eonora. Per quante ricerche fatte a Ferrara, a Mantova e altrove, non
mi
fu possibile rintracciar altre notizie su questa
Archivio di Modena. Ill.mo Sig.re et Pad.e Coll.mo L’allegrezza che
mi
ha apportato la sua cara lettera, per vedere ch’e
pensarci, io non potrò non pensare a quegli onori che la sua presenza
mi
concedeua, et al mio sommo desiderio di seruirla
ona : dorrommi della mia pouera ventura. l’amoreuole proferta ch’ella
mi
fa si nuovo della sua casa, sarà da me accettata
a me accettata nelle occorrenze, et me li chiamo sempre più obligata,
mi
duole grandem.te che le comedie di costì non li p
gl’ Ill.mi Sig.ri D. Ascanio, et il fratello del Sig.r Duca Conti, et
mi
portarono versi p. doi altre machine, cioè il sol
di riuerentemente seruirla, e farle saper il uero del passato perche
mi
scrisse V. S. Ill.ma che si sapeua ch’io non ero
a consegnata dall’Ill.mo Monsig.r Bentiuogli suo nepote a mio marito,
mi
persuade a non rifiutare il fauore che mi uien fa
li suo nepote a mio marito, mi persuade a non rifiutare il fauore che
mi
uien fatto da cossi gran principe di mettermi nel
ia con mio marito, rispondo a V. S. Ill.ma che la maggior brama ch’io
mi
habbi, e di seruir Sua Altezza Serenissima ma lo
modarmi con il Sig.r leandro, e Brighella, e quell’estremo dolore che
mi
fa, con hogni humiltà, suplicare il Ser.mo Sig.r
humiltà, suplicare il Ser.mo Sig.r Duca a comandarmi più tosto che io
mi
rimanghi di recitare, che il riunirmi con loro. l
ecitare, che il riunirmi con loro. le cagioni sono tante, e tali, che
mi
uergogno di fargliene riassunto, non che minuto.
te, e tali, che mi uergogno di fargliene riassunto, non che minuto. e
mi
creda per quella riuerenza che si deue, e ch’io o
ione di questa compagnia, et ora ne confesso l’impossibilità. si come
mi
rimetto allo stesso che dica s’io mai diedi occas
tenti ragioni appresso la natural Clemenza di Sua Altezza Serenissima
mi
faranno degna della grazia che humilmente suplica
ome si voglia, se come vi ho detto volete venire a stare in casa mia,
mi
sarete caro e rimanerete beneficato dell’ajuto da
neficato dell’ajuto da voi ricevuto. Celia. Questo giorno la fortuna
mi
ha condotto in questo luogo, perchè io adempisca
dotto in questo luogo, perchè io adempisca il decreto del Destino che
mi
fece nascere per servirvi. Mi comandi e mi ami.
io adempisca il decreto del Destino che mi fece nascere per servirvi.
Mi
comandi e mi ami. Fulvio. Vi amo ; e per mostrar
il decreto del Destino che mi fece nascere per servirvi. Mi comandi e
mi
ami. Fulvio. Vi amo ; e per mostrare quale verso
issi, ma l’alterezza di questa balordella (benchè adesso il suo amore
mi
prometta e mi preghi) mi ha di maniera contro di
erezza di questa balordella (benchè adesso il suo amore mi prometta e
mi
preghi) mi ha di maniera contro di lei alterato,
uesta balordella (benchè adesso il suo amore mi prometta e mi preghi)
mi
ha di maniera contro di lei alterato, che ad ogni
eghi) mi ha di maniera contro di lei alterato, che ad ogni mio potere
mi
sono disposto, aborrendo le sue nozze, di consegu
n non so che di fortunato e d’infelice ; per me questo di Lauinia non
mi
piace ; poichè Lauinia, quella cantata da Virgili
te molto pratico delle cose del mondo, il mio Lucio. Celia. Se V. S.
mi
conoscesse bene, farebbe altro giudicio : ma che
. Dico, che quando anco la scienza della nomandia nel nome di Lauinia
mi
facesse prevedere la mia morte, che in ogni modo
re che Celia, perch’io possa satiarmi di Lauinia, per aguzza appetito
mi
ha servito. Celia. L’Alice dopo morte, mercè del
ortare la lettera uenite da qui a poco a pigliarla. Celia. O Fulvio,
mi
ferisci il cuore e vuoi ch’io taccia ? Mi condann
igliarla. Celia. O Fulvio, mi ferisci il cuore e vuoi ch’io taccia ?
Mi
condanni ingiustamente a morte, e non uuoi ch’io
per me di tanta dolcezza animate, che minacciandomi rovina, pare che
mi
promettino salute. Onde conviene che ringrati Amo
, pare che mi promettino salute. Onde conviene che ringrati Amore che
mi
porge occasione di sopportare lo impossibile per
o Adriano Riccardi (la bontà del quale di molte miserie in quella età
mi
sollevò) di andare a ritrovarlo ; chiesto licenza
poichè in Savena ci avessimo ad annegare, a Scarica l’Asino il vento
mi
gettò da cavallo, o giù del Mulo. La scesa del Gi
iù del Mulo. La scesa del Giogo bisognò farla a piedi ; a Firenze non
mi
volsero lasciare entrare la sera perchè avevo tro
r albergare ed iscaldarmi ; che del magnare, se non era l’ostessa che
mi
donò un poco di pane, digiunavo la vigilia di San
va, trovatolo in fine, il desiderio che avevo d’abbracciare il padre,
mi
fece abbracciar l’oste che anch’egli come mio Pad
tolo, ed inteso da me quello che dimandavo, con la scorta d’una serva
mi
mandò sopra in un camerino dove trovai il Padre,
lte parole, per dirgli ch’io fossi ; poi che in vedendomi, benchè non
mi
raffigurasse per figlio, sentendosi commuovere, g
di panno il Sig. Francesco Andreini marito della famosissima Isabella
mi
fece imparare un Prologo, che da me recitato fu i
za e di reverenza. Ill.mo et Ecc.mo Sre et Pne colendissimo, Per non
mi
concedere l’obbligo a cui volontariamente mi sott
e colendissimo, Per non mi concedere l’obbligo a cui volontariamente
mi
sottoposi, et la riverenza che ragionevolmente de
ri, nè di procurarmi ad altrui persuasione o mio capriccio compagnia,
mi
ha trattenuto che in niuna rivolta fattasi tra di
di noi, habbi nè aderito nè promesso, et hora che la volontà di V. E.
mi
viene notificata per la lettera scritta alla Comp
o di nuovo a promettere che Sig.r Flavio per parte sua m’imporrà, che
mi
governerò, non potendo interesse di odio o di ben
giungono le gratie, che sà dispensare la benignità di S. E. Illma, è
mi
creda che l’interesse non mi domina, ma che in ef
ispensare la benignità di S. E. Illma, è mi creda che l’interesse non
mi
domina, ma che in effetto un genio diuotissmo mi
che l’interesse non mi domina, ma che in effetto un genio diuotissmo
mi
hà fato scriuere è mi fa operare per potere auten
i domina, ma che in effetto un genio diuotissmo mi hà fato scriuere è
mi
fa operare per potere autenticare à V. E. Illma l
er potere autenticare à V. E. Illma la mia sincerità, lo stato in cui
mi
trovo, non u’ ha dubbio che richiede humil.te sol
ialmente, uolendomi portar colà fra tre o quattro giorni) in tal caso
mi
confermerò diuoto alla generosità di V. E. Prego
tal caso mi confermerò diuoto alla generosità di V. E. Prego Idio che
mi
sortisca come spero, che in hordine à quello gli
Bononcini Domenico, brighella. Il cav. Azzolini
mi
comunica colla consueta gentilezza la lettera seg
g.ª Sua sia meritevolmte eletto Giudice de Saui in Ferrara, tal nuoua
mi
ha Resa tanta Consolatione p la deuota servitù ch
i ha Resa tanta Consolatione p la deuota servitù che li professo, che
mi
ha stimolato ancora ad incomodare V. S. Ill.ma co
abandonerano poichè si mostrano assai uogliosi. Se nostro Sig.e Iddio
mi
darà vita, qto Carnevale verò ad esercitare con l
ouamente de’ suoi onori, Baciand :i con ogni Umiltà le mani, p sempre
mi
dichiaro Di V. S. Ill.ma Rimini, li 22 Giug.º 1
S. Ill.ma Rimini, li 22 Giug.º 1698. Nè da Ferrara, nè da Rimini
mi
fu possibile rintracciar notizie sulla compagnia
nte dal cav. Azzolini. Illmo. et Ecc.mo Sig.r Mio è Pron. Colend.mo
Mi
forza incomodar V. E. con mie mal composte rige,
umiliss.ma riuerenza p. parte di mia sorella che se li dedica serua,
mi
notifico Di V. S. Ill.ma et Ecc.ma Bergamo il d
, a cura ma questo poco m’importa, sono gl’otto scudi delle botte che
mi
danno fastidio, La pregho andare dal Signor Giuse
ho andare dal Signor Giuseppe Priori, cassiero del Monte, e dirli che
mi
fauorisca auuisarmi per qual causa non ha pagato
denari de miei, e farsi dare una notarella del nostro, conto, perche
mi
pare che tenghi assai più nelle mani, se pure a r
pregho uedere l’Ill.mo Sig.r Cast.no e Sig.r Seg.rio e dirli che Non
mi
scordo receuer li suoi fauori per l’alloggio in s
uer li suoi fauori per l’alloggio in sua Casa come per sua Gentilezza
mi
esebi e che tra poco potria seguire mi ualessi de
a Casa come per sua Gentilezza mi esebi e che tra poco potria seguire
mi
ualessi delle sue grazie, e qui con riuerenza per
’Estate, Vanno assai superiori alli guadagni che si fanno in Italia e
mi
sottoscriuo Di V. S. M.to Ill.tre Nap.li li 5 A
lui aurà distinta relazione delle nostre facende e perchè il medesimo
mi
à lasciato in forse di ritornare, la pregho con d
a quanto a me stesso. Se potrà onorarmi di quel poco di fitto decorso
mi
farà fauore pagarlo al Signor Priori, appresso il
o ottima salute l’istesso, spero nell’Altissimo, che sij di V. S. che
mi
sarà car.mo sentirlo con sua, è se potessi seruir
est’anno si uol sentir belle cose, altro non ò che dirle solo che non
mi
lasci infrotuoso, accertandola che sempre sarò. D
co questa mia per non parere che stij sul grande, ma so dirli che non
mi
lusinga altra speme ch’ella si sij scordato di me
euale (se a Dio piace) dobbiamo essere a Ferrara. La prego ancora se
mi
conosce abbile in Liuorno non mi lasciare infrotu
ssere a Ferrara. La prego ancora se mi conosce abbile in Liuorno non
mi
lasciare infrotuoso ne sij scarso di sue lettere,
si dal formaggio s’inganna, mentre tengh’ordine salutarlo e con tutti
mi
sottoscriuo Di V. S. M.to Ill.re Livorno 4 7bre
to, scriverli ciò che l’animo mio sente, sì per discolparmi di quanto
mi
viene aposto, come per godere di quel privilegio
le di poter per qualsivoglia strada rimovere questa sua mala volontà,
mi
disposi ricorrere dal sig. Flavio, hauendomelo V.
i sopra le spalle, e tanto più ero necessitato a pensarci, quanto che
mi
riducevo a mente il periglio che passai di rimane
ivendo al Sig.r Flavio parte de’miei disgusti, il quale per sua bontà
mi
amonì ad hauer pacienza per quest’anno, prometten
pensieri si devono fare nell’intendere di simil cose ? Con tutto ciò
mi
sono achetato, sperando in Dio e in V. E. diffens
i sono state e sono le cose, Ecc.mo Sig.re, e quando trovi altrimente
mi
privi della sua gratia che sopra ogni cosa stimo,
rella ; direi anco senza il Sig.r Fulvio, ma volendo ella che ci sia,
mi
acheterò, racordandole solo che il povero Leandro
ciò che da un animo preparato al male si può sperare. Mia moglie poi
mi
fa mille protesti di non voler essere dove la Nes
lei a contentarsene, perchè non vorrei vivere in un continuo inferno.
Mi
escusi della prolissità nello scriverle, e del di
la riverenza che ò portato, porto e porterò a V. E. mentre che viva,
mi
sarei partita subitto per non star dove lei ; ma
se questa donna è in compagnia, e più tosto mangerò radice di erbe e
mi
contentarò di adimandar la elemosina tanto che vi
ingegnarsi, o lasciar che altri s’ingegnino per potter guadagnare. Ma
mi
dispiace che non ò colpa e pure ò tutto di meno,
aggio per Loretto, dal qual loco non uscirò sintanto che non sappi se
mi
vol far degna della gracia adimandatali. V. E. co
che sono l’espressione più chiara di questa strana pazzia : L’ardir
mi
porge aita, l’arroganza mi scorta, l’astuzia fa g
chiara di questa strana pazzia : L’ardir mi porge aita, l’arroganza
mi
scorta, l’astuzia fa gli agguati, l’audacia move
e è meco, il contrasto m’irrita, il cordoglio m’affligge, la vendetta
mi
sprona ; nobil desìo m’accende, la discordia mi c
affligge, la vendetta mi sprona ; nobil desìo m’accende, la discordia
mi
chiama, il disprezzo mi spinge, il dolor m’avvalo
sprona ; nobil desìo m’accende, la discordia mi chiama, il disprezzo
mi
spinge, il dolor m’avvalora, il proprio error mi
chiama, il disprezzo mi spinge, il dolor m’avvalora, il proprio error
mi
sforza, la rotta fe’ m’irrita, la fierezza m’abb
fe’ m’irrita, la fierezza m’abbraccia, la fortuna m’aggira, la forza
mi
sospinge, le furie mi dàn l’armi, il mio furor m’
ezza m’abbraccia, la fortuna m’aggira, la forza mi sospinge, le furie
mi
dàn l’armi, il mio furor m’accieca, la gelosia m’
ente, l’ira sta in mezzo al petto, la lealtà sen fugge, il martor non
mi
lascia, la memoria non manca, le minacce son pron
non manca, le minacce son pronte, la miseria m’abbraccia, necessità
mi
stringe, l’odio sta sempre meco, l’ostinazione è
tà mi stringe, l’odio sta sempre meco, l’ostinazione è fissa, la pena
mi
tormenta, il pensier mi tradisce, il pentimento è
a sempre meco, l’ostinazione è fissa, la pena mi tormenta, il pensier
mi
tradisce, il pentimento è certo, la perfidia è d’
rità non basta, le querele son sparse, la rabbia m’avvelena, il vigor
mi
percote, il rumor già m’assorda, lo sdegno in me
me s’accresce, il soccorso s’invola, la speranza vien meno, il timor
mi
travaglia, il tradimento ha l’armi, il valor lo r
, il valor lo respinge, la vendetta l’uccide, la vittoria m’innalza e
mi
corona !… Queste son le mie palme, ed è questa l’
ia a tutti quando favella ; uno spagnolo, che non sa proferire se non
mi
vida, e mi corazon ; un Pedante che scarta nelle
quando favella ; uno spagnolo, che non sa proferire se non mi vida, e
mi
corazon ; un Pedante che scarta nelle parole tosc
studio su G. B. Andreini. Ma, a dir vero, questo monologo di Arianna
mi
mette un gran dubbio nel cervello. Questo incalza
lla pratica di questa donna ; basta, fra lo Scaramuccia e il Tempesti
mi
danno non poco da fare. 3 settembre 1685. – Anch
n poco da fare. 3 settembre 1685. – Anche Scaramuccia col suo figlio
mi
fanno ammattire ; trotto, galoppo, vengono da me,
figlio di metterlo in S. Lazzero1 ; è fuori di casa, senza un soldo e
mi
bisogna accomodarli di tempo in tempo qualche den
on ho mai creduto che a Firenze comandasse che il Granduca e non lui.
Mi
disse che vuole scrivere una lettera a S. Altezza
rà tutte le pessime cose che fa suo figlio ; io li risposi che quello
mi
diceva a me non riguardava che la sua coscienza,
perchè altrimenti bisognerà entri in sicurtà il Valenti, et in breve
mi
troverò addosso tante sicurtà che se mi fanno ban
curtà il Valenti, et in breve mi troverò addosso tante sicurtà che se
mi
fanno banco rotto non mi servirà il letto per sod
reve mi troverò addosso tante sicurtà che se mi fanno banco rotto non
mi
servirà il letto per sodisfare ; faccia pulito pe
ho pensato a darli un minimo disgusto. Non è la prima volta che V. S.
mi
ha maltrattato per causa delle sue donne perchè a
attato per causa delle sue donne perchè ancora al Palazzo reale V. S.
mi
cacciò fuori di casa con la moglie per causa di m
n ho mai fiatato, e sono stato sempre figlio obbediente e rispettoso.
Mi
dispiace che V. S. mi facci queste ingiustizie, m
no stato sempre figlio obbediente e rispettoso. Mi dispiace che V. S.
mi
facci queste ingiustizie, ma soprattutto la calun
V. S. facci de’ suoi danari, ma che non posso farne contratto perchè
mi
farei un eterno pregiudizio, tanto più che conosc
sono sempre stato ; e pregandola a abolire le grandi maledizioni che
mi
ha mandato e a benedirmi come buon padre, resto D
a maritare e che Scaramuccia non la tocchi. 24 settembre 1685. – Non
mi
resta che pregarla a far sollecitare la moglie de
e benchè la Serenissima Granduchessa si fussi fatto dare 60 scudi che
mi
fece mandare acciò glie li dessi, come segui, que
suo padre, si che anco a questo è bisognato farli dare 20 doppie che
mi
ha promesso, subito arrivato a Firenze, in casa d
glio adesso che è lontano, ma non c’ è stato possibile, e V. S. Ill.ª
mi
creda che non c’ è che Iddio che ci possa rimedia
Di Scaramuccia non m’informo più di nulla e non lo voglio dintorno ;
mi
manda qualche lettera che piglio perchè le credo
lettera che piglio perchè le credo di servizio del suo sig.r figlio.
Mi
dissero a giorni passati in casa Valenti che la s
e’ sensi con i quali ella m’esprime il core nei trati della penna, ma
mi
duole al somo che la malidicenza m’ abia dipinto
lidicenza m’ abia dipinto in lontananza ( ?) più diforme di quelo che
mi
sia acorto de avere provato deboleza per quella g
i sia acorto de avere provato deboleza per quella giovine di che ella
mi
accenna e vorei ridurele al non essere quello ch’
mi accenna e vorei ridurele al non essere quello ch’ è fatto, ma non
mi
posso pentire di quello che io facio non esendo n
si trova, e Sua Maestà ch’è un Prencipe nelle relacione incorotto non
mi
averebe conceduta la gratia se non avesse conosci
se non l’avesse fatto. Sono homo, e Dio, per sua devina misericordia,
mi
ha dato tanto lume per distinguermi da le bestie,
ione il senso et il capricio. Dio perdoni a chi per sordido interesse
mi
a dato questo disgusto, e mi a reso a l’idea di V
Dio perdoni a chi per sordido interesse mi a dato questo disgusto, e
mi
a reso a l’idea di V. S. III.ma si sconcio e cont
de’ suo’ consigli dei quali saprò valermene quando la deboleza homana
mi
farà perdere il cervelo ; di presente, gracia a D
i presente, gracia a Dio, me ne trovo ben provisto e tanto più perchè
mi
confermo con afetovoso rispeto Di V. S. Ill.ma
sta mia letera per poterla fare recapitare a mio figlio cosa che asai
mi
preme ò preso ardire confidandomi nella infenita
i. Io averei molto a dire de le sue disubete[n]ce e pocho rispeto che
mi
à senpre portato, basta a dirle che se lui non pa
(parola inimelligibile) del suo procoratore ed ora per la stesa causa
mi
a camato al parlamento con altra furberia, ma spe
o osirne in bene de tutte due e a lascato avochati e prochoratori che
mi
molestano acciò non vadi a Firence per godere le
ntato o mandato una prochura al signor A[n]tonio Aveni avochato a ciò
mi
renda conto de 33 anni che mia moglie ha goduti i
elle grazie che per magaminità e bontà di S. A. S. che per molti anni
mi
a senpre continovato le sue grace. Al mio arivo p
onore da S. A. S. di farglo intendere che abia cura de miei interessi
mi
farà una gran gratia V. S. Ill.ma sarà avisata de
rà una gran gratia V. S. Ill.ma sarà avisata della mia partenca a ciò
mi
onori di suoi comandi. Averei a charo che il sign
ndo infenite gratie a V. S. Ill.ma de’ boni avertimenti che sua bontà
mi
dà sopra l’anima e riposo della vecheia. Sono 2 a
sua bontà mi dà sopra l’anima e riposo della vecheia. Sono 2 anni che
mi
sono levato e ritiratomi dalle sene comiche e se
to quello che camo mio figlio sarebe a casa sei anni sono ; ma perchè
mi
fece una infamità che fu costreto a partire di Pa
D. a segnio che quando torno fosimo a reverirla non lo volse vedere e
mi
fece dire che non avenga mai più con lui, avendo
che ò apreso di me l’obligatione per notaro dicendo vendendo la terra
mi
sarebe pagati, e cosi si è ag[i]ustato il vendito
a terra senza mia saputa e nel darli li sudeti prima 9 mila fra[n]chi
mi
rinviò la caricha a dove io la vedei, la vendei 8
cone ed io in colera lo sgridai e venesimo a parole e l’ultima parola
mi
dise ch’ero un becho e fugi ne la sua camera e se
ha venduta acora sono in lite al Sataleto ed ora à mandato prochura e
mi
à messo un’ altra lite al parlameto e poi mi fece
ora à mandato prochura e mi à messo un’ altra lite al parlameto e poi
mi
fece dire : dite a mio padre che se viene a Firen
se viene a Firence che non comadi i suoi servitori ne meno il fatore
mi
averebe dato una camera e che adasi a magiare e n
non a mai portato un bichero di aqua in casa, e da che lui è in casa
mi
chosta più de 20 mila schudi. Non li scrivo le ch
a più de 20 mila schudi. Non li scrivo le chave false e latrocini che
mi
à fato e goderli con le done, non scrivo le svirg
ono che sarebe partito e sarebbe ritornato col figlio a casa. Parti e
mi
à lascato 2 lite contro di me, una al casteleto,
sono le testimonianze : comincio da quella di Evaristo Gherardi, che
mi
par s’abbia a ritener la migliore ; ed ecco perch
non ho finito ancho il primo sonno, & la patrona della sua serua
mi
manda, per ch'io parli col mio padrone : ma eccol
Oh quand qstu no dorm l’è pur vizilant as pò ben dir che essendo con
mi
, ch'ai sia insiem du huomn dlla caplina lu in te
o con mi, ch'ai sia insiem du huomn dlla caplina lu in te la tutia, e
mi
in quel ch se sa. Dim Pocintesta, che cosa voi si
he t’hà in quel Alcest ? Poc. Mad. s’io vo dal patrone, volete ch'io
mi
leui di questo letto, o pure ho d’andarui cosi ig
rob, cha t’ho scritt in qella plizza. Po c. Eccoci il giorno, ma chi
mi
ha portato qui senza mia licenza, & m’ha riue
to concet, zuè la tua vpilation, tu vuo dir Mad. la qual parland cun
mi
vuol vnfrir l’infurnad parol, che te ne par, none
viuo da donero ; e s’io muoro mai più, che possiate essere castrato ;
mi
pareua hora dormendo, che haueuate perduto il cer
imonie, at domand le robeno al ceruel. Poc. O vi dirò. il messo, che
mi
fù portato dalla lettera, dicea cosi. Per vn pres
: il subbio eccolo. che ve ne pare ? non son’io lesto ? & se non
mi
credete ecco la lettera. Gra. Ti n’ sa liezer, l
se non mi credete ecco la lettera. Gra. Ti n’ sa liezer, lassa far à
mi
, da qui che te m’hà srui in ti garit ; la dis qsi
r l’imbastarda con la và. Poc. E di che sorte ; dirò così. M. ritrat
mi
manda da voi la cortigiana, acciò le mandiate vn
ia ma vsci dalla scola d’Zezaron, potta d’Zuda, s’Roma perdes qstù, a
mi
la free po castrà da vera, va mit zo qste rob, e
a, che vaga a cà d’la sorella d’la patrona, sat Pocintesta garbat ? e
mi
andarò dal mia cumpar per vn mia disegn.
