colla Sadowski, prima nella Compagnia diretta da Cesare Rossi, poi in
quella
diretta da Luigi Monti, col quale, capocomico, to
vecchi, da' figli adorati, spinti quasi nelle braccia della morte, in
quella
terra fatale che avea già tolto brutalmente all’a
cciare tutto i repertorio, quali : Pia Marchi e Annetta Campi. Allora
quella
prima donna, che chiameremo in gergo comico di sp
… Chi può farsi una ragione del come potevan quell’anima soavissima e
quella
mente serena riprodurre al vivo tutte le simulazi
serena riprodurre al vivo tutte le simulazioni, tutta la perfidia di
quella
donna ! ? E la scena di Clotilde con Pomerol dell
o nelle lettere greche e latine ; e con tuttociò in iscena non avendo
quella
grazia che si aspettava, benchè di bellissima pre
ale eran parte il pantalone Braga e lo Zanni Pedrolino (Pelesini). Di
quella
stagione il Beltrame Barbieri nel Capitolo XXXVI
erona la Compagnia del Signor Adriano Vallerini Comico gentilhuomo di
quella
Città, Dottore et assai buon Poeta Latino, e volg
, e volgare : e l’Eccellentissimo Signor Gouernatore di Milano inuitò
quella
Compagnia à dar trattenimento à quella Città ; i
r Gouernatore di Milano inuitò quella Compagnia à dar trattenimento à
quella
Città ; i Comici accettarono l’inuito, et arriuat
i meno honesti dei riueduti : il Braga (così chiamano il Pantalone di
quella
Compagnia) et il Pedrolino haueuano ancora (e non
e presto si potrà trouare. Secondo Adolfo Bartoli sarebbe stata
quella
la Compagnia degli Uniti, che si erano formati, –
osi, e il coro dell’Imeneo che chiude il primo atto di Afrodite. Da
quella
conca avventurosa e bella che fuor dell’onde l’al
na d’esser nel Ciel fatta una stella : tolse le perle rilucenti, e in
quella
bocca le pose di sua man Cupido, cagion che da me
o, l’altra di Corno, per la porta d’Auorio passano i sogni falsi, per
quella
di Corno i veri. CORO Sacrosanto Himeneo, Che a
Cigni a bere inuita, Per c’habbin la corona Dal figlio di Latona, Di
quella
fronde, ch'ha perpetua uita, E d’essa ornati poi,
ernava le parti comiche colle tragiche, fra cui, incredibile a dirsi,
quella
dell’ Amleto e dell’ Otello !!! Sciolta il padre
nticabile coppia d’innamorati. Il suo maggior grido anzi gli venne in
quella
compagnia, nella quale era segnato a dito come il
me il più nobile de’giovani brillanti. Passò da questa del Morelli in
quella
di Bellotti-Bon sino al ’76 ; dal ’77 all’ ’82 in
l Morelli in quella di Bellotti-Bon sino al ’76 ; dal ’77 all’ ’82 in
quella
di Giuseppe Pietriboni, poi finalemente, dall’ ’8
uella di Giuseppe Pietriboni, poi finalemente, dall’ ’83 all’ ’85, in
quella
di Andrea Maggi. Stabilitosi a Torino, fu prima d
oroso il ’26 nella Compagnia di Lorenzo Tassani, dalla quale passò in
quella
di Monti, Rosa e Marchionni, scritturato per le p
diretta da Lorenzo Pani, poi successivamente, assieme alla madre, in
quella
di Colapaoli, Ghirlanda e Nardelli. Fece i suoi p
Romualdo Mascherpa in cui stette sino al ’45, per poi scritturarsi in
quella
Reale Sarda che abbandonò il ’53 per passare dall
Sarda che abbandonò il ’53 per passare dalla parte di attore pagato a
quella
di capocomico ; e formò una compagnia di cui fu s
Bottega del caffè ? Nella parte del padre del Bugiardo di Goldoni : a
quella
famosa lettura della lettera : non faceva ridere
e allo scopo non poteva fra i due attori aver paragone : e quantunque
quella
del Dondini fosse minima, pure riusciva più bella
ità il carattere di prima donna in varie Compagnie, e specialmente in
quella
condotta e diretta da Onofrio Paganini. La primav
r in miglior modo passare il restante della sua vita. » Forse ell’è
quella
stessa che Goldoni trovò a Rimini il 1743, buonis
insieme alla Bonaldi servetta, della compagnia che recitava allora in
quella
città.
, cominciò a recitare nella Compagnia reale sarda coi parenti, poi in
quella
ch'egli avea formata in società con suo padre. Da
adre. Da questa passò poi, sempre col marito, in Compagnia Feoli e in
quella
di Bellotti-Bon, nella quale cominciarono i primi
ella fu qualche mese in Compagnia di Luigi Bonazzi, poi sette anni in
quella
Trivelli. Fu il '66 a Napoli con la Sadowski e Ma
lle Compagnie di Francesco Berti e di Pietro Rossi, poi, nel 1762, in
quella
di Onofrio Paganini, per tornar poi, dopo un solo
in quella di Onofrio Paganini, per tornar poi, dopo un solo anno, in
quella
del Rossi. Affetto da aneurisma nel collo, dovè,
Brescia nel Convitato di pietra, e in cui sono le lodi sperticate di
quella
città.
ntaneità del giovinetto, divenne a poco a poco la più importante dopo
quella
del protagonista, e diè forse l’idea del maggiore
l’ ’86, un po’ della stabile al Teatro Rossini di Napoli, e un po’di
quella
condotta dal Bollini con la Tessero prima attrice
Gli fu data al Brasile la croce di cavalier della Rosa, in Portogallo
quella
dell’ordine di Cristo, e da noi, ministro Coppino
Portogallo quella dell’ordine di Cristo, e da noi, ministro Coppino,
quella
della Corona d’Italia.
con cui raccapezzar pochi soldi per potere abbandonare la piazza. Da
quella
del Majer passò poi nella Compagnia Fini, poi in
la piazza. Da quella del Majer passò poi nella Compagnia Fini, poi in
quella
Colapaoli, poi su su in Compagnia di maggior cont
in quella Colapaoli, poi su su in Compagnia di maggior conto, sino a
quella
di Luigi Taddei, nella quale lo troviamo il 1836
nche perchè, fuor della scena, l’indole sua rispondeva a meraviglia a
quella
del suo personaggio. Ai primi tempi della sua vit
quale rappresentava in modo vario, ogni sera, sì da esser reputato in
quella
parte superiore al gran De Marini. Le sue irrequi
mpagnia per l’Arena ch'egli ebbe il superiore permesso d’innalzare in
quella
città, alla Marina.
re ardente per l’attrice Assunta Perotti, lasciò Venezia, ed entrò in
quella
Compagnia, diventandone in poco tempo uno de’prin
pagnia Sarda di Torino, dalla quale uscì dopo un anno, per entrare in
quella
Goldoni-Riva, di cui sposò la prima attrice Luigi
e troncato dalla vedova Gaetana Goldoni ogni contratto, il Bon formò
quella
società comica Bon-Romagnoli-Berlaffa, colla qual
tutto il carnevale del 1831. Fu poi il Bon in Compagnia Cesaroni e in
quella
di Camillo Ferri colla moglie prima attrice. Rima
into Battaglia, come direttore. Si fece poi egli stesso conduttore di
quella
impresa, la quale dopo tre anni cedette ad Alaman
o. Lasciata l’arte e ridottosi a Padova, fu nominato direttore di
quella
filodrammatica. Quivi sposò in seconde nozze una
nte, recitava le parti d’innamorato, alternando l’arte del comico con
quella
della pittura, nella quale riuscì ritrattista med
no Romagnoli, al posto di Nicola Petrioli che n’ era fuggito, poi con
quella
di Domenico Bassi. Mortagli la prima moglie, s’ab
no, come racconta il Piazza nel suo Teatro : Eravi un’altra donna in
quella
Compagnia, che si rese poi celebre nella Comica S
a amorosa nella Compagnia del rinomato Pellegrino Blanes, e il '17 in
quella
di Domenico Righetti, in cui sposò il primo amoro
dice : « nel vederla vestita in armatura, quale ci vien rappresentata
quella
martire nelle sue statue, con i suoi lunghi e bel
n varie culte città d’Italia per la parte di Chiara di Rosemberg, per
quella
di Herfort nell’Atrabiliare di Nota, e negl’Innam
o, fra il terror, la gioja, il pianto : Non la Polvaro, ma la Saffo è
quella
.
endo la parte di primo innamorato, finchè la sorte non lo condusse in
quella
ben nota di Francesco Paganini, ove potè far appr
a nell’elenco della Compagnia Paganini, poi prima donna a soggetto in
quella
di Giuseppe Pellandi nel 1797-98, poi madre nobil
getto in quella di Giuseppe Pellandi nel 1797-98, poi madre nobile in
quella
di Morrocchesi nel 1802, nella quale il marito er
te e bellissima attrice, ben degna insomma di succedere nella Reale a
quella
celebrità del grembiule. La Cutini-Mancini re
che a buon diritto era chiamata la Déjazet italiana, per avere, come
quella
, creato in Italia le parti di Richelieu, Napoleon
a quale è veramente l’erede dell’esimia Romagnoli. – Ed io, se non di
quella
sera, di quella interpretazione serbo il più vivo
nte l’erede dell’esimia Romagnoli. – Ed io, se non di quella sera, di
quella
interpretazione serbo il più vivo ricordo. La Dar
e nell’arte del teatro chi lo superasse. La sua vita è tutta legata a
quella
della Diana di cui prese il nome. « Procurava – d
condotta da suo padre fino alla morte di lui. Passò il ’53 amoroso in
quella
di Luigi Robotti e Gaetano Vestri, con la madre V
ne, s’ebbe grido di celebrità, e conquistò con l’arte sua due croci :
quella
dell’ordine del Megediè, e altra datagli dal vice
dell’interpretazione del Biagi e del Monti si diceva lietissimo, e di
quella
di Ernesto Rossi era supremamente orgoglioso, chi
gione Masi e prese parte alla pugna del Casino dei Quattro Venti ed a
quella
di Porta San Pancrazio. Al Casino dei Quattro Ven
anno 1853 mio padre, dopo essere stato con le Compagnie Calamai e con
quella
del Tassoni si trovava in Corsica in Compagnia Co
si per il giovane comico. Egli sosteneva il ruolo di amoroso, che con
quella
voce e con quel naso, non era proprio fatto per c
a amoroso. In quell’anno sposò mia madre Giuseppina Rocchi, nipote di
quella
Antonietta Rocchi, milanese, che era stata guidat
egui a Vercelli e, il carnevale, a Milano al Teatro Re. Per mio padre
quella
stagione del Teatro Re era la prova del fuoco, e
’indifferenza del pubblico. Quale delusione ! Nella scena culminante,
quella
dell’andata via colla giacchetta rovesciata, la p
ia che sapesse l’affare della malattia, sia che mio padre non sapendo
quella
sera le norme altrui recitasse a modo suo e appar
te. Erano alle prove, e poichè pareva che Ernesto Rossi desse ragione
quella
volta al Gattinelli, mio padre se la prese anche
Ernesto Rossi pregandolo di cedergli l’attore Cesare Rossi. Anche in
quella
occasione Ernesto Rossi si mostrò buon amico di m
di recitare la commedia, il dramma, e la tragedia ! e che tragedia !
