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1 (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo terzo — Capitolo decimoquinto »
e dalle nozioni di certe idee oscure di sua natura non ancor definite da tutti universalmente accettate, non può far di
. Ed ecco il fondamento della massima di Orazio, colà dov’ei dice che gl’iddi, né gli uomini, né le colonne permettevan
fondamento della massima di Orazio, colà dov’ei dice che né gl’iddi, gli uomini, né le colonne permettevano a’ poeti d
la massima di Orazio, colà dov’ei dice che né gl’iddi, né gli uomini, le colonne permettevano a’ poeti di essere medioc
orale, della legislazione e della politica, come si faceva dai Greci, trovandosi oggimai animata da quello spirito vivi
gni d’infermi e fole di romanci», ora che lo spirito non rigusta più il diletto che nasce dalla sorpresa, né quello ch
he lo spirito non rigusta più né il diletto che nasce dalla sorpresa, quello che viene dal riflesso della loro convenie
no stato peggiore di una prosa infelice e meschina, in uno stato dove il teatro conserva i suoi diritti, nè la lingua i
rivilegi, in uno stato dove la musica non ritrova immagini dà rendere ritmo da seguitate, in uno stato dove la ragioni
in uno stato dove la ragioni non vede alcuna connession fra le parti, il buon senso alcun interesse fondato nelle passi
oiché oltre l’esser privi di colorito poetico, oltre non aver armonia stile né numero, altro poi non racchiudono fuorch
re l’esser privi di colorito poetico, oltre non aver armonia né stile numero, altro poi non racchiudono fuorché pensier
a, ma la cognizione de’ quali non è altrimenti necessaria al cantore. si dee far menzione di quella spezie di melodia o
o tuttavia rispetto alla musica vocale, perché non le offrono varietà chiarezza di accento. Ed ecco un’altra non piccol
ia, Ipermestra, Timante e Cleonice non hanno aperto men fertile campo meno leggiadro alla melodia di quello che a lei a
non sapendo che farsi il poeta perché inutili affatto all’intreccio, qual occupazione dar loro, bisogna pure che pensi
e aria ben lavorata, ciò nonostante non si ritrova in essi spezzatura concisione nel recitativo, né rapidità nelle scen
tante non si ritrova in essi spezzatura né concisione nel recitativo, rapidità nelle scene, né calore nell’azione, né c
ssi spezzatura né concisione nel recitativo, né rapidità nelle scene, calore nell’azione, né contrasto negli incidenti,
sione nel recitativo, né rapidità nelle scene, né calore nell’azione, contrasto negli incidenti, nulla insomma di ciò c
i regalo oltre l’annua sua pensione, premio che certamente non ebbero l’Artaserse, né il Catone, né l’Ezio dell’incompa
’annua sua pensione, premio che certamente non ebbero né l’Artaserse, il Catone, né l’Ezio dell’incomparabile Metastasi
sione, premio che certamente non ebbero né l’Artaserse, né il Catone, l’Ezio dell’incomparabile Metastasio. È per altro
cipale personaggio. L’autore, il quale non manca certamente d’ingegno di cognizioni, avrebbe dovuto riflettere che una
mpa della decorazione l’orditura, la verosimiglianza e il buon senso. si dee credere che finite appena le nozze avesse
rato filosoficamente sia grande ed eroico, non è tuttavia sì teatrale sì atto alla musica quanto quello di Arminia e di
le qualità che risvegliano l’interesse. Ivi non comparisce magnanimo, eroe, né uomo di genio, ma piuttosto un farnetico
à che risvegliano l’interesse. Ivi non comparisce magnanimo, né eroe, uomo di genio, ma piuttosto un farnetico divenuto
della patria determinato l’avesse ad eseguire quell’atto di crudeltà, il teatro, né la filosofia dovrebbero autorizzarl
eterminato l’avesse ad eseguire quell’atto di crudeltà, né il teatro, la filosofia dovrebbero autorizzarlo giammai espo
ra stata dai flutti talmente battuta e corrosa che non vi si scorgeva un dio né un uomo ma uno scoglio informe, così i
ai flutti talmente battuta e corrosa che non vi si scorgeva né un dio un uomo ma uno scoglio informe, così i pregiudizi
l dramma fosse intieramente serio, perché vi vorrebbono troppe spese, tampoco buffo del tutto, perché si confonderebbe
l’argomento fosse tratto dalla storia; esso diverrebbe troppo serio, sarebbe buono per altro che per comporre secondo
zionale, e con un abbigliamento che non ha presso alla civile società originale né modello; poiché è deciso che cotal p
n un abbigliamento che non ha presso alla civile società né originale modello; poiché è deciso che cotal personaggio ri
trario. «V’avverto che non dovete introdurre più di sette personaggi, meno di cinque. Sapete qual carattere devono aver
atto; basta che sia curto, che non vi si frammezzino arie d’impegno, decorazioni importanti, e che i personaggi alla p
pra le strade ove si cammina senza che tali elogi facciano ni piccoli grandi più di quello che sono coloro che gli fann
2 (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo primo »
te unite, che non può considerarsene una senza considerarne le altre, comprendersi bene la natura del melodramma senza
he acconci non sono ad invaghire gli orecchi colla soavità de’ suoni, ad appagar l’occhio colla vaghezza dello spettaco
che distingue codesto componimento dalla tragedia, e dalla commedia. da tale unione risulta un tutto così inverosimile
non ha tanto per oggetto il vero quanto la rappresentazione del vero, si vuole da esso, che esprima la natura nuda e se
cché, essendo destinata a parlar ai sensi, e per mezzo loro al cuore, potendo agire per altra via che per quella del mo
a non ne renda il senso, poiché in essi nulla si trova d’immaginativo d’affettuoso, può nonostante accrescer colla melo
in un linguaggio privo d’accento, se la poesia non le somministrasse sentimenti, né immagini? [10] La breve analisi fa
io privo d’accento, se la poesia non le somministrasse né sentimenti, immagini? [10] La breve analisi fatta finora ci h
lo stato in cui si trova lo spirito del cantore. Ma nel dramma, dove si può, né si debbe supporre che i personaggi abb
n cui si trova lo spirito del cantore. Ma nel dramma, dove né si può, si debbe supporre che i personaggi abbiano la men
durre a parlarlo se non persone capaci di commozioni vive e profonde, in altre circostanze che in quelle che suppongono
opra che il Basso, che serve di quando in quando a sostenere la voce, si scorre se non rade volte per intervalli perfet
na sentenza; giacché io non saprei convenire col cavalier Planelli 4, col Sulzer 5, i quali ogni e qualunque sentenza v
mercede de’ suoi lunghi sospiri, sa benissimo ch’egli non è debitore al suo ingegno, né alla sua dottrina della fortun
unghi sospiri, sa benissimo ch’egli non è debitore né al suo ingegno, alla sua dottrina della fortuna d’essere riamato.
lla riflessione, e della ragione non ha altro domicilio che il cuore, altra legge che quella, che gli detta l’affetto.
stesso dico dello sdegno, il quale determinandosi sul momento, non ha il tempo né l’occasione di generalizzare le idee.
dello sdegno, il quale determinandosi sul momento, non ha né il tempo l’occasione di generalizzare le idee. Non è così
tenga con essa lei a far, per così dire, una scaramuccia di sentenze, ch’egli dica         «Non è in man di chi perde
che ne usarono talvolta nelle loro tragedie; ma (dicasi con coraggio) Sofocle, né Euripide, né Metastasio hanno autorit
no talvolta nelle loro tragedie; ma (dicasi con coraggio) né Sofocle, Euripide, né Metastasio hanno autorità che basti
elle loro tragedie; ma (dicasi con coraggio) né Sofocle, né Euripide, Metastasio hanno autorità che basti a distruggere
ggere i fermi ed inalterabili principi della ragione. [28] Se non che comparazioni, né sentenze, né poesia fraseggiata
inalterabili principi della ragione. [28] Se non che né comparazioni, sentenze, né poesia fraseggiata dovranno aver luo
principi della ragione. [28] Se non che né comparazioni, né sentenze, poesia fraseggiata dovranno aver luogo nei duetti
forzo eziandio dell’una e dell’altra, poiché assai chiaro egli è, che l’azione più ben descritta dal poeta, né la compo
ché assai chiaro egli è, che né l’azione più ben descritta dal poeta, la composizione più bella del musico sortiranno p
rirlo. Il fine ultimo della tragedia e dell’opera è dunque lo stesso, si distinguono se non pei mezzi che vi conducono:
’opera un componimento teatrale destinato alla mozione degli affetti, distinguendosi dalla tragedia se non per le modif
d altri esseri immaginari, de’ quali ignoro le proprietà e la natura, la sorte loro sarà in alcun tempo la mia. Altrett
difetti, ragion vuole, che si debbano ad essi preferire gli storici. non è già vero, come pretende il Marmontel, che q
ovi e brillanti. Se non vi si vedrà sbuccar all’improvviso una furia, si vedrà volar per l’aria una sfinge, un castello
a l’universo ideale fabbricato nel cervello de’ mitologi e de’ poeti. ci è pericolo altresì che illanguidisca la musica
ione dell’opera in seria, e in buffe. Ma quello, che non ha di comune coll’una né coll’altra è il dover appagare non so
era in seria, e in buffe. Ma quello, che non ha di comune né coll’una coll’altra è il dover appagare non solo il cuore
à essenziale passi tra esso e quello della tragedia e della commedia, come gli affetti, che svegliar mi debbe il primo,
rimo, si differenzino dagli affetti che svegliar mi debbe il secondo. tampoco nella scelta degli argomenti favolosi a p
della buffa, nella quale vuolsi, come nella commedia, giocondo fine. veggo perché il Catone in Utica sarebbe men pregi
3 (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo terzo — Osservazioni »
etuamente, non dando la menoma idea delle materie che vi si trattano, della maniera con cui vengono trattate, non indic
si sa che i giornalistici enciclopedici di Bologna non sono nè Bayle, Bernard, né le Clerc, né gli autori della Bibliot
giornalistici enciclopedici di Bologna non sono nè Bayle, né Bernard, le Clerc, né gli autori della Biblioteca ragionat
enciclopedici di Bologna non sono nè Bayle, né Bernard, né le Clerc, gli autori della Biblioteca ragionata, né Apostol
e, né Bernard, né le Clerc, né gli autori della Biblioteca ragionata, Apostolo Zeno, né Maffei. GIORNALISTA. [5] «Ma p
le Clerc, né gli autori della Biblioteca ragionata, né Apostolo Zeno, Maffei. GIORNALISTA. [5] «Ma però con raziocinio
ndo migliorarono, cioè quando furono scritti a più personaggi? Mentre Sofocle, né Euripide furono certamente multiformi
rono, cioè quando furono scritti a più personaggi? Mentre né Sofocle, Euripide furono certamente multiformi da poterne
vituperasse l’opera italiana. Dunque (terza conseguenza) non essendo Marchesi, né Pacchierotti, né la Deamicis, né Dav
l’opera italiana. Dunque (terza conseguenza) non essendo né Marchesi, Pacchierotti, né la Deamicis, né Davide poeti o c
Dunque (terza conseguenza) non essendo né Marchesi, né Pacchierotti, la Deamicis, né Davide poeti o compositori di mus
onseguenza) non essendo né Marchesi, né Pacchierotti, né la Deamicis, Davide poeti o compositori di musica, i drammi es
ndo migliorarono, cioè quando furono scritti a più personaggi? Mentre Sofocle, né Euripide furono certamente multiformi
rono, cioè quando furono scritti a più personaggi? Mentre né Sofocle, Euripide furono certamente multiformi da poterne
tti a più personaggi”. E quando ciò accadde sul teatro greco? Quando “ Sofocle, né Euripide erano multiformi da poterne
rsonaggi”. E quando ciò accadde sul teatro greco? Quando “né Sofocle, Euripide erano multiformi da poterne rappresentar
est’è una mancanza d’esattezza e di buona fede. Io non mi sono deciso per l’una, né per l’altra opinione. Alla pagina 1
anza d’esattezza e di buona fede. Io non mi sono deciso né per l’una, per l’altra opinione. Alla pagina 184 del secondo
l farsi ubbidire dai delfini, come si racconta da Arione. Ma non sono favolosi, né alterati, se per prodigi s’intendano
ire dai delfini, come si racconta da Arione. Ma non sono né favolosi, alterati, se per prodigi s’intendano i meraviglio
trettanti spropositi. In primo luogo il compositore non può conoscere benissimo né malissimo la quantità delle sillabe
opositi. In primo luogo il compositore non può conoscere né benissimo malissimo la quantità delle sillabe nella nostra
adducendo inoltre le carte musicali che lo confermano205, quantunque di queste né di quelle l’incomprensibile benignit
oltre le carte musicali che lo confermano205, quantunque né di queste di quelle l’incomprensibile benignità dell’estrat
differente207. L’estrattista dunque non sol non ha inteso per niente la mia proposizione, né le ragioni su cui s’appog
tista dunque non sol non ha inteso per niente né la mia proposizione, le ragioni su cui s’appoggia, ma ha ravvisato sco
gran maestro ha prevenuta e disciolta l’obbiezione del giornalista. « giova dire che la voce acuta, per esempio, come e
contentarsi di citar se stesso e le Regole armoniche, perché ned egli le sue Regole armoniche fanno autorità, quando no
l Borghi, dall’Andreozzi, dall’Astaritta e da più altri, che non sono Gluck, né Anfossi, né Paesello, né Sarti, né Gugl
dall’Andreozzi, dall’Astaritta e da più altri, che non sono né Gluck, Anfossi, né Paesello, né Sarti, né Guglielmi, né
zi, dall’Astaritta e da più altri, che non sono né Gluck, né Anfossi, Paesello, né Sarti, né Guglielmi, né Puccini, né
ritta e da più altri, che non sono né Gluck, né Anfossi, né Paesello, Sarti, né Guglielmi, né Puccini, né Sacchini. E s
più altri, che non sono né Gluck, né Anfossi, né Paesello, né Sarti, Guglielmi, né Puccini, né Sacchini. E se pure in
e non sono né Gluck, né Anfossi, né Paesello, né Sarti, né Guglielmi, Puccini, né Sacchini. E se pure in questi valentu
é Gluck, né Anfossi, né Paesello, né Sarti, né Guglielmi, né Puccini, Sacchini. E se pure in questi valentuomini ha tal
facilmente il mio modo di ragionare. Allora vedrà ch’ei non ha inteso poco né molto lo stato della quistione, e che lav
te il mio modo di ragionare. Allora vedrà ch’ei non ha inteso né poco molto lo stato della quistione, e che lavora in f
estri coltivano quest’arte deliziosa in Italia. Ma l’andare più oltre piace, né giova, non essendo il mio scopo il tess
ivano quest’arte deliziosa in Italia. Ma l’andare più oltre né piace, giova, non essendo il mio scopo il tessere una no
essamente conceduta. Non potendo egli provare ch’io abbia avventurato l’una né l’altra di tali proposizioni, anzi trova
conceduta. Non potendo egli provare ch’io abbia avventurato né l’una l’altra di tali proposizioni, anzi trovandosi in
, che un solo linguaggio. Codesto pregio che non sembra a prima vista straordinario, né difficile ad ottenersi, è nulla
uaggio. Codesto pregio che non sembra a prima vista né straordinario, difficile ad ottenersi, è nulla meno uno degli sf
il trattenersi a combatterlo seriamente, giacché non si saprebbe come da qual banda afferrarlo non trovandosi nel suo s