se osassi defraudare i lettori di questo gioiello di lettera ch'ella
mi
scrisse or son pochi mesi, la quale rispecchia tu
mio, Giovanni Zanon, era di famiglia benestante, e pei moti politici (
mi
pare del '21) fuggi da Venezia, e si rifugiò in u
dre, buona creatura, donna dei tempi primitivi ! Quando io fui grande
mi
sembrava che lei fosse mia figlia, ed è perciò ch
, avè scritto ? Oh, sì, ch'El la benedissa dassèno, come che lo fasso
mi
dal profondo del cuor, povera vecchietta santa !…
ra. Un bel giorno, eravamo a Sanpierdarena, ella venne e dichiarò che
mi
voleva seco, non potendo più vivere senza di me.
poi dalla Sivori, come prima attrice giovine ; e le parti, in cui più
mi
distinsi, a giudizio della stampa, furon le tragi
vecchia, una specie di « batti…. Canappia…. me màgnela ? »…. Moro Lin
mi
prega di farla ; io ricuso, un po' per il genere,
genere, un po' perchè non sapevo come avrei potuto fare una vecchia :
mi
prega la Marianna (la Moro Lin)…. Moro Lin mi sup
tuto fare una vecchia : mi prega la Marianna (la Moro Lin)…. Moro Lin
mi
supplica…., e…. mi lascio convincere. Notate bene
ia : mi prega la Marianna (la Moro Lin)…. Moro Lin mi supplica…., e….
mi
lascio convincere. Notate bene che si recitava al
iss Multon, e io ci facevo la bambina : si replicava da molte sere, e
mi
trovai a faire nella stessa sera la bambina nella
. Ah ! dimenticavo di dirvi che il secondo anno che ero con Moro Lin,
mi
sposai con Francesco Paladini, che faceva il bril
uno splendido avvenire nelle parti di forza e di sentimento, la Zanon
mi
scriveva : « ghe ne vorlo de più ? Chissà, prima
eva da Madre. 1ª sera Quando io penso al primier tempo passato, qual
mi
facea stentar più del dovere, dico fra me ; ch’il
a ringraziato che diede alla mia figlia un gran sapere : per opra sua
mi
trovo in altro stato, ma in oggi così va ; chi vu
e duoli ; e qualche buon partito attenderei, ma non trovo nessun che
mi
consoli ; (qui manca il 5° verso, omesso per erro
è ho ancora desio d’aver figliuoli ; e se io facessi tal risoluzione,
mi
piacerebbe questo bisciolone. 4ª sera (nella Reg
e son contenta del marito, che ha preso mia figlia in forma tale, che
mi
è parso toccare il ciel col dito ; e dirò ancor n
erno affetto, già siete dello sposo e non più mia, e questo è ciò che
mi
trafigge il petto. Cercate che tra voi la pace si
rancesco detto Valerio, e Francesca detta Ortensia. In nessuno, ch’io
mi
sappia, nè antico scrittore, nè moderno, si trova
Dimani faciamo l’ultima comedia qui in Padova e la settimana ventura
mi
porterò a Vicenza con tutta la compagnia, havendo
che cosi si impararano più presto. V. S. Ill.ma se lo ricordi perchè
mi
preme assai venire a Mantova con qnalche cosa di
. S. Ill.ma risposi prima si finisse il Carnevale, e perchè in quella
mi
accennò che S. A. S. non voleva che la compagnia
ni, caso che si havesse d’andare a Padova o per lo Stato veneto, come
mi
giova di credere, lascierei parte della mia robba
e cose che si espettano a me come primo moroso non intendo che alcuno
mi
metta il piede avanti, non ho che agiungere e riv
di presente in Venetia, et desidera sapere quello ha da esser di lui,
mi
ha pregato che io ne dia parte a V. S. Ill.ma, et
quale intenderà più a lungo li interessi della compagnia, et io a lui
mi
riporto, spera dalla benignità di S. A. S. di res
ia deve principiare, et a qual parte deve incaminarsi, come nella sua
mi
accenna, giacchè la mia putta sta assai bene et è
rovano, et doppo partirmi subito per bologna, dove per miei interessi
mi
converrà trattenere al mancho otto giorni, non ho
ruff.no, circa poi che dice il S.r Carlo di non poter più recitar, io
mi
rimetto all’Autorità et comandi del S.mo padrone
io dire non voglio più recitare, con sodisfatione di S. A. S., et che
mi
fusse concesso mi sarebbe oltre modo caro, non so
più recitare, con sodisfatione di S. A. S., et che mi fusse concesso
mi
sarebbe oltre modo caro, non soggiungo altro perc
ruffaldino menzionato nelle lettere dell’Allori. Nè di codesta Pazzìa
mi
resta a dire alcun che di preciso. La pazzìa del
o pregai di dirci il suo nome : « Io sono Francesco Voller, comico, »
mi
rispose. « Ed io ho una lettera di sua madre da c
arle ; » e glie la diedi. Questa prima avventura della mia giovinezza
mi
cagionò un’immensa gioja. La sola bella avventur
rnai in me, ero circondato dal nostro console e da un medico, i quali
mi
avevano fatto portare in un albergo : non ero fer
sso dal dolore, ero stato trovato svenuto. L’armatore Giuseppe Valery
mi
mandò una valigia di biancheria, dal sarto mi fec
rmatore Giuseppe Valery mi mandò una valigia di biancheria, dal sarto
mi
fece fare due abiti completi, e mi fornì di denar
a valigia di biancheria, dal sarto mi fece fare due abiti completi, e
mi
fornì di denaro : tutte queste premure fecero sì
che io faccio conservare a mie spese. Fu fatta una sottoscrizione che
mi
fruttò una bella somma, e il Maire con tutto il C
vano in terra benedetta, meno mia moglie…… Eravamo ai primi di marzo.
Mi
alzai prestissimo, corsi al porto, noleggiai una
i marzo. Mi alzai prestissimo, corsi al porto, noleggiai una barca, e
mi
feci condurre sul luogo del disastro. Sorgeva il
cqua del mare era chiarissima, e si scorgeva quasi il fondo. Il cuore
mi
batteva forte, forte : aveva posto l’anima ne’mie
Il cuore mi batteva forte, forte : aveva posto l’anima ne’miei occhi.
Mi
parve vedere sott’acqua la forma di due gambe. Co
trovato mia moglie ! Il buon uomo piangeva ; si convenne che dopo che
mi
fossi tornato a tuffare, egli mi avrebbe ajutato
piangeva ; si convenne che dopo che mi fossi tornato a tuffare, egli
mi
avrebbe ajutato tirando la fune : abbracciai il c
fronte, il corpo era intatto e punto trasfigurito. La signora Valery
mi
mandò della biancheria e un abito di lana nera ;
ino al figlio ed al fratello. Confesso che la gioja di averla trovata
mi
fece al momento scordare il dolore di averla perd
Emanuel Giovanni. « Firenze, li 15. 1. 1898. – Carissimo Rasi – Tu
mi
chiedi di parlarti di me. È impossibile : dovrei
ra una Rosa Pugno, mio Padre si chiamava Guglielmo. All’età di 3 anni
mi
portarono a Torino. Finito il Liceo, mio padre mi
. All’età di 3 anni mi portarono a Torino. Finito il Liceo, mio padre
mi
disse, lagrimando, che non poteva più mantenermi
, poi per disperazione dell’avvenire oscurissimo, nel 1866 in giugno,
mi
aggregai a Bellotti-Bon e d’allora fo il “buratti
che uno scopo : la verità. Lessi costantemente tutte le critiche, che
mi
si fecero ; molte ne accettai, molte ne ripudiai
me il mio personaggio : quando sono riuscito a contentare me, allora
mi
accingo al duello. La prima impressione, che prov
verò mai a renderla come l’autore l’ ha creata ! La lascio, ci penso,
mi
faccio coraggio e l’attacco ; e man mano che la s
i una costernazione indicibile m’invade testa, cuore, gambe, braccia,
mi
stringe pei capelli, mi stramazza a terra, e alla
cibile m’invade testa, cuore, gambe, braccia, mi stringe pei capelli,
mi
stramazza a terra, e alla fine mi decido. Un ulti
e, braccia, mi stringe pei capelli, mi stramazza a terra, e alla fine
mi
decido. Un ultimo lampo di viltà e d’angoscia al
dopo due anni che ero nell’arte, e lo rappresentai dopo dodici : non
mi
piacqui perchè ero troppo enfatico : lo ristudiai
la tua genialissima Firenze, che io amo coll’anima d’un innamorato, e
mi
trovai una stanza presso un buon borghese, che er
i tutte le parole di Shakespeare, e ad ogni dubbio, ad ogni oscurità,
mi
mettevo ad urlare : – Padrone, padrone ! – Eccomi
gliatelle (perchè faceva anche da cuoco a certi altri suoi pigionali)
mi
compariva dinanzi col matterello in mano. – Che c
tura. ……………………….. L’anno scorso una parte di codesti critici, che ora
mi
va addentando cosi rabbiosamente, levava ai sette
tista, è sommo il direttore, il maestro, e, sotto quest’aspetto, egli
mi
rammenta Gustavo Modena, che fu il rinnovatore de
rdine s’esprimeva che si dassero al Cav.re che lo hauesse presentato.
Mi
persuado però che siano ancora in quella città, m
: Molto Reu.do Sig.r mio Sig.r Padrone Coll.mo Il mio fiero destino
mi
riduce agl’estremi, mentre doppo una si lunga ser
r darmi parte dell’ultimo esterminio di mia Casa ; e li detti huomeni
mi
conducono per certo nel Castello di Casale ; se b
per certo nel Castello di Casale ; se bene nel partire mio da Mantoua
mi
fecero credere di incaminarmi alla Patria con int
soldo solo per riparare all’altre cotidiane mie necessità ; onde non
mi
auanza altro, che una misera, e mal condotta uita
anti guai, peggio, che morte ; e Dio sà quello sarà di mè, doppo, che
mi
haueranno posto nel sudetto Castello. Eccomi pert
lementissimo Padrone, perche dall’abisso di tante miserie, e calamità
mi
aiuti à sottrarne. Sono ridotto in mendicità estr
S.r Ecc.mo e con il S.r C. Ronchi ; e per mezzo di qualche Religioso,
mi
facci penetrare à Casale sudetto qualche speranza
r disperato ; che se non fusse per la salute dell’anima ; à quest’ora
mi
sarei tratto fuori di tutti gl’affanni. Mi è fugg
e dell’anima ; à quest’ora mi sarei tratto fuori di tutti gl’affanni.
Mi
è fuggito il poco di tempo che haueuo : me le rac
ltimi sudori de' Teatri, spogliandomi affatto del laborioso coturno ;
mi
fo lecito hora comparirle colla douuta deuozione
ppello tondo all’inglese. Entra nel mio studio a passi contati, ed io
mi
alzo : costui fa un gesto propriamente pittoresco
onsolazione ? D’A. La mia famiglia, i miei parenti, la mia patria non
mi
rivedranno, che gloriosamente cinto d’alloro. G.
enti di congratulasione, egli si mette in una tal positura comica che
mi
fa ridere e m’impedisce d’andare avanti. D’A. No
agerato i vantaggi di cui godo nella mia professione : ma son comico,
mi
fo conoscere ad un autore, ed ho bisogno di lui.
’A. Si ; vi conosco per fama ; so che siete garbato quanto abile, non
mi
darete una negativa. G. Ho molte occupazioni, non
ei complimenti alla Signora Sua, ed a tutta la gentilissima famiglia.
Mi
scordai costì prendere due boccette di acqua dell
ia. Mi scordai costì prendere due boccette di acqua della Regina, che
mi
erano state ordinate ; onde la prego istantemente
, ma quanto prima, superata la convalescenza, uscirà dalle catacombe.
Mi
conservi la sua stimatissima grazia, ed in fretta
dalle catacombe. Mi conservi la sua stimatissima grazia, ed in fretta
mi
confermo, Tutto suo Carlo Goldoni. NEL PARONZIN
rmo, Tutto suo Carlo Goldoni. NEL PARONZIN sonetto Finalmente anca
mi
son arrivà a aver al fianco un tocco de muggier ;
esso ; ma po’ resta el brusor e la vergogna. Diga ognun quel che vol,
mi
son l’istesso ; colle donne, lo so, soffrir bisog
nza pensarvi, e con la maggior naturalezza. Una scoperta di tal sorte
mi
risvegliò l’idea di farlo comparire sotto questi
a troppo alta per lui, rispondeva : « no, sono le quattro ventine che
mi
pesano. » Nell’andito della casa di lui fu colloc
li e Bisticcio, pretendente della Villana, uno de’più ingegnosi ch’io
mi
conosca : Bisticcio. Se tento intanto, un tanti
te i dati dubbi, io debbo se tacete, veder che dite ai moti muti, che
mi
amate mite ; e se non muta, immoto resto, e muto
rgola l’alte minacce e i crociti…. Bisticcio. Tu ti picchi ? Anch’io
mi
picco alla tua picca, se hai la pecca di aver pac
e spacco il capo cupo, e dò alla parca un parco porco. Scivoli. Non
mi
conosci, o misero ; se contro te mi adopero, quan
rca un parco porco. Scivoli. Non mi conosci, o misero ; se contro te
mi
adopero, quant’ossa porti io spezzoti. Bisticcio
etto il patto ; di citto o putto, non cito il petto. Eccetto il ratto
mi
accingo a tutto. Io mi batto fuor nell’atto fino
o o putto, non cito il petto. Eccetto il ratto mi accingo a tutto. Io
mi
batto fuor nell’atto fino all’otto ; mi ci metto
ratto mi accingo a tutto. Io mi batto fuor nell’atto fino all’otto ;
mi
ci metto come un matto nè vo in letto finchè a lu
metto come un matto nè vo in letto finchè a lutto non fai motto ; tu
mi
batti, io ti ribatto, e in baratto di tua botta,
no addatto ; niuno editto nè altro detto che sia indotto non adotto.
Mi
porta a sparte, e parto in parte aperta. Ho detto
tempo in cui il Del Buono vestì la sua maschera, come anche anteriore
mi
sembra la giubba a vita abbottonata e fermata da
Una delle grandi prerogative di Luigi Duse, non più accordata, ch’io
mi
sappia, ad alcuno, fu quella di poter negl’interv
o Gigi Duse !… fòra, fòra ! Duse. So quà, so quà…. Cosa comàndeli da
mi
? Pubblico. (Da un palchetto). Che commedia se f
blico. La xe vecia, la gavemo sentia. Duse. Se vero, la xe vecia, ma
mi
doman de sera faxo un bel teatro perchè tanti des
n de sera faxo un bel teatro perchè tanti desidera de sentirla ; e po
mi
me tegno al provverbio che dise : gallina vecia f
so amisi i ghe diga che i vegna doman de sera che i starà allegri, e
mi
più di lori : dunque ghe auguro felisenotte, e bu
fòra Duse. Duse. (Tornando). So qua, paroni. Lori i me ciama fòra, e
mi
doman de sera li ciamo dentro…. felisenotte. (Ris
bblico. Volemo Duse, fòra Gigi, Gigi fòra, fora. Duse. Cosa vorli da
mi
? Pubblico. Cosa ghe xe de novo per doman ? Dus
che me fa star de mal umor. Pubblico. Cosa xe, cosa xe nato. Duse.
Mi
ghe lo digo, ma me raccomando la segretezza, perc
ntimo, sentimo. Duse. Dopo doman me scade una cambial de 500 lire, e
mi
no so come far a pagarla ; e go paura che i me la
o paura che i me la protesta, e questo saria un bruto complimento per
mi
. Eh ! Cosa gogio da dir ! Go tuta sta zente qua d
ute le matine, e no ghe xe miga discorsi : i vol magnar tuti i zorni.
Mi
proprio no so che santi ciamar. Però go pensà una
o gran giornata ; e dopo la Commedia La cavalcata de sior Giacometto.
Mi
digo che no ghe xe altro per introitar un migliar
ento de sto pubblico e dei me boni veneziani tanto boni e cortesi con
mi
. Dunque posso sperar che i vegnerà tuti alla mia
i tutti i segreti dell’arte scenica. — A distanza di diciannove anni,
mi
è grato oggi ristampare ciò che scrivevo, e aggiu
ibro poche ore avanti ch' io partissi da Catania : lo portai con me e
mi
fece buona compagnia lungo il viaggio. Le memorie
aduzione che ci ha data dell’Epitalamio per le Nozze di Peleo e Teti,
mi
sembra veramente degna di Catullo, e, s’ io non e
extenuata gerens veteris vestigia pænæ : e se non fosse il gerens che
mi
mette ancora un po' di dubbio, oserei chiamarla c
Perchè non si potrebbe adoperare anche in italiano la stessa parola ?
Mi
perdoni questo mio giudizio schietto e senza ipoc
mprenderà quanto io La stimi dal modo stesso col quale io La giudico.
Mi
creda con verace stima Suo dev. G. Trezza. Caro
pepe e col sale. Non posso levarmi dalla testa quel secondo verso che
mi
pare la più bella delle moltissime perle del tuo
ro Sig. Rasi, Bologna, 3 marzo 1883. La ringrazio del suo libro, che
mi
pare utilissimo, e dal quale mi pare che imparerò
883. La ringrazio del suo libro, che mi pare utilissimo, e dal quale
mi
pare che imparerò anch' io a leggere meno male i
« I Monologhi » che, domani comincierò a leggere, e della notizia che
mi
dà del superbo lavoro, a cui ha già posto mano. L
a cui ha già posto mano. Le giuro, che que' versi miei sulla Madonna
mi
parvero altra cosa, cioè meno infelice, quando pr
potesse donare all’ Italia un libro tanto utile e dirò, necessario….
Mi
voglia sempre bene : mi ricordi alla sua egregia
lia un libro tanto utile e dirò, necessario…. Mi voglia sempre bene :
mi
ricordi alla sua egregia Signora : perdoni alla f
e bene : mi ricordi alla sua egregia Signora : perdoni alla fretta, e
mi
tenga Suo aff.mo Giacomo Zanella.
trattenere un tanto Uomo con somiglianti minutezze. Ma s’io sono reo,
mi
raccolgo e riparo all’ombra della vostra grandezz
elice passa e si tollera più agevolmente in grazia del buon successo.
Mi
discolpi eziandio l’unico intento che mi mosse, d
in grazia del buon successo. Mi discolpi eziandio l’unico intento che
mi
mosse, di appalesar per le stampe quanto io mi pr
io l’unico intento che mi mosse, di appalesar per le stampe quanto io
mi
pregi della preziosa padronanza onde mi onorate d
lesar per le stampe quanto io mi pregi della preziosa padronanza onde
mi
onorate da più anni, e quanto io ammiri le rare d
lla seconda metà del secolo xvii, che riferisco intera, e dalla quale
mi
sembra egli apparisca assai più impresario che at
, e fatti li Conti del mio debito sodisfarò con quella porccione, che
mi
tocarà de Guadagni, e li anni che non si faranno
agnia, che faremo sij durante la mia uita, o uinti anni che in questo
mi
rimetto nella benignita delle Signorie loro Ill.m
S. perch'era necessario, ch'io parlassi prima al signor Toschi. Egli
mi
ha detto di havere scritto a lei ciò che le occor
mia sono i confetti. Ma che sto a dir ! Qualor voi favellate d’Orfeo
mi
pare il suon sentire allora, che le fiere traea q
ra madre per la sua ragazza. Veda se si può trovare temerità magiore,
mi
honori dunque di porre nella lettera che la ragaz
r bene merito che goda etcetera. Scusi per gratia del troppo ardire e
mi
conceda quello che ò dimandato, accompagnato con
ometto di star un pezo ad infastidirlo. Le invio una canzonetta nova,
mi
saprà dire se le piace, mentre con il riverirla p
donarmi del ardire, conoscendo che il tutto nasce dalla necessità che
mi
stimola ad essere ardita. Son gionta in Ligorno q
fanno niente, così sono venute le nuove, il principio è molto brutto.
Mi
duole della disgratia avenuta al S.r marchese Lan
le della disgratia avenuta al S.r marchese Lanzoni e Amorotti, ma poi
mi
rallegro che è stata disgratia gratiata non essen
arietta nuova, sperando che serà di suo gusto, almeno per la novità.
