa è la smania de’ follicularii famelici, voler, tut
o de Guzman el bueno discendente da quell’eroe. L’effetto primario di questa favola è l’ammirazione che risulta dall’eroismo d
otrebbe confessarsi che ad un padre. Di poi non senza bellezza ripete questa tinta con artificiosa variazione, e vuole che a l
magnanimità di Gusmano che getta la propria spada al nemico. Intanto questa tragedia che compensa i nei con situazioni teatra
debolire l’unica molla della di lui speranza. Si osserva per altro in questa tragedia più di una scena di gran forza, e specia
’erbe e le foglie stesse degli alberi, a cibarsi di cadaveri umani. A questa lugubre scena una ne segue amorosa di sette pagin
me insieme coll’amante e con tutti, di che si occupa singolarmente in questa scena? forse del prossimo esterminio della patria
ogna attendere che passi tutto intero l’atto II. Notisi intanto che è questa una delle scene patetiche in cui Olvia delibera
one. Il leggitore o l’ascoltatore sin dal principio osservato avrà in questa favola accozzata una serie di minuti fatti spogli
. Egli vuole esser incluso nella sortizione, cui resiste Dulcidio per questa ragione; perchè è proprio solo de’ Romani il disc
eccita Dulcidio a motteggiare e a declamare contro i Romani, ovvero è questa una scorreria del poeta che vuol comparire tra’ p
ltro spererebbe Olvia se avesse pattuito collo stesso Scipione? Anche questa scena fondata su ipotesi tutte false e mancante d
o a’ nemici disperati, i quali incolpano i Romani di tradita fede. In questa conferenza tutta declamatoria Scipione soffre con
ntisce quasi altro oggetto non avesse che d’irritar gli assalitori. E questa scena inutile e cattiva viene anche prescelta com
e dicono. Terma vuol sapere in ogni conto i disegni della sorella; ma questa che gli ha comunicati a Dulcidio e ad Aluro, ed h
in tempo che Terma dice, refrena tu furor , ed egli ciò udendo dice; questa che parla è Olvia; certamente questo è inganno di
he Scipione gli dia l’assalto, o che mandi le legioni a trucidarli. A questa richiesta senza sale risponde Scipione: spada o
nel tempo stesso di formole famigliari, e poco gravi, sia per esempio questa della prima scena Romper de mi silencio la claus
uerreggiò in Palestina, e conquistò Gerusalemme ed il sepolcro? Non è questa una menzogna garrafal? Ciò verifica vie più il de
di aver fatta una tragedia più artificiosa di ogni altra, perchè per questa parte (e non è poco) in essa nè si migliora nè si
a verisimiglianza. Adunque anche nell’intervallo degli atti è passata questa parte importante dell’azione, ed essa non è tutta
e di Rachele, cagione poco fa di fenomeni rari e pellegrini, riescono questa volta infruttuose. Il re va alla caccia. Rachele
va loro di pena, Contemplar lo horroroso de la hazaña. Così termina questa tragedia di Garcia de la Huerta lavoro di quindic
tà veruna che faccia sospirare per la sua morte. Il poeta Diamante in questa medesima guisa dipinse la sua Rachele, ed Huerta
altro non fece che versificare in nuova forma la Judia de Toledo. In questa guisa il sig. Sebastian y Latre non fece che vers
degenera in gongoresco. È anche dell’antica più regolare, benchè per questa parte già si erano prima di Huerta distinti Monti
incipe ed abbraccia i nipoti; ed il Colomès si è bene approfittato di questa bella scena. Il veleno apprestato dalla regina ad
colpa il principe. In somma il sig. Colomès con iscelta più felice in questa seconda tragedia ha dato al teatro un’ Agnese non
ao, che pure nella tragedia greca sembra in certo modo incostante, in questa del Lassala comparisce ancor più difettoso. In pr
e minor villania e spleen del di lui fratello. a. Nell’edizione di questa istoria del 1777 ne’ medesimi termini parlai dell
gli Spagnuoli quello che è in Italia la Sofonisba, ed ha le virtù di questa ed i suoi difetti. Con pace di questo letterato
48 (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome V « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO IV. — CAPO II. Tragedie Italiane del XVI secolo. » pp. 28-131
ricavasse il compilatore del Parnasso Spagnuolo la rara scoperta che questa Sofonisba fosse stata una spezie di dialogo alle
a sul punto di spirare. Veggasi nel seguente frammento il colorito di questa scena lagrimevole: Sof. A che piangete? Non sape
n sapete ancora Che ciò che nasce a morte si destina? Cor. Ahimè! che questa è pur troppo per tempo; Che ancor non siete nel v
. Io vado… addio. Non in Italia soltanto si accolse e si rappresentò questa tragedia con ammirazione; in Francia ancora sin d
un coro di donne che sono seco. Pera. simili riflessioni a noi sembra questa tragedia del Martelli una delle nostre più difett
enna e Salviati. Sembra però che alla prima rappresentazione, e non a questa seconda, si fosse trovato il prelodato Luigi Alam
del parí coll’Elettre matricide. Un matrimonio occulto, contratto da questa sua figliuola con un valoroso avventuriere di osc
i disperazione trafigge il padre e se stessa. Ha servito di modello a questa tragedia il Tieste di Seneca. Nemesi colle Furie
una voce in aria che comanda ad Orazio di ubbidire. La regolarità di questa tragedia è manifesta; gli affetti sono ben manegg
Si troverà poi soverchio ardita e viziosa qualche espressione, come questa del feciale nell’atto I, Fattor degli astri larg
a Colgono con le mani affettuose Negli orti de la lor benivolenza; e questa del medesimo atto Orazio vincitor per la mia lin
antova e di Monferrato. Ma alquanti anni prima comparve un abbozzo di questa tragedia nella II parte delle Rime e Prose di Tor
ianchi di un monte, descrive minutamente con mille poetiche immagini questa tempesta. Era però più proprio del genere drammat
tto ciò che non è francese o inglese. Io non sono cieco ammiratore di questa buona tragedia di tal modo che non mi avvegga di
ì pensò ancora l’erudissimo Apostolo Zeno. Le particolari bellezze di questa tragedia vennero manifestate dal Parisotti in un
ed Andromaca atterrita esclama subito, Oimè! che religion crudele è questa ? Che gran male hai tu detto in poche voci! e poi
dove sia; ma col tragico latino dirsi alla prima che è morto; perchè questa notizia bene accreditata dal dolor materno toglie
lontani dal racconto, o fargli operare secondo il proprio dolore; or questa passione non è capace di soffire un racconto minu
la Sofonisba per l’affetto, e l’Oreste per la bellezza de’ passi, può questa giustamente pretendere per lo stile. Riconosce pa
ere per lo stile. Riconosce parimente il conte di Calepio nel Nino di questa favola un carattere sommamente idoneo al fin dell
no racconto ma una scena animata e interessante la terza, nella quale questa virile regina narra alla confidente Imetra quanto
adopra, fa trasparire da lontano la perversità dell’intento. In fatti questa Medea dell’Assiria avuta appena Dirce e i nipoti
l fine Simandio gli toglie dal petto il pugnale, Dicendo, ah Nino! È questa la virtude Onde sì risplendevi? A questo modo Si
ce Singhiozzò, chiuse i lumi, e spirò l’alma. Bisogna confessare che questa Semiramide per uguaglianza, nobiltà e grandezza d
ne fe molti imprimere e rappresentare e piacere in Francia ancora; e questa è storia. Nel nostro secolo non solo non è stata
n leggieri cambiamenti in più di un luogo; ma piacquero sommamente; e questa è storia ancora. Non seppe questi fatti il signor
ncora che il Manfredi è stato il primo in Europa a recare sulle scene questa regina famosa degli Assiri, e senza averne trovat
e di propria man l’alma natura, Sola può dare e variar gl’imperi. Per questa sola tremano i potenti, A questa sola ogni gran r
ola può dare e variar gl’imperi. Per questa sola tremano i potenti, A questa sola ogni gran re s’inchina. Ella comanda che col
ppresentate. In somma se un movimento più vivace rendesse l’azione di questa tragedia meno riposata e più teatrale: se le robu
il conte di Calepio stimava doversi preferire alla stessa Merope. Da questa ragionata narrazione, e non da arbitrarie decisio
uperiorità di parlare con tanta coltura la propria lingua, come se di questa facesse tutto lo studio. Al principio del secolo
gomento della sua tragedia della Storia di Tito Livio. Noi esaminammo questa singolare opposizione con gran diletto nel nostro
ui parla il Crescimbeni) stampata in Venezia nel 1535. Verisimilmente questa novella sugerì ad Artur Brooke la Storia Tragica
rì ad Artur Brooke la Storia Tragica di Romeo e Giulietta del 1562, e questa e l’Adriana del Groto produssero la Giulietta e R
49 (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO VII. Continuazione del Teatro Greco. » pp. 149-268
e la forma togliendo per esemplare la tragedia. Ed osservando poi che questa si arricchiva ne’ poemi eroici di Omero, vollero
utilità de’ calcolatori fantastici. Ma se l’emulazione rendè gloriosa questa commedia, la fece oltremodo ardita il governo pop
guerra posti al confronto de’ vantaggi della pace. Del sale comico di questa favola il lettore prenderà diletto a misura che s
rofonda spelonca, coprendola e serrandola con gran sassi. Nè contenta questa fiera nemica della Pace ha fatto condurre nella c
veggasi sì bene accompagnato. Con tutto ciò la più vaga allegoria di questa favola consiste nel Coro che fa sforzi grandi, ti
tandovi dentro la picciola scintilla del visentimento di Megara, e in questa guisa destò un incendio così grande, che tutti i
ridono e seguitano a godere, cantare, saltare. Si vede trasgredita in questa favola l’unità del tempo in varie guise. Gli effe
nza, e non dice mai una parola. Lisistrata (Λυσιϛρατη). L’oggetto di questa favola è d’inspirar la pace come nella precedente
o la vincono, e costringono gli uomini a far la pace. Di passaggio in questa commedia è motteggiato Pisandro (Nota XX) che per
ammatica contro le donne sfacciate, altiere, ambiziose, si ravvisa in questa favola. Si ridicolizza la loro stravagante preten
le maniere; e se Aristofane non ha commesso un errore nel costume, in questa scena si scopre la grossolana libertà e schifezza
tesoro comune, dal quale saranno tutti pasciuti. Ella non eccettua da questa comunità nè anche le donne. Se le oppone che tutt
Una delle satire più vivaci contro delle invenzioni tragiche contiene questa commedia la quale prende il titolo dalle feste di
e feste di Cerere e dal soprannome di Tesmoforo (legislatrice) dato a questa dea. Vi si tratta una comica difesa di Euripide a
prestati ai mariti per farli impazzire ed altro. Il romore che eccita questa maligna orazione, è sospeso dall’ arrivo di Clist
ia di qualche scena tragica, No, dice, non sia che mai più tu allatti questa fanciulla, se non sono lasciato in libertà; con q
fuga, fingendosi Elena moglie di Menelao. Una donna lo rimprovera per questa nuova follìa; ma egli senza darle retta pronunzia
ragion del tempo che va tramezzandosi fra essa ed il comico. Anche in questa favola osserva il gran poeta Cesareo (nel capitol
ed Euripide erano già trapassati, quando fu composta e rappresentata questa favola, nella quale di que’ tragici si giudica, e
lla, cioè quella di un legno ed una corda, impiccandoti. Bac. Oibò, questa via suffocatoria non mi piace. Erc. Ti dirò que
endi tu con manipolare qualche veleno? Erc. Sì certo. Bac. No no, questa mi farebbe subito gelar le gambe. Erc. Ne vuoi
restati Per conforto una cagna, or vanne, e stringila. Bac. Oimè! questa è l’Empusa! San. Affè ch’io credolo. Ve’ ve’
un Equigallo. Ma a ciò Eschilo risponde: O ignorantissimo, impara che questa era una dipintura capricciosa fatta sulle navi. S
, la più abbondante di colori comici tralle commedie di Aristofane, è questa intitolata le Nuvole composta nel nono anno della
maligni sacerdoti professori di eloquenza Anito e Melito per comporre questa commedia col fine di procurar per tal mezzo la co
ole, cosa che far non potrebbe se co’ piedi toccasse la terra, perchè questa attrarrebbe a se l’umore delle sue cogitazioni, l
e satireggia quelle de’ suoi competitori e antepassati; dice di esser questa la migliore delle sue favole, e spera che l’udito
solo vi aggiunse una vecchia ubbriaca che faceva un ballo lascivo, e questa ancora egli tolse da Frinico. Ermippo poi l’ intr
da cercare . . . Oh! l’ho trovata; è bellissima. Vedi tu, o Socrate, questa pietra de’ venditori di farmachi sì rilucente, co
La chiami tu vetro? Strep. Sì. Socr. E bene? Strep. Se piglierò questa pietra, quando il Notajo sta imprimendo le letter
meno piacevole è la scena di Strepsiade col figlio. Il sale comico di questa , per avviso del dotto Brumoy, non è dissimile da
to (cioè del proprio gusto) il quale nè arte nè ordine riconosceva in questa favola e si rideva della semplicità di Madama Dac
avvezzi a durar la fatiga di leggere con riflessione. Si rappresentò questa favola nella festività de’ Baccanali con un prodi
i uccelli nella nuova città. Il verisimile drammatico viene offeso in questa favola manifestamente, formandosi il progetto ed
. . Che Giove non mi vegga! . . . Dov’è Pistetero? Pist. Che cosa è questa ? Chi è costui che viene così coperto? Prom. Ved
tista Pistetero, e terminano gli esercizj spirituali dell’empietà. In questa favola che parmi la più strana e bizzarra e la pi
sostanze, e Metone Astronomo. Le Vespe (Σφηκες) I giudici vengono in questa farsa caratterizzati come vespe. Vi si dipinge la
nna co’principj della commedia nuova ed io sempre dovrei ripetere che questa differisce di molto dalla farsa allegorica, cioè
o figliuolo di Carcino. I Cavalieri (Ιππεις). L’oggetto del poeta in questa favola denominata da un coro di Equiti o Cavalier
ioè intorno a tremila scudi che furono regalati al poeta. Si finge in questa commedia che Demostene e Nicia capitani mentovati
altre volte lodato106 trasporta colla solita grazia alcuni squarci di questa scena per mostrare le smancerie adoperate da ambe
eli delle qualità richieste ne’ suoi governatori, premiò l’autore per questa commedia. Il dotto critico ciò scrivendo non badò