quella
di Shakespeare, che in quei tempi era come un tem
nte : ella non ha nè la figura, nè l’eleganza adatta per disimpegnare
quella
parte : guardi là ! c’è uno specchio : si guardi
ccare, immediatamente dopo con Bellotti-Bon la toccò, e altissima, in
quella
indimenticabile compagnia, della quale eran prime
à, che grandezza, nelle scene aspre col figliuolo ! Che arte somma in
quella
finale col servo, poi colla Duchessa !… Quattro
ia, in volgarità e peggio. Dunque relativa : ma allora tanto è verità
quella
d’oggi, quanto fu quella d’jeri e dell’altr'jeri,
. Dunque relativa : ma allora tanto è verità quella d’oggi, quanto fu
quella
d’jeri e dell’altr'jeri, e magari di tre secoli f
giadro scrittore. Fra le sue commediole si vuol notare principalmente
quella
intitolata : I viaggi di una donna di spirito. Co
rte di Giulio nel noto dramma L’Abate de l’Epée, pensò di produrlo in
quella
colla Compagnia di Antonio Morelli che allora rec
Antonio Morelli che allora recitava in Venezia. Il Bonfìo sostenne in
quella
sera la parte del protagonista. Ahimè !… L’arguto
azzi a fianco di Virginia Santi e di Enrico Cappelli, prima ; indi in
quella
di Alamanno Morelli, con cui stette acclamatissim
ina di Marenco al D'Angennes di Torino, in unione a Giacinta Pezzana,
quella
che raccolse degnamente la sua eredità artistica
onna o Angelo di Teresa Sormanni, senza fremere ! che vita vissuta fu
quella
di Adelaide Tessero sulla scena ! Con quale spont
e Novelli, uno dei pochi, il solo forse, veramente capace d’intendere
quella
recitazione tutta impulsi, senza un fil di meccan
o male, che non compresi null’altro, se non il dovere di difendere da
quella
jena quei disgraziati ! Me le avventai addosso fu
sapevo che ripeterle : « come sei grande, come sei grande ! » E dopo
quella
memorabile recita, ella tornò a Sampierdarena, ov
sione de’ tuoni e delle note i diversi accenti delle passioni. Essa è
quella
che adoperando i muovimenti or rapidi, or lenti,
li oltrepassano la limitata sfera dei sensi, e che trasmette a’ suoni
quella
energia dominatrice che ne’ componimenti s’ammira
esimi che avrebbe in noi eccitati la presenza loro. Essa è finalmente
quella
che sottopone, a così dire, l’universo all’imperi
’orecchio, non altramente che il sottopongano la pittura e la poesia,
quella
al giudizio degli occhi, e questa a quella della
no la pittura e la poesia, quella al giudizio degli occhi, e questa a
quella
della immaginazione. [4] Tutto ciò non può ottene
basti l’averla osservato perché altri divenga oratore. La rettorica è
quella
che disponendo a sua voglia delle regole e delle
arole, e servendosi di esse come di veicoli delle idee, comunica loro
quella
espressione, che da sé sole non avrebbero fra le
pennello, non rimane altresì ozioso nel sentire una voce che canti in
quella
solitudine o in quel boschetto. Le frondi degli a
a sola maniera d’eternar il lor nome e di farsi adorare dai posteri è
quella
di rendersi veramente utili alla umanità, promove
a memoria se non per le rovine che ci attestano della strage; laddove
quella
de’ principi che proteggono le cognizioni proficu
tto quanto una bottiglia di eccellente liquore europeo. L’emulazione,
quella
figlia pericolosa dell’amor proprio, che alle vol
Inglesi, che ad un vivo interesse per la patria loro sanno accoppiare
quella
imparziale filosofia che generalizza i sentimenti
, mirabile nella forza e vivacità delle immagini, prese a perfezionar
quella
specie di composizione detta volgarmente recitati
rono a fiorire dopo la metà del passato secolo. Le più celebri furono
quella
del Corelli, e non molto dopo quella del Tartini.
to secolo. Le più celebri furono quella del Corelli, e non molto dopo
quella
del Tartini. La prima, che ebbe origine dal più g
e maravigliosi. Spicca nei suoi componimenti quell’aurea schiettezza,
quella
unità di pensiero, quella incomparabile semplicit
suoi componimenti quell’aurea schiettezza, quella unità di pensiero,
quella
incomparabile semplicità, quel patetico dolce e d
overebbe la perfezione delle altre parti costitutive della musica, se
quella
, cui tutte debbono riferirsi, e dalla quale ogniu
tazioni possibili la più gradita al cuor dell’uomo sarà in ogni tempo
quella
della propria sensibilità e delle proprie affezio
armo la statua di Galatea, questo è simile al nume propizio che animò
quella
statua medesima e che ai sensi sottopose dell’art
i, e le incantatrici parole indizi di vita trasfusa all’improvviso in
quella
pietra infeconda, e delizioso alimento alle spera
intente a promuover quest’arte incantatrice, e ripolirla. Modena ebbe
quella
di Francesco Peli, come Genova quella di Giovanni
trice, e ripolirla. Modena ebbe quella di Francesco Peli, come Genova
quella
di Giovanni Paita, l’Orfeo e il Batillo della Lig
enché senz’accompagnamento, che se l’orchestra suonava all’improvviso
quella
nota dove ei si trovava, fosse bemolle, o fosse d
li prerogative che gli vengono unanimemente accordate, e che poscia a
quella
sublime fortuna il condussero che non può ignorar
nne, che si fecero a quel tempo sentir sul teatro con gloria uguale a
quella
de’ più celebrati cantori. La prima fu Vittoria T
ir di fame, ma (ciò che fa.fremere ogni cuor sensibile) in Italia, in
quella
città stessa, che dovrebbe andar più superba d’av
erne l’universale riconoscenza. Donna incomparabile! Tu sei sicura di
quella
di tutte l’anime oneste. S’io desidero qualche ce
n riflessivo e interessante scrittore91 abbia chiamata vana e inutile
quella
gloria che ritraggono gl’Italiani dal vedere che
, non vi dominassero da lungo tempo. né può tampoco chiamarsi inutile
quella
gloria, che al sostentamento serve di tanta gente
saglio della invidia, e che sembra essersi avverata nella sua persona
quella
severa e incomprensibil sentenza, che la natura,
no a tutto il '72. Sempre collo stesso ruolo fu poi dal '73 al '76 in
quella
N.° 2 di Bellotti-Bon, il '77 e '78 in quella di
u poi dal '73 al '76 in quella N.° 2 di Bellotti-Bon, il '77 e '78 in
quella
di Luigi Monti, dal '79 all’ '81 in quella social
lotti-Bon, il '77 e '78 in quella di Luigi Monti, dal '79 all’ '81 in
quella
sociale Marini-Bellotti ; poi l’ '82 con Pasta, e
e Cesare, già attore in Compagnia Benini, oggi secondo brillante in
quella
Mariani-Zampieri. Ebbe anche una sorella, Adelaid
o Goldoni-Riva, in cui stette fino al '21, per entrar poi a Napoli in
quella
di Salvador Fabbrichesi, superando la più diffici
istenza doveva essere anzi tempo troncata, non così tragicamente come
quella
del fratello, ma non men stranamente. Alessandro
la prova senza conseguenza ; ma l’ebbe 'sta volta, e fatalissima. Da
quella
sera, al momento della digestione, acutissimi dol
r ogni specie di parti, dopo di avere esordito con ottimo successo in
quella
di vecchia mugnaia nei Mulinari. In breve doventò
i di carattere, le maschere di Pierrot e Arlecchino. Dopo due anni di
quella
vita travagliosa, il fratello Gaetano lo volle co
Con Leopoldo Vestri, attore pregiato quanto modesto, appartenente a
quella
schiera omai perduta di brillanti, che suscitando
iglia veneziana, fu prima nella Compagnia de' Lombardi, poi (1776) in
quella
di Pietro Rossi, assieme a Vincenza sua moglie. P
aschera, e avrebbe meritata – disse Fr. Bartoli – migliore fortuna di
quella
ch'egli ebbe.
a in Compagnia Lipparini, col ruolo di generico. Lo vediamo il '64 in
quella
di Zocchi, e il '65 nella Dante Alighieri, dirett
donna in Compagnia Carbonin, diretta da Antonio Giardini, e il '76 in
quella
di Luciano Cuniberti. Morì nel '95 di affezione c
mpagnia Rossi e Dondini) formò con Virginia Marini e Adelaide Tessero
quella
gloriosa trinità, che per circa un trentennio ten
e Lavaggi di una vita nuova al pubblico, tutta anima, tutta passione,
quella
Baronessa d’ Isola nei Mariti di Torelli !… Oh !