Mi
occorre suplicare V. A. d’una gratia, la quale è
are V. A. d’una gratia, la quale è questa, nel viagiare, all’ osteria
mi
sono dimenticata quella scufia bianca, della qual
’ osteria mi sono dimenticata quella scufia bianca, della quale V. A.
mi
fece haver la moda, dico però quella della notte,
la figlia del S.r Terachia per mostra, scusi per gratia dell’ardire,
mi
honori mandarmene una overo il modello, e con il
compagni abino corisposto con poco termine, poichè sapendo che questi
mi
stimolano a pigliar questo impiego, dissero che s
ale in precio di mille ducati effettivi e casa finita, ha fatto ch'io
mi
impegni a servirli mentre m’ hano in tutto sodisf
rvirli mentre m’ hano in tutto sodisfatta di quanto richiedevo ; onde
mi
dispiace n’ poter sortir fortuna di ricevere le s
ò di procaciarmi occasione di conservarmeli per quella che senza fine
mi
confesso di V. S. Ill. Bologna 31 mar.° 1690. De
e in quelle parti, Che poi seguimmi in ogni estran paese ; Così Penia
mi
prese Allevatrice infausta, e mi percosse Ne’ mie
mi in ogni estran paese ; Così Penia mi prese Allevatrice infausta, e
mi
percosse Ne’ miei primi vagiti ; indi si scosse T
ui d’alta miseria speglio. A pena giunto al primo lustro, avara Morte
mi
tolse i genitori, ond’ io Potea sperar se non ric
he rio Strazia tenero cor, tenero seno (Lasso) imparai ; nè v’ ha chi
mi
pareggi ; Spietatissime leggi D’affinità così tra
o altrui sembrava Lince, Ed era talpa in sua ragion non franco ; Onde
mi
volsi ad essercizio industre ; Così dal loco illu
ri un tempo esperto ; Ma, perchè m’era troppo il piè legato Fuggitivo
mi
trassi ad altro stato. Per l’ Adriano mar su picc
stanco non mai di farmi guerra ; E ’n brevi note chiuderò gran cose.
Mi
fur pene amorose Continue al cor finchè Imeneo le
rtà senz’alcun prezzo ; E ’l pentirsi non vale in ciò da sezzo. Padre
mi
fe’ natura in cinque giri Pieni del sol di quattr
iene il gran governo De la terra, e del ciel Motor immoto. Ma, perchè
mi
sia noto, Che ’l propor, e ’l dispor varia potenz
, perchè mi sia noto, Che ’l propor, e ’l dispor varia potenza Variar
mi
convenne ancor sentenza ; Vivi dar gli volea ; tr
Vivi dar gli volea ; tre me ne tolse Morte ; e decreto, o permission
mi
sciolse. Ne la città, ch’ ha d’oro i bei costumi
zione : Me contra ’l maritarsi ira non punge, benchè de’ suoi dolor
mi
viva a parle ; dico per vero dir ; di mille a pe
e sempre in comedia s’innamora : Ma così Dio della sua grazia il dono
mi
conceda benigno come mai non sento al cor d’Amor
mi conceda benigno come mai non sento al cor d’Amor tempesta o tuono.
Mi
chiamano Flaminio uomini assai : ma ’l mio nome è
ri nato in Friul. …………… Signor, non ho denari, e ’l mio Destino padre
mi
fa di povera famiglia, che spesso dà molestia al
iotta, se vogliamo) della maschera del Dottore, di cui, per quanto io
mi
sappia, non è traccia fuorchè nel nostro Aniello.
ogn’uno Spacca di qua, Spacca di là, Spacca di sù, Spacca di giù, chi
mi
chiama, chi mi tira, chi mi prega, chi mi sforza
di qua, Spacca di là, Spacca di sù, Spacca di giù, chi mi chiama, chi
mi
tira, chi mi prega, chi mi sforza a dispensargli
a di là, Spacca di sù, Spacca di giù, chi mi chiama, chi mi tira, chi
mi
prega, chi mi sforza a dispensargli parte della m
a di sù, Spacca di giù, chi mi chiama, chi mi tira, chi mi prega, chi
mi
sforza a dispensargli parte della mia dotta dotto
sedere, e gli domando quel che voglia dal fatto mio ; egli affannato
mi
dice. Gli Dei son raunati in consiglio, & è n
amente rispondo, che per fargli seruitio sono in ordine, lui di posta
mi
piglia in braccio, & in vn batter d’occhio mi
rdine, lui di posta mi piglia in braccio, & in vn batter d’occhio
mi
porta in Cielo, e non ve ne voleua di manco, perc
Giudice ; e sul vero Ci voleua un tant’huomo in tanta lite. Non prima
mi
fui posto nel Soglio giudicesco, che tutti in tru
ta furia ; nessuno parli senz’esser chiamato ; e perchè si legge (non
mi
ricordo doue, à carte non sò quante, che vbi non
n’andai vn gran pezzo ramingo pe ’l mondo, & il primo luogo, che
mi
paresse sicuro per habitarui, fù alle sponde del
asi felix sinus, cioè luogo felice ; e perche gli abitatori di quella
mi
chiamauano Rè, io che sapevo d’essere stato scacc
iss’io allhora ; ma perche dice odi l’altra parte, chiamo Gioue ; lui
mi
viene innanzi, e dice : Io sono stato il fondator
i piglia per l’amarezza, e crudeltà in amore. Quand’io sentii questo,
mi
venne voglia di piantargli in mano vn tu hai ragi
estemmiare ; è possibile, che voi siate tanto sfacciata canaglia, che
mi
vogliate leuar la gloria delle mie fatiche ? Io h
a, quasi Felle sine, senza fiele, senza amarezza. Alla fè, che questa
mi
cauò quasi diffatto della brachetta la sentenza à
ta vi son note ; esse sono assai solide ; e se non ne trovo altre che
mi
dieno animo, voi non avrete in me che un attore t
timido, e però noiosissimo. Esordisco oggi in un carattere nel quale
mi
si giudicherà per confronti : se così è davvero,
sia interamente cattivo, oso dire che voi non dovete rigettarlo. Qui
mi
par d’udire alcuno di cattivo umore…. — Cotesta è
No, Signori ; io vi prometto di doventare superbo, solo allora che io
mi
creda sicuro del fatto mio. — Sia così ! Vediam d
gusto, e filosofo al medesimo tempo. Tal è la grande idea, ch’io non
mi
lusingo d’avere nemmen da lungo tratto adeguata,
e italiano. [8] Una fortunata combinazione, che con dolce compiacenza
mi
fo un dovere di palesar al pubblico, e che render
o meno scusabili i falli miei quanto più mezzi ho avuti di schivarli,
mi
fece scoprire una miniera di notizie appartenenti
ché meglio di me lo fa l’Italia tutta e l’Europa, fu il primiero, che
mi
confortò alla intrapresa, che rimosse da me ogni
resa, che rimosse da me ogni dubbiezza, che m’indicò le sorgenti, che
mi
fornì buon numero di libri rari, e di manoscritti
o da lontano senza mai toccarli1. Su questi materiali, e su altri che
mi
procacciai altronde colla diligenza, scortato ovu
al giudizio di persone intelligenti nei vari e moltiplici rami di che
mi
convien ragionare, giunsi a distendere la present
der possa la politica società. [9] Avendo bevuto a tali sorgenti, non
mi
dò il menomo vanto della esattezza e novità delle
ppoggiato quanto qui si scrive. Leggendo i molti e celebri autori che
mi
hanno preceduto nello scriver della letteratura,
vero poco si cura di risapere, se gli altri abbiano smarrita la via.
Mi
riserbai non per tanto a farlo in qualche occorre
la via. Mi riserbai non per tanto a farlo in qualche occorrenza, ove
mi
parve che lo richiedesse il bisogno, e m’astenni
zzo con cui sono stati ricevuti dal pubblico ) io veggo quante accuse
mi
si possono fare parte provenienti dalla ragione,
he non possa sostener a viso fermo l’aspetto della verità conosciuta:
mi
sono finalmente avvisato, che se il rispetto per
a: mi sono finalmente avvisato, che se il rispetto per un particolare
mi
sollecitava a usare di qualche parzialità, il ris
ialità, il rispetto vieppiù grande che deggio avere per il pubblico ,
mi
vietava il farlo, facendomi vedere cotal parziali
à sempre quel verso d’Orazio: «Odi profanum vulgus, et arceo.» [12]
Mi
resta solo il far una riflessione dopo la quale f
in Italia, ove più che altrove si è coltivato, e si coltiva pur ora,
mi
s’affacciò in sul principio una difficolta, che q
iva pur ora, mi s’affacciò in sul principio una difficolta, che quasi
mi
fece venir manco il coraggio. La tragedia, la com
ano né la giustezza né la profondità che campeggiano in altri luoghi:
mi
sembra, che abbia poco felicemente indagati i dis
nir opportune ai giovani, pei quali furono scritte principalmente. Io
mi
terrò fortunato se da miei errori altri prenderà
gnia insieme che egli possa sostentarsi cavandone utile che veramente
mi
rincresce che resti tolto a questo povero galanth
anti, et lo Scala è tanto galanthuomo che egli medesimo instantemente
mi
ha pregato ch' io operi in questo affare in guisa
e buon vento lo spingeva in costà, mentre si assettavano i bariletti,
mi
mostrò una lettera di V. S. degli 11 marzo scritt
ra di V. S. degli 11 marzo scritta su le 6 hore, la quale letta da me
mi
indusse subito a dirgli che non occorreva ne per
n vedevo quello che egli vi havesse che fare, et dissigli di più, che
mi
maravigliavo che essendo egli informatissimo dell
peva non poter servire a cosa alcuna nel concertato suo con S. A. che
mi
pareva prima di dovere io scrivere a V. S. quanto
unione, unione. Et poi tutti insieme, non una volta, ma ben quattro,
mi
son venuti a dire et protestare che assolutissima
isunire di sieme, et havendogli io più volte detto et ridetto che non
mi
volevo impacciare di questo affare ma che gli far
mi volevo impacciare di questo affare ma che gli farei sapere quanto
mi
pareva bene per utile loro et il mio desiderio, m
arei sapere quanto mi pareva bene per utile loro et il mio desiderio,
mi
tornorno tutti a dire, con humiliss.e preghiere d
di gratitudine harei io dimostrato a costoro che per 7 anni continui
mi
hanno obbedito al cenno, se io gli havessi rovina
eneroso, et confesso il vero, son persona dolce, ne so far male a chi
mi
riverisce. V. S. sà che 'l mondo si governa con l
o che faccin bene che io gli aiuterò sempre, e così li ho licenziati.
Mi
sono ben fatto promettere da ciascuno in particol
ncia nel Teatro di sì gran Corte ; e V. S. tenga per certo ch' io non
mi
inganno, perchè mi ricordo degli esempj de casi s
sì gran Corte ; e V. S. tenga per certo ch' io non mi inganno, perchè
mi
ricordo degli esempj de casi seguiti al tempo del
ste materie, nel qual caso poi, per dirgliela confidentemente, io non
mi
curo punto di rompere una Compag.ia che dipende d
ttomi da V. A. La Sig.ra Livia curiosa di veder l’habito negro a pena
mi
diede tempo di mandarlo a pigliare et perchè à gi
nza, ond’in vece di far una grossa spesa per acconciarlo a mio dosso,
mi
converrà tenerlo per reliquia cara del mio Ser.mo
tori io non son più che Arlecchino anche nelle mie metamorfosi. Se io
mi
trasformo in Turco, mi bisogna necessariamente to
Arlecchino anche nelle mie metamorfosi. Se io mi trasformo in Turco,
mi
bisogna necessariamente toglier la maschera per l
chera per la verità del costume. Quando io faccio una parte di bleso,
mi
tolgo la maschera : perchè ? Perchè colla mascher
ei muscoli prodotta da quegli sforzi. Ecco, signori, le obiezioni che
mi
permetto di farvi : esse mi paiono fondate su l’a
i sforzi. Ecco, signori, le obiezioni che mi permetto di farvi : esse
mi
paiono fondate su l’amore del vero che deve sempr
o era quasi pieno, e rimasero nette 314 lire, senza alcuni regali che
mi
vennero fatti, mentre in festa con Dramma nuovo,
ome pure il Raimondi nella parte del Suggeritore. Bellissimi articoli
mi
scrissero tanto sulla Gassetta officiale, come ne
ro tanto sulla Gassetta officiale, come negli altri fogli di Venezia.
Mi
dichiararono superiore a molti e inferiore a ness
ppresentato Goldoni. Lo stesso Paolo Ferrari che me la pose in scena,
mi
fa i più lusinghieri complimenti. La feci studiar
ento di farmi pagar bene, ed infatti me ne sono prevalso : se Astolfi
mi
ha voluto pel '56, ha dovuto darmi lire settemila
e inattesi, che, presi fuor di misura, oltrepassavano il confine. Se
mi
fosse lecita una comparazione, direi che Ernesto
rini di Mantova, ed entrò nella Compagnia Reale Sarda. Qui bisogna io
mi
fermi alquanto per l’importanza della scrittura e
passare alle minaccie, in caso di risposta negativa : ….. Se poi tu
mi
avessi a rispondere un No, assicurati che ne sare
mio contratto ; e ne avverrebbe allora, che tu maggiormente irritato
mi
obbligheresti con forza armata a venire a Torino,
arò intrepido, sarò forte contro all’invidia e alla tua inimicizia, e
mi
lagnerò sol quando mi farai vedere che questa sia
rte contro all’invidia e alla tua inimicizia, e mi lagnerò sol quando
mi
farai vedere che questa sia cessata ; sono avvezz
o tanta superbia, tanto orgoglio, e forza per calpestare la serpe che
mi
morde. E più giù : Sarò docile, mansueto, e pi
ocile, mansueto, e piuttosto che venir teco un’ altra volta in parole
mi
assoggetterò anche quando tu il credessi a fare i
l Trovarobe ; non posso più continuare, sono talmente arrabbiato, che
mi
trema la mano, la bile si converte in pianto, in
. Addio, che il Cielo non ti dia mai una giornata simile a questa che
mi
fai passare. Ancora una cosa io voleva dirti : Se
Se credi che la mia abilità non sia tale da meritarmi la paga che tu
mi
hai accordata, fai pure quelle restrizioni che vu
quelle restrizioni che vuoi : riducila a quella del tuo Macchinista :
mi
sarà più di contento che il sentirmela a rimprove
le di Ravenna (primavera del '64), recitava Le gelosie di Lindoro ; e
mi
par di vederlo ancora lasciarsi mettere un gran m
à !… L'udii vecchio, a Firenze, nell’Amleto : un colosso ! Shakspeare
mi
apparve in tutta la sua grandezza : Amleto con Er
tista gigantesco nel vero senso della parola. Una delle scene che più
mi
ferì fu quella del teatro, quando il Re, veduto v
ciso, si alza turbatissimo e si avvia frettoloso alla porta d’uscita.
Mi
par di vederlo, Ernesto Rossi, come inchiodato da
i italiani questo SONETTO Ti udiva, o Donna, e si pendeva attento, e
mi
stemprava di dolcezza tanto, de' tuoi labri amoro
nto nell’arte di cui tieni il primo vanto, che ancor rapita in estasi
mi
sento l’alma non sazia del gradito incanto, ancor
dito incanto, ancor dagli occhi, se'l tuo duol rammento, involontario
mi
discorre il pianto. Dammi, o Amalia, una lagrima
cusi a' mali tuoi sorde le stelle ! Chè per tal dono, onde in pensier
mi
beo, i' sarei pago, aver dovessi ancora la sorte
a Ser.ma ha fato scriuer a petrollino et ben che come sua humil serua
mi
douessi aquetare à quanto conosco esser di sua so
cosi non fosse uorei prima perdere la uita che restar di obedirla la
mi
faccia gratia di farsi dar informacione da chi ha
g.r Duca di Ferrara mio sig.re colendissimo. Ser.mo Sig.re Da molti
mi
uiene referto, che petrollino et io habbiamo pers
rdoglio : ma perche una sintilla de quella benignità, con la quale la
mi
ha sempre fauorita può render noi felicissimi io
a satisfatta, e non sia più straziata dalla parte avversa. La domanda
mi
par tanto giusta, maggiormente essendovi istrumen
anto giusta, maggiormente essendovi istrumento in forma camerale, che
mi
stringe a supplicare V. A. con la presente con mo
presente con molta caldezza. E con questo fine nella sua buona grazia
mi
raccomando e le bacio la mano. Da Roma a VII di
e Vivo splendore e gloria, Vincitrice dei cor dolce Vittoria. Nè già
mi
dolgo e pento di servitù sì cara e sì gradita, do
i agiungeueno la parola e il comando di V. A. S.ma e per tal disgusto
mi
amalai, come molti lo sanno ; Tralascio ch’egli c
meno degli altri nò è ragione. che Flaminio sia in compagnia no solo
mi
contento ma son soddisfatiss.ma p che so che è gu
. Residente di Venetia in Napoli, se questi uengheno no so come fare,
mi
rimetto A V. S.ma obligargli piu tutta la compagn
Em.za a compiacersi di concorrere nelle mie sodisfattioni, che di già
mi
persuado, che questi incontrerà nè suoi occorrent
che uantaggiose senza dubbio le riusciranno. La libertà con la quale
mi
uaglio de suoi fauori seruira a V. Em.za di argom
uaglio de suoi fauori seruira a V. Em.za di argomento, come desidero
mi
venghino da lei somministrati mezi proportionati
ne, baciava certa immagine stampata che là dentro teneva. Ogni volta,
mi
disse, che incomodo il mio scrignetto, dò questo
se un Ipocrita. Sbrigati ch'ebbe alcuni operaj che attendevano soldi,
mi
chiese, con un’eloqueuza da scena, in che potesse
rmi. Gli dissi che un qualunque posto io bramava nella sua Compagnia.
Mi
oppose subito cento difficoltà, e quando seppe ch
difficoltà, e quando seppe ch'io non aveva mai recitato, quasi quasi
mi
tolse d’ogni speranza. Dissemi essere necessario
menomo disgusto non si contenta d’onorarmi col titolo di giumento, ma
mi
balza agli occhi come una furia, e se non usassi
e, e forse forse diverrete la più famosa delle Commedianti. Ciò detto
mi
toccò una guancia con una compiacenza più che pat
occò una guancia con una compiacenza più che paterna, s’ingalluzzò, e
mi
fece avvertita che al Vecchio volpone ancora piac
re molto allegro. Come ? oltre il tuo invito di limitarmi sulla paga,
mi
dici ancora che la vostra Sopraintendensa non acc
ici ancora che la vostra Sopraintendensa non accorda posti assoluti !
Mi
fai osservare che il mio amor proprio sarà appaga
e ch’io non amo di farne parte. Di quanto scrissi nella mia del 9 non
mi
rimuovo d’una sillaba. V’auguro fortuna e quando
Compagnia alle stesse condizioni che ha col Nardelli, e soggiunge :
Mi
si dice che quest’ultimo non prosegua oltre il 39
l 39 ed è perciò che le avanzo questa proposizione, in caso contrario
mi
guarderei bene dal tentare di rapirle uno dei pri
ivo : In questo momento ricevo una lettera di mio fratello, il quale
mi
dà notizia delli coniugi Tessari. Andò in iscena
posizione degli altri, come è vero altresì che più presto degli altri
mi
è riuscito di vincerla. Ancor qui i partiti e gl’
e Compagnia. Se fra le cose possibili la voce sparsasi fosse vera, io
mi
reputerei fortunato di poterle offerire il posto
ianca per fissare l’onorario e stabilire le convenienze per tre anni.
Mi
onori ecc……. Il 23 stesso mese il Da Rizzo manda
i : Ferri – Voller padre e Colombini brillante ; di questi due ultimi
mi
si fanno grandi elogi – la coppia Pedretti che no
a firma non è chiara) scrive da Forlì il 17 settembre una supplica :
Mi
viene fatto suporre che quest’altro anno la brava
miserabili speculatori senza senno nè mezzi e fare il loro interesse.
Mi
direte essere difficile il trovare persone oneste
ma vi dirò francamente non esserne al tutto priva la drammatica arte.
Mi
stà tuttora presente la felice società della Marc
le mie speranze erano fondate giustamente sulla somma e gran Bettini.