e Scuole, delle Stamperie e delle Università come vi son dappertutto, penso che il desiderio di vedere tali cose gli sp
to, ed aria fosse la stessa stessissima presso ai Greci, io non posso disaminare le sue ragioni, né accusare di falsiti
essissima presso ai Greci, io non posso né disaminare le sue ragioni, accusare di falsiti il giornalista. Due sono le d
itati, ma appunto perché non c’è codesto accompagnamento ben adattato cotesta acconcia esecuzione, essi ci lasciano sul
i e dai cantanti, che non può ned eccitare la curiosità dell’uditore, tener sospesa la sua attenzione. 3. I balli occup
rascorsa età e della presente, fanno vedere ch’io non ho mai dubitato dell’uno, né dell’altro. Ma la questione consiste
e della presente, fanno vedere ch’io non ho mai dubitato né dell’uno, dell’altro. Ma la questione consiste nel sapere s
enobia. È un peccato che l’Europa non sia rimasta gran fatto persuasa dei motivi del duello, né del vigore del duellant
’Europa non sia rimasta gran fatto persuasa né dei motivi del duello, del vigore del duellante, e ch’esista tuttora in
4 (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo terzo — Capitolo decimoquarto »
olo a cinque o sei pezzi staccati, dove si fa pruova non d’illusione, di teatrale interesse, ma d’una sorprendente volu
io. La melodia da per sé sarebbe un disegno capriccioso senza oggetto regola. L’armonia resterebbe una combinazione equ
è necessario però che quest’azione sia nello stesso grado dappertutto che sia simultanea. In una lingua armoniosa per n
lla usata ne’ nostri teatri, se dovesse prolungarsi senza interruzion respiro per i tre atti d’un dramma. Da queste due
stemi di armonia e di lingua, ma la quale per motivi contrari non era poteva esser tale presso agli antichi Greci. cosi
ando in quando l’attore col basso affine di sostenere la di lui voce, si chiede altro dall’attore se non che misuri l’a
di dar nelle smanie, Othello impietrisce e cade sul letto senza voce motto. [16] Nel Macbetto dello stesso poeta un su
gue, troncamente risponde: «Ei non ha figli.» [17] Ora, dicono essi, il terribil silenzio di Didone e di Othello, né l
17] Ora, dicono essi, né il terribil silenzio di Didone e di Othello, le sublimi risposte di Macbetto, di Medea, e di O
i Othello, né le sublimi risposte di Macbetto, di Medea, e di Orazio, mille altri esempi di questo genere si posson ren
o sì oscuri e sì rari che la musica non ci offrirebbe verun compenso, meriterebbe gli omaggi delle persone di gusto se
ro tutte quante sagrificate ad una rigida verità. Nulla di più giusto di più sensato che siffatta opinione ove non foss
orreggere, o aiutare, o perfezionar la compagna, non mai soppraffarla opprimerla. La somma gloria di lei consiste anzi
si ricava che il musico non dee ammetter in ogni luogo gli ornamenti, in ogni luogo schivarli. Dee ammetterli qualora e
enza di pratica. [24] Prima. Non si dee aggiugnere alcun abbellimento dalla parte del suonatore né dalla parte del cant
Non si dee aggiugnere alcun abbellimento né dalla parte del suonatore dalla parte del cantante ai semplici recitativi,
l’occhio dello spettatore e l’astro luminoso del giorno. [28] Quinta. meno in quella spezie di affetti che ricavano il
i egli a raccoglierli, non potesse mai toccare la meta. [30] Settima. meno quando canta accompagnato in un duetto, in u
ere; perché non esprimendosi in esse veruno slancio di passione forte alcun rapido affollamento d’immagini, la melodia
passioni, le quali non si manifestano nell’uomo col suono dell’oboè, del violino. [40] Decima settima. Hassi a sbandir
ntiene un precetto insensato. La passione non epiloga mai se medesima dispone i suoi movimenti secondo le regole dell’a
era che tante volte non si capirebbe punto la relazione fra le parole il significato loro se non venisse in aiuto il li
role, e la natura dell’affetto individuale che si vuol rappresentare; passar si dovrebbe dai tuoni più piccoli e bassi
assar si dovrebbe dai tuoni più piccoli e bassi ai più alti ed acuti, discender poscia da questi agl’imi senza la debit
e d’un’altra, nel che i filosofi non gli faranno contrasto, ma non è, può esser mai, giudice opportuno del bello, il qu
ntative, quel pubblico “signorile e rispettabile” non differisce poco molto dal volgo. Sì; volgo è in materia di spirit
i, o il frequente e piacevole conversar coi buffoni non lasciano loro il tempo necessario ad istruirsi, né l’abitudine
ar coi buffoni non lasciano loro né il tempo necessario ad istruirsi, l’abitudine di riflettere, sebbene non tolgan lor
a, ma sentitolo cantare in teatro dai virtuosi restiamo indifferenti, ci sentiamo punto rapire dall’interesse o dalla c
so introdottovi non rappresentando alcun essere conosciuto in natura, apportando seco alcun modello reale, al quale pot
zion musicale, niuna cantilena è, non dirò dei Greci o dei Latini, ma meno dei moderni da Guido Aretino fino al princip
ra imitazione e che la confonde coll’esatta rassomiglianza, che non è deve essere lo scopo della musica. V. «La sola mu
pure battologie e questioni di voce nate dal non aver fissate l’idee distinti bene i diversi significati della parola
ccompagnavano presso ai Greci e Latini tante cose che non erano canto potevano esserlo (come sarebbe a dire i bandi, le
ttori e gli spettatori non poteva a meno di non essere considerabile, si comprenderebbe come la voce potesse pervenire
. Ma rispetto ai teatri grandi la difficoltà rimane sempre la stessa, si sciolge ricorrendo alla diversità degli spetta
amiglia distinta che avevano il loro posto più vicino alla orchestra, si chiudeva quel gran vuoto scoperto d’aria nel q
5 (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo nono »
l’unione degli accordi non ha se non se una relazione troppo lontana, può avere una influenza notabile sugli affetti, c
antoché il compositore resterà fra cotai cancelli, la musica non avrà vita né spirito, l’accento spontaneo e naturale d
il compositore resterà fra cotai cancelli, la musica non avrà né vita spirito, l’accento spontaneo e naturale delle pas
o di convenienza tra gli accordi armonici e le mie proprie affezioni, sentirò ricercarmi l’anima e il cuore da quei mov
che un solo linguaggio. Codesto pregio, che non sembra a prima vista straordinario, né difficile ad ottenersi, è nulla
aggio. Codesto pregio, che non sembra a prima vista né straordinario, difficile ad ottenersi, è nullameno uno degli sfo
ella musica. Simile al primo egli non ebbe altra guida che la natura, altro scopo che di rappresentarla al vivo, «L’ar
parabile maestria. Non più si collocarono alla rinfusa gli strumenti, si credette che il numero e la scelta di essi nul
ra e situazione attuale de’ personaggi che prendonsi a rappresentare. minor gloria s’acquistò l’immortale Jummelli, il
sione, non già facendo strazio della poesia, come nel secolo passato, aggirandosi intorno a’ vani arzigogoli, come a’ t
natura còrde più valenti, e insiem più flessibili, tenera più sonora, maggior ampiezza di voce. Questa volava indistint
nfinite famiglie e di moltissimo oro colato in Italia per questa via. minore si fu la riputazione che del buon gusto e
rocacciar ad essi un sì vario, sì gentile, e sì perfezionato diletto, minori i contrassegni, onde vennero distinti non
a nelle doti dell’ingegno, e in quelle dell’arte. Nelle prime, perché la musica né la poesia possono arrivar a tanta ec
dell’ingegno, e in quelle dell’arte. Nelle prime, perché né la musica la poesia possono arrivar a tanta eccellenza in u
ue ricchezze, onde nasce il lusso, non vi dominassero da lungo tempo. può tampoco chiamarsi inutile quella gloria, che
i che dello stato del teatro italiano volessero avere piena contezza. i mentovati vizi si trovano nel volgo soltanto de
ile di labirinto, in Corelli non tutte le opere uguagliano la quinta, la melodia dell’immortal Farinelli fu la stessa n
6 (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo terzo — Capitolo decimosesto »
tiva della danza. [3] Ma non qualunque aggregato di suoni è un canto, qualunque serie di attitudini è un ballo. Gli acc
he se gli uomini non avessero sviluppato giammai l’organo della voce, inventata l’arte della parola, l’idioma de’ gesti
i insomma quel popolo estraordinario il cui nome io non posso leggere nominare senza entusiasmo, intesero così bene que
strano. Gli occhi nostri lo ritroverebbono senza dubbio biasimevole, io voglio in modo alcuno giustificarlo avendo la
bile de’ suoi dogmi; ma riguardandolo unicamente con occhio politico, potendo argomentare dalla profonda sagacità del l
trattenermi a narrare i progressi di quest’arte sotto gl’imperatori, i miracoli de’ celebri pantomimi che tanta impres
inare se male o bene fossero introdotti cotesto ballo e cotesto coro, se i poeti conservassero l’uno e l’altro più per
no ancor loro un brando, con tanta grazia quanto sia possibile a dire immaginare. Finita poi la commedia, nacque sul pa
mento, un’arte insomma così sterile che non somministrava alla musica sentimenti né immagini, non poteva lungamente res
insomma così sterile che non somministrava alla musica né sentimenti immagini, non poteva lungamente resistere ai prog
tti i letterati non abbandonano le altre scienze per far i ballerini. si contentò egli di letterarie specolazioni, ma v
un centro comune gli sono anzi divergenti, se attenuta non ritroverò dalla parte di quella facoltà né dalla parte di c
ivergenti, se attenuta non ritroverò né dalla parte di quella facoltà dalla parte di coloro che la coltivano veruna di
ondannati a non esprimere fuorché un solo atteggiamento nelle figure, tampoco negherò che veduto non si sia un qualche
suppongono un significato convenzionale, una relazione, un rapporto, può trovarsi alcun argomento dove non si faccia a
ella virtù, i pregiudizi della sua filosofia? Nessuna di queste cose, molt’altre ancora può rappresentare la pantomima,
proporzionati esporre agli occhi la legatura degli oggetti fra loro, il risalto che acquistano dalla riflessione, altr
erbamente passeggiano. Balli, che niuna connessione avendo col dramma pel genere, né pell’argomento, interrompono quell
ggiano. Balli, che niuna connessione avendo col dramma né pel genere, pell’argomento, interrompono quell’unità ch’è la
itari e penitenti bramini, e persin dall’inferno i non troppo galanti troppo gesticolatori demoni, dove non solo si da
i si vorrebbe il suo dizionario, ogni scena rassembra un indovinello, cotal difetto d’oscurità si scontra soltanto nei
sul terreno insieme coi marinari che non le perdono d’occhio giammai. prima s’erano addormentate che si vede muovere ve
dov’io lo vidi per la prima volta. Io stesso non lo compresi allora, avrei giammai potuto comprenderlo se procurata no
una tragedia rappresentata dai burattini, non comparendo meno sconcio meno ridicolo agli occhi di chi stima dirittament
Augusto, il quale perdona a Cinna col gesto e la voce di Pulcinella: contrario è meno all’idea della vera imitazione d
alla spensieratezza? Ah, che tale non è il pendio dell’umana natura, tale l’esperienza costante di tutti i secoli! Si
roversie del Bellarmino argomentando contro ad un bonzo del Giappone. mi fermerò a ribattere la falsissima opinione che
piacere de’ sensi che non vi fa mai al mondo legislatore più austero, che più cercasse di rimuovere dal suo popolo ogni
he riceveva i colpi con una pazienza degna d’Epitteto senza scuotersi vendicarsi con chi che fosse. Questo muto persona
e non ismentisce se stesso qualora gli fa venire alle prese con loro, gli spettatori hanno occasione di ributtarsene es
7 (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo decimoterzo »
ssa, grottesca e ridicola la più bella invenzione dell’umano spirito. giusto sarebbe incolpare le arti pei difetti degl
i solamente per fine di grattar l’orecchio e non di muovere il cuore, di rendere il senso delle parole, come pur dovreb
. Siffatta semplicità non piacque lungo tempo al pubblico incostante, ai capricciosi maestri. S’accrebbe il numero e la
esse così minute che non hanno luogo a fare una impressione durevole, servono ad altro che a snervare, a così dire, la
re; imperocché altro egli non sentendo che il romore degli stromenti, sapendo a quali parole, a quai sentimenti si rife
gli altri, e servono come di fondamento all’armonia. Tuttavia siccome cotesti strumenti, né quelli da fiato, che s’usan
ome di fondamento all’armonia. Tuttavia siccome né cotesti strumenti, quelli da fiato, che s’usano comunemente, bastano
lle violette, le quali non avendo il suono così acuto come i violini, così grave come il basso, ma essendo intermedie t
ncare in Italia quest’arte della declamazione, che non può germogliar fiorire dove manca un teatro tragico ed un comico
entan l’effetto servano a far ispiccar il canto senz’alterarlo, e che questi né quella si prendano la libertà di rappre
fetto servano a far ispiccar il canto senz’alterarlo, e che né questi quella si prendano la libertà di rappresentar cos
anto più sicuri quanto che sono ricavati non da’ capricci dell’usanza dalla particolare opinione di un qualche scrittor
possanza, ha bisogno d’esser condotta per più modulazioni differenti. m’è ignoto altresì che il costume di replicar tal
e della sintassi musicale. [32] Ma ciò che non è conforme alla natura alla ragione si è la ridicola usanza di quel da c
della passione non è mai quello di riandar se medesima metodicamente, d’interrompere la sua impetuosità naturale per fe
alla poesia, così la vera espressione musicale nella drammatica non è può essere che l’esatta imitazione della imagine,
d una foggia medesima. Lo sdegno non si distingue dalla disperazione, questa dal terrore, e così via discorrendo. Quind
té arreccata una strofetta in lingua francese, che nulla ha di comune coi senso dell’aria di Metastasio, né con quello
rancese, che nulla ha di comune né coi senso dell’aria di Metastasio, con quello della mia. Eccola: «Mes tourments son
egreti ordigni giuocava perfettamente agli scacchi senza senso alcuno cognizion delle mosse. [47] Ora se non si può far
uelle piante generose che marciscono ne’ luoghi paludosi o ristretti, s’avverdiscono o frondeggiano fuorchè all’aria ap
one del volgo. Il sentirla non costa niente, non è effetto del sapere dell’ingegno, ma da una non so quale disposizione
o gusto ha meritamente riscossi gli applausi dei più rinomati teatri. meno celebri sono presso agli amatori della scien
gi e nell’arte di eseguire le più difficili squisitezze dell’armonia. la scuola del Somis ha tralignato dall’antico val
estri coltivano quest’arte deliziosa in Italia. Ma l’andare più oltre piace né giova, non essendo il mio scopo tessere
tivano quest’arte deliziosa in Italia. Ma l’andare più oltre né piace giova, non essendo il mio scopo tessere una nomen
a, e nell’esprimere l’oggetto che prende a dipingere senza sfigurarlo caricarlo più di quello che comporta l’indole del
8 (1764) Saggio sopra l’opera in musica « Saggio sopra l’opera in musica — Delle scene »
