ino, per fuggir poi anch'egli alla prima occasione su di una nave che
lo
portò a Civitavecchia, d’onde recossi pedestre a
e tanta stima si procacciò coll’obbedienza e col lavoro, che il Ferri
lo
condusse nell’ altre città, avendoselo più amico,
n impiccio non lieve il capocomico Bazzi che non avrebbe voluto mutar
lo
spettacolo, nè sapeva a quell’ora in qual modo ri
e del pubblico, fattosi alla ribalta, invocò pietà e misericordia ; e
lo
fece con tal garbo e con tal commozione, che l’av
essi fino al '49, nel quale anno fu colto da alienazione mentale, che
lo
condusse in breve tempo a morte. Di lui scrisse M
nte le fibre dei suoi uditori. – Quando un carattere, un personaggio,
lo
avevano commosso ed interessato, Monti non temeva
mpo collega : …… Cominciò a dire e sostenere che il Re Ferdinando II
lo
aveva nominato Direttore dei due R. Teatri, San C
l Palazzo Reale per voler parlare a Sua Maestà. Il portinajo ignorava
lo
stato della sua mente, e gli disse che il Re era
disse che il Re era in colloquio col ministro. Egli rispose : ebbene,
lo
aspetterò. Accostatosi al letto del portinajo, si
ato Alberti, il quale si recò colà in compagnia di un medico amico, e
lo
fece subito rivestire dicendogli che il Re lo att
a di un medico amico, e lo fece subito rivestire dicendogli che il Re
lo
attendeva al R. Palazzo di Capodimonte. Lo posero
dimonte. Lo posero in una carrozza, avviandosi per quella via, ma poi
lo
condussero all’ospedale dei pazzi, detto de' Pont
i lo condussero all’ospedale dei pazzi, detto de' Ponti Rossi, mentre
lo
sciagurato andava ognor ripetendo di voler discor
società dalla quaresima del '49 a tutto il carnovale del '51, così ce
lo
descrive : ….. era una buona pasta d’uomo, giovi
otti Amilcare, Bellotti Bon, Giardini ed altri che non ricordo. Se tu
lo
avessi veduto nelle parti di Balandar, nella Cate
a, una scioltezza di lingua, una castigatezza di gesti e di modi, che
lo
rendevano atto alla interpretazione ed esecuzione
veduto dopo, non furono che pallide copie. Lo stesso Bellotti Bon non
lo
potè arrivare. Il brav' uomo era carico di famigl
. Aveva moglie, quattro figli e un quinto per via. I rovesci politici
lo
avevano ridotto, come me, a chiedere un rifugio e
miseria, dicemmo, facciamo da noi ! se ci sarà un solo pezzo di pane
lo
divideremo, e ringrazieremo messer Domine Dio.
nno a Fiume. Cessata la società col Rossi, Giovanni Leigheb passò con
lo
stesso ruolo in Compagnia Colomberti, poi in altr
onne di buon umore – Saul – Il diplomatico senza saperlo – Il cieco e
lo
scultore – Luigi di Valois – Il progetto della st
innamorato co’ fiocchi, certo non ispregevole, se Pier Maria Cecchini
lo
proponeva per la sua compagnia al Duca di Mantova
aria Cecchini lo proponeva per la sua compagnia al Duca di Mantova, e
lo
riteneva se non eguale, almeno di poco inferiore
usciti, vi potessero ancor capir questi, quali stano tra il comico et
lo
ciarlatano. » Del resto al Cecchini poco premeva
buzione di una commedia soleva dire : « se ghe xe un bel primo attor,
lo
fazo mi ; se ghe xe un bel caratterista, lo fazo
he xe un bel primo attor, lo fazo mi ; se ghe xe un bel caratterista,
lo
fazo mi ; se ghe xe un bel brillante, lo fazo mi
ghe xe un bel caratterista, lo fazo mi ; se ghe xe un bel brillante,
lo
fazo mi ; se ghe xe un sbrufarisi (parte inconclu
llante, lo fazo mi ; se ghe xe un sbrufarisi (parte inconcludente) ti
lo
farà ti !!! »
usa, di raccomandazione, o di abbandono, e disperazione. Il traditore
lo
asserisce con quella enfasi che ha premeditata co
fasi che ha premeditata col suo delitto. Il padre coll’accento sicuro
lo
dice ai propri figli, ai giudici, agli astanti. I
lo. Il servo raggiratore, astuto, con sogghigno derisorio. Lo sciocco
lo
pronunzia interrotto da singhiozzi, e l’ipocrita
sorio. Lo sciocco lo pronunzia interrotto da singhiozzi, e l’ipocrita
lo
assevera coll’unzione mendace della dissimulazion
ita lo assevera coll’unzione mendace della dissimulazione. La ingenua
lo
profferisce colle sue lagrime sincere all’ ingann
donna di maneggio, presaga dell’avvenire e d’un esito corrispondente,
lo
afferma quasi deridendo i creduli. La crivetta lo
ito corrispondente, lo afferma quasi deridendo i creduli. La crivetta
lo
pronunzia con seduzione agli amici sorpresi. La c
mici sorpresi. La caratteristica, perduto l’equilibrio della ragione,
lo
ripete col tuono della rampogna ; e la versatile
, lo ripete col tuono della rampogna ; e la versatile vispa cameriera
lo
alterna, e lo varia anche a mezzo le parole secon
l tuono della rampogna ; e la versatile vispa cameriera lo alterna, e
lo
varia anche a mezzo le parole secondo la qualità
77. » Nella pregevole cronaca del Teatro S. Carlino di S. Di Giacomo,
lo
troviamo (1739) primo amoroso in una Compagnia ch
Valle, padrone del teatro omonimo a Roma, di questa nuova celebrità,
lo
scritturò pel carnevale del 1746. Ma lasciam parl
on un’altra Compagnia istrionica. Quale ? Il documento d’archivio non
lo
dice, ma, certo non quella del Di Fiore, che nel
ase anche dopo quell’anno ? Non potette ; il Valle s’era incaponito e
lo
voleva a Roma. Però scrive all’Uditor dell’Eserci
valoroso ; ma l’Uditor dell’Esercito che gli passa quel denaro, glie
lo
consegna a condizione ch’ egli soccorra la moglie
iuoli che Barese lascia a Napoli. …………………………… Nel 1772, in Primavera,
lo
ritrovo al Nuovo : recita da Zadir nella Dardanè
ella nella Cantina, ove appunto si recitarono le commedie cerloniane,
lo
ebbe in tanto conto da farlo chiamare al Nuovo, q
E le parole su per giù eran sempre queste : che, cioè, nella Cantina
lo
spettacolo era svariato e morale più assai che no
eto l’attore che sosteneva la parte di Rosencrantz. L'arte drammatica
lo
adescava fatalmente. Io lo ricordo giovinetto a T
la parte di Rosencrantz. L'arte drammatica lo adescava fatalmente. Io
lo
ricordo giovinetto a Torino, quando a notte alta
e avverso a che si facesse comico ; ma egli, malgrado tutto, complice
lo
zio Alessandro, entrò il '78 nella Compagnia di A
to maestrevolmente a fianco del padre nel suo giro di addio. Anche
lo
volle Eleonora Duse compagno nella Francesca da R
ini chiare e rare, congiunte a una più rara volontà. Gli ostacoli non
lo
impacciano, lo studio non lo prostra, purchè quel
re, congiunte a una più rara volontà. Gli ostacoli non lo impacciano,
lo
studio non lo prostra, purchè quelli affronti, si
a una più rara volontà. Gli ostacoli non lo impacciano, lo studio non
lo
prostra, purchè quelli affronti, si dia a questo
esso con amorevole modestia scriveva, a' primi del '900, di sè : « ….
lo
studio mi aveva reso più forte nelle interpretazi
tano, come abbiam da una sua lettera alla madre del 18 agosto, di cui
lo
stesso Bartoli (ivi, CXXX) riferisce le parole :
600 fosse, se non il direttore della Compagnia che andò a Parigi, per
lo
meno il conduttore o amministratore…. Nessun docu
dato di sfregiar nel volto l’Angelica, mentr'era in palco a recitare,
lo
aveva passato a un tal Piazza, che poi confessò t
sì losca faccenda. Da altre lettere pubblicate dallo stesso D'Ancona,
lo
sappiamo a Firenze il I° giugno del '92, e a Mant
dell’ 11 marzo '98, in cui designa due individui imbauttati, che pare
lo
posteggiassero innanzi alla porta di casa. Dopo d
di averne avvertito infruttuosamente il luogotenente del bargello, e
lo
Schermidore Giulio Tornelli, ne scriveva per ajut
he 'l mobile che è nella suddetta casa, è maggior parte mio et che io
lo
vorrò quando mi tornerà comodo. Questi son li cap
o et che io lo vorrò quando mi tornerà comodo. Questi son li capi che
lo
han fatto mettere in fuga a parlar di ricorso a S
ando colla fame, affrontando privazioni di ogni specie, senza che mai
lo
prendesse lo sconforto. Egli aveva come un ideale
me, affrontando privazioni di ogni specie, senza che mai lo prendesse
lo
sconforto. Egli aveva come un ideale da raggiunge
er l’arte sua da fargli perdonare ogni esagerazione ridicola. Per lui
lo
stenterello non ebbe più il costume tradizionale
gesto, e una spontaneità meravigliosa dell’ arguzia, due qualità che
lo
tolser presto dal primitivo guittume per collocar
Ristori, Verdi, ecc. Affetto da una malattia di cuore che lenta lenta
lo
struggeva, si spense in Firenze l’ 11 febbraio 18
tanti della città, tra' quali ei fu non ultimo mai e tal volta primo,
lo
esaltarono, specie quella del Filippo, che Alfier
i, abbandonò Firenze e la Toscana, senza sapere ove il suo buon genio
lo
guidasse. E andò a Milano. Quivi l’incalzar della
uidasse. E andò a Milano. Quivi l’incalzar della miseria e della fame
lo
indussero a tentare, indarno, di trarre qualche p
rse di nuovo all’espediente della fuga, in cerca di una compagnia che
lo
accogliesse nel suo seno a qualunque costo ; e la
se, ma non è dubbio che la prova riuscisse eccellente, se l’anno dopo
lo
vediam generico della rinomata Compagnia Consoli
Gio. Angiolo Canova, l’artista pregiato, il maestro solertissimo, che
lo
addestrò nelle parti di tiranno e di padre. Passò
giovine artista, e capite subito le sue chiare attitudini alla scena,
lo
consigliò ad assumer le parti del capocomico, il
azione e rappresentazione di quei caratteri così detti promiscui, che
lo
fecero in breve il signore assoluto della scena.
a sua, si volgeva a lui per soccorso ; ed egli, se il suo dovere glie
lo
consentiva, accorreva subito, e con una recita la
ordini. » Prima un silenzio glaciale, poi uno scoppio di risa accolse
lo
strano invito ; ancora qualche parola del Vestri,
iavi del riso e del pianto ; della vita sentiva il duplice aspetto, e
lo
ritraeva con libera agevolezza, per quasi innata
vava una scena. Di Felice Scifoni : A vederlo, pareva che la natura
lo
avesse creato non ad altro che al genere comico :
tanza che mai potesse farlo uscire dalla qualità ch' ei vestiva : non
lo
vedevi dardeggiare gli sguardi nei palchi o nella
este parole, quando il Vestri era ancora a Napoli col Fabbrichesi : e
lo
Scifoni, accennando al difetto, quando l’artista
oni, che prima blandì l’universale per farsene signore, e poi, quando
lo
potè trarre a voglia sua, lo indirissò pel retto
rsale per farsene signore, e poi, quando lo potè trarre a voglia sua,
lo
indirissò pel retto cammino. A cotesto difet
stri sa commovere il cuore quando la circostanza d'una scena patetica
lo
esige, conclude : nessun altro attore in Italia,
tal peso che niuna cosa potrebbe rimuovermi, ed il maggior dispiacere
lo
forma il non potertene ora manifestare il motivo.
utto l’ardore della sua giovinezza gagliarda : ma sciagure domestiche
lo
distolser presto a’suoi amori per confinarlo in u
rchionni : e tanto fu colpita dalle chiare attitudini del Diotti, che
lo
fece conoscere a Carolina Malfatti, nota maestra,
tti, nota maestra, e a Rosa Romagnoli, celebre servetta. Le quali poi
lo
amarono di amor figliale, ammiratrici profonde de
scena…. si recitaron : il Duello, il Ferréol, il Ridicolo, la Donna e
lo
Scettico, le Due Dame…. A una di quelle recite as
e…. A una di quelle recite assistè Cesare Rossi, e sentito il Diotti,
lo
scritturò come primo amoroso per la quareresima d
co in Portogallo, e con lui tornò in Italia. Ma venuto ormai vecchio,
lo
abbandonò per recarsi a Firenze, scritturato al C
nell’istesso anno. Il Gozzi nel suo ditirambo pel Truffaldino Sacchi
lo
ricorda con onore ; e così di lui lasciò scritto
la prima prova, che produsse miglior effetto della lettura, il Casali
lo
pregò in grazia di riavere da lui particolarmente
che scoprendolo al pubblico sulla scena al mutar di una decorazione,
lo
fece fischiare. Allora il Casali era secondo amor
eva piangere. Ma il migliore accenno, e più che un accenno, al Casali
lo
abbiamo nella prefazione del vol. XIII (ediz. Pas
aria del fianco e della spalla verso il Personaggio con cui recitava,
lo
facevano scomparire, malgrado le belle cose ch’eg
. Vallardi, 1859 ; Bologna, Cavazzi. s. d.), che per la molta soavità
lo
alzarono al grado di degno successore di Tommaso
i Vincenzo Monti, nella quale stette fin oltre il '40. Il Costetti ne
lo
fa uscire il '43, sostituito da Pietro Boccomini,
sostituito da Pietro Boccomini, ma è questo errore evidente, giacchè
lo
vediamo per l’anno '41-'42 primo attore assoluto
ebbe doversi inevitabilmente trovare. Giovanni Ventura (il Colomberti
lo
dice piccolo di statura, ma di volto assai espres
promiscue, ma di gran lunga superiore in quelle di caratterista. Noi
lo
vediamo il 1796 nell’elenco dei componenti la gra
facendo temer prossima una sollevazione. Una sera del 1820, terminato
lo
spettacolo, il Pertica, traversando una strada, s
da quattro uomini mascherati, che, puntatigli al petto i lor pugnali,
lo
minacciaron di morte, se avesse osato non pur di
ma di accennare in qualsiasi modo alla lotta de' Carbonari. E tale fu
lo
spavento ch'egli ebbe dall’inattesa aggressione,
760 colla parte del Dottore in una commedia intitolata Il Pedante : e
lo
troviamo fra gli attori dell’Amore paterno, secon
Ma pare ch'egli vi facesse un fiasco solenne, dacchè a Corte si venne
lo
stesso anno nel proposito di licenziarlo. I compa
? Forse nei Dottori non piacque, e tentò gl’Innamorati ? Forse, dopo
lo
smacco di Parigi, se ne tornò in Italia, e, conco
lo smacco di Parigi, se ne tornò in Italia, e, concordando le date, è
lo
stesso che il precedente, di cui fu citato errone
ca interamente la sua dignità, fino al punto di far credere a chi non
lo
conosce, che esso non ha più nè buon senso, nè gu
’un ti ripiglio più. » E un’altra, alludendo alla minaccia di abolire
lo
Statuto : « Poldino, apri le Camere, se no ti fin
rgli un complimento, gli direi : Ben venuto il balletto – non biasimo
lo
scopo, Ma se gli attori piacciono – vano è il soc
de’ grandi, a compagnie comiche, per rappresentazioni straordinarie :
lo
vediamo infatti al Pantera l’autunno 1825 colla C
tacoloni con trasformazioni, combattimenti, naufragi, incendj, in cui
lo
Stenterello ci faceva la solita parte di servo pe
per la beneficiata si parla ai nomi di Anzampamber e di Ricci. Ora è
lo
Stenterello che numera al pubblico i suoi credito
celebre di Francesco, poichè se a lui non si accostò nella tragedia,
lo
uguagliò nel dramma, e lo superò nella commedia.