l’ allegorico pizzicagnolo de’ Cavalieri. Gli Acarnesi (Αχαρνεις). In questa favola ancora si vuole insinuar la pace, mostrand
rvi a qualche trappola, Vi chiamano violi-ghirlandi-feri. All’udir questa voce melatissima Di gioja vi traballano le nati
il Nisieli non si avvide di questo artifizio, allorchè asserì, che in questa favola era una confusione di cose parte orribili
a quale sola ne forma tutta la piacevolezza. La spoglia allegorica di questa favola cuopre un tesoro di filosofiche verità, e
arricchisce. Osserva giustamente l’erudito Benedetto Fioretti, che in questa favola l’azione abbraccia lo spazio di due giorni
parere e derise Madama Dacier che avea tanto encomiato Aristofane. Ma questa famosa letterata, sebbene mancava di certo gusto
’ ingannava nell’indovinarli, e con maggior diletto gli ravvisava. In questa specie di commedia per la legge divenuta più inge
ento del di lui Filolacone o sia fautore degli Spartani. Appartiene a questa commedia ancora Antifane, che fiorì al tempo di F
fido compagno. Da ciò che ad un rinfaccio, ogni altro impari. A questa bella naturalezza e verità non si attenne Cecilio
uzione del Silandro: Se quando al dì la madre tua ti espose, Con questa legge tu fra noi venisti, Che a tuo piacer gira
diceva ancora: Le moment du génie est celui de l’ esquisse. In questa guisa appunto l’intendeva Menandro, la delizia de
Ἵππεῖς, cavalieri, per lo nobile uso che essi fanno del cavallo. E se questa madre vuol chiamare il figliuolo Callippide, per
dendo la patria, e l’ardire che ha di uguagliarsi a Temistocle ecc. E questa fu l’accusa che fe condannar Cleone. 108. Quì al
dunque sicofanti erano i delatori de’ contrabbandisti di fichi; e poi questa voce divenne più generale, e comprese tutte le sp
50 (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « NOTE E OSSERVAZIONI DI D. CARLO VESPASIANO in questa edizione accresciute. » pp. 281-290
NOTE E OSSERVAZIONI DI D. CARLO VESPASIANO in questa edizione accresciute. Nota I. Gli Etrus
or est te. Che l’Etruria fosse fiorita prima della Grecia, e che a questa dato avesse molte arti e scienze, viene quasi ad
se situata l’antichissima, e da molti secoli distrutta Rudia, si è in questa età disputato assai (Calogerà Raccolta d’Opuscoli
Latini non abbiano aggiunto all’ eccellenza de’ Greci, zoppicando in questa parte la commedia Latina, per usare in questo pro
guito in ciò dal Poliziano nell’erudita Selva de’ poeti, dice, che di questa infericrità n’è cagione, che i Latini non hanno a
, nè delle due altre Medee di Pacuvio e di Azzio, nè probabilmente di questa di Seneca; perchè il gran segreto della scena tra
Nota XV. Il Conte di Calepio, parlando del decoro, osserva in questa tragedia dell’ Ercole Eteo, che con giudizio vien
51 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — Di Ferrara il dì 27 febraro 1618. » pp. 519-525
o di cui il lettore troverà menzione ai nomi di Pasquati e Bianchi. A questa delle Fatiche comiche segue un’operetta col titol
Celia in abito d’uomo. Fulvio. Dico che vi somigliate di maniera a questa Celia, che facil cosa sarebbe che se voi foste ad
; e la prova si vede nella mia persona che tanto dite assomigliarsi a questa Celia. Fulvio. Sia come si voglia, se come vi ho
vostra diligenza. Ho amato quella Celia che dissi, ma l’alterezza di questa balordella (benchè adesso il suo amore mi promett
nitenza delle contentezze che Celia ui offerisce nel suo matrimonio : questa risolutione offende Celia, Celia ha il nome dal C
ffende il Cielo, all’inferno è dannato ; guardate che il disprezzo di questa meschina non vi condanni all’inferno della disgra
dishonorano gli huomini, dove si può concludere che dall’acquisto di questa Donna, solamente dishonore ne acquistarete. Fulv
mi conoscesse bene, farebbe altro giudicio : ma che risponde V. S. in questa materia ? Fulvio. Dico, che quando anco la scien
52 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » p. 706
grande missione da compiere : la trasformazione della maschera. E in questa trasformazione gli pareva dovesse essere tutta l’
a espressione di stento, trasse appunto il nome di Stenterello. Tolta questa fisima di trasformazione della maschera, in Alces
53 (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome III « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO SECONDO — CAPO IV. Ultima epoca della Drammatica nel finir della Repubblica, e sotto i primi Imperadori.  » pp. 245-317
imitatore di Marco la Tebaide, benchè Giusto Lipsio vorrebbe riferir questa al felice secolo di Augusto: e ad alcun novizio d
ie latine conservate alcuna che sostenga il confronto delle greche, è questa Medea. L’autore manifesta di avere abbastanza con
on Creonte si scorge l’artificio medesimo della tragedia greca; ma in questa latina è da notarsi che Medea in mezzo alle pregh
ba certo nobile contegno che tira l’attenzione. Di più l’interesse in questa par maggiore, perchè Seneca ingegnosamente suppon
tratto Medea si manifesta. Avvedutasi di Giasone gli va incontro con questa amara ironia: Fugimus, Jason, fugimus: hoc non
vigliata)? Bene est; tenetur; vulneri patuit locus. Questa bellezza, questa giudiziosa catena di pensieri, questa origine del
patuit locus. Questa bellezza, questa giudiziosa catena di pensieri, questa origine dell’ultimo grande delitto di Medea così
affermava, che spirat tragicum satis, et feliciter audet . Da alcuni questa Medea latina è anteposta alla greca. Noi non osia
la di Ovidio, nè dalle due di Pacuvio e di Azzio, nè probabilmente da questa di Seneca. Stile e grandi affetti comprendono il
à! gran naturalezza! gran conoscenza de’ caratteri delle passioni! In questa scena veramente teatrale, nouv’ha mordente acqua
matris , ella dice; ed Ulisse, exhibe natum, et roga . Ogni passo di questa scena è un prezioso quadro della natura colorita
esima madre trafitta e sì al vivo scolpita nell’atto III. Trovansi di questa tragedia varie espressioni bellamente imitate da
delle tre precedenti tragedie. Sofocle ha somministrata la materia di questa ; ma la traccia della favola va piggiorando a misu
ttore. Ciò abbiamo voluto con ingenuità rilevare, sebbene il piano di questa favola non parmi disposto col giudizio che si ric
lis. Ma tal maniera naturale di esprimersi è straniera all’autore di questa tragedia, il cui vero carattere torna a comparire
in Gangeticis etc. ; ed anche un’altra del medesimo atto, nè molto da questa lontana spiegata in altrettanti versi: Sylva jub
nto de’ Sette Capi a Tebe di Eschilo, e delle Fenisse di Euripide: ma questa Tebaide latina cede di molto alle due favole grec
agli occhi, Giuseppe Scaligero serivendo a Claudio Salmasio chiamava questa tragedia princeps omnium Senecae , Martino del R
Dircea moglie e germana! Ah qual funesta Confusion di opposti nomi è questa ! Antigone, Quem genitor, fugis? dice al padre
chi vive in lieta sorte È sollecito il morir! Seneca dice ancora in questa tragedia: Oh si pateant pectora ditum, Quando in
am tulerit Alcides necem? Ph. Quo nemo vitam. Seneca dà lieto fine a questa favola facendo comparire Ercole deificato a conso
uale in parlando della Medea di Euripide, ne ha fatto il paragone con questa di Seneca, ed in questa ha notate molte rare bell
edea di Euripide, ne ha fatto il paragone con questa di Seneca, ed in questa ha notate molte rare bellezze, e varii tratti deg
res. a. Le nostre osservazioni sulle tragedie di Seneca di poco in questa edizione alterate, ebbero fin da che videro la lu
54 (1790) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome VI « LIBRO IX. Teatro Spagnuolo del secolo XVIII — CAPO I. Tragedie. » pp. 4-67
cità e la tracotanza de’ congiurati a danno di Ataulfo. Manca adunque questa favola di quella savia graduazione che progressiv
che Moratin avesse introdotto nella sua favola Bruto finto pazzo. Ma questa è la smania de’ follicularj famelici, voler dar l
Don Pedro de Guzman el bueno discendente da quell’eroe. L’effetto di questa favola è l’ ammirazione che risulta dall’eroismo
potrebbe confessare che ad un padre. Di poi non senza bellezza ripete questa tinta con artificiosa variazione, e vuole che a l
magnanimità di Gusmano che getta la propria spada al nemico. Intanto questa tragedia che compensa i suoi nei con varie situaz
cate l’erbe e le foglie stesse degli alberi, a cibarsi di cadaveri. A questa lugubre scena ne segue una amorosa di sette pagin
e insieme coll’ amante e con tutti, di che si occupa singolarmente in questa scena? forse del prossimo esterminio della patria
o; ma bisogna attendere che passi tutto l’atto II. Notisi intanto che questa è una delle scene patetiche in cui Olvia delibera
rne la vile soddisfazione. Il leggitore sin dal principio scorgerà in questa favola una serie di minuti fatti spogliati della
. Egli vuol essere incluso nella sortizione, cui resiste Dulcidio per questa ragione: perchè tocca solo a Roma il discacciar p
e’ Numantini che eccita Dulcidio a declamar contro i Romani, ovvero è questa una scappata del poeta che vuol comparire tra’ pe
ltro spererebbe Olvia se avesse pattuito collo stesso Scipione? Anche questa scena fondata in ipotesi tutte false e mancante d
zo a’ nemici disperati i quali incolpano i Romani di tradita fede. In questa conferenza tutta declamatoria Scipione soffre con
ntisce quasi altro oggetto non avesse che d’irritar gli assalitori. E questa scena inutile e cattiva viene anche prescelta com
e l’altra. Terma vuol sapere in ogni conto i disegni della sorella, e questa che gli ha comunicati a Dulcidio e ad Aluro ed ha
o in tempo che Terma dice, refrena tu furor, ed egli ciò udendo dice, questa che parla è Olvia, certamente questo è inganno di
assione tragica. Se questi garbugli notturni, questi languidi amori e questa mascherata stieno bene colla distruzione di Numan
lle. Domanda o che gli assalti o che mandi le legioni a trucidarli. A questa richiesta senza sale Scipione risponde, spada o c
e, e sparso nel tempo stesso di formole famigliari e poco gravi, come questa della prima scena Romper de mi silencio la cla
guerreggiò in Palestina e conquistò Gerusalemme e ’l Sepolcro? Non è questa una menzogna garrafal? Dirà che in una tragedia e
arne i rapidi funesti effetti; ma aggiugnere che questo fulmine, cioè questa spada siasi spiccata dalle nubi, è falsità di sen
fatta una tragedia più artifiziosa di ogni altra francese, perchè per questa parte (e non è poco) essa nè migliora nè peggiora
r tali esecuzioni. Adunque anche nell’intervallo degli atti è passata questa importante parte dell’azione, ed essa non è tutta
e di Rachele, cagione poco fa di fenomeni rari e pellegrini, riescono questa volta infruttuose; egli va alla caccia. Rachele t
loro di pena contemplar lo horroroso de la bazaña. Così termina questa tragedia del sig. Huerta lavoro di quindici anni.
alità veruna che faccia sospirare per la di lei morte. Il Diamante in questa medesima guisa dipinse la sua Rachele, ed il sig.
stanze. Ciocchè nella tragedia del La Motte opera la regina, viene in questa del Colomès eseguito dal siniscalco del regno; ma
pe e abbraccia i nipoti; ed il sig. Colomès si è bene approfittato di questa bella scena. Il veleno apprestato ad Agnese dalla
scusa il principe. In somma il sig. Colomès con iscelta più felice in questa seconda tragedia ha data al teatro un’ Agnese non
gli Spagnuoli quello che è in Italia la Sofonisba, ed ha le virtù di questa ed i suoi difetti. Con pace di questo letterato c
55 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — Di Vicenza, 24 novembre 1587. » pp. 308-309
ca suo padre, et far si che possiamo venir liberamente a servirla. A questa degli Uniti seguì, ventiquattr’ ore dopo, una let
a che la Compagnia è tale, che merita esser favorita da V. A. Ser. di questa gratia, et perchè son certo che secondo la sua so
perchè son certo che secondo la sua solita benignità è per concedermi questa licenza, non glie ne farò maggior istantia, ma su
56 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 31-32
iderata licenza ; doppo esser stati per tre mesi Infruttuosi appresso questa Real Corte, è quello che piu importa anco à noi s
à Prodiga mano di Sua Altezza Reale hà ritrouato il modo di sradicare questa infruttuosa Pianta. Indi in quantità sufficiente
o, Vogliamo mutar aria à Dio Piacendo, è si i disgusti ch'io prouo dà questa turba di Compagni sregolata, non mi fanno ricader
57 (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO VI. Storia drammatica del XVII secolo. — CAPO IV. Teatro Spagnuolo. » pp. 196-285
Solitudini si trovano nell’Isabella ma con maggior delirio, perchè in questa parlano in proprio nome le persone introdotte e n
è più dispiacevole posta alla vista sulle scene che nella lettura. Da questa favola del Gongora si vede che la commedia Spagnu
azione viene dal poeta raffreddato colle pedanterie. Si sente cantare questa redondiglia: Si acaso mis desvarios llegaren
r dovessi, Pensa a qual rischio la tua vita esponi. Specchiati in questa immagine del vero, E ingelosir chi tutto può, p
uiera, por conservarte la vida, por traidor la suya pierda. Da questa lettera screduta la regina ordina che si sospenda
e. Mi vien detto che voi ed io possiamo averne quanti vorremo. Venite questa notte a trattare del primo, che ci sarà tempo poi
ue sotto il regno del di lui successore Ferdinando, rendono mostruosa questa favola che prende il nome da una Rica-Fembra di G
teatro ad onta di tante stravaganze, cioè il carattere vendicativo di questa dama che parla nel proprio dialetto Galiziano, e
ndicarsi del principe Garzia di lei padre. Los Amantes de Teruel. In questa terra del regno di Aragona corre una tradizione d
rito. L’ affretta a partire. Tradurrò esattamente qualche squarcio di questa scena. Vieni tu con salute? dice Isabella. Saprai
che obbliare è forza! Die. E di che è tempo? Isa: Di pensar ch’è questa L’ultima volta, oimè, ch’io ti favello, Che t
ue. Isa: Invano io prego? Die: Io nulla ascolto. Isa: Ed io con questa mano Saprò morir. Die: Saprò morir anch’io.