unto come le ci vengono descritte dall’erudito Ferrario, non dovriano meno farsi lecito di dare a’ compagni di Enea la
molti riguardi ricevuto nella trascorsa età di considerabili aumenti. altrimenti esser poteva; perché essendo sì innalz
ura, dove si smarrisce il vero, a quelle fabbriche che non si possono reggere, né ridurre in pianta, e in cui le colonn
smarrisce il vero, a quelle fabbriche che non si possono né reggere, ridurre in pianta, e in cui le colonne in luogo c
da Udine, dell’India e degli altri maestri di quel secolo. Non vorrei meno che da noi s’imitassero quelle loro pagode e
ito il più orrido ti fanno tutto a un tratto trapassare al più ameno; mai dal diletto ne va disgiunta la maraviglia, la
9 (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo sesto »
rta loro astratta filosofia ridurre, mostrano di non intendersi molto dell’una né dell’altra65. [8] Indicati i fonti de
ratta filosofia ridurre, mostrano di non intendersi molto né dell’una dell’altra65. [8] Indicati i fonti del diletto ch
a o com’era nei primi tempi della Grecia, nulla abbia di stravagante, di contrario, tuttavia considerandola come è nata
i. Fu non per tanto giustissima l’osservazione d’un giornalista a cui questo titolo, né lo stile impetuoso e sovente mo
o giustissima l’osservazione d’un giornalista a cui né questo titolo, lo stile impetuoso e sovente mordace debbono smin
rte i difetti della musica, che troppo alte aveano gettate le radici, poterono dar alla unione di essa colla poesia que
lo di quelli del Chiari, quali per la scipitezza loro non possono far bene né male: nemmeno di quella folla di romanzi
elli del Chiari, quali per la scipitezza loro non possono far né bene male: nemmeno di quella folla di romanzi francesi
e di follia, d’eloquenza e di stravaganza non trovano fra gli uomini originale né modello. Sembra ch’egli, scrivendo i
d’eloquenza e di stravaganza non trovano fra gli uomini né originale modello. Sembra ch’egli, scrivendo il suo romanzo
10 (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro II. — Capo II. La Poesia Drammatica a imitazione degli antichi rinasce in Italia nel Secolo XIV. » pp. 188-193
lontani assai dall’imitar gli antichi., Non trovavasi tra’ provenzali un Mussato, né un Petrarca, né un Vergerio. Essi
all’imitar gli antichi., Non trovavasi tra’ provenzali né un Mussato, un Petrarca, né un Vergerio. Essi ignoravano, dic
ntichi., Non trovavasi tra’ provenzali né un Mussato, né un Petrarca, un Vergerio. Essi ignoravano, dice M. De Fontenel
11 (1715) Della tragedia antica e moderna
asferito a Bologna nel 1709 per ripartire solo nell’estate del 17118. più sereno doveva essere il clima romano, dove pr
io godo di questa luce per l’ultimo secolo. [1.20ED] Tu ridi ancora, me ne offendo; così ancor io riderei se tu mi dic
gegni. — [1.36ED] — Parliamo almeno — io aggiungeva — della tragedia; già è mia intenzione d’esaminare tutte le parti d
é altro che poche sessioni si richiederebbono al nostro ragionamento, ti credo lontano dal concedermi quanto in simil m
la natura, e che siano il mio fondamento non già i soli tuoi scritti quelli de’ tuoi comentatori, ma la ragione. [1.68
cciocché il silenzio non fosse parso in te invidia là dove non l’era, poteva esserlo mai. — [1.99ED] — A dirti il vero
arlare della tragedia e insensibilmente siam penetrati nella materia, tu vuoi dare la decisione fra le tragedie de’ poc
è certo che i Greci non l’hanno amata, non l’amano punto i Franzesi, mai l’amarono i buoni Italiani, e in questa parte
gentiluomini, purché privati, ancorché nobili cittadini; ma non l’ha può mai averlo nelle tragedie, il cui viluppo dee
o. [1.134ED] Io non voglio paragonar qui la tragedia con la commedia, vo’ decidere se in mio concetto prevaglia Sofocle
oli, non essendo meraviglioso che gran cose in lungo tempo succedano; si esca del verisimile, non essendo verisimile ch
i più parti; ma siccome le membra non si vogliono penetrate col corpo disgiunte da lui, così le parti del luogo non si
te da lui, così le parti del luogo non si vogliono separate dal tutto tampoco con esso penetrate. [2.20ED] Il luogo ins
che, se le avessero accettate, non vi sarebbe più diversità di leggi di governi né di nazioni e tutti i popoli diverre
essero accettate, non vi sarebbe più diversità di leggi né di governi di nazioni e tutti i popoli diverrebbero una fami
Cicerone nella sua opera a Bruto volle ridurre all’idea l’oratore; ma Bruto né i posteri suoi sonosi approfittati di un
nella sua opera a Bruto volle ridurre all’idea l’oratore; ma né Bruto i posteri suoi sonosi approfittati di un così inu
Cicerone medesimo se si fosse voluto prendere un tal pensiero, perché egli sarebbe il primo degli oratori né i suoi suc
endere un tal pensiero, perché né egli sarebbe il primo degli oratori i suoi successori si distinguerebbero da Cicerone
ia, certa cosa è che favole boscherecce non furono mai poste in scena da’ Greci né da’ Latini, benché gli uni e gli alt
a è che favole boscherecce non furono mai poste in scena né da’ Greci da’ Latini, benché gli uni e gli altri materie bu
stesso: Ma quanto prima prendi questo fanciullo, e conducilo fuori; pianger nel padiglione. [2.89] Lo replica più a
Teseo rimprovera Creonte: Imperocché non hai fatta cosa degna di me, de’ tuoi maggiori, né della tua patria, tu che en
te: Imperocché non hai fatta cosa degna di me, né de’ tuoi maggiori, della tua patria, tu che entrato in una città che
Ma Elettra la stimola a quinci partirsi col dire: Non parti da noi, partirai nuovamente da questa casa senza strepito
era con più decoro e con più profitto nelle sue stanze, tanto più che la madre né il padrigno erano nella reggia. [2.12
decoro e con più profitto nelle sue stanze, tanto più che né la madre il padrigno erano nella reggia. [2.122ED] Vi è be
[3.1] Non ebbi più campo di parlare genialmente col nostro Impostore al miserabile porto di Agai, ove rimanendo egli n
egli nel legno, discesi in terra a ristorarmi de’ patimenti del mare, al poco migliore ricovero di Saint Orpè, non vene
l gobbo da tutti gli altri fuggito ed omai troppo palesemente deriso; pur lo vidi in Tolone e, se lo avessi ancora vedu
so; né pur lo vidi in Tolone e, se lo avessi ancora veduto, non avrei meno avuto agio d’intrattenerlo, essendo io tropp
mi accieca, per quanto ho letto le tue tragedie, non hai da pentirti de’ tuoi soliloqui né di quel che chiami sceneggi
o ho letto le tue tragedie, non hai da pentirti né de’ tuoi soliloqui di quel che chiami sceneggiamento. — [3.37ED] — S
iamo nelle epopeie e nelle tragedie a tutto potere guardati. [3.49ED] ci ha punto cangiati di proposito quel Platone ch
famigliare fra voi, onde vien anche accolta dal popolo con applauso: solamente i vostri lirici la cantano nella cetera
to almen per metà, mentre la sua resistenza nulla contien di mirabile si dà merito di virtù all’astinenza che è cagiona
on caderai nel difetto che sin ad ora ho perseguitato io ne’ moderni, in quello che tu perseguiti negli antichi. — [3.
el purgar gli affetti col terrore e con la compassione. — [3.101ED] —  men io — seguia l’Impostore —, e quante cose ho i
ento degli occhi loro e de’ folli applausi delle lor lingue a ciò che essi né io intendevamo. [3.106ED] Ma il mio purga
li occhi loro e de’ folli applausi delle lor lingue a ciò che né essi io intendevamo. [3.106ED] Ma il mio purgar gli af
udito Impostore e, quantunque passassi per luoghi ameni sino a Lione, pure la vista di quella popolata, ricca e mercant
e in discorrendone a lungo nella mia dissertazione del verso tragico; già mi pento dell’avere in simil guisa rimate le
on può recitarsi senza stuccar le orecchie degli ascoltanti. [4.38ED] ha giovato il rispondere che in varie città dell’
rispondere che in varie città dell’Italia sia stato udito con plauso, che il famoso Luigi Riccobuoni (dovendosi molto i
sono, oltre ogni credere, compiaciuto. [4.39ED] Ora da te che non sei italiano (cred’io) né franzese, vorrei sapere se
re, compiaciuto. [4.39ED] Ora da te che non sei né italiano (cred’io) franzese, vorrei sapere se per ragione o per pass
onia loro il metro, ma l’anima del verso italiano è la rima. [4.74ED] il solo ritmo opera che il verso sia verso, essen
l verso sia verso, essendo il ritmo ancor comune alla prosa. [4.75ED] intende già di prescrivere Cicerone nell’Oratore
e al suo credere, senza questo grazioso ritrovamento il verso volgare leggiadria né tampoco armonia conterrebbe, e così
re, senza questo grazioso ritrovamento il verso volgare né leggiadria tampoco armonia conterrebbe, e così verso impropr
ntro alle tue sentenze, poiché tu sostieni con tanta costanza la mia; certamente credo che a tue ragioni possan resiste
84ED] Condanneranno altresì questa uniformità di verso, non mantenuta da’ Greci né da’ Latini nelle loro tragedie. [4.8
eranno altresì questa uniformità di verso, non mantenuta né da’ Greci da’ Latini nelle loro tragedie. [4.85ED] Ben è pe
so e mi fan gustare anche in udendo il diletto dell’armonia. [4.97ED] ti dia che pensare la nausea che dal troppo dolce
altrimenti non sarebbe più imitazione del vero, ma il vero medesimo; si avrebbe il gran merito del produr gli effetti
ien dall’ingegno e la compassione dal cuore che fisicamente si muove, si può muovere quando non venga perfettamente ing
pregiudicio della tua prima e folle credenza. [4.121ED] Quindi è che i versi né tampoco le rime impediscono il movimen
o della tua prima e folle credenza. [4.121ED] Quindi è che né i versi tampoco le rime impediscono il movimento della pa
poeti la Ragione poetica. [4.157ED] Io lo conosco più che non credi, vo’ trovargli il pelo nelle opere sue legali, che
do. [4.166ED] La proposizion generale non può essere più verisimile, con periodo più sonoro e ritondo potrebbe esser e
to della perfezione alla lingua. Nessuno degli scrittori del Trecento de’ loro coetanei e seguaci nel verso si astenner
ora mi parvero quasi nulla a tal confronto Marlì, Versaglie e Parigi, potei saziarmi di quella vista sinché per tutto i
o sì male impiegati i loro talenti in componimento che mai non vivrà, farà vivere i loro nomi; perché o i drammi loro s
a parte o per poesia o per apparato, di simil componimento. [5.44ED] voglio qui farti una lezione di musica, imperocch
e forse in quel tal sito egli credé necessarie alla musical simetria; mai la musica al verso, ma questo a quella serviv
udare l’intenzione dell’architetto, non imbarazzi per altro l’effetto delle corde, né delle girelle che sovra ogni altr
ne dell’architetto, non imbarazzi per altro l’effetto né delle corde, delle girelle che sovra ogni altra cosa son neces
suo talento e lo dovrà soffrire il prudente compositor della musica, lo ricuseranno i cantanti, anch’essi periti nello
che le altre si possano non abborrire per la purità e per lo spirito, qui dee finire la tua disinvoltura. [5.187ED] La
folleggi che si abbandoni al piacere dell’ascoltar l’opere in musica; mi vergognerei tanto di me medesimo che bramo dal
meravigliose e perfette dell’universo, che non perisce alla posterità con gli autori né con le voci né con gli strument
fette dell’universo, che non perisce alla posterità né con gli autori con le voci né con gli strumenti. [5.235ED] I suo
erso, che non perisce alla posterità né con gli autori né con le voci con gli strumenti. [5.235ED] I suoi caratteri la
a natura dalla vera cute de’ torsi ignudi li fa trasparere. [5.238ED] già li ho adulati cotesti maestri di musica, conf
alazzi, i templi, le piazze, i giardini, i passeggi e sin le fontane; solamente vagheggi l’esterno di quelle mura o de’
attesti Saint Evremond) delle Inglesi, che non si vogliono confinate a misura di tempo né a limitazione di luogo. [6.2
nd) delle Inglesi, che non si vogliono confinate né a misura di tempo a limitazione di luogo. [6.21ED] Tu mi troverai p
rilevare, acciocché si osservino e lodino da chi le ascolta. [6.26ED] già confermo quel che si sparge in Italia, cioè c
ero; il vero ha per sé un’efficacia a persuadere che non ha il finto, l’imitazione pareggia mai l’imitato. [6.38ED] Que
ne, anche per la creanza, da non obbliarsi mai fra i signori, i quali debbono mai interrompere, né essere mai interrott
non obbliarsi mai fra i signori, i quali né debbono mai interrompere, essere mai interrotti, se non per importantissimi
famigliare recitamento; la tragedia comanda un’alterata declamazione, solamente ciò vuole nell’agitazione delle passion
’attore, e recitano esattamente coloro che così fanno nella tragedia; mi replicare che troppo con l’imitazione passano
rta, invece di un giusto applauso, l’ingiusta taccia di affettazione; arriva punto a piacermi quel continuo passeggiare
vestire. [6.89ED] Egli è ricco e nelle donne poi è affatto leggiadro; mi disgusta il vederle dipinte ne’ volti, perché
e in brache dintornate da gioielli, ricamate d’oro, snello, ridevole, franzese né greco né di nazion che si sappia sino
dintornate da gioielli, ricamate d’oro, snello, ridevole, né franzese greco né di nazion che si sappia sinora scoperta
e da gioielli, ricamate d’oro, snello, ridevole, né franzese né greco di nazion che si sappia sinora scoperta nell’univ
103ED] Per Dio che i Franzesi non possono tacciarti di adulatore!, ma meno ameresti che ti tacciassero di satirico, e p
oro parlare in scena, sempre sostenuto in tuon famigliare, ma nobile, mai per gran passione o per grandi affari escono
rdoni la Crusca questo ed altri termini del teatro), egli è certo che si dee vestir Agamemnone alla franzese né tampoco
l teatro), egli è certo che né si dee vestir Agamemnone alla franzese tampoco in farsetto; ma vi dee essere un certo mo
entrato fra quelle scene che formano quivi il teatro, mi lasciò solo; mai o nelle Tuillerie o altrove ho potuto più riv
perienza teatrale che avrebbe dimostrato che i versi non pregiudicano all’arte attorica né alla commozione dello spetta
avrebbe dimostrato che i versi non pregiudicano né all’arte attorica alla commozione dello spettatore (p. 162). Vossi
rtello, 3.X.1712: «Ed io vi replico che Pontico Vitruvio non si trova in istampa né in lapide, né fra i vivi né fra i m
12: «Ed io vi replico che Pontico Vitruvio non si trova né in istampa in lapide, né fra i vivi né fra i morti» (Bologna
replico che Pontico Vitruvio non si trova né in istampa né in lapide, fra i vivi né fra i morti» (Bologna, Biblioteca d
ntico Vitruvio non si trova né in istampa né in lapide, né fra i vivi fra i morti» (Bologna, Biblioteca dell’Archiginna
a di giovincelli poeti che ad alta voce i poemi italiani schernivano, si credean di parlare alla presenza di tre Bologn
12 (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro II. — Capo III. La Poesia Drammatica nel Secolo XV fa maggiori progressi in Italia. In Francia cominciano i Misteri. » pp. 194-209
amento delle piacevoli ed utili cognizioni letterarie e scientifiche, l’attività e ’l progresso dello spirito umano136.