Mi
è stato supposto che ella faccia Compagnia per qu
ni mesi prima di prendere impegni per il teatro Valle pel 1842 perchè
mi
preme e desidero sommamente di combinare con quel
e il dilemma : « ho io non godevo la vostra confidenza, ho perchè non
mi
credevate vero ed onesto amico – ed assicuro che
he la Bettini si marita, e scrive da Bologna il 19 novembre ’40 : ….
mi
confermo che la vostra rissoluzione è fatta per a
i…. e poi tralascio perchè direi troppo. Tutto il male è stato perchè
mi
chiese un permesso di 4 mesi di andare a Marsigli
alle stesse condizioni sinora accordatele. Soltanto soggiunge : Ella
mi
concederebbe la libertà di tre recite per settima
blico ed effetto sicurissimo…… …. baciandole rispettosamente le mani,
mi
dico suo obb.mo servo ed amico Gaetano Bazzi. E
rte pel bene della medesima, dammene un pronto avviso. Io pure se Dio
mi
darà forza e salute ho ferma intenzione di ritira
i nominato ne’varj ordini di pagamento insieme agli altri comici, non
mi
par cosa di gran rilievo ; poichè, come accenna i
per amor mio buona cera. Siccome gli infiniti favori et gratie che
mi
ha sempre fatto V. A. Ser.ma mi levano la speranz
ome gli infiniti favori et gratie che mi ha sempre fatto V. A. Ser.ma
mi
levano la speranza di poterle far servitii che da
dà ardire di supplicarla di una gratia ; il che tanto più volentieri
mi
movo a fare, quanto che questo mi porgerà occasio
ratia ; il che tanto più volentieri mi movo a fare, quanto che questo
mi
porgerà occasione di poterla di novo servire. La
bliga attestarlo à chi che sia. Il Signor Abate Giouanni Bentiuoglio,
mi
faceua una riffa, ciò risaputo dall’Aurelia, e so
hà riceuuto l’educatione, commosso da gli entusiasmi dell’ambizione,
mi
detrae la fama, e doue può mi conculca : tralasci
mosso da gli entusiasmi dell’ambizione, mi detrae la fama, e doue può
mi
conculca : tralascio i dispiaceri hauti dalle sue
ora dà i peggiori, per le piazze, per i ridotti dire, il tal principe
mi
li fà star per forza, la cui auttorità mi lega, l
dotti dire, il tal principe mi li fà star per forza, la cui auttorità
mi
lega, la lingua, e le mani : le quai cose fanno s
ione. il Signor Duca mio Signore per cui prego ogni giorno, cosi Dio,
mi
faccia degno d’essere esaudito ; rimarrà da me se
non palesi questa lettera ad’altro che al Ser.mo Signor Duca, perche
mi
conuerrebbe ammazzarmi in Bologna con questi, mi
Signor Duca, perche mi conuerrebbe ammazzarmi in Bologna con questi,
mi
conserui in sua grazia, mostri il mio affetto al
et altri Comici. or’io, per guarire d’un mio male, uenni à padoua, e
mi
couenne recitare in una Compagnia che uiue sotto
ho da seruirlo il Carnouale ; e non havendo l’Autunno Compagnia come
mi
hò da sostentar quattro e più mesi ; poi che esse
ruir cotest’ Altezza, la supplico d’alcun aiuto di costa, acciò ch’io
mi
possa intrattenere fin’al tempo del Carnouale ; e
gli, care pupille Di questi occhi piangenti, Figli, i vostri lamenti
Mi
trafiggono il core, Voi morite di fame, io di dol
Don Giovanni De’ Medici : Ill.mo et Ecc.mo Sig.r et Pron mio Col.mo
Mi
è stata così nuova la nuova che per cura del Sig.
avio ho havuta, che se non fosse la sincerità della mia coscienza che
mi
accerta di essere innocente di quanto mi viene ap
rità della mia coscienza che mi accerta di essere innocente di quanto
mi
viene apposto non solo non ardirei di scriverli,
nsiero è solo di far conossere all’ E. V. che solo bramo di servirlo,
mi
scordo il torto fattomi da messer Battistino nell
se Nicolò Tassone domenica alle quattro hore di notte mentre recitavo
mi
fu datta una sua, la quale aperta a casa, dall’in
all’intendere il buon animo che S. A. tiene verso di me, d’allegrezza
mi
venero quasi le lachrime agli occhi. Godo che S.
a moglie, del dottore, del Capitano, di Citrullo e di Flavia, si come
mi
dispiace che siano messi inanzi a S. A., Fritelli
er mettere nna statua in scena, che non mova altro che la lingua, non
mi
par bene. Non voglio che S. A. creda a questa mia
si e le discordie loro n’ebbe infinitissimi disgusti. Per tanto V. S.
mi
facci gratia di leggere a S. A. questa mia che no
madre, figliuoli e servitore, che fanno in tutto quatordeci persone.
Mi
perdoni V. S. se questa mia non è stata lettera,
ni V. S. se questa mia non è stata lettera, ma un processo, tutta via
mi
scusi, essendo che quello che ho fatto, ho fatto
uesta, colonna dei secondi Confidenti. Per quante ricerche fatte non
mi
fu possibile identificare nè Olivetta, nè Citrull
ar quelli di tutti i giorni, la laide Bassi, infilato il mio braccio,
mi
trascinò fuori, dicendo che io doveva recarmi a c
ccio, mi trascinò fuori, dicendo che io doveva recarmi a cena da lei.
Mi
lasciai condurre, e arrivammo tosto in una abitaz
parte a questo appetitosto banchetto, e glie ne fui tenuto di cuore.
Mi
fece poi brevemente la narrazione delle sue avven
na morta a venti anni. Se mai potrebbe cader dubbio sulla Gaetana, ma
mi
pare strano che il Bartoli, suo contemporaneo, no
o io disochupato quest’Autunno, se mai l’A. V. gradise di Voler ch’io
mi
portasi in modona Con la Compagnia niente inferio
e Ci Verà il Carnouale ; quando io sia Chiamato dal A. V. questo solo
mi
Basta, per Ottenermi Licenza è Teatro, ma quello
o Stimatissimi Cenni di V. A. è Col Umigliarle i miei Riu.mi Rispetti
mi
Costituisco Di V. A. S Vmile è Riu.te Suplica al
Compagnia Comica del Cattoli da me riceuuta sotto la mia Protezione,
mi
prendo la confidenza di pregare uiuamente V. A. a
amati degli Andreini…. » Ma poi nessuno scritto dell’Andreini, ch’io
mi
sappia, è comparso a questo proposito, nè dalli a
comparso a questo proposito, nè dalli archivi pistoiese e fiorentino
mi
fu dato rintracciar notizie di sorta sulle nomina
cipio ero avvisato di questa straordinaria fatica, affè, affè che non
mi
ci coglievi. Venga il canchero a questa professio
il canchero a questa professione e a chi ne fu lo inventore ! Quando
mi
accomodai con costoro, mi credevo di provare una
essione e a chi ne fu lo inventore ! Quando mi accomodai con costoro,
mi
credevo di provare una vita felice : ma la ritrov
rci un pajo di scarpe, per non se ne levar mai più. Ma poi che questo
mi
deve avvenire, io voglio aver questo avvertimento
o tale !… Ma…. infelice me, che mentre ho ragionato con voi, signori,
mi
sono dimenticato il Prologo che questi miei padro
di e fantastici ! M’ hanno di maniera avviluppato il cervello che non
mi
ricordo più nè di Prologo, nè di altro. Voi, sign
he i ritimi, habbiano qual che forza in questo genere. Ed ecco ch’ io
mi
movo, e do principio a l’alta impresa in questi b
, e le bell’opere, s’è talmente cangiato il mio destino, ch’altro non
mi
rimane, che la memoria d’averle vedute e amate.
1887), non parve improbabile, che si potesse trattare dei Gelosi. Ma
mi
si permetta di non accettare la deduzione. Lascio
cera, Marte tu sei nel Ciel, lui Marte in terra. Badile Quando nasì
mi
tolsi la speranza da questà fama a do sort de zen
ng’, e beu’ ogn’hor di nott’ e dì, e sol a tend a fam fort la schina,
mi
vag a betolà co i nos fachì, doue se mangia forma
ttòr quel Semideo. Non ti pensar che col veloce giro di sta mia spada
mi
fesser Trofeo, ma tutti ucciderei con un sospiro.
o con Orsi e Draghi ; e fo la terra rossa del sangue loro, e a mensa
mi
trattengo con basilischi e Tigri, e in una scossa
rte, che a centinara il giorno io do la morte. Di Spezza Capo il nome
mi
fu posto, perchè di capi sono il gran flagello ;
e smarrito ; io son colui che d’un Rinoceronte nacqui, e di Lestrigon
mi
fo convito ; son cugin di Plutone e di Caronte, e
di Lestrigon mi fo convito ; son cugin di Plutone e di Caronte, e chi
mi
guarda si può dir spedito, che con vn sol stranut
eccansi le piante, fa il Mar tempesta, e mena gran fortuna, e per non
mi
veder fugge la Luna. Io ho tanta forza in questo
che spirar non ardiscon manco i venti ; mangio bombarde, schioppi, e
mi
contento bever di draghi il sangue e di serpenti.
o. Capitano Chi de honore è tanto degno ? per ogni Cittade, o Regno
mi
ven nanti ogni Signore a cavallo a farmi honore.
tutte le sue vigliaccherie……………… Un terzo opuscolo del Croce che non
mi
fu dato vedere, è il 22° del Saggio bibliografico
l’entrata, che dà subito l’intonazione del tipo. Quando yo pienso a
mi
terribilissima estrema terribilidad de tal manera
estrema terribilidad de tal manera me espanto, que no puedo caber en
mi
mismo, yo creo que veyntidos mil maestros deguari
guarismo no podrian contar en tres anos los hombres que maté con esta
mi
espada Durindana ó castiga Locos…. etc. Impor
dei Principi. Ah Dio, gran cosa, che dovunque io vo, como i Principi
mi
danno di naso una volta, non ponno più far senza
e volete voi. Cap. Non so quello che tu vogli dire. Scov. Manco io,
mi
è uscito di mente, ricordatevene voi. Temp. Me n
aso, e nella quale dopo aver detto a un certo punto a Taccone : lassa
mi
dunari sta littra, si sente da lui rispondere : t
io nelle viscere del più gran Capitano degli Eserciti. Dunque giacchè
mi
prendesti come Pettirosso, Beccafico, o Monedula
prendesti come Pettirosso, Beccafico, o Monedula al trabocchetto, non
mi
far desiare, liquefare, e andare in succhio. Bram
mpagnia dei comici gelosi (il cui grido non vedrà mai l’ultima notte)
mi
compiacqui di rappresentar nelle commedie la part
facendomi chiamare il Capitano Spavento da Vall’ Inferna. E talmente
mi
compiacqui in essa, ch’io lasciai di recitare la
on dicadere da quel grido che acquistato m’avea in quei tempi famosi,
mi
diedi con molto studio allo studio della parte de
Per mostrare quello ch’era, o che avrebbe dovuto essere il Capitano,
mi
piace riportar qui le parole di Pier Maria Cecchi
iù rabbiose guerre di Europa : Io con tanti cavalli, in tanti giorni,
mi
darebbe l’animo di prender il Castel di Milano, &
hor hora ve lo vo a far vedere ; & così veloce partì, che se non
mi
fosse stato detto, ch’ egli era andato a dormire
be facil’il ridur questa parte sotto la benignità dei miei auuisi, ma
mi
rende alquanto di dubio la frequenza dell’uso di
, in istorie d’ arte, e illustrazioni degli affreschi fiorentini, non
mi
fu dato rintracciar le parole del Poccetti (il su
dell mio, et adesso per la prigionia l’ ho uenduto è non so più come
mi
fare, à mantenerlo la dentro, onde lascio conside
à pericolo, è questo sarà all’ hosteria di Cerese et l’ istesso Padre
mi
puol mandare auisare che anderò io in persona acc
lari ci lasciò la seguente descrizione : Nella primavera del 1824 io
mi
trovavo a recitare al Teatro San Benedetto di Ven
bandomi di domandare informazioni sul passato di quel disgraziato. Nè
mi
trovai deluso, perchè il vecchio caffettiere del
aziato. Nè mi trovai deluso, perchè il vecchio caffettiere del Teatro
mi
disse che quell’ uomo chiamavasi Giulio Minelli,
he una volta, passando in rivista le origini de’ nostri artisti, ella
mi
raccontò come, giovinetta, si recasse giornalment
maniera schietta di porgere senza avviluppamenti accademici, non so,
mi
trovo inceppato a parlare della verità di questa
qui riproduco, con dietro queste parole : A chi m’incoraggia – A chi
mi
dice il vero, correggendomi – A chi mi analizza….
e : A chi m’incoraggia – A chi mi dice il vero, correggendomi – A chi
mi
analizza…. – A chi conosco e ricordo come compagn
dell’opinione dell’ultimo che parlava, e per prova, mentre Le scrivo,
mi
si dice che al Teatro Milanese c’è modo di passar
« benedetto ragazzo che siete » con tutto il bene bono che vi voglio
mi
permetto di dorlotarvi con queste parole : fate q
e sul mio conto – pure – una parola – una approvazione intelligente –
mi
rimettono in cammino con più lena – e con un cora
non ho che uno scopo. – Vi riescirò ? Certo la febbre è forte – e non
mi
sento impotente a lottare. E il 28 ottobre dello
, sola – lungo il mare – che ne fa tanto capire la nostra piccolezza,
mi
pareva che non avrei più saputo rendere l’espress
trovato nella nota gaja del successo – solamente – una serenità – che
mi
promette bene per l’avvenire. – Voi mi capite, no
solamente – una serenità – che mi promette bene per l’avvenire. – Voi
mi
capite, non è vero ? Ma quanta soavità di poesia
a – una vela – e via a respirare l’aria che purifica anima e corpo. –
Mi
trovo così bene a Trieste ! Già io adoro i paesi
ffaticati – e calma le febbri sorde che dà il contatto con la città….
mi
sento rinascere – buona – senza pretesa – con poc
lto sorriso, come lei. È questa la sola cosa, nella mia vita, che non
mi
è costata nè studio, nè fatica, nè sforzo sopra l
nè studio, nè fatica, nè sforzo sopra la mia volontà. È calcolabile !
Mi
son rincantucciata in una piccola, piccolissima c
ota – sotto il gran regolatore del sole – che non si sposta – che non
mi
sposta. Che gran silenzio ! Delle cicale – una su
. Eccovi la mia giornata !… La mia salute progredisce, e il petto non
mi
duole – non sento più quell’arsura, che mi tronca
rogredisce, e il petto non mi duole – non sento più quell’arsura, che
mi
troncava la voce e la parola recitando. Insomma,
forse entrambi. Sentii la Duse a Londra nella Magda due anni sono, e
mi
sembrò veramente trasformata. Oh…. nella scena co
ettore della Compagnia de’ Gelosi. Scenario, a dir vero, il quale non
mi
dà l’idea di quel che potè essere la Isabella, va
ortanza. Essi si fermano ad ascoltare, et ella comincia a dire : « Io
mi
ricordo l’anno non me lo ricordo, che un Arpicord
era nello stesso Archivio ho trovato, che ritengo pure inedita, e che
mi
pare valga la pena di trascrivere, così per le nu
ontà, ella lodando la mia speranza, e maravigliandosi della tardanza,
mi
disse, ch’io scriuessi di nuouo, e procurassi d’i
i dimandato. Scriuo dunque sì per ubbidir alla Commiss.e, come perchè
mi
sarebbe più caro di renderle grazie della grazia
, se V. S. si compiacerà di farmene degna, ben saprà come farlo, e le
mi
inchino di nuovo. Prima della sua partenza da Pa
ll’ esercitio. » Quanto al valor letterario d’Isabella Andreini, poco
mi
rimane da dire. In mezzo ai petrarcheggiamenti di
ensar ad ogn’altra cosa, che all’avervi amato impensatamente, pensato
mi
vien di voi ; e di voi pensando, convien per forz
i pensando, convien per forza ch’io pensi d’avervi amato ; il che più
mi
dispiace e più m’addolora che s’io pensassi alla
Porti sembianza, à me si vago splende, Che contra’l voler mio nel cor
mi
scende Vn’affetto d’amara empia dolcezza ; E tant
rme degl’illustri genitori, fu celebre nel teatro e nelle lettere.
Mi
son servito, per la stampa del promesso dialogo d
li habiti, et altre cose, che occorrono a i recitanti nostri, per non
mi
condur poi isproueduto a fatti. Sant. Hor noi si
Anzi nò. ma che ui desse anco l’ assunto di trouarla. Ver. Prima io
mi
sforzarei d’ hauer comedia che mi satisfacesse, c
assunto di trouarla. Ver. Prima io mi sforzarei d’ hauer comedia che
mi
satisfacesse, con di quelle osseruationi, che dis
si richiede. Sant. Certo, conosco esser uero quanto dite, per che io
mi
son ritrouato ueder rappresentar bene, di belliss
e cauo tutte le parti ben corrette, e quindi, eletti i personaggi che
mi
paiono più atti [auuertendo il più che si puo, a
con questo, le dò tempo di poter imparar le parti loro. Mass. Questo
mi
par piano principio Veniamo dunque alla particola
particolar elettione de recitanti, e destribuittione delle parti, che
mi
par cosa importantissima. Ver. Tanto, che è da s
che si richiede in tale rappresentatione. De le fatezze de i uisi non
mi
curarei poi tanto, potendosi ageuolmente con l’ar
tali cose, che ne possono occorrere. Ma non mai però in caso alcuno,
mi
seruirei di mascare, ne di barbe posticcie, per c
posticcie, per che impediscono troppo il recitare. et se la necessità
mi
stringesse far fare ad uno sbarbato, la parte di
t per che quanto alla elettione, e della comedia e de i recitanti non
mi
occorre al presente che altro dire, aspetto, se a
resente che altro dire, aspetto, se altro uolete da me intendere, che
mi
dimandiate. Sant. Noi uoressimo intender prima,
ione et noia. Circa poi a gl’ altri precetti, o modi di recitare, non
mi
par che dar si possi alcuna regola particolare. m
lla testura della fauola, non puo esplicatamente insegnare. Mass. Io
mi
ricordo hauerne ueduti di quelli che ad una mala
ad Ione, « ogni uolta ch’io recito qualche cosa miserabile, gl’ occhi
mi
lachrimano ; quando qualche cosa terribile o peri
Et molti altri che potiamo hauer conosciuti a tempi nostri] mirabile
mi
è sempre paruto et pare il recitare d’ una giouan
ue l’ascolta non meno a marauiglia, che a diletto grandissimo. Sant.
Mi
ricordo hauerla udita, et sò che molti bei spirit
i alcuno. Ver. Per compiacerui uoglio recitarui due sonetti soli che
mi
ricordo in lode sua l’ uno è Mentre gli occhi fat
amente occorra. Et per che come dico il darui regole piu particolari,
mi
par impossibile, Et credo cosi generalmente circa
ta de gl’ usi, uani, o poco conosciuti ; dicoui principalmente ch’ io
mi
sforzo, di uestir sempre gl’ histrioni, piu nobil
ch’ io mi sforzo, di uestir sempre gl’ histrioni, piu nobilmente che
mi
sia possibile, ma che siano però proporzionati fr
grado, e sopra tutte le cose, i tempi, e i lochi osseruar ci bisogna]
mi
par dico, che l’ habito sontuoso, accresca molto
ione, et di uaghezza alle comedie, et molto piu poi alle tragedie. Ne
mi
restarei di uestir un seruo, di ueluto, o di raso
, cotanto sontuoso, che hauessero fra loro la debita proportione : ne
mi
condurei a uestire una fantesca d’ una gonellacci
ar massimamente come uoi dite anco gl’ usi de’ nostri tempi. Ver. Io
mi
ingegno poi quanto piu posso, di uestire i recita
che l’ habito Italiano ricerca] et cosi hauendo da uestir doi amanti,
mi
sforzo, si ne i colori, come nelle foggie de gl’
o che sia possibile del nero, o di colore che molto cupo sia. ne solo
mi
sforzo io di uariare i recitanti fra loro, ma mi
to cupo sia. ne solo mi sforzo io di uariare i recitanti fra loro, ma
mi
affatico ancora potendo di trasformare ciascuno,
uaghezza, se il pastore haurà seco alle uolte, uno, o piu cani, cosi
mi
piacerebbe, che alcuna delle Nimphe de boschi ne
i de poemi pastorali, poi che per hoggi si è detto assai : et in uero
mi
conuiene essere a far proua di alluminar la scena
scene vuote potrebber bene attagliarsi alle scene di oggi. Nè voglio
mi
si dìa del codino, se certe novazioni non sottosc
Carolina, una mia memoria : io portai questa corona per venti anni, e
mi
è cara sopramodo perchè tanti trionfi mi ricorda
sta corona per venti anni, e mi è cara sopramodo perchè tanti trionfi
mi
ricorda ; te la dono, perchè non saprei a chi meg
artista. E questa manifestazione di stima, strana nel suo riprodursi,
mi
fa pensare a quell’artista che a ogni serata d’on
detto Dumas ; il Vesuvio, che io scorgo benissimo dalla mia finestra,
mi
sembra l’arciprete dei monti che con la cotta di
E qui finisco, che di quest’acqua « sat prata biberunt » una bistecca
mi
attende, una buona bottiglia mi chiama ; e la bis
a « sat prata biberunt » una bistecca mi attende, una buona bottiglia
mi
chiama ; e la bistecca è il mio debole che mi rin
de, una buona bottiglia mi chiama ; e la bistecca è il mio debole che
mi
rinforza, il vino la mia passione che mi rasseren
bistecca è il mio debole che mi rinforza, il vino la mia passione che
mi
rasserena, dappoichè, come dice Byron, è solament
Esordì bambino nella Compagnia di suo padre, e così, egli stesso,
mi
descrive i suoi primi passi : « quella che non mi
così, egli stesso, mi descrive i suoi primi passi : « quella che non
mi
andava giù era la parte di uno dei figli nell’ Ed
piangendo. Si vede che non ero nato per le parti tragiche. Dove però
mi
son fatto onore fu nel figlio nei Due Sergenti, e
re Dondini. « Ciò che fece Bellotti per me in quella occasione – egli
mi
diceva – non posso descrivertelo : un padre non a
scienzioso esercita la sua arte religiosamente, e l’unico appunto che
mi
permetto di fargli è quello di mostrarsi talvolta
accusato la ricezione: V’accorgerete dalla prosa il gran studio che
mi
costano queste apparenti negligenze delle tragedi
nel giugno di quell’anno: «So qualche cosa delle persecuzioni che voi
mi
accennate di avere in Bologna, ma so anche che so
che questi scismatici componessero meglio degli Arcadi Cattolici, non
mi
pare che dovessero far la commedia di separarsene
rrei vedere cotesti greci metter in scena una tragedia di gusto loro.