chè se a lui non si accostò nella tragedia, lo uguagliò nel dramma, e
lo
superò nella commedia. Di bella figura, se bene a
a sè con l’assidue letture, di maniere dolcissime, fu amato da quanti
lo
conobbero. Si tolse dalla famiglia il 1815 per an
quella sera, al momento della digestione, acutissimi dolori al pilòro
lo
mettevano alla tortura. Giunto a Napoli, si fece
simo « Dominique, » nacque a Bologna nel 1646 secondo i più, compreso
lo
Jal ; tra il’37 e il’38 secondo Carlo Cantù (Buff
nor figlio d’Isabella, al 1645, sette anni e mezzo. Ed è il Cantù che
lo
chiama Domenico Giuseppe ; e Domenico Giuseppe è
ppe è chiamato nel ritratto di Ferdinand che qui riproduciamo, mentre
lo
Jal non sa del secondo nome capacitarsi, non aven
prese tal raffreddore che, mutatosi di punto in bianco in polmonite,
lo
condusse in capo a pochi giorni al sepolcro : e c
to il rammarico per non saper come colmare la immensa lacuna. Ecco
lo
stato della Compagnia alla morte di Dominique, ch
i parlare francese. L’affare si fece serio, e ne volle essere giudice
lo
stesso Re, che ascoltò gli avvocati delle due com
que…. — Come !… Sire !… – sclamò Dominique – anche le pernici ? Il Re
lo
guardò un istante, poi, sorridendo, rispose : — A
io (V. F.lli Parfait, e Biblioteca de l’Opera di Parigi, che conserva
lo
Scenario intero trascritto da Gueullette) non ne
une abbentorate del 1710, il Gemino Amore del 1718, le Fente Zingare,
lo
Viecchio Avaro &c. Commedia fu l’Elisa di Seb
iose le opere di Bernardo Saddumene morto qualche anno dopo del 1732,
lo
Simmele, la Carlotta, li Marite a forza, la Noce
Finto Fratello colla musica di Giovanni Fischetti si cantò nel 1730:
lo
Frate ’nammorato nel 1732 colla musica squisitiss
fra molte stranezze due felici opere la Donna di tutti i caratteri, e
lo
Sposo di tre e marito di nessuna poste in musica
d’intrighi amorosi simili a quelli delle tragedie galanti francesi, e
lo
stile abbonda di pensieri lirici. Esse sono tutte
nistra in prospera la fortuna dell’eroe. Le di lui ariette furono per
lo
più poco musicali; ma mostrò talora di saperne fa
neggio delle passioni, più grandezza ne’ suoi eroi. La lingua è pura,
lo
stile ricco e proprio degli argomenti e della dra
elebre Calabrese Gian Vincenzo Gravina, che l’educò nelle lettere per
lo
spazio di dieci anni, cangiato in greco suono div
ifetti stessi, i quali appartengono agli abusi musici anzi che a lui,
lo
rendono rispettabile fin anco agli orgogliosi che
o: E che perciò? Se il mosse Leggerezza, nol curo: Se follia,
lo
compiango: Se ragion, gli son grato: e se in lu
suo ingegnosissimo La Motte? Dall’Ambigu Comique di Montfleury (disse
lo
stesso mordace esgesuita) Metastasio ha tratto la
non sapeva leggere la divina Eneide? Anche l’Attilio Regolo (afferma
lo
stesso erudito esgesuita) venne da’ Francesi. Da
i tramandatici dalla storia. Cinna è tragedia destinata a commuovere
lo
spettatore: Tito è melodramma fatto per commuover
no per la sua tela. Non basta a Metastasio che Sesto ami Vitellia che
lo
seduce e lo precipita nella congiura; ma ha bisog
a tela. Non basta a Metastasio che Sesto ami Vitellia che lo seduce e
lo
precipita nella congiura; ma ha bisogno che quest
sigono un colorito differente. Emilia innamorata di Cinna intraprende
lo
sconvolgimento dello stato contro al suo benefatt
’aria di romanzo, perchè l’ affetto filiale narrato non iscuote tanto
lo
spettatore quanto i benefizj presenti di Augusto,
rtù cui non ha del tutto rinunziato, dalla debolezza per Vitellia che
lo
tiranneggia. Per comprendere appieno la diversità
Moi, Seigneur, moi que j’ eusse une ame si traîtresse? Ma Augusto
lo
riempie di confusione mostrandosi inteso di tutta
a, e nulla è straordinario. Ma nel nostro melodramma che cosa produce
lo
scoprimento della congiura? Due incontri original
delitto palese. L’uno osserva la mutazione dell’aspetto dell’altro; e
lo
spettatore vi ammira un quadro patetico degno del
. (Stelle! ed è questo Il sembiante di Sesto? Il suo delitto Come
lo
trasformò! Porta sul volto La vergogna, il rimo
tto Come lo trasformò! Porta sul volto La vergogna, il rimorso, e
lo
spavento.) ec. Tali scene non si leggono nel Ci
oeta Imperiale ha prodotta una folta schiera d’imitatori Italiani che
lo
seguono senza raggiugnerlo nè appressarglisi; ed
i. La sua rima è discretissima ed esente di legge, i versi, in quanto
lo
permette la lingua, sono pieni di ritmo, e però f
d i loro quadri accanto a quelli del Metastasio. Decaddero ancora per
lo
stile, anche in faccia al Coltellini ed al Cigna,
ersificazione è musicale; facile l’espressione ed acconcia al genere;
lo
stile chiaro, nobile, conciso, ed ornato de’ fior
llo stato attuale ed il desiderio di cambiare, fe pensare a rivolgere
lo
sguardo indietro ed a vedere in lontananza l’oper
nne tutto fondare nella poesia, e servire alle circostanze spogliando
lo
spettacolo di quasi tutte le indicate decorazioni
a dal nostro Millico; ma non si rappresentò. Il sig. conte Pepoli che
lo
segue e ne adora le vestigia, ha pubblicato nel 1
anco la Gerusalemme; ma non vorremmo che prendesse per eleganza anche
lo
stile contorto ed oscuro in cui taluno sì spesso
nol sai, ma il so ben io, Nè a te, perfido, il dirò. Chi di voi
lo
vuol per padre? V’arretrate? Ah voi tacendo,
’ forse un carattere inverisimile? 71. Con quegli Ezj perchè confuse
lo
stesso Bettinelli que’ Catoni e que’ Regoli? Non
del protagonista, nel numero degli atti, e nel verso. Dissi allora, e
lo
ripeto, che niuna di tali cose mette una differen
nacque a Lugo l’ 11 dicembre 1806. Innamoratosi dell’arte del padre,
lo
seguì, giovinetto, per alcun tempo : ma fu messo
giudizio del pubblico, il quale più tenace di lui ne’suoi propositi,
lo
fischiò ancor più forte, e per modo ’sta volta, c
tore che conosceva molto gli effetti : coscienzioso, intelligente per
lo
studio di un carattere, ma un poco artificioso. N
atico, ancorchè brutto, a tutti i pubblici. Ammirevole e lodevole per
lo
studio che egli poneva assiduo per correggere la
travedere ciò che pensava ; fu stimato e riverito da molti : io pure
lo
stimai, ma non l’ebbi mai nel mio calendario. Qu
al Gattinelli il Remy nella Claudia, il Maestro Favilla, il Luigi XI,
lo
Stracciajolo di Parigi, parti ch’egli aveva recit
ollegio Tigurino. I contemporanei ed i posteri riconobbero la forza e
lo
splendore delle sentenze e delle parole di questa
leganza e leggiadria poetica gareggia co’ migliori di Seneca, e forse
lo
supera per lo candore. Ma intanto che compiange l
iadria poetica gareggia co’ migliori di Seneca, e forse lo supera per
lo
candore. Ma intanto che compiange la principessa
issimulare questo neo della tragedia del Tilesio; ma non è giusto poi
lo
spregiarla tanto, come altri fece, per tale episo
ia d’oro coglie l’opportunità di parlar della potenza di Cupido, indi
lo
prega ad esser propizio al genere umano ed a cont
1530 egli divenne il Seneca del regno di Napoli anzi dell’Italia, per
lo
studio che ebbe di recare egli solo nella latina
quando Teseo dovrebbe solo essere occupato della morte del figliuolo,
lo
rende curioso di sapere la figura del mostro, Qu
ompassione. Gli si avventano Agave, Ino, le Baccanti, ed egli, perchè
lo
riconosca, così favella senza frutto alla madre:
Vedi l’epistola 35 del libro XXIII di Erasmo, il quale però parmi che
lo
chiami Pietro; ma Giano Parrasio che lo commenda
asmo, il quale però parmi che lo chiami Pietro; ma Giano Parrasio che
lo
commenda assai, e lo considera come il restaurato
armi che lo chiami Pietro; ma Giano Parrasio che lo commenda assai, e
lo
considera come il restauratore dell’antica decenz
del teatro, e Paolo Giovio, e Pierio Valeriano, e Leandro Alberti che
lo
conobbe in Roma, tutti lo chiamano Tommaso. b. D
, e Pierio Valeriano, e Leandro Alberti che lo conobbe in Roma, tutti
lo
chiamano Tommaso. b. Di lui vedi l’Eritreo nella
Poetis sui temp. b. Vedi l’epist. 50. del Sabellico. a. Martirano
lo
dipinge soltanto intento a reggere i cavalli: In
i Carlotta Marchionni. Passò poi il '24 a Napoli col Fabbrichesi, che
lo
condusse con sè a Trieste, poi, avanti la fine de
hesi, che lo condusse con sè a Trieste, poi, avanti la fine dell’anno
lo
rimandò a Napoli primo amoroso e primo uomo a sos
no Riolo), finchè, avanzato in età, abbandonò l’arte. — Il Colomberti
lo
dice attore di molta intelligenza e di prestante
er descrivere ne’ Bozzetti di Teatro un povero diavolo di capocomico,
lo
chiama : « lontano discendente del gran Patriarca
Patriarca Azampamber. Ma…. chi era questo Azampamber ? – ricomincia
lo
stesso Costetti nella Leggenda del palcoscenico.
sse capocomico e schiavone. I figli dei figli dei figli di coloro che
lo
videro affermano che Azampamber portava costantem
timento, Il Burbero benefico ;…. E più avanti : L’ultima volta che
lo
videro fu sullo stradale da Castel S. Giovanni a
scherza sul nome d’entrambi : vostro nome, messere, è caro, onrato,
lo
meo assai ontoso, e vil pensando, ma al vostro no
m’aveva tutta l’aria di essere un natural discendente del gran Re. E
lo
trovo…. Altro che discendente !… Un giovinotto si
E la mamma ? – Omnes composui. » Mio nonno era il famoso Azampamber,
lo
stenterello. Famoso guitto ? O famoso stenterello
pamber del mio giovinotto professore : sicuro ! Luigi Anzampamber era
lo
Stenterello nel 1832 della Compagnia drammatica d
. Teatro Francese prima della Medea di P. Corneille. Osserviamo
lo
stato del Teatro francese prima della Medea di Pi
a debolezza dello stile, ne sentì il merito e l’applaudì. Nè dopo che
lo
stesso Pietro Corneille ebbe tratatto quest’argom
Cornelio molti spettatori correvano alla Sofonisba di Mairet, e dopo
lo
spazio di trenta anni in cui si andò tratto tratt
ipione e Massinissa e la disperazione di questo principe. Contuttociò
lo
stile di Giovanni Mairet rimane di molto inferior
po della Sofonisba di Mairet pubblicò il Venceslao, che la superò per
lo
stile; ed il Voltaire ne comendò la prima scena,
rente. Scudery si segnalò ancora con qualche dramma bene accolto. Ma
lo
stile che solo preserva i componimenti dall’obbli
ggio. a. Il sig. di Voltaire ciò negò in un luogo delle sue opere e
lo
confessò in un altro con queste parole: Mairet f
momento all’altro, senza preoccupazioni di sorta. Le sue strampalerie
lo
avevan fatto un comico guitto, e un artista inter
ere coll’accento voluto dalla scena. Talora l’esquilibrio della mente
lo
fece nervoso, intrattabile. E di tali nervosità e
a Parigi al fianco di Adelaide Ristori. Ma quando la febbre dell’arte
lo
coglieva, quando la sua mente era intera nel pers
, le dissertazioni si succedon disordinatamente alle dissertazioni, e
lo
spensierato Edmondo Kean, e il pazzo Principe di
a e il comando di V. A. S.ma e per tal disgusto mi amalai, come molti
lo
sanno ; Tralascio ch’egli continouamente mettesse
e che sono pazzacci tutti, et io ero la strapazzata (e uergognia chio
lo
dicha) da simil gente. Ne creda V. A. che egli ce
a…… di Masaniello, p che continouamente tiene in moto tutti, e questo
lo
sa cosi ben fare, che imposibile a dirlo. egli si
dalla Compagnia fuori dogni ragione, e se dice p la uicenda, V. A. no
lo
creda p che no gl’importa poi che l’anno passato
come fare, mi rimetto A V. S.ma obligargli piu tutta la compagnia no
lo
posso e no lo deuo fare p i rispetti sudetti di t
rimetto A V. S.ma obligargli piu tutta la compagnia no lo posso e no
lo
deuo fare p i rispetti sudetti di tener sempre im
o Pubblico Lucchese, prova non dubbia della squisitezza di gusto, che
lo
distingue ed onora, possibile che il Monti sia pe
ranze dell’attore che l’offre ; infine, non, per onore di questo…. sì
lo
ripeto, di questo si colto ed iutelligente Pubbli
iltà dell’arte, l’educazione comica, la scelta ed unità di caratteri,
lo
studio de’ caratteri, la natura e il colorito, la
sante operetta. Angelo Canova morì nel ’54 circa, compianto da quanti
lo
conobbero e come artista e come uomo.
embre 1732 trova in lui molto talento pel teatro, e, a perfezionarsi,
lo
consiglia di studiare e imitar suo padre che ha i
su di un soldato della guardia che andava a braccietto di un amico :
lo
separò con violenza, lo percosse con pugni nello
guardia che andava a braccietto di un amico : lo separò con violenza,
lo
percosse con pugni nello stomaco, e tratta la spa
corso in cerca della prima squadra della guardia, la quale arrivata,
lo
trasse in arresto. Altra volta, il 29 giugno 1754
Saggio Analitico sulla natura del dramma musicale. Differente che
lo
distinguono dagli altri componimenti drammatici.