Poggio Fiorentino fu tra i ritrovatori di antiche opere celeberrimo, ad alcun’altro in questo genere di gloria cedé To
a musica, la meccanica, e la danza spiegarono tutte le loro pompe. Ma questa sontuosa festa che sorprese l’Europa legge
uesta sontuosa festa che sorprese l’Europa leggendone la descrizione, la Farsa del Sannazzaro rappresentata in Napoli n
nazzaro rappresentata in Napoli nella Sala di Castel Capoano nel 1492 le feste di Versailles date da Luigi XIV, nel 166
poano nel 1492 né le feste di Versailles date da Luigi XIV, nel 1664, le feste mascherate degli arabi in tante occasion
XIV, nel 1664, né le feste mascherate degli arabi in tante occasioni, qualsivoglia altro simile spettacolo, in cui si p
13 (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro II. — Capo VI. Spettacoli Scenici Spagnuoli nel medesimo Secolo XVI. » pp. 252-267
ova mentovata da Cervantes, probabilmente, perché non si rappresentò, influì agli avanzamenti dell’arte. Fu tradotto ne
e per esemplari. Di più quel letterato ci diede una notizia non vera, verisimile, allorché scrisse che si «rappresentar
so il dipinge a’ suoi contemporanei per discolparsi, e niuno di essi, i successori hanno potuto tacciarlo di mentitore:
lfondato raziocinio fu seguito dal Compilator del Parnasso Spagnuolo. l’uno né l’altro si avvide che un può essere in b
raziocinio fu seguito dal Compilator del Parnasso Spagnuolo. Né l’uno l’altro si avvide che un può essere in buona Loic
nte altre tragedie han prodotto gl’italiani assai prima del Carretto. ciò si dice perché importi gran fatto l’esser pri
si la logica) gli Spagnuoli hanno avuto tragedie prima degl’italiani. anco di costui si sa l’anno, in cui nacque; e sol
14 (1764) Saggio sopra l’opera in musica « Saggio sopra l’opera in musica — Del teatro »
rte sua. Onde la fabbrica potè riuscir bella agli occhi di alcuni, ma buona né bella per chi dritto estima. E perché in
Onde la fabbrica potè riuscir bella agli occhi di alcuni, ma né buona bella per chi dritto estima. E perché in tale occ
ra; pedanteria, che abbiamo redata dal secolo del Cinquecento, in cui scrivania facevasi, né armadio senza porre in ope
iamo redata dal secolo del Cinquecento, in cui né scrivania facevasi, armadio senza porre in opera tutti gli ordini del
emplice palco, che ha da dividere l’un ordine di palchetti e l’altro. qui ristà la cosa. Avendosi, secondo le leggi arc
15 (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo secondo »
e, non si distinguono fra loro per intervalli perfettamente armonici, possono misurarsi per alcuna delle note, che entr
hé non avendo essi un valore determinato nella pronunzia, non possono meno riceverlo dalle note, le quali non hanno in
l’“e”, ed “o” chiuso, che rassomigliano all’“e” breve, e all’omicron. minore si è la varietà di proferire le lettere co
iversi che s’usano ne’ moltiplici e vari dialetti di questa penisola. sono molto lontano dal credere, che se di comune
ortuna, non essendoci alcuna sillaba, che ne contenga più di quattro, trovandosi tre in seguito senza l’aiuto di qualch
lle, che sono al fine, ovvero sul fine quelle, ch’erano in principio. avviene altrimenti nella lingua italiana. Prendet
i ti fanno sfiatare i polmoni prima che arrivi a terminar un periodo: che non preferisca sì in verso che in prosa uno s
i Spagnuoli declamano, gli Inglesi fischiano, gli Italiani sospirano, ci ha propriamente che i Francesi, i quali parlin
vvenente, la quale, benché savia, e modesta, nulla però ha dell’aspro del fiero» 18. Chi così parla intendeva egli la l
ro né del fiero» 18. Chi così parla intendeva egli la lingua italiana la spagnuola? Oppure si credeva abbastanza ricomp
irli nelle cagioni seguenti. La prima, che non essendo stata l’Italia tutta intiera, né lungo tratto di tempo soggiogat
seguenti. La prima, che non essendo stata l’Italia né tutta intiera, lungo tratto di tempo soggiogata dai barbari, la
16 (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — [Epigrafo] »
che a coloro i quali ad essi non possono in verun patto agguagliarsi: fu interdetto agli altri artefici il dire il pare
17 (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo undecimo »
gi mai divenuti tardivi trappassata che abbiamo la metà dell’arringo. minor vituperio sarebbe il rimuovere la man dal l
la creda utilissima anzi necessaria al sommo in un poeta drammatico, perché stimi che siasi Metastasio mostrato in ess
parole sesquipedali, ma vuota di vero genio pindarico, senza costume carattere greco, e soprattutto non cantabile, qua
bari fuggiro.        Si spaventò l’Assiro,        II Medo inorridì. fur Giganti usati        Ad assalir le stelle,   
in musica accomodando lo stile lirico alla drammatica in maniera che gli ornamenti dell’uno nuocono punto all’illusion
che né gli ornamenti dell’uno nuocono punto all’illusione dell’altra, la naturalezza di questa s’oppone al pittoresco d
l dramma. Metastasio l’ha avvicinato fino alle soglie della tragedia, non è questo un picciol trionfo riportata dalla f
stanze passate e presenti, e preparando per le future senza impaccio, stiracchiatura, ma con un’agevolezza che fa resta
tile, e la severità della ragione colle licenze del colorito poetico. vi mancò un rinomato scrittor francese, che ha se
il credo.        Ma senza qualità. Grande, ma senza        Quantità, misura. Ognor presente,        Senza sito, o conf
lui in questo genere. Il solo Racine può contrastargli la preferenza, io dubito che non si trovino alcuni che la darann
composto da due sostanze diverse non ha affezione che non sia mista, esigenza che non partecipi della influenza di ent
gianesca. Niun’altro possiede un sì alto grado l’eloquenza del cuore, sa meglio di lui porre in movimento gli affetti,
nel decidere siffatta questione. Però senza ammettere cotali accuse, rigettarle, mi contento di dire che sebbene a imp
l Regolo, dove certamente non doveva aspettarsi, non ne vanno esenti. si contenta di frammettere uno o due intrighi amo
le per rendersi teatrale. Ma più volte l’autore non ha avuto in vista l’uno né l’altro. L’amore in molti suoi drammi al
ndersi teatrale. Ma più volte l’autore non ha avuto in vista né l’uno l’altro. L’amore in molti suoi drammi altro non è
on altrimenti che Don Chisciotte amava Dulcinea da lui non mai veduta conosciuta, soltanto per non contravenir alle leg
gran Catone non si sarebbe versato sulla tomba della romana libertà, gli avanzi della più sublime virtù, che abbiano a
to un pretesto leggierissimo l’udienza che gli aveva dianzi promessa, si sdegna di mischiare fra le cure pubbliche e in
a sua figlia; egli che scevro d’ogni domestico affetto non era padre, fratello, né marito, ma cittadino. [59] Saranno a
egli che scevro d’ogni domestico affetto non era padre, né fratello, marito, ma cittadino. [59] Saranno altrettanti re
gni qual volta intenerir si sente da quell’aria o da quel recitativo, ch’egli permetta al poeta di mancare all’ultima e
dalle quali dipende per lo più l’effetto della poesia e della musica. mi si arrecchi l’esempio d’altri autori antichi o
iepidire quel calore effimero che non trova materia onde alimentarsi. l’esempio altrui conchiude altro in favore di Met
tre autore è grandissima, e che niuno il loda più sinceramente di me, più volontieri adotta la scuse per quelle mancanz
18 (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo quinto »
in dall’anno 1590. Ma non essendo fornito abbastanza di quel talento, di quella cognizione della musica antica, che abb
ori, nel pronunziar le parole, le storpiassero in così fatto modo che il significato loro si capiva dagli ascoltanti, n
osì fatto modo che né il significato loro si capiva dagli ascoltanti, quelli si curavano di esprimere la differenza del
ll’ingegno mirabile concessogli dalla natura eguale studio accoppiato tvesse. Gli scrittori di quel tempo ci fanno sape
ffetti, e il Conte di Vernio compose l’intermezzo mentovato di sopra. tralasciò di concorrer anch’egli poetando al mede
Corsi altro gentiluomo fiorentino, non meno fautore delle belle arti, meno intelligente nella musica massimamente teori
gli antichi è venuto che dovendosi dividere il dramma in cinque atti, somministrando materia per essi il troppo semplic
ulio Cesare suo fratello, e stampati in Venezia da Ricciardo Amadino. inferiore rimase il poeta in quella scena belliss
per tutte le condizioni insomma che le arie a dì nostri distinguono. si veggono soltanto ne’ drammi del Rinuccini. Pot
nfessa in una sua lettera al Muratori d’ignorarne persin l’esistenza. il Muratori ebbe altra notizia che quella che ric
to fatto d’averla alle mani fra le carte musicali, ove sempre rimase. la musica né la poesia meriterebbono che se ne fa
erla alle mani fra le carte musicali, ove sempre rimase. né la musica la poesia meriterebbono che se ne facesse menzion
19 (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo V. Teatro Francese nel medesimo Secolo XVIII. » pp. 355-388
scuamente de’ medesimi caratteri e affetti, o più non si riconoscono, si distinguono dall’occhio più acuto. Né ciò ball
i, o più non si riconoscono, né si distinguono dall’occhio più acuto. ciò ballando, come se avessero sotto gli antichi
gravi e laconici. Non può terminar sì vaga scena con una osservazione più vera, né più gloriosa per l’umanità. Valerio
ici. Non può terminar sì vaga scena con una osservazione né più vera, più gloriosa per l’umanità. Valerio temendo di pa
ello veramente da non perdonarsi a un attore, il quale non dee pensar a se stesso, né al poeta, né allo spettatore, ma
a non perdonarsi a un attore, il quale non dee pensar né a se stesso, al poeta, né allo spettatore, ma unicamente all’a
rsi a un attore, il quale non dee pensar né a se stesso, né al poeta, allo spettatore, ma unicamente all’affetto ch’esp
e in brache dintornate da gioielli, ricamate d’oro, snello, ridevole, francese, né greco, né di nazione che si sappia f
intornate da gioielli, ricamate d’oro, snello, ridevole, né francese, greco, né di nazione che si sappia finora scopert
da gioielli, ricamate d’oro, snello, ridevole, né francese, né greco, di nazione che si sappia finora scoperta nell’uni
être entre la comédie et le simple dialogue». 237. «M. Destouches, à Tours en 1680, mort en 1754 (scrive il citato s
nque abbia spesso il merito di commuovere gli spettatori, non essendo comica, né tragica, non purga a dovere i vizi e l
spesso il merito di commuovere gli spettatori, non essendo né comica, tragica, non purga a dovere i vizi e le passioni,
20 (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo ottavo »
no mai interrotte dal principio sino alla fine, così non introdussero intermezzi, né balli, e riempirono gli intervalli
te dal principio sino alla fine, così non introdussero né intermezzi, balli, e riempirono gli intervalli coi soli cori;
soli cori; ma tosto degenerando fra le mani degli altri compositori, sapendo questi come fare per sostener l’attenzion
ennero l’azion principale, si moltiplicarono gli intermedi senza modo regola, e lo spettacolo divenne un mostro. [8] In
hiati tra buffoni, un miscuglio di tragico e di comico, che non aveva la vivacità di questo né il sublime di quello, ne
cuglio di tragico e di comico, che non aveva né la vivacità di questo il sublime di quello, ne facevano allora il più c
tenermi intorno agli autori che scrissero in secolo così sventurato79 intorno ai titoli dei drammi loro, de’ quali può
re dominante del moderno teatro e che non può debitamente esprimersi, convien che si esprima da altri oggetti, che da q
ribizzi della musica e della poesia si trasfusero nel canto eziandio, poteva avvenire che la melodia fosse naturale, ov
o ad illustrar un secolo e una nazione al paro de’ più gran filosofi: la Francia per esempio va meno superba per aver p
21 (1764) Saggio sopra l’opera in musica « Saggio sopra l’opera in musica — Del libretto »
d’introdurvi varie sorte di decorazione; e per esser semplice e nota, di tanto lavoro egli avrà mestieri, né di così lu
; e per esser semplice e nota, né di tanto lavoro egli avrà mestieri, di così lunghe preparazioni per dare a conoscere
entrare i prestigi più forti della poesia di Virgilio e di Euripide. mancherebbono altri simili argomenti di una egual
22 (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo terzo »
iò più agili, e più snelli divenissero ne’ pantomimici atteggiamenti. potevano allora i cristiani una musica a lor modo
date da un principe vittorioso nello stesso paese conquistato da lui, può attribuirsi la condotta di Carlo in tal circo
stile degli scrittori del basso secolo non vuol dire suonar l’organo, fabbricarlo, né cosa che s’assomigli: significa i
ttori del basso secolo non vuol dire suonar l’organo, né fabbricarlo, cosa che s’assomigli: significa inserire alcune t
caso delle parole non intese da loro senz’altro aiuto che la memoria, altra regola d’intuonazione che il loro rozzo ed
e della intonazione. Tutt’erano d’ugual valore in quanto alla durata, ricevevano a questo riguardo altra diversità che
antichi, certo è che il Muris non ebbe parte in così fatta scoperta. fu altrimenti, come si pretende, una sua invenzio
ata per secoli intieri trascurata, ma senza la quale non può trovarsi canto regolare né melodia, siccome quella che ser
ieri trascurata, ma senza la quale non può trovarsi né canto regolare melodia, siccome quella che serve a dividere i te
si dalla pubblica tradizione, che la natura loro non liberava gli dei i Semidei dagli affetti perversi, e dalle inclina
oro, come noi lo prendiamo nelle sciagure di Zenobia, e di Mitridate. troppo era strano anche il deriderli sulle scene,
a in bocca loro simili oscenità, quanto il popolo, che ne applaudiva. minori prove d’irreverenza si trovano ne’ poeti t
23 (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Discorso preliminare premesso alla prima edizione »
come sul letto di Procuste i più celebri ingegni. Non resteranno poco molto commossi dal terribile e magnifico quadro d
di quest’ultimo è meno luminosa e brillante, non è perciò men solida meno sicura. Ha egli non per tanto a vestire or l
o ogni motivo di riprensione. Senza incolpar i lettori di malivolenza d’ingiustizia (frase inventata dagli autori infel
issimi, che sentonsi ogni giorno ne’ privati discorsi e nelle stampe. vi mancheranno di quelli, i quali, ricorrendo a’
ensieri dell’autore intorno alla parte poetica del dramma non abbiano la giustezza né la profondità che campeggiano in
ore intorno alla parte poetica del dramma non abbiano né la giustezza la profondità che campeggiano in altri luoghi: mi
24 (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo duodecimo »
anto la medesima lo era presso agli antichi. La terza, che non avendo il poeta né il musico alcuna ingerenza negli affa
sima lo era presso agli antichi. La terza, che non avendo né il poeta il musico alcuna ingerenza negli affari dello Sta
cicaleccio, al cicisbeismo, alla mormorazione, alle cene e al giuoco, prestano attenzione alcuna allo spettacolo se non
bbe veduto che la musica più bella che si canti nelle lingue viventi, il più bravo poeta dramatico-lirico della Europa,
lingue viventi, né il più bravo poeta dramatico-lirico della Europa, l’ampiezza e magnificenza de’ teatri, né lo studi
amatico-lirico della Europa, né l’ampiezza e magnificenza de’ teatri, lo studio perfezionato della prospettiva bastano
più quel perfetto combaciamento che aveva dianzi avuto colla musica, questa colle affezioni dell’animo. Invano si tent
si confusero insieme le proprietà dei generi, dei modi e delle voci, più sì conservò per l’avvenire l’applicazione del
errasse in sul principio e vagante senz’altra regola che l’orecchio, altra misura che gli spazi di tempo impiegati nel
tumi degli antichi popoli, e si vedrebbe non essere cotanto favolosa, contraria al senso comune l’opinione, che avevano
e ridotta quest’arte a trattar pochissimi generi non abbia acquistata la perfezione, né la varietà di quella degli anti
te a trattar pochissimi generi non abbia acquistata né la perfezione, la varietà di quella degli antichi, presso a’ qua
ca, o del Casa, o il più magnifico squarcio dell’Ariosto e del Dante: saprebbero qual modulazione applicare al genere e
i tre ad un modo, cioè con una tripla, rimangono fra loro indistinti. sono il trocheo ed il giambo i soli piedi esclusi
ues ch. 18) che non conoscendo i Greci l’intervallo del tuono minore, dando il nome di consonanze se non a quelle che n
e le seste, noi non possiamo comprendere qual fosse la loro armonia, riconoscer alcuna relazione tra la loro e la nost
e non valevole ad altro che a venire in contrasto con gli emoli suoi, essere da uomo libero non avendo forza di mutare
25 (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo IX. Stato presente degli spettacoli teatrali. » pp. 426-437