Mi
par impossibile che persona l’ascoltasse; e l’Arc
telliana dovette essere tale da smorzare gli entusiasmi di Manfredi: «
Mi
avete fatto passar la voglia di leggere le traged
vandi17, Martello fu raggiunto da una stringata lettera di Manfredi: «
Mi
giunse nuova che vi sia chi scriva contro le vost
a Ubertino Landi del giugno 1714 («Io vorrei essere a Parigi ora che
mi
riesce un po’ il ciangottare25»), inoltre, proiet
orni dopo può aggiungere: «Il sig. Martelli al suo Ostello di Tavanne
mi
ha letta la sua quarta giornata con Aristotele ne
nteramente da’ suoi bizzarri ragionamenti, imperocché, se bene questi
mi
movevano a tali risa che io stentava molto a sopp
prendo con quelle curiose circostanze che dalla mia qualsiasi memoria
mi
saranno suggerite e dalla mia poca eloquenza perm
ndi l’avea generosamente conceduta. [1.6ED] Io, che per uso talvolta
mi
sottraggo dalla conversazione per desiderio di so
alvolta mi sottraggo dalla conversazione per desiderio di solitudine,
mi
dilungava nella corsia quando sulla prua vidi un
to ancora di più ed era che ei balbutiva, perché, balbutendo appunto,
mi
disse: [1.7ED] — Tu mi guardi con tale attenzione
che ei balbutiva, perché, balbutendo appunto, mi disse: [1.7ED] — Tu
mi
guardi con tale attenzione ch’io ben discerno la
on è però che non ti appaia negli occhi ed ora ancor maggiormente che
mi
odi deforme nel mio pronunziare come mi vedi nell
ed ora ancor maggiormente che mi odi deforme nel mio pronunziare come
mi
vedi nella persona; ma qualunque io mi sia, sappi
forme nel mio pronunziare come mi vedi nella persona; ma qualunque io
mi
sia, sappi che io te conosco più che tu non credi
in Atene ivi fu ascoltator di Platone, finché qualche fama di sapere
mi
elevò (grazie a Filippo re de’ Macedoni) al grado
l’amore di quella verità che tu cerchi e che un mio invincibil genio
mi
ha posto in animo di scoprirti. [1.13ED] Fa dunqu
ore, ma attendi alle mie ragioni. — [1.14ED] — Intanto — io seguiva —
mi
vuoi tu sì credulo che io mi dia per vinto all’il
oni. — [1.14ED] — Intanto — io seguiva — mi vuoi tu sì credulo che io
mi
dia per vinto all’illusione di aver sugli occhi A
abbia poi faticato coll’arte a riempierlo, la fortuna o il cielo che
mi
vuol mortale, non mi han secondato, in guisa che
oll’arte a riempierlo, la fortuna o il cielo che mi vuol mortale, non
mi
han secondato, in guisa che io godo di questa luc
1.20ED] Tu ridi ancora, né me ne offendo; così ancor io riderei se tu
mi
dicessi cose lontane dal creder mio. [1.21ED] Ma
pur anche di aver letto come io, sott’altro pretesto, pria di morire
mi
feci recare in Eubea due tazze, l’una del vino di
Puglia, ma non a me che, fattomi chiuder in una cassa di cedro di cui
mi
era ascosa nel manto la chiave, ne uscii nascosam
di a pochi giorni, e coll’arte stessa cangiando in oro quanti metalli
mi
venivano alla mano, diedi nuovo cominciamento all
ia d’espressione e con tanta vivezza di spirito che malagevolmente io
mi
do a credere potersi formar un’impostura più anim
dirlo. [1.27ED] — Or via, in grazia del tuo ragionare — io replicai —
mi
vo’ far questo sforzo di non crederti per ora imp
i tutti i miei anni e ne consumerei altrettanti se il mio destino non
mi
trascinasse inevitabilmente alla fossa. [1.31ED]
persecutori de’ miei sofismi lacerate e dismesse; e se alcun obbligo
mi
lega a quelli che vengon creduti miei posteri, qu
a medesima si son fatto un idolo, un giogo, una legge che fra di essi
mi
rende ancor venerabile. [1.32ED] Questo mio resto
ristretti gl’ingegni la tua Poetica. [1.39ED] Ma lascia in pria ch’io
mi
sfoghi contra cotesti adoratori della tua Grecia,
catenelle d’oro, siccome è fama che allora tu adoperassi? [1.47ED] Tu
mi
dirai d’aver mutate le vesti perché il mondo pur
non mangiate, dunque, che frutte; e non bevete che acqua. [1.53ED] Ma
mi
direte d’avere voi migliorato il sistema de’ vost
eri, del Maratta e del Cignano e de’ loro più valenti scolari, perché
mi
lusingo che la gloria greca in ciò non supererebb
elle prime colle imperfezioni delle seconde, quando sia vero (qual tu
mi
supponi) che abbiano insieme una necessaria ed in
o il tuo Omero; e se ciò ti parrà nostra colpa, rispondi al Tassoni e
mi
quieto; ma stenterai. [1.83ED] Io non voglio dilu
— E qual fu questa conversazione — io diceva — in cui la prima volta
mi
ravvisasti? — [1.95ED] — Quella — ei seguiva — in
quello era io: guardami bene ed esamina se sotto questa parrucca, che
mi
ha non so se abbigliato o più deformato, ti sovvi
— A dirti il vero, oh maestro — io soggiunsi — non posso negarti che
mi
mortificasse il veder dopo un mio lavoro di più d
e senza pregiudicio della cattedra. [1.100] Io nondimeno, benché non
mi
nomini espressamente, gli sono ben’obbligato che
imeno, benché non mi nomini espressamente, gli sono ben’obbligato che
mi
cacci ancor senza nome nel gregge del Trissino e
9ED] — Questo popolo, signor Aristotile — allora io risposi — che voi
mi
date per giudice non sarà accettato per tale dal
più guasta la fioritura delle loro vaghe invenzioni. [1.133ED] Ma tu
mi
opporrai: sarà dunque la commedia assai più ingeg
enirci incontro la darsena di Savona: [1.147ED] — Non so se veramente
mi
lasci sedurre a crederti quello che tu mi raccont
47ED] — Non so se veramente mi lasci sedurre a crederti quello che tu
mi
racconti dell’esser tuo, ma non posso già inganna
in mente le Trachinie, per parlar di una delle nostre tragedie che or
mi
sovviene, avrai osservato che Deianira, ingelosit
lora esclamai — meriti d’esserlo per la saviezza del tuo discorso; ma
mi
permetti che, lasciando in un canto le due unità
a setta di uomini nel numero de’ quali o sono o almeno presumo che tu
mi
creda. [2.27ED] Ma tanti anni di esperienza e di
esumo che tu mi creda. [2.27ED] Ma tanti anni di esperienza e di vita
mi
hanno insegnato a non ostinarmi nelle opinioni. [
non ho affatto da me sradicato il vizio ingenito de’ miei colleghi e
mi
pento dell’aver conformata forse un po’ troppo la
sano mettere sotto gli occhi con la mutazion della scena. [2.55ED] Tu
mi
dici che tanto meno la tragedia è perfetta quanto
flette nell’azione, il vederlo e il supporlo è lo stesso. [2.62ED] Tu
mi
dirai che la mutazion della scena, che è mutazion
vostri Franzesi per voler rappresentare tutto in casa. — [2.64ED] —
Mi
vien supposto — soggiunsi — che i tragici greci n
130ED] Io volea replicar qualche cosa, ma postosi il dito alla bocca,
mi
accennò di tacere e si ritirò. Sessione terza
verebbe forse potuto richiedermi o, curioso, spiare qual grand’affare
mi
stringesse a così lunghi ragionamenti col gobbo d
vemi in fine toccar il ciel con le dita quando, sbarcati a Marsiglia,
mi
venne fatto d’incontrarlo nel delizioso e magnifi
gualmente s’innalzano. [3.3ED] Qui, toccatami quasi di furto la mano,
mi
disse all’orecchio di ritrovarci alla cittadella
la cima di materie affatto geniali con piacere e con libertà. [3.4ED]
Mi
sembrò lunga un secolo quella notte per trovarmi
eso della montagna e sul più eminente parapetto della cortina, da cui
mi
vidi soggetta agli occhi quanta bellezza può mai
getta agli occhi quanta bellezza può mai consolare una vista. [3.5ED]
Mi
ricordai delle amene colline della mia patria, ne
colori il lungo specchio di quel pacifico molo; e tanto maggiormente
mi
piacque quanto, vedendovi per entro cullarsi la b
corso non piccol tratto di mare con non poco patimento della persona,
mi
ricreai col pensiero del dover fare il restante d
u la vaghezza del nostro soggiorno, io fei crudamente (tanto il desio
mi
spingea) mano bassa su questi oziosi ragionamenti
onde io presi a dire: [3.7ED] — Quel dito che tu mettesti alla bocca
mi
strozzò più richieste ch’io volea farti, appunto,
forse tacere) nelle mie se ne trovano di non brevi, ma che però molto
mi
servono ad una buona e chiara condotta delle mie
azi del Cornelio, ed uno ancor nel suo Cid, per quello che su due piè
mi
sovviene, sicché di esempli a tuo favore non si s
i ci risulta; e, se mal non giudico o qualche genio che ho per te non
mi
accieca, per quanto ho letto le tue tragedie, non
ondato giudizio, o per l’uno o per l’altro titolo la tua approvazione
mi
è sempre cara ed accetta, e, giacché di ciò abbia
a. — [3.41ED] — Gran corda è cotesta — ripigliò l’Impostore — che tu
mi
tocchi; e tu puoi ben esser certo che la passione
ù fievole del carattere principale e così, dove io aspettava un eroe,
mi
rappresentate un amante. [3.68ED] Aggiungi ancora
per altro venero e stimo e al par di te e più di te. [3.74ED] Tu pure
mi
hai morsicato e per questo ti son meno amico? Non
invanire — soggiunsi — di qualche studio impiegato perché l’amore non
mi
guadagni la briglia nelle tragedie; ma egli è per
infocamenti amorosi alle tragedie della sua patria, rispose cosa che
mi
arrestò e che arrestar te potrebbe quand’ella sia
doveva farsi per un mio pari ch’era filosofo e cortigiano? [3.104ED]
Mi
son più volte, presente Alessandro ed alle sue ta
io che ho già camminati tutti i paesi sin ora scoperti dagli uomini,
mi
ho eletto questa per lasciar le mie ossa in un re
letto questa per lasciar le mie ossa in un regno che fra tutti quanti
mi
è parso il più florido, il più magnifico e il più
me lo rapì. Sessione quarta [4.1] Da Marsiglia dunque a Parigi
mi
convenne rimaner digiuno del mio erudito Impostor
orviere, eminenza che signoreggia tutta quanta la terra e le ville, e
mi
pareva appunto di starmi sul nostro colle di San
i per correre dentro un sol letto nel mare. [4.3ED] In sì ameno luogo
mi
diedi a scrivere quanto mi era rimasto nella memo
letto nel mare. [4.3ED] In sì ameno luogo mi diedi a scrivere quanto
mi
era rimasto nella memoria de’ discorsi avuti col
era rimasto nella memoria de’ discorsi avuti col nostro Aristotile, e
mi
sembrava appunto di conversarlo nel riandarne i s
] Confesso che questa aspettata, ma sempre maggiore grandezza di cose
mi
oppresse in modo che mi riempiè di se stessa e pe
pettata, ma sempre maggiore grandezza di cose mi oppresse in modo che
mi
riempiè di se stessa e per qualche giorno poco mi
ppresse in modo che mi riempiè di se stessa e per qualche giorno poco
mi
ricordai d’Aristotile e meno della tragedia, e, c
italiani di mia conoscenza e ne parlerei anche, per così dire, se non
mi
fosse stato per essi risposto che aspettassi sino
asecolarmi; e se, essendo io alloggiato nel borgo di San Germano, non
mi
fossi a caso incontrato in un cartello affisso ad
ppresentarsi nel vicino teatro l’Ifigenia del Racine. [4.13ED] Allora
mi
soprafece l’antica passione eccitata dalla curios
ne di cristallo che illuminavan la scena, sento tirarmi il mantello e
mi
volgo e mi vedo al fianco Aristotile; dimodoché v
allo che illuminavan la scena, sento tirarmi il mantello e mi volgo e
mi
vedo al fianco Aristotile; dimodoché volendo io a
dimodoché volendo io alzar la voce per l’allegrezza, l’astuto vecchio
mi
raffrenò col dirmi all’orecchio: [4.15ED] — Figl
e rappresentato. — [4.18ED] — Domattina — io risposi — vo’ che l’alba
mi
truovi in Versaglie per dare un’occhiata a quella
ntica dalla moderna tragedia. [4.21ED] Intanto oggi, dopo l’Ifigenia,
mi
vedrai nel caffè di Ponte nuovo, che per tua noti
e d’Omero da certo in quindici libri leggiadramente ristretta, di cui
mi
sarei servito io per esempio assai più volentieri
ima in scena gli attori. — [4.25ED] Così avendomi parlato quel gobbo,
mi
sparì fra le alte stature degli affollati Franzes
amennone. [4.26ED] Le due ore che si consumarono in quello spettacolo
mi
parvero due momenti, tanta era la contentezza che
tanta era la contentezza che io aveva di trovarmi ad esso presente, e
mi
riscossi come da un’estasi quando la rappresentaz
minata. [4.27ED] Risovvenendomi allora la posta datami da Aristotile,
mi
feci condurre al caffè su gli archi maestosi del
corsi poetici in cui riscaldavansi i nominati poeti che ad uno ad uno
mi
furono brevemente fatti conoscere, ci adagiammo i
scorrendone a lungo nella mia dissertazione del verso tragico; né già
mi
pento dell’avere in simil guisa rimate le mie tra
miei giudici men passionati che ragionevoli. [4.32ED] Io già prefisso
mi
era che avrebbero riso di mia presunzione in vole
Luigi Riccobuoni (dovendosi molto in questa parte credere a’ comici)
mi
abbia scritto più volte riuscire agli attori suoi
ifrare per non averne avuto esperienza, ma in oggi che, la Dio mercé,
mi
son trovato con le orecchie tese a questa tragedi
[4.44ED] Al vostro orecchio suona lo stesso umida che liquida (meglio
mi
par teco usare gli esempi latini, giacché della g
iare dal nostro; ma ben compresi un’armonia più compita e che appunto
mi
facea sentire e distinguere la quantità delle sil
l’armonia sostanziale inseparabile dal medesimo. [4.64ED] E se mai tu
mi
negassi da accorto loico l’antecedente, ti convin
Dunque il verso italiano rimato è verso. [4.67ED] Io crederei che tu
mi
dovessi tutto concedere quando tanto nell’uno com
i tutto concedere quando tanto nell’uno come nell’altro argomento non
mi
negassi il primo principio ch’io suppongo per fon
uesti due argomenti, insorgerò nella seguente maniera: per quello che
mi
è concesso, quello è verso che ha una essenziale
sì sente ancor Diomede trascritto da Beda. [4.87ED] Con questa ragion
mi
lusingo che a’ miei versi, che in verità sensibil
iere con essa quell’armonia che non è perfezionata da ritmo. [4.88ED]
Mi
conferma in questa opinione il dotto discorso di
.90ED] Sorrise nuovamente Aristotile, e replicò: [4.91ED] — Se ben tu
mi
chiami a palesar con franchezza il mio sentimento
egli è d’uopo che le rime si faccian meno aspettare, e in conseguenza
mi
piace di udirle contigue, perché subito mi fan gi
spettare, e in conseguenza mi piace di udirle contigue, perché subito
mi
fan giudicare della misura e del verso e mi fan g
e contigue, perché subito mi fan giudicare della misura e del verso e
mi
fan gustare anche in udendo il diletto dell’armon
este rime, le lodo e le credo io necessarie, perché queste unicamente
mi
contrasegnano il verso che il solo ritmo non bast
che il solo ritmo non basterebbe a contrasegnarmi, e conseguentemente
mi
allettano e mi rendono dolce il ragionare della t
mo non basterebbe a contrasegnarmi, e conseguentemente mi allettano e
mi
rendono dolce il ragionare della tragedia franzes
isvegliare la meraviglia e il diletto convenientissimo. [4.114ED] Ma,
mi
dirai che per muover gli affetti è inefficace un’
la tragedia. [4.120ED] Questa meditazione ti arriverà forse nuova, ma
mi
glorio che quanto più vi rifletterai, tanto più l
disprezzo e nausea della rima italiana. [4.155ED] Queste sono, se ben
mi
ricorda, le sue parole: «essendosi perduta la dis
rebbe l’esaminare il suo raziocinio nell’arte poetica, nel cui studio
mi
son mescolato della maniera ch’è nota a tutti gl’
cosa egli avvistosi e quasi adiratosi: [4.181ED] — Io non pretendo —
mi
disse — che tu distingua se io sia veracemente Ar
provo quel tanto che della sua Ragion poetica hai divisato, purché tu
mi
approvi esser egli, come ne corre il concetto com
rone del secolo. — [4.200ED] Ma a questo il Filosofo: [4.201ED] — Io
mi
credea che per ragione di cerimonia tu dovessi a
iaccaro a casa, neppur volli mettermi a cena, per istendere prima che
mi
fuggissero dalla mente gli a me saporiti discorsi
r ragionare dell’opera in musica. [5.2ED] Alzatomi dunque col giorno,
mi
posi fra le gambe il lungo tratto dal borgo di Sa
e gambe il lungo tratto dal borgo di San Germano agl’Invalidi, perché
mi
piacque godermi a piedi con maggior libertà nel c
lora col Sole, le belle viste della popolosa città. [5.3ED] Ma appena
mi
vidi a fronte della pianura a cui fa prospettiva
degl’Invalidi, che sento chiamarmi da un rauca voce per nome. [5.4ED]
Mi
volgo ed ecco Aristotile che più più si affrettav
ED] Accennandogli però con la mano acciocché tanto non si avacciasse,
mi
fermai su due piè ritto ad attenderlo e n’ebbi al
l luogo, che per me descritto in versi altre volte, ma in lontananza,
mi
fece allora conoscere che poco giova un immaginar
ED] Sbrigato alfin da’ giardini, non credeva io di veder più cosa che
mi
allettasse; quand’ecco nella gran galleria per me
si furtivamente ne’ suoi maestosi, gravi e terribili. [5.23ED] Allora
mi
parvero quasi nulla a tal confronto Marlì, Versag
né potei saziarmi di quella vista sinché per tutto il giorno di ieri
mi
fu dato di veder uno cui non è uom lontano che o
questa vasta opera, del cui materiale potrebbe Augusto pregiarsi, non
mi
meraviglio più, che i Franzesi vadano, per così d
fonti. — [5.36ED] — Io lo voglio accordare — replicò quegli — ma ben
mi
spiace che cotesti per altro insigni e spiritosi
spiccar di maniera sui palchi che io stesso, assidendomi ascoltatore,
mi
son sentito stuzzicare a compiacermene e me ne so
compiacermene e me ne son compiaciuto; e molte volte quello che letto
mi
piacque, al dispetto della ragione e della passio
cantato poscia spiacevami. — [5.40ED] E qui, sorridendo, il compagno
mi
soggiungeva: [5.41ED] — Ciò appunto doveati avve
musica, imperocché forse vi riuscirei malamente o ancor riuscendovi,
mi
converrebbe usar termini a te incogniti e tali an
ndiano i professori più rinomati; ed io, che son Greco, difficilmente
mi
separo da questa opinione. [5.53ED] Ma il peggio
e quasi dialoghizzare cantando, quel dramma de’ non veduti augelletti
mi
diletta e mi astrae da ogni noioso pensiero, sicc
ghizzare cantando, quel dramma de’ non veduti augelletti mi diletta e
mi
astrae da ogni noioso pensiero, sicché mi assido
uti augelletti mi diletta e mi astrae da ogni noioso pensiero, sicché
mi
assido ben lungamente ad udirli, e pure il lor go
delizia e la maraviglia della corte di Prussia e la mia. [5.79ED] Che
mi
parean divini que’ versi così incorporati alle no
.170] Ne vuoi finalmente uno di dieci? [5.171ED] Tienlo: La speranza
mi
va consolando, ma sanarmi bastante non è. [5.172
che un’altra che in una o in più stagioni può dilatarsi. [5.203ED] Ma
mi
fan rider costoro. [5.204ED] Perché dunque non te
rché credei troppo al mio diletto Agatone, che tutto ciò ch’ei voleva
mi
dava a intendere; o fosse che, siccome esaltai ta
sapevoli, mercé del Fior d’Agatone lodato, di quell’affetto che a lui
mi
legava. [5.207ED] Ma se il mio libro compiuto Del
leggi che si abbandoni al piacere dell’ascoltar l’opere in musica; né
mi
vergognerei tanto di me medesimo che bramo dal ca
— replicava Aristotile — nel condannar le nazioni. [5.218ED] Io teco
mi
accordo, siccome ho detto di sopra, che molto più
cade, per la stigia palude, di non impacciarmi di simil componimento,
mi
alzai. Sessione sesta [6.1] Partìti dunque
caro, che ivi a caso trovai per servirlo al suo alloggiamento, ma ben
mi
avvidi che all’uso appunto degl’impostori non vol
delle Tuillerie all’ultima scena del nostro ragionamento. [6.2ED] Io
mi
assisi intanto alla mensa co’ due degnissimi prel
o Aristotile, gentilmente scherzavano intorno al soprapensiero in cui
mi
vedevano. [6.3ED] I cavalieri commensali andavano
re vedova, nobile e ricca e lunghissimamente estesa residenza de’ re,
mi
vidi in seno alla galleria la quale, se non d’orn
ono cento e, credo, altre quaranta di numero, fra le quali unicamente
mi
spiacque e come ad italiano e come ad uomo che mi
e, sparii soletto da quella gran galleria e scendendo giù dalle scale
mi
vennero incontro le Tuillerie. [6.15ED] Mi fu det
scendendo giù dalle scale mi vennero incontro le Tuillerie. [6.15ED]
Mi
fu detto che in questo luogo altre volte si fabbr
erra verdi ricami d’erba e di busso sovra il battuto e secco terreno,
mi
abbandonai al gran viale di mezzo fra gli altissi
di egual nobiltà, son però tutti nobilmente abbigliati, in guisa che
mi
parea di veder un gran popolo di cavalieri e di d
un certo viale, cui dicono de’ Sospiri, da’ luoghi più frequentati e
mi
trovai in una deliziosa solitudine, ridotta in an
confinate né a misura di tempo né a limitazione di luogo. [6.21ED] Tu
mi
troverai pronto a sodisfarti su quanto ti verrà t
azioni, almeno per ora, ma solamente dirò con eguale sincerità quanto
mi
piace e quanto mi spiace in questi istrioni, se p
ora, ma solamente dirò con eguale sincerità quanto mi piace e quanto
mi
spiace in questi istrioni, se pur v’ha cosa che o
eti di questa nazione. [6.27ED] Cantano insomma allor che declamano e
mi
han fatto immaginare che tale per avventura poco
ngo pago — qui ripigliai — delle ragioni e delle testimonianze che tu
mi
adduci, per condurmi nel sentimento che l’armonia
agico. [6.62ED] Le loro commedie più celebri son pur verso ed io, che
mi
son trovato all’Anfitrione, son rimasto contento
tore, e recitano esattamente coloro che così fanno nella tragedia; né
mi
replicare che troppo con l’imitazione passano il
baia i piccioni, non arriverà mai a piacermi; siccome per altra parte
mi
piace nell’esaggerazioni di madame Demarre quel m
o a cacciar fuori del seno l’animo fervido e passionato. [6.87ED] Ben
mi
dispiace negli uomini, quando vogliono far campeg
a labbro e col parlare crollando la testa a guisa di pendolo, ma non
mi
spiace nelle disperazioni quello stropicciar del
tire. [6.89ED] Egli è ricco e nelle donne poi è affatto leggiadro; né
mi
disgusta il vederle dipinte ne’ volti, perché cos
i risum teneatis amici? [6.95] Tu vedi bene che il giudizioso Racine
mi
suppone Agamemnone più tosto in paludamento reale
nno notabilmente alla rappresentazione. [6.100ED] A questo proposito
mi
fu detto che nel Brittannico di Racine, dopo rapp
e dovea portarsi verso altra parte e dentro il proprio appartamento;
mi
fu detto ancora che questa poca avvertenza fu not
li prenderà in prestito nelle scene. [6.128ED] Di questo mescolamento
mi
dà grande speranza Luigi Riccobuoni detto Lelio c
si e ricchi apparati, superassero di molto le vostre. [6.132ED] Ma tu
mi
fai essere non più filosofo, non più poeta, ma co
e che sì ne allettava. [6.138ED] Amico, a rivederci. — [6.139ED] Così
mi
disse ed, entrato fra quelle scene che formano qu
sì mi disse ed, entrato fra quelle scene che formano quivi il teatro,
mi
lasciò solo; né mai o nelle Tuillerie o altrove h
osca, 1712, p. 8av: «benché la prisca libertate e spirito / le regole
mi
tolser d’Aristotile / date per legge da’ servili
nuata, incerto che potesse esser ben ricevuta dal nostro uditorio. Io
mi
sono lusingato di bene ed ho voluto farne esperie
o. Io mi sono lusingato di bene ed ho voluto farne esperienza, il che
mi
è riuscito con fortuna più grande dello sperato,
5): «Amico carissimo, Chi sono cotesti Quirini, e come sapete voi che
mi
domandino un componimento, quando io non ne so nu
troppo comparire naturale, cade nella freddezza. » Dalle quali parole
mi
pare si possa oggi trarre argomento di molta lode
Romani ! Illustri Romani ! Un raggio dell’implorato vostro patrocinio
mi
conforti nel dolore da cui sono amareggiato per l
delle disgrazie, ma le vostre riparabili dalla gioventù, le mie forse
mi
costeranno la perdita della mia salute. Tuttavia
a Viterbo, se le forze me lo permettono. Sono 47 giorni che il letto
mi
accoglie, e 22 che sto lontano dalla Compagnia. H
presto ripiegati altri, e da questa parte non tremo per ora. La testa
mi
regge poco, e non saprei qual consiglio darvi in
a malattie, a disgrazie, ma tutto passa…. Crepando, rispondo io, che
mi
trovo vicino allo scoppio. Voi ci siete lontano,
so documento nell’Archivio di Stato di Modena : Ser.ma Altezza, Solo
mi
trouo in obligo di vmiliare à V. A. S. come oggi
anzare a V. A. S. mentre con la maggiore vmiltà sempre ai miei doueri
mi
dico. Di V. A. S. Brescello li 16 Dicembre 1738.