sua gloriosa carriera. Giacinta Pezzana – alla cui gloria è mancata
quella
continuità di fulgore la quale non si può ottener
l’eleganza, che ha sempre eliminato stranamente dalla sua personalità
quella
forza muliebre che dai palcoscenici ha tanta virt
ergine. E la recitazione di Giacinta Pezzana, con tutte le armonie di
quella
voce dolcissima, con tutta l’eccellenza dei suoi
fu meravigliata. E più tardi – cosi ella mi raccontava – provò ancora
quella
impressione ascoltando certe prodigiose e sublimi
dopo solo due anni al grado di amorosa in compagnia di Carbonin e in
quella
assai buona di Arcelli, e di prima donna assoluta
onin e in quella assai buona di Arcelli, e di prima donna assoluta in
quella
di un certo Tognotti. Ma se l’arte le arrise dal
ompensata da una voce potente e melodiosa. A Maria Barach mancò forse
quella
guida che altre artiste modificò e migliorò, togl
che illustraron la scena italiana dal ’50 al ’60. Essa apparteneva a
quella
gloriosa falange di artisti, scelti da Gustavo Mo
va a quella gloriosa falange di artisti, scelti da Gustavo Modena per
quella
Compagnia che doveva segnar la riforma della reci
apimento. Fu poi nella Compagnia Peracchi e Trivelli il ’58-’59, e in
quella
di Rossi e Trivelli dal ’63-’64 a tutto il ’67-’6
Recitò da innamorato in diverse vaganti Compagnie, e specialmente in
quella
di Onofrio Paganini. Riuscì grazioso in alcuni ca
iegato nella Compagnia d’Antonio Sacco più anni, e nel 1770 passò con
quella
di Girolamo Medebach per recitarvi nella maschera
il padre pensò bene di lasciar l’arte dell’oreficeria per abbracciar
quella
del palcoscenico. La madre morì a Mantova di part
un anno, il padre formò compagnia per teatri di minor conto, e fu con
quella
a Smirne, ad Atene, nelle Isole Ionie, e nell’ Eg
seconda Compagnia della Sadowski, diretta da Luigi Monti, e il ’74 in
quella
di Luigi Bellotti-Bon (che il Bertini con sentime
Falconi, di Pasta, di Salvadori e di Bassi. Dopo un triennio passò in
quella
di Luigi Monti, che lasciò dopo due anni, scrittu
ch'egli ne dice alla pagina 18 del secondo volume : Il Brighella di
quella
Compagnia era un bolognese nasuto che faceva il s
se nasuto che faceva il sartore di professione, e cangiata l’aveva in
quella
di commediante. Il suo pregio maggiore è un gran
ro Romana parla da Dottore, l’altro che urla, senza poter mai piegare
quella
voce da bufalo, formano una coppia galante da far
, e dove trovare tra i comici una voce da stali e premi più sonora di
quella
? Qualora detto venivagli, che qualche altro reci
a la parte di Don Adone cugino del Duca al comico Benedetti, romano :
quella
di Alessandro Gran Cancelliere del Duca amante di
Ma più. La pettinatura di quell’attore, era affettatamente imitata da
quella
del detto signore. Il colore dei vestiti, il tagl
ia, volle al suo andare a Milano in quello stesso anno, ritentarla in
quella
città. Ahimè ! Il Vitalba, andando o ritornando d
lba non era l’Angelina, figlia del Sacchi ? La madre del Vitalba ? Ma
quella
si chiamava Costanza ed era morta il '36. E nell’
erista buffo della Compagnia di Giacomo Modena nel 1819 ; nel 1825 di
quella
condotta da Mario Internari ; e nel 1826 di quell
1819 ; nel 1825 di quella condotta da Mario Internari ; e nel 1826 di
quella
Pisenti e Solmi. Un giornale del tempo rimprovera
ti drammatiche, fu primo attor giovane in Compagnia del padre, poi in
quella
di Pisenti, Miutti e Mazzola, poi, per un trienni
poi in quella di Pisenti, Miutti e Mazzola, poi, per un triennio, in
quella
di Toselli. Tornato in famiglia, sostenne per alc
strandosi artista egregio nelle commedie all’improvviso. Passò poi in
quella
migliore di Vincenzo Bugani, col quale stette più
pirito nella commedia dell’arte, e per la intelligenza e diligenza in
quella
studiata……
irò in patria, che lasciò poi per recarsi a Ravenna (1829) a dirigere
quella
filodrammatica. Morì in Cortona il 1834, seguìto
a lui affidate, e la passione vivissima per l’arte lo fecer lasciare
quella
compagnia : nè sappiamo ove si recasse sino al ’3
turato al teatro de’ Fiorentini, pel quale ebbe più volte incarico da
quella
Corte di formar compagnia, ed ora libero. Fu Gius
di suo padre, e così, egli stesso, mi descrive i suoi primi passi : «
quella
che non mi andava giù era la parte di uno dei fig
enerico giovine, secondi brillanti e mami, in varie compagnie, ultima
quella
di Sterni, Rosaspina e Bonivento, in cui, animato
corso del celebrato Cesare Dondini. « Ciò che fece Bellotti per me in
quella
occasione – egli mi diceva – non posso descrivert
N.° 3 di Bellotti-Bon, diretta da Cesare Rossi ; dal '77 all’ '81 in
quella
della Città di Torino, l’'82 con la Marini, dall’
o va al Campo di Paolo Ferrari ? Che irresistibili effetti di riso in
quella
misurata, aristocratica comicità ! E con che arte
uovo. Un’altra qualità, non so più se buona o cattiva, di Novelli, è
quella
di rimaneggiar tal volta le opere che rappresenta
ne senton solleticata la propria vanità, a coltivarla, e ad afforzar
quella
immaginazione, discuton volentieri di malattie e
e in lui un eroe da tragedia. Ricordo il Novelli Generico primario di
quella
Compagnia di Giuseppe Pietriboni, che si acquistò
ovelli d’adesso. La celebrità e l’agiatezza gli erano sconosciute. In
quella
compagnia disciplinata, egli, se bene spirito ind
e se ne andò livido di rabbia ; e Novelli ottenne il suo intento : da
quella
sera non ebbe più parte nelle farse del secondo b
zione. Chi non ricorda, per esempio, il Marecat de' Nostri intimi con
quella
enorme pancia, con quella faccia rosea, ridente,
r esempio, il Marecat de' Nostri intimi con quella enorme pancia, con
quella
faccia rosea, ridente, piena, fatta di bambagia,
accia rosea, ridente, piena, fatta di bambagia, nè già grottesca come
quella
di un siur Cámola, ma ritraente un de'più belli e
ro parole, o recitasse i primi attori. E se egli avesse continuato in
quella
via, il pubblico avrebbe visto, come la cosa più
a. Fu il 1820 nella Compagnia con balli di Gaetano Perotti, il ’22 in
quella
di Paolo Belli-Blanes, e il ’27 in quella di Caro
Gaetano Perotti, il ’22 in quella di Paolo Belli-Blanes, e il ’27 in
quella
di Carolina Internari, colla moglie Anna, buona s
[Epigrafo] «Non per questo perché a noi manca
quella
squisitezza, e quella vivezza d’ingegno, la quale
Epigrafo] «Non per questo perché a noi manca quella squisitezza, e
quella
vivezza d’ingegno, la quale ebbero Tucidide, e gl
Collinetti. Il Goldoni, descrivendo a parte a parte i personaggi di
quella
Compagnia nel vol. XIII dell’ edizione Pasquali,
mirabile nelle scene di Spavento, e di agitazione. Egli è il Padre di
quella
bravissima danzatrice, detta la Pantaloncina, che
i grido. Nel 1812 fu in Compagnia di Giacomo Dorati, poi, nel ’19, in
quella
di Vestri e Venier, e finalmente in quella di Lui
o Dorati, poi, nel ’19, in quella di Vestri e Venier, e finalmente in
quella
di Luigi Favre, del quale sposò una figlia, la Gi
i sa che a Venezia gli fu venduta all’asta pubblica tutta la roba con
quella
del capocomico : grave infortunio, compensatogli
ecitata soltanto dalla fu Compagnia Goldoni nell’ Anno 1815 giacchè a
quella
sola apparteneva. Egli si riputerà abbastanza for
azioni. Passato dalla Compagnia Pezzana qual primo attore assoluto in
quella
della Sadowski, diretta da Cesare Rossi con la Ca
gli avrebbe potuto salire. Lasciò la Compagnia Sadowski per entrar in
quella
di Luigi Bellotti-Bon, dalla quale fu strappato p
a favore del povero Ceresa, al quale pervenner oltre duemila lire. In
quella
sera Felice Cavallotti improvvisava durante lo sp
ità di persona e di volto ;… ma qualsiasi menda rimaneva assorbita da
quella
dizione limpida e pura, soave nel sentimento, gag
ben chiara più tosto della indigenza che della guitteria dominante in
quella
compagnia. Fu Giuseppe Bracci, il restante del ’6
Fu il ’74 nella Compagnia di Michele Bozzo e Angelo Vestri, il ’75 in
quella
di Michele Ferrante, il ’76 colla Ditta Vernier-I
tore de’ più coscienziosi e accurati. Tra le parti da lui create cito
quella
dello Chamillac di A. Daudet, nella quale si proc
rri, diretta da Augusto Bon, e a diciotto la prima attrice giovane di
quella
diretta da Corrado Vergnano, sotto la celebre Car
bilmente le parti di madre e caratteristica, che avea già recitate in
quella
di Bellotti-Bon. I faentini ristamparon per lei,
comicità nelle parti comiche, tra le quali i vecchi artisti ricordan
quella
del Birichino di Parigi, in cui non ebbe rivali.
pagnia Bottazzi e Berlaffa del 1845 ; e fu per alcuni mesi del '48 in
quella
di Micheloni e Dondini, scioltasi a mezz'anno a c
Dondini, scioltasi a mezz'anno a cagion della guerra. Entrò il '50 in
quella
di Edoardo Majeroni diretta da Gaetana Rosa. Spos
? Chi può ripensar quei famosi or ora glie lo dico, senza riderne ? E
quella
famosa dichiarazione d’amore ch'egli, non eccezio
Battista da Rimino. Non ho trovato altra menzione di lui, fuor di
quella
fatta dal comico Bartolomeo Rossi, da Verona, il
a la vera parola Bergamascha, non importa, perchè la sua parte e come
quella
di Pedrolino, di Buratino, d’Arlechino, et altri
ortuna artistica. Fu per alcun tempo applauditissima prima attrice di
quella
Compagnia negli ultimi anni del capocomicato di A
così, colla Duse, in Compagnia di Cesare Rossi, poi seconda donna in
quella
della stessa Duse, poi seconda donna e madre in q
conda donna in quella della stessa Duse, poi seconda donna e madre in
quella
di Pasta, al fianco della Tina Di Lorenzo. Fu l’A
il ruolo di generico e secondo brillante, passò brillante assoluto in
quella
che Cesare aveva formato il ’53 ; e poco mi resta
ior tempo della sua vita artistica, essendo essa legata intimamente a
quella
del fratello. Quando questi lasciò il capocomicat
a la Società artistica per le sue distrazioni, natural conseguenza di
quella
sua mitezza d’indole che lo faceva fiacco, debole
Cesare Rossi, Bellotti-Bon, Annetta Campi, fu tra'primi ornamenti di
quella
gran compagnia, che, sbocconcellata di poi, segnò
ò in America, dove (1881), un colpo d’apoplessia, prostrò d’un tratto
quella
fibra gagliarda d’artista, che, moribondo, sorret
onservando con l’ avvedutezza e con la operosità a sè e alla famiglia
quella
vita di agiatezze che s’ era formata col teatro.
glieri di colà, con le quali ci persuadono a non andare a recitare in
quella
Città, altrimenti scoreremo graui pericoli per es
sersi diuisa la Città nel prethendere, chi la nostra Compagnia, e chi
quella
della Sig.ra Armellina, che per ciò ci consiglian
Fichetto e compagni, ecc. ecc. » prova mi pare che il Lolli avesse in
quella
compagnia principalissima parte.