nata dal potente entusiasmo di libertà che vi predomina, non rispetta particolari, né ministri, né il governo, e non po
entusiasmo di libertà che vi predomina, non rispetta né particolari, ministri, né il governo, e non poche volte porta
i libertà che vi predomina, non rispetta né particolari, né ministri, il governo, e non poche volte porta il suo fiele
vraisemblance, presque toujours sans intérêt, ou avec un intérêt qui naît du jeu et non pas de la piéce. Les comédies sont
et plus ennuyeux encore. C’est une fourmillière que M. Diderot a fait naître par ses paradoxes sur l’art dramatique, mais qui
26 (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Avvertimento al lettore per la presente edizione »
nsiderata finora se non come un affare di puro istinto e d’abitudine, si sono inalzati al di là della sua parte grammat
27 (1772) Dell’opera in musica 1772
ontegno particolare all’intera macchina dell’appassionato» (IV.II.7); era da trascurare la pregnanza retorica del «gest
buffa di tedio, perché gli altri attori non possono essergli a grado, pel canto, né per la pronunziazione» (IV.II.8). S
, perché gli altri attori non possono essergli a grado, né pel canto, per la pronunziazione» (IV.II.8). Sugli usi e gli
a galleria va caratterizzata in modo che non sia presa per un tempio, una carcere senta di cantina. Quindi ancora se la
procurerà in esso che i personaggi non parlino troppo della divinità, (ove sieno pagani) secondo la grossolana religion
eatri gareggiavano con quelli dell’antichità, mentre le altre nazioni pur pensavano ancora ad avere un teatro. È lo sta
le discipline che lo compongono concorreranno al fine del melodramma. io parlo solamente del fine principale, che sareb
accia attenzione a qualunque opera che a queste facultà s’appartenga; si durerà fatica a penetrare che esse tutte sono
le pruove, non è propriamente un pezzo d’eloquenza, ma di dialettica; da’ precetti dell’arte di ben dire, ma da quelli
è giudice l’occhio o l’udito, e di cui esse adornansi diligentemente. sono, come le scienze, figlie d’una mente tranqui
ia alle sue parole; e forma, altro volendo, le regole dell’eloquenza. solamente esse nacquero in mezzo alle passioni, m
dell’eloquenza. Né solamente esse nacquero in mezzo alle passioni, ma pure possono essere esercitate se non da uno spir
acea piangere S. Agostino nella lettura del quarto libro dell’Eneide; il terribile del Giudizio Universale del Buonarro
parti, e tra queste e l’edifìzio intero venga osservata la simmetria; questa facultà insegna altro artifizio egli archi
nde la melodia e l’armonia della musica, siccome altrove si mostrerà. solamente l’estetico di tali facultà, ma quello a
he ognun sente in questi versi, nasce da ciò che essi non hanno acuto sulla seconda, né sulla terza sillaba, ma solamen
questi versi, nasce da ciò che essi non hanno acuto né sulla seconda, sulla terza sillaba, ma solamente sulla quarta: i
rdano il patetico del melodramma sono quelle medesime della tragedia; di proprio esso ne ha che pochissime, le quali fo
, come a quella d’Oreste, d’Edipo ed a qualche altra. [Sez.II.3.0.3] poteano essi dar compenso a tali inconvenienti co
tagonista [Sez.II.5.0.1] Il protagonista dell’antica tragedia era sovranamente virtuoso, né malvagio. Egli dovea te
1] Il protagonista dell’antica tragedia era né sovranamente virtuoso, malvagio. Egli dovea tenere un certo mezzo tra qu
direttamente o indirettamente impedirebbe l’effetto di quelle virtù. a questo carattere è paragonabile un carattere me
olta ad accordargli compassione e soccorso: e per la medesima ragione pure si vuol dommatizzare nelle arie, che debbono
onista terminasse la scena, e sì la terminasse colla massima: Ah che mal verace, Nè vero ben si dà: Prendono qualità D
zza della ragione mostra abbastanza di qual valore sia quel precetto. il popolo (dicasi con pace di quell’erudito scrit
o scrittore) è menato al teatro dal desiderio di farsi quel capitale, un poeta degno di premere le vestigia di Sofocle,
o è il modo, onde il patetico della musica opera sulle spirito umano. questa azione riman nello spirito, ma passa alla
ne di quegl’infermi che la Puglia chiama tarantolati. I quali effetti della pittura, né della scultura, né si narraron
i che la Puglia chiama tarantolati. I quali effetti né della pittura, della scultura, né si narraron mai di qualunque a
ama tarantolati. I quali effetti né della pittura, né della scultura, si narraron mai di qualunque altra delle belle ar
ervi i tuoni simili a quelli ch’egli sperimentò patetici altra volta, agio alla fantasia ed alla memoria di riprodurgli
icino a stromenti che stiano in riposo, niuno di essi ne sarà scosso, obbligato a risonare, come sicuramente il sarebbe
l’altro dispregiandola si rimase barbaro e vizioso. [Sez.III.1.4.8] pur nelle feste, nelle allegrezze, nelle nozze, n
i, che fino allora poco degni erano stati di queste nome, e che forse pur pensato aveano d’esser tali, cominciarono a g
e Plutarco sopra tutti, [per] il quale non v’ha virtù intellettuale, morale, che dalla musica non derivi. In effetti c
le le belle arti giunsero a un segno, al quale non pervennero altrove prima, né poi; d’una nazione di gusto sistematico
e arti giunsero a un segno, al quale non pervennero altrove né prima, poi; d’una nazione di gusto sistematico, e presso
zione drammatica, come distruttore d’ogni verisimile. [Sez.III.2.1.3] la sola ragione, ma l’esperienza altresì maravigl
eggi, ch’hanno oggidì tanta voga, se ne potrebbero contare assai più. si troverà mai, che un canto composto d’una molti
composto d’una moltitudine di note sia riuscito patetico sul teatro, proprio ad aggiugner forza al sentimento delle pa
to e sulla macchina di quegl’infermi, è composta d’appena venti tuoni troppo acuti, né gravi: e perderebbe tutto il val
na di quegl’infermi, è composta d’appena venti tuoni né troppo acuti, gravi: e perderebbe tutto il valor suo, né alcuno
nti tuoni né troppo acuti, né gravi: e perderebbe tutto il valor suo, alcuno più di tali effetti cagionerebbe, se un so
nte era incapace di servire alla drammatica passione, ma non appagava pur l’orecchio, siccome non lo appagano que’ pass
quella esprimer tutto, e nella abbandonare all’arbitrio del cantante, permettere che costui vi aggiunga di suo capo la
imo, eseguito da dieci virtuosi in dieci diverse sembianze apparisca, più sia, quello che uscì della penna dell’autor s
e, un terzo è sospeso, e ne avvisa altro esservi ancora ad ascoltare.  ogni punto che termina il periodo ha una cadenza
use il valore che ad esse conviene, non facendole tutte d’una durata, seguendo ciecamente la scorta de’ punti, delle vi
ntribuisce assai a trattenere la drammatica illusione, senza la quale anche la passione drammatica può sussistere. Ma q
ad animar le figure senza alterarne i contorni. Non ho voluto dunque arrestare un attore nel maggior caldo del dialogo
re nel maggior caldo del dialogo, per aspettare un noioso ritornello, fermarlo a mezza parola sopra una vocal favorevol
fra l’aria e ‘l recitativo, che non tronchi a contrasenso il periodo, interrompa mal a proposito la forza e il caldo de
ezza: e adulti poi ne continuavano scrupolosamente l’esercizio. Bruto pure nel campo di Farsalia l’omise72. Né altri cr
losamente l’esercizio. Bruto né pure nel campo di Farsalia l’omise72. altri creda, che si riservasse tal arte pe’ rostr
molto del giocolare, più proprio è della commedia che della tragedia. a torto Aristotile si ride di que’ coristi de’ su
sbuffa di tedio, perché gli altri attori non possono essergli a grado pel canto, né per la pronunziazione. [Sez.IV.2.1.
o, perché gli altri attori non possono essergli a grado né pel canto, per la pronunziazione. [Sez.IV.2.1.9] Chiudiamo q
ai veduto, ma quanto alla pettinatura ella non può soffrire bizzarria invenzione, vuol essere pettinata come usano allo
lore che pruova l’orecchio in una dissonanza. [Sez.V.1.0.6] Talvolta pur basta che l’artefice abbia felicemente scelto
o spettatore è trasportato or al Campidoglio, or sulle rive del Nilo, giardini di Ninive, o tra le tende dagli espugnat
a galleria va caratterizzata in modo che non sia presa per un tempio, una carcere senta di cantina. Quindi ancora se la
endo in fuori. Così ogni palchetto sta meglio affacciato sulla scena, uno impedisce all’altro il vedere. [Sez.V.4.3.5]
o file di palchetti, sieno sottili e gracili quanto si possa il più: so quanto ben facciano coloro, che per un’ archit
ttamente connessa all’azione drammatica può fare unità col suo tutto, senza unità può opera alcuna conseguire perfezion
azione, ma ripugna a un tempo stesso a tutt’e tre l’unità del dramma? è questo il solo inconveniente: il dramma è tragi
carsi a un serio affare. Vi sperimenta anzi un’intrinseca ripugnanza ( può farlo immediatamente, e quasi d’un salto), ma
e come infralito da un ballo por lo più comico, non ha più coraggio, forza di rimirare la maestà de’ tragici suggetti.
i contra lo stesso imperatore, senza che la maestà del popolo romano, quella d’Augusto, si mostrasse offesa dell’entusi
non già nel ballo alto. Questa inferiore spezie di ballo, che non va anche messa al novero delle belle arti, si rinunz
veruna. Usciva la prima classe dal luogo più vicino agli spettatori, veniva scendendo da su in giù, ma uscendo da un l
e snelle; la sua statura mezzana e, secondo la maniera di Policleto, troppo alta né troppo bassa né pingue né magra, p
ua statura mezzana e, secondo la maniera di Policleto, né troppo alta troppo bassa né pingue né magra, perché con gli a
na e, secondo la maniera di Policleto, né troppo alta né troppo bassa pingue né magra, perché con gli accada quello che
ndo la maniera di Policleto, né troppo alta né troppo bassa né pingue magra, perché con gli accada quello che ad alcuni
tetto, l’inventore degli abiti e delle scene. Ora, se egli non salutò pur da lungi le annoverate arti, come potrà erige
Procurerà in esso che i personaggi non parlino troppo della divinità, (ove sieno pagani) secondo la grossolana religion
lle belle arti. Commento Prefazione [commento_Pref.2] • pur pensavano ancora ad avere un teatro: l’afferm
pettatori, perché erano tali che si potevano rappresentare in Chiesa; mai per conto di ciò vi fu bisogno, come oggidì,
ina all’Università di Padova. Cap. V [commento_Sez.II.5.0.1] • sovranamente virtuoso, né malvagio: cfr. Aristote
va. Cap. V [commento_Sez.II.5.0.1] • né sovranamente virtuoso, malvagio: cfr. Aristotele, Poetica XIII, 1453a, d
intreccio che vuol essere rappresentato e replicato / non deve essere più breve né più lungo di cinque atti». [comment
vuol essere rappresentato e replicato / non deve essere né più breve più lungo di cinque atti». [commento_Sez.II.6.0.
lor! Lo stesso evento / a chi reca diletto, a chi tormento. / Ah che mal verace, / né vero ben si dà; / prendono quali
vento / a chi reca diletto, a chi tormento. / Ah che né mal verace, / vero ben si dà; / prendono qualità / da’ nostri a
-150 («tutto ciò / che credi non possa brillare nella narrazione»). • a torto Aristotile si ride: cfr. Poetica XXVI, 14
avanzare / e all’orbo duce [Annibale] di guidare la belva getulica. / allo stesso modo festeggerai, o Tullio, il reduce
r giochi dilettano, rallegrano la brigata, che perciò non mai nominò, commedie, né scene, né teatro» (G.A. Bianchi, Dej
ttano, rallegrano la brigata, che perciò non mai nominò, né commedie, scene, né teatro» (G.A. Bianchi, Dej vizi cit., p
legrano la brigata, che perciò non mai nominò, né commedie, né scene, teatro» (G.A. Bianchi, Dej vizi cit., p. 197). Di
li de’ Teatri, i quali di lor natura a ben più lodevol fine tendeano. ciò fu ignoto a’ Padri; fra’ quali S. Girolamo pa
libro, che à per titolo: De’ vizi, e de’ difetti de’ moderni teatri. il solo Angelico Dottore, ma S. Antonino, S. Fili
da un Attore, il quale si travesta non per celarsi alla vista altrui, per darsi attorno così travestito, ma per rappres
28 (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo settimo »
quali si pareggiavano coi sovrani nella sontuosità e nelle ricchezze. troppo era strano il vedere i cardinali stessi im
ne l’impiego di cameriere della regina, e in seguito di Arrigo Terzo. dee tralasciarsi Ottavio Rinuccini inventore del
ll’Imperador Leopoldo, e d’altri principi che non risparmiavano spesa diligenza affinchè riuscissero sontuosissimi gli
ificar l’epoca indicata dal Grillo non mi è avvenuto di poterlo fare, ho ritrovato notizia alcuna del dramma musicale a
indole non meno fisica che morale di quelle nazioni che la coltivano, può altrove trapiantarsi senza perder molto della
29 (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo quarto »
hanno avuto i poeti , ovunque la poesia non è il veicolo della morale lo strumento della legislazione, ma un passatempo
la legislazione, ma un passatempo ozioso, che non conduce agli onori, alle ricchezze. Questo è di avvilir la dignità de
ma non conoscevano altro merito al mondo se non quello della nobiltà, altro mestiere fuorché la guerra. Senza spirito d
rovenzale troverà ch’essa non era affatto priva d’una certa mollezza, di certi piccoli vezzi propri di quella lingua, m
ico getto. Gli argomenti delle loro canzoni sono meschini per lo più, mai s’inalzano alla sublimità degna del linguaggi
ere in simili giostre che i giuochi dell’ingegno, non la spontaneità, la verace espressione della natura. [9] D’un gene
i “ciarlatani”, denominazione che presero non dalla parola “circulus” da “carola”, ma, come ben osserva il Muratori, da
creonti, e i suoi Tibulli d’un genere più dilicato, ella non ebbe mai potè avere degli Alcei, dei Tirtei, dei Pindari,
giunta dalla musica aver non poteva un vigore che non fosse effimero, una energia che non fosse fattizia; perché trar n
di generai entusiasmo, i poeti italiani d’allora non potevano eccitar l’uno né l’altro per l’indole della loro lingua t
i entusiasmo, i poeti italiani d’allora non potevano eccitar né l’uno l’altro per l’indole della loro lingua troppo fia
e sia di ciò, cotali spettacoli altro non furono appunto che abbozzi, alcuno di essi ci dà l’idea d’un dramma eroico ca
eneri egli riduce le sue accuse contro di me, al non aver cioè lette, attentamente esaminate le sue ragioni, e all’aver
Luigi Riccoboni, e nel Trattato de la Police del Signor de la Marre, alcuno (ch’io sappia) s’era avvisato finora prima
la storia delle arti e non degli artefici, e che non è una biografia, un sistema cronologico. Ma posto ancora che Guido
eriori, non ha potuto internarsi nella notizia di quei secoli oscuri, esaminare la storia della musica e della poesia d
dei popoli atlantici lasciano perfettamente le cose come si stavano, provano altro che lo spirito di sistema dal paro
30 (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo terzo — Capitolo decimosettimo, ed ultimo »
scopo delle meditazioni, e delle ricerche de’ più illustri filosofi. ho difficoltà di asserire che fra tutte le materi
a nostri musici tutti i mezzi che il ritmo appresta per l’imitazione, poteva tampoco indicare la corrispondenza delle m
erspicacità e l’estesa sua erudizione incorso in grandissimi abbagli. mi dimenticherò di riflettere che ogni sorta di m
delle imagini novelle, nel qual caso sono da commendarsi assaissimo. intralascierò di indicare i luoghi ove queste sup
i musica a Parigi, ma per quanto dilettosa ella si fosse, non essendo diatonica, né cromatica, ned enarmonica, ma piutt
igi, ma per quanto dilettosa ella si fosse, non essendo né diatonica, cromatica, ned enarmonica, ma piuttosto un intrec
l suo andamento. Soggiugnerò che le forme del canto italiano non sono più abbondanti né più varie di quelle del nostro,
oggiugnerò che le forme del canto italiano non sono né più abbondanti più varie di quelle del nostro, ma che la musica
mezzi, ch’io avea per le mani mi faceano cader d’animo intieramente, mi lasciavano altro conforto che quello d’abbando
31 (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro I. — Capo IV. Teatro americano. » pp. 19-25
ano decenti e gravi e degne del luogo, del tempo, e degli spettatori, mai gli amauti avvilirono i loro talenti all’osce
le produzioni vegetabili, vi sono piuttosto avveniticce che naturali; reca più maraviglia il vedervi abbarbicato quanto
32 (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « [Dedica] » pp. -
ssere insensibilmente ingannato dalla verisimile finzione del dramma. avvi solo chi pianga davvero al pianto simulato d
de Napoli-Signorelli non abbiamo più quind’innanzi di che querelarci, che invidiare più agli esteri. Altri ben si son d
a chi altrimenti ne pensi; ma qual é quell’opera senza verun difetto? deve essere che molto condonabile qualche lieve t
33 (1878) Della declamazione [posth.]