, per altro titolo il Convitato di pietra. Niuno ignora la fortuna di questa stravagantissima composizione. In Ispagna continu
i morte. Nell’una e nell’ altra è dipinto vivacemente il carattere di questa regina straordinaria piena di valore e di ambizio
a allato darebbe la morte alla persona da lui più amata. Risaltano in questa favola il carattere di Marianna virtuosa quanto b
morte, e la manda a Tolomeo. Per un intrigo amoroso di una damigella questa lettera passa nelle mani della stessa Marianna ch
’ammazzarsi col pugnale di Erode che Ottaviano porta al fianco. Non è questa una contesa tutta comica e indecente contraria al
a il pugnale, incontra Marianna, l’ammazza, e poi si getta in mare. E questa è la favola del Tetrarca de Jerusalèn che l’ auto
udiato d’insegnare che esse provengono dall’influsso degli astri. Era questa la bella moralità da insegnarsi sulle scene? Si c
egnarsi sulle scene? Si combattono in tal guisa gli errori volgari? É questa una dottrina concorde colla libertà umana e colla
’umanità? E se tralle antiche leggende Spagnuole si rinviene eziandio questa spietatezza (di che lascio a’ nazionali la cura d
so è il di lei cugino, nè perciò lascia di proteggerlo e salvarlo. In questa favola Calderon non ha evitato il solito difetto
de molti difetti del teatro spagnuolo, e più di una volta ne rise. In questa motteggia sull’uso d’introdurre i servi buffoni,
’ Nasarri e da’ Lampillas? Si confrontino le loro scritture. Anche in questa favola si vedono le solite allusioni buffonesche
all’amore. Moliere la tradusse intitolandola la Princesse d’Elide, ma questa copia fatta per altro frettolosamente sembra assa
ere di delitti. M. Linguet ha renduta a Moreto tutta la giustizia per questa favola preferendola ai mentovati Menecmi di Regna
tata dagl’ istrioni. Italiani e recitata spesso all’improvviso. Ma in questa si vuole osservare che il poeta per sostenere il
antes que Reyes su silla; laonde rende a se stesso giustizia in questa guisa: Pues quien ha de poner ley en un homb
iei leggitori vedranno forse con piacere tradotto qualche squarcio di questa favola; ed io prescelgo un discorso di Juan Pasqu
 IV, confessarono di aver seguita la favoletta inglese, ignorando che questa era una debole copia delle nominate commedie spag
a Zingaretta di Madrid. Una novella di Cervantes diede l’ argomento a questa favola, che ha somma grazia in castigliano, e per
one che ne fanno i nazionali. Più di una fiata ho veduta rappresentar questa commedia (perchè quasi in ogni anno si ripete) or
o dalla commedia imperfetta del Gongora, ed è dipinto felicemente; ma questa commedia non è rimasta sulle scene. Nella commedi
sene alcuni versi. Poche commedie spagnuole hanno la piace-volezza di questa ridicola favola. El Castigo de la miseria, cioè
vedova Indiana che in effetto è una povera donna di Salamanca, Anche questa favola partecipa assai della farsa; ma i caratter
trare che non vale lo studio scompagnato dell’esperienza; ma si fonda questa massima que no es ciencia que se estudia la del r
a di Candamo merita lode, è che vi si mostra coll’ esempio di Camillo questa verità morale, cioè che un principe buono che vog
bene de’ popoli rinunziare a non poche delizie concesse a’ privati. E questa verità imparata colla pratica di un lungo regno h
fuoco e felicità hanno seguito il di lui metodo. Io potrei impinguare questa parte del mio libro con più migliaja di commedie
una tragedia divisa in tre atti, ma una rappresentazione de’ fatti di questa regina in tre tragedie separate quanti sono gli a
e volte promessa e mai non intrapresa! Possa facilitarne l’esecuzione questa mia storia! Allora gli Spagnuoli che mostrano già
Cristo; almeno non costa che gli Angeli avessero fatto uso ancora di questa pozione Messicana. 109. Marianna di religione Eb
58 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 15-16
di M.ª Angelica, il D’Ancona (op. cit.) crede di poter rilevare esser questa l’Angelica Alberigi o Alberghini, che nello stess
che dobbiamo andare, e perchè se ne vuol venire un’altra non uguale a questa in far comedie, però suplico S. A. mi favorisca c
59 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 424-425
so, acciò il tutto corrisponda al merito della Rappresentazione. Dopo questa vi sarà un Terzetto ballato da tre Signori Dilett
erroni, e di Anna Greffi. Essi hanno cercato il modo di ben divertire questa amorevolissima Popolazione : onorate pertanto o L
60 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 588-589
ea, con queste parole : Eccoti, Carolina, una mia memoria : io portai questa corona per venti anni, e mi è cara sopramodo perc
rino, per sua beneficiata, vi fu il dono de’ ritratti dell’artista. E questa manifestazione di stima, strana nel suo riprodurs
61 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » p. 335
pantalone Girolamo Gabrielli e la prima donna Antonia Torri, dice di questa  : « La Lavinia anch'essa sta attendendo dalla sol
o spontaneamente o stimolato dalla moglie pensò bene di liberarsi di questa ), e un figliuolo, Giorgio, che recitava i terzi a
62 (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro I. — Capo VI. Continuazione del Teatro Greco. » pp. 82-108
rne la forma, togliendo per esemplare la tragedia osservando poi, che questa si arricchiva ne’ poemi eroici d’Omero, pensarono
V indirizza la parola agli spettatori, e ciò fassi ancora dal coro in questa e nelle precedenti commedie. Nel coro dell’atto I
. Vari esseri allegorici si animano nelle commedie d’Aristofane, e in questa , oltre a Mercurio e alla pace, si dà corpo alla g
Dio delle ricchezze, Mercurio, e la povertà. La spoglia allegorica di questa favola vela un tesoro di filosofiche verità, e me
di ciò, ridendosi di madama Dacier che avea encomiato Aristofane. Ma questa famosa letterata, se mancava di quel gusto poetic
s’ingannava nell’indovinarli, e con maggior diletto gli ravvisava. In questa commedia per la legge divenuta più ingegnosa e pi
va sì un coro, ma ben lontano dall’antica baldanza e mordacità. Fiorì questa commedia intorno al secolo del Grande Alessandro,
piano e ordinate le parti fino alla conchiusione; e tal caso facea di questa necessitaria pratica che, se non ne avesse scritt
asciava di appressarsi più al favellare che al canto corale; e allora questa classe di attori ad altre non attese che ad anima
acque molto al popolo d’Atene il personaggio di Anfiteo introdotto in questa commedia, perché gli sembrava essere insultato da
che l’adulavano, fu ancora esposto alla pubblica irrisione e beffe in questa commedia de’ Cavalieri. 38. «On ne saurait trop
l suo teatro greco. 41. Fra gli altri il famoso scultore Fidia sa in questa commedia morso velenosamente sulla sua probità pe
tua di Pallade tutto l’oro sumministratogli dalla Repubblica. 42. In questa commedia della pace fu eziandio posto in Berlina
un’aria di eroe, avendo in un combattimento gittato le armi, venne in questa commedia marchiato con ferro rovente da Aristofan
so degli anni sempre più accresciuta tra i francesi de’ nostri giorni questa lusinghiera e vanitosa opinione del proprio merit
63 (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « STORIA DE’ TEATRI. CONTINUAZIONE del Teatro Italiano del secolo XVI. e del Libro IV. — CAPO VII. Pastorali. » pp. 4-41
scolari di legge. Domandiamo ora che musica fu quella che si fece a questa pastorale ed alle altre che la seguirono? perchè
fu anche trasportato da Domenico Slaturichia celebre in Dalmazia per questa , e per la traduzione dell’Elettra, e di Piramo e
che leggono per divertimento può esser ignoto l’argomento semplice di questa elegantissima favola che con una condotta regolar
per mezzo della pietà. Vana cura sarebbe ancora metterne in vista più questa che quella bellezza, men bello di ciò che si sceg
detail, sono tante nella seconda scena dell’atto II, che pur dovrebbe questa tutta ripetersì. È bellissimo il racconto di Amin
ma del Guarini e dopo del Tasso, intitolata il Pentimento amoroso. Ma questa si pubblicò in Venezia nel 1583, ed io trovo, che
resse nel 1590. Una delle più vive battaglie letterarie si accese per questa favola, che vive e viverà a dispetto de’ critici
e a favore del Pastor fido. Il parlare troppo elegante de’ pastori in questa favola ebbe anche fuori dell’Italie un censore ne
per la tessitura e per un disegno più vasto e più teatrale. Anche di questa favola si fecero in Francia varie traduzioni in p
ninfa. Tenera nell’atto V è la riconoscenza di Licori e Tirsi. Non è questa una pastorale da gareggiar coll’Aminta o col Past
un novello Narciso che si vagheggia in un fonte. Non è da cercarsi in questa ed in moltissime altre favole di questì ultimi an
benchè non mi sembri abbastanza interessante, è pure regolare. Anche questa pastorale è priva di cori. Le Pompe funebri del c
elle donne virtuose, ed in biasimo di chi non le ossequia. Sembra che questa pastorale sia rimasta inedita. Inedita parimente
64 (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO IV — CAPO IV. Pastorali del Cinquecento. » pp. 267-294
lari delle leggi. Domandiamo ora, che musica fu quella che si fece a questa pastorale, ed alle altre che la seguirono? perchè
fu anche trasportato da Domenico Slaturichia celebre in Dalmazia per questa , e per la traduzione dell’ Elettra, e di Piramo e
e leggono per divertimento può essere ignoto l’ argomento semplice di questa elegantissima favola che con una condotta regolar
per mezzo della pietà. Vana cura sarebbe ancora metterne in vista più questa che quella bellezza, men bello di ciò che si sceg
ma del Guarini e dopo del Tasso, intitolata il Pentimento amoroso. Ma questa si pubblicò in Venezia nel 1583, ed io trovo, che
resse nel 1590. Una delle più vive battaglie letterarie si accese per questa favola, che vive e viverà, a dispetto de’ critici
e a favore del Pastor fido. Il parlare troppo elegante de’ pastori in questa favola ebbe anche fuori dell’Italia un censore ne
per la tessitura e per un disegno più vasto e più teatrale. Anche di questa favola si fecero in Francia varie traduzioni in p
ninfa. Tenera nell’atto V è la riconoscenza di Licori e Tirsi. Non è questa una pastorale da gareggiar coll’ Aminta o col Pas
un novello Narciso che si vagheggia in un fonte. Non è da cercarsi in questa ed in moltissime altre favole di quest’ultimi ann
ione, benchè non mi sembri molto interessante, è pure regolare. Anche questa pastorale è priva di cori. Le Pompe funebri del c
delle donne virtuose e in biasimo di chi non le riverisce. Sembra che questa pastorale sia rimasta inedita. Inedita parimente
lle Sic. pag. 313. 131. L’Ab. Bettinelli errò ancora nel credere che questa cena del 1529 fosse stata data da Don Garzia esse
65 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — Di Milano, il dì 28 agosto 1620. » pp. 140-157
Ricordevole degli obblighi ch’ io tengo con V. S. III.ma vengo con questa mia a farle riverenza, cosi fa Gio. Battista suo
uguriamo il colmo dei suoi altissimi pensieri. Di V. S. III., ecc. A questa fa riscontro l’ altra del marito in data del 14,
trando in lettiga. Ecco ciò che scriveva Giovan Battista : Era tutta questa Compagnia in arme, ma molto più s’ offendevano co
e), il Soldano (Spaccastrummolo). « L’ A. V. — dice — è il pastore di questa greggia, la custodisca ancora, e le pecore infett
omo I, pag.  304), dice : « dal 1576 al 1604 i personaggi e attori di questa compagnia rimarchevole furono, per le parti di am
sse dato nel naso co’ suoi trionfi è molto probabile, tanto più che a questa , sposa onesta e fedelissima a suo marito (« per q
immensa del Ciel stellata mole Vedesi lampeggiar la Dea d’Amore. Che questa altera Diua emula al sole Vnisce a’ raggi, onde s
ode della Signora Virginia Ramponi, — comica fedele detta Florinda. È questa una delle testimonianze del casato vero di Virgin
dell’ Ill.mo S.r Hercule Marliani meritiss.° Consigliero di Stato di questa A. S. di Mantova. Hora dovendosi (per esser grand
oria. Pongasi adunque l’A. V. S. e per la Madre che è tanto che serve questa S.ma Casa Gonzaga e per la servitù che di continu
arvi et la fecero rimanere, di queste cose ce ne sono ogni giorno, et questa sgratiatuzza ride et gode sott’ occhio havendo ri
tanto ; ma mi affido ch’io lo dico a padrone che non lasciarà perder questa mia et penetrare facilmente il tutto. Ammettiamo 
r la Baldina, che fece scappar la Virginia come spiritata ! ! ! Morta questa , l’Andreini si unì in matrimonio con essa Lidia,
66 (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO VIII. Teatro di Sofocle. » pp. 104-133
raniero. Dopo ciò arriva Ulisse, e cerca di placare Agamennone; nè in questa ultima scena trovansi punto le villanie decantate
ato imeneo. Antigone n’è sepolta viva, Emone figliuolo del re che ama questa principessa, si ammazza, ed Furidice di lui madre
ispezialità nella scena con Crisotemi sua sorella. La moderazione di questa serve d’artifizioso contrasto col trasporto di El
, che trasse dal l’uditor o copiose lagrime. Tutto concorre a rendere questa tragedia eccellente; un’ azione grande, terribile
Era scelleratezza: il giorno ho tolto A chi mi diè la vita. O Sol fia questa L’ultima volta che i tuoi raggi io miria Ma qu
erle, sulle vestigia di Sofocle, tragiche e grandi. Può osservarsi in questa favola che i Cori del primo e del terzo atto semb
Teseo, secondo l’oracolo, va a morire in un luogo a tutti ignoto. Fra questa tragedia e le Supplici di Eschilo scorgesi qualch
i attori, si allontana dal l’avviso di molti valorosi critici, e mi è questa volta paruto espediente additarne a’ miei leggito
re i rappresentatori . Sulle quali parole fece il critico Modanese in questa guisa la sua esposizione: Tespi, secondo Laerzio,
sia che non giugneva alla vera melodia che costituisce il canto, e di questa cura si allegerì il Coro, come accenna Aristotile
e Folard, e niuno ha finora potuto nemmeno dalla lunga tener dietro a questa incomparabile favola del più famoso Tragico della