tò attore, dedicandosi alle parti di padre e tiranno, nelle quali, in
quella
di tiranno specialmente, fu acclamatissimo. Milit
ie di secondo ordine, ma assai pregiate, fra le quali, nel 1854-1855,
quella
portante la ditta Barac, Andreani e Gattinelli. N
dusse poi varie compagnie in società con altri, e finalmente entrò in
quella
primaria di Antonio Raftopulo, dalla quale si all
si nella sua Volterra, ove morì nel 1845. Probabilmente fu sua moglie
quella
Laura Cappelletti che nella stessa Compagnia Ando
poco innanzi, il maggio del 1740. Di fisonomia men regolare forse di
quella
di sua sorella, ma più viva e animata, fornita de
egava con una voce passabile tutte le grazie ond’era piena, specie in
quella
di Fedra, che fu come suggello alla sua celebrità
tto il colonnello Gallieno, e con essa combattere a Vicenza. Passò da
quella
al Reggimento Italia Libera, comandato dal colonn
e fu accolto come praticante nella farmacia militare, prima ; poi in
quella
dell’ospedale, dandosi a tutto potere allo studio
un triennio Gaetano Vestri in Compagnia Robotti, dalla quale passò in
quella
di Arcelli, diretta da Alessandro Salvini. Fu dop
re il teatro, andando a stabilirsi a Rocca San Casciano, direttore di
quella
Società filodramatica, a cui diede tutto il suo i
altri comici ; pochi. Una serenità, una giocondità regnava per tutta
quella
mensa, che metteva voglia. Problemi ardui da riso
tore della maschera di Pulcinella, perfezionata poi dal Calcese, e di
quella
di Capitan Matamoros, sotto il cui nome arrivò fi
qual tempo la Compagnia di Molière cominciò a trovarsi mescolata con
quella
degl’ italiani, recitando alternativamente nella
re, non più alla Sala del Petit-Bourbon, ch’ era stata demolita, sì a
quella
del Palais-Royal. Ma che vuol dire quella parente
h’ era stata demolita, sì a quella del Palais-Royal. Ma che vuol dire
quella
parentesi aggiunta nel mezzo del titolo : « Farce
more ? Vale a dire : era un personaggio della compagnia italiana o di
quella
francese ? Egli è nel terzo piano dietro a Le Gra
ma. Le lettere d’Isabella e Tiberio han la data del primo e 2 luglio,
quella
di Giovan Battista per sè e per la moglie, la dat
almente, per l’interior del teatro, a prescegliere si abbia il legno;
quella
materia cioè di che fannosi appunto gli strumenti
materia cioè di che fannosi appunto gli strumenti da musica, siccome
quella
che è più atta di ogni altra, quando percossa dal
a che è più atta di ogni altra, quando percossa dal suono, a concepir
quella
maniera di vibrazioni che meglio si confanno cogl
avaglio alla geometria hanno finalmente prescelto fra tutte le figure
quella
della campana, che piace loro di chiamar fonica.
che, per la costruzione del nostro palco scenario, differentissima da
quella
degli antichi, troppo grande viene a riuscire la
ibattuta, si disperde. Vuolsi ancora dall’interno del teatro sbandire
quella
maniera di ornati, tanto alla moda in Italia, che
, tornano, a dir così, pigmee, di quel grandioso troppo perdendo e di
quella
dignità che loro si conviene. E il sopraornato, q
o, se l’architettura all’incontro ha da esser quasi tutta permeabile,
quella
dello interno del teatro è pur dessa. Niente vi h
o in Berlino ad Apollo e alle Muse; ed è uno dei primari ornamenti di
quella
città regina. 57. [Nota d’autore n. 18] «Itaque
ugni Smeraldo, nacque in Pisa nel 1775. Compiti gli studi di legge in
quella
Università, s’innamorò perdutamente di una comica
u persuaso di darsi all’arte drammatica. Dopo il primo passo fatto in
quella
compagnia d’infimo ordine, abbandonata l’amante,
e uno de’ più forti artisti de’ suoi giorni. In alcune parti, come in
quella
di Flodder nella Teresa e Claudio e del Re nell’I
ova del Federici. Sposò una certa Teodora Donati attrice poco nota di
quella
Compagnia, e morì il 1812 circa.
che lasciò dopo due anni per andar prima attrice giovane assoluta in
quella
di Serafini, poi, collo stesso ruolo, in quella f
e giovane assoluta in quella di Serafini, poi, collo stesso ruolo, in
quella
formata da Michele Fantechi, del quale diventò be
inia Marini servetta e Silvia Fantechi generica giovane. Passò poi in
quella
di Alessandro Monti, ove stette l’intero triennio
i Alessandro Monti, ove stette l’intero triennio '60, '61, 62, poi in
quella
de' Fiorentini di Napoli a sostituirvi la Virgini
di Ciotti, Marchi e Lavaggi, dalla quale passò, dopo un solo anno, in
quella
N.º 1 di Bellotti-Bon, sotto l’artista Antonio Ze
n quella N.º 1 di Bellotti-Bon, sotto l’artista Antonio Zerri, poi in
quella
che lo stesso Zerri formò in società con Lavaggi.
simo nella Compagnia di Domenico Narini, poi al S. Luca di Venezia in
quella
di Luigi Perelli, nella quale si sposò colla giov
ella quale si sposò colla giovane attrice Chiara Mattordese. Passò da
quella
del Perelli nelle Compagnie di Marta Coleoni e di
vediam coi parenti il 1846 in Compagnia Balduini e Rosa, e il 1847 in
quella
Capodaglio, nei cui elenchi figura come parte ing
elmo Privato. Fu poi colla moglie in altre compagnie, e finalmente in
quella
di Romolo Lotti, colla quale si recò in America o
ronte (V. Garavini), e che il D'Ancona propenderebbe invece a ritener
quella
Margherita Pavoli (V.), che il Duca raccomandava
ci mette al nudo Drusiano e Angelica nella lor intimità conjugale, è
quella
che il Capitano Catrani scriveva di Mantova il 29
parla di ricorso al Alt.ª Sua, et di più per haverli fatto sapere che
quella
casa è mia, poi che io ne pago il fitto (come mos
et che se ne proveda d’una, tratta alla peggio sua moglie, con farli
quella
mala compagnia che S. A. potrà sapere ; et di più
levarsi a più spirabil aere, il Landozzi passò per l’anno '30-'31 in
quella
dell’Anna Pieri, qual semplice generico, salendo
e degnamente per lunghi anni. Passò il '31, dalla Compagnia Pieri, in
quella
di Domenico Verzura, poi, nel '33, primo attore i
a Pieri, in quella di Domenico Verzura, poi, nel '33, primo attore in
quella
di Lorenzo Cannelli, nel '34 di Corrado Vergnano,
vezzo, un vocabolo con l’altro. [3.2] Niente vi ha di più sconcio di
quella
loro comune pratica di mangiarsi le finali, e nel
inguettano. Diceva a tal proposito assai piacevolmente il Salvini che
quella
recitazione che per essere intesa ha bisogno di e
modulazioni del gesto e del viso dia segno che sopra di lui ha fatto
quella
impressione che si conviene, non altro che sorrid
il signor Zolfanello. Ed ecco per avventura la principal sorgente di
quella
noia sovrana che signoreggia alla rappresentazion
le, sarà anche più atta a meglio esprimere il meno, e potrà farIo con
quella
facilità che aggiugne tanto di grazia alle cose c
posizione, e arrivano a far sì che tutte le arie si rassomigliano, in
quella
guisa che le donne in Francia, con quel loro ross
ha da essere tratta dal cuore dell’aria, variare secondo la indole di
quella
, esserne quasi la perorazione e l’epilogo48. [3.
tenuti a freno da’ buoni maestri, che vieta il credere non rimettesse
quella
maniera di cantare che si sente nell’anima, non r
a nella Nina pazza per amore. Nell’autunno del’94 allo stesso teatro,
quella
di Isabella nell’Olivo e Pasquale del Sografi, e
lla di Isabella nell’Olivo e Pasquale del Sografi, e il 4 gennaio ’95
quella
della protagonista nella Ginevra di Scozia del Mi
avidità di sapere chiamossi da’ latini, e poi da noi, curiosità, come
quella
che dalla stupida inazione dell’ignoranza ci guid
ervazioni, le quali, ridotte indi a metodo, divennero arti. Or perché
quella
spinta industrioso é comune a tutti gli uomini e
versale fra’ dotti li conduce ad attribuire alla propria nazione, o a
quella
da loro più studiata, tutte le arti e invenzioni
scossa fu dolorifica, cioé se con maggiore asprezza esse incresparono
quella
tela, le contempla come male. Si avvezza dunque l
ara per rassomiglianza. Di tutte le imitazioni però la più naturale é
quella
de’ simili, contribuendovi assai l’uniformità de’
ar gli uomini che parlano ed operano; é adunque di tutte l’invenzioni
quella
che più naturalmente deriva dalla natura imitatri
o studio d’indagare chiamossi da’ latini e poi da noi curiosità, come
quella
che dalla stupida inazione dell’ignoranza ci guid
col tratto del tempo ridotte a metodo si denominarono Arti. Or perchè
quella
spinta industriosa è comune a tutti gli uomini e
meno generale conduce i dotti ad attribuire alla propria nazione o a
quella
da loro più studiata tutte le arti e invenzioni q
scossa fu dolorifica, cioè se con maggiore asprezza esse incresparono
quella
tela, le contempla come male. L’uomo adunque si a