ditore, e il musico, non è meno verosimile in se stesso di quello che
lo
sia il linguaggio dei versi, e l’assortimento de’
cusar il dramma musicale perché introduce i personaggi che cantano, è
lo
stesso che condannarlo perché si prevale nella im
ci rappresenta la sospensione e il terror segreto, onde vien compreso
lo
spettatore nel rimirare siffatti oggetti. Il lett
o ha per oggetto le cose che interessano vivamente il cuore, e allora
lo
stile di chi canta sarà appassionata, ovvero ha p
o pittoresco, il quale in sostanza non è altro che il lirico. Quindi
lo
stile figurato, e traspositivo de’ poeti lirici,
irati loro da Iddio, richiedevano il suonatore, che risvegliasse loro
lo
spirito. Si vede tra i profani nell’incominciamen
ll’aria. [16] La natura stessa del canto ci porta dunque ad ammettere
lo
stile lirico. Perciò molti modi di dire, che gran
e il piè? D’orror l’ingombrino Le fiere Eumenidi, E
lo
spaventino Gli urli del Cerbero S
ena di voli ardimentosi, di trasposizioni e d’immagini, che esprimano
lo
stato in cui si trova lo spirito del cantore. Ma
di trasposizioni e d’immagini, che esprimano lo stato in cui si trova
lo
spirito del cantore. Ma nel dramma, dove né si pu
mo ad un ingenuo, e facile trasporto. Siffatti personaggi, usando per
lo
più d’un tuono di voce uniforme e composto, non f
mento in un altro diverso è quello che forma il recitativo obbligato,
lo
stile del quale dee conseguentemente essere vibra
trina della fortuna d’essere riamato. Sa che l’amore indipendente per
lo
più della riflessione, e della ragione non ha alt
Lo stesso dee dirsi delle comparazioni. Mi sembra egualmente ingiusto
lo
sbandirle affatto dal dramma, che il volerle tutt
so, e la necessaria dipendenza, in cui vive, degli oggetti esteriori,
lo
costringono sovente a paragonarsi con essi, e a d
e arti si moltiplicano, e che la coltura delle lettere vi si aumenta,
lo
stile delle figure e de’ segni s’indebolisce, s’i
i le similitudini, ma acciochè riescano verosimili, dee metterle come
lo
farebbe la natura, e non altrimenti. Ora che inse
’avanza, e cede Finché il momento arriva Che vincitor
lo
fa.» allora io credo ascoltar un poeta, che vuo
fraseggiata dovranno aver luogo nei duetti, terzetti ecc. Ciò sarebbe
lo
stesso, che render affatto inverosimili tali comp
tà basta a giustificar il poeta nella sua imitazione: ripensando, che
lo
sbandir dal dramma siffatti pezzi sia lo stesso,
imitazione: ripensando, che lo sbandir dal dramma siffatti pezzi sia
lo
stesso, che chiuder una sorgente feconda di dilet
risi della passione, userà il più che possa del dialogo nell’aria che
lo
precede, sarà ristretto ne’ periodi, conciso ed a
, e che siffatta difficoltà non si toglie via se non tenendo occupato
lo
spettatore in una perpetua illusione, la quale gl
nti d’ozio, dove non potendo la musica tutta la sua energia mostrare,
lo
spettatore in nulla occupato ha l’agio di riflett
Perdit l’heureuse erreur qui charmait sa pensée!» [32] In una parola
lo
scopo del melodramma è di rappresentare le umane
ne passioni per mezzo della melodia, e dello spettacolo, o ciò, che è
lo
stesso, l’interesse e l’illusione. Il buon gusto
rapidità, e la prontezza dello spettacolo, (altrimenti colla lentezza
lo
spettatore s’accorgerebbe di essere stato inganna
nnato all’uniformità costante de’ medesimi oggetti, e se obbligassimo
lo
spettatore a sentire una musica di guerra negli a
ino ci danno dell’opera. «Presso di noi, dice il primo, la commedia è
lo
spettacolo dello spirito: la tragedia quello dell
e, e intenerirlo. Il fine ultimo della tragedia e dell’opera è dunque
lo
stesso, né si distinguono se non pei mezzi che vi
esso, né si distinguono se non pei mezzi che vi conducono: quella per
lo
sviluppo più circostanziato de’ caratteri e degli
quello, che facciano la Fedra, o la Zaira? Ovvero altro non sono che
lo
spettacolo de’ sensi i caratteri di Tito, e di Te
rito al dramma non faccia perdere il suo effetto a tutte le parti che
lo
compongono. Se riguardiamo la poesia, niun’artifi
tato da Quinaut, avvilir l’opera italiana per innalzar la francese, è
lo
stesso, che voler imitare il costume di que’ popo
siste nel combinar le cose in maniera, che divenga il compagno, e non
lo
schiavo del compositore. Se questi il costringe t
cono molte altre in particolare spettanti alla natura delle parti che
lo
compongono. Ma molte di esse sono state di già ac
teatro10. Quindi il suo gusto particolare divenne una legge prima per
lo
Stampiglia, indi per Apostolo Zeno, e ultimamente
si è parlato dell’unione della poesia, musica, e prospettiva, atteso
lo
stato in cui si trovano attualmente presso di noi
ocremente in Lucrezio, delle altre non apparisce neppur vestigio. Sì,
lo
dirò arditamente, quantunque sappia di parlar a u
icali. Quarta: il mezzo per cui si propaga la luce, è un fluido, come
lo
è ancora il mezzo per cui si propaga i suono. Que
tabilì il suo famoso clavicembalo oculare, dove i colori doveano fare
lo
stesso effetto che i suoni, e la musica dovea ess
attate con tutta verità, e vivacità; i caratteri vari e ben coloriti;
lo
stile ricco, sublime, ed elegante; e la versifica
amato Martelliano. Vedasi la di lui maniera di maneggiar le passioni,
lo
stile, e la versificazione in questo squarcio del
e di quelli di Trévoux, i quali asserirono che pochi tragici francesi
lo
pareggiano; e sarà sempre ammirato da quanti comp
condo la greca maniera, la varietà de’ metri, ed elevare al possibile
lo
sdrucciolo, pretendendo farlo passare per giambo
e non fu tollerato dalle orecchie italiane. De’ Greci si vuole imitar
lo
spirito, e non il portamento e l’spoglie esterior
Cesare, e Druso. La condotta delle favole n’é sommamente giudiziosa;
lo
stile grande e sublime, e i versi liberi da lui u
de’ caratteri v’é guardata esattamente, e, quello che si desidera per
lo
più ne’ tragici francesi, i romani vi compariscon
onfessare che l’eloquenza, e l’erudizione profonda, e la regolarità e
lo
stile di quelle tragedie, non ballano per farle p
a fino a rimproverare al Voltaire qualche errore di lingua e di rima;
lo
chiama copiatore e traduttor della Merope del Maf
greci: ha egli parecchie scene eccellenti; e buono n’é ordinariamente
lo
stile. Tuttavia le tragedie del P. Granelli hanno
a salti, per così dire, e spesso inopportunamente; ma l’azione viva e
lo
spettacolo di alcuni colpi forse anche troppo tea
i amorosi simili alla pretta galanteria di certe tragedie francesi, e
lo
stile abbonda di pensieri e di espressioni lirich
rza e nobiltà nelle dipinture de’ caratteri eroici. La lingua é pura,
lo
istile é ricco, lontano dal lirico, proprio del d
sponde, … E che perciò? Se ’l mosse Leggerezza, nol curo; Se follia,
lo
compiango; Se ragion, gli son grato; e se in lui
na; ma avrà egli lasciato di consultar su Didone la divina Eneide per
lo
nominato Ambigu francese? Anche l’Attilio Regolo
a Storia. Il Cinna é una tragedia, la quale ha per fine di commuovere
lo
Spettatore: il Tito é un’Opera, che ha per oggett
no per la sua tela. Non basta a Metatasio, che Sesto ami Vitellia che
lo
seduce e lo precipita nella congiura; ma ha bisog
a tela. Non basta a Metatasio, che Sesto ami Vitellia che lo seduce e
lo
precipita nella congiura; ma ha bisogno che Vitel
esigono un colorito differente Emilia innamorata di Cinna intraprende
lo
sconvolgimento dello stato contro a un benefattor
he aria di romanzo, perché l’affetto filiale narrato non scuote tanto
lo
spettatore, quanto i benefici attuali di Augusto,
a cui non ha del tutto rinunziato, e dalla debolezza per Vitellia che
lo
tiranneggia. Per conoscere la manifesta diversità
itto, Moi, Seigneur, moi que j’eusse une âme si traîtresse! Augusto
lo
confonde mostrandosi inteso delle più minute disp
dezza, e nulla é straordinario. Ma che fa nascere nel dramma italiano
lo
scoprimento della congiura? Due incontri original
L’anima mi trafigge, e non sel crede. Che contrasto interessante per
lo
spettatore fa quell’aspetto franco e amichevole d
delitto palese. L’uno osserva la mutazione dell’aspetto dell’altro, e
lo
spettatore vi ammira un quadro sommamente patetic
lle! ed é questo Il sembiante di Sesto? Il suo delitto Come
lo
trasformò! Porta sul volto La vergogna, il r
Come lo trasformò! Porta sul volto La vergogna, il rimorso, e
lo
spavento!) Tali cose non s’incontrano nel Cinna,
eta imperiale ha prodotta una folta schiera d’imitatori italiani, che
lo
sieguono senza raggiugnerlo né avvicinarsegli; ed
cini, Tartini, il nobile Marcello, il P. Martini, Durante, Pergolese,
lo
Groscino, Latilla, Jommelli, Piccini, Cafora, Maj
ani e superbi, farà sempre l’obbrobrio e ’l flagello delle lettere, e
lo
scoraggiamento e l’avversione degli animi studios
ires, puerique parentum Blanditiis facile ingenium fregere superbum,
lo
dice il Tasso di un solo, cioé di Orcano così: E
i. La sua rima é discretissima ed esente di legge, i versi, in quanto
lo
permette la lingua, sono pieni di ritmo, e però f
l primo). Egli é nella drammatica maraviglioso, unico, incomparabile;
lo
dice tutta Europa, E lo direbbe ancor Affrica e
ammatica maraviglioso, unico, incomparabile; lo dice tutta Europa, E
lo
direbbe ancor Affrica e ’l Mondo, s’egli fosse a
luida la pronunzia: é sonoro e maestoso perché le sue vocali sono per
lo
più aperte e vigorose, cosa che rende il suono de
ativi, e l’indole sagace della madre e della nutrice, prerogative che
lo
rendono più atto e più capace alla diversità de’
gior parte de’ francesi amanti della loro musica vocale, la quale per
lo
più altro non é che una certa salmodia, o detesta
sì in Italia ne’ tempi de’ romani, e dopo il risorgimento delle arti,
lo
é stata Napoli, che perciò a ragione viene esalta
mmalò in Morbegno di Valtellina, e quivi morì il 1776. Più che attore
lo
Sgarri potè dirsi un mimo, un acrobata, un buffon
ltri strumenti, e cantava graziose e facili canzonette. La natura non
lo
dotò di sciolta loquela, e il Bartoli ci racconta
a più potere le risa, benchè nulla avesse capito da tal discorso, che
lo
Sgarri chiamava battuta, forse per la battuta di
gi per le parti d’Innamorato, sotto nome di Ottavio. Mortogli nel '40
lo
zio materno Vincenzo Zanotti, ne restò erede per
lontariamente perdersi col esporsi alle stravaganze de tempi, che per
lo
più riescono in simile stagione piovosi. Fu poi
ci in Ottavio dalle Caselle, bolognese : e l’atto d’inumazione chiama
lo
Zanotti « Capitano del Ponte della Samose ». Fors
ama lo Zanotti « Capitano del Ponte della Samose ». Forse, si domanda
lo
Jal, è il villaggio di Samosia a tre miglia da Bo
in un altro, a proposito del recitare in italiano a persone, che per
lo
più non intendevano, e del bisogno di far delle a
uona educazione. Non credo abbandonasse il teatro : o almeno egli non
lo
abbandonò definitivamente ; poichè lo vediamo il
e il teatro : o almeno egli non lo abbandonò definitivamente ; poichè
lo
vediamo il 1688-89 di nuovo al servizio del Duca
ne' primi teatri di Europa, e particolarmente in Francia ove quel Re
lo
haveva graziato d’ un’ annua provisione di ducent
nguerant di Abville, potè aver da lei dicìotto figliuoli ! Lo afferma
lo
stesso Francesco Maria, che fu l’ultimo d’essi. »
el punto litigavano per un motivo qualunque, e Luigi, veduto il cane,
lo
aizzò contro la sorella, che venne morsicata, e m
riosa contro del figlio, cagione innocente della morte della sorella,
lo
cacciò di casa. Inutili furono le discolpe del gi
Compagnia ; la madre rimase inflessibile. Il Capocomico ed il Belloni
lo
impiegarono con la Compagnia condotta dal caratte
Elisabetta dopo diciassette anni di esilio dalla famiglia : e infatti
lo
ritroviamo nel 1820 nella Società drammatica dell
ienze consimili colà si veggono maggiormente avvanzare e fiorire dove
lo
studio è più universale, i tentativi più costanti
vaga nelle sue conseguenze. Ond’è che la regione de’ metafisici è per
lo
più la regione degli errori, e che per ogni spiri
genio. Però mentre un uomo di mente assai limitata può colla fatica e
lo
studio aggiugner qualche particella di più alla m
riguardano a traverso d’un prisma non ben dirozzato. [4] Ecco appunto
lo
stato in cui presentemente si trova la poesia ita
i nascita, di accademia, e di che so io, senza che altre immagini per
lo
più ci appresenti fuor di quelle solite della fia
uppo del germe, o di quel cattivello d’Amore che spezza per la rabbia
lo
strale innanzi alle soglie che chiudono la bella
della novità: sembrano «Sogni d’infermi e fole di romanci», ora che
lo
spirito non rigusta più né il diletto che nasce d
é quello che viene dal riflesso della loro convenienza. Da ciò deriva
lo
spirito d’imitazione e il ricopiarsi l’un l’altro
to dell’opera; titolo del quale, riconoscendo eglino tutto il valore,
lo
tacciono a bella posta sul frontespizio per quell
si su quelli della padrona, ha dovuto metter in non cale la condotta,
lo
sceneggiar, l’orditura, trasandar lo stile e la l
metter in non cale la condotta, lo sceneggiar, l’orditura, trasandar
lo
stile e la lingua, perder mille situazioni vive e
etto diretto tutto ciò ch’è suono, e per indiretto molte cose che non
lo
sono, tuttavia questa idea generale si circoscriv
quegli oggetti insomma i quali benché non siano afoni di sua natura,
lo
sono tuttavia rispetto alla musica vocale, perché
, tenerezza che sebbene talvolta da vera passione proceda, non è per
lo
più che un linguaggio convenzionale posto in uso
esso dico delle similitudini posticcie attaccate in fine delle scene,
lo
stesso del numero e qualità dei personaggi, lo st
e in fine delle scene, lo stesso del numero e qualità dei personaggi,
lo
stesso della maniera d’intrecciare l’azione e del
à troppo limitata per gli altri motivi indicati. Sarà in ultimo luogo
lo
sterminio dello stile e della musica. Di quello p
e comparse, dare ai musici le paghe considerabili che davano loro per
lo
passato, questi scoraggiti nell’arringo rallenter
lo passato, questi scoraggiti nell’arringo rallenteranno l’ardore per
lo
studio a misura che verrà meno la speranza del gu
confini dell’umano ingegno, e come una spezie di talento suppone per
lo
più l’esclusione d’un altra. Non insisterò per ta
razioni, e il ballerino coll’opportuna esecuzione dei balli assalgano
lo
spettatore da tutte le bande cosicché non gli rim
rco d’Ulisse ritoccando un argomento trattato in prima da Metastasio,
lo
scontrarsi col quale sul cammin della gloria non
arattere o qualche situazione che possa dirsi appasssionata, come per
lo
più lo sono gli avvenimenti d’Ipermestra e di Lin
e o qualche situazione che possa dirsi appasssionata, come per lo più
lo
sono gli avvenimenti d’Ipermestra e di Linceo, qu
n bocca loro per giunta una moralità tanto ad essi appropriata quanto
lo
è a S. Giovanni Evangelissa il ridicolo discorso
tici, nonostante la dovuta stima ch’esige il Signor de’ Calsabigi per
lo
studio posto nelle cose teatrali di cui ci porge
ostanza che si richiederebbe, che gli scioglimenti siano freddi e per
lo
più inverosimili, e che il desiderio di ridurre i
o del proprio destino in mezzo ai tempestosi flutti, eccitando in chi
lo
guarda dalla riva una sensazione mista di timore
primo di quest’opera, dove si parlò delle qualità che deggiono avere
lo
stile e la lingua per rendersi musicali, e dalle
o di vendicar i Mani de’ Greci trucidati in altri tempi dai persiani,
lo
che ad un atto di giustizia o di patriotismo dovr
e scene alla pubblica imitazione. Oh mortali! Non è abbastanza feroce
lo
spirito della guerra senza che voi cerchiate d’in
si d’una passione violenta non è più durevole nell’uomo di quello che
lo
sia in una stagione l’eccessivo rigore del freddo
uenza più musicale. I ridicoli loro più evidenti e più caricati che è
lo
stesso che dire più acconci a piegarsi sotto la m
lla a questa dasse la preferenza. [25] Fin qui è vero della musica, e
lo
dovrebbe essere parimenti della poesia: ma se da
onderebbe colle opere dozzinali. Vorrei che fosse di mezzo carattere (
lo
che in sostanza vuol dire che non abbia alcuno) c
l disagio potrete sceglier i mezzi che più v’aggradino per maneggiare
lo
scioglimento. Ne fo così poco conto della condott
ro per l’allegrezza. Egli è vero che codesti finali rassomigliano per
lo
più ad una sinagoga di ebrei anzi che ad un canto
etteratura non sono stati ben accolti dal pubblico, si convertono per
lo
più in altrettanti detrattori di esso genere. Il
di ritrovare nella sua Ciclometria la quadratura del circolo, rivolse
lo
sdegno suo contro alla matematica. Racine e Boele
distinzione fatta da Aristotile nel capo decimo della Poetica: «Non è
lo
stesso il nascere l’una da un’altra, o l’una dopo
ecitare, nella quale riuscì mediocremente ; « fu discretissimo – dice
lo
stesso biografo – e non apparve più sulle scene.