in primo luogo lo statuto incerto di tali testi, che non hanno natura descrittiva, né prescrittiva. Essi infatti non po
o statuto incerto di tali testi, che non hanno natura né descrittiva, prescrittiva. Essi infatti non possono dirsi reso
to analitico delle pratiche attoriali del tempo in cui sono composti, può essere definita la reale forza di impatto che
o pensiero non è di convertire / quei che sono indurati nell’abuso, /  cerco il vanto di farli pentire. / A’ giovani ine
n far de’ talenti di Natura / mi volgo: addottrinarli io non ricuso /  d’espormi de’ vecchi alla censura95. Frequenti g
atori d’ogni maniera con ogni diligenza indefessamente la studiavano; sdegnavano di ragionarne i più gravi filosofi, co
ommedia rinacque in Italia verso la fine del secolo XIV; ma non trovo attori né spettatori per apprezzarla. Il XV secol
nacque in Italia verso la fine del secolo XIV; ma non trovo né attori spettatori per apprezzarla. Il XV secolo non ci o
si sono avvicinate più o meno a questo termine, non hanno trascurato potevano trascurare questo metodo. La declamazion
Ma niente abbiamo di questa opera, del cui disegno ci parla Macrobio, di quella di Glaucone, di cui ci parla Aristotele
e cose, delle quali sia pure egli od altri l’autore, l’attore tragico legge né recita semplicemente la parte sua, ma la
elle quali sia pure egli od altri l’autore, l’attore tragico né legge recita semplicemente la parte sua, ma la pronunzi
acuto, e che ogni parola italiana non ne avendo che un solo, non può pure avere che una sola sillaba lunga; e che per
e le comunicavano le circostanze. Per la qual cosa non pronunciavano, doveano pronunciare allo stesso modo Demostene qu
Demostene quando arringava agli Ateniesi contro Filippo il Macedone, Temistocle quando animava i soldati contro il gra
é Temistocle quando animava i soldati contro il gran re della Persia, Erodoto quando leggeva la storia sua, né Licurgo
tro il gran re della Persia, né Erodoto quando leggeva la storia sua, Licurgo e Solone quando proponevano le loro leggi
la storia sua, né Licurgo e Solone quando proponevano le loro leggi, finalmente Socrate quando si tratteneva a disputa
e non essendo lavorata sopra le sue proprie forme, non potrebbe avere il proprio numero, né il proprio carattere, e qui
sopra le sue proprie forme, non potrebbe avere né il proprio numero, il proprio carattere, e quindi strana, insulsa e
bliga a cangiar il tuono del verso che siegue: Io non so chi tu sie, per qual modo ecc. [4.10] L’Alfieri ben di rado
rimitivi e rozzi elementi d’ogni linguaggio vocale, che altro non fu, poteva essere, fuorché una serie e un complesso d
o della voce nella pronunciazione successiva e continua delle parole. regola migliore e più certa possiamo trovare su t
a cui posta             Restato m’era, non mutò aspetto,              mosse collo, né piegò sua costa. [5.12] E quel
         Restato m’era, non mutò aspetto,             Né mosse collo, piegò sua costa. [5.12] E quel d’Ariosto:     
[5.12] E quel d’Ariosto:             In sé raccolto La mira altier, cangia cor né volto. [5.13] II. Incesso. Con la
d’Ariosto:             In sé raccolto La mira altier, né cangia cor volto. [5.13] II. Incesso. Con la positura si c
el cuore; ed a seconda di questi la sua figura si altera e si colora; v’ha sentimento che ivi non lasci il suo tratto e
ti sono cooperativi, l’uno è inteso all’oggetto, l’altro al soggetto, manca chi ad un tempo sia imitativo o dell’uno o
oli impallidire e successivamente infiammarsi, cosa che secondo Engel si poteva sì rapidamente eseguire, né anche si do
ammarsi, cosa che secondo Engel né si poteva sì rapidamente eseguire, anche si doveva, potendosi esprimere lo stato e l
’indignazione doveano in quel punto animare il declamatore, non potea pur questi fare a meno di indicare con qualche tu
sensibile, e non già l’analizzarne l’interna e metafisica. Ma siccome pur da quest’ultima si può del tutto prescindere,
asformansi, ed una inquietudine universale ed irresistibile lo agita, si acquieta finché non l’abbia, come pessimo, fug
impietra, che mentre quelli piangono, egli immobile punto non piange; perché gli chiegga il suo amato Anselmuccio che s
l suo amato Anselmuccio che si abbia, gli risponde tutto quel giorno, la notte appresso. E poiché al nuovo giorno vide
i si prestano alle mire e al disegno dell’arte. Non tutte le nazioni, tutti gl’individui hanno in questo genere la stes
lta quindi che le passioni e l’espressione de’ nostri grandi non sono deggiono esser quelle de’ grandi de’ tempi di Per
ono né deggiono esser quelle de’ grandi de’ tempi di Pericle, siccome pur queste eran quelle de’ tempi di Omero. E sare
e senza di esso qualunque bellezza di forma rimane sterile e inutile, basta a palliare o nascondere la sconcezza dell’e
i mano in mano tutti gli artisti le hanno accresciute e moltiplicate. si avvedevano ch’essi violentavano e sformavano l
’addolciscono. Essendo transitorie nella declamazione non danno luogo tempo sufficiente a produrre lo stesso effetto. E
a vocale e strumentale, le dissonanze. Il perché se l’attore non può, dee tutte imitare l’espressioni, che descrive il
ole dell’autore debbono ricavarsi; e l’attore per tal rispetto non è, debb’essere, se non che l’interprete fedele, ed i
one in chi la possiede tali facoltà, che per non esser comuni a’ più, facili ad apprendersi da molti, sembrano piuttost
ura, ed in questo modo si trascurò e degradò l’arte, la quale non era dovea essere che la natura medesima, quantunque s
ncipalmente, in cui signoreggiano il patetico, il grande, il sublime. qui si vogliono riguardarli per semplicemente not
menti! Egli non sarebbe capace di genio, egli non potrebbe acquistare comunicare quel calore e quell’anima che non ha.
notabili, ma si concilii un conveniente rispetto da chi la riguardi. giova il dire che i personaggi veri che s’imitano
, ed Apulejo: Comoedus sermocinatur, tragedus vociferatur. [13.2] questa specie di declamazione dee unicamente attr
si ponessero vasti i teatri, e tumultuanti gli ascoltatori, non erano questi né quelli pur sempre tali. Ed ancorché tal
ro vasti i teatri, e tumultuanti gli ascoltatori, non erano né questi quelli pur sempre tali. Ed ancorché tali e sempre
l nobile e il dignitoso: Magnumque loqui, nitique cothurno. [13.4] ciò si applichi allo stile soltanto, e non già al
, che egli non legge, non insegna, non predica, non arringa e perora, per apparecchio né all’improvviso, ma semplicemen
e, non insegna, non predica, non arringa e perora, né per apparecchio all’improvviso, ma semplicemente interloquisce e
amente caricata ed assurda. Imperocché non avendo essi alcun riguardo al carattere della tragedia, né al genio della na
rocché non avendo essi alcun riguardo né al carattere della tragedia, al genio della nazione, non hanno abbastanza cons
atura e l’effetto dell’altro, non avrebbe il suo pieno sviluppamento, potrebbe spiegare tutta quella efficacia e quell’
, o per natura, o per arte essere a tutte le parti adatto egualmente, potendosi moltiplicar di soverchio il numero di b
ni ordinarie dei confidenti, e tanto più, quanto che non sono mancati mancano attori, i quali, anche in tali parti hann
on s’interpongono? Ma tutte debbono servire al loro interesse comune, quindi pregiudicare alle principali, degradandosi
ina il marito, non è quella che vuol salvare l’amante e il figliuolo; Oreste, che assassina la madre ad Argo, si mostra
ffrenarlo. Per queste ragioni il Nerone che ci presenta Racine non è, debbe esser quello, che ci ha poi presentato l’Al
peare e dell’Alfieri, e la Fedra del Racine non è quella di Euripide, il Don Carlo dell’Alfieri e quello del Pepoli, de
rito e l’amor del figliastro, e Neottolemo nel Filottete ed Ajace ec. si creda che un temperamento siffatto indebolireb
dopera con Filippo, non è certamente quella che adopera con D. Carlo; Antigone parla e si esprime nella stessa guisa ad
parla e si esprime nella stessa guisa ad Argia, a Creonte e ad Emone; Oreste si mostra con Pilade ed Elettra come con E
derne, gli attori debbono scegliere quella posizione che non nuoccia, all’attenzione degli spettatori, né a quella degl
quella posizione che non nuoccia, né all’attenzione degli spettatori, a quella degli interlocutori. Quindi si collocano
gato a tacere, o perché debba ascoltare chi parla, o perché non vuole debbe parlare, ancorché l’altro si taccia. E nell
te che si danno ad alcuno sommessamente nell’atto della scena, sì che gli interlocutori, né gli spettatori l’intendono
uno sommessamente nell’atto della scena, sì che né gli interlocutori, gli spettatori l’intendono punto. L’Alfieri ne ha
uanto o ascoltano, o vedono. [18.14] Quali ch’ei sieno, essi non sono possono essere persone indifferenti, che di tali
erturbata, sola e in balìa della passione che l’agita, non può essere richiamata, né temperata dal consiglio e dalla co
e in balìa della passione che l’agita, non può essere né richiamata, temperata dal consiglio e dalla cooperazione degl
ofonda concentrazione, è l’abbandono d’ogni riguardo, il non sentire, spiegare altro che la propria passione; quindi lo
acine, dei Voltaire, ond’è sì ricco il teatro francese, non annojano, invecchiano mai, ancorché volgarmente si dica che
e quei tratti soltanto che meritassero alcuna avvertenza particolare. mancano dei segni riconosciuti a quest’uopo, come
estiere dovrebbe assoggettarli, qualunque artista non è mai riuscito, può riuscire perfetto, se a questa legge non si s
io del commediante, massime in quei paesi, dove l’arte non si conosce si rispetta. Allora si cerca nella persona quella
ola si tengono in pregio? e niuno da più tempo ne apparisce colà dove dell’arte, né della scuola si tiene conto? Perché
in pregio? e niuno da più tempo ne apparisce colà dove né dell’arte, della scuola si tiene conto? Perché sprezzare la
sto disegno era raccomandata quest’arte da Socrate, che certo non era galante, né ballerino. [23.7] Musica. Quello che
era raccomandata quest’arte da Socrate, che certo non era né galante, ballerino. [23.7] Musica. Quello che il ballo ot
passioni ed i sentimenti più generosi, e non potrà mai sperimentarli, quindi imitarli colui che non conosca i principî,
a lingua poetica. Ed è questa la prima ragione per la quale in Italia gli attori declamano la tragedia sì facilmente, n
la quale in Italia né gli attori declamano la tragedia sì facilmente, gli spettatori sì facilmente l’intendono. Noi abb
accogliere tutte le tragedie nostre lodevoli, che troppo ci vorrebbe, tutte quelle, che possono esser lette con approva
che conosco — mi riferisco al nostro Ekhof — che non si affidava mai, nella declamazione né nella gestualità, al sentim
isco al nostro Ekhof — che non si affidava mai, né nella declamazione nella gestualità, al sentimento puro e semplice.