ara per rassomiglianza. Di tutte le imitazioni però la più naturale è
quella
de’ simili, ed assai vi contribuisce l’uniformità
r gli uomini che parlano ed operano; è adunque di tutte le invenzioni
quella
che più naturalmente deriva dalla natura imitatri
rionfi. Esordì come amoroso nella Compagnia Tassani ; poi passò in
quella
di Gustavo Modena che lo iniziò nelle parti comic
allo una signora. Eccone l’ultimo passo : Quando dico una cosa io, è
quella
, ed in fatto di equitazione, credo di aver voce i
ento col capo e col frustino, ma bisogna voltarsi con grazia verso di
quella
, portar la mano destra alla punta del cappello, v
resse ogni sera a empire il teatro…. Ma ahimè ! Come la formazione di
quella
Compagnia segnò la grandezza morale e materiale d
tto per esercitarsi nella maschera da Pantalone ; però, travestito in
quella
foggia, andava in tempo di carnevale per le vie e
meriti, fu accolto nella Compagnia d’Antonio Marchesini ; e quindi in
quella
d’Antonio Sacco fu con piacere accettato. Il Bell
primo attore, passando per le migliori compagnie del suo tempo, come
quella
di Salvini (1867), di Vitaliani (’68), la Romana
sempre affettuosi compagni. Alla stima di essi andò congiunta sempre
quella
del pubblico e della stampa. Nel’75 diventò condu
esca da Rimini del Pellico, la bella sua voce che era tanto unisona a
quella
della Marchionni, vi produceva un mirabile effett
gioiello per l’accordo, col quale i due attori eseguivano e sentivano
quella
famosa scena. Venuto a tarda età, si stabilì in T
gliardia di fibra, un de'più pregiati direttori di compagnie, fra cui
quella
di Teresa Mariani-Zampieri, nella quale stette as
, nella quale stette assai gran tempo, ammiratissimo. — Fu il 1900 in
quella
di Bianca Iggius, scritturandosi poi pel '901 con
portò sulla scena i convenzionalismi della scuola, piacendo anzi per
quella
sua naturalezza spontanea del gesto, del portamen
lui dal vecchio Dumas, del Duello, dei Mariti, ecc. Egli appartenne a
quella
falange gloriosa di artisti, e ne fu principale o
orito. Però recitò con giustezza e con diligenza inappuntabili. Sotto
quella
sua dolce serenità si vedevano la risolutezza, la
lo in Compagnia di Alessandro Monti, e il ’58, come seconda donna, in
quella
di Luigi Domeniconi, nella quale conobbe e sposò
nque gl’italiani : e i primi a mostrare la differenza grandissima tra
quella
loro pesantezza e la nostra vivacità furono Massi
Pantalone, e uno Zanni, ossia : un padrone e un servo), si recarono a
quella
Corte per rallegrare co’ dialoghi, colle canzonci
usnitz. Fu l’anno dopo, 1576, che il Duca, forse a perenne ricordo di
quella
giocondità, omai dileguata per sempre, fece istor
) con le più comiche e svariate scene della commedia dell’arte ; e di
quella
probabilmente rappresentata da Orlando di Lasso,
a a Firenze, ove si dà allo studio di nuove parti ; e il '54 entra in
quella
di Astolfi con la Santoni e il Pieri. Ma eccolo d
merica del Sud, il '73 nell’America del Nord, e il '74, di nuovo…. in
quella
del Sud ; il '75 a Londra, al Drury-Lane ; il '76
ssia, acclamatissimo come a' primi tempi, poi si aggrega a questa o a
quella
Compagnia per dar di quando in quando alcuna rapp
er allettare e sedurre la sensuale madre di Oreste. A me parve che in
quella
parte egli raggiungesse la perfezione. Una sfumat
mmaso allora classico per eccellenza. Dubitando di poterlo seguire in
quella
eccellenza classica, anche richiesto non volli ma
ella eccellenza classica, anche richiesto non volli mai rappresentare
quella
parte, nè quella tragedia. E di tra le tante tes
lassica, anche richiesto non volli mai rappresentare quella parte, nè
quella
tragedia. E di tra le tante testimonianze di amm
ona e la voce poderosa ; chè accanto alle frasi in cui si richiedevan
quella
persona e quella voce, altre ve ne avean di somme
erosa ; chè accanto alle frasi in cui si richiedevan quella persona e
quella
voce, altre ve ne avean di sommesse consacrate da
la Maddalena lasciva e penitente di Gio. Batt. Andreini, direttore di
quella
Compagnia, (Milano, Malatesta, 1652), sono le lod
er il servitore a posta. La patente che V. A. m’à concesso non è come
quella
che à dato a Flaminio ond’io la bramerei come que
cesso non è come quella che à dato a Flaminio ond’io la bramerei come
quella
che dice per essere rafermato nella sua servitù h
perchè non è compita, e così come si è comincio parmi meglio assai di
quella
dell’anno passato, come sarà arrivato Flaminio pe
ia, la quale è questa, nel viagiare, all’ osteria mi sono dimenticata
quella
scufia bianca, della quale V. A. mi fece haver la
lla scufia bianca, della quale V. A. mi fece haver la moda, dico però
quella
della notte, che se non m’inganno disse, che glie
bene il Bartoli chiami l’Eularia giovinetta nel 1652, ho pensato che
quella
potesse essere figliuola di questa, e che la madr
llati, e in cui fu scritturato come poeta Paolo Giacometti. Scioltasi
quella
, dopo nove anni di buona fortuna, la coppia Giard
e sempre con crescente favore del pubblico ; ma venuta la Carolina in
quella
età in cui mal si addicon a un’attrice le parti d
o della Compagnia Sadowski-Astolfi, e primo attor giovine, il '55, di
quella
di Ernesto Rossi, il quale di lui lasciò scritto
ra le parti ch' egli sosteneva egregiamente v'era, a detta del Pieri,
quella
comica di Suggeritore nel Goldoni e le sue Sedici
largo di quelle lodi che lo decisero a lasciar l’arte del bulino per
quella
di commediante ; e abbandonata la casa paterna e
di pochissimo conto, passando, dopo alcuni anni di vagabondaggio, in
quella
di Francesco Taddei, col quale stette dodici anni
potè da Francesco Taddei e Luigi Vestri, e adattarlo a’suoi mezzi. Da
quella
di Solmi e Pisenti passò, la quaresima del 1826,
resima del 1826, nella Compagnia di Luigi Domeniconi, poi, il ’35, in
quella
di Romualdo Mascherpa, col quale stette sino all’
. M., alle quali assistevan tutti i comici della Compagnia Reale e di
quella
del Favre. Angelo Brofferio nel Messaggere torine
Armani, e della Lidia : Ma soprattutto parmi degna d’ eccelsi honori
quella
divina Vittoria, che fa metamorfosi di sè stessa
ori quella divina Vittoria, che fa metamorfosi di sè stessa in scena,
quella
bella maga d’ amore, che alletta i cori di mille
maga d’ amore, che alletta i cori di mille amanti con le sue parole,
quella
dolce sirena, ch' ammalia con soavi incanti l’ al
tare à quanto conosco esser di sua sodisfacione non dimeno astreta da
quella
pietà che ogniuno hà di sè stesso uedendomi una t
ore, et accresse la mia col suo cordoglio : ma perche una sintilla de
quella
benignità, con la quale la mi ha sempre fauorita
Alberti, passando poi di sbalzo, dopo soli due anni di noviziato, in
quella
di Gaspare Lavaggi e Antonio Zerri, qual prima at
ile della verde età, suppliva la rara esuberanza dello slancio. Forse
quella
esuberanza, a cui fu prodigo il pubblico di tanto
ccarsene mai più. Fu per due anni in compagnia Faleni, poi, l’ 86, in
quella
di Dominici al Manzoni di Roma. Scritturato il ’9
agnie Boetti Valvassura prima e Marchi e soci dopo, per passar poi in
quella
di Emanuel. Ma una malattia fierissima lo colse e
a. Questa brava Attrice conservava nella sua età avanzata un resto di
quella
bellezza, che la rese amabile ne’ suoi begli anni
lle Memorie del Goldoni (Cap. XXXVII) – nei primi anni del secolo con
quella
Compagnia a cui appartenevano Gaetano e Gennaro S
resentare una parte difanciullo nella Giuditta, col babbo Oloferne, e
quella
di Delfino nella Maria Antonietta col babbo Luigi
e. – Una delle ultime parti che le dieder fama di eletta artista, fu
quella
di Giacinta nella commedia di Luigi Capuana.
di aver fatto parte di molte Compagnie di giro, si fermò il 1774 con
quella
di Lapy al Sant’Angelo di Venezia, ove recitò La
ol Lapy ; dal quale tornò in Compagnie vaganti, trovandosi il 1781 in
quella
di Antonio Camerani. Fra i tanti versi ch'ella is
ene, che le cose altrui ben chiare sapran meglio recitare…. Passò da
quella
del Paganini nella Compagnia di Girolamo Medebach
valore artistico nelle commedie dell’abate Chiari, e specialmente in
quella
intitolata La Madre tradita. Il 1770 abbandonò l’
rte d’Europa io stendea un teorico saggio, ma debolissimo e breve, di
quella
musica, in altra parte un degno professore ne mos
versi» (III.III.21). Ma anche la poesia aveva avuto qualche torto in
quella
sorta di degenerazione edonistica che era diventa
adisce chi l’adopera, dimostrando ch’egli non ha il cuore occupato da
quella
passione che vuol fingere con noi?» (II.VII.22).