nsale, e dovendole il dono di alcuni libriccini, nel tempo stesso che
mi
lusingava di essere in certo modo in possesso del
ingava di essere in certo modo in possesso della di lei buona grazia,
mi
vedea in una specie di obbligo, nel prodursi qual
rocederei altramente? Intento io forse qualche sorpresa? Ella già non
mi
scrisse privatamente ciò che le dispiaceva nella
nte ciò che le dispiaceva nella mia Storia de’ Teatri. Anzi in Genova
mi
avvidi che con istudio (per altro inutile) sfuggì
on pertanto, se a lei così piaccia, per anni (dalla quale smania però
mi
scampi il cielo! che io sempre a tal proposito di
le nostre ciancie, purchè ci troviamo i nostri conti, cioè finchè io
mi
diverta nel mio ozio, ed Ella possa approfittarsi
e per dimora al pari di lei che l’ama per obbligo naturale. “L’amate (
mi
pare di sentirla a replicare), ed il vostro amore
icche spoglie che usava al tempo di Garcilasso de la Vega; e quel che
mi
rallegra si è che in ciò meco convengono tutti gl
rico, egli soleva rispondere : « Ah ! non me la dài ad intendere, non
mi
corbelli più ! » Egli è quello stesso che a Torin
aduta di Missolungi, dovendo dire : « nell’imperversare della bufera,
mi
abbandonai alla discrezione delle onde, » disse i
ezione delle onde, » disse invece : « nell’imperversare della bufera,
mi
abbandonai alla descrizione di Londra…. » Lo tro
ar la protettione dell’Alt.za Vra per lui et per la sua famiglia. già
mi
persuado che questi incontrerà ne suoi occorrenti
oua in Bologna, ne hà cosi vicino l’influsso. La libertà con la quale
mi
uaglio de suoi fauori seruirà a V. A. d’argomento
lio de suoi fauori seruirà a V. A. d’argomento ch’ambitiosissimo uiuo
mi
uenghino da lei somministrati mezi proportionati
attribuirlo meno al non averne sentito gl’impulsi che al destino che
mi
vieta di secondarli. Il privilegio di afferrare c
erarmi tra quelli, è andata perfettamente d’accordo colla fortuna che
mi
frappone l’inciampo di queste. [2] Ma a chi non p
sua gloria. Ma dopo qualche lavoro intrapreso ad ottener un tal fine,
mi
ritrovai per mancanza degli opportuni letterari s
santi, cercando, come il suddetto Comico, di porre tutto in ridicolo.
Mi
ricordo, che rappresentando essa la parte di Rosm
ra assai pratico per iscegliere gli argomenti. Queste mie compiacenze
mi
hanno qualche volta giovato ; ma moltissime volte
mie compiacenze mi hanno qualche volta giovato ; ma moltissime volte
mi
hanno pregiudicato. Ma se la Bastona era del car
a poverina, Panfilo, che di lei tu ti sovvenga. Pan. Ch’io di lei
mi
sovvenga? Ah in mezzo al cuore Impresse io port
e Impresse io porto le preghiere estreme Che per Gliceria Criside
mi
porse. Presso a morir mi chiama, io mi avvicino
eghiere estreme Che per Gliceria Criside mi porse. Presso a morir
mi
chiama, io mi avvicino, Voi gite, noi restiamo;
e Che per Gliceria Criside mi porse. Presso a morir mi chiama, io
mi
avvicino, Voi gite, noi restiamo; ella mi dice:
sso a morir mi chiama, io mi avvicino, Voi gite, noi restiamo; ella
mi
dice: Panfilo, amato Panfilo, tu vedi La belt
grezza vuole accarezzar Miside, che sdegnata lo ributta, dicendo, non
mi
toccare, furfante. Davo per giustificarsi le dice
ne ammiri l’eleganza, la verità, il patetico: . . . . . . . Soft. O
mi
gnate. Pam. Mea mater, salve. Soft. Gaudeo ve
do animo da presentarglisi. Rimane Geta e Fedria; e il servo dice, io
mi
occulto in questo luogo per soccorrere a tempo, e
di ciò stupore; e lui preghiamo A dirci la cagione. Egli: non mai
Mi
è paruto, come or, misero e grave Peso la pover
Che desse mano al funerale, in fuora Di una sol vecchierella: io
mi
sentii Muovere a compassione. Avea la stessa
me ne trasmise a Madrid qualche scena. L’anno 1784 poi, mentre io già
mi
trovava in Napoli, si rappresentò nel Regio Ducal
t. Geta, per te è finita, se non trovi Qualche pronto ripiego. Ora
mi
veggo Cento trappole intorno all’improvviso,
più a lungo Tenersi ascosa. Ant. Oh come è mai turbato! Get. Nè
mi
resta a pensar più che un momento. Il padron m’
Il suo furor? Se parlo, si riscalda; Se taccio, imbestialisce; se
mi
scolpo, É un gettar voci al vento. Oh me tapino
tapino! Per me ho paura, e il povero Antifone Mi strazia il cuor;
mi
fa pietà; per lui Sono in travaglio. In grazia
ei sbrigata. Avrei ben provveduto a’ casi miei. L’ira del vecchio
mi
daria di barba: Avrei fatto fardello, e preso i
a ordisce Costui? Get. Ma dove troverò Antifone? Per quale strada
mi
farò a cercarlo? Fed. V’ha nominato. Ant. Ah
Get. Furfante, storcileggi. Dem. Geta. For. Rispondi. Get. Chi
mi
chiama? Oh .... Dem. Bada a te. Get. Costui n
i domando in grazia, Quel giovine, se pur non v’è d’incomodo, Che
mi
diate risposta, e mi spieghiate Chi è quel vost
Quel giovine, se pur non v’è d’incomodo, Che mi diate risposta, e
mi
spieghiate Chi è quel vostro amico, e in qual m
a me? For. Di certo. Dem. Io vi dico di no. Voi, che volete Che
mi
sia noto, fate che mi torni Alla memoria. For.
Dem. Io vi dico di no. Voi, che volete Che mi sia noto, fate che
mi
torni Alla memoria. For. Eh via. Com’ è possi
. Com’ è possibile Che quel vostro cugin non conosceste? Dem. Voi
mi
fate crepar. Ditemi il nome. For. Il nome? Vole
. Che farò dunque? Non vi andrò? Nemmeno Or che di suo volere a se
mi
chiama? O mi armerò piuttosto di costanza, Pe
que? Non vi andrò? Nemmeno Or che di suo volere a se mi chiama? O
mi
armerò piuttosto di costanza, Per non soffrir m
frir mai più d’esser trastullo Di femminacce lusinghiere e false?
Mi
scacciò . . . . mi rappella . . . .! Tornerò? .
r trastullo Di femminacce lusinghiere e false? Mi scacciò . . . .
mi
rappella . . . .! Tornerò? . . . No, per dio, n
me? . . . che non . . .? Vedrai . . . Oh! pria morrò; saprà qual uom
mi
sia. Tutto questo apparecchio di disdegno In
a mia, E me ne incresce, e di amor muojo, e il veggo, E il so, nè
mi
trattengo, e da occhi aperti, Corro a morir, nè
o, nè mi trattengo, e da occhi aperti, Corro a morir, nè so che far
mi
debba. Par. Non sai che far? La libertà perduta
i la vivacità del colorito originale, e si confrontino: Son morto:
mi
è sparita la fanciulla: Ed io che fino a qui le
nderonne? E qual terrò camino? Non sollo. Ma quest’unica speranza
Mi
resta, che dovunque ella si sia, Non potrà lung
volto! In questo punto Cancello dal mio cuor tutte le donne, Che
mi
fan noja i visi del paese. Leggansi in quest’a
cezza: Evvi alcun qui dappresso? Non vi è alcuno. Evvi alcun che
mi
seguiti? Nessuno. Or dunque potrò io liberament
ezza O Giove, adesso è il tempo certamente Che soffro in pace, se
mi
fai morire, Acciochè a lungo andare alcuno affa
esto mio piacere. Ma vorrei pure abbattermi in taluno Che curioso
mi
venisse appresso, E mi ammazzasse con cento dom
rrei pure abbattermi in taluno Che curioso mi venisse appresso, E
mi
ammazzasse con cento domande, Dove io vada? don
arte che la divisione da quel letterato proposta senza verun bisogno,
mi
sembri sproporzionata, perchè egli vorrebbe che i
terest, hoc qui nequit, Fateatur se nescire imperare liberis. Io
mi
credo che questi aurei versi ben ponderati rispar
r meglio spiegarmi . . . . Sir. Non ho tempo Or di ascoltarti, che
mi
son comprati Que’ pesci a gusto mio, e a me si
iside di Terenzio) così prosegue: Currado. Fra questo mentre a caso
mi
venne corso l’occhio sopra una fanciulla, tralle
sembravami dolente sopra l’altre, e sopra l’altre nobile e signorile,
mi
feci a domandarne le femmine di seguito: ma in ud
e di seguito: ma in udire da loro essere una sorella della Fulvia, sì
mi
sentii subito un tocco al cuore: oh oh, dissi all
Martini dice il Rossi nel 1° volume delle sue memorie (pag. 44) : ….
mi
occupai molto della direzione della compagnia, e
anche me a cantare con lei. Ella aveva una bella voce da soprano : io
mi
accorsi di averne una non meno sonora da baritono
anni dopo, quando facevo il bambino nella Preghiera dei naufraghi, e
mi
pare di vedere ancora il povero Bellotti, che dov
padre figurandosi che io corressi un gran pericolo si struggeva. Ciò
mi
ricorda un altro aneddoto mio. Tu sai che il pove
Gino e papà il nonno. Nella famosa scena del ritrovamento, mio padre
mi
prese in braccio con tale commozione, che io vede
tale commozione, che io vedendo mio padre piangere tanto furiosamente
mi
misi a urlare e a piangere anch'io in modo così i
de proprio di avere la vocazione per fare il brillante ? — Sicuro ! –
mi
rispose di botto, senza lasciar tempo a rifletter
spose di botto, senza lasciar tempo a riflettere sulla mia domanda. —
Mi
permette, che le parli chiaro e tondo ? come la p
ette, che le parli chiaro e tondo ? come la penso ? — Faccia pure ! –
mi
rispose con un accento fra il toscano ed il march
farò il generico, il caratterista, il promiscuo e il tragico, ma non
mi
dica che io sono sproporzionato. Farò tutto quell
dica che io sono sproporzionato. Farò tutto quello che vuole, purchè
mi
faccia recitare. — Non dubiti, non avrà mai un ri
peggiori degli originali : nel serio…. lo guidai io, e non volli che
mi
imitasse, ma che mi studiasse….. Cesare Rossi per
inali : nel serio…. lo guidai io, e non volli che mi imitasse, ma che
mi
studiasse….. Cesare Rossi perchè era studioso, ze
i gli occhi sul volume, e accortasi dell’errore, aggiunse : veggo che
mi
sono ingannata, ma per il di lei genio, il solo n
o di circa duemila lire somministrarmi scudi settanta fiorentini, che
mi
necessitano pel pagamento degli impegni da me con
dere con tutto quell’ordine che la urgentissima circostanza permette.
Mi
favorisca due righe di risposta o al momento, o t
o tutto al più all’ora del mezzo giorno al solito Caffè d’ Etruria, e
mi
creda Firenze, 3 settembre 1841. All’ornat.º Sig
ppello : Questi versi gentili, e spiranti tutti venustà ed affetto,
mi
furono cortesemente profferti dal signor Luciano
dono, e a me ne sarà grato il pubblico. La persona che il poeta cantò
mi
era unita per sangue, e fu segno di encomio e di
ra : Signora Marchesa, Ho voluto io stesso mandarle questi versi che
mi
uscirono spontanei dal core dopo aver conosciuto
taccano per sempre ! Odimi dunque : e dalle inesorate Leggi del tempo
mi
sia dato un giro Di pochi istanti, e ch’io li par
to dal frequente vulgo, Misero d’opre e d’animo codardo. Perciò talor
mi
fuggirebbe il carme Dalle sanguigne latèbre del c
rivenga al pensier che un’infinita Riconoscenza a te, pia creatura,
Mi
lega d’invincibili catene, E seguirò coll’anima l
Non puoi darla nè torla, avara terra ! — Ella è mia questa gioia, e
mi
lampeggia Nella fronte e negli occhi, e se la mor
oni. La Marion, il Bicchier d’acqua, la Cabala, la Calunnia. Se Prati
mi
vuol bene non nuoce però punto alla mia carriera,
Se Prati mi vuol bene non nuoce però punto alla mia carriera, ed anzi
mi
incoraggia a progredire ognor più. A questi cann
Bolico, Comica. Car.ma mia. Li comici Confidenti, dei quali hora io
mi
servo, desiderano di haver voi in compagnia loro,
il che anche a me piace, per intender la sufficienza vostra ; perciò
mi
sarà di non poca soddisfatione che, posponendo og
a del suo famoso saggio dimostra tali miei Pregiudizj, ed io non solo
mi
dispongo a contenermi nel replicare, ma penso di
a un altro Teatro privo di quasi tutti questi pregi. Ma il Lampillas
mi
dice che questo è un pregiudizio, ed io vi rinunz
ossero scritte. E per corollario di questo pregiudizio già distrutto,
mi
spoglierò di un’ altra falsa opinione, che io cov
o un’ altra imputazione a cui vo’ ancora soddisfare. Più di una fiata
mi
rinfaccia il Signor Lampillas, che io abbia più a
instruire la gioventù. Vengo a dire il perchè nella prima edizione sì
mi
condussi: bene inteso, che se allora parlai poco
uere le smilze dalle robuste piante, le caduche dall’eterne, e quindi
mi
parve necessario aprirle cammino, apprestarle un
io aprirle cammino, apprestarle un lume, perchè potesse sceverarle, e
mi
convenne alquanto particolareggiare. Stimai al co
amici della verità, e delle nostre Lettere. E perchè nel tempo stesso
mi
trovava fornito di notizie ulteriori sul Teatro S
non sapete quali siano, nè dove siano, nè se mai siano stati, e così
mi
lasciate più digiuno di Tantalo. Sarebbero mai le
Cervantes? la Tragedia di Andrès Rey? le Mille Tragedie del Malara? E
mi
dite Ecco? Ecco dinota la presenza, o la prossimi
Ecco? Ecco dinota la presenza, o la prossimità della cosa; e Voi non
mi
date per nutrirmi, che belle parole su di ciò che
icos. La pretension no es extraña? Sin embargo el hecho es muy comun.
Mi
Libro, Señor, en esto no es nada moderno; y quisi
ndole, acertar en lo demas asi como he fido dichoso en la eleccion de
mi
Mecenas. Para un Escrito de Literatura agradable,
le, y fin sobrecejo puesta en accion. Ademàs de esto era menester que
mi
Protector fuese Amigo del Hombre, sociable, human
nneur qui ne vient pas de luy? Como hubiera profanado sus manos con
mi
Libro el Grande que, à manera de los Despotas Ori
grandeza? Y como yò fin rubor hubiera tenido la bajeza de elegir por
mi
Protector este Grande de titulo sin merito, que n
s insectos imperceptibles, sin acordarse mas de su existencia? Señor,
mi
dicha suma me ha hecho encontrar sin trabajo ning
arla à correr la Italia tube por mas conducente el valerme en ella de
mi
Idioma natural. Dignese pues V. E. admitirla con
, e coll’Italia tutta, cui da quest’opera non poco onore ridonderà. E
mi
prometto insiememente, che il signor D. Pietro ar
a levatrice. Fu il chirurgo Zuliani, celebre chirurgo di Venezia, che
mi
mise il sangue. in circolazione e mi fece miagola
celebre chirurgo di Venezia, che mi mise il sangue. in circolazione e
mi
fece miagolare a forza di sculacciate. Era nel 1
i questo cor la pace. Oh pace, oh core, oh libertà perduta ! Ma invan
mi
lagno, e di mie voci al suono sordo è il mar, sor
è il ciel. Io son tradita, son disperata, e il mio dolor soltanto che
mi
lacera il cor, può con un colpo la morte annichil
era il cor, può con un colpo la morte annichilar. Dov'è una fiera che
mi
disbrani ?… Ah, ch'io la cerco invano. E morir v
S. A. S., che già mai s’intenda esclusa la gratia fatta a Bertolino.
Mi
sono servito della prima edizione di Venezia 1634
a a Piacenza, ed altro ne manderà presto del compositore Marelli. « E
mi
dispiace – dice – non poter essere a Piacenza a s
per il bisogno che io ne ho per tanti cimieri che faccio fabricare et
mi
raccomanderei a V. E…. » L'ultima notizia riguard
sposta di questa. Ma come saggio del suo stile ve n’ ha ben altre che
mi
pajon di gran lunga migliori. Oltre a queste una
a liberazione, che poi ottenne, troviamo nel seguente sonetto che non
mi
par de' peggiori : Signor, giacchè più tetto non
iù che cella d’eremita. Ma s’a la vostra Camera è rimasa, date ordine
mi
sia restituita ; chè non può entrare in Camera un
à, poi Giove suole cadente tranquillar l’aura natìa. E il sonetto
mi
pare ancor più sibillino dell’oroscopo, il quale,
domi per tale in più lettere nelle mie occorrenze ad altri Principi ;
mi
sforzano (e con ragione) far noto al mondo, che o
i, una ode che, per le cose ivi dette e per la molta rarità del libro
mi
par metta conto pubblicar per intero. Del Signor
cessi, il borbottamento d’ogni mio sentimento, dubito che non crepi :
mi
sforzo però di dimenar il mescolo del mio affetto
italiano in Francia. Al momento di accennare al costume di Buffetto,
mi
balzò agli occhi della mente la maschera, anzi il
di un antico Brighella, di cui non solamente il costume, ma e il tipo
mi
par concordino a segno con quelli di Buffetto da
ro di Porbus del 1572 indossato dal Cristianissimo Re Carlo nono, non
mi
par cosa fuor del probabile. Ad altro Brighella c
i gente, e lui me disse Becco fotuto razza bozerona te farò ben ueder
mi
a suo tempo se hauerò più de due mani, la mia pou
utto lui me fecce l’incluso policino nella guardiola de i sbiri e poi
mi
fecce rogare la pace per mano di notaro il quale
tto faccia dio che in tutto e per tutto me remeto al Comando de S. A.
mi
metta con chi uole e facci di me quello che li pa
nza che piu tosto con bona licenza del patrone morirei di fame perche
mi
figuro dale parole che lui dice di essere in comp
zioni cosa che non ho mai riceuto perche o sempre auto protezioni ora
mi
par strano che ciò mi sia intreuenuto soto ala pr
mai riceuto perche o sempre auto protezioni ora mi par strano che ciò
mi
sia intreuenuto soto ala protetione di S. A. per
tto) che tra Comici non ha il piu suiscerato seruitore di me : Strano
mi
pare in estremo che S. A. comporti ch’io sia infa
di procedere col miglior metodo che per me si potrà nella lettera che
mi
dò l’onore d’indirizzarvi, io mi farò imprima a s
he per me si potrà nella lettera che mi dò l’onore d’indirizzarvi, io
mi
farò imprima a scomporre la musica, e ne esaminer
le parti di essa a questi capi generali. Dopo molti e molti riflessi
mi
sono anzi avvisato che non potrei trattarla felic
iamo, senza metter in chiaro lume questa parte della loro musica onde
mi
sono inoltrato con tanto più impegno quanto più s
picacità e l’estesa sua erudizione incorso in grandissimi abbagli. Né
mi
dimenticherò di riflettere che ogni sorta di misu
terminare l’espressione vaga, e sovente difettosa delle lor sinfonie.