ol Fabbrichesi, col Vestris e col Blanes, e ne fu poeta. Quest’ultimo
lo
chiamò al suo letto di morte, perchè lo consiglia
, e ne fu poeta. Quest’ultimo lo chiamò al suo letto di morte, perchè
lo
consigliasse, come vedremo, nel testamento ; ma i
ognissanti. Morto il Ricci di colera nel '55, Raffaello Landini prese
lo
scettro della maschera di stenterello, nè più ebb
ndini prese lo scettro della maschera di stenterello, nè più ebbe chi
lo
imitasse o gli si accostasse. Nell’ Homme blasé,
i si accostasse. Nell’ Homme blasé, nonostante la innata modestia che
lo
faceva tremar di spavento al ricordo del Ricci, i
filodrammatici, e si scritturò con Rossi, colla Goldoni, colla quale
lo
vediamo il 14 giugno 1815 rappresentar la parte d
ta e ridotta, preceduta da alcuni cenni biografici di lui, il secondo
lo
Stato attuale del Teatro italiano, in cui sono no
trale. Nella Compagnia Reale Sarda, almeno per l’anno 1825-26, aveva
lo
stipendio annuo di lire 6000 con tre serate a mez
glia ; in questo, Elena Germoglia-Tassani, e Vincenzo Andreani. Forse
lo
Scaramuccia ebbe l’elenco in quaresima e nol pubb
o, passò a seconde nozze col Tassani ? Dopo sei mesi di vedovanza ? O
lo
Scaramuccia ripubblicò un elenco degli anni scors
etrucci (V.), « giovane e bellissima attrice – scrive Cosentino – che
lo
ajutava a portare il fardello del capocomicato ir
ima ed a sua disposizione. » Codesto vizio dell’andare a soggetto non
lo
lasciò più. A Milano si rappresentava una commedi
ritratto era quello del sovrano ; ed egli : « è lui, è lui. E chi non
lo
riconoscerebbe a quell’aria di bontà e di dabbena
la francese) han sempre voluto che sia : quale la benigna natura glie
lo
ha largito, dotandolo di una voce scorrevolissima
un gesto pronto e vivace, d’un movimento libero e securo ; quale glie
lo
han raccomandato a prova nel suo tirocinio teatra
ello che da noi si può meglio in limiti si angusti. Ancora : Non ha
lo
Alberti elemento, se questo non è comico del tutt
ntro di cui ogni umano argomento riusciva inefficace, pretese placare
lo
sdegno celeste con un nuovo rito religioso, e com
o sacro poetico omaggio passò poscia in costumanza, e la gioventù che
lo
cantava, incominciò a poco a poco ad animarlo sch
a poco ad animarlo scherzevole con atteggiamenti rozzi e scomposti, e
lo
convertì in ricreazione17. Ecco la sacra informe
agli Osci festivi sì, ma non osceni da principio. Gli Osci (dice pure
lo
stesso Cantel) dall’usar che facevano parole turp
altri; e che in appresso i Romani pronunziando male il vocabolo Opici
lo
corruppero in Opsci, indi in Obsci e finalmente i
pubblico e le dissolutezze e le turpitudini in privato, essendo anche
lo
spettacolo Osco caro un tempo alla plebe a tal co
III. Primi scrittori scenici Latini. Roma guerriera, ordinato
lo
stato della repubblica in libero popolare per la
perchè se egli fosse nato nella vera Grecia, impropriamente l’avrebbe
lo
Storico chiamato Semigreco, sì perchè così lo nom
mpropriamente l’avrebbe lo Storico chiamato Semigreco, sì perchè così
lo
nominò, come abbiam detto, insieme con Ennio, il
ssegnato il portico del tempio di Pallade. La novità dello spettacolo
lo
rendè molto accetto, essendone egli medesimo l’at
i compose, gli furono fatali. Traducendo e imitando i Greci ne trasse
lo
spirito satirico della commedia antica. Ma la cos
e all’eleganza scorgesi l’orgoglio e la vanità40. Lo stesso Virgilio
lo
studiò, e ne imitò diverse frasi e invenzioni41.
la. Ennio affermava di esser egli nato ne’ monti Calabresi, ed Ovidio
lo
disse ancora Calabris in montibus ortus; ma vi fu
zioni Scipione Africano il maggiore. Catone, secondo Cornelio Nipote,
lo
trasse dalla Sardegna, e il di lui acquisto si st
te gemme avesse tratte dai di lui poemi l’impareggiabile Virgilio per
lo
più trascritte da verbo a verbo, può ricavarsi da
riginale. Il Francese Rotrou contemporaneo di Pietro Corneille trattò
lo
stesso argomento nella sua commedia detta i Sosii
Grazioso ripete coll’ innamorata le parole de’ padroni, facendone per
lo
più una parodia. Ma agli antichi, e spezialmente
e. Egli è vero che non senza ragione Madame Dacier imputa a Plauto
lo
studio di filosofare con qualche affettazione; ma
i pedagoghi ascoltando i consigli suggeriti dal buongusto. Il Mureto,
lo
Scaligero, il Castelvetro, l’Einsio, hanno osserv
rea l’atriense, ma il messo non conosce questo Saurea, benchè conosca
lo
stesso Demeneto. Adunque col consenso di costui i
chiuso in sul viso. Si destina la cena, alla quale vuole intervenire
lo
stesso Demeneto. Essa però viene disturbata, perc
di cattivo esempio. Qual moderno teatro soffrirebbe senza bisbigliare
lo
spettacolo di un padre mentecatto che seconda sin
fracassa la nave, separa il ruffiano dalle sue donne e privo di tutto
lo
respinge alla spiaggia. Palestra con la compagna
eusidippo e dal vecchio Demone che abita in que’ contorni. Vi accorre
lo
stesso Pleusidippo e chiama il ruffiano in giudiz
e volontario esiglio da Atene. Eutico suo amico figliuolo di Lisimaco
lo
raggiugne, lo consola, intercede per lui presso i
siglio da Atene. Eutico suo amico figliuolo di Lisimaco lo raggiugne,
lo
consola, intercede per lui presso il padre, e ne
inventava sempre con simil grazia accoppiando alla ben disposta tela
lo
stile, certamente con molta ragione venne tante v
sa qualche parola Punica, va a parlare al Cartaginese, ma appunto per
lo
poco che sa del di lui idioma ne interpreta le ri
ndo trattarlo con ogni lautezza. Afferma non aver egli altra cura che
lo
crucii se non quella di riscattare dalle mani di
tiene. Torna fuori Tossilo, ed ha pensato con un’ astuzia di fare che
lo
stesso padrone della sua bella sborsi il danaro p
colla borsa del danaro, dicendo di essere una vomica. Tossilo allegro
lo
ringrazia, e promette di renderglielo fra pochi m
tua gola Vendi forse tua figlia? Sat. Oh buon! Vorresti Che per
lo
re Filippo ovver per Attalo Vendessi il mio? V
: che cianci? Verg. A ciò sol pensa. Quando un padron di bastonar
lo
schiavo Minaccia e sbuffa, benchè poi nol facci
sporne a suo modo sciogliendosi dal contratto; ma si ferma al sentire
lo
strepito che fa la di lui porta nell’aprirsi. Esc
, e poi L’invidia, l’ambizion, la maldicenza, Ed in settimo luogo
lo
spergiuro. Toss. Avanti. Verg. La pigrizia ne
Il credo. Toss. Presso di lui non servirai gran tempo. Verg. Così
lo
spero, se i parenti miei Faranno il lor dover.
esce Saturione padre della finta schiava, e la prende per mano. Ella
lo
saluta col nome di padre. Dordalo rimane attonito
ripudiare con gli amici e coll’ amata, ma per fare arrabbiare vie più
lo
scontento ruffiano. Viene costui lagnandosi del m
seguisce con graziosissimi colori comici, de’ quali gode estremamente
lo
spettatore inteso dell’ingegnosa astuzia. Notabil
a miseria da tanti anni non sa far uso di quel danajo, e di bel nuovo
lo
seppellisce. Il di lui carattere con somma maestr
ato mille volte copiato da Italiani, Spagnuoli, Francesi e Inglesi; e
lo
scioglimento di questa favola in molte commedie m
e le facezie che l’erudito Dousa ne rimaneva attonito. Ma tale è per
lo
più l’ indole e l’ingegno fecondissimo di Plauto.
gemelli Siracusani prende le grazie, le scene equivoche, il groppo e
lo
scioglimento, non credo che siavi nazione moderna
o aperto colla via occultata facilita la doppia apparenza. Finalmente
lo
stesso servo alletta il soldato colla speranza di
o. Questa favola si vuol collocare tralle più piacevoli di Plauto per
lo
sale grazioso che la condisce, e per la vivace di
a prima gli dileggiano; pensano poscia di accarezzarli per dissiparne
lo
sdegno, e riescono nell’intento. I vecchi cadono
ine che dee a un usurajo per aver comprata un’ altra donna, fa sì che
lo
stesso Perifane compri un’ altra cantatrice, che
posarla. Per le felici dipinture de’ caratteri, per la condotta e per
lo
stile, è questa commedia noverata tralle buone, e
o dal desiderio di vedere l’amico, va a parlare al creduto Filocrate,
lo
ravvisa per Tindaro e scopre l’inganno ad Egione,
visa per Tindaro e scopre l’inganno ad Egione, che vedendosi aggirato
lo
condanna a cavar pietre. Torna intanto Filocrate
sserva con attenzione uno schiavo venuto in compagnia di Filocrate, e
lo
riconosce per lo stesso malvagio schiavo che rubò
ione uno schiavo venuto in compagnia di Filocrate, e lo riconosce per
lo
stesso malvagio schiavo che rubò e vendè l’altro
nè perfide meretrici, nè soldati millantatori”. E nel congedo ripete
lo
stesso: “O spettatori (dice il coro degli attori
Il citato Gellio lib. XVII, capo ultimo. 45. Eutropio e San Girolamo
lo
dicono Tarantino, il Galateo lo vuol nato nella R
ultimo. 45. Eutropio e San Girolamo lo dicono Tarantino, il Galateo
lo
vuol nato nella Rudia di Lecce. A’ primi si atten
o chiamato Re. Indi per mio Diporto vo comperarmi una nave, E far
lo
stesso, che facea Stratonico Viaggiando. e anda
lcun tempo richiamato dalla passione dell’arte : ma la sua ricomparsa
lo
fe’battere per sempre in ritirata. Mosso a pietà
attere per sempre in ritirata. Mosso a pietà di un povero sordo-muto,
lo
aveva raccolto e istruito : e, insegnatagli con o
a parte del protagonista. Ahimè !… L’arguto Buratti, poeta veneziano,
lo
annichilì con questo epigramma : O vu che podè t
o e stimato non solo da’ suoi fratelli d’arte, ma da tutti quelli che
lo
conoscevano. L’attore Luigi Aliprandi che del Go
egante, ma leggiero assai. Sul tardi spirò un vento così glaciale che
lo
costrinse a ritornare, tutto tremante, in Torino,
irò ! Ma in ciò non concordano nè il Costetti, nè il Colomberti, che
lo
fan perire di fiero scompiglio di umori.
famosa Compagnia de' Comici Gelosi citata dall’Andreini (Rag. XIV), e
lo
vediamo il 1593 a Genova. (V. Balestri), e il 159
l tenore di questa lettera dettata a nome della Compagnia, il Neri ne
lo
ritiene (e io con lui) in conto di Capo. Nella su
ommentò : « Zanobio nativo di Piombino luogo della Toscana. » E molti
lo
seguirono ; ma io credo sia evidente trattarsi de
vra degli Amieri. Egli stesso racconta che la soggezione e l’emozione
lo
paralizzarono per modo, che la sua voce non arriv
ol quale stette sino a tutto il carnevale del ’94. Questi ventun anni
lo
compensaron davvero della travagliosa e dura vita
e e pregevoli qualità di artista, fra le quali, prima di tutte forse,
lo
studio del vero. L’Alberto Pregalli, I Fourchamba
di Pontarcy, I nostri buoni villici, Goldoni e le sue sedici commedie
lo
hanno collocato tra i migliori caratteristi del t
i anni, ritirandosi dalle scene per la morte di un unico fratello che
lo
lasciò tutore de' figli e amministratore del loro
monianze della sua arte e della sua bontà. Colomberti, contemporaneo,
lo
chiama un « ottimo Padre Nobile, riuscito ugualme
a…. Mi pare sarebbe molto meglio ve ne faceste uno nuovo…. » L'attore
lo
guardò umilmente, e balbettò : « Si fa presto a d
…. » E Tessari di rimando : « Ho capito. » E senza perdere un istante
lo
condusse da un mercante di panni. Staccò quel tan
e la ventura di capitar nelle mani di Francesco e Agata Calderoni che
lo
guidarono nella diritta via dell’arte. E tanto qu
dei doppi sensi, di quelle licenze in somma, tanto vive in iscena su
lo
scorcio del secolo xvii, si diede con molto acume
l pubblico, tornò subito all’antico…. Quindi gran confusione ; quindi
lo
scoraggiamento del Cotta, la sua sconfitta, il su
rtali. Voi dar potete al vostro nome, eguali loro il merto, la fama e
lo
splendore, sol che accolte da voi, traggon l’onor
saette mi sento l’alma piagata. Ers. Arco non vidi mai. Ost. Ben io
lo
provo nel tuo ciglio sereno, se ognor, che il gu
prende. Ost. Perchè ? Ers. Perchè solo coi raggi puote acciecar chi
lo
mira. Ost. E pur cieco io non fui nel vagheggiar
xvii, che tenne per circa cinquant’anni sotto il nome di Scaramuccia
lo
scettro dell’arte comica in Francia, nacque a Nap
sua e co’suoi inimitabili scherzi a conquistar l’animo del Duca, che
lo
colmò di donativi di ogni specie : e ciò gli acca
dire alla Regina, che s’egli avesse preso il Delfino tra le braccia,
lo
avrebbe calmato. E avutone il permesso, si diè a
e agli altri comici abbandonò la Francia pei torbidi della Fronda ; e
lo
vediamo il carnovale del ’52 a Roma, colla moglie
VII, Cap. VIII) : Nel 1653 era stato mandato al Re (di Francia), che
lo
aveva richiesto al Granduca (FerdinandoI I), Tibe
. Un figlio di Scaramuccia era giunto a tal grido di favore che il Re
lo
aveva fatto cavaliere di San Michele e Suo Gentil
no, finito in giugno, per lui e per sua moglie. E quattrocento n’ebbe
lo
stesso anno pel viaggio ch’ ei doveva fare d’ordi
varo. Ma ciò non impedì ch’ei sentisse pena di quella separazione : e
lo
vediam di fatti tornare in Italia il ’66, poi di
ie-theatre/images/rasi_comici-italiani-01-02_1897_img135.jpg] Il ’69
lo
troviamo in un teatro pubblico di Roma : e andava
avean fatto d’umor bestiale…. Più avanzava negli anni, e più le donne
lo
attraevano. Dopo un figliuolo battezzato col nome
Dio non si potrà ritirare dalla pratica di questa donna ; basta, fra
lo
Scaramuccia e il Tempesti mi danno non poco da fa
sua donna, che quello che diede al suo figlio fu un poltrone che non
lo
seppe finire, che lo metterà a S. Lazzero e daton
o che diede al suo figlio fu un poltrone che non lo seppe finire, che
lo
metterà a S. Lazzero e datone l’ordine ; che non
di già seguito. Al vecchio per due volte domandai se avanti partisse
lo
voleva vedere, perchè il figlio desiderava domand
donna. Adesso che la Granduchessa ha le mani in questo negozio e che
lo
protegge, non ci posso far altro che fare dare qu
risse i biglietti di Mons. Oppede. Vi trovai Scaramuccia. Sua Altezza
lo
sgridò come un miserabile, ma, come è buccia vecc
. La Granduchessa li protestò che non ne voleva più sentir parlare, e
lo
fece uscire dal Parlatorio, il che esegui con le
e ; che lei rispose : Io non ne voglio parlare a Sua Maestà se non ce
lo
vuole lo mandi via lui. Poi cominciò a battere co
ei rispose : Io non ne voglio parlare a Sua Maestà se non ce lo vuole
lo
mandi via lui. Poi cominciò a battere contro la M
a…. 5 luglio 1688. – Di Scaramuccia non m’informo più di nulla e non
lo
voglio dintorno ; mi manda qualche lettera che pi
’ Archivio di Firenze non men di quelle importanti per le notizie che
lo
stesso Fiorilli dà del figliuolo, e per la data c
vori che o riceuto da V. S. Ill.ma in Pariggi. E qui revere(n)temette
lo
reverisco Di V. S. Ill.ma Devotissimo Servitore
me ancho la S. G. D. a segnio che quando torno fosimo a reverirla non
lo
volse vedere e mi fece dire che non avenga mai pi
nze) senca sodisfare al venditore della carica venduta 14 mila frachi
lo
fece ritornare per agiustarsi con il venditore e
e de’ 9 che li diede e avendo il notaro in mano il denaro il furbo me
lo
sequestrò con dire ch’ è roba sua per averli io f
re ch’ è roba sua per averli io fato la deta donacone ed io in colera
lo
sgridai e venesimo a parole e l’ultima parola mi
utto come i strapacci fatomi. Suplicho V. S. Ill.ma se con questa mia
lo
infastedisco e l’asicoro che quato li scrivo è l’
Giovan Battista Fiorillo, figliuolo di Silvio, rappresentare il 1614
lo
Scaramuzza non capitano ; e sappiamo dal quadro d
ottiene un luogo così distinto che il passarlo sotto silenzio sarebbe
lo
stesso difetto che il tralasciare fra le regole d
tere di forza, cui tenterebbe indarno agguagliare l’artifiziosa e per
lo
più inefficace verbosità de’ nostri più rinomati
Tarquinio, il quale invece di rispondere all’ambasciatore de’ Gabini,
lo
mena nel proprio giardino, e alla sua presenza re
ompostezza e taciturnità uno spettacolo così strano. Gli occhi nostri
lo
ritroverebbono senza dubbio biasimevole, né io vo
tore che della sola decenza» 162. [7] I Romani meno sensibili che non
lo
erano i Greci ai piaceri dello spirito oltre l’ap
acconciamente dipinga i movimenti propri dei vari affetti umani, che
lo
spettatore sia costretto a risentirli in se stess
n teatro che si sarebbe detto che non contrafaceva il furioso, ma che
lo
era173. La perspicuità vuole che ogni gesto espri
esprima con nettezza e precisione ciò che vuol rappresentare affinchè
lo
spettatore non sia indotto in abbaglio. La mancan
ato dal popolo a ripetere diverse volte alcuni passaggi favoriti; per
lo
che ottenne la permissione di sostituire in suo l
ifferenti non può far a meno di non confonderlo, che se la danza dice
lo
stesso che la compagna il suo linguaggio diviene
spressione vaga d’un affetto passaggiero, o d’un costume nazionale, o
lo
sviluppo naturale di quell’attività momentanea fr
ependenti, le quali non producono l’effetto perché vien loro impedito
lo
scambievole rapporto. Se sarebbe cosa sconcia e r
altrimenti di cotesto stravagantissimo ballo che viene appunto a far
lo
stesso nel melodramma? E se sarebbe deriso uno st
nella commedia, ma il loro ballo era innestato col componimento, come
lo
era anche il coro, il quale non si dipartiva dall
ad imitazione dei Greci intromettevano la danza insieme col coro, non
lo
facevano essi se non rapportandola all’azione pri
na. Atlante fece sortire coll’ordin medesimo l’altre parti del mondo,
lo
che formò una divisione naturale e semplice del b
i d’ogni maniera e graziosi intermezzi all’opere in musica tratti per
lo
più da argomenti buffi o mitologici. Di già erasi
eneva l’intenta di volgere ovunque gli tornava in acconcio le menti e
lo
spirito dei Romani; l’arte oratoria toccò dunque
ezzo de’ movimenti che partono da tutte le membra, la fantasia di chi
lo
riguarda ne raccoglie un maggior numero d’immagin
e pel lungo corso di tante scene diverse una rappresentazione sarebbe
lo
stesso che l’accingersi a compiere un quadro senz
il proprio interesse, in Cassio il republicano inesorabile, in Bruto
lo
stoico feroce che porta fin nell’esercizio della
7] Adoperando l’inventore dei balli uno strumento così difettoso come
lo
è una tragedia od una commedia fatta coi soli ges
gesticolatori demoni, dove non solo si da senso e vita agli spettri (
lo
che pur si concede ai pittori ed ai poeti) ma si
attendosi in iscena colle donne come nella Semiramide dell’Angiolini;
lo
che sebbene formi un quadro spaventoso e terribil
o sotto gli occhi troppo gran violenza all’imaginazione184. Balli per
lo
più di soggetto così recondito che pochissimi spe
sono ripieni anche i più celebrati. Io sfido il leggitore più acuto e
lo
spettatore più sagace a sapermi dire dopo averlo
s’invola frettoloso ai loro sguardi. Tornate in iscena le danzatrici
lo
cercano dappertutto, finché trovatolo che s’era n
graziamento. In mezzo a siffatta allegrezza il fanciullo fa un cenno,
lo
scoglio si trasforma in un carro trionfale, sul q
da niuno fra gli spettatori si ravvisava sul teatro di Bologna dov’io
lo
vidi per la prima volta. Io stesso non lo compres
ul teatro di Bologna dov’io lo vidi per la prima volta. Io stesso non
lo
compresi allora, né avrei giammai potuto comprend
e che sempre ne distrae l’attenzione dello spettatore dividendola fra
lo
spettacolo e il libro, non pruova ella più d’ogni
anti enimmi, i quali hanno bisogno di commento e d’interprete? «Ciò è
lo
stesso, diceva un uomo di spirito, che se un pitt
menti delle altre membra, negli occhi e nella fisionomia lasciati per
lo
più da essi pressocchè inoperosi e negletti. Non
l’atto che si tratta di liberar Ifigenia dal sagrifizio di quello che
lo
sia il far vedere Pilade ed Oreste, che con un pa
ace. Se la intende cogli occhi più facili ad essere ingannati che non
lo
sono le facoltà dell’anima. Mette in particolar m
è l’inerzia mentale, ovvero sia la cessazione di riflettere invitando
lo
spettatore a vedere senza obbligarlo a pensare. D
rigorosa a più d’uno de’ miei lettori. Ned io contrasterò che atteso
lo
stato attuale degli spettacoli in Italia, dove la
intolleranza, l’esiliare affatto la pantomima dal melodramma sarebbe
lo
stesso che togliere un diletto di più senza rimed
azione col primo. [46] Ma come riempiere allora (m’obbietterà taluno)
lo
spazio di tempo che resta tra un atto e l’altro d
tto nel linguaggio de’ suoni, e però fa d’uopo conservare dappertutto
lo
stesso idioma. La musica strumentale dee non per
aradossi inserito nel terzo discorso del suo fazioso libro intitolato
lo
Spirito, va ancora più avanti, e supponendo che l
uelli dei sensi. Io non voglio far da casista coll’Elvezio esaminando
lo
strano significato che da egli alla parola virtù;
ando lo strano significato che da egli alla parola virtù; ciò sarebbe
lo
stesso che citare le controversie del Bellarmino
on ispirasse agli uomini la pigrizia, l’effemminatezza, la voluttà, e
lo
spirito di frivolezza; che il soverchio pudore no
, che l’avezzarsi a riguardar certi oggetti colle dovute cau-tele era
lo
stesso che rintuzzare in non piccola parte la lor
icolosa ad uomini induriti dalla educazione contro ai piaceri che non
lo
è per uomini avviliti e degradati quali noi siamo
il luogo d’entrare in siffatra ricerca, ma dico che tale fu realmente
lo
spirito di quella sua legge non compreso per nien
ro a far ristuccare di esso gli uditori a segno di costringerli (come
lo
dice un antico autore) ad alzarsi dai sedili, e a
i (come lo dice un antico autore) ad alzarsi dai sedili, e abbandonar
lo
spettacolo subito che cominciava la cantilena. I
e e posata dava un calce nel deretano al suo primo ministro, il quale
lo
trasmetteva ad un altro subalterno, e questi ad u
isse veruna distinzione tra le figure. Così fu eseguito in Londra. Se
lo
stesso argomento fosse stato ideato a Lisbona o a
rrare siffatte cose, altro è l’atteggiarle sotto gli occhi. Orazio ce
lo
insegna colà dove dice «…
n vero sangue almeno un quasi sangue, vestono la corazza, imbracciano
lo
scudo, trattano l’armi al paro degli uomini, il p
Semiramide del quale é stata tolta siffatta immagine introduce forse
lo
spettro dibattendosi ed afferrandosi colla madre
Zoppino da Gazzolo. Il De Sommi
lo
cita col Montefalco, il Veratto, l’ Olivo, lo Zop
da Gazzolo. Il De Sommi lo cita col Montefalco, il Veratto, l’ Olivo,
lo
Zoppino da Mantova, tra i molti galanti homini ch
la pantomina. Il Paladini era un agile Arlecchino, e la Celestina, me
lo
ricordò sovente il povero papà, essendo allora un
genza, e portando tutto il suo bagaglio, dentro una calsetta. A Fano
lo
colse una febbre violenta, causata dai disagi pat
audio Tommasoni, quello stesso che tenne a battesimo Claudio Leigheb,
lo
consigliò di ritornare al teatro, se non voleva l
urato in Compagnia del Calamai ; però siccome i precedenti insuccessi
lo
avevano persuaso, così lasciò le parti di amoroso
chino e l’impegno di vestiario assai costoso. A Firenze mio padre, me
lo
ricordano spesso, dovette fare un debito di 300 s
condo addio, quando una mattina Ernesto Rossi andò a trovarlo a casa,
lo
incoraggiò, lo rianimò e lo persuase di ritornare
ando una mattina Ernesto Rossi andò a trovarlo a casa, lo incoraggiò,
lo
rianimò e lo persuase di ritornare al Teatro. Rit
ina Ernesto Rossi andò a trovarlo a casa, lo incoraggiò, lo rianimò e
lo
persuase di ritornare al Teatro. Ritornare al Tea
che facesse su la poca roba, perchè voleva andar via. Puoi immaginare
lo
scompiglio, tutta la casa per aria, agitazione, t
solvevano meglio : Cesare Rossi specialmente : di modo che, un giorno
lo
chiamai a casa mia e gli dissi : – Scusi, ma lei
E così fu. Cesare Rossi, disimpegnò benissimo le parti tutte, che io
lo
preferii sempre più nel serio che nel ridicolo :
nelli : e le copie sono sempre peggiori degli originali : nel serio….
lo
guidai io, e non volli che mi imitasse, ma che mi
te sua, quando le poche figure che ancor presentava, tra le tante che
lo
poser sì alto, eran già sbiadite, alternate con l
quali il vecchio metodo e il vecchio spirito non eran capaci, è, per
lo
meno, ingiusto. Io vorrei che i giovani potessero
e di Martello e in particolare l’Ifigenia in Tauri, riferendo altresì
lo
stupore dei Bolognesi di fronte a un versante del
iù sereno doveva essere il clima romano, dove proprio nel 1711 matura
lo
scisma arcadico di cui Martello informa l’ignaro
lo. I teorici Rapin e Lamy erano già stati messi a frutto nel 170923;
lo
stesso Saint-Évremond era non solo poco noto in F
nostre bone foy dans le cabarets e dans les Cafeès38. Il giorno dopo
lo
stesso Martello avrebbe prontamente riferito l’ac
a Goldoni, anche attraverso la rappresentazione di testi minori come
lo
Sternuto d’Ercole 51, nella cui dedica a Ubertino
felice. Sessione prima [1.1] Sempre fu pieno il mondo e sempre
lo
sarà d’impostori, e questa è una certa razza di s
o a sopprimerle, nondimeno dalle materie poi delle quali meco trattò,
lo
conobbi per un ingegno da non deridersi e tale in
o che io lessi aver detto, benché mal a proposito, in altra occasione
lo
stesso Aristotile: «Costui molto dice, ma niente
lo di Rodi, e che gustatone di ambidue, fu il primo per me preferito:
lo
preferii come più acconcio a custodire lo spirito
il primo per me preferito: lo preferii come più acconcio a custodire
lo
spirito che furtivamente v’infusi del mio possent
ell’opere e degl’ingegni? — [1.30ED] — È che studiando — m’interruppe
lo
svelto gobbo — sul libro dell’universo co’ viaggi
necessaria mutazione dal tempo, queste si debbono compatire e, s’uom
lo
voglia, lodare, ma non giammai imitare; e giova i
o mutazione da’ tempi, ed in queste si vogliono condannare e, per chi
lo
può, riformare. [1.70ED] Ecco la massima con cui
n ginocchioni; e son certo che Sofocle ed Euripide ne direbbero forse
lo
stesso ed amerebbero più me che imito le loro vir
vedo un’immagine che àltera e migliora il vero senza scostarsene; te
lo
accordo: ma vorrei che un Greco avesse scolpito i
me eran perfette la scoltura, la pittura e l’architettura, così ancor
lo
fosse la poesia. [1.80ED] Io ti proverò bene l’im
opolo ha cuore che fisicamente si lascia muover gli affetti, e quando
lo
spettatore già mosso entra nell’interesse degli a
lle tragedie, il cui viluppo dee esser semplice e naturale, acciocché
lo
sviluppo sia pur agevole e verisimile. [1.125ED]
nti meravigliosi delle commedie, purché, come è ingegnoso il viluppo,
lo
scioglimento sia naturale; e questa è la spina ch
il viluppo, lo scioglimento sia naturale; e questa è la spina che per
lo
più guasta la fioritura delle loro vaghe invenzio
nza abbagliandoci, ne fan credere di possedere una somma felicità, ma
lo
scoprirli più miseri d’un cencioso plebeo ci fa s
che poi nel grand’uopo si scopra con incontrovertibili contrassegni,
lo
che produce meraviglia insieme e diletto negli as
gedie che riportavano maggior applauso dal popolo, conobbi ancora che
lo
stesso faceva loro giustizia e che a mio credere
ponendo ancora che i venti non siano contrari al messo, siccome a noi
lo
sono stati. [2.16ED] Di più, Ercole fa un sacrifi
succede fuori del luogo della rappresentazione che è la scena, ma per
lo
più succede appunto in tale distanza che chi racc
l successo e possa agevolmente essersi di là trasferito al luogo dove
lo
narra in poco o in ragionevole spazio di tempo. [
queste si possano porre sotto gli occhi con la mutazion delle scene,
lo
che nell’opinion d’alcuni moderni è un errore. [2
ca questo bisogno, tanto più si rende imperfetta e meno meravigliosa,
lo
che non avverrebbe, se in quel luogo, che attualm
e, venendo poi sempre in tavola con un sapore che fosse immortalmente
lo
stesso, stuccherebbe e svoglierebbe affatto gli s
e sarebbero per avventura l’Edipo tiranno di Sofocle. [2.42ED] Ma chi
lo
vorria più soffrir nelle scene dopo tanti e tanti
, quando per ciò che riflette nell’azione, il vederlo e il supporlo è
lo
stesso. [2.62ED] Tu mi dirai che la mutazion dell
essi, come in una sala di sua ragione. — [2.65ED] — E cotesto è bene
lo
scandalo — ripigliò l’Impostore — che in una sala
volubile rapidità della scena, e si scorge il tutto mutato prima che
lo
spettatore s’accorga dell’intenzion di mutare. [2
rappresentarlo altrimenti, se ciò sicuramente fu in casa! [2.87ED] E
lo
significa l’istesso Aiace, dicendo: Non vai tu v
[2.88] E susseguentemente, ragionando del tenero figlio, conferma
lo
stesso: Ma quanto prima prendi questo fanciullo,
in una satirica, e in ciò pure credei seguire la mente di Sofocle, e
lo
toccherai tu con mano, se me ne ricorderò alcuni
serva, e vuota d’uomini, e me credesti uomo da niente. [2.100] Cosi
lo
rimprovera del ratto di Antigone pure seguito in
ho errato a far ciò rappresentare dentro la reggia. [2.108ED] Ma per
lo
contrario là dove Pilade ed Oreste fanno un collo
ragici, ed è che nati poveri, in repubbliche limitate ed econome, ove
lo
spendere licenziosamente non era permesso dalle p
naccia che avean trovata in teatro. [2.128ED] Càcciati dunque di capo
lo
scrupolo di cangiar scena e lascia gracchiare a q
da tutti gli altri fuggito ed omai troppo palesemente deriso; né pur
lo
vidi in Tolone e, se lo avessi ancora veduto, non
ito ed omai troppo palesemente deriso; né pur lo vidi in Tolone e, se
lo
avessi ancora veduto, non avrei né meno avuto agi
del Sole ed il mio gobbo fu non meno ratto di me ad arrampicarsi per
lo
scosceso della montagna e sul più eminente parape
ch’io volea farti, appunto, come se tu fossi Aristotile, e sono circa
lo
sceneggiamento. [3.8ED] Questo tra i Franzesi e f
tire, perché venga a dire i suoi versi che dan progresso alla favola;
lo
fanno rientrare quando gli ha terminati e quando
ai Franzesi e ad alcun di voi Italiani. [3.11ED] Voi moderni regolate
lo
sceneggiamento di modo che un attore non si sfiat
D] — Sono persuasissimo, — io replicai — ma una differenza ci è circa
lo
sceneggiamento fra’ tragici franzesi e fra noi, e
r li soliloqui un cert’odio che noi non abbiamo. [3.14ED] Pochi e per
lo
più brevi se ne leggono nelle loro più rinomate t
el vero, perché rare volte uom seco stesso favella in guisa che altri
lo
possa ascoltare. [3.19ED] Nondimeno se una fiata
arlare di questa sorta ci muova ad amore o ad odio verso o contro chi
lo
pronuncia. [3.20ED] E quante volte, vedendosi per
uminerà per un’ora un personaggio quel tanto che noi in voce e dentro
lo
spazio di otto o di dieci minuti rappresentiamo,
o lunghi borbottamenti. [3.27ED] Ma quando un personaggio non ha chi
lo
ascolti in scena ed ivi è o credesi solo, allora,
si che quello parlasse da sé e che parlasse in maniera che coloro non
lo
potessero mai ascoltare; quando poi tornava bene
o e, quasi che abbia avanti degli occhi l’originale, vi piange sopra,
lo
bacia e scorre in mille follie di piacere, di dol
non per ammorzarla. [3.44ED] Così pure i tragici fanno, e benché per
lo
più guidino donne giovani e verginelle nelle lor
igione. [3.61ED] La religione vi vieta gli accoppiamenti illegittimi,
lo
che vi fa molto cauti ne’ vostri amoreggiamenti;
o cauti ne’ vostri amoreggiamenti; ma perché il senso d’altra parte è
lo
stesso ne’ moderni che fu negli antichi, avete pe
iori seguaci, ma il vostro epico Torquato Tasso (poiché l’Ariosto per
lo
più tratta l’amore alla greca) e i moderni franze
mente spiccare questa passione amorosa. [3.64ED] Tanto l’amore quanto
lo
sdegno son fuoco: questi due fuochi però son d’un
re d’un personaggio, ma l’amore non serve che a rovinarlo; imperocché
lo
sdegno (per parlar di una delle più forti) che na
d’un politico, e, per così dire, gli dà non so che di spirito che più
lo
rileva, ma non così l’altro affetto, che troppo s
iero del suo nascimento che non manca perciò di rispetto verso di chi
lo
lascia impunemente gir vano di sua nobiltà; ma pa
Racine, nell’atto che quegli sta agitando così terribil vendetta, me
lo
fa nello stesso momento, come amante di Monima, i
li amori fra essa e Xifare di lui figlio, questa viltà di passione me
lo
disfà più di quello che l’han disfatto i Romani,
un grandissimo capitano e di un magnanimo vendicator de’ monarchi, me
lo
cangia in un folle, in un astuto, in un rimbambit
angia in un folle, in un astuto, in un rimbambito, e di venerabile me
lo
fa comparir in scena ridevole. [3.73ED] Tu ti tor
73ED] Tu ti torci, ma abbi pazienza; io dico male de’ miei Greci dove
lo
vuole la verità, onde posso anche dir male in qua
é in quegli argomenti ne’ quali l’amore ha luogo naturalmente, troppo
lo
esaltano, ed in quelli dove naturalmente non lo h
naturalmente, troppo lo esaltano, ed in quelli dove naturalmente non
lo
ha, ve lo vogliono in ogni maniera ficcare e ve l
nte, troppo lo esaltano, ed in quelli dove naturalmente non lo ha, ve
lo
vogliono in ogni maniera ficcare e ve lo ficcano
e naturalmente non lo ha, ve lo vogliono in ogni maniera ficcare e ve
lo
ficcano e lo dilatano in guisa che distruggono il
e non lo ha, ve lo vogliono in ogni maniera ficcare e ve lo ficcano e
lo
dilatano in guisa che distruggono il grande ed il
degli altri suoi pari venga elevato; il restante della famiglia, che
lo
vede far da signore sul suo signore, questo dispr
a que’ tempi pudici le donne tanto si astenevano dal teatro quant’or
lo
riempiono. [3.92ED] Quindi è che la donna, come v
ti di donne non meno di quello che sien oggi il franzese, l’italiano,
lo
spagnuolo, il tedesco e l’inglese. [3.95ED] Nel t
ezza nell’asserire, e che io già sono impostore. [3.97ED] Credilo per
lo
meno al Bulingero, che scrive: «Athenis mulieres,
er. [3.107ED] La tragedia per mezzo del terrore e della pietà solleva
lo
spettatore da queste stesse passioni, facendo ch’
ni, facendo ch’ei si scarichi sovra oggetti finti della tristezza che
lo
divora. [3.108ED] Nella maniera che una musica ma
la libertà delle paurose repubbliche. [3.116ED] E benché possa dirsi
lo
stesso di molte nazioni, io che ho già camminati
o terribile è il giogo del sacerdozio e però ancora più leggiero, per
lo
più accompagnato dall’età grave e sempre dalla pi
al molo, una barchetta, sui cui si lanciò come rana l’agile gobbo, me
lo
rapì. Sessione quarta [4.1] Da Marsiglia du
r de la Motte, M.r di Crebillon, e M.r Capistron; il primo famoso per
lo
suo trattato De’ mondi e dell’egloga, e per l’egl
de la Motte. [4.22ED] Capistron poi è a te noto per le tragedie, come
lo
è Crebillon. [4.23ED] Ivi discorreremo unicamente
ostoro non hanno letto la dissertazione proemiale o pure non l’hanno (
lo
che non vorrei credere) intesa. [4.37ED] Alcuni a
n quella che chiamate voi prosodia. [4.44ED] Al vostro orecchio suona
lo
stesso umida che liquida (meglio mi par teco usar
professori, non si adatta presentemente la regola alla pronuncia; per
lo
ché voi sdrucciolate in errori di quantità, compo
drucciolate in errori di quantità, componendo versi o greci o latini;
lo
che a’ nostri poeti era, per così dire, impossibi
ndità al vostro verso, dove bisogna ripigliar fiato e posarsi; perciò
lo
fate anche a costo di spezzar la parola impropria
e il verso italiano non rimato non è verso e il verso italiano rimato
lo
è. [4.71ED] Subsumo. [4.72ED] La tragedia italian
l’opinion mia, che la prosa abbia il ritmo, ma non già il metro, per
lo
ché di me lasciò scritto: «Versum in oratione vet
sempre della stessa misura, benché per una certa conformità di ritmo
lo
paia. [4.86ED] Ve n’ha di quattordici sillabe, ve
chiami a palesar con franchezza il mio sentimento, ti dorrebbe però (
lo
conosco) che fosse contrario a cotesto tuo; ma fa
iera delle corone, rendeva meno armonioso e raccolto il componimento;
lo
che per avventura ne’ terzetti non fu necessario,
i più si vede l’effetto di quel che se ne possa immaginar la cagione;
lo
che ha fatto fare tante speciose meditazioni a’ p
temente esser esso una composizion materiale di due ettasillabi, pure
lo
han preso, lo prendono e sempre lo prenderanno pe
esso una composizion materiale di due ettasillabi, pure lo han preso,
lo
prendono e sempre lo prenderanno per un verso di
materiale di due ettasillabi, pure lo han preso, lo prendono e sempre
lo
prenderanno per un verso di nuova invenzione, per
erché solamente nell’ultimo del suo periodo risonando la rima, questa
lo
fa conoscere per verso; dove, se tu invece di rim
contraria del senso; i letterati, che vedono il tuo verso esser due,
lo
giudicano come un solo, perché l’ingenito razioci
Ettore ed il leone sarebbero una cosa medesima e sarebbe un comparare
lo
stesso a se stesso, lo che non dilettevole, ma vi
bbero una cosa medesima e sarebbe un comparare lo stesso a se stesso,
lo
che non dilettevole, ma viziosa renderebbe la com
si che si possa condur l’impostura tant’oltre quanto per avventura tu
lo
vorresti. [4.112ED] Ma tutti questi disinganni op
tanissimi da ciò che olezza artificio, valendosi di un verso sciolto,
lo
qual somigli alla prosa, ed astenendosi dalle rim
cché, se altrimenti avvenisse e che non la vera, ma la finta Ifigenia
lo
movesse, ne avverrebbe infallibilmente che l’ira,
D] Ciascuno si vaglia de’ mezzi alla propria lingua proporzionati per
lo
conseguimento della dolcezza. — [4.129ED] — Ma c
o il cattivare con una ragionevole novità orecchi avvezzi ad intender
lo
sconcerto e lo strepito in qualità d’armonia. [4.
con una ragionevole novità orecchi avvezzi ad intender lo sconcerto e
lo
strepito in qualità d’armonia. [4.136ED] E in tal
amente la verità di quanto ti espongo. [4.148ED] Di questa natura per
lo
più sono tutti i linguaggi orientali, tutti capac
agion civile, lasci in pace a’ poeti la Ragione poetica. [4.157ED] Io
lo
conosco più che non credi, né vo’ trovargli il pe
edi, né vo’ trovargli il pelo nelle opere sue legali, che forse ancor
lo
potrei, se non nell’erudizione per lo più ben fon
ere sue legali, che forse ancor lo potrei, se non nell’erudizione per
lo
più ben fondata, almeno nella presunzione del far
il figlio. [4.162ED] Ma perché nessuno a questo mondo manca di amici,
lo
portò il caso sovra una fabbrica che da un suo am
ovette ancora limitare i propri vocaboli agli usati da quegli autori,
lo
che è contro l’esperienza; e dovette limitare alt
uella la misura e la rima, in questa il numero del periodo raggirato,
lo
che contradice al nostro giureconsulto quando ass
irato, lo che contradice al nostro giureconsulto quando asserisce che
lo
stato della lingua italiana è quello de’ rimatori
piuttosto della lingua italiana vivente non potersi assegnare ancora
lo
stato: alcuni credere che l’abbia avuto quattroce
a prosa quanto nel verso che vissero nel secolo del Trecento, diedero
lo
stato della perfezione alla lingua. Nessuno degli
vvenire tanto nella prosa quanto nel verso dagli scrittori che fecero
lo
stato di perfezione alla lingua. Ma Dante e il Pe
o di perfezione alla lingua. Ma Dante e il Petrarca nel verso diedero
lo
stato di perfezione alla lingua. Dunque, se tu vu
llo dell’Impostore in cui potrai tu raffigurare qualche originale che
lo
somiglia; ma io non lo somiglierò forse tanto qua
ui potrai tu raffigurare qualche originale che lo somiglia; ma io non
lo
somiglierò forse tanto quanto per avventura tu sp
i perito, di esimio e di dotto, quando per verità intrinsecamente non
lo
è. [4.189ED] Tu vedrai l’impostore di vasto ingeg
, dando non so qual colore di spirito all’erroneità e all’imprudenza,
lo
che dalla gioventù di sua natura imprudente ripor
ndosi nelle tue parole allo specchio, si picchi; ma se l’immagine non
lo
somiglia, perché se n’offende? [4.198ED] Se lo so
; ma se l’immagine non lo somiglia, perché se n’offende? [4.198ED] Se
lo
somiglia, perché non emendasi? [4.199ED] Ma lasci
che poco giova un immaginar grande e felice per concepir tutto intero
lo
smisurato fasto, il gusto esquisito e il magnanim
allo scettro accennava d’inviar baci a chiunque disposto in due bande
lo
facea passar fra gli ossequi. [5.17ED] Entrato po
vista. [5.18ED] L’aria, il portamento ancora nel rizzarsi dal letto,
lo
contrassegnano per quel gran monarca che delle su
se si avviliscono. [5.20ED] Egli sublime sorge in mezzo a’ grandi che
lo
circondano; ma l’eccelse stature si abbassano, i
gevano sovra una gamba di legno; sostenean altri col braccio sinistro
lo
schioppo, imperocché il destro ad essi mancava. [
de Totis, per dare la dovuta lode anche a’ defonti. — [5.36ED] — Io
lo
voglio accordare — replicò quegli — ma ben mi spi
più sono vezzose e delle quali più si compiace il poeta riuscire per
lo
più insipide per la musica e detestabili a’ nostr
per vergogna del secolo osiam chiamar ‘virtuose’. [5.39ED] Quando per
lo
contrario li tratti più sciaurati della poesia e
enti tanto esce più agile, svelta a solleticare per via dell’orecchio
lo
spirito di chi ascolta, e perciò con la soavità d
cchio lo spirito di chi ascolta, e perciò con la soavità del concento
lo
muove al compiacimento e all’applauso. [5.42ED]
zo de’ loro recitamenti cantare un’arietta di poesia e moda italiana;
lo
che poco prova, avendo io osservato esultar altre
regio di questa rappresentazion musicale a voi Italiani. [5.54ED] Per
lo
men la vostra lingua, come più dolce e più copios
del respiro, che viene su per le fauci a ricevere la forma del canto,
lo
fa per così dir prevedere nel tremolare delle mam
ché i noderosi tronchi e le frasche non son da pittore da scena e per
lo
più gli alberi al lume delle candele riescono cru
ian gioiellati e con ricami che fingan oro ed argento, e tagliati per
lo
più alla reale. [5.75ED] Le voci siano tali e in
l verseggiatore medesimo? [5.77ED] Questo testor de’ versi vorrebbesi
lo
stesso compositor delle note e siane esempio il v
corde, né delle girelle che sovra ogni altra cosa son necessarie per
lo
poggiare o per lo scendere della macchina. [5.83E
irelle che sovra ogni altra cosa son necessarie per lo poggiare o per
lo
scendere della macchina. [5.83ED] Io ne ho conosc
Giustino, da Salustio e da qualunque più antico e venerato scrittore,
lo
che saria inevitabile per introdurvi le cose che
do l’arca di collane, di gioielli e di contante, per darsi bel tempo,
lo
che non è poco premio, anzi è un sovrabbondante c
acolo musicale. [5.89ED] Tu dunque vedi con quali vincoli sia d’uopo
lo
star legato a chiunque voglia servire di versi ac
nda che il tuo melodramma sia diviso in tre atti perché, se in cinque
lo
partirai, potresti far credere di voler esporre a
si allo sviluppo o sia scioglimento, e sia pur anche per macchina, se
lo
permetterà l’impresario; che certamente sarà più
mpre di mesta in lieta fortuna, nella quale termini il melodramma per
lo
mezzo degl’imenei, ed in questo scioglimento per
31ED] Ogni scena dee contenere o solo recitativo o sola arietta o per
lo
più l’uno e l’altra. [5.132ED] Tutto ciò ch’è rac
a può alquanto sfogarsi nel dare un moderato saggio del suo talento e
lo
dovrà soffrire il prudente compositor della music
o talento e lo dovrà soffrire il prudente compositor della musica, né
lo
ricuseranno i cantanti, anch’essi periti nello sc
io esce in scena e queste ne’ soliloqui sogliono esser accette, e per
lo
più la figura apostrofe è l’anima loro. [5.143ED]
ed invece di spalleggiarsi, si opprimono. [5.152ED] Quindi è che per
lo
più ne’ soli cominciamenti degli atti comparisce
a delle quali separatamente nel corso del melodramma ha applaudito, e
lo
strepito de’ cantanti e degli strumenti fa che tu
ri Varia d’aspetto il ciel. [5.165] Di sei sillabe ancor ve n’ha per
lo
più sdruccioli e qualche fiata ancor tronchi. [5.
ieci sillabe si fa sentire nella sua maggiore terribilità, massime se
lo
farai sdrucciolare sino alla cadenza che sempre t
i sei sillabe sdrucciolo nelle languidezze amorose dipinge assai bene
lo
stato fievole di un’anima abbandonantesi: Le luc
il diletto si converte in ribrezzo, onde schifa, e delicata donzella
lo
sputa. [5.182ED] Però ti replico, che le costruzi
e ti basti che le altre si possano non abborrire per la purità e per
lo
spirito, né qui dee finire la tua disinvoltura. [
no, in Vinegia, in Genova o altrove: e sia pur lontana dal sentimento
lo
quale dovrebbe ivi esprimersi, che t’importa? [5.
che ti possa accadere sarà il ridurli a capitolare che ti si permetta
lo
stirare su quelle note parole men discordanti dal
mane, ed oltre il bisogno; siccome ho detto altre volte. [5.212ED] Tu
lo
vedi nell’idea che io ti ho suggerita del melodra
rché faresti un’ingiustizia alla musica di cui è mera ausiliaria, con
lo
scompagnarla da lei, e riporteresti il gastigo de
oggi di recitare, goderà del privilegio delle Spagnuole ed ancora (te
lo
attesti Saint Evremond) delle Inglesi, che non si
lamazione, mercé della quale danno tutta l’enfasi al verso che gli dà
lo
stesso poeta quando ad altro poeta lo legga, semp
ta l’enfasi al verso che gli dà lo stesso poeta quando ad altro poeta
lo
legga, sempre sonoramente romoreggiando e calcand
possa sussistere, non rende a noi sensibili le sue operazioni che per
lo
mezzo degli organi corporei; e di natura dell’uom
nianza per creder che la tragedia antica non si cantasse. [6.53ED] Tu
lo
vedi sin accennato nel capitolo X del mio frammen
troppo ridevole che il coro cantasse con chi ragiona e solendosi per
lo
più introdurre il coro con gli attori a colloquio
n sé medesimi e rendean più chiare e più dolci le voci de’ recitanti,
lo
che pur anche giovava a quei che cantavano (inten
iolenti riguardi; che sebbene i discorsi tragici appaiono lunghi, non
lo
saranno paragonati a quel vero che si vorrebbe da
abbrevia, ma si abbrevia in modo che l’imitazione moderi il vero, non
lo
distrugga. [6.67ED] Per l’opposta ragione giudico
a dire che nella rappresentazione tutto dee esser caricato, sì perché
lo
spazio fra gli attori ed il popolo sminuisce la c
ne fra le Muse in un sito che, per altezza o per lontananza affatichi
lo
sguardo degli spettatori, àltera e rileva il dint
soggezione di sé medesimi quando non parlano, e quando ascoltano per
lo
più non danno il dovuto segno del movimento che i
fassi in scena attraverso, l’un dietro all’altro; come nemmen loderei
lo
star ritti e piantati sempre in un canto. [6.72ED
mpre volti al teatro allorché pronunzia, potendo rivoltarsi, s’ei pur
lo
vuole, a’ compagni co’ quai dialoghizza negl’inte
emente al gran Baubour. [6.81ED] Egli è vero che questo famoso attore
lo
pratica in occasione di mostrare d’udire mal vole
ea, e vi sono ben altri modi di palesare il dispetto. [6.82ED] Appena
lo
ammetterei in una donna che udisse tentarsi impro
azione, ella è veramente smaniosa nelle passioni più della nostra, ma
lo
è ancora fuori delle passioni. [6.85ED] Lodo bene
su e giù strascinate a tanta parte di azione a quanta i comici vostri
lo
chiamano. E poiché abbiam toccato il cappello, di
to; io perdono a’ Franzesi l’amar cotanto il lor diletto cappello che
lo
pongano ancora su quelle teste sulle quali dovreb
sfuggirsi o almen si suppone che non si debban reciprocamente vedere,
lo
che pure si nota di errore fra noi, e vi ha casi
di scena, entrando là dove era un momento avanti entrato Brittannico,
lo
che potea produrre un effetto di maggior gelosia
assione che è comune a tutto il genere umano. [6.112ED] Con tutto ciò
lo
spagnuolo ha una maniera di ballo in sé raccolta
ato dalla scarpetta. [6.120ED] L’aria degl’instrumenti franzesi è per
lo
più un dolce mescolamento di fievolezza e di spir
ciati pretesi giudici del mal condotto puntiglio e del falso onore, e
lo
vedrai nella raccolta che ei sta facendo di alcun
co; quel… me: ‘il farmaco che fu fatale a Demostene, quel giorno non
lo
fu a me’. Riferisce Plutarco (Vit. Dem., xxix) ch
gedie cinque, p. b1v (Prologo); senza… cattedra: ivi, p. b4v; e cfr.
lo
stesso prelievo in Martello, La rima vendicata e
camacca: Ortensio Scamacca, gesuita siciliano di Lentini, autore, con
lo
pseudonimo di Martino Lafarina, di dieci tomi di
[commento_1.145ED] ricrea: ‘ristora’; sogno… piume: l’agnizione ha
lo
stesso benefico effetto del risveglio da un brutt
. 582 (e cfr. Rapin, Réflexions, p. 122), che aveva così giustificato
lo
spostamento della tragedia dal fine politico a un
disposto a proseguire sul terreno della tragedia borghese, rimanendo
lo
status dei personaggi tragici limitato ai «person
scena… abbigliate: si noti la descrizione ‘teatrale’ di Parigi, come
lo
sfondo di una commedia borghese. [commento_4.8ED
lo, Vita… scritta da lui stesso fino l’anno 1718, p. 288) «che spesso
lo
voleva suo commensale, lo fece conoscere a’ lette
tesso fino l’anno 1718, p. 288) «che spesso lo voleva suo commensale,
lo
fece conoscere a’ letterati di tutta la corte, lo
eva suo commensale, lo fece conoscere a’ letterati di tutta la corte,
lo
introdusse in tutti i luoghi più riguardevoli, ed
ostituito da tre sillabe di cui la prima lunga le altre brevi, mentre
lo
spondeo è formato da un piede di due sillabe lung
5ED] essenziale armonia: ‘la prosodia non è dettata dalle parole che
lo
compongono, ma da regole esterne’. Nemica…. pace
ti: ‘il senso del discorso non coincida con il limite versale, ma che
lo
scavalchi per camuffare l’uniformità prosodica ch
piata tra Garofalo, Raffaele Rabbenio e Fabio Carsellini era in gioco
lo
statuto dell’Antico Testamento che Garofalo, sull
la porta: per l’acquisto del biglietto. [commento_5.115ED] Posto che
lo
spettacolo deve sorprendere lo spettatore, ciò sc
glietto. [commento_5.115ED] Posto che lo spettacolo deve sorprendere
lo
spettatore, ciò scaturisca non dagli avvenimenti
i, letto da pochissimi, prediletto quasi da niuno» (ivi, p. 38); dove
lo
scavalcamento del classicismo è condotto in nome
e e Ottocento, Firenze, Vallecchi, 1989, p. 46. È certo significativo
lo
scarto tra la prospettiva di Martello e quella di
c. 83v. 31. Ivi, ms. 80, t. II, c. 1rv: 13 luglio. 32. Lo ricorderà
lo
stesso P. J. Martello, Lettera, in A. Conti, Cesa
5: «Son fra tutti i poeti i più guarniti / di regole per l’arte e per
lo
metro, / d’eccellenti maestri ed infiniti: / Aris
ria, per passar la filosofia. All’ottobre avrebbe mutato convento per
lo
studio della teologia, e avrebbe officiato a Pent
bbe officiato a Pentecoste. Si diede poi alle Missioni apostoliche, e
lo
vediam percorrere tutta la Marca Anconitana, e fe
affrontare e sostenere il martirio per la fede di Cristo, ma la morte
lo
colse del '78, mentre stava predicando in Romagna
Venezia del 18 febbraio 1650 e del 4 marzo 1651 al Duca di Modena che
lo
richiedeva di alcuni artisti, accennano a un Truf
entificare, ma che potrebb' essere il nostro attore. Ecco i passi che
lo
riguardano : Truffaldino m’ ha detto che quando
arti da Mantova fu honorato da quella Altezza d’una medaglia d’oro, e
lo
impegnò per l’anno uenturo, et che desobbligato d
che fa il giornalista deva avere in testa la dialettica d’un Loke, o
lo
spirito geometrico d’un d’Alembert. GIORNALISTA.
rsi la politica di Licurgo con quella del governo veneto? Ciò sarebbe
lo
stesso che levare ogni sua influenza alla storia,
Siamo all’oscuro intorno alla natura intrinseca dell’armonia, ma non
lo
siamo intorno al fine, intorno a più d’uno de’ me
no incontrastabile che l’anzidette facoltà fossero il primo veicolo e
lo
strumento principale della religione. Plutarco ne
rchia, «quare suo jure noster ille Ennius sanctos appellat poetas». E
lo
stesso Cicerone è di parere che siffatta appellaz
piti i simboli propri delle mentovate divinità, e prima d’incominciar
lo
spettacolo si portavano attorno in processione i
i da una pestilenza non seppero trovare altro espediente onde placare
lo
sdegno degli dei, che quello di chiamare dalla To
ono paragonabili co’ più gran capitani. [16] Ma nulla fa capir meglio
lo
spirito delle antiche rappresentazioni quanto lo
ulla fa capir meglio lo spirito delle antiche rappresentazioni quanto
lo
zelo de’ primi padri della chiesa nel riprenderle
o una specie di rito religioso che per loro l’assistere a’ teatri era
lo
stesso che confessarsi tacitamente idolatra. Di m
a, di peste, od altra calamità publica? Ci avvisiamo di dover placare
lo
sdegno divino coi trilli di Marchesi o colle capr
alla danza aveva uno scopo religioso, morale e politico? Ciò sarebbe
lo
stesso che se dall’avere il parlamento d’Inghilte
Samoiedi con un rondò, come facevan Lino e Museo, conserverà tuttora
lo
spirito di missionario e di legislatore, e quando
le Persiane agiscono Atessa, Serse, l’ombra di Dario, ed un corriere,
lo
stesso si dica delle Supplicanti e degli altri co
nte a misura che le dette facoltà s’ingrandivano e si miglioravano; e
lo
stesso successe ancora al tempo che la Grecia fu
unite abbiano più forza, ne hanno anche molta essendo separate, come
lo
dimostrano le belle opere che esistono di filosof
ca il dire che la velocità d’un corpo è la stessa quando le forze che
lo
spingono sono divergenti, o contrarie, che quando
l contrappunto ch’era in voga in Italia verso il fine del Cinquecento
lo
condannai come contrario alla musica scenica, nel
nto basta per attribuire alla loro musica una sorprendente energia, è
lo
stesso che spingere il pirronismo storico al grad
energia, è lo stesso che spingere il pirronismo storico al grado cui
lo
spinse lo stravagante e pazzo Arduino. GIORNALIST
è lo stesso che spingere il pirronismo storico al grado cui lo spinse
lo
stravagante e pazzo Arduino. GIORNALISTA. [33] «
alla religione cristiana, non l’abolimento dell’anarchia feodale, non
lo
stabilimento di governi più regolari, non la savi
a tutte le parti del globo procurata per mezzo della navigazione, non
lo
scambievole commercio fra il vecchio e il nuovo c
o continente, non le ricchezze e il lusso che indi ne derivarono, non
lo
spirito di società il quale avvicinando l’uno all
l’uno all’altro i due sessi ne tempera la ferocia e ne ringentilisce
lo
spirito, non più il progresso della filosofia e d
a, a poco a poco crebbe, divenne adulta e per conseguenza migliore, e
lo
stesso ha fatto in Italia. I Greci ebbero ancor e
ancor essi i loro “guastamestieri” corruttori del buon gusto ecc,… e
lo
stesso è seguito e segue ancora fra noi; ma da tu
sa che costa di due sillabe, e non di tre. Il sapere il numero non è
lo
stesso che sapere la quantità, perocché in gramma
a tutti le vien dato in grammatica ed in rettorica. Nel qual caso noi
lo
consigliamo a premettere per l’avvenire ad ogni s
i versi sieno di una stessa misura, e il sentimento delle parole sia
lo
stesso: onde egli è sempre vero che non è la poes
o sotto le note le stesse parole dalle mani del primo verrà fuori per
lo
più un lavoro esatto, ragionato e pieno di forza,
versi sieno d’una stessa misura, e che il sentimento delle parole sia
lo
stesso, sono piuttosto regole di ciò che dovrebbe
mo capitolo del secondo tomo, adducendo inoltre le carte musicali che
lo
confermano205, quantunque né di queste né di quel
le encore seconde majeure ecc. le demi-ton, seconde mineure». Lo dice
lo
stesso giornalista, «come se questi due (cioè il
) non fossero due altre seconde la maggiore, e la minore?» Ora qual è
lo
sbaglio da me commesso? Il non aver dato al letto
notizia che i teorici davano due nomi diversi allo stesso intervallo;
lo
chè in altri termini equivale a condannare uno st
nando Cicerone non s’è presa la cura d’avvertire chi legge, che altri
lo
chiamarono ancora Marco Tullio. Così potrebbe con
assione voglionsi de’ movimenti omogenei e tendenti tutti ad un fine;
lo
che non può assolutamente ottenersi col contrappu
bbe tacciare il Galilei, il Doni, il Vossio, il Meibomio, il Kirkero,
lo
Scotti, il Calmet, il Gregory, il Brown, il Rouss
za delle più moderne, che sono cento volte migliori e “più perfette”,
lo
che è falso assolutamente, giacché non ho lodati
tri, e veda se il moderno quadro della musica teatrale è tal quale ei
lo
dipinge.» RISPOSTA. [70] E appunto perché le buo
E se pure in questi valentuomini ha talvolta ripreso qualche difetto,
lo
ha fatto rendendo loro la dovuta giustizia, separ
mestieri che le regole non sono ancora tutte perfette; e che se anche
lo
fossero esse non basterebbero per formare un gran
se anche lo fossero esse non basterebbero per formare un grand’uomo,
lo
che è più vero) poteva dire che pochi riescono ne
il desiderio di novità che hanno gli uomini in generale di musica, se
lo
hanno ancora per tutte le altre cose, e se a quel
modo di ragionare. Allora vedrà ch’ei non ha inteso né poco né molto
lo
stato della quistione, e che lavora in falso, per
si svegli il desiderio di conoscere quello che seguita, o quello che
lo
precede. Ma quest’idea metafisica di novità lodev
conservar l’unità nella melodia, regola fondamentale di musica, come
lo
è di tutte quante le belle arti, la quale consist
di un Pergolesi, di un Leo ecc. e non la nostra; noi gli risponderemo
lo
stesso che già si rispose ad altri nella summento
n poi avendo sempre guadagnato, non è stata mai tanto eccellente come
lo
è presentemente.» RISPOSTA. [82] E dov’è mai in
dia; ho inteso nel luogo citato (tom. 2. pag.) per “moderni italiani”
lo
Scarlatti, il Leo, il Vinci, il Pergolesi e più a
ntimento nell’ultimo paragrafo del secondo tomo. Se il Manfredini non
lo
trova giusto, rechi in mezzo fedelmente le mie ra
Burchiello «Zaffiri, orinali, ed ova sode». GIORNALISTA. [85] «E
lo
stesso Sig. Arteaga se non ci fosse venuto da gio
itare della loro certezza: pure i principi ond’io parto per esaminare
lo
stile del moderno canto italiano sono gli stessi
sono gli stessi stessissimi, che mi serviron di scorta per disaminare
lo
stile delle moderne composizioni. Se questi sono
vole desiderio di veder trasferita in Roma e in Napoli l’antica Atene
lo
sollecita a cercar nelle tragedie di Eschilo, di
tutti al terminarsi la scena, quantunque non vi sia edizione che non
lo
ponga in bocca della sola Ecuba, e dovendosi cons
are volte hanno gli impresari il coraggio di esporveli, e se talvolta
lo
fanno, non gli espongono se non mutilati, e così
sentazione, che bisogna accorciare anzi stroppiare i drammi acciocché
lo
spettacolo non riesca d’una insofferibiie lunghez
agione di dire ch’esse sono al presente nella loro decadenza; giacché
lo
stato d’un’arte in un secolo, e presso ad una naz
primi maestri del nostro secolo sieno già divenute anticaglie; e che
lo
stesso succederà alle migliori che si compongono
e ecc. Ma perché parlar di questa, e non della buona? Non segue forse
lo
stesso nelle altre arti rappresentative? Per una
composizioni dei primi maestri del nostro secolo fossero state buone,
lo
sarebbero ancora, come lo sono alcune del Lulli,
stri del nostro secolo fossero state buone, lo sarebbero ancora, come
lo
sono alcune del Lulli, del Corelli, dello Scarlat
d’un Pergolese, e d’un Leo ecc. e non la nostra, noi gli risponderemo
lo
stesso che già si rispose ad altrui nella summent
che la musica d’allora in poi non è stata mai tanto eccellente quanto
lo
è presentemente.» Ora se la nostra musica “ha sem
gna, e ghe despiase, Che se diga, che el guasta la moral, E che penne
lo
scriva venerande Con parole sporchissime e nefand
passion, che me devora el petto, Quando no posso far l’obbligo mio, E
lo
fazzo de cuor, come convien, E no go invidia de c
settima qualcossa, Le sie più lu no conta, e impertinente El vol, che
lo
lodemo d’ogni cossa. Se vu no ghe pensè, gnanca
cà sul toni nol gavesse. Chi l’ ha proposto, no xe tanto in drio, Nol
lo
diria, se dirlo nol podesse. El ne lo mostrerà, c
posto, no xe tanto in drio, Nol lo diria, se dirlo nol podesse. El ne
lo
mostrerà, che el ghe xe drio ; Nol lo fa per invi
ia, se dirlo nol podesse. El ne lo mostrerà, che el ghe xe drio ; Nol
lo
fa per invidia, nè interesse. La corruzion d’un P
lo, ne par, Perchè un Cristian se scuota, ha da bastar. La rabbia che
lo
rode, caro ben, Per bocca vostra ghe fa dir assai
un gran peccà ne fe’ A portar chi ve svoda la scarsella. Chi paga chi
lo
frusta ne parè, E senza un fia d’inzegno una putt
i, col titolo : I viaggiatori ridicoli pel Duca di Parma nel 1756 che
lo
creò in quell’anno suo poeta di Corte. Alle recit
De Marini Giuseppe. Nacque a Milano il 13 agosto 1772. Suo padre
lo
destinò agli uffici delle finanze, ma appassionat
In codest’anno egli dovè cedere alla volontà imperante del padre che
lo
restituì al suo ufficio ; ma dopo un anno di prig
co’quali trovasi in scena, deve credere non esservi altra persona che
lo
guardi e l’ascolti ; precetto che ha bisogno d’es
i, e con tal fanatismo ne fu retribuito dal pubblico, che l’autore ne
lo
ringraziò con una sua lettera. Oreste, Orosmane,
rimprovero al nipote e alla nuora per la loro cattiva condotta. Oltre
lo
studio accurato sull’incedere e sul gesto, De Mar
modo che quando si presentava sulla scena molte volte il pubblico non
lo
riconosceva che al suono della voce. E ciò accade
randi artisti si degnavano di recitar nelle farse). De Marini, appena
lo
potè, prese il sistema di destinare un abito appo
il Doge Pasquale Cicogna, ch' ebbe l’ onore di due repliche. L' arte
lo
affascinava ognor più. A Padova, innamoratosi di
o per fare, di non saper mettere in iscena che opere proprie. Oh ! se
lo
avesser visto nel Padre Prodigo, nei Fourchambaul
l metodo suo seguì, si assimilò ; grande interprete del concetto, non
lo
era meno della parola. Non gli sfuggiva un monosi
nella penombra socchiuso un uscio, e credutolo quello di un camerino,
lo
aperse e vi entrò. Era quello dell’ ascensore !…
direzione pel triennio '903-6 la signora Virginia Reiter. Bene ! Dio
lo
guardi sempre.
ente di piacere nel lor linguaggio naturale, nè parlano il nostro, nè
lo
intendono : come ci amerebbero esse ? E per diffi
, e per poco voi ci mettiate in istato di perseverare, noi diverremo,
lo
spero, se non attori eccellenti, men ridicoli cer
a lettura. Il gusto del pubblico è mutato e perfezionato : perchè non
lo
è quel degli autori ? Meglio a compiangere degli
noi siamo responsabili e di ciò ch' essi ci fan dire, e del come noi
lo
diciamo. Siateci indulgenti pei nostri sforzi, e
figli, di Giuseppe Balletti e di Bonaventura Benozzi. L'atto di morte
lo
dice Ufficiale del Re. Lo Jal all’articolo Visen
la relazione che hanno colla civile economia e coi fini dello stato,
lo
riguarda come un luogo atto a far circolar il dan
e di pericolo. Più profondo insieme e più maligno nelle sue mire egli
lo
prenderà come un diversivo offerto talvolta al po
o in silenzio, per infiorare gli orli del precipizio, dove lentamente
lo
guida il despotismo, e per mantenerlo più agevolm
primi modelli antichi e moderni l’uomo di gusto è il solo, che prenda
lo
spettacolo per se stesso e non per gli accessori.
cchio, che rappresenta le inclinazioni, e il carattere d’una nazione,
lo
stato attuale de’ suoi costumi, la maggior o mino
la signoreggiano. [7] In quale degli accennati aspetti deggia fissare
lo
sguardo chiunque la storia d’un teatrale spettaco
erie non difficilmente conoscersi. Se fosse quistione di scrivere per
lo
teatro, e non del teatro, l’uomo di gusto esser d
, del quale è inutile fermarsi a tesser l’elogio, poiché meglio di me
lo
fa l’Italia tutta e l’Europa, fu il primiero, che
na discussione polemica rincrescevole al pubblico , il quale pago per
lo
più di trovarne il vero poco si cura di risapere,
iserbai non per tanto a farlo in qualche occorrenza, ove mi parve che
lo
richiedesse il bisogno, e m’astenni sul medesimo
divenga egualmente nuocevole agli avanzamenti del gusto di quella che
lo
sia ai’ progressi della morale il patteggiare coi
rivate non si manifesti con cerimoniosi e mentiti riguardi, figli per
lo
più dell’interesse, o della paura, ma col renderl
opo la quale finisco. Prendendo io a narrare l’origine, i progressi e
lo
stato attuale del melodramma in Italia, ove più c
lla peregrina favella si trovano scritte riflessioni assai belle, che
lo
fanno vedere quell’uomo di gusto ch’egli era in c
lmente non si farà così presto. Un sistema drammatico, almeno, com’io
lo
concepisco, appoggiato sull’esatta relazione de’
ntenute in questo libro, non bastassero a formar un sistema completo (
lo
che non è stato mai il mio oggetto) e se i maestr
Tespi. Ebbe non per tanto un ingegno pieno di vigoroso entusiasmo che
lo
solleva talvolta presso a’ più insigni tragici, e
che incontrano, non che altri, non pochi suoi nazionali in afferrare
lo
spirito, l’energia dell’espressione e la grandezz
cicalone che con molte parole scagliando massime ad ogni occorrenza,
lo
spinge ad imbarcarsi. Prosegue sul medesimo stile
raccontare come suo fratello innamorato della sua moglie e del regno
lo
fece avvelenare mentre dormiva nel giardino versa
a fantasia ogni altra idea ed impressione, eccetto il tuo comando, sì
lo
giuro. Vengono i soldati. Amlet fa che giurino d
avellare sulla di lui follia, dicendo: Vostro figlio è pazzo, e tale
lo
chiamo, perchè (a ben riflettere) altra cosa non
tenore parla con Guildenstern, e Rosencrantz, i quali d’ordine reale
lo
mettono in discorso per iscoprire ciò che senta i
ento sopra del re e l’esamini con tutta la cura, e dice che farà egli
lo
stesso, e si communicheranno poi le osservazioni
Amlet dice: Aml. Vedete? Ora l’avvelena nel giardino per usurpargli
lo
stato… Tosto vedrete che la sposa s’innammora del
si alza. Tutto resta sospeso. Il re parte. Ahi! Orazio! quanto disse
lo
spirito è troppo certo. Polonio lo chiama per co
parte. Ahi! Orazio! quanto disse lo spirito è troppo certo. Polonio
lo
chiama per commissione della regina. Egli manda v
; pensa che sia il re che stia ad ascoltare; finge che sia un topo, e
lo
ferisce. Polonio grida, son morto . Amlet torna
ida. La regina confusa, compunta, abbattuta, confessa il suo torto, e
lo
prega a più non trafiggerla con le sue parole. Es
ulla, fuor di quello che noi due stiamo parlando. Aml. Mirate là, là…
lo
vedete?… ora si allontana… Reg. Chi mai? Aml. Mio
essa viene cantando, e dà indicii che la morte del padre ha cagionato
lo
sconcerto della ragione di lei; ma ad ogni domand
morte di Polonio. Lo prega ad ascoltarlo da parte, protestando che se
lo
trovasse colpevole, gli cederebbe di buon grado i
Orazio, come avrai letto questo foglio, dirigerai gli uomini che te
lo
recano al re, pel quale ho dato loro un altro pli
sarà avvelenata, e Laerte ne prenderà uno per se, con cui colpendolo
lo
ferirà mortalmente, e la sua morte si attribuirà
uello che usava il re presente. Ciò fatto e chiuso di nuovo il plico,
lo
ripose nel sito medesimo onde tratto l’avea, senz
ncanza di erudizione, di emoli e di modelli supplita dall’ingegno che
lo
scorgeva ad’ internarsi nell’uomo, a studiare i m
mmuovere impedisce egli stesso la riuscita del suo disegno distraendo
lo
spettatore colla buffoneria intempestiva? Shakes
studiato troppo poco il cuore umano. Notate come il sangue di Cesare
lo
seguiva (cioè seguiva il maledetto acciajo di Br
appunto che è sfuggita alla diligenza del Sherlock che da venti anni
lo
stà studiando. Il merito del Shakespear in tale a
scrittoria; spiegandovi un patetico risentito e forte che accompagna
lo
spettacolo alle parole; e per questo merito, ad o
a Italiana, com’è dimostra proponendo per cosa tutta nuova all’Italia
lo
studio de’ Greci: a quell’Italia, dove anche nell
ra le occasioni di piacere o interessare che presentagli naturalmente
lo
scioglimento. Perchè componeva per vivere, avvici
lmente con abbondantissime lagrime trasse fuori il corpo di Cesare nu
lo
scoprendo la veste sua piena di sangue e straccia
e, nato a Verona il 1790, si esercitò giovinetto nell’arte comica ; e
lo
vediamo il 1815 primo amoroso al fianco della zia
oso al fianco della zia Gaetana. Morto Antonio Goldoni, il 1817, egli
lo
sostituì nella direzione dell’azienda, riducendo
mparve sulla scena, il pubblico, messo a parte omai dell’avvenimento,
lo
accolse con tale scoppio di applausi che fece pia
lion Fiorentino, all’intento di farvi il corso di filosofia. Il padre
lo
aveva destinato all’avvocatura, sebbene egli incl
1851 la figlia Luigia, prima attrice giovine. Ma ragioni d’interesse
lo
tolsero dopo varj anni dai suoceri per fare una s
ell’esquilibrio mentale. A proposito della testa smisurata di Vestri,
lo
stesso Mazzocca racconta che egli « si divertiva
ontrano, non che altri, non pochi Inglesi medesimi in bene afferrarne
lo
spirito e l’energia dello stile e la grandezza de
chio cicalone che con molte parole scagliando massime ad ogni tratto,
lo
spinge ad imbarcarsi. Polonio sul medesimo stile
racconta, come suo fratello innamorato della moglie e del regno suo,
lo
fece avvelenare mentre dormiva nel giardino versa
fantasia ogni altra idea ed impressione, eccetto il tuo comando; sì,
lo
giuro.” Vengono i soldati, Amlet fa che giurino
e ragiona sulla di lui follia, dicendo: Vostro figlio è pazzo, e tale
lo
chiamo perchè (a ben riflettere) altra cosa non è
di mio zio qualche scena che rassomigli alla morte di mio padre. Così
lo
trafiggerò nella parte più sensibile del cuore; o
io attento su di suo zio; l’esamini con ogni cura; dice che egli farà
lo
stesso; uniranno poi le loro osservazioni per giu
, ed Amlet dice: “Vedete? Ora l’avvelena nel giardino, per usurpargli
lo
stato . . . Tosto vedrete che la sposa s’innamora
utto resta sospeso; egli parte. Ahi! Orazio, dice Amlet; quanto disse
lo
spirito è troppo certo! Polonio lo chiama per par
! Orazio, dice Amlet; quanto disse lo spirito è troppo certo! Polonio
lo
chiama per parte della regina; egli manda tutti v
so, pensa che sia il re che stia ascoltando, finge che sia un topo, e
lo
ferisce; Polonio grida, son morto. Amlet torna al
ida. La regina confusa, compunta, abbattuta, confessa il suo torto, e
lo
prega a più non dire. Esce il Morto veduto da Aml
lla fuor di quello che noi stiamo parlando. “Aml. Mirate lì, lì . . .
lo
vedete? . . . ora si allontana . . . “Reg. Chi ma
essa viene cantando, e dà indizii che la morte del padre ha cagionato
lo
sconcerto della ragione di lei; ma ad ogni domand
morte di Polonio. Lo prega ad ascoltarlo da parte, protestando che se
lo
trovasse colpevole, gli cederebbe di buon grado i
o quello che usa il presente re. Fatto ciò, chiuso di nuovo il plico,
lo
ripose nel luogo stesso, senza che siasene osserv
canza di erudizione, di emuli, e di modelli supplita dall’ingegno che
lo
scorgeva a riflettere sull’uomo, e studiare i mov
Su i piccioli critici Spagnuoli