scontri dappertutto (Euripide aveva scritto Le supplici «per disporre
quella
nazione a far la pace co’ lacedemoni, come l’Addi
nza (I.I.20): Non potea però l’opera in musica conservar lungo tempo
quella
bellezza che sortita avea nelle mani del Rinuccin
olta guidato dagli aristotelici «compassione» e «terrore», «posto che
quella
poesia al genere tragico appartenga» (il che non
[mi maggiore], e una, che fu parlante, divenire aria di gorgheggio, e
quella
, che altra volta tardamente procedea guidata dall
no dell’opera in musica; e ‘l maestro di cappella, tocco anch’egli da
quella
malia, s’immaginò d’entrare in un nuovo mondo mus
ivoloso per un devoto, anche se Voltaire aveva prudentemente dedicato
quella
politicissima pièce a papa Benedetto XIV. Il Plan
esia, la musica, la meccanica, la danza, fecero di sé tanta mostra in
quella
occasione, che gli autori dell’Encyclopédie 29 in
ntica tragedia come la commedia avessero ottenuti i loro restauratori
quella
nella persona del Trissino, questa nel cardinal D
iconosce una gran parte di sua coltura) attendere quest’ultimo dramma
quella
regolarità che tuttor gli mancava. Sul cadere adu
brera. Alla Dafne fece il Rinuccini succedere L’Euridice e L’Arianna,
quella
nel 1600, questa nel 1608, messi anche in musica
[Sez.I.1.0.20] Non potea però l’opera in musica conservar lungo tempo
quella
bellezza che sortita avea nelle mani del Rinuccin
, cominciarono a distinguersi i grandi ingegni che doveano restituire
quella
poesia alla sua antica bellezza. Tra’ primi suoi
diciamo una macchina, se ciascuno de’ pezzi che la compongono tenda a
quella
funzione a cui la macchina è destinata; e al cont
, si vuol riflettere che la parte predominante di questo spettacolo è
quella
della poesia. Il che è sì vero, che tra tutte le
assai aperto si vede che tutte le altre debbono seguire il cammino di
quella
, e che il fine a tutte comune è quello stesso a c
incipale, che sarebbe il muovere a compassione e a terrore, posto che
quella
poesia al genere tragico appartenga; ma ben anche
e il nome della persona, onde imita l’esteriori fattezze. Così ancora
quella
parte d’un’orazione che comprende le pruove, non
e materiali sembianze. Il nome d’eloquente è propriamente riserbato a
quella
parte che tende a muovere i nostri affetti: e qua
poso: ciascuno pruova un segreto impulso di lanciarle e di muoverle a
quella
cadenza medesima colla quale il canto e ‘l suono
mpulso; si muovono al suono di que’ primitivi strumenti e al canto di
quella
nascente poesia; e que’ loro movimenti dan nascit
e che noi il patetico diremo di quelle. Non era la sonorità del verso
quella
che facea piangere S. Agostino nella lettura del
cernerlo sì agevolmente, come fa se paragoni la statura d’un uomo con
quella
d’un fanciullo che sia alla metà del primo? O chi
ch’egli si accorga dell’uguaglianza di due lunghi sermoni, come fa di
quella
de’ due primi versi della Gerusalemme Liberata? L
mmetria. Onde avviene che la simmetria più aggradevole allo spirito è
quella
che si trova tra grandezze eguali, o vogliam dire
one d’uguaglianza sieno tra loro. Dopo di questa la più aggradevole è
quella
che hanno due grandezze, l’una delle quali sia un
ria nondimeno che nascerà dalla ragione doppia, sarà più piacevole di
quella
che dalla tripla, e questa più della seguente, e
a qual vuole che si adoperino grandezze non troppo ineguali. Vien poi
quella
simmetria che si trova fra due grandezze, l’una d
la simmetria. Bello in effetti è un volto, se l’altezza della fronte,
quella
del naso, quella dello spazio compreso tra ‘l con
lo in effetti è un volto, se l’altezza della fronte, quella del naso,
quella
dello spazio compreso tra ‘l confine del naso e l
lo spazio compreso tra ‘l confine del naso e l’estremità del mento, e
quella
degli orecchi, tutte sieno eguali tra loro. Se eg
ora lo spazio che un occhio divide dall’altro, la larghezza del naso,
quella
della bocca (non compresavi la ripiegatura dell’e
a bocca (non compresavi la ripiegatura dell’estremità delle labbra) e
quella
del mento, talmenteché tutti questi spazi sieno t
ompresi; se l’altezza della fronte sia il doppio della sua ampiezza e
quella
del volto intero il triplo dell’altezza della fro
tezza della fronte; se la lunghezza d’un ciglio sia una volta e mezzo
quella
dell’occhio, e così discorrendo per gli altri mem
mano. Da’ quali si può apprendere che la ragion dominante in questo è
quella
d’uguaglianza; più rara è la multiplice, e più di
nza ragione insegnò Vitruvio che un edificio deve offerire all’occhio
quella
medesima simmetria che si osserva nel corpo d’una
tarmi a mettere in chiaro questa teoria del piacere in generale, come
quella
che troppo mi distrarrebbe dal mio suggetto. Mess
piacere consiste nella deduzione che fa lo spirito d’una grandezza da
quella
d’un’ altra. Nell’ascoltare per esempio un poetic
l’altre: ché dall’altezza del piedestallo egli può facilmente dedurre
quella
di ciascuna sua parte, quella della colonna e di
piedestallo egli può facilmente dedurre quella di ciascuna sua parte,
quella
della colonna e di ciascuna ancora delle sue part
le sue parti, e dell’architrave, del fregio, della cornice, e sì pure
quella
di tutti i piccioli membri componenti queste part
qual s’è l’una di queste grandezze egli si accorge di poterne dedurre
quella
di tutte l’altre e dell’ordine intero. E se non s
ssero presenti. E il piacer patetico altro non è che la speranza, che
quella
vivace imitazione produce nel nostro animo, di go
he presentano oggetti non reali, ma finti, sono incapaci di svegliare
quella
specie di piacere di cui ragioniamo, finattantoch
a simmetria ed a metterla dovunque possiamo, e tra tutte le simmetria
quella
che nasce dalla ragione d’uguaglianza è sovra ogn
ssero il tempo in parti eguali, onde nacque l’uguaglianza de’ versi e
quella
de’ piedi, o sieno parti di ciascun verso. Tra qu
fu l’artifizio de’ padri della poesia, massime della metrica, cioè di
quella
onde l’estetico consiste nella combinazione delle
pezie della musica metrica, che considera le durate de’ suoni (qual è
quella
de’ cembali, delle nacchere, de’ tamburi), la qua
ali, delle nacchere, de’ tamburi), la quale altra bellezza non ha che
quella
che nasce della ragione, che passa fra i tempi de
o alla loro gravità ed acutezza; onde nacque la poesia armonica, cioè
quella
onde l’estetico consiste nella distribuzione dell
e nella distribuzione delle sillabe acute e gravi. Tal è l’italiana e
quella
delle altre colte lingue viventi. Siccome la poes
ualora però io chiamo metrica la poesia greca e la latina ed armonica
quella
delle moderne nazioni, per questo non niego che i
ed armonica quella delle moderne nazioni, per questo non niego che in
quella
non siesi avuto alcun riguardo all’acutezza e all
avuto alcun riguardo all’acutezza e alla gravità delle sillabe, ed in
quella
aver non se ne debba alla loro brevità e lunghezz
ella poesia armonica introdussero in questa una nuova simmetria (ed è
quella
delle rime), procurando che l’ultimo tuono acuto
a poesia italiana, i nostri maestri di poetica il dimostrano, sebbene
quella
parte che riguarda la lunghezza e la brevità dell
arie loro unirono versi ineguali, privando queste della bellezza che
quella
ineguaglianza, ove sia ben collocata, reca alla n
arte delle arie: poiché l’accento che ha sull’ultima sillaba sostiene
quella
parte, che terminata con verso piano languidissim
ontigue sieno brevi e che il verso riesca veloce. Laonde se più volte
quella
contiguità sarà replicata nel medesimo verso, que
a seconda e la terza, quanto la quinta e la sesta sieno brevi; e però
quella
contiguità è due volte iterata. Ma nel terzo vers
la sesta, come nel secondo verso, ma ancora l’ottava e la nona; onde
quella
contiguità è tre volte replicata. [Sez.II.1.2.26]
o, l’allegrezza, la disperazione, attissimi sono i versi celeri, come
quella
sorta di settenari, d’ottonari e d’endecasillabi,
sopra i medesimi o simili suggetti, perché poche erano le favole che
quella
rigida unità potessero tollerare. La quale povert
sa ne rimane, ma ancora (perché altri non dica che da pochi avanzi di
quella
mal si argomenta ciò ch’essa fu) lo conferma Aris
e le migliori tragedie si aggiravano intorno a poche famiglie, come a
quella
d’Oreste, d’Edipo ed a qualche altra. [Sez.II.3.
n si governano sì negligentemente e con tanta imprudenza in affari di
quella
importanza. Molti altri simili esempi, ove uopo f
e più bella la renderebbero. [Sez.II.3.0.5] Ma qualora noi approviamo
quella
licenza che il melodramma si attribuisce sull’uni
enta. La seconda di non fingere la scena, che sparisce, sì lontana da
quella
che le succede, che il popolo dia il buon pro a’
a religione, la medesima teologia aumentavano la loro ferocia, avendo
quella
de’ barbari riti e che disonorano l’umanità, e pr
’altrui scelleratezza. [Sez.II.5.0.2] Ma la moderna tragedia, siccome
quella
che non è a finimento tristo obbligata, può (può,
rfezione, anzi che interessare, gl’indispettisce, ricevendo eglino da
quella
un segreto rimprovero de’ loro vizi; ma un uomo s
iletto del melodramma, ma sì di que’ compositori che non sanno dargli
quella
musica che gli conviene. Che se eglino degneranno
drammatica in generale è poco amica di queste dommatiche merci, come
quella
che intende a mettere la morale in azione, non in
comporre in modo l’azione, che lo spettatore ne deduca da sé medesimo
quella
istruzione. Un dramma intarsiato di massime scopr
pertezza del poeta, il quale non sapendo dare all’azione quel colore,
quella
forza che basta per far nascere una data massima
llo spettatore, usurpa l’uffizio di questo, esprimendo da sé medesimo
quella
sentenza. Infatti i drammatici più sentenziosi so
vvisamente gelare il cuore da un’ aria, colla quale terminando Arbace
quella
sì passionata scena, si diverte in assomigliar sé
restare l’altrui attenzione; perciocché non essendo esse ricevute con
quella
favorevole prevenzione, che i gran nomi trovano i
bellezze: da che l’imitazione de’ difetti è ben più agevole che non è
quella
delle virtù. [Sez.II.7.2.10] Per meglio sperimen
ella passione cominciata nel recitativo, egli con una musica adatta a
quella
passione avrebbe intenerito tutto il teatro. [Se
II.7.2.14] Quindi una tal aria non ha mai sui nostri teatri cagionata
quella
commozione che altre arie del medesimo dramma, pe
a propria delle arie, e si è che questa abbia stretta connessione con
quella
del recitativo, per modo che l’aria nasca dal rec
adisce chi l’adopera, dimostrando ch’egli non ha il cuore occupato da
quella
passione che vuol fingere con noi? [Sez.II.7.3.2]
illazione l’altra ne farà due, questa darà l’ottava alta del tuono di
quella
; se ne farà quattro darà la doppia ottava, se ott
oni un’altra ne farà quattro, questa darà l’ottava bassa del tuono di
quella
; se due la doppia ottava bassa, se una la tripla
lazioni un’ altra ne farà tre, questa produrrà la quinta del tuono di
quella
. IV. Che se in tempo che l’una farà quattro oscil
itmica; e 3. la varia intensità de’ tuoni, o deboli o forti, simile a
quella
de’ colori nella pittura. Ma di essi a me non occ
a rendere in ciò sì diverse queste due spezie di musica. La prima fu
quella
del contrappunto, facultà ignota agli antichi, si
iti dopo le pruove datene dal chiarissimo padre Martini. La seconda è
quella
degli odierni caratteri musicali, più facili e pi
medesimi alletti, che già ne svegliò la persona che è l’archetipo di
quella
imitazione o ritratto. Tale appunto è il modo, on
nde e, dirò così, echeggia nella nostra macchina una mozione simile a
quella
che allora accompagnò le mentovate agitazioni del
ichi a stabilire in quelle regioni la sede degli affetti, verbigrazia
quella
dell’amore nel fegato, dell’ira nel fiele, del ri
lle maggiori differenze che passa tra la struttura del nostro corpo e
quella
del corpo de’ bruti, consista nella moltitudine d
i diatetici, moverà necessariamente e immediatamente tai nervi, e per
quella
corrispondenza che passa tra il movimento di ques
o di questi e le passioni dell’animo, il loro oscillamento ne desterà
quella
passione che corrisponde a quel dato moto prodott
iore d’ellamì, e una, che fu parlante, divenire aria di gorgheggio, e
quella
, che altra volta tardamente procedea guidata dall
ciò che i Greci otteneano con una semplice osservanza delle regole di
quella
parte della musica. Tra’ nostri componitori e i G
are i nervi uditori, che già la sua azione è totalmente cancellata da
quella
d’un altro suono che sopraggiugne all’istante, e
ragione è l’idea che hanno della musica i moderni maestri, diversa da
quella
che ne ebbero gli antichi. Oggi è questa trattata
iato da Agamennone presso a Clitennestra non si applicava a divertire
quella
principessa con una musica puramente estetica. Eg
e sotto la protezion delle leggi le dolcezze della civile società, di
quella
si erano serviti ad umanare, diciam così, quegli
e e la voluttà». Il medesimo linguaggio tennero gli altri filosofi di
quella
nazione, e Plutarco sopra tutti, [per] il quale n