Mi
farò in oltre a svegliare la loro emulazione most
lauto è più dolce di quello d’un tamburo… Ma io non m’avveggo che qui
mi
fo a sviluppare le cose, quando voi non m’addiman
ad una melodia ove entrasse alla rinfusa ogni maniera di ritmo. E ciò
mi
torna a mente un tratto singolare, che mi fia per
gni maniera di ritmo. E ciò mi torna a mente un tratto singolare, che
mi
fia permesso di farvi noto. L’anno 1751, alcuni m
simile novità la riprovarono e la bandirono con particolare decreto.
Mi
sarebbe lecito di avventurare una riflessione int
se: così li traggo dalle opere de’ nostri più rinomati autori. Poscia
mi
rivolgo al canto italiano, il quale giusta la def
i altra cosa l’artifizio ammirabile con cui sono sviluppati i motivi.
Mi
fo lecito d’assicurarvi, o Signore, che trattando
ere, e persuadere; parlo de’ suoi dialoghi e delle sue riflessioni, e
mi
sforzo di svelare infinite sue bellezze parando i
to della mia debolezza, e la grandezza, e la difficoltà della impresa
mi
sbigottivano dall’altro. I pochi mezzi, ch’io ave
esa mi sbigottivano dall’altro. I pochi mezzi, ch’io avea per le mani
mi
faceano cader d’animo intieramente, né mi lasciav
zzi, ch’io avea per le mani mi faceano cader d’animo intieramente, né
mi
lasciavano altro conforto che quello d’abbandonar
o dell’opera italiana chiama la sua musica seducente e magica. Questo
mi
ricorda il passaggio d’un antico: «Unumquodque ge
una strana violenza all’imaginazioue, poiché nel punto, che il poeta
mi
dice, o mi fa capire che mi trovo ad ascoltarlo i
violenza all’imaginazioue, poiché nel punto, che il poeta mi dice, o
mi
fa capire che mi trovo ad ascoltarlo in una camer
ginazioue, poiché nel punto, che il poeta mi dice, o mi fa capire che
mi
trovo ad ascoltarlo in una camera, il coro mi tra
ice, o mi fa capire che mi trovo ad ascoltarlo in una camera, il coro
mi
trasporta violentemente in Persepoli, o in Gerusa
ci sembra convenire è l’indicato dall’autore nel testo, sul quale non
mi
trattengo, perché a un di presso il medesimo che
e moderna? La gentil maniera meco tenuta in richiedermene l’assenso,
mi
astringe a concorrere alla riuscita della vostra
ori mie osservazioni su ciò che narrai intorno all’epoche precedenti,
mi
suggeriscono nuovi, e, se io dritto estimo, non i
o compongono, trattando in guisa il vostro affare, che meglio far non
mi
saprei, se fosse unicamente mio. Egli è vero che
alar che facciansi quelle imbellettate invide maschere del merito, io
mi
ritrarrò dall’impiegar sulla mia storia teatrale
petto, vien lasciata languire nell’indigenza. Io adunque di bel nuovo
mi
occuperò della mia storia teatrale, e voi coll’ac
itti prima di sposarsi e di darsi alle scene. Un pensiero talor alto
mi
mena a cercar di virtude il divin raggio, poi ten
i appena. Sulle vostre orme il mio pensiero intento segue l’ardor che
mi
sospinge e fiede, e mi riempie il cor d’alto ardi
orme il mio pensiero intento segue l’ardor che mi sospinge e fiede, e
mi
riempie il cor d’alto ardimento. E per l’ampio ca
è di me, nè di Flaminia, parlando di cose mie, dal titolo istesso non
mi
sarei astenuto ; imperciocchè tre opere mie ha qu
tragedia dei francesi al paragone di quello degl’italiani : M. Baron
mi
ha detto la prima volta e la sola, che ho avuta s
la Signora dalle Camelie, sul palcoscenico, disse alla Cazzola : « Io
mi
inginocchio dinanzi a voi. La Nazione Francese sa
rosa. Che dire di questa prediletta figlia di Melpomene e di Talìa ?
Mi
si perdonerà l’esorbitanza degli aggettivi qualif
iuto a Iddio doppo tanti anni di visitarmi con un figliuolo, il quale
mi
è stato caro, sì come figliuolo, ma molto più car
partita Come erra mio debito, ma fu la subita et jnnaspetata noua che
mi
uene di douer ritrouarmi al seruicio del ser.mo G
n leggere cosse che uenghino da sogeto cossi basso come è il mio, pur
mi
affida la Gracia sua è la vecchia seruitù ch’io l
e e morali, in cui egli dice : Un’ altra cagione (pur di momento)
mi
ha persuaso a raccomandarli questo puoco Volume,
sima Sua Casa nel tempo, che riscaldandomi gli ardori della gioventù,
mi
rendevano tal’ hora bisognoso di un saluo ricouer
ia, ricercando così anche l’ honorate cagioni da me intraprese. Non
mi
par cada dubbio sul significato dell’ honorate ca
no sempre chiamate le buone compagnie ; al mio arrivo, già anni sono,
mi
fu detto da un Mastro Dionisio Bruni padrone d’ u
vuta dall’ Imperator Mattia, risponde (Lett. VI) : Le meraviglie che
mi
scrivete, che s’ han fatto molti nell’arrivo dell
rivilegiato di Nobiltà, non sono così grandi, come son quelle, ch’ io
mi
fo, quando veggo uno, che per antichità sia nobil
essendo, si dica non esserne degno. In me comincia et in te finisce,
mi
ricordo d’haver letto che disse un filosofo ad un
r più interessante del Cecchini giace tuttavia inedita, per quanto io
mi
sappia, nella Biblioteca di Torino. Essa ha per t
presente. Di codesti capitoli verrò trascrivendo quelle cose che più
mi
pajon degne di nota. (Dal Cap. I) : Prima che si
ni, che così spietatamente lacerassono questa povera comedia, la qual
mi
par tuttavia di udire che pianga e si lamenti per
nati per la tirannia gli facevan guerra apertamente e copertamente. «
Mi
abbandonate ? — egli diceva — E che m’importa ! N
delmente per non sciuparle : …. la mia predilezione per le Cameriere
mi
fece fissare sulla signora Baccherini, ch’ era st
i quell’attrice vezzosa entravano ancor a parte delle mie premure ; e
mi
faceva un giorno di festa quello di vederla ad es
viene da me ; lo veggo addolorato, e senza poter pronunziare parola,
mi
dà da leggere una lettera venuta da Genova, e sua
di una commedia soleva dire : « se ghe xe un bel primo attor, lo fazo
mi
; se ghe xe un bel caratterista, lo fazo mi ; se
bel primo attor, lo fazo mi ; se ghe xe un bel caratterista, lo fazo
mi
; se ghe xe un bel brillante, lo fazo mi ; se ghe
un bel caratterista, lo fazo mi ; se ghe xe un bel brillante, lo fazo
mi
; se ghe xe un sbrufarisi (parte inconcludente) t
perch' ho el mio ben za perso, vado desperso criando adess : Olivetta
mi
son zo de gargam, appassionà d’amor, morto de fam
va scappand, che i me rompe i calzon de quando in quand. Olivetta E
mi
grama meschina priva del mio ben car, tutto el dì
in, viva el mio cor. Olivetta Orsù via me contento, però vogio anca
mi
Viva l’amor Zagnesco, e viva Bagolin, con la cuci
ò a essere ceduto, come spesso accadeva, a qualche altro principe : e
mi
pare si debba identificare pel Ranieri questo Aur
e nella Compagnia dei Suoi Comici, e già che uengo auuisato, ch' ella
mi
habbia fauorito della persona di Florindo, io non
, la poverina, Panfilo, che di lei tu ti sovvenga. Pan. Che io di lei
mi
sovvenga? Ah in mezzo al cuore Impresse io porto
cuore Impresse io porto le preghiere estreme Che per Gliceria Criside
mi
porse. Presso a morir mi chiama, io m’avvicino, V
e preghiere estreme Che per Gliceria Criside mi porse. Presso a morir
mi
chiama, io m’avvicino, Voi gite, noi restiamo, el
Presso a morir mi chiama, io m’avvicino, Voi gite, noi restiamo, ella
mi
dice Panfilo, amato Panfilo, tu vedi La beltà di
grezza vuole accarezzar Miside, che sdegnata lo ributta, dicendo, non
mi
toccare, furfante. Davo per giustificarsi le dice
miri l’eleganza, la verità, il patetico: Sost. O
mi
gnate. Pam. Mea mater, salve. Sost. Mea mater, s
raggio di presentarglisi. Rimane Geta e Fedria, ed il servo dice, io
mi
occulto in questo luogo per soccorrere a tempo ,
biam di ciò stupore, e lui preghiamo A dirci la cagione: Egli non mai
Mi
è paruto, come or, misero e grave Peso la poverta
gue, Che desse mano al funerale, in fuora Di una sol vecchierella: io
mi
sentii Muovere a compassione. Avea la stessa Fanc
e ne trasmise in Madrid qualche scena. L’anno 1784 poi, mentre io già
mi
trovava in Napoli, si rappresentò nel Collegio du
Geta. Geta, per te è finita se non trovi Qualche pronto ripiego. Ora
mi
veggo Cento trappole intorno all’improviso, Ne so
, Tenersi ascosa. Ant. Tenersi ascosa.Oh come è mai turbato! Get. Ne
mi
resta a pensar più che un momento. Il padron m’è
are Il suo furor? Se parlo, si riscalda; Se taccio, imbestialisce; se
mi
scolpo, E un gettar voci al vento. Oh me tapino!
me tapino! Per me ho paura, e’ il povero Antifone Mi strazia il cuor;
mi
fa pietà; per lui Sono in travaglio. In grazia su
’avrei sbrigata. Avrei ben provveduto a’ casi miei. L’ira del vecchio
mi
daria di barba. Avrei fatto fardello, e preso il
disce Costui? Get. Costui?Ma dove treverè Antifone? Per quale strada
mi
farò a cercarlo? Fed. V’ha nominato. Ant. V’ha n
Geta. Furfante, storcileggi.Geta. For. Rispondi. Get. Rispondi.Chi
mi
chiama? Oh!… Dem. Rispondi. Chi mi chiama? Oh!…B
For. Rispondi. Get. Rispondi.Chi mi chiama? Oh!… Dem. Rispondi. Chi
mi
chiama? Oh!…Bada a te. Get. Costui non ha fatto a
a vi domando in grazia, Quel giovine, se pur non v’è d’incomodo, Che
mi
diate risposta, e mi spieghiate Chi è quel vostro
a, Quel giovine, se pur non v’è d’incomodo, Che mi diate risposta, e
mi
spieghiate Chi è quel vostro amico, e in qual man
noto. Noto a me?Di certo. Dem. Io vi dico di no. Voi, che volete Che
mi
sia noto, fate che mi torni Alla memoria. For. A
rto. Dem. Io vi dico di no. Voi, che volete Che mi sia noto, fate che
mi
torni Alla memoria. For. Alla memoria.Eh via. Co
h via. Com’è possibile Che quel vostro cugin non conosceste? Dem. Voi
mi
fate crepar. Ditemi il nome. For. Il nome? Volent
Fed. Che farò dunque? Non vi andrò? Nemmeno Or che di suo volere a se
mi
chiama? O mi armerò piuttosto di costanza Per non
dunque? Non vi andrò? Nemmeno Or che di suo volere a se mi chiama? O
mi
armerò piuttosto di costanza Per non soffrir mai
soffrir mai più d’esser trastullo Di femminacce Lusinghiere e false?
Mi
scacciò… mi rappella… Tornerò ? … No, per Dio, no
più d’esser trastullo Di femminacce Lusinghiere e false? Mi scacciò…
mi
rappella… Tornerò ? … No, per Dio, no, se venisse
e quel..? che me..? che non..? Vedrai.. Oh pria morrò; saprà qual uom
mi
sia. Tutto questo apparecchio di disdegno In fede
seria mia, E me ne incresce, e di amor muojo, e il veggo, E il sò, ne
mi
trattengo, e ad occhi aperti Corro a morir, nè so
nti la vivacità del colorito originale, e si confrontino: Son morto:
mi
è sparita la fanciulla: Ed io che fino a quì le t
Domanderonne? E qual terrò camino? Non sollo. Ma quest’unica speranza
Mi
resta, che dovunque ella si sia, Non potrà lungo
imo volto! In questo punto. Cancello dal mio cuor tutte le donne, Che
mi
fan noja i visi del paese. Leggansi in quest’alt
dolcezza: Evvi alcun quì dappresso? Non vi è alcuno. Evvi alcun che
mi
seguiti? Nessuno. Or dunque potrò io liberamente
egrezza. O Giove, adesso è il tempo certamente Che soffro in pace, se
mi
fai morire, Acciochè a lungo andare alcuno affann
i questo mio piacere. Ma vorrei pure abbattermi in taluno Che curioso
mi
venisse appresso, E mi animazzasse con cento doma
a vorrei pure abbattermi in taluno Che curioso mi venisse appresso, E
mi
animazzasse con cento domande, Dove io vada? dend
arte che la divisione da quel letterato proposta senza verun bisogno,
mi
sembri sproporzionata nelle parti, perchè egli vo
rmi. Sir. Ma per meglio spiegarmi.Non ho tempo Or di ascoltarti, che
mi
son comprati Quei pesci a gusto mio, e a me si as
riside di Terenzio) così prosegne: Currado. Fra questo mentre a caso
mi
venne corso l’occhio sopra la fanciulla, vralle a
mbravami dolente sopra le altre, e sopra le altre nobile e signorile,
mi
feci a domandarne le femmine di seguito: ma in ud
e di seguito: ma in udire da loro essere una sorella della Fulvia, sì
mi
sentii subito un rocco al cuore: oh oh, dissi all
piagato il mio seno. Romolo. Da così altera bellezza già affascinato
mi
sento. Oppure : Romolo Caro invito. Ersilia.
Ost. Altra guerra io non provo, se non quella che, nuova in vero, tu
mi
recasti in petto. Ers. Ippolita non son io, che
li per atterrire sul Termodonte i nemici. Ost. E pur da Scite saette
mi
sento l’alma piagata. Ers. Arco non vidi mai. O
! Ers. Non so, non deggio ! Ost. Cruda, perchè ? Ers. Altri guerra
mi
fa : parlar di pace non può colei ch’ ha acceso
questo teatro si vedono e si sentono cose, che non si son mai, ch’ io
mi
sappia, vedute nè sentite in nessun paese del mon
i dirvi che razza di spettacolo è quello che vi richiama tanta gente,
mi
vedrei imbrogliato. Il cartellone annunzia una co
e più esatto. In nessun’altra occasione, nemmeno negli infimi teatri,
mi
son mai trovato alle scene plateali ed ignobili c
i bassi ; xe vero, ma però parlo sì schietto, che de coscienza un pel
mi
no ghe metto. Perchè in sinciero efetto dona se p
l, resplendendo qua in terra un niovo sol. E dir po al fin se puol da
mi
, e da gente che non porta in gropa che la Fenice
orgermi frequenti occasioni di seruirla, come ne sarò sempre ansioso,
mi
raffermo con tutto l’animo Di V. A. Affett.mo Se
re, cambiate in altri caratteri da persone di abilità e di talento, e
mi
consolai che colà si facessero le mie commedie, t
rimere quanto siasi accresciuto il mio giubbilo, e quanta compiacenza
mi
abbia recato il vederle con tanta esattezza, con
à e spirito rappresentate. Io le ho trovate si ben dirette, che nulla
mi
resta da suggerire. Il Direttore di esse è il più
o in questa parte, nè ho sognato di segnalare; e nel secondo manca (e
mi
perdoni) di politezza. Primieramente qual difetto
Ponz, con entrare a rilevare i difetti, di cui ora stò ragionando, e
mi
ristrinsi alla semplice descrizione delle parti c
el volgo. Ciò si verifica co’ fatti. Sappiate, Signor mio (che io ben
mi
avveggo, che i vostri gravi studj vi avranno tenu
sospetti1? 1. T.V. p. 322. Viage de Esp. 1. Il Signor Lampillas
mi
domanda ancora, perchè non abbia narrati i disord
delle altre moderne nazioni? Ho parlato de’ Teatri di Madrid, perchè
mi
erano sotto gli occhi, e, per quanto io so, niuno
à sicuro, poi ch’ io faccio mia cura acciò che le capitino alle mani.
Mi
farà favore di parlar di costei con questo S.re A
faccia che parli con l’ Ambasciatore ; per vita sua, per l’ amor che
mi
porta, procuri che non potendo più soffrirla, ch’
rni Faccian nell’alma mia dolce concento ? Pur è uer, e lo sento, Che
mi
rubasti il core : E gli diè la tua forma, il fabr
i con il puro e tremulo baleno, al primo folgorar morto m’avete ; voi
mi
spiraste al cor dolce veleno, ond’egli arda a tut
iel d’amor, fauste Comete ; indi (oh dolor, per cui piango e sospiro)
mi
disperaste in un volubil giro. Sotto a quegli arc
in Italia. Levar dunque costei et pigliar quel Pavolino in Compagnia,
mi
par che siano due cose necessariissime, rimetendo
e siano due cose necessariissime, rimetendomi sempre a quanto l’A. V.
mi
comanderà, et con il fargli profonda riverentia l
disgusti acciocchè il marito non li faccia qualche burla. » E la cosa
mi
par chiara ! Bisognava non fare sgarbi alla baldi
lorinda et suo marito et i mali trattamenti loro sono così grandi che
mi
hano ormai ridotto a rovina e a precipicio. Mi fa
o sono così grandi che mi hano ormai ridotto a rovina e a precipicio.
Mi
fano parlare che io resti questo verno a Milano,
io. Mi fano parlare che io resti questo verno a Milano, et perchè non
mi
pare giusto, et che io niego di restargli, mi ha
a Milano, et perchè non mi pare giusto, et che io niego di restargli,
mi
ha il ditto marito di Florinda tirato a termine d
trovarli tutti uniti gli parlai dietro il Palco doppo la Comedia, et
mi
ritirai in una camera dove si spogliamo et vestem
a quasi sempre paurose parole come queste : non volevo dir tanto ; ma
mi
affido ch’io lo dico a padrone che non lasciarà p
ta, Goldoni (Memorie, vol. II) scrive : Son debitore dei diletti che
mi
procurò questa commedia a Madama Bresciani che ra
mo dell’ eccellente attrice, la valorosa signora Catterina Bresciani,
mi
andava continuamente eccitando per una seconda co
ndar licenza De poder dir quel che non ho mai dito, Ma ogni sfogo per
mi
saria un delito. Compatime, ve prego, in carità S
tar, Perchè dopo aver tanto sfadigà Villanie no me par de meritar. Da
mi
, da tutti nu s’ha procurà El mestier con modestia
no vendetta : A longo andar ga più rason chi tase. Compatì generosi i
mi
difetti, Veneziani, de cuor sieu benedetti. RISP
p. dell’Ancora, 1887). E dallo spoglio della Gazzetta Veneta (che non
mi
fu possibile vedere) fatto dal Tessier (Giornale
catene e crude voglie, mentre schiava si mostra, e cerca amore, amor
mi
nega, e libertà mi toglie. E con nuovo amoroso al
lie, mentre schiava si mostra, e cerca amore, amor mi nega, e libertà
mi
toglie. E con nuovo amoroso alto stupore e lega l
que abilissimo in altre parti giocose, in questa non riusci bene. Ciò
mi
fece risolvere appoggiar tal carattere al Pantalo
Clarice. Non vuol vedere la nostra prima commedia ? Sior Zamaria.
Mi
no ; co me recordo quel povero Pantalone, me vien
lla lettera dedicatoria. ….. essendo in Venetia gli anni a dietro
mi
fu da un gentil-homo Napolitano virtuosissimo spi
o, introducendoli il Capitano Coccodrillo con alcune sue Rodomontate,
mi
disposi con questa, dico, comparirle davanti. Con
onte di Gos questa istate passata, glie la rapresentassimo. Et perchè
mi
parve che V. E. con tuti li altri Signori spettat
le attrici recitassero, o senza presenza di donne ; e con ragioni che
mi
pajon irrefragabili trova più accettabile la prim
chini e Flaminio Scala. Quando nascesse e quando morisse la Ponti non
mi
fu dato rintracciare. Forse continuò a recitare i
Flaminio Scala, Comico acceso (Lione, Giacomo Roussin, MDCI), che non
mi
fu dato ancor di trovare.
t un’altra al Sig. Martellini, quale Sig. Martellini abboccatosi meco
mi
ha riferito a nome del Ser.mo et Em.mo Sig. Cardi
dinale che i negotiati della Compagnia passavano in tale stato che se
mi
risolvessi di recitare oltre il pregiudicio delle
l’ama, il punisco io stesso? Misero, il penso e vivo? nè questo cor
mi
schianto, Che di dolor non scoppia? . . . Solim
dolor non scoppia? . . . Soliman? questo è pianto! Non v’è già chi
mi
veda? Lagrime vili, il corso Frenate: ahi per c
bastami il mio rimorso! Or sei morto, mio figlio, or che il pianto
mi
cade; Scacciam la debolezza sin colla crudeltad
hiamano i perigli? Preserveranti i numi a quai tanto somigli. Non
mi
parlar qual parla chi più non si rivede. Musta.
nome addio: Digli che del suo nome nelle note a me care Partir tu
mi
vedesti, e finir di parlare. Una tragedia di ta
olto di sue voci il suono. Lontananza e fragor d’onda sonante Poi
mi
rende indistinte e al fin mi chiude Le care voc
Lontananza e fragor d’onda sonante Poi mi rende indistinte e al fin
mi
chiude Le care voci. Svolazzante lino Scuote
sti e coloriti, e di gran pensieri con eleganza e sublimità espressi,
mi
sembra singolarmente l’Ermenegildo. Vi formano un
che potranno i prieghi, Le lagrime, i sospiri &c. O Enea che
mi
abbandoni, o mie speranze, O sacra del mio spos
’egli vi concorra. Io porterommi al tempio (ella dice nell’atto III),
mi
scoprirò al tiranno, gli trarrò dal capo la coron
mici Salvato, fui nutrito, e dalla madre Son trafitto nel cor. Tu
mi
accusasti Che di Seleuco io meditai la morte,
e ragion sul trono, Chiesi a te le tue nozze. E chi non vede S’io
mi
fo noto al genitor, che torna La falsa accusa t
rdisco proporre a titolo di taccia quanto penso intorno al Dione; pur
mi
sentirei disposto a riporre tralle prime tragedie
unque Callicrate si finse A me fedel, non traditore? E il vero Tu
mi
narri Alcimene? Alc. Il ver ti narro; ed altr
ria! oh Israello! a questo prezzo Dunque tuo re m’hai fatto? Or che
mi
cale Di scettro e regno, se mi togli un figlio?