67 (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO V. Sulle due Sofonisbe Italiane, e su due Traduzioni dal Greco di Fernan Perez de Oliva. » pp. 26-42
rò nè anche si tratta di perfezione, ma di anteriorità nel genere; or questa come può negarsi alla Tragedia del Carretto, perc
che del genere? Questo è compiacersi del proprio inganno. L’Azione di questa Sofonisba è grande, è eroica, come la richiede Te
in sei o sette delle quindici Tragedie Spagnuole. Tutto ciò non dà a questa favola la giusta denominazione di Tragedia? La me
ima, e altri capricci dell’Autore in essa introdotti, non permisero a questa Sofonisba di salire in gran pregio. E questo sign
il suo rincrescimento perchè ripetei di passaggio, che prima assai di questa Tragedia gl’Italiani ne aveano avute più altre; m
dicono che il Vicentino fu il primo a scrivere una degna Tragedia in questa lingua, cioè in idioma Italiano. Nè poteva dire a
tria dell’Autore. Vediamo ora ciò che dice l’Apologista sul merito di questa Tragedia. Egli veramente da se nulla ne dice, ma
ripide. E se il Signor Lampillas si prendesse il travaglio di leggere questa parte di quel Dramma, presumendolo dotato di cuor
eprimere la Sofonisba col criticare la scena che siegue alla morte di questa Regina, allorchè viene Masinissa, la quale scena
i personaggi dell’Ecuba Greca, eccettuandone Taltibio. Ha ritenuta in questa anche il titolo di Ecuba aggiugnendovi triste. Ed
68 (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO VIII. Continuazione del Teatro Greco. » pp. 269-289
del dottissimo Anton-Maria Salvini, presentiamo l’annessa analisi di questa favola, di cui Omero fornì l’ argomento nel IX li
elle terre. Gli vede scendere dal monte cantando, e mesto dice, E’ questa , oime! l’antica illustre danza? Questi quei cor
e stesso che non si poteva chiedere nè rispondere più a proposito. Di questa precisione e aggiustatezza abbiamo pochi esempj t
he ne faceste? Passò ella di mano in mano? Oh avesse avuto a far meco questa sorella di Polluce! avrebbe trovato scarpa pel su
a felicità e le ricchezze pastorali di cui abbonda: Per me solo pasce questa greggia immensa; per me si scanna, per questo ven
pasce questa greggia immensa; per me si scanna, per questo ventre per questa gola, e non già per alcuno di questi tuoi numi. I
e dopo della tragedia, e la magodia dopo della commedia. Da principio questa farsa limitavasi a rappresentare gli artificj e l
i dell’America (dice Robertson129) restà sommamente colpito in vedere questa connessione fra la magia e la medicina in mezzo a
asciava di appressarsi più al favellare che al canto del coro. Allora questa classe ad altro non attese che ad animare con viv
e di Venere che si raccomandava a Marte, e quanto altro apparteneva a questa favola, ma con tale perspicuità, con tanta leggia
69 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 606-607
a Mantova e altrove, non mi fu possibile rintracciar altre notizie su questa comica, che le due lettere, che metto qui ; di cu
S. Ill.ma che si sapeua ch’io non ero in parola con nissuno. Hora con questa sua consegnata dall’Ill.mo Monsig.r Bentiuogli su
potrà far fede il nostro Beltramme che sempre a procurato l’unione di questa compagnia, et ora ne confesso l’impossibilità. si
70 (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO IX. Pregiudizj dell’Autore della Storia de’ Teatri, rilevati dall’Apologista. » pp. 95-111
atro Greco, Latino, e Francese, che non dello Spagnuolo. Lasciamo che questa querela non avrà più luogo, pubblicata la nuova e
i al pari dell’Italiano. E’ soddisfatto il Signor Lampillas? Trova in questa narrazione ancora qualche pregiudizio? II. PRE
rovato dalla Chiesa, e restò proibito e negletto per 53. anni. Ma pur questa sarebbe una cura inutile, perchè tal Libro, ad on
l contagio il solo Solis, se non m’inganno), e gli salterà agli occhi questa verità. Ciò che fa principalmente stordire nel Te
noche de Juebes Santos “Que se hace prision en huerto.” Può darsi di questa maggior profanazione? Infine era il Signorelli pe
i colla verità alla mano. E’ vero che il Signor Lampillas si oppone a questa riflessione con dire, che se quei zelanti conserv
simile si legge nella Confusion de un Jardin del medesimo Moreto. In questa guisa favellano gli Scrittori Spagnuoli, che aman
Signor Lampillas le vede, le tocca, e nella p. 185. a me si volge in questa guisa. “Ecco Signor D. Pietro, i semi della Comme
ne, e un panegirico indiretto a favore delle proprie produzioni! E da questa del Varchi pretendete ricavare la Storia della Co
71 (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO VII. Teatro di Eschilo. » pp. 75-103
e ballerino per accrescerne quello degli attori degli episodii, e con questa seconda classe di rappresentatori rendè l’azione
e a certa antica ruvidezza che gli concilia rispetto. Intervengono in questa favola numi, ninfe, eroi e personaggi allegorici,
errori della misera Io trasformata in giovenca accresce il terrore di questa favola, e benchè vi sia introdotta senza manifest
iamo nelle minute obbiezioni del per altro erudito Robortelli fatte a questa favola che spira per tutto grandezza e nobiltà e
ucciso e sepolto. Si può notare eziandio che o la rappresentazione di questa tragedia dee durare alcuni giorni, o, come riflet
dia non ebbe bisogno dell’esempio altrui per condurre alla perfezione questa parte sì rilevante del dramma, nella quale tanti
ed in fatti non si prenderà mai per modello delle agnizioni teatrali questa di Eschilo sfornita di verisimiglianza. Dacier, c
qualche fanciullo e più d’una donna incinta si sconciasse. Eschilo in questa favola trasgredì le regole del verisimile, coll’e
tto il dipartirmene per seguire l’affetto che m’inspira la lettura di questa favola. Io non mi sono proposto in quest’opera di
72 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » p. 614
in Articulo Mortis e fattagli la raccomandazione dell’anima passò da questa a miglior vita il giorno dieci, assistito fino al
ce Curato di S. Giovanni Laterano ; il di lui cadavere fu seppolto in questa mia chiesa Parrocchiale di S. Giovanni Laterano c
73 (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO VI. Storia drammatica del secolo XVII. — CAPO II. Pastorali Italiane del XVII secolo. » pp. 274-291
e in Venezia nel 1607, e colle opere dell’autore nel 1610. Si vede in questa più artificio nel piano, viluppo più teatrale, ca
arsi come il padre di Gelopea condiscenda alle nozze. É ben leggiadra questa poesia; e non so altra pastorale di oltramonti ch
quelle rigide seguaci di Diana; ed Alcippo scoperto dee soggiacere a questa pena. Tirsi il giudice più zelante per l’osservan
tto napoletano la Rosa favola boschereccia pubblicata nel 1621. Viene questa favola mentovata dal Fontanini, ed esaltata da Gi
nfa. Io non conosco pastorale veruna de’ secoli XVI e XVII che più di questa abbia acconciamente dato luogo a diversi squarci
2 di settembre scrisse a monsignor Zucconi a Vienna di aver composto questa favoletta da recitare in musica nel passaggio del
74 (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO IV — CAPO PRIMO. Risorge in Italia nel secolo XVI la tragedia Greca, ed il teatro materiale degli antichi. » pp. 86-174
riconobbero la forza e lo splendore delle sentenze e delle parole di questa Pioggia d’oro, per la quale la tragedia cominciò
suoi casi misti di gloria e di disgrazie vicine e lontane. Il coro da questa pioggia d’oro coglie l’opportunità di parlar dell
la mirabile vaghezza dell’aureo stile, salveranno sempre dall’obblìo questa favola: la languidezza e l’ episodio poco tragico
i Maria sopra la crudeltà Ebrea meriterebbe di trascriversi. Non cede questa tragedia in regolarità di condotta alle migliori;
ricavasse il compilatore del Parnasso Spagnuolo la rara scoverta che questa Sofonisba fosse stata una spezie di dialogo alleg
a sul punto di spirare. Veggasi nel seguente frammento il colorito di questa scena lagrimevole: Sof. A che piangete? non sap
pete ancora Che ciò che nasce a morte si destina? Cor. Ahimè! che questa è pur troppo per tempo, Che ancor non siete nel
ado . . . addio. Non in Italia soltanto si accolse e si rappresentò questa tragedia con ammirazione; in Francia ancora sin d
un coro di donne che sono seco89. Per simili riflessioni a noi sembra questa Tullia una delle nostre tragedie più difettose, b
avenna e Salviati; ma sembra che alla prima rappresentazione, e non a questa , si fosse trovato il prelodato Luigi Alamanni, fa
del pari coll’ Elettre matricide. Un matrimonio occulto contratto da questa sua figliuola con un valoroso avventuriere di osc
i disperazione trafigge il padre e se stessa. Ha servito di modello a questa tragedia il Tieste di Seneca. Nemesi colle Furie,
una voce in aria che comanda ad Orazio di ubbidire. La regolarità di questa tragedia è manifesta; gli affetti sono ben manegg
Si troverà poi soverchio ardita e viziosa qualche espressione, come questa del feciale nell’atto I, Fattor degli astri la
tor per la mia lingua Con la bocca del cor ti bacia in fronte, e questa del V, . . . . . . . . . . e però vuoi Piutto
antova e di Monferrato. Ma alquanti anni prima comparve un abbozzo di questa tragedia nella II Parte delle Rime e Prose del Ta
ta si sono ritenuti nella perfezzionata; alcuni di essi si veggono in questa migliorati; ma qualche volta trovansi i concetti
fianchi di un monte, descrive minutamente con mille poetiche immagini questa tempesta. Era però più proprio del genere drammat
sea per tutto ciò che non è Francese. Io non sono cieco ammiratore di questa buona tragedia di tal modo che non mi avvegga di
così pensò ancora il Signor Apostolo Zeno. Le particolari bellezze di questa tragedia vennero manifestate dal Parisotti in un
d Andromaca atterrita esclama subito, Oimè! che religion crudele è questa ? Che gran male hai tu detto in poche voci; e
a dove sia; ma col tragico latino dirsi alla prima ch’è morto; perchè questa notizia ben accreditata dal dolor materno togliev
lontani dal racconto, o fargli operare secondo il proprio dolore; or questa passione non è capace di soffrire un racconto min
Sofonisba per l’ affetto, e l’ Oreste per la bellezza de’ passi, può questa giustamente pretendere per lo stile. Riconosce pa
endere per lo stile. Riconosce parimente il Conte Calepio nel Nino di questa favola un carattere sommamente idoneo al fine del
no racconto ma una scena animata e interessante la terza, nella quale questa virile regina narra alla confidente Imetra quanto
adopra, fa trasparire da lontano la perversità dell’intento. In fatti questa Medea dell’Assiria avuta appena Dirce ed i nipoti
ine Simandio gli toglie dal petto il pugnale, Dicendo, ah Nino! E’ questa la virtude Onde sì risplendevi? A questo modo
nghiozzò, chiuse gli occhi e spirò l’ alma. Bisogna confessare che questa Semiramide per uguaglianza, nobiltà e grandezza d
ora che il Manfredi è stato il primo in Europa a mostrare sulle scene questa regina famosa degli Assirj, e senza averne trovat
propria man l’alma natura, Sola può dare e variar gl’ imperi. Per questa sola tremano i potenti, A questa sola ogni gran
uò dare e variar gl’ imperi. Per questa sola tremano i potenti, A questa sola ogni gran re s’inchina. Ella comanda che c
ppresentate. In somma se un movimento più vivace rendesse l’azione di questa tragedia meno riposata e più teatrale: se le robu
il Conte di Calepio stimava doversi preferire alla stessa Merope. Da questa ragionata narrazione, e non da arbitrarie decisio
ne fe molti imprimere e rappresentare e piacere in Francia ancora; e questa è storia. Nel nostro secolo non solo non è stata
n leggieri cambiamenti in più di un luogo; ma piacquero sommamente; e questa è storia ancora. Non seppe questi fatti il Signor
75 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — Di Venetia, 23 di marzo 1675. » pp. 351-354
lla dedica della Rodiana che fa al Conte Ottaviano Vimercati, affermi questa commedia esser sua, così dicendo : e dia la colpa
ggia il Capitano ; talora servo, talora innamorato, talora marito…. E questa varietà di caratteri il Beolco dava forse a bella
l vero che la madre noi d’un medesimo parto avendo partorito passò di questa vita ; per il che dall’avo materno nostro, fummo
rsi colori di panni che più leggiadri pajono. Ed in vero ho veduto in questa città molte madonne, tanto inordinatamente acconc
o infinite gratie a V. S. Ill. del favore ricevuto, spero in dio, che questa settimana che entra di essere spedito di miei int
76 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [G]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 995-998
sta, che fra le gemme è gemma prezïosa. Come quelle che leghi in oro, questa serba, e vedrai, che in ciò tutto riposa la sola
edia inclina al languore che può convenire alla commedia ( ?) ; ed in questa per voler troppo comparire naturale, cade nella f
, e di altro, e del ’44 da Trieste al figliuolo Angelo in Vicenza. Da questa tolgo il seguente brano : Credo che la vostra tr
narmi. Avevo 200 scudi, sono iti ; ne ho presto ripiegati altri, e da questa parte non tremo per ora. La testa mi regge poco,
77 (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « LIBRO II — CAPO IV. Ultima epoca della Drammatica nel finir della Repubblica, e sotto i primi Imperadori. » pp. 172-221
ne conservate alcuna che possa sostenere il confronto delle Greche, è questa Medea. L’autore manifesta di avere abbastanza con
eci. Sommamente energica è la risposta che dà alla Nutrice, quando questa le rappresenta che si trova priva di ogni soccors
nesi il medesimo artificio della tragedia Greca; ma si vuol notare in questa Latina che Medea in mezzo alle preghiere serba ce
a certo nobile contegno che tira l’attenzione. Di più l’ interesse in questa par maggiore, perchè Seneca ingegnosamente suppon
tratto Medea si manifesta. Avvedutasi di Giasone gli va incontro con questa amara ironìa: Fugimus, Jason, fugimus: hoc non
ravigliata: Bene est; tenetur; vulneri patuit locus. Questa bellezza, questa giudiziosa catena di pensieri, questa origine del