o della musica, gli portò a coltivarla con sommo studio, non tanto in
quella
parte che la rende grata all’udito, quanto in que
io, non tanto in quella parte che la rende grata all’udito, quanto in
quella
che muove l’animo. Ed essi ne fecero un articolo
va il patetico dell’antica musica in paragon della nostra. Perciocché
quella
fu professata dal fiore della letteratura d’una n
po carica di note. Ma d’un’esperienza anche più manifesta ne fornisce
quella
sonata, che dall’essere adoperata alla guarigione
no dell’opera in musica; e ‘l maestro di cappella, tocco anch’egli da
quella
malia, s’immaginò d’entrare in un nuovo mondo mus
Pergolesi, i Vinci, che dal mondo di là non poteano essere a parte di
quella
scoperta, benediceva il cielo (come già que’ prim
di Timoteo e di Terpandro63, si guardarono bene di protestare contro
quella
novità; quantunque chiaramente conoscessero, che
o quella novità; quantunque chiaramente conoscessero, che lo stile di
quella
cantatrice potesse per avventura fare onore a un
ti maestri) allora la musica può dirsi perfetta, quando ella ha in se
quella
apparente facilità, per cui …. sibi quivis Spere
mpagne. Questa rende esempigrazia l’eloquenza di Cicerone superiore a
quella
di Seneca, la musa del Petrarca a quella del Mari
enza di Cicerone superiore a quella di Seneca, la musa del Petrarca a
quella
del Marino, l’antica architettura alla gotica, la
i questo stile sia nello stil medesimo cantata, il compositore dee in
quella
esprimer tutto, e nella abbandonare all’arbitrio
li edifìzi. Era questa uniformità avvenuta perché nella fondazione di
quella
città la porta del primo edifìzio, che fuvvi eret
ndo in un’aria s’incontrino parole appartenenti a passione diversa da
quella
che regna nell’aria stessa, queste parole vanno m
rte d’Europa io stendea un teorico saggio, ma debolissimo e breve, di
quella
musica, in altra parte un degno professore ne mos
poggiato sulle prime parti e sulle seconde. Le altre non hanno se non
quella
passione, che nasce dalla consapevolezza dell’alt
a men caldamente che non converrebbe, e gli spettatori si annoiano di
quella
melensaggine. Dal che si vede, che quanto meno in
e quali passa nel corso del dramma, egli darà alla sua pronunziazione
quella
proprietà, quel decoro, che non si può in conto a
ersonaggio greco o romano, egli noti dee così scrupolosamente seguire
quella
maniera di vestire usata dalle mentovate nazioni,
tire adoperato dalla costui nazione, onde chi sia inteso degli usi di
quella
, ve gli possa discernere, e confessi l’abito rass
tendo addosso a un personaggio lontano colori d’una vivacità eguale a
quella
che si vede addosso a’ vicini, que’ personaggi co
, novità e verisimiglianza. [Sez.V.2.1.2] La scena è il fondamento di
quella
piacevole illusione, onde lo spettatore è traspor
o di molta circospezione, per non degenerare in rilassatezza, come fu
quella
d’alcuni pittori che nella prospettiva delle scen
iano. Quindi è che nella prospettiva non v’ha cosa più malagevole che
quella
delle scene, ad eseguir la quale non bastano le r
star lode d’ingegnose, e di valente nell’arte sua, dee contrassegnare
quella
campagna con tali particolarità, che indichi appa
ena sia verisimile, ciò architettata regolarmente, e secondo l’uso di
quella
contrada, in cui s’immagina l’azione del dramma.
a non adoperare gli usi e le maniere che attualmente sono in voga in
quella
città a cui appartiene il teatro ch’egli dipinge;
he stenti a giugnere al suo sito, ma molto più ancora perché esse con
quella
tardanza estinguono ogni drammatico piacere101. [
nto all’idea del pittore, distribuisce le fiaccole a capriccio; e con
quella
sbadataggine sua distrugge lutto il bello dell’om
mbra finta da’ colori. Perché però il macchinista tragga buon viso da
quella
faccenda, consulti sempre il pittor delle scene:
d enorme a’ suoi teatri. L’estensione a cui un teatro può giugnere, è
quella
della portata d’una voce mandata fuora senza sten
mo una figura di campana, disposta in modo che l’orlo, o il labbro di
quella
, corrisponda a’ palchi più vicini alla scena, e i
to tutto opposto a quello del mentovato stromento. La campana ottenne
quella
sua figura, perché destinata a mandare il suono f
il suono fuori di sé, e quanto più potesse de sé lontano. Le fu data
quella
quasi conica figura, e quelle labbra rimboccate i
lle scene. [Sez.V.4.3.2] La miglior figura per l’interno del teatro è
quella
d’un semicerchio, la di cui aia sia occupata dall
il numero de’ palchetti essendo la periferia dell’ellisse maggiore di
quella
d’un cerchio, il diametro del quale sia eguale al
lla d’un cerchio, il diametro del quale sia eguale all’asse minore di
quella
. [Sez.V.4.3.3] Altri preferiscono a ogni altra f
nore di quella. [Sez.V.4.3.3] Altri preferiscono a ogni altra figura
quella
d’una semiellisse troncata sull’asse maggiore; e
è necessario, che que’ sostegni, che dividono un palco dall’altro, e
quella
fascia, che separa i diversi ordini o file di pal
lla è una delle belle arti, e si divide in alta e bassa. Danza alta è
quella
che fa il ballerino, elevandosi da terra quanto p
o, elevandosi da terra quanto più può con ambi i piedi. Danza bassa è
quella
ch’egli fa, appoggiando a terra tutteddue i piedi
una novella simmetria, ma solo rende più discernevole e più manifesta
quella
che dalla natura ebbe il nostro corpo. Perciocché
hé venga osservata l’unità tra la danza e la musica, sì ancora perché
quella
musica, che ha una medesima espressione colla dan
al su, quale in mezzo, e questa fosse un palmo discosta dall’altra, e
quella
dieci, e una quadra, e una rotonda, e va discorre
ontra lo stesso imperatore, senza che la maestà del popolo romano, né
quella
d’Augusto, si mostrasse offesa dell’entusiasmo de
er la stessa ragione per cui, parlando della pronunziazione, si disse
quella
delle ultime parti essere più malagevole che la p
a rappresentare una caccia. Egli divise i trentasei figuranti, di cui
quella
truppa era composta, in sei classi, ciascuna di s
le persone della più vantaggiosa statura; la seconda era più bassi di
quella
; la terza più bassa della seconda, e via via; sì
tatura de’ figuranti degradava, degradava parimente la musica, talché
quella
dell’ultima comparsa era così sommessa, che parev
Con questa degradazione di statura e di musica, andò d’accordo anche
quella
de’ colori delle vestimenta, onde parlammo in alt
i cavalli, o il ponte doveva essere più vicino. [Sez.VI.2.3.4] Che se
quella
comparsa lontana dovesse essere eseguita da balle
vivace e la più feconda parte de’ pantomimici elementi, e lo riduce a
quella
inabilità, a cui sarebbe ridotto uno che fosse co
i l’allegrezza che anima quelle guance, là lo squallore che ottenebra
quella
fronte, e d un’altra parte la tenerezza che illan
maschera fecero gli antichi. Questa invenzione di sozza origine, come
quella
a cui diede nascimento il volto impiastrato di fa
rir sul teatro d’una polita nazione? Non farebbe forse un oltraggio a
quella
nazione, di crederla di cattivo gusto, di facile
elle arie di lei avrà messi tai sentimenti che non dieno gran presa a
quella
sorta di canto a cui sola è avvezza, e se avrà di
ro, ben si sapendo che dalla teologia del volgo pagano era tutt’altra
quella
delle colte persone, le quali rigettando la molti
metà del secolo sedicesimo. Senza che ogni altra ragione dee cedere a
quella
della publica costumatezza. [Sez.VII.3.0.12] Per
n d’esempio intitolata Le Supplicanti fu da lui composta per disporre
quella
nazione a far la pace co’ lacedemoni, come l’Addi
ca riguarda Crescimbeni). [commento_Sez.I.1.0.5] • Giovanni Villani:
quella
festa teatrale di calendimaggio ebbe in realtà un
getturando in tal modo: «non può essere, s’io non m’inganno, se non o
quella
di Teofilo, in fine della quale potrebbesi veder
Diavoli nello Inferno con l’Ebreo, uno Angelo dà licenza; o più tosto
quella
di Lazzero ricco e Lazzero povero, nella fin dell
segno, e delle Matematiche e Meccaniche, per ridurre la professione a
quella
perfezione in questo genere, che adesso la gode i
i, in mezzo alla Piazza eretto, fatto superbamente adornare ad uso di
quella
Tragedia, la quale noi i primi in questa età abbi
ella didascalia da p. 425). Altre feste furono organizzate a Roma per
quella
storica vittoria: F. Cruciani, Teatro nel Rinasci
introdurvi Melpomene accompagnata dalla musica, dal ballo, e da tutta
quella
pompa, che a’ tempi di Sofocle e di Euripide le s
il miglior oratore non vale niente, mentre uno mediocre, ma abile in
quella
, può battere i sommi oratori. Si dice che Demoste
uncia, tenne quindi per cosa piccola, anzi da nulla, l’esercitarsi in
quella
facoltà, quando si trascuri la pronuncia e l’azio
XVI, 1461b: «Ci si può chiedere se sia superiore l’imitazione epica o
quella
tragica. Se è superiore quella meno volgare […],
se sia superiore l’imitazione epica o quella tragica. Se è superiore
quella
meno volgare […], è chiaro che quella che imita t
quella tragica. Se è superiore quella meno volgare […], è chiaro che
quella
che imita tutto è volgare: come se non si capisse
i mi verrebbe in acconcio di dire, che siccome rozza e imperfetta era
quella
pittura negli antichissimi tempi, ne’ quali, per
le figure: questo è un cane, questo un cavallo: così imperfetta fosse
quella
recitazione, che per essere intesa, avesse bisogn
poi in molte capricciose mascherate dell’ingegno del Tribolo, come in
quella
degli Orsi, per un palio di Bufale, in quella de’
no del Tribolo, come in quella degli Orsi, per un palio di Bufale, in
quella
de’ Corbi, ed in altre». Niccolò Pericoli, detto
apparato e la prospettiva, che non fu manco bella, anzi più assai che
quella
che aveva altra volta fatto [...]; ed in queste s
entemente delle scene e prospettive, era stato dismesso, facendosi in
quella
vece feste e rappresentazioni; ed o prima o poi c
mbra finta da’ colori. Perché però il macchinista tragga buon viso da
quella
faccenda, consulti sempre il pittor delle scene:
vivace e la più feconda parte de’ pantomimici elementi, e lo riduce a
quella
inabilità, a cui sarebbe ridotto uno che fosse co
30. Ciò può il lettore chìaramente raccogliere da più d’un luogo di
quella
farsa, impressa colle altre opere del Sannazaro i
. 49. La musica ebrea dovette essere perfettissima, anzi superiore a
quella
di qualunque altra nazione antica o moderna, come
rirono con questa republica, e nulla contribuirono alla perfezione di
quella
musica che si propagò per tutte le colte nazioni
la differenza che passa tra il sito della macchina umana e ‘l sito di
quella
de’ bruti. Perciocché le funzioni vitali in un co
e non conoscesse la falsità del politeismo e non deridesse in privato
quella
religione ch’era obbigata a professare in publico
parlano d’istrioni notati d’infamia, che una tal arte, dissi, non sia
quella
degli attori di drammi regolari e in particolare
m excitant tam Dicentes, quam Audientes, admittendae sunt. Dubito che
quella
stessa ragione, ch’ebbero coloro, che applicarono
ezione del Salvini, tanto si adoperò che abbandonata dopo alcun tempo
quella
società e la famiglia, se ne tornò collo Zocchi a
, e con lei si recò in Compagnia di Romualdo Mascherpa, prima, poi in
quella
del caratterista Belisario Viti. Ammalatasi la mo
a Compagnia Mascherpa, passò con la moglie pel triennio 1837-38-39 in
quella
di Gaetano Nardelli. Tornò poi il’ 40-41-42 col M
primo, colpito da tanto accento drammatico, sclamasse : « Per Iddio,
quella
ragazza dovrebbe far l’ attrice. » Fu profeta, pe
renze. Dopo tre anni passò nella Compagnia Lipparini, poi, il '43, in
quella
primaria di Luigi Domeniconi. Ammogliatasi al mar
uel genere di parti, che i francesi chiamano fort premier rôle, e per
quella
di madre tragica, con l’annuo stipendio di lire n
' quali ei fu non ultimo mai e tal volta primo, lo esaltarono, specie
quella
del Filippo, che Alfieri fece in sua casa, rappre
tò la stima e la benevolenza ë l’amore di ogni classe di pubblico. Da
quella
del Bianchi passò il 1809, socio, nella Compagnia
cio, nella Compagnia del Dorati, e da questa il 1812, scritturato, in
quella
del Blanes, per formar poscia il 1816 un’ottima C
n unica – accenna il biografo Scifoni – per un artista drammatico. Da
quella
di Napoli, passò il '29 dopo la morte del Righett
ob. offerita La bontà dell’animo suo fu quasi proverbiale. Certo a
quella
non corrispose l’ordine, l’equilibrio nella condo
sana commedia e l’arte sana : triste delusione ! Il teatro non contò
quella
sera oltre cinquanta spettatori. Egli allora si t
lo ritraeva con libera agevolezza, per quasi innata facoltà. Erano in
quella
persona l’arte consumata e la schietta natura in
te il mal gusto popolare. Or dunque il Vestri aveva anche tolto da sè
quella
menda, facendo come Goldoni, che prima blandì l’u
rte. Curiose erano anche le sue più vecchie scritture teatrali. Io ho
quella
di Luigi Forti colla data del 22 gennajo 1822, tu
in siffatte comparazioni la differenza della commedia greca Antica da
quella
de’ posteri di Aristofane? quella che correva tra
enza della commedia greca Antica da quella de’ posteri di Aristofane?