ofi, nel solo stampato non ajutate dall’azione, non possono ottenere, per metà pure, il loro effetto; essendo fatte ass
ecitati, parlano energici, perché il dire era breve, e non cantabile, cantato» (Vittorio Alfieri, Risposta di Vittorio
olta non rida delle sue espressioni, come fuori di natura il dialogo; la platea che lo sta a sentire rida del suo parla
i de’ membri credi si attaccasse / la gomena formata? Solo al viso, /  altrove pensar già che terminasse» (Luigi Riccobo
scene non sono gli oggetti esterni sensibili di cui stiamo parlando, i sentimenti altrui, da cui scaturisce il nostro
e passioni, non deve in generale seguire troppo da presso il filosofo conformarsi troppo scrupolosamente alle sue spieg
non è possibile individuare la sia pur minima somiglianza tra i due, nell’espressione del volto né nella postura» (Joh
a sia pur minima somiglianza tra i due, né nell’espressione del volto nella postura» (Johann Jakob Engel, Lettere sulla
o. Tutto dipende dal talento individuale dell’interprete: «Io non oso affermare né negare che l’attore possa portare le
nde dal talento individuale dell’interprete: «Io non oso né affermare negare che l’attore possa portare le grida e le c
e vera e naturale al certo; ma come che la natura non è sempre bella, ogni verità convenevole sul teatro, parvemi qualc
olta non rida delle sue espressioni, come fuori di natura il dialogo; la platea che lo sta a sentire rida del suo parla
fingere un re fra nobil coro / non ti basta apparire in regia corte, /  il manto aver di gemme asperso e d’oro. / Sguardo
nte era incapace di servire alla drammatica passione, ma non appagava pur l’orecchio» (Antonio Planelli, Dell’opera in
urita. E gli attori non se ne accorsero certo prima dei poeti stessi, di coloro che composero la musica; entrambi infat
erai d’une faible autorité: c’est de celle de ma femme, qui n’est pas née française, et qui ne s’est servie que de mes cahi
che ne deriverebbe, egli sottolinea come tale pratica non impedisse ( impedirebbe, se trovasse nuovamente spazio) di la
singolo attore, perché non tutto può essere annotato con precisione; questo provocherebbe la freddezza dell’interprete
ta) commovesse il cuore degli ascoltanti, allora questi non avrebbero il tempo, né la libertà di applaudire» (Sul prese
e il cuore degli ascoltanti, allora questi non avrebbero né il tempo, la libertà di applaudire» (Sul presente spettacol
e naturale di godere di uno status più onesto; il mio talento non può descriversi né rappresentarsi, se ne perde l’idea
odere di uno status più onesto; il mio talento non può né descriversi rappresentarsi, se ne perde l’idea con i miei con
34 (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo decimo »
musicale, e nelle quali Quinaut non ha avuto alcun rivale in Francia prima né poi. I lettori che amano di farne i conf
, e nelle quali Quinaut non ha avuto alcun rivale in Francia né prima poi. I lettori che amano di farne i confronti tan
one nell’Alceste: «Tout mortel doit ici paraître.         On ne peut naître         Que pour mourir. De cent maux le trépas d
ce. Beete.         Empietevi, e cadete,         Dirà il dio d’Israel; sia chi sorga,         Dal lampo della spada,    
35 (1732) Paragone della poesia tragica d’Italia con quella di Francia
a quelle offerte nel diciassettesimo secolo: il re tebano non sarebbe un tiranno punito per l’eccessiva ambizione, né l
re tebano non sarebbe né un tiranno punito per l’eccessiva ambizione, l’innocente ingiustamente punito, ma un uomo buon
essenziali alla favola tragica le sentenze ed i discorsi instruttivi, potendo rinvenire altra ferma utilità, volle sost
io si è ch’egli ha per fine di tutta la poesia drammatica il diletto, secondo il suo parere è necessaria l’utilità, se
o dalle sue tragedie traeva egli bastante argomento della loro bontà: di vero a più sue tragedie poteva egli addurre al
critica a quella perfezione che giammai non ebbe presso gli antichi, giudico ristretto fra termini de’ primi autori og
hie, non curando d’alcuna autorità che sia scompagnata dalla ragione: lascerò di dire con indifferente ingenuità sì le
[1.2.1] Dalla perfetta tragedia vuolsi ricercare il fine ottimo, questo altro è propriamente che il purgar con pia
l’amata Cimene; egli si merita bensì qualche pietà, ma non sì grande, si comune presso tutti gli ascoltatore e finalmen
erciocché la sua calamità non è punto dallei merita con veruna colpa; giudico potersi replicare che la sua disGrazia co
suppone che l’eroe tragico debba essere perfetto esemplare di virtù, possa perciò sagrificare la gloria d’un impero ad
ncia a produrre quel piacere e quell’utile che son di lei più propri. contuttocciò ricuso a Francesi la loda che merita
iene di scelleratezze ponno cagionare quell’orrore che loro conviene, fa lor bisogno di rappresentar punito un delitto
impedisce il comprendere la crudeltà di chi procura la loro calamità, scema però punto l’irritamento della indignazione
onvenevolezza di certi discorsi, i quali non son congiunti all’azione per necessità né per verosimiglianza ed oltre l’e
certi discorsi, i quali non son congiunti all’azione né per necessità per verosimiglianza ed oltre l’essere sconvenevol
nnò nel suo Teatro Italiano de’ passi che debbonsi troncare. [3.1.5] dissimulerò che in più favole riesconmi ancora di
arte bellissima, benché il rimanente non corrisponda, come già notai. certo così possono lodarsi gli episodi della ital
medesimi: [3.2.3] 1. Disapprovo certi dialoghi di personaggi oziosi, solamente intendo di quelli che sembrano anzi spe
gn’altra cosa, anzi senza esso riesce noiosa ogni loro conversazione; dubita però d’affermare che tutti i loro dolori,
tti che mostrano agli ascoltatori la comunione della umana fragilità. meno è strano il dire che la donna sia incapace d
lla ove non s’incontrino esempli di sì difettosa imitazione. [4.1.3] solamente di quelle persone, le quali intervengon
maggiore nella Dalida del Groto, ove favellano la Morte e la Gelosia. rimango pago di quegli stessi autori, che fattisi
uto. [4.1.5] Non mancano presso li Francesi di simili inconvenienze, fra le tragedie dello stesso Pietro Cornelio sono
e richiedeva meno d’arte nella esposizione successiva del primo atto; ha però avuto il comun seguito. Il Castelvetro, c
principio nell’atto primo, non debbonsi per simile cagione approvare, sarebbe difficile rinvenire pari disordini in mol
Aidina con Alicola a dare il motivo della riconoscenza della favola, da tale difetto aliena è la venuta di Licisco nel
a sopra tutto esso è considerabile nell’Andromeda di Pietro Cornelio. possonsi assolvere da questo difetto alcune itali
in principio. Esso sino nel primo atto ha già perduta ogni speranza, però risolve d’ammazzarsi, ma solamente di partir
. Le favole del Giraldi son sopra l’altre piene di coteste indecenze. manca di ciò prova anche in qualcuna delle miglio
recare la novella della morte di Cesare, mentre Calpurnia è in Senato v’ha persona a cui quivi debba annunziarla. Ar
sensi e talora le persone stesse, mentre dal popolo tutto si capisce. stimo che in ciò fare prestar ci possa valevole s
ali possono esser saggio il Palamede ed il Servio Tullio del Gravina. tacerò d’altri poeti, anche più male avveduti, ch
ardo han posto sulle scene azioni e sciagure di protagonisti empi che possono muover compassione, né giovar col terrore
ni e sciagure di protagonisti empi che né possono muover compassione, giovar col terrore, perché di quella sono indegni
fosse contro il rito romano il dare a barbari carattere d’ambasceria. meno strana è presso Racine la grandezza e la nob
a vogliono una semplicità troppo dissimile dalle nostre consuetudini, in ciò puossi altro desiderare se non qualche giu
mmentava nel suo letto vedovile, come farebbe una sfacciata ruffiana. propria del sesso e della sua educazione è la ris
appresso Virgilio non chiede mai aiuto a donne in simili congiunture, tra morti, come qui succede ad Oreste) non era da
passione, conciossiaché contraria alle memorie della Sacra Scrittura. con tale occasione lascerò di biasimare il medesi
opo alcuni salti e forti, e destri mosso il gagliardo e furioso corso precipizio u’ traboccarsi possa, né tronco, dove
osso il gagliardo e furioso corso né precipizio u’ traboccarsi possa, tronco, dove dar di petto debbia, né sasso, o alt
precipizio u’ traboccarsi possa, né tronco, dove dar di petto debbia, sasso, o altro ivi in suo danno guarda. Tra gli
si da molte superfluità in cui farebbe di mestiero adoperar la falce, libero del tutto è da liriche affettazioni. Fra l
io signore, e vostro servo, che al servir non estima eguali il regno: stimeria benché il superbo scettro i Garamanti e
on può, per cui d’Atreo la moglie fu ria cagion dell’esecrando pasto, quel, ch’empia noverca a l’innocente Ippolito sco
ando pasto, né quel, ch’empia noverca a l’innocente Ippolito scovrio? la fatale incestuosa fiamma per cui Mirra infelic
pesso con frasi troppo poetiche corrompono così proprio temperamento: però saprei loro accordare tutta quella semplicit
he eccezione al suo stile. Ma io non saprei assolvere da molti sconci lo stile di Racine, né quello degli altri più mod
le. Ma io non saprei assolvere da molti sconci né lo stile di Racine, quello degli altri più moderni. E perché presso a
ar nos artifices Du sort autant qu’on peut enchaîné les caprices103. proprio parmi se non per poeta ciò che dice Erixe
da quella maggior copia d’immagini che lor puote venire in acconcio, sdegnano di metterla in opera gli oratori quando
simamente poco idonee alla tragedia, perché con superfluità di parole trattansi dalle persone gli affari gravi, né s’es
on superfluità di parole né trattansi dalle persone gli affari gravi, s’esprime la veemenza delle passioni. Per mio avv
vuto più lode degli altri greci ben degnamente, non sia però lodevole in questa, né in certe altre soprabbondanze; quan
degli altri greci ben degnamente, non sia però lodevole né in questa, in certe altre soprabbondanze; quando qui non si
che lo stile de’ poeti succeduti a Pietro Cornelio non è sì semplice, sì naturale, come alcuni scrittori anche dell’Ita
agli endecasillabi gli anapesti, gli ellenici e talor anche i giambi: puossi se non approvare la sua introduzione, perc
litano, ha pure, s’io dritto miro, metro più proprio per la tragedia. posso qui tralasciare che l’autor delle annotazio
o. Tutti gl’idiomi hanno ne’ lor vocaboli una propria significazione, pregiudica punto alla loro esatta congruenza la c
ostri antichi che prima del Petrarca fecero uso di voci scientifiche. qui debbo astenermi di riprovare l’abate Tarasson
ustro d’un poeta da una cognizione totalmente accessoria alla poesia, gli addotti versi son belli per la fisica instruz
e con la varietà. Per rendere ottimo tal temperamento vorrei però che l’ettasillabo abbondasse, come nella Canace, né l
mento vorrei però che né l’ettasillabo abbondasse, come nella Canace, l’endecasillabo come nella Sofonisba. Ma benché m
credere che il metro de’ Francesi sia men proprio d’amendue i nostri, giudico meno degno di riprovazione il Martelli, c
un suono grave, come se il modo di scriverli potesse a ciò cooperare, sapendo render ragione di questo suo sogno, procu
udio della medesima è proprio per le canzoni, così non è compossibile colla gravità de’ tragici interessi, né collo spe
zoni, così non è compossibile né colla gravità de’ tragici interessi, collo spensierato sfogo delle passioni, poiché l’
agionevolmente fu censurato lo Speroni che la frequentò nella Canace, il Trissino è del tutto scusabile, benché in ciò
il suo parere, al parlar naturale, massimamente quando non s’osservi il medesimo ordine di rimare, né la medesima misu
e, massimamente quando non s’osservi né il medesimo ordine di rimare, la medesima misura de’ versi fra l’una e l’altra,
a: anzi è contraria al suo scopo quando può pregiudicare alla morale; si dee secondare lo sciocco volgo, ma sanarlo dal
ero applauso da persone libere dal riguardo di compiacere all’autore. quantunque io conceda qualche pregio a’ drammi sc
Se Antioco aveva avuto queste precauzioni non serve il riferirgliele, ciò puote fare Antigone verisimilmente. L’uditore
ssano giungere sino alle porte di Roma senza che ne prevenga la fama. ragionevole è che l’esercito de’ Sabini dopo la p
a corte Don Pietro, i di lui occhi sempre distratti non vi cercavano, vi incontravano se non Inès. Siccome tal fatto sa
nella penisola, citando Gravina e Martello — precisando tuttavia che « l’uno né l’altro ha soddisfatto la buona aspettaz
isola, citando Gravina e Martello — precisando tuttavia che «né l’uno l’altro ha soddisfatto la buona aspettazione del
aggiungimento della catarsi («Pour nous faciliter les moyens de faire naître cette pitié et cette crainte où Aristote semble n
ison même sur qui l’autre se fonde pour les bannir. Le fruit qui peut naître des impressions que fait la force de l’exemple lu
ngelica? E però quegli orribili e truculenti spettacoli son soverchi, pare a me che oggi si debbia introdurre azion tra
ssino dalla fortuna alla sfortuna, perché questa è cosa che non desta terrore né pietà, ma ripugnanza») e dell’assoluta
fortuna alla sfortuna, perché questa è cosa che non desta né terrore pietà, ma ripugnanza») e dell’assoluta pravità («
a simile composizione avrebbe sì la simpatia umana, ma non il terrore la pietà»): Edipo e Tieste sono additati ad esemp
telica che prescrive un protagonista «che non si distingue per virtù, per giustizia», Calepio propende invece per un er
re, diversamente dee giudicarsi, perché il fine della Tragedia non è, può essere, l’assuefar gli uomini a non compatire
hi di Voltaire, non accennava al problema della colpevolezza di Edipo alla mediocrità del suo carattere, soffermandosi
tipo di colpa contemplata da Aristotele: non è imprudente come Edipo, si lascia vincere da una passione troppo forte co
se non vengono citati il Crispo — soggetto caro al teatro gesuitico — le Tragedie Sacre, costruite attorno alla figura
nulla o poco hanno di pregevole, toltone la qualità del Protagonista, provando ciò con alcuna ragione, non solamente ri
e invenzioni più incredibili, e più lontane dal vero, e dalla natura, credono aver tragica materia, senza qualche cosa
e se limite à ces quatre personnages et leurs confidents: la tragédie naît des passions des héros, et non pas d’un obstacle
oni sterili su oggetti che non sono utili allo sviluppo della favola, cooperano ad aumentare la verosimiglianza del con
dialogizzare nelle loro Tragedie, sono tutti contra le buone regole. per oziosi intendo solamente quelli che sembrano
in generale tutti i «presenti tragici, che non hanno da rintracciare, da esprimere altro carattere che quello di amante
o «appicco» alla trama, e non puramente esornativo («Non dovrà dunque anche dar fastidio l’introduzione di Despina, ch’
h’ella in realtà aveva ucciso i propri figli («non la morte di Ipseo, i quattro anelli, ma propriamente l’aver ella in
Voltaire, 1975, p. 658), di cui non comprende la funzione strategica, apprezza l’attacco ex abrupto, e liquidando in mo
rò in questi ancora con aggiunta di certe circostanze, senza le quali la men decorata, né la più rincrescevole cosa tro
con aggiunta di certe circostanze, senza le quali né la men decorata, la più rincrescevole cosa trovo nelle rappresenta
babilmente alle parole che Clitemnestra, senza farsi udire da Elettra dal Coro, rivolge ad Apollo, riferendo il contenu
o. Furono in ciò altre volte viziosamente frequenti i Drami musicali. però gli a parte son da escludere totalmente, per
il detto in tal modo non sia punto necessario al proceder de’ fatti, al fargli comprender bene, perché ciò sarebbe con
he non sien viziosi, e tanto più se son di conseguenza all’intreccio: pur di questi però orma si ha nella sopraccennata
ragedie intere, ma sì nobil maniera di recitare non che rinnovata, ma pur che io sappia fin qui era stata tentata da al
do i rappresentatori dimorano occupati in operatione, et non altrove, in altro tempo», Lodovico Castelvetro, Poetica d’
ella Rosimonda credo avere conservata la perfetta unità di luogo. […] pure aderirei in tutto a Pietro Cornelio, che vor
tro alla moda: «In primo luogo non dovrà il Poeta moderno aver letti, legger mai gli Autori antichi Latini, o Greci. Im
innamorato di sua bellezza […]. L’Agnizione d’Ifigenia non può essere più inaspettata, né più sicura, né più verisimile
llezza […]. L’Agnizione d’Ifigenia non può essere né più inaspettata, più sicura, né più verisimile […]. Ma come che io
gnizione d’Ifigenia non può essere né più inaspettata, né più sicura, più verisimile […]. Ma come che io veneri con la
on viziato da alcuna deferenza nei confronti della tragedia francese, dalla partigianeria patriottica per il teatro ita
che il protagonista della tragedia debba di bontà mediocre comparire. considerano questi satelliti dell’autorità, che v
unizione dei malvagi e la ricompensa dei virtuosi («Le fruit qui peut naître des impressions que fait la force de l’exemple lu
i per istruire il pubblico sotto il profilo etico («Le fruit qui peut naître des impressions que fait la force de l’exemple lu
ncesco Bozza, Fedra. Tragedia, I, 1, Venezia, Giolito, 1578, p. 14r), che accantoni il suo proposito di vendetta: agli
dei malvagi, di cui scorgeva l’utilità morale («comme les bonnes Loix naissent des mauvaises Mœurs, elle puise adroitement l’uti
to che «gli antichi stimarono esser chiaro, che non ad ogni faccenda, ad ogni persona, né ad ogni tempo, né ad ogni luo
stimarono esser chiaro, che non ad ogni faccenda, né ad ogni persona, ad ogni tempo, né ad ogni luogo, né alla presenza
iaro, che non ad ogni faccenda, né ad ogni persona, né ad ogni tempo, ad ogni luogo, né alla presenza d’ogni auditore s
gni faccenda, né ad ogni persona, né ad ogni tempo, né ad ogni luogo, alla presenza d’ogni auditore stà bene una manier
ci però sono assai i presenti tragici, che non hanno da rintracciare, da esprimere altro carattere, che quello di amant
on intendo già di volerneli affatto sbanditi. Non son cotanto severo, sì contrario al genio de’ tempi; e se si vuole, d
, et tâchez de paraître/ Moins insensible aux maux que vous avez fait naître ./ En l’état où je suis c’est une lâcheté/ D’insul
siate vedere che ciò che si trova negli autori greci, non è lodevole, degno d’imitazione, e che non dee giudizioso scri
icordando i teneri momenti di intimità passati con il marito: «Lassa, torno a ricalcar giamai/ lo sconsolato mio vedovo
ndecorosamente volubile del personaggio messo in scena dal Veronese: « mi pare, a dir vero, che tratti sì maschili, e vi
e letteraria del matrimonio si veda anche lo studio di Fabio Danelon, domani né mai: rappresentazione del matrimonio ne
ia del matrimonio si veda anche lo studio di Fabio Danelon, Né domani mai: rappresentazione del matrimonio nella letter
o il premetterlo; e tanto più che non essendo tratto da Istoria vera, da antica Favola non potea con citarne gli Autori
imile dal naturale, o che non più ad uno che ad un altro personaggio, più che ad una che ad un’altra nazione convenisse
in questo volume, il contributo di Renzo Cremante, «“Or non parl’io, penso altro che pianto”: usi del Petrarca nella t
, quant’egli fu imitatore della Canace. Ho letto e riletto la Canace, cosa alcuna di rilievo ho trovata, che il Tasso a
Pastorale. Ma forse intende il Guarini della leggiadria dello stile; in questo ancora mi par c’abbia ragione», Aminta.