patuit locus. Questa bellezza, questa giudiziosa catena di pensieri, questa origine dell’ultimo gran delitto di Medea così sc
. . . . spirat tragicum satis, & feliciter audet. Da alcuni questa Medea latina è antiposta alla greca. Noi non osia
à! gran naturalezza! gran conoscenza de’ caratteri delle passioni! In questa scena veramente teatrale, non v’ha mordente acqua
na, attrache. Quid respicis, trepidasque? Porta l’ultimo colpo a questa infelice madre il pensiero che sopravviene ad Uli
is, ella gli dice; ed Ulisse, exibe gnatum, & roga. Ogni passo di questa scena è un prezioso quadro della natura colorita
ima madre trafitta e sì al vivo scolpita nell’atto terzo. Trovansi di questa tragedia varie espressioni bellamente imitate dal
delle tre precedenti tragedie. Sofocle ha somministrata la materia di questa ; ma la traccia della favola va peggiorando a misu
ttore. Ciò abbiamo voluto con ingenuità rilevare, sebbene il piano di questa favola non sembrami disposto con quel giudizio ch
s. Ma tal maniera naturale di esprimersi è straniera all’autore di questa tragedia, il cui vero carattere torna a comparire
Gangeticis &c.; e anche un’ altra del medesimo atto, nè molto da questa lontana, spiegata in altrettanti versi: Sylva jub
nto de’ Sette Capi a Tebe di Eschilo, e delle Fenisse di Euripide; ma questa Tebaide latina cede di molto alle due favole grec
agli occhi, Giuseppe Scaligero scrivendo a Claudio Salmasio chiamava questa tragedia princeps omnium Senecæ, Martino Del Rio
ircea moglie e germana! Ab qual funesta Confusion di opposti nomi è questa ! Quem, genitor, fugis? dice Antigona al padre
uale in parlando della Medea di Euripide, ne ha fatto il paragone con questa di Seneca, nella quale ha notate molte rare belle
78 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » p. 226
i rivedervi alta speranza Profondamente ho nel mio cor scolpita ? Pur questa speme che avverar si debbe Può alla perdita mia r
he avverar si debbe Può alla perdita mia recar sollievo. Allettata da questa , in me rinasce Vigor novello a scior la voce estr
79 (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « [Privilegio] » pp. -
[Privilegio] ECCELL. SIGNORE. Amato Cons pubblico Stampatore di questa Fedelissima Città, supplicando espone a V. E. Rma
Rossi Can. Deput. S.R.M. SIGNORE.   Amato Cons pubblico Stampatore di questa Vostra fedelissima Città supplicando espone alla
80 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 230-232
allinaccio per l’indignazione con cui proferiva le parole : « sì, con questa spada, lo giuro ! oh, sì !… lo giuro !… Con quest
parole : « sì, con questa spada, lo giuro ! oh, sì !… lo giuro !… Con questa spadaaa ! » Ma il pubblico…. come non ci fosse. L
81 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [E-F]. I COMICI ITALIANI — article » p. 928
ano tra loro a chi prima toccasse l’impossessarsi degli uomini ; e da questa gradita controversia nasceva il contento. E rife
vicino un sì bel Sole. Una testimonianza del valor suo l’abbiamo in questa lettera che tolgo dall’Archivio di Stato di Moden
82 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 218-219
rico, ed afflittivi, appassionati contrasti. » E più oltre : « Merita questa attrice le più sincere lodi pel suo valor teatral
voi si vanti di ferirla, e recarle aspro dolore ? Bell’ impresa ell’è questa , e bel valore egli è oltraggiar chi sol si strugg
83 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 619-638
arole di due massimi artisti del nostro teatro di prosa. Che dire di questa prediletta figlia di Melpomene e di Talìa ? Mi si
roccia si estrae il diamante, così Cesare Dondini tolse dall’oscurità questa preziosa gemma di pura acqua, alla quale sovrabbo
oco, produttore dei raggi che abbarbagliano. L’intuizione psichica di questa attrice era unica più che rara. L’inspirazione ma
fo, del Marenco, era immensa ; nella Pia de’ Tolomei era sublime ! In questa tragedia soprattutto raggiungeva tal grado di per
sì che fa dire altrui : Quei che comparte il ben quaggiù, La diede a questa etate per mostrar quanto può natura ed arte. Ce
regnando a Mantova Guglielmo Gonzaga ; ce lo apprende egli stesso in questa lettera del 30 marzo 1622 pubblicata in parte dal
lui diretta. Lo troviamo sul finir del 1595 a Firenze, come appare da questa sua lettera, diretta allo jll.mo et ecce.mo mio S
conda volta, dai primi giorni di febbraio al 26 d’ottobre del 1608, e questa volta direttore e conduttore della Compagnia ; a
erspicacia manteneva l’unione e l’accordo dei comici. La sola volta è questa in cui Pier Maria Cecchini s’abbia una parola di
nforzarla di miglior gente, come un Pavolino Zanotti. Ma le sue forze questa volta si trovaron misere di fronte a quelle dell’
n vi maledire, et desiderarvi ogni male, acciò lasciaste di venire in questa città, poichè siate cagione, che i ridotti si chi
ce (Lett. XII) : Credete ch’io non sappia che ricevete dispiacere da questa mia ? Io lo so ; ma, perchè non voglio nulla del
anta copia di sviati e Ciarlatani, che così spietatamente lacerassono questa povera comedia, la qual mi par tuttavia di udire
84 (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi [3e éd.]. Tomo X, parte 1 pp. 2-271
Veggasi per saggio dello stile e della versificazione il monologo di questa principessa nell’ atto III Eccomi donna e sola f
al tempo in cui gli ripetevano. Il Martelli partecipò felicemente di questa gloria della Francia, e con miglior senno de’ nos
a semplicità cui si attenne nel tesserle, piacque agli eruditi, e per questa parte fu applaudito dall’istesso Martelli. Ma s’i
per la vittoria ottenuta da Orazio colle smanie di Orazia per essere questa riuscita sanguinosa e per lei tanto funesta per l
pettatore perchè non comporta il cambio, e scopre la nobil frode. Con questa gara di virtù e di eroismo prevenne il Marchese a
r riunire alla tragica rappresentazione la musica che le conviene ; e questa può esser forse una delle ragioni, per cui i comm
irebbero sul lor teatro Ismene che parla della febbre di Merope ? che questa regina per iscarsezza d’arte del poeta si avventa
nica fece innalzare, mentre egli era assente, il busto del Maffei con questa iscrizione : Marchioni. Scipioni. Maffeo. Vivent
o nel 1724 si stampò di nuovo con tutte le rime dell’autore. Non cede questa tragedia nella regolarità e nel colorito delle pa
blicò nel 1725 Giocasta la giovane di scena mutabile. L’invenzione di questa non appartiene al Baruffaldi ; perchè il conte An
ecare qualche cicaleccio di Ormindo. Forse che più che tragedia parrà questa Giocasta un romanzo drammatico per tanti colpi di
enza cader nel basso. Ma, come bene osserva l’abate Conti, si sfigura questa favola in certo modo con raddoppiarsene l’azione
l Paragone della Poesia Tragica, e perciò nel 1738 produsse contro di questa opera egregía l’ Esame Critico, al quale vigorosa
nte cagiona la morte di lei secondo la predizione dell’oracolo. Offre questa tragedia al sagace osservatore molti passi pregev
Berenice per l’interpretazione dell’oracolo fatalmente colpevole. Se questa favola da taluni non si voglia ammettere tralle m
di Manasse salvato dal sommo sacerdote, forma gran parte del bello di questa tragedia. L’artifizio usato felicemente nel suppo
eco si è mostrato fedelissimo ; il re ne stupisce a ragione, e rileva questa doppiezza : Dione Teco dunque Callicrate si fin
a e di menzogna evidente. E quando pure la storia gli avesse sugerito questa specie d’inavvertenza, il Granelli ben sapeva che
o mel gustai, Ecco il mio fallo, e per sì poco io muojo. Lo stile di questa favola non è quello del Granelli nè del Varano, m
ignorava la censura del Voltaire alla Merope del Maffei, per essersi questa regina due volte avventata al figlio colla scure.
i Ignoti sensi mormorava, e il nome Di Dario ripetea. I caratteri di questa favola sostengono bene il proprio decoro e l’ugua
nominati traduttori di tragedie anche il Napoli-Signorelli autore di questa istoria, per l’opera che fece imprimere in tre to
o il proprio componimento che sia assai scarso di morali sentenze. Ma questa è la sua maggior lode esser sì ricco di lumi filo
l nascosto tra l’imbelle toga, Ma te chiamando a singolar certame. A questa scena popolare e grande, siegue la quintà di Vela
Bruto di altre tragedie, ammira con diletto la novità de’ pensieri in questa tragedia. È giunto il punto, dice Arminio, in cui
spietatezza, per dir così, riposata alla maniera di Caligola, quale è questa di Nino che dà luogo all’artifico, desta rincresc
dizione di portar le armi contro Genova che lo protegge. Energiche in questa scena sono le sue parole : Non mi rapir quel ben
a compassione. Per saggio dello stile e del patetico che serpeggia in questa favola, se ne vegga lo squarcio seguente. Ormesi
ungenti che vi si spargono insipidamente contro del pontefice romano, questa sembra produzione di qualche meschino filosofastr
tto prima che è episodico e men tragico del fatto istorico(a) Noi in questa edizione ci astenghiamo di epilogare le sconcezze
prio figlio non conosciuto credendolo assassino del figlio stesso. In questa Periandro, Zelide, Aletide rassomigliano a Polifo
amico nella scena terza dell’ atto IV. Ci basti accennare che rendono questa Ifigenia pregevole grandi affetti, stile nobile,
di personaggi che altro non fanno che cangiar le catene de’ regni. In questa tragedia si vede una tremenda catastrofe della co
lla morte di Romeo e Adelinda. Essendo il perno intorno a cui volgesi questa tragedia il combattimento in Romeo degli affetti
Dunque ? Romeo Ma… Uberto Non risolvi ? Romeo O angoscia ! Giuro. È questa la materia propria di tal situazione. Nullo però
ena di Uberto e Romeo. Ma a mirar dritto la brevità e la rapidezza di questa meglio conviene alle circostanze di trovarsi l’at
ea palesati i congiurati : Uberto Lasciami. Degno Nò, più non sei di questa mano. Io seppi I tormenti affrettar : debole donn
congiuri di Adelinda che gli si prostra per ottener che ceda, danno a questa scena molta vivacità, la quale all’arrivo di Erar
l genere) merita di notarsi che di tutte le Clitennestre da me lette, questa del Pepoli sembrami la più conveniente al tragico
trattato un argomento nazionale (a). Per avviso del medesimo autore, questa tragedia cede all’Aristodemo, benchè scritta con
gedia di purgar le passioni col terrore che risveglia ? Antigone. Di questa tragedia recitata in Roma nel 1782 a me incresce
La patetica gara però di Argia ed Antigone, gli arditi sentimenti di questa in faccia al tiranno, l’ultimo congedo che prendo
alla favola la verità e la forza. Virginia. Non può non ammirarsi in questa favola la viva dipintura de’caratteri d’Icilio, d
noi nel medesimo caso della tragedia de’ Greci ? Il fatalismo che di questa era il perno, lo è del pari della tragedia del mo
on da teatro. Simili principii non c’impediscono di confessare che in questa tragedia spicca singolarmente l’inimitabile destr
tennestra Atride pera. Egisto E come ? Di qual mano ? Clitennestra Di questa . In questa notte, Entro a quel letto ch’ei divide
tride pera. Egisto E come ? Di qual mano ? Clitennestra Di questa. In questa notte, Entro a quel letto ch’ei divider spera Col
uel letto ch’ei divider spera Coll’abborrita schiava. Non mancano in questa tragedia alcune eccezioni sullo stile, essendovi
gia festante per l’arrivo di un gran re vittorioso. Anche il resto di questa scena presenta un falso racconto di Egisto che ma
i e veste E volto, tutto è sangue… Ma, secondo me, come male termina questa favola ! Egisto dice che già di funeste grida int
suo carattere artifizioso e cauto in tutta la tragedia. Oreste. Per questa tragedia ebbe Alfieri particolar predilezione, qu
se non in corte spezzate acclamazioni nell’eccesso delle passioni. In questa medesima scena lunghissima benchè bella, avviene
. Passiamo alle altre. Ottavia. Quale scopo ebbe Alfieri nel tessere questa tragedia ? Dipingere (egli dice(a) un Nerone per
dire che pulluli la perversa genìa de’ Neroni ! Vero è per altro, che questa Ottavia supera l’altra attribuita a Seneca, ed il
gli dedicò alla contessa sua madre nell’ agosto del 1783. Nè anche in questa mi sembrano frequenti le solite eccezioni dello s
imbrattato di tanto sangue, perchè nella propria reggia ha conservata questa nemica implacabile risparmiandone il sangue ? Il
re senza superna ispirazione che non si presume in Lamorre ? Anche in questa tragedia incresce il veder impunito il regicida e
i ministri(a). Quindi è che lo stesso sagacissimo autore pronunziò su questa tragedia che i personaggi principali sono deboli
l sacrificio fa Raimondo per la libertà ? Giunio condanna i figli per questa  ; Marco antepone la patria al padre stesso. Raimo
l’eroismo ? Non saprei dir poi quale oggetto si prefisse l’autore in questa tragedia. Raimondo offeso per essergli stato tolt
iglia de’ Medici anche contro della storia, ma non ha stimato alterar questa in favore della libertà per conseguire l’effetto
iurati soggiacciono, e Lorenzo trionfa. L’autore nel dar perere su di questa favola ravvisa per attivi solo il terzo ed il qui
re le ricchezze col rimettersi le leggi di Licurgo. Si è asserito che questa tragedia manchi d’interesse e di moto. Io trovo i
est’argomento da molti abili Francesi maneggiato con poca fortuna. Ha questa tragedia quattro soli personaggi, come le prime c
quattro soli personaggi, come le prime che fece imprimere ; ed è per questa solita inopia che vi abbondano i monologhi, e vi
cciuola pel campo Romano di tenda in tenda. Per altro il carattere di questa regina trionfa per la sua grandezza nobilmente de
ltra l’effetto che produce in Bruto la congiura de’suoi figli. Io oso questa volta disconvenire dal suo avviso. Il corpo di Lu
. Questa forza fatale mise in opera l’immortale Racine nella Fedra, e questa avrebbe assai più giovato nella Mirra. Non vo’ent
o dal fato, chi non l’avrebbe compianta ? Alfieri non si è servito di questa molla. Appigliandosi alle vie più umane dipinge M
… Io moriva innocente…empia…ora muojo. Bruto secondo. Indirizzata è questa tragedia bizzarramente al Popolo Italiano futuro.