Dunque tuo re m’hai fatto? Or che mi cale Di scettro e regno, se
mi
togli un figlio? Rendimi il figlio, e tienti sc
fuggir ma non so dove . . In quello un pianto, un gemito dolente
Mi
raddoppia il terror, odo, o udir parmi Il fatal
pia il terror, odo, o udir parmi Il fatal nome risonar d’Amestri.
Mi
volgo, e la ravviso; ella era dessa, Che squarc
mbianze a me scopriva. Io correr voglio a lei, ma ignota forza Or
mi
trattiene, or mi respinge, e miro, Ch’ella stri
riva. Io correr voglio a lei, ma ignota forza Or mi trattiene, or
mi
respinge, e miro, Ch’ella stringeva insanguinat
di Artabano che intriga se stesso nelle sue sofistiche sottigliezze,
mi
sembra poco plausibile. Intanto che tali valorosi
sogno di estrinseci episodj, ci presenta varie scene teatrali49. Tali
mi
sembrano le seguenti: quella di Penelope nell’att
ad Eurinoe, Fuggiam da questi luoghi. Un dio nemico M’insegue, e
mi
minaccia. Andiam, non odi Il fulmine che fischi
gue e di caligin tinta? Sostienmi . . . il piè vacilla . . . ie non
mi
reggo. Ahi lassa! io muojo. Nell’atto V la s
a riescire in questo genere, anche da queste osservazioni passeggiere
mi
sarei astenuto. Guai a quel poeta, il cui dramma
lo protegge: energiche in questa scena son le di lui parole: Non
mi
rapir quel bene Che mi diè la tua torre. O torr
n questa scena son le di lui parole: Non mi rapir quel bene Che
mi
diè la tua torre. O torre amica, Chi mi ritorna
on mi rapir quel bene Che mi diè la tua torre. O torre amica, Chi
mi
ritorna a te? Tu cancellasti In pochi giorni da
anatismo, e del furore. Entro al tuo bujo un favorevol raggio Pur
mi
rilusse. Io vidi, e che non vidi? Vidi le strag
ar dovea. L’utile nome Di libertà, che sì l’Inglese apprezza, Quì
mi
chiama a regnar: altrove usato D’altro consigli
che prende Zulfa dal marito nell’esser condotta al Dey: Signor,
mi
lascia Al mio destino . . . Il ciel ti ricompen
a. Tolse dalla storia di Pausania re di Sparta la Cleonice, in cui
mi
sembrano lodevoli i caratteri di Cleonice e di So
un grido Volgo altrove la fronte; e mel riveggo Seduto al fianco,
mi
riguarda fiso, Ed immobile stassi, e non fa mot
ndosi le chiome, E piovendone sangue, apre la veste, E squarciato
mi
addita utero e seno Di nera tabe ancor stillant
te e brutto. Io lo respingo, ed ei più fiero incalza, E col petto
mi
preme e colle braccia. Parmi allora sentir sott
la mano Tepide e rotte palpitar le viscere, E quel tocco d’orror
mi
drizza i crini. Tento fuggir: ma pigliami lo sp
crini. Tento fuggir: ma pigliami lo spettro Traverso i fianchi, e
mi
strascina a piedi Di quella tomba, e quì t’aspe
he vengono a tramare una congiura quasi al cospetto del tiranno. Tali
mi
sembrano i pregi ed i difetti generali delle nomi
. colla fiera luce che ne scende in Virginio, orribil lampo
Mi
fan tuoi detti traveder! deh taci.. Agamennon
delle solite eccezioni sullo stile e del gallicismo Atride forse già
mi
sospetta. Oltre della proprietà de’ caratteri e d
nore abborrimento per Pilade che per Oreste. Ma i difetti dello stile
mi
sembrano più rari, e i caratteri sono espressi co
dicò alla contessa sua madre nell’agosto del 1783. Nè anche in questa
mi
sembrano frequenti le solite eccezioni dello stil
chair mio amico il P. Ireneo Affò Bibliotecario di Parma cortesemente
mi
comunicò tal notizia con altre intorno al P. Bian
nio fecondo e quali lasciò di far nascere? Simili desiderj antiveduti
mi
spinsero, qualunque io mi sia, a formar de’ teatr
di far nascere? Simili desiderj antiveduti mi spinsero, qualunque io
mi
sia, a formar de’ teatri una storia generale ma r
e son pur troppo sazio tenendo in st’occasion starve lontan, che per
mi
tira el fango ne la città, ch’a nominarla piango.
sa recitar comedie deghe pur col Tabar, Bretta, e Scarsella ; che per
mi
me contento, pur ch’el ghe tira dentro, e avrò gu
in fretta, e in frotta ferir, forar da drudi d’essa il dosso. Ma pur
mi
par, se su lo stocco attacco, o con sferza la sfo
ttacco, o con sferza la sforzi a star a stecco, che sì la sciocca non
mi
secchi il sacco. Scusimi il ciel se per la picca
pecco non vuò più a patto alcun potta di Bacco, che feccia di facchin
mi
faccia becco. Nel prologo di accettazione nella
tespizio de’suoi balli di Sfessania (Lucia mia, Bernovallà, che buona
mi
sa), nel quale essa è intonata a suon di mandòla,
Za che sem a rasona Perchè so che t’ho cennat Delle volte più de mil
Mi
te l’ho volud mostra Ol me sangu col parentà Perc
uol fe la canella E Canella fe Canu Che sponsò donna Stanella Chem fe
mi
che son zanuol Guarda me doncha se sun Dun terrib
’esser ama Da ti cagna patterina. Bona sera o Bertolina. Oltra questo
mi
so fa D’ogni cosa che se pol di So cantà mi la so
o Bertolina. Oltra questo mi so fa D’ogni cosa che se pol di So cantà
mi
la sol fa E la sol fa do re mi So sonar ol violi
fa D’ogni cosa che se pol di So cantà mi la sol fa E la sol fa do re
mi
So sonar ol violi La chitarra col trombu E le gni
e prigionia spietata. Soffrò il presente, e la memoria amara Del par
mi
attrista del futuro danno. Deh qual è a tanto duo
ì ti opprime? In quai contrade errante Senza speme e consiglio il piè
mi
trasse? Ma l’usato furor di nuovo annebbia La mia
l piè mi trasse? Ma l’usato furor di nuovo annebbia La mia ragione, e
mi
trasporta e punge! Sento già risonar le note aven
è! veggio dal l’orco Argo severo, e con orrenda face In truce aspetto
mi
minaccia e incalza Per erme arene, e per solinghe
r erme arene, e per solinghe vie! Dove, misera me! superna forza Dove
mi
spinge mai! Giove, e qual colpa Sì in me punisci,
colpa Sì in me punisci, e di terrore ignoto L’alma riempi, ed a vagar
mi
sforzi? Ah per pietà m’incenerisci, e il suolo S’
lo S’apra e m’ingoi, o di marini mostri Esca infelice in mezzo al mar
mi
scaglia. Abbastanza vagai, soffersi e vissia. D
senta rapire dall’autorità de’ Nisieli e degli Scaligeri, purchè non
mi
si ascriva a delitto il dipartirmene per seguire
r seguire l’affetto che m’inspira la lettura di questa favola. Io non
mi
sono proposto in quest’opera di copiar ciecamente
a Morir tu dei? Ati Morir tu dei?Tu stessa Condannarmi dovrai, Morir
mi
lascerai. Sangaride Morir mi lascerai.Io! per sa
dei?Tu stessa Condannarmi dovrai, Morir mi lascerai. Sangaride Morir
mi
lascerai.Io! per salvarti Tutto armerò tutto il p
armerò tutto il poter supremo… Ati Vano soccorso! a superar me stesso
Mi
manca ogni valore: Per te senza speranza ardo d’a
doro; Tel dissi già; condannerai tu stessa Il mio foco il mio ardire,
Mi
lascerai morir. Castigo io merto; Un rival genero
ai la tua sventura. Ati Ah se ti perdo, ah se a morir son presso, Che
mi
resta a temer? Sangaride Che mi resta a temer?Pe
perdo, ah se a morir son presso, Che mi resta a temer? Sangaride Che
mi
resta a temer?Perdere è poco L’oggetto del tuo fo
r?Perdere è poco L’oggetto del tuo foco: Ciò che pianger tu dei È che
mi
perdi, e l’idol mio tu sei. Ati Io? Ciel che asco
a disegno di essere nel numero de’ vostri segretarii, ed ora essi non
mi
vorranno ammettere fra loro". Non vi vorranno amm
unque certa che io godo della vostra gloria come se fosse cosa mia, e
mi
piace che abbiate nell’arte quel primo seggio che
mo d’un purissimo affetto, io sento che, per giungere dove io vorrei,
mi
mancano le forze : e sinceramente vi dico che sie
amici, fuor della scena, scrivendo lettere di fuoco, dalle quali però
mi
pare salti sempre fuori la correttezza del suo co
ontratto ed ho fatto le più gran concessioni. Non ha servito nulla, e
mi
sono convinta che l’invidia non si placa. E ha r
ATTEI Quand’io pendo dal tuo labbro gentile, e il suon de'detti tuoi
mi
scende al core, sia che del vizio alla licenza vi
le, vivacità: qualche canzone lirica è senza eccessi: vaga e semplice
mi
sembra la V delle sue canzoni amorose, che incomi
sovranità irritata, a me temerario (gli dice interrempendolo) a me!
mi
conosci? sai chi sono? lo rammenti? Parti, allont
a. Del tuo decoro.E gelosia rassembraa. Reg. Io! Gelosa io non son ;
mi
offende il dubbio. Ma di un vassallo pur fingi un
ci, il sangue berne, Strapparle il cor, incenerir l’audace? (Ah di me
mi
scordai?) Bianca, io gelosa Mi finsi, e finta anc
il cor, incenerir l’audace? (Ah di me mi scordai?) Bianca, io gelosa
Mi
finsi, e finta ancor la gelosia L’ira in me risve
ove ella volga il guardo Non mirar tu: mai non amar chi ella ami. Non
mi
render gelosa; chè se finta Sì terribile è l’ira
e dall’impresa di vendicarsi della Regina, aggiungendo: Mira que sin
mi
te quedas, y no ha de aver cada dia quien, por mu
, e se io non ho figli, viene ad essere mio cugino il mio successore.
Mi
vien detto che voi ed io possiamo averne quanti v
ella nelle fattezze. E la consegnerò tale e quanta ella e, sempre che
mi
sarà domandata in occasione di nullità o divorzio
?Di pensar ch’è questa L’ultima volta, oimè, ch’io ti favello, Che tu
mi
vedi.. Addio… Ti amai, lo sai. Partisti… Die.
rte… Ah maledetto sia l’infame, il falso, Il comprato messaggio, onde
mi
vedo A sì misero stato oggi ridotta! Passò il tem
ndesse il mio discorso, Yo harè que enmienden los ojos lo errores de
mi
labio. Tale nella giornata II è la risposta data
como à tu rey. Raq. No como à tu rey.No puedo, Que ha poco que eres
mi
amante, Y ha mucho que eres mi dueño. Tale nella
tu rey.No puedo, Que ha poco que eres mi amante, Y ha mucho que eres
mi
dueño. Tale nella giornata III il congedo che Ra
isto venuto su di una nave a redimere il mondo, dice del mare, … por
mi
cuenta he hallado Que no es grazioso el mar aunqu
lui parla Dorotea. Mostro, barbaro, ingrato, ove, trascorria? Vender
mi
vuoi tiranno? A un mostro vile Vendermi! oimè! se
tiranno? A un mostro vile Vendermi! oimè! senza pensar che schiava Se
mi
fe un folle amor, libera io nacqui? Di qual barba
la sposa tua, tu stesso Meni di un altro in braccio? Il giusto cielo
Mi
vendichi di te ; l’aria ti manchi, Ti nieghi il s
e la terra In ridente giardin tutta si cangi. Il fiero Cagnerì cui tu
mi
vendi, Quel dì che in preda mi lasciasti al sonno
utta si cangi. Il fiero Cagnerì cui tu mi vendi, Quel dì che in preda
mi
lasciasti al sonno, Amante si mostrò, chè il ciel
amexì In man del Cagneria Chè se per non serbar la data fede, Fuggir
mi
vuoi, ben ti prometto e giuro Obbliarla per sempr
felici Quel tempo che il dolor della tua assenza, Della perdita tua,
mi
lasci in vita. E se Beatrice ingelosir pur temi,
a perdita tua, mi lasci in vita. E se Beatrice ingelosir pur temi, Se
mi
vedrà tornar teco a Granata, Io stessa a lei dirò
a quel che fui deh pensa Nacqui di nobil padre, il sai, da lui Amata
mi
vedesti, e rispettata Nella patria da nobili e vo
do non sia Altri uccidendo, colla propria morte. Ma già…. misera me…!
mi
manca il fiato.. Mi balza il cor… dalla funesta r
idendo, colla propria morte. Ma già…. misera me…! mi manca il fiato..
Mi
balza il cor… dalla funesta rupe Già scende il Ca
i Congiurato in tuo danno e cielo e terraa. Signor, pietà, mercè, Non
mi
lasciare, oimè! Presa in Benamexì In man del Cagn
beltad ha con tu ingenio igualado sabido es quanto ha mostrado. ya
mi
afecto mi humildad. Da ciò apparisce l’inverisi
con tu ingenio igualado sabido es quanto ha mostrado. ya mi afecto
mi
humildad. Da ciò apparisce l’inverisimiglianza
cchezza, che del legnaggio dice, … que en Castilla viò Ricos-hombres
mi
casa antes que Reyes su silla; laonde rende a se
e del ciel, quali non debbo Grazie alla tua pietà, che di tai doni Sì
mi
colmasti, che quanto si scopre Dalla vicina rupe
gran mercè, per me si aduna. Nè la ricchezza è la maggior ventura Che
mi
donasti; un placido riposo Una gioja innocente ap
i Siviglia L’altera corte, e sol due leghe appena Lunge è da quì; tal
mi
cagiona orrore Il doppio mascherato cortigiano !
pio mascherato cortigiano ! Meno tranquilli i dì fra miei pastori Che
mi
onorano a gara, ed i miei voti A’ cittadini onori
passeggieri. La furia di Atila non disapprovata dal signor Montiano,
mi
sembra poi la cosa più sciocca e ridicola del dra
azionale. Allora (o che io m’inganno) da scrittore antispagnuolo qual
mi
vollero dipingere, sarò tenuto per uno de’ beneme
e forse rappresenta meglio il primo impeto della passione di lei, ma
mi
è sembrato estremamente ricercato, ed incoerente
el metro. Ecco i versi dell’originale. Señor Gomes Arias, duelete de
mi
, no me dexes presa, en Benamexi. a. Il poeta n
il quale interesse ben si trova nelle indicate favole spagnuole. a.
Mi
astengo di allegar quì di nuovo i testimoni nazio
a, e composi una commedia per la sua prima sperienan. Madama Medebach
mi
somministrava idee interessanti, commoventi, e d’
tirla d’una prontezza di spirito, che a lei suol essere famigliare, e
mi
è riuscito l’effetto, a misura dell’intenzione.
il barbier, fui comico, e svegliato l’estro sentii, che Apollo or non
mi
nega. Perdei la luce al fin di Carnevale, e volen
a luce al fin di Carnevale, e volendo alla meglio avanti gire, l’arte
mi
posi a far delle cicale. Canto, e compongo ancor
, e perchè da questo vengo stimolato ogni giorno di risposta, per ciò
mi
conviene essere importuno a V. S. Ill.ma, pregand
te della sua conditione, supp.co la sua gentilezza di risposta mentre
mi
sottoscrivo Di V. S. Ill. Hum.mo e devot.mo ser.
ole collerica e sdegnosa, che la faceva intrattabile. E questo prova,
mi
pare, quanti e quanto grandi fossero i pregi suoi
elle parole e negli atti, non poteva essere più cortese e obbligante.
Mi
regalò un bacio che mi sconvolse lo stomaco per i
i, non poteva essere più cortese e obbligante. Mi regalò un bacio che
mi
sconvolse lo stomaco per il fetor del suo fiato.
sovranità irritata, “a me, temerario (gli dice interrompendolo) a me!
mi
conosci? sai chi sono? lo rammenti? Parti, allont
. Bian. E gelosia rassembra 104. Reg. Io! . . . Gelosa io non son:
mi
offende il dubbio. Ma di un vassallo pur fingi
il sangue berne, Strapparle il cor, incenerir l’audace? (Ah! di me
mi
scordai!) Bianca, to gelosa Mi finsi, e finta a
cor, incenerir l’audace? (Ah! di me mi scordai!) Bianca, to gelosa
Mi
finsi, e finta ancor la gelosia L’ira in me ris
lla volga il guardo, Non mirar tu: mai non amar chi ell’ ami. Non
mi
render gelosa; che se finta Sì terribile è l’ir
dall’impresa di vendicarsi della regina, aggiugnendo, Mira que sin
mi
te quedas, y no ha de haver cada dia quien, p
ato, e se non ho figli, viene ad essere mio cugino il mio successore.
Mi
vien detto che voi ed io possiamo averne quanti v
ella nelle fattezze. E la consegnerò tale e quanta ella è, sempre che
mi
sarà domandata in occasione di nullità o divorzio
e vuol partire. Addio, ella segue agitata, Addio; con te restar non
mi
è concesso. Ti dirò solo in breve, che un solda
pensar ch’è questa L’ultima volta, oimè, ch’io ti favello, Che tu
mi
vedi . . . addio . . . . Ti amai, lo sai, Parti
. Ah maledetto sia l’infame, il falso, Il comprato messaggio, onde
mi
vedo A sì misero stato oggi ridotta! Passò il
e il mio discorso, Yo harè que enmienden los ojos los errores de
mi
labio. Tale nella giornata II è la risposta da
u amante, No como à tu rey. Raq. No puedo, Que ha poco que eres
mi
amante, Y ha mucho que eres mi dueño. Tale ne
q. No puedo, Que ha poco que eres mi amante, Y ha mucho que eres
mi
dueño. Tale nella giornata III il congedo che R
venuto su di una nave a redimere il mondo, dice del mare, . . . por
mi
cuenta he hallado Que no es gracioso el mar aun
to orror giugner potesti Senza temere i fulmini del cielo? Vender
mi
vuoi tiranno? A un mostro vile Vendermi, oimè,
nno? A un mostro vile Vendermi, oimè, senza pensar che schiava Se
mi
fè un folle amor, libera io nacqui? Di qual bar
sposa tua, tu stesso Meni di un altro in braccio? Il giusto cielo
Mi
vendichi di te: l’aria ti manchi, Ti nieghi il
terra In ridente giardin tutta si cangi. Il fiero Cagnerì cui tu
mi
vendi, Quel dì che in preda mi lasciasti al son
si cangi. Il fiero Cagnerì cui tu mi vendi, Quel dì che in preda
mi
lasciasti al sonno, Amante si mostrò, che il ci
In man del Cagnerì 112. Che se per non serbar la data fede Fuggir
mi
vuoi, ben ti prometto e giuro Obbliarla per sem
ici Quel tempo che il dolor della tua assenza, Della perdita tua,
mi
lasci in vita. E se Beatrice ingelosir pur temi
rdita tua, mi lasci in vita. E se Beatrice ingelosir pur temi, Se
mi
vegga tornar teco a Granata, Io stessa a lei di
el che fui deh pensa. Nacqui di nobil padre, il sai, da lui Amata
mi
vedesti, e rispettata Nella patria da nobili e
ia Altri uccidendo, colla propria morte. Ma già ... misera me ...
mi
manca il fiato . . . Mi balza il cor ... dalla f
la propria morte. Ma già ... misera me ... mi manca il fiato . . .
Mi
balza il cor ... dalla funesta rupe Già scende
urato in tuo danno, e cielo e terra 114. Signor, pietà, mercè, Non
mi
lasciare, oimè! Presa in Benamexi In man del
beltad ha con tu ingenio igualado, sabido es quanto ha mostrado ya
mi
afecto mi humildad. Da ciò apparisce l’inveris
con tu ingenio igualado, sabido es quanto ha mostrado ya mi afecto
mi
humildad. Da ciò apparisce l’inverisimiglianza
del legnaggio dice, . . . . . . que en Castilla viò Ricos-hombres
mi
casa antes que Reyes su silla; laonde rende
l ciel, quali non debbo Grazie alla tua pietà, che di tai doni Sì
mi
colmasti, che quanto si scopre Dalla vicina rup
mercè, per me si aduna. Nè la ricchezza è la maggior ventura Che
mi
donasti; un placido riposo, Una gioja innocente
viglia L’altera corte, e sol due leghe appena Lunge è da quì; tal
mi
cagiona orrore Il doppio mascherato cortigiano.
mascherato cortigiano. Meno tranquilli i dì fra miei pastori Che
mi
onorano a gara, ed i miei voti A’ cittadini ono
nazionale. Allora (o ch’io m’inganno) da scrittore antispagnuolo qual
mi
vollero dipingere non meno i meschini che gl’ ins
e e vivacità: qualche canzone lirica è senza eccessi: vaga e semplice
mi
sembra la quinta delle sue canzoni amo ose, che i
e forse rappresenta meglio il primo impeto della di lei passione; ma
mi
è sembrato ricercato soverchio ed incoerente il c
metro. Ecco i versi dell’originale: Señor Gomes Arias duelete de
mi
, no me dexes presa en Benamexi. 113. Il
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