sulla sua casa — l’autore doveva scorgere un’eccessiva elaborazione, poteva apprezzare il ricorso insistito alle allit
ignore, e vostro servo, / che al servir non estima eguali il regno: / stimeria benché il superbo scettro/ i Garamanti e
costume del personaggio convenire: altrimenti non imiteremo il vero, di lui sincera notizia daremo. Perciò il Guarino
E questo è l’insegnar proprio della tragedia; e non il dar precetti, spiegare la natura delle virtù, come vorrebbono a
t anche di questo si lodano; nol fanno però esse mai per professione, intendono a ciò; intendono anzi di adornarsi a qu
i a quel modo, e dar maggior forza a gli affetti, che è il fine loro; vogliono render più dotti gli ascoltanti, ma migl
la trascrizione tralascia due versi e mezzo tra «Ippolito scovrìo» e « la fatale»). Nel secondo passo, tratto invece dal
compor Drami i Comici stessi, e persone di poco miglior letteratura. pretendo già che le moltissime Tragedie del 1500
Forestier, Paris, Gallimard, 1999, p. 101). [6.3.9] Poco plausibile, tantomeno funzionale, appare a Calepio l’apostrof
ndere sino al volgo la sublimità del concetto, dove le altre più rare con tanta prestezza né con tanta chirezza né semp
sublimità del concetto, dove le altre più rare né con tanta prestezza con tanta chirezza né sempre a tutti lo farebbero
, dove le altre più rare né con tanta prestezza né con tanta chirezza sempre a tutti lo farebbero intendere. E però sem
incipal difetto della Poesia Francese sia il non aver lingua Poetica, Poetiche forme e il potersi in questo poco differ
remiere scene de Mithridate avec la même scene réduite en prose, d’où naissent quelques réflexions sur les Vers», in Id., Les Œu
rini ancora dalla perpetua uniformità del suono, non avendo la lingua quantità, né varietà d’accenti come la nostra, pe
alla perpetua uniformità del suono, non avendo la lingua né quantità, varietà d’accenti come la nostra, per lo che conv
ont elle puisse soûtenir ses termes, ni cette differente harmonie qui naît du different arrangement des mots, et par conséqu
iare una forma tragica perfetta («Io pertanto, che sono uomo il quale arduità d’impresa né pericolo di severa censura n
a perfetta («Io pertanto, che sono uomo il quale né arduità d’impresa pericolo di severa censura né strepito di gran no
sono uomo il quale né arduità d’impresa né pericolo di severa censura strepito di gran nomi ha mai sgomentato, mi son f
rini ancora dalla perpetua uniformità del suono, non avendo la lingua quantità, né varietà d’accenti come la nostra, pe
alla perpetua uniformità del suono, non avendo la lingua né quantità, varietà d’accenti come la nostra, per lo che conv
di tre adonii, ossia versi composti da un dattilo e da uno spondeo (« mi sia detto che vanamente io pretenda di dare, c
e sopra le Vocali, o per la differenza delle stesse Vocali accentati; s’ode una perpetua, e continua Rima nelle Prose I
ie a GianVincenzo Gravina che lo aveva riportato nel Della tragedia: « mi posso astenere di qui recare quel che scrive G
e dalla prosa la distinguono più favella simile non sarebbe, ma vera, quella maraviglia ecciterebbe, che eccita la natu
de l’Univers je ferai disparoître/ Cette religion que l’Erreur a fait naître ,/ Et qui couronne encor ses superstions/ De l’ins
36 (1764) Saggio sopra l’opera in musica « Saggio sopra l’opera in musica — Dei balli »
li antichi pantomimi. In questa scuola sono essi veramente i maestri, dovrà niuna nazione recarsi ad onta di studiare d
37 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 444-445
j’ai de vous plaire, je me flatte d’y parvenir. Hé quoi ! messieurs, sur ce théâtre où mon père a contribué si longtem
38 (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo IV. Teatro Italiano nel Secolo XVIII » pp. 316-354
rancia, e taccia di furto tutti i paesi che volessero farne uso? Egli anche mostrò di sapere, che del Cresfonte di Euri
la stampa nel 1588, e la Merope del conte Torelli, impressa nel 1598. pur seppe l’anonimo, o finse di non sapere, ciò c
a, il rimorso, e lo spavento!) Tali cose non s’incontrano nel Cinna, altrove. Son bellezze parimente originali fatte p
olta schiera d’imitatori italiani, che lo sieguono senza raggiugnerlo avvicinarsegli; ed é stato tradotto e imitato in
tatua, monumento perenne delle di lui rare virtù». Ô vous, Français, nés tous pour la censure, Doux et polis, mais malins
ca. Se Anocreonte rinascesse, dubito che scrivesse in Italiano un’ode più armoniosa, né più dolce di questa: Oh che fe
rinascesse, dubito che scrivesse in Italiano un’ode né più armoniosa, più dolce di questa: Oh che felici pianti, Di du
39 (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro I. — Capo VI. Continuazione del Teatro Greco. » pp. 82-108
tore che ardisse di rappresentare, il personaggio del potente Cleone, artefice che ne volesse far la maschera, come si
media ha cavato i suoi Plaideurs, non ha potuto seguirlo passo passo; anche ha potuto valersi della piacevolezza che ri
otuto valersi della piacevolezza che risulta dal processo allegorico, introdurvi il cane accusatore, e ’l cane difensor
Plutarco, o di Rapin, volle aggiugner del suo, che Aristofane non era comico, né poeta; il che sembra detto con soverch
di Rapin, volle aggiugner del suo, che Aristofane non era né comico, poeta; il che sembra detto con soverchia leggerez
40 (1764) Saggio sopra l’opera in musica « Saggio sopra l’opera in musica — Della maniera del cantare e del recitare »
rvi è tanto difficile, e senza le quali non ci può essere nell’azione dignità né verità? Un grande vantaggio sopra il c
difficile, e senza le quali non ci può essere nell’azione né dignità verità? Un grande vantaggio sopra il comico ha se
41 (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro I. — Capo V. Teatro greco. » pp. 26-81
de in certo modo sopportabile il gran parricidio ch’é per commettere. di ciò pago il savio poeta, in una lunga scena de
drammatiche eroiche, accompagnate dalla musica, e decorate dal ballo; altra differenza può ravvisarsi fra ’l primo e i
tto radunato intorno a i due templi di Pallade e all’Altare d’Apollo. ciò era difficile ne’ greci teatri, la cui grande
escrivere i mali di Tebe:  Giace dal morbo afflitto il popol tutto,   so dond’io m’impetri  O soccorso, o consiglio. Gi
lio. Già de li frutti suoi ricca e cortese  La terra or nulla rende,   resister possendo  Cadon da morte oppresse  Le fe
l nostro signor abate le Batteux questo parallelo, che non può estere più giudizioso, né più vero, con attribuire alle
te le Batteux questo parallelo, che non può estere né più giudizioso, più vero, con attribuire alle nazioni il diverso
pille. Inerme ingombra      Già ’l mio consorte le sicure piume;       a’ lidi intorno pe i troiani campi      Surgon le
ina rea sempre raminga      Erri in balìa de’ minacciosi flutti,       i patrii tetti a riveder mai giunga. L’Andromaca
ne? Ahi non é quello      Più un asilo per te. Morì già Ettorre,       dall’avello, per serbarti in vita,      Fia che r
42 (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo VIII. Commedia turca. » pp. 422-425
sì nobile e superiore al trono, che l’abdicò in favore del figliuolo, ripigliò lo scettro se non per assicurarglielo co
43 (1764) Saggio sopra l’opera in musica « Saggio sopra l’opera in musica — Introduzione »
ato sconvolto, se prima i magistrati non vengano rimessi in autorità; si accosterà un capitano al nemico, se non abbia
44 (1764) Saggio sopra l’opera in musica « Saggio sopra l’opera in musica — Enea in Troia »
rire ed Enea medesimo che vuol salvare il padre dalle mani dei Greci; potendolo persuadere a fuggirsi, riprese le armi,
45 (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Conchiusione » pp. 438-442
qual maraviglia, che gli accompagnamenti e gli ornati d’architettura anco sieno uniformi, e che fra’ bei pezzi corinti
46 (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo III. Progressi Teatrali in Francia tardi, ma grandi nel medesimo Secolo XVII. » pp. 291-315
a Vedova, ch’egli ne si voleva soggettare alla severità delle regole, volea usar di tutta la libertà ordinaria del teat
r iscoprir gli affetti di Monima. Ma senza tali cose da non imitarsi, approvarsi, Racine che conoscea sì bene i greci,
e, tutta volta cerca di approssimarsi, per quanto può, alla tragedia, mai si sottrae dall’imitazione della natura, prin
esche sono buffonerie conosciute per tali anco dalla plebe femminile, vi é pericolo che producano in Italia tale effett
47 (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro I. — Capo VII. Teatro Latino. » pp. 109-171
ltivare un genere di commedia inferiore alla nobile. Si é detto però, senza ragione, che molti de’ suoi scherzi, come t
rima della morte di Ennio, siccome pruova il dottissimo Tiraboschi72. presti furono, né grandi i progressi del teatro l
i Ennio, siccome pruova il dottissimo Tiraboschi72. Né presti furono, grandi i progressi del teatro latino. Roma guerri
; perocché d’anni trentacinque s’imbarcò per la Grecia, o per l’Asia, più si vide. Chi vuole ch’ei morisse povero in St
atque iterum mori Liceat renasci semper. Non vuol esser tra’ morti, star tra’ vivi, ………………… Quaeratur via Qua nec se
ticis Inter juvencos tigris etc. e ancor un’altra del medesimo atto, molto lontana da questa, spiegata in altrettanti:
sembra produzione d’un rettorico novizio che mai non conobbe teatro, si curò di osservar l’artificio de’ greci poeti.
mmiato dal popolo. Terenzio neppure di tal gregge fece uso; ond’é che anche da ciò poté derivare il farfallone di quel
48 (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro I. — Capo II. In quali cose si rassomigli ogni teatro. » pp. 8-13
ti non religiosi, notano le grandi rivoluzioni e gli eventi mediocri, scoprono l’ingiustizie, le stravaganze, il ridico
49 (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo II. Teatro Spagnuolo, Inglese, e Alemano nel medesimo Secolo XVII. » pp. 276-290
uttore del teatro. Non meritava l’idolatria del grosso della nazione, l’invettive sanguinose di certi letterati foresti
feriti comici inglesi d’invenzione, di fantasia, di forza, di calore, di piacevolezza. Ma vi si desidera la scelta, la
50 (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro I. — Capo VIII. Vuoto della Storia Teatrale. » pp. 172-179
componimento drammatico, non dico de’ secoli di cui ora parliamo, ma anco de’ seguenti fino all’intera espulsione de’
51 (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro II. — Capo IV. Risorge in Italia nel Secolo XVI la tragedia Greca e la Commedia Nuova, e s’inventa il Dramma Musicale. » pp. 210-241
oni delle fiere parigine? Ma quella maniera di giudicar’ senza vedere pensare, e di offender le nazioni culte, é un mal
comparve in pubblico nel 1583 dopo l’Aminta, e prima del Pastor Fido. merita meno di esser mentovata quella del Braccio
o vuole, senza i debiti requisiti, trinciar da filosofo e da dottore. si può negare che l’influenza del clima abbia una
52 (1736) Observations sur la comédie et sur le génie de Molière
e principe de l’action ; parce que la ressemblance surnaturelle, d’où naît tout le mouvement, est une machine qui diminue de
ements sont produits par des personnages qui ont dessein de les faire naître , et souvent le spectateur les prévient ces événem
fois. Or c’est de ces points essentiels et si difficiles à réunir que naît la difficulté de parvenir au sublime dans les sur
e comique qui prend sa source dans les choses mêmes ; le comique doit naître de la situation des personnages. Un comique de pe
doit naître de la situation des personnages. Un comique de pensée qui naît de la conversation, et qui par conséquent ne tien
pèce de comique en général, mais elle adopte par préférence celui qui naît de l’action même, ou des situations : et si elle
olière en a usé de la sorte. L’intérêt de la pièce est celui que font naître Les Fâcheux ; le poète par son titre ne s’est eng
ns peine la difficulté. Dans l’idée de Molière, les motifs du comique naissent , pour ainsi dire, à chaque instant, et le tuteur
unité de lieu. Je joins ensemble ces deux unités, parce que l’une naît pour ainsi dire de l’autre. En effet Aristote ne
représenté le principal personnage comme un enfant qui ne fait que de naître , et qu’à la fin de la même pièce, ce même personn
de l’original sont plus ingénieusement adaptés dans la parodie. De là naît un contraste qui déride les plus sérieux ; car il
53 (1764) Saggio sopra l’opera in musica « Saggio sopra l’opera in musica — Della musica »
parola al linguaggio delle Muse maggior vigore e maggiore energia43. quella critica fatta già contro all’opera in musi
54 (1764) Saggio sopra l’opera in musica « Commento »
ovunque guardate scorgete le mura; non si vedono piacevoli contrasti, quella artificiosa selvatichezza che appesantisce
55 (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VII. Teatro Francese ne’ secoli XVII e XVIII — CAPO VII. Della vera commedia Francese e dell’Italiana in Francia. » pp. 144-176
divisioni di ordini, povertà, ricchezza: de l’indigence (vi si dice) naîtra l’industrie; l’industrie sera la mère des arts, d
56 (1764) Saggio sopra l’opera in musica « Introduzione »
lte drammaturgiche e lo sviluppo dell’azione; il tema non deve essere troppo attinente alla storia per l’eccessiva seve
57 (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo VI. Teatro inglese, alemano, e spagnuolo del medesimo nostro secolo. » pp. 389-417
i anni sono, si rappresentò l’opera buffa italiana; ma oggi é chiuso, serve ad altro che a qualche concerto, od opera p
58 (1738) Réflexions historiques et critiques sur les différents théâtres de l’Europe. Avec les pensées sur la déclamation
e de l’Hôtel de Bourgogne, jusqu’au temps de Corneille et de Molière, nés l’un en 1606, et l’autre en 1621. Les auteurs pen
e d’histoire en abrégé, ont été sans contredit ceux que l’Europe a vu naître les premiers. Les commencements du théâtre en Esp
applaudissements à tout ce qui porte un air d’indécence. Nous voyons naître une espèce de représentation théâtrale, dont on p
ésenter à ces personnages une action qui leur est convenable, en fait naître des situations touchantes, et cela peut produire
héâtres italien, espagnol et français : je veux dire que leur origine naît des mimes des Latins, lorsqu’ils erraient comme d
cela il aurait songé à épouser Arsène, et qu’il voudrait qu’elle fût née romaine. Pharnace lui dit qu’elle l’est aussi, et
59 (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VIII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI ANTICHI E MODERNI. TOMO VIII. LIBRO VIII. Teatri d’oltramonti nel secolo XVIII. — CAPO III. Della vera Commedia Francese e della Italiana in Francia. » pp. 128-191
divisioni d’ordini, povertà, ricchezza. De l’indigence (vi si dice) naîtra l’industrie; l’industrie sera la mère des arts, d
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