li, alla patria, alla vita, vidi commosso l’uditorio. Ciascun atto di questa tragedia rileva un trionfo della virtù di Socrate
liso…. … Sei tu mia figlia ? Parlami. Telaira Ah padre ! Socrate Ed è questa che stringo La man ?.. Critone Del tuo Criton. So
evola impressa in Brescia nel 1805, e colà rappresentata. Notabile in questa è pure il carattere di Annibale pel magnanimo cos
ese del San-Reale. (a). Chi volesse vedere una più piena analisi di questa tragedia, veda il tomo IV de’nostri Oe. (a). Un
85 (1790) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome VI « LIBRO IX. Teatro Spagnuolo del secolo XVIII — CAPO III. Opera musicale Spagnuola e Italiana e Teatri materiali. » pp. 89-108
da Don Miguèl Higueras sotto il nome di un Barbero de Foncarràl, che questa fu la prima e l’ultima opera seria spagnuola. Ess
po alcuni soporiferi discorsi di Briseida e Crisia Achille annunzia a questa la sua libertà, ed ella grata gli augura una coro
ta quest’insipida figlia del Frigio Briseo, ovvero il sig. La Cruz? E questa è la Briseida di Don Ramòn La Cruz Cano y Olmedil
cideranno qual sia il più scempiato componimento di questo secolo tra questa Briseida ed il Paolino di Añorbe y Corregel. Essi
anfiteatro, che si chiamano la grada. Circonda la fascia superiore di questa scalinata un corridojo oscuro che anche si riempi
à che ne risultava, determinò la prudenza di chi governava a troncare questa scenica rivalità, formando delle due compagnie un
, il quale non mai avea veduto Madrid, volle dubitare della verità di questa descrizione per suo natural costume di non creder
riguardo al Lampillas, parliamo ora del sig. Huerta, il quale contro questa mia breve narrazione su i teatri di Madrid ha dir
da’ disordini derivati da due partiti”. E qual ragione adduce di ciò? questa : che il regolamento di fare una sola cassa seguì
e contese e sconcerti; ma il bello è che dell’unione delle casse reca questa ragione, cioè che il Governo volle con ciò rimedi
ommedie Spagnuole di figuron, di capa y espada, ed heroicas. E’ forse questa una scelta ragionata delle migliori? Non è che un
86 (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO I. Su i Teatri Spagnuoli sotto i Romani. » pp. 2-8
ccasione d’illustrare qualche punto curioso della Storia teatrale. In questa che alla prima mi si presenta, avrò motivo di agg
venisse; ma per soddisfazione degli Stranieri non si dovea avvalorare questa semplice asserzione con qualche pruova, col nomin
o da Alghesira, e al presente si chiama Cortijo del rocadillo. Ora di questa Città, anche a’ tempi di Pomponio Mela abitata da
tilene, Epidauro ec., e sebbene vi corse qualche lieve differenza, fu questa di niun momento per le parti essenziali1. Che poi
87 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [D]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 754-756
lo, determinò di tornar sul teatro per non abbandonarlo più. Comparve questa volta al S. Samuele di Venezia in Compagnia di Gi
va mai sino in obscuras humili sermone tabernas. Egli è in forza di questa maravigliosa unione di sublimi qualità di natura
nuisce nello spettatore, se vede nell’attore troppi preparativi : per questa sovrabbondanza si dimentica talvolta delle conven
e del Talma francese : ed era cosa veramente sorprendente il vederlo questa sera nel Milord Bonfil con volto di forme regolar
88 (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome II « CONTINUAZIONE DEL TEATRO GRECO E DEL LIBRO I — CAPO XV. Satiri: Ilarodie: Magodie: Parodie: Mimi: Pantomimi. » pp. 171-200
del dottissimo Anton Maria Salvini, presentiamo L’annessa analisi di questa favola, di cui Omero fornì l’ argomento nel IX li
quelle terre. Gli vede scendere dal monte cantando, e mesto dice: E’ questa , oimè! L’antica illustre danza, Questi quei cori
esso che non si poteva nè chiedere, nè rispondere più a proposito. Di questa precisione e aggiustatezza abbiamo pochi esempli
he ne faceste? Passò ella di mano in mano? Oh avesse avuto a far meco questa sorella di Polluce! avrebbe trovato calzare pel s
felicità e le ricchezze pastorali di cui abbonda. Per me solo pasce questa greggia immensa; per me si scanna, per questo ven
e dopo della tragedia, e la magodia dopo della commedia. Da principio questa farsa limitavasi a rappresentare gli artificii e
ci dell’America (dice Robertsonb) restò sommamente colpito in vedere questa connessione fra la magia e la medicina in mezzo a
asciava di appressarsi più al favellare che al canto del Coro. Allora questa classe ad altro non attese che ad animare con viv
e di Venere che si raccomandava a Marte, e quanto altro apparteneva a questa favola; ma con tale perspicuità, con tanta leggia
89 (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VIII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI ANTICHI E MODERNI. TOMO VIII. LIBRO VIII. Teatri d’oltramonti nel secolo XVIII. — CAPO I. Teatro Francese Tragico. » pp. 4-111
randezza nè la delicatezza de’ sentimenti di Giovanni Racine. Esposta questa tragedia alle critiche talvolta giuste spesso mal
te che rinnovandosi la depone e si allontana, Riconosce il Calepio in questa favola pregi assai superiori alle imperfezioni ch
verisimile in un marito da più anni possessore dell’oggetto amato. Ma questa censura avrà ben poco peso per chi rifletta che d
o genere di morte in quello onde Ludovico Dolce in Italia fece morire questa reina, e la tragedia si rappresentò quaranta volt
emi , aggiugne, ditemi almeno: mio figlio, Bruto non ti odìa; basterà questa parola a rendermi la gloria e la virtù; si dirà c
, misero oggetto Di tenerezza e orror, caro sostegno Sperato invan di questa età cadente, Sorgi, abbraccia tuo padre : ei ti c
a loro povertà, non vagliono unite in un fascio quattro soli versi di questa scena. Giva cosi il Voltaire avvicinandosi al Cor
ha saputo animare e render nuovi i soliti contrasti delle passioni, e questa novità l’ha preservato quasi sempre (sia ciò dett
nsibili. Per l’oggetto morale che si cerca in ogni favola, sarebbe in questa la correzione delle passioni eccessive per mezzo
n basterebbe adunque rispondere alla proposta censura che non sarebbe questa la prima volta che si facciano giuste opposizioni
della stessa madre che pensa a vendicarlo. In tal tragedia non è solo questa madre che ragiona male, ragionando assai peggio P
data allora al principe reale poi re di Prussia Federigo II. Tanto su questa tragedia disse lo stesso autore nelle sue prose o
spese della virtù disgraziata. Lo stesso autore pensò di soddisfare a questa censura, mostrando che la passione amorosa garegg
atroci delitti in pregiudizio della virtù. Il frutto morale dunque di questa tragedia è manifesto essere di prevenire gl’incau
non molto straordinaria; Alzira dunque porta giustamente il titolo di questa favola, e mostra che il disegno dell’autore fu be
cioglierebbe gli equivoci, e torrebbe Tancredi di augustia. Poteva in questa essere una cautela, benchè inutile, il tacere che
ogo nella tragedia. La sorgente della vendetta meditata da Warwick in questa si rifonde alla competenza nata per una donna ama
constumi selvaggi e spagnuoli in contrasto. La rassomiglianza che per questa parte ha con l’Alzira, non ha nociuto al buon suc
etto anno con molta energia da Madamigella Raucourt, tutto ciò fa che questa tragedia seguiti a ripetersi. Prima di far parola
e risponde di aver sempre sdegnato di comprenderne i segreti. È virtù questa falsità? L’autore che aspirava alla gloria di tra
I, da scoppiare nel V. Infallibile, al lor credere, è la riuscita di questa mina; or perchè non attenderne l’evento sicuro? p
che molte espressioni false, gigantesche e puerili. È piacevole p. e. questa di Bajardo ferito che vuol tornare alla pugna, e
vera sotto la protezione dell’antico. È però la stessa cosa essere in questa forma ribelle, che scellerato, ruffiano della fi
iati alcuni giorni dopo ; ed anche di ciò vuol dubitare il Belloy per questa gran ragione che non sa d’où il emprunte ce reci
l suono continuava anche nell’intervallo dall’atto IV al V. Si ripetè questa tragedia nell’anno IX della libertà, e l’autore s
elloy, lo mostra presente alla strage. Un giornalista francese chiamò questa libertà audacia stomachevole del poeta . La mora
r Medea e Teseo. Sul teatro de’ Troubadeurs di Parigi udii recitar di questa tragedia una parodia intitolata Taisez-vous. Il c
potendosene a ragione offendere lo sposo. Bianca nettamente dice, che questa obedienza la fa tremare, e rivela di aver fatta u
scema il pericolo dell’amante che in quella storia è inevitabile. In questa Foscarini va da una donna maritata furtivamente,
90 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » p. 45
E in quella del XXII (della Pace) : Io son venuto a darvi saggio di questa bell’opera, c’oggi vi recitaranno questi dotti fi
e giovamento apportar suole, da me fatica, procede, sicome vedrete in questa nuova Comedia, la quale con fatica è composta, e
91 (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro I. — Capo V. Teatro greco. » pp. 26-81
e ballerino, per accrescerne quello degli attori degli episodi; e con questa seconda classe di rappresentatori rese l’azione v
’uso ch’egli faceva delle macchine, e decorazioni. Interloquiscono in questa favola numi, ninfe, eroi, e personaggi allegorici
dia non ebbe bisogno dell’esempio altrui per condurre alla perfezione questa sì rilevante parte de’ componimenti drammatici, n
a Elettra; e non sembra al certo la migliore delle agnizioni teatrali questa di Eschilo, benché si possa in qualche modo disco
rte d’interessare, e per conseguenza di commuovere e piacere21. Dopo questa succinta analisi delle sette tragedie di Eschilo,
ra sceleratezza: il giorno ho tolto A chi mi dié la vita. O Sol, sia questa L’ultima volta che i tuoi raggi io miri. dove s
crude fiamme mi consuma e strugge,  Quinci a fuggir costringi;  E da questa cittade  Entro al letto l’immergi  De la grand’An
cco, non meno, a cui le tempie  Cinge aurata corona,  E godi aver con questa  Città comune il nome,  A le Menadi tue compagno
eseo, e secondo l’oracolo va a morire in un luogo a tutti ignoto. Fra questa tragedia e quella delle Supplici di Eschilo si sc
desimo lamento, e così fece il Dolce: Madre, misera madre, Posciaché questa voce Di misero e infelice Ad ambedue conviene, ec
manto si coperse il volto. Timante trasportò nel suo famoso quadro questa felice situazione. Volle ancora M. Racine conserv
ere il dolore, e Lodovico Dolce ha seguitato l’originale. Gli atti di questa tragedia a me sembrano sei, dovendo finire il V c
oro fuga, seco portando la statua di Diana Taurica. É rimarchevole in questa tragedia la tenera scena d’amicizia tra Pilade e
nerlo sospeso, di quante ne abbia prodotte l’antichità. Osserviamo in questa tragedia che dopo la scena d’Ifigenia e Toante, i
n una corona in testa, e di poi l’offerisce alla statua di Diana. Per questa corona dunque, e non già per quella riportata dal
, resta il coro solo e canta sullo stato di Fedra; non potrebbe esser questa la fine dell’atto? ma vi é stata attaccata ancora
  A l’esercizio de’ corsieri ardenti,     Deh perché non poss’io con questa mano     Generoso destrier domare al corso? Nut.
é abbastanza illustre nella storia filosofica delle belle lettere, e questa dissertazione fa veramente onore al suo gusto squ
usica. Egli stesso non ha fatto di più nella bellissima traduzione di questa medesima scena. Essa senza dubbio non é tradotta
di passioni forti per dar motivo alla musica di trionfare. I cori di questa tragedia son tutti tratti dal soggetto, e pieni d
aca d’Euripide non contiene l’azione dell’Andromaca di Racine; perché questa , é la vedova di Ettore che teme per la vita d’Ast
oni non son sufficienti per farne conoscere il patetico, e molto meno questa nostra: Figlio, viscere mie, da queste braccia   
movimento Teatrale sommamente tragico. Quello che mai non piacerà in questa tragedia, é il personaggio di Egeo introdottovi s
r fu dal Tasso trasportato nella Gerusalemme. Il Dolce non si curò di questa bellezza, e la sua scena rimane sterile. La scena
o saetta i suoi figliuoli. Nulla più tragico e vivacemente dipinto di questa strage deplorabile. Ione nato d’Apollo e di Creu
due rari Ingegni la gloria della poesia tragica greca33. Ben avrebbe questa contato certamente fra suoi coltivatori più insig
mpressions causées par la tragédie». 29. Veggasi il giudizio che di questa Tragedia porta il dotto e assennato P. Brumoy con
92 (1878) Della declamazione [posth.]
viene riservato alla tragedia italiana tra Settecento e Ottocento. In questa sede abbiamo deciso di adottare una prospettiva c
ale, relegato a puro svago che induce al vizio e alla perdizione. Per questa ragione, in una prima fase Salfi ipotizza possano
torno alla figura del marchese Orsi29. Il teatro giacobino estremizza questa pratica, assegnandole un valore politico30. L’art
da una troupe di dilettanti patrioti nella Sala dei Nobili. Anche in questa sede il recensore si sofferma sulla prostituzione
nel capitolo XVIII del Della declamazione: Dal concorso armonico di questa muta attitudine che debbono prendere tutti gli as
ci farebbero anche meglio, se si facessero davantaggio distinguere in questa specie di bellezze, che essi hanno troppo di sove
o, condannandolo alla stasi. L’individuo tragico classico, per via di questa mancata evoluzione, diveniva sede di uno scontro
la gelosia: l’Otello di Shakespeare e Zaïre di Voltaire. La scelta di questa passione non è casuale, dal momento che essa è ge
pretazioni degli attori. Il fatto che non vi abbia dedicato spazio in questa sede sta nuovamente a sottolineare la vocazione d
io anche solo imitando i segni esteriori dell’affetto in causa102. In questa maniera, l’attore può sottrarsi a ogni condanna d
to alla pronunciazione vocale. Salfi precisa le differenti nature che questa può assumere: — Nazionale, che coincide con il di
ora imitato da una col canto o col suono, da un altra co’ colori; da questa con gl’intagli e rilievi, da quella co’ moti e co
mpo indivise, giovandosi l’una dell’altra a vicenda. [Intro.4] Ma in questa prima epoca esse non erano se non indistinte, con
ia della lingua, al tuono della declamazione, al canto o alle note di questa , all’uso delle maschere, alla divisione ed esecuz
iversi e tramandarsi alla posterità che col mezzo della tradizione, e questa , trovandosi interrotta, e quindi ignorata, non po
e appena disposto e sceneggiato; e molti commedianti si distinsero in questa pratica, la quale nell’atto che richiedeva talent
I. Martelli, e finalmente la Merope del Maffei. La sola semplicità di questa tragedia ci farebbe conjetturare quanta dovesse e
ompensate di questo ritardo, ed hanno fatto progressi straordinari in questa linea. La Francia fu la prima, fra tutte, a disti
e e il talento degli attori a ben declamarle; e molti nomi celebri in questa linea si vantano ancora da quella nazione. Ma par
trici in quegl’incontri, ne’ quali più spiccava il loro talento; ed è questa una pruova evidente della stima dell’arte, e dell
lamazione. Non è questo il luogo di pronunciare chi di loro meriti in questa parte la preferenza. Io noto soltanto che ciascun
i esaltarne e promuoverne la pratica, i principî e gli effetti, e che questa gara nazionale suppone ad un tempo ed accresce la
che tutta volta le manca, per porsi al livello delle altre nazioni in questa linea. [Intro.20] Ma ciò o non potrà mai ottener
i equivalenti della pantomima e della eloquenza. Ma niente abbiamo di questa opera, del cui disegno ci parla Macrobio, né di q
lla teatrale declamazione più o meno si riferirono, ma niuna opera di questa materia da’ greci e da’ latini ci è pervenuta. [
corso non corrispose al titolo. Il primo che abbia trattata veramente questa materia si è Luigi Riccoboni, che alla pratica ce
ava sino a tutti gli organi esterni, che più o meno ne dipendevano. E questa esterna modificazione generale, simultanea e conf
ltri, che d’ordinario naturalmente solevano cooperare ad un tempo. In questa guisa non si imitò tutto l’uomo operante, ma, per
senza la cooperazione delle altre, non osava prima eseguire. [1.9] In questa maniera, raccogliendo, ordinando e imitando or l’
agistero, essa venne attribuita alla tragica principalmente. E noi di questa ci proponghiamo di ragionare in ispecie. [1.13]
ne che attendono dalla declamazione. E per conseguenza quest’azione e questa vita, che la declamazione dee loro comunicare, è
e parole come pura materia della declamazione, da’ mezzi propri, onde questa si vale per modificarle secondo il suo disegno e
specie particolare della pronunciazione, ha molte cose di comune con questa , e non può prescindere da certi principî che ques
ose di comune con questa, e non può prescindere da certi principî che questa principalmente riguardano. Per lo che, volendo be
che alla pronunciazione in generale appartiene. Noi diremo adunque di questa ciò che reputeremo al nostro intento più necessar
ogno, l’utilità o il piacere esigono. Ed ancorché l’organo proprio di questa espressione particolare fosse il vocale, non si s
nate a servir quella, che sopra di esse si appoggia e signoreggia. Or questa forza o spinta, per cui la voce più in una, che i
d alterarsi, e dopo si lungo tempo ed a capo di tali e tante vicende, questa pretesa analogia dee rimanere così sparuta e tenu
uncia, o il vero senso della parola ci detta il modo onde vuole esser questa pronunciata; 2.o Chi parla spera piuttosto da un
rispondi a quella norma, alla quale dovresti rispondere. — Ma qual è questa norma generale che può determinare sicuramente il
significato e l’intelligenza, che l’armonia e l’importanza. Ed è pur questa spezie di lingua muta e visibile sì naturale e si
zi che la vocale si fosse abbastanza sviluppata, e che pur sempre con questa l’adoprano e la congiungono; ma talvolta anche so
cessità, l’utilità e il diletto sono concorsi egualmenle a sviluppare questa parte della pronunziazione che col nome generale
otare non pure il senso che l’andamento del discorso. Quindi, secondo questa primitiva e triplice forma, si moltiplicarono e c
are qualunque obbietto, semplicemente indirizzandosi verso di esso. È questa la prima lingua del bambino, che comincia a conos
ratti e movimenti principali dell’oggetto che si vuole annunciare. In questa maniera si può significare il medico toccandosi i
mitandola e contraffacendola co’ gesti più propri e rassomiglianti. È questa la lingua ordinaria de’ muti, e ne ritengono più
i che si parla, lo stato interno o la passione di chi ne parla. Sotto questa classe cadono tutti quei gesti che appartengono a
icanti quanto maggiore o minore la loro relazione di similitudine. In questa maniera noi significhiamo il merito singolare d’u
etimologica, o la vera filiazione e il primitivo significato. Era di questa natura quel gesto che Vanni Fucci fece per dispre
oro significato. Ogni specie di gesti è stata più o meno sottoposta a questa vicenda; ed il filosofo curioso, che sapesse sott
a versificazione sia così propria e indispensabile alla tragedia, che questa non si possa assolutamente scrivere in prosa. Mol
a la differenza tra la lingua metrica e la prosastica, per quanto sia questa sonora ed armoniosa, il ritmo dell’una sarà sempr
scrivere la sua tragedia in versi, e la nazione ha adottato e celebra questa pratica, non è permesso al declamatore di render
sembra indipendente da quelli. Virgilio fra gli antichi è riuscito in questa parte maraviglioso. Il Cesarotti, il Frugoni e il
fuggirsi l’uno e l’altro vizio, in cui gl’inesperti sogliono dare in questa pratica, quello cioè di sacrificare il ritmo del
o, e del capo da a’ capelli, e disperato dolor da rinnovelli ecc.; ma questa relazione grammaticale e logica non dee distrugge
la relazione metrica e armonica che ogni verso dee conservare. E sarà questa relazione più o meno sensibile, ove la divisione
ti che abbiamo osservato, ma la prima è ancor minore della seconda, e questa della terza, che per ragion del senso è di tutti
i, che spesso l’un verso varia più o meno sensibilmente dall’altro, e questa varietà concorre anch’essa ad accrescere la forza
ma. [4.13] Pare dunque che il declamatore non deggia ancor trascurare questa parte della pronunciazione che serve a rilevare n
ir meglio, se, informato della sua passione, li fondeva a traverso di questa analogamente, il declamatore potrà anche con la m
anno agevolmente il tuono della pronunciazione che a loro conviene. E questa risulterà da quanto saremo per dire intorno all’e
cose che men lo riguardano, non può fare a meno di essere soggetto a questa legge fisiologica. Lo stesso Buffon accuratamente
diventano più o meno espressivi e parlanti. Niuno ha meglio espresso questa efficacia quanto l’autore di quell’epigramma rife
est ars, Quae facit artículos, ore silente, loqui. [5.10] Ed è pure questa lingua meccanica come la vocale, che abbiamo di s
inte, che rapidamente si succedono, si compongono e si distruggono. È questa la parte che hanno i pittori e i poeti principalm
e l’espressioni convenienti al bisogno per imitarle. Sulzer proponeva questa classificazione, e sperava che quanto si è fatto
ntre il vocale si tace affatto. Niuno ha meglio di Dante tratteggiato questa lingua muta. Io mi tacea, ma il mio desir dipint
gesti che propriamente non sono detti patetici. Tutti quindi prendono questa qualità predominante, e più o meno patetici tutti
impedirli. E per tal ragione non possono mai verificarsi per arte se questa non ha la forza di eccitare il grado di passione
a per una specie d’istinto, che ci obbliga a più o meno imitarli. Per questa legge fisiologica l’uomo pronuncia, si muove e si
ffetto e l’immagine, che a tale idea od affetto si sostituisce, e tra questa immagine e l’azione figurata ed impropria, con la
rsona, l’obbligano a variare la natura del gesto e della pronuncia, e questa variazione per la celerità con cui la passione pr
erocché, servendo tutti gli organi alla medesima passione, ed essendo questa più o meno complessa, o tendendo a più fini, cias
etto esterno, o del subbietto o persona paziente si riferissero; ed a questa tendenza pur si sacrificano tutti quegli altri ch
erò a un solo e comune costantemente si riconcentrano. [6.20] Dietro questa teoria, che la ragione e l’esperienza pur sempre
soli segni visibili farsi intendere, come i pantomini. E veramente è questa ultima quella specie di dimostrazione, che Cicero
stero complessivo di tutti gli organi simultaneamente operanti. Sotto questa relazione, l’espressione si enuncia più o men gen
rte parole Mosson le labbra mie un poco a riso ecc. [7.9] Quantunque questa passione o piuttosto attitudine, non sia oggetto
più fortemente giungono ad esprimere lo stupore, l’estasi. La sede di questa passione sono gli occhi e le ciglia. Niuno ce ne
muscoli labbiali superiori e le mani sono gli strumenti principali di questa comunissima passione. Frequenti e maravigliosi so
[7.16] Pare che nella postura domini principalmente l’espressione di questa passione, la quale suole degenerare in idolatria
glio di Virgilio fra gli antichi ha spiegato in tutto il suo sviluppo questa tenera ed invincibile passione, la quale sorprend
Francesca da Rimini. La fisonomia e gli occhi massimamente servono a questa passione predominante. [7.18] Se il bene o l’obb
e rilassate. Le stesse narici pendono verso la bocca, e gli angoli di questa verso il mento; la testa dechina dalla parte del
icade per caso sull’oggetto odiato, obbliqua e fissa il sogguarda. In questa maligna situazione tiene stretti i denti, chiusa
si, mordendosi e lacerandosi. Omero ha tutto descritto lo sviluppo di questa veementissima passione nella persona di Achille,
si conosce altra passione, che nella sua espressione impieghi più di questa tutte le parti del corpo ad un tempo. Dante dicea
irlo. Saffo ne avea fatta la descrizione, che forse imitò Lucrezio in questa maniera: Ubi veementi magis est commota metu men
i ecc. [7.29] Ma, più che altrove, egli ha descritto lo sviluppo di questa orribile passione in persona del conte Ugolino. L
enerezze e furore. Euripide e Seneca fra gli antichi hanno sviluppato questa passione multiforme in persona di Medea, e niuno
i atteggiamenti e le maniere più espressive e più naturali. [8.4] Ma questa medesima osservazione deve esser fatta con giudiz
ltre specie e gradi, ad altre epoche o stati si attribuiscono, che da questa prima vieppiù si allontanano. Quando adunque si d
i modelli dell’arte, la quale ha saputo trasceglierli ed imitarli. In questa non solo si trova una copia della natura, ma dell
dei gesti per sempre più accrescere la cognizione ed il dizionario di questa lingua, onde usarne ed applicarla a tempo e debit
oso, magnanimo e interessante che quello dell’altro. [9.9] Io reputo questa , se non la sola, la principal ragione per cui i r
elli, che convengono alla passione a cui si rapportano. Ond’è che ove questa li richiedesse aspri, crudi, veementi sarebbero q
lle opere dell’arte, allorché con quelle della natura le paragona. In questa maniera dalle tante osservazioni che fa l’artista
i Goffredi, i Tancredi, gli Arganti, i Rinaldi ecc., fra’ moderni. E questa specie di perfezione immaginata e artificiale tan
ossia qual’effetto e per quai mezzi essa voglia e deggia produrlo. Da questa analisi risulterà qual sia il bello proprio di ci
llusione più dilettevole, e l’espressione più efficace a produrla. Da questa convenevolezza del tipo concepito e della sua ese
nte la costituiscono. Quindi è la differenza dei tipi obbiettivi, che questa e quelle si formano, idealizzando, per servirmi d
, per servirmi della frase di Lessing, quelle i corpi nello spazio, e questa le azioni nel tempo. E per quanto sia la forza ma
mentre le altre appena ne accennano alcuna parte, sicché per mezzo di questa ne richiamino pure qualche altra invisibile, che
, che cerca o verifica il tipo medesimo che preconcepisce. [10.9] In questa intrinseca differenza delle arti imitative sta la
egualmente, od anche spiace moltissimo imitato dall’altra. Primamente questa sorta di illusione esclude ogni ombra d’impossibi
l’illusione, che lo produce per riconfortarci con l’idea del falso; e questa idea, distruggendo l’effetto dell’arte, dall’inte
lita e migliorata, e non già guasta e distrutta dalla seconda, ed ove questa sia pur corrotta, la rimeni prudentemente al tipo
e, o più l’una che l’altra che produce un tal magistero? Io passerò a questa disamina donde tali idee potrem raccogliere, che
ebbero. Cicerone, fra gli altri, avea notato nell’ordine degl’oratori questa distinzione che i confini o l’impero dell’arte e
e tutto, quale e quanto è, dagli organi esterni si esprime. Io chiamo questa disposizione, che nell’organizzazione interna ed
e è l’effetto prodigioso dell’arte. [11.10] Gli effetti rarissimi di questa virtù straordinaria l’hanno fatta credere quasi t
i ad apprendersi da molti, sembrano piuttosto innate che acquisite. E questa opinione, che confermavano ognor più le difficolt
di passioni, se si vuole maneggiarle ed imitarle opportunamente. Ed è questa la ragione per cui Orazio raccomandava ad ogni ar
superiore, quale ai personaggi ideati e supposti si conviene. Ed era questa forse quella specie di decoro, di cui parlava Cic
o sarebbe il dono migliore, che i numi far potessero ad un attore. Or questa dote non esiste per certo in quelle anime basse e
ommedia, e i personaggi e gli eroi, che alla tragedia appartengono. E questa differenza riconobbero fra gli antichi Platone, A
d Apulejo: Comoedus sermocinatur, tragedus vociferatur. [13.2] Né questa specie di declamazione dee unicamente attribuirsi
e non altro desidera che del fracasso. Engel nota e riprova anch’esso questa ampollosità nella declamazione alemanna, e noi po
alemanna, e noi possiamo egualmente attestarla dell’italiana. Dacché questa si trova, più che altrove, decaduta miseramente,
a rappresentativa, che in altro dalla vera non differisce, se non che questa narra, e quella rappresenta ciò che è ordinariame
sta narra, e quella rappresenta ciò che è ordinariamente accaduto. In questa maniera si è non solamente adottato, ma anche amp
vuole che si imiti esattamente la natura quale è, senza avvedersi che questa severa esattezza ci toglierebbe l’effetto di quel
quale si allontana egualmente dalla colossale e dalla ordinaria; ed a questa norma debbe accomodare non pure il contegno della
i per natura o per arte si trovasse meglio disposto. Ma infelicemente questa classificazione, da principîo utilissima e necess
si agli uni ed agli altri egualmente disposto. E se taluno è stato in questa linea privilegiato dalla natura, i Baron e i Garr
oi principali, e sono più degni della commedia che della tragedia, ma questa colpa dee solo imputarsi ai poeti, che gli hanno
banditi. Lo stesso Alfieri, per quanto si fosse lusingato di osservar questa legge, si vide pur suo malgrado necessitato a vio
degradazioni dee ciascuno conservare il suo posto e il suo grado. Da questa nuova proporzione risulta ancor più l’unità e l’a
re, ed è per lanciarsi nella carriera del delitto, e l’altro è già in questa di molto inoltrato, e già preferisce a Seneca Tig
un altro, il poeta si permette di dare un grado più o meno elevato a questa specie di reazione e risalto, che altera sensibil
bolirebbe il carattere e la passione predominante; perocché tanto più questa risalta, quanto è maggiore la reazione e il contr
te, che più, fra le altre, determina il sentimento a cui serve. Ed in questa dee massimamente calcarsi l’espressione di tutto
one di tutto il periodo; e le altre debbono in modo procedere, che da questa prendano il tuono ed il movimento, ed a questa si
modo procedere, che da questa prendano il tuono ed il movimento, ed a questa si appoggino e si rapportino. Così la qualità e l
ova oltremodo indebolita, allorché dee più fortemente annunziarsi. In questa maniera si nuoce ad un tempo ed alla varietà succ
endo sempre alla stessa modulazione periodica e progressiva, si rende questa ad un tempo e falsa, perché non propria, e monoto
mpremai proceder per gradi, sia che progredisca, sia che degradi. Con questa legge si disviluppa e progredisce la passione, e
assione, e con la legge medesima dee pur seguirla l’espressione. E se questa trascurasse queste intermedie attitudini, riuscir
te quelle relazioni, che risultano dall’indole e dalle circostanze di questa nuova società. Egli dunque esiste in quel luogo e
azioni possono essere o di natura, o d’instituzione, o di passione, e questa variando pur sempre può ancor quella variare ed a
a vista de’ suoi cortigiani. [17.6] L’attore serbando costantemente questa relazione in ogni scena d’altro non debbe occupar
ta e lo sguardo per lo più rivolti verso di loro. [17.7] Determinata questa prima relazione, secondo la quale dee situarsi il
vario, più vero, più spontaneo e più bello. E perché non si abusi di questa libertà, essa debb’essere subordinata alla posizi
on già quando si parli di cose gravi incalzanti, caldissime. Ed è pur questa la ragione per cui d’ordinario gli interlocutori
te spiegarsi. L’indole e lo sviluppamento del dialogo dee determinare questa specie di espressione, che muta o taciturna potre
Non potendo la persona presentarsi senza una ragione o disegno, ed è questa quella ragione che lega e giustifica tutte le sce
o esprimer tacendo? Spesso l’abile attore ha impiegato più momenti in questa prima uscita; e possono esser tali pause più o me
tore vi destano e vi sviluppano. Noi abbiamo un bellissimo esempio di questa espressione muta nel Cimbelino di Shakespeare: Oh
chemin. [18.7] Dalle osservazioni già fatte io credo poter ritrarre questa regola generale, che cioè la persona che tace dee
bamento di tutta la persona. Quante volte si trova la misera Fedra in questa violentissima posizione, allorché, celando la fia
che lo tradiva, e tutta manifestava l’agitazione dell’animo suo. E di questa specie sono altresì quelle comunicazioni segrete
e di operare come tutti gli altri. [18.15] Dal concorso armonico di questa muta attitudine che debbono prendere tutti gli as
essi Gli aspri colpi soffrir di sorte iniqua, O rivolgersi incontro a questa immensa Piena di mali, e dar lor fin? Morire. — D
rtale, ah sì, questo pensier ci sforza Ad arrestarci. È la ragion sol questa Che alla miseria dà sì lunga vita. [19.10] Fors
ttra l’ombra di Agamennone che la perseguita. I sogni e le visioni di questa sorta debbono sempre esporsi, come se in quel pun
sarebbe tanto più riprovevole, quanto è più facile l’adempì mento di questa parte, e sommo il pregiudizio che non adempiuta a
frangie. Spectatum admissi risum teneatis, amici? [20.4] E pure a questa specie di parodia erano condannati i capolavori d
e dagli artisti dell’età loro, non avessero osato dichiararsi contro questa barbara e ridicola usanza. E viene ancor chi si v
verità ed esattezza che annunzia i progressi dell’arte e del gusto di questa nazione, e non manca di qualche opera opportuna a
più correggendo. E se tuttavia la miseria obbliga alcuni a conservar questa pratica, l’intelligenza degli altri ha già cominc
antico e del vero, ed applicarli opportunamente alla scena. [20.6] Se questa specie di verità è pur tanto necessaria all’illus
verità è pur tanto necessaria all’illusione che è il fine dell’arte, questa medesima illusione esige talvolta che non tutta s
ali figure fa risaltare. I pittori hanno riconosciuto l’importanza di questa legge, e ri cercano in tutto la progressione e l’
e a sforzarla col pericolo di attenuarla ed indebolirla ancor più. Ma questa cura appartiene agli architetti intelligenti, i q
punti le loro passioni massimamente si spiegano e si distinguono. Da questa lettura si dee ritrarre il vero da imitarsi; e pe
etti più interessanti, che i doveri di ciascuno attore riguardano. In questa maniera non solamente si assegnerebbero le parti
do tutti al fine comune, adempia ciascuno la sua funzione. [21.4] Da questa lettura si determinerebbe eziandio non pur la fog
a. [21.5] Instruito e pieno del disegno del dramma passa l’attore da questa lettura allo studio particolare della sua parte;
modulazioni. E quantunque il signor Larive avesse tentato di ridurre questa pratica a sistema generale, i più esperti commedi
eferiva per lo più quello ch’era dall’altro giudicato il migliore. In questa maniera tutto ciò che non potremmo osservare e gi
qualunque artista non è mai riuscito, né può riuscire perfetto, se a questa legge non si sottoponga. I migliori fra gli antic
gli altri, e farlo anzi compiacere nel suo spontaneo compatimento. Ma questa vera e divina virtù, che è la cagione ad un tempo
to e la verità nell’atteggiarsi alla vista dei suoi spettatori. Ed in questa maniera potranno indi i pittori e gli scultori, a
zione dell’attore, ma è pur necessario formarne la parte morale; ed a questa giova particolarmente la storia. Senza di questa
a parte morale; ed a questa giova particolarmente la storia. Senza di questa egli non conoscerebbe i caratteri, i costumi ed i
lche tempo dimorato e vissuto con esso loro? [23.10] Morale. Pare che questa non solamente sia necessaria per praticarla onde
come un buono attore potrebbe dispensarsi da siffatta cognizione. Per questa ignoranza si osserva per l’ordinario che l’attore
tte egualmente ad intendere, non che scrivere la lingua poetica. Ed è questa la prima ragione per la quale in Italia né gli at
e le parti la drammatica la più necessaria. Imperocché l’ignoranza di questa parte fa sovente trascurare e perdere quelle bell
ze e le grazie che sfuggono i tatti grossolani e poco esercitati. Per questa ragione il carattere della Fedra di Euripide si p
lo che si voglia declamare, potrà allora esercitarsi colla pratica. E questa dee darsi sopra la scena. Il professor della scuo
o carattere si mostri ciascuno più adatto. Questa lettura eseguita in questa maniera ecciterebbe ancora l’emulazione, assegnan
la leggono a bassa, quanto che ad alta voce. [23.20] Se non si usasse questa precauzione si darebbe luogo ad abitudini viziose
tto ciò che alla perfezione delle arti teatrali appartiene. [24.6] In questa maniera si darebbe a un tempo una ricompensa più
gua tecnica, il cui difetto suppone sempre il difetto di quella. E in questa maniera la scuola, l’accademia e il giornale cons
Roma, Carocci editore, 2010, par. 4, p. 53). [commento_Intro.3] Per questa sezione, Salfi segue le riflessioni compiute da P
danna assoluta nei confronti dei comici dell’arte, sottolineando come questa modalità di recitazione richiedesse una prontezza
Cinzio citava all’interno della Dedica: «Composta adunque ch’io hebbi questa tragedia, che fu in meno di due mesi, havendole g
del teatro tragico e esigenze sceniche. Il successo più tangibile di questa stagione fu la messa in scena della Merope di Maf
e di queste si è prima veduto in pratica, come recitate da’ Comici in questa città, e in altre» (Scipione Maffei, Teatro itali
a fosse concepita al pari di un corpo, e le manifestazioni esterne di questa considerate come il corrispettivo delle umane pas
a declamare, l’altro a eseguire i gesti corrispondenti. L’origine di questa pratica era stata raccontata da Tito Livio a prop
della maniera alla francese. Luigi Riccoboni si era scagliato contro questa maniera di declamare che, invece di attingere all
gersi specificatamente all’universo dei professionisti del teatro. In questa sede riprende in particolare Engel, che aveva sot
tragedie, a proposito del Filippo scriveva: «Circa alla catastrofe di questa tragedia, io rimango molto in dubbio, se ella sti
bellezza e tutto l’effetto dei lavori drammatici si basano proprio su questa ben collegata molteplicità. Per conseguire questo
soltanto secondo le leggi della bellezza e della grazia. In virtù di questa corrispondenza, secondo Engel era necessario port
espresso, superando la monotonia dell’endecasillabo tradizionale. Per questa ragione, ispirandosi al verso senecano, Alfieri,
Emanuele III di Napoli, troviamo delle annotazioni di Salfi tratte da questa opera che vanno a confluire nella Selva per la de
to_5.11] Le citazioni tratte da testi letterari che Salfi utilizza in questa sezione, come altrove, assolvono il compito di «d
menti stimabile e valente uomo solo per dargli torto; ma mi chiedo se questa sia colpa mia o non piuttosto piuttosto di Sulzer
mprovviso, per un oggetto o un individuo. Descartes faceva discendere questa immobilità («[…] le corps demeure immobile comme
corpo sviluppano una particolare tensione. Descartes faceva risalire questa attitudine fisica al movimento degli spiriti, che
sia, sono in posizione di allontanamento. Descartes sottolineava come questa aspirazione alla separazione fosse dettata dal mo
rive Castiglione, «Ma avendo io già più volte pensato meco onde nasca questa grazia, lasciando quelli che dalle stelle l’hanno
o gli antichi, come arte all’incrocio tra il tempo e lo spazio, e per questa ragione la poneva a modello per l’attore che dove
to di mimesi, ossia la bella natura. Al contrario, Lessing scardinava questa unione, sottolineando come quanto era concesso ra
al solo travolgimento emotivo dell’attore, e dunque sottolinea come a questa propensione naturale debba accompagnarsi lo studi
pongono la mente nella stessa disposizione, o in disposizioni simili, questa passa con molta naturalezza da una all’altra: com
Antigone, in Id., Tragedie, cit., IV, 1, p. 143. Salfi si servirà di questa tecnica di ascendenza alfieriana in grado di mima
ssing, Drammaturgia d’Amburgo, cit., p. 62). Salfi aveva sperimentato questa tecnica all’interno del dramma per musica Saulle,
ti, nella quale si legge: «Se mai si volesse rappresentare sul teatro questa Tragedia, bisogna che gli attori sieno vestiti al
a declamare, l’altro a eseguire i gesti corrispondenti. L’origine di questa pratica era stata raccontata da Tito Livio a prop
elle masse, ma soprattutto di istruzione contro le superstizioni: per questa ragione «[…] il Poeta non dovrebbe perdere di ved
mazione, cit., p. 230. [commento_22.5] Certe critiche pronunciate in questa sede da Salfi mostrano una certa vicinanza con qu
lauto Ippomaco disse a uno dei suoi allievi: «Hai suonato male: se no questa gente non ti elogerebbe»» (Johann Jakob Engel, Le
teatro patriottico tra rivoluzione e impero, Roma, Bulzoni, 1991. Su questa fase della produzione salfiana si veda inoltre Al
93 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 216-226
3 febbraio ’46, tutti i giornali ebber già grandi parole di lode per questa giovine ben promettente, che aveva rappresentato
anti. » Quasi tutti i giornali d’Italia piansero la morte immatura di questa singolar tempra d’artista con parole di schietta
inspirazioni della grande città e il conversar elegante ed arguto di questa decima Musa. Ella invero si rende molto simpatica
trapparsi e dire al mondo Sei vil, sei vile, sette volte vile…. —  Oh questa gioia procellosa immensa Non puoi darla nè torla,
ocellosa immensa Non puoi darla nè torla, avara terra ! —  Ella è mia questa gioia, e mi lampeggia Nella fronte e negli occhi,
rte Vi serpesse per entro, io non saprei Solo un istante rinunciare a questa Gioia di morte…. Oh Adelia ! è veramente Misterïo
94 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article »
Palombera Luisa De Vertamani. Di questa comica celebre e cantatrice insigne non mi è rius
95 (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VII. Teatro Francese ne’ secoli XVII e XVIII — CAPO V. Tragedia Francese nel secolo XVIII. » pp. 75-133
trasportato nell’Egitto, in cui anche regna la molle galanteria28. A questa mollezza universale seminata nelle tragedie franc
nè la grandezza, nè la delicatezza de’ sentimenti di Racine. Esposta questa tragedia alle critiche talvolta giuste, spesso ma
te che rinnovandosi la depone e si allontana. Riconosce il Calepio in questa favola pregi assai superiori alle sue imperfezion
uesto genere di morte in quello con cui il Dolce in Italia fece morir questa reina, e la tragedia si rappresentò quaranta volt
temi (aggiugne) ditemi almeno, mio Figlio, Bruto non ti odia; basterà questa parola a rendermi la gloria e la virtù; si dirà c
danti nella loro povertà, non vagliono unite insieme quattro versi di questa scena. Giva così il Voltaire avvicinandosi al Cor
ha saputo animare e render nuovi i soliti contrasti delle passioni; e questa novità l’ ha preservato quasi sempre (sia ciò det
nsibili. Per l’oggetto morale che si cerca in ogni favola, sarebbe in questa la correzione delle passioni eccessive per mezzo
basterebbe adunque rispondere alla proposta censura, che non sarebbe questa la prima volta che si facciano giuste opposizioni
o della stessa madre che pensa vendicarlo. In tal tragedia non è solo questa madre che ragiona male, ragionando assai peggio P
onfante a spese della virtù disgraziata. Voltaire stesso soddisfece a questa censura, mostrando che la passione amorosa garegg
atroci delitti in pregiudizio della virtù. Il frutto morale dunque di questa tragedia è manifesto essere il prevenire gl’ inca
non molto straordinaria; Alzira dunque porta giustamente il titolo di questa favola. Sempre ne’ piani delle favole del Voltair
modo o in un altro, quanti non abbacina! Belloy talmente si appropriò questa gloria che nella prefazione al suo Gastone e Baja
risponde aver lui sempre sdegnato di comprenderne i secreti. É virtù questa falsità? L’autore che aspirava alla gloria di tra
I, da scoppiare nel V. Infallibile, al lor credere, è la riuscita di questa mina; or perchè non attenderne l’evento sicuro? p
che molte espressioni false, gigantesche e puerili. É piacevole p. e. questa di Bajardo ferito che vuol tornare alla pugna e d
vera sotto la protezione dell’antico. È però la stessa cosa essere in questa forma ribelle, che scellerato, ruffiano della fig
ziati alcuni giorni dopo; ed anche di ciò vuol dubitare il Belloy per questa gran ragione che non sa d’ où il emprunte ce reci
sero oggetto Di tenerezza e orror, caro sostegno Sperato invan di questa età cadente, Sorgi, abbraccia tuo padre: ei ti
udizj ne fossero sempre sicuri? 37. Noi non contiamo tra’ difetti di questa tragedia l’introduzione di un personaggio sì scel
96 (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « AVVISO. » pp. 310-312
la sua preziosa amicizia. I. Correggasi la nota (1) della pagina 5 in questa guisa: (1) Di questo puttino Etrusco trovato nell
za dal dotto Sig. Ab. Amaduzzi conviene aggiugnere che le reliquie di questa fabbrica non sono in realtà nè teatro nè anfiteat
97 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. -612
o per il Carnouale in presto Basterami là Generosita di V. A. S. ; Se questa mia Vmilissima Oferta fosse dal A. V. Gradita ed’
L’impegnarmi sino alla Venuta delle Letere di modona ; perdoni V. A. questa mia temerita, non esendo stato Altro il stimolo c
98 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 152-154
nciare le sue recite in Bologna l’estate dell’anno 1624. Introduce in questa Contesa la Pastorale, la Commedia, la Tragicommed
ciocchè essa decida del merito di ciascuna ; la quale dando termine a questa introduzione, così favella : Pregiate Donne, se
99 (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « LIBRO III — CAPO V. La Drammatica nel secolo XV fa ulteriori progressi in Italia. » pp. 148-185
ni dal medesimo re nella settimana santa l’anno 1452, in cui venne in questa città Federigo III imperadore; ed anche le farse
dopo molti secoli. Pietro Bayle, citando il p.Menestrier, afferma che questa tragedia fu cantata come un’ opera musicale di og
e di lui parole, si è, che quel componimento fu una tragedia. Che poi questa si cantasse tutta, come pretese il Menestrier, ov
in un dialogo continuato l’azione esposta nell’argomento. In fine di questa composizione si trova scritto: Acta ludis Romani
crissero alcuno in volgare, che loro assicuri l’anteriorità anche per questa via? Ve ne furono almeno dodici recitati e stampa
è di un monte con una fonte, presso di cui era Aristeo: … appresso a questa fonte Non son venuti in questa mane armenti, Ma b
esso di cui era Aristeo: … appresso a questa fonte Non son venuti in questa mane armenti, Ma ben sentii mugghiar là dietro al
a quale nella Drammaturgia dell’Allacci s’intitola Errore femineo. In questa pretesa tragedia si trovano alcune scene comiche.
me componimento drammatico, nè come una specie di opera in musica. Nè questa nè la mentovata farsa per la presa di Granata del
Fontanini; e solo fa menzione di una terza del 1513 di Venezia, ed a questa seguì la quarta fatta nella medesima città nel 15
100 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [D]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 811-
saliente di forti consigli, e le trasfuse la sacra fiamma dell’arte, questa commedia, dico, segnò un gran passo avanti nella
chè piegare il capo sbaldanzita innanzi a tanta grandezza, si levò da questa rinvigorita, colla coscienza intera delle sue for
e dello spettatore, perchè l’arte era sempre soccorsa dalla natura, e questa da quella…. Per modo che in questa fusione, gener
ra sempre soccorsa dalla natura, e questa da quella…. Per modo che in questa fusione, generata dal più profondo e più sottile
enti accademici, non so, mi trovo inceppato a parlare della verità di questa piccola fata. Gli artisti nostri che recitano con
sere bambina…. creatura di pochi anni e di molto sorriso, come lei. È questa la sola cosa, nella mia vita, che non mi è costat
oltrone applaudirono…. Indi, a ogni minuto del breve dramma italiano, questa sala di specialisti, conoscitori di tutti i segre
questa sala di specialisti, conoscitori di tutti i segreti dell’arte, questa sala di tecnici perspicaci, di osservatori lucidi
to pei miei gusti battaglieri, in tempo appunto perchè la bellezza di questa sala fosse completa e pura. Dacchè si poteva nota
e ! Ma negarlo chi osa, o signori irritanti, o isteriche signore ? In questa eterna e breve, comica e dolorosa vita, è vano co
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