quella
che correva tra Atene emula di Serse e tra quella
teri di Aristofane? quella che correva tra Atene emula di Serse e tra
quella
della Grecia avvilita sotto i Macedoni, o tra que
a di Serse e tra quella della Grecia avvilita sotto i Macedoni, o tra
quella
di Roma donna del Mondo noto, o della Francia che
nte la suplicano ad esercitar seco in si urgente Ocasione gl’ atti di
quella
Generosità con cui assistè sempre a’ suoi Servi,
rò il Coralli in Francia, esercitandosi in altre cose per servizio di
quella
Truppa, fino a tanto che venne in questi ultimi t
decoroso mantenimento. » Una delle migliori creazioni del Coralli fu
quella
del fratello minore nei Gemelli Bergamaschi di Fl
rappresentava il fratello maggiore : e una delle peggiori pare fosse
quella
nel Venceslao, dramma francese, come appare dalla
ammirato dal pubblico per la sobrietà e verità di recitazione, e per
quella
specie di bonomia ch'ei sapeva trasfondere ne' pe
a : – avremo il grande piacere di riveder quel viso buono, di riudire
quella
cara voce, e di applaudirlo, e di sentirlo applau
dal Bartoli come attore diligente, che all’arte del dire sapeva unir
quella
del canto. Recitava le parti d’Innamorato, e trov
6 gennajo la parte di Eumeo nell’Aristodemo, e il carnovale dell’ '88
quella
di Zambrino nel Galeotto Manfredi di Vincenzo Mon
que circa il 1710 a Venezia. Innamoratosi dell’arte comica, abbandonò
quella
dello specchiaro, nella quale (V. Fr. Bartoli) sa
vicentino, del quale discorreremo a suo tempo). Ebbe il D’Arbes in
quella
Corte straniera onori non comuni, e fra gli altri
etro Algeri, Giacomo Casanova che viveva allora a Parigi, e che oltre
quella
del Faraone, aveva anche di sfuggita, la occupazi
onio Sacco, il celebre Truffaldino, col quale stette fino al 1769. Da
quella
del Sacco passò nella Compagnia Lapy al Teatro S.
ella del Sacco passò nella Compagnia Lapy al Teatro S. Angelo, poi in
quella
di giro di Vincenzo Bugani, dalla quale entrò in
ngelo, poi in quella di giro di Vincenzo Bugani, dalla quale entrò in
quella
della Maddalena Battaglia, nel 1776, allorchè le
in quale anno, nè con qual compagnia (secondo il Mazzoni nel ’90 con
quella
del Menichelli, ma forse più tardi col Pellandi),
l finire del ’95, sposò il figlio di lui, Antonio. Da quel tempo e in
quella
Compagnia la fama di Anna Fiorilli si affermò per
ismo si mutò in delirio, nè fu possibile proseguire la recitazione di
quella
scena. E terminata la tragedia, il pubblico affol
ender la parte di Rosmunda nella tragedia omonima di Alfieri, anzichè
quella
di Romilda. Formò poi società con Belli-Blanes pe
ntinui dissesti finanziari di cui fu causa il marito di sua figlia. E
quella
donna che aveva percorso la vita in mezzo ai trio
Molte son le testimonianze che abbiamo del valore di lei ; fra cui
quella
del Sografi, che nella prefazione alle sue Inconv
ballo, e gli altri rami appartenenti a cotesto delizioso spettacolo a
quella
semplicità, e a quella verità d’espressione, alle
appartenenti a cotesto delizioso spettacolo a quella semplicità, e a
quella
verità d’espressione, alle quali dovrebbono aspir
ico, il Dottor Don Pietro Napoli-Signorelli, degnissimo segretario di
quella
Reale Accademia; della quale opera benché nulla a
Né ho difficoltà di asserire che fra tutte le materie questa è forse
quella
intorno alla quale gli uomini si sieno vieppiù es
a de’ trattati analitici ripieni di precetti e d’esempi, e la musica,
quella
di tutte le belle arti che più ci commove, quella
sempi, e la musica, quella di tutte le belle arti che più ci commove,
quella
che ha maggior imperio sugli animi nostri, è l’un
i è vero bensì che la via d’intenderli bene e di gustarli non è tanto
quella
della discussione, e dell’analisi, quanto quella
gustarli non è tanto quella della discussione, e dell’analisi, quanto
quella
del gusto, e d’un certo tatto squisito somministr
ognor più accorciando i nostri suoni indeboliamo di giorno in giorno
quella
parte della espression musicale, ch’è fuor d’ogni
ente dileguasi, e poco manca che le lettere e le arti non ricadano in
quella
confusione onde furono tratte dai riflessivi nost
emo a coloro che preferiranno l’archittetura de’ Goti e de’ barbari a
quella
de’ Greci e de’ Romani, il poema di Lucano a quel
mo di Tiro, che la decadenza della musica de’ Greci seco trasse anche
quella
de’ loro costumi. Ma tornando a noi, la musica de
one, e che innanzi ad ogni altra cosa abbia egli in vista d’afferrare
quella
giusta ed adeguata misura, fuor della quale fuggo
i abbonda il linguaggio della nazione. Distinguo la melodia libera da
quella
che non lo è. La melodia libera, la strumentale a
attando siffatta materia, io cercherò di farlo con quel candore e con
quella
imparzialità che si richiede da chi ama e tiene i
ll’armonia di situazione ovvero sia di carattere, e la ravviserò come
quella
corrispondenza di mezzi, che adoprano tutte le ar
mitazione. Essa giusta il parere dell’Ab. Fraguier otteneva ciò mercè
quella
misura invariabile composta di differenti parole,
imitazione, dice Aristotile, è la più semplice, e la meno semplice è
quella
senza dubbio che vuol tutto imitare. Vò scorrendo
quali il gran Fracastoro non disdegnò di concorrere alla riforma con
quella
stessa penna che in versi tanto armoniosi e virgi
iù facile e pieghevole non meno pel genere eroico che pel lirico sarà
quella
lingua che col solo cangiar terminazione esprima
unico recitativo diverrebbe monotona ed insopportabile. L’aria sola è
quella
che fa conoscere in tutta la sua estensione l’abi
namento musicale nelle parti narrative, perderà qui una gran parte di
quella
improbabilità che l’ingombra nella rappresentazio
al fisico della Ricci, ecco quanto lo stesso Gozzi ne scrive : Vidi
quella
giovane di bella figura, quantunque una sua gravi
a, indebolita, e rovinata negli angoli da’tarli del vajuolo, sforzava
quella
povera giovine ad un involontario difetto. ………………
ozzi cominciò di punto in bianco a proteggere la nuova arrivata, come
quella
che più se ne sentiva bisognevole. E codesta prot
otto ; lei ignorante al sommo grado : immagini il lettore le scene di
quella
coppia. Entrò di mezzo il Conte Gozzi…. La profer
Ricci, le fece fare una smorfietta di ringraziamento ; la proferta di
quella
materiale, le fece spalancar tanto d’occhi, e man
primo amoroso della Compagnia di Pietro Pianca, dalla quale passò in
quella
di Andrea Bianchi, sino al 1801. In codest’anno e
e assoluto nei drammi e nelle commedie con scelta di parti. Scioltasi
quella
compagnia, restò De Marini col Fabbrichesi, recan
e del tacito patto fra l’attore ed il pubblico sul limite stabilito a
quella
massima, che l’attore, tranne i personaggi co’qua
ombrano un cotal poco un si gran quadro, non distruggono l’effetto di
quella
luce, di che n’è tutto raggiante, e non si può me
erità all’effetto, perchè diceva : questo si ottiene sempre, seguendo
quella
. Ecco ciò che fu Giuseppe De Marini. E in una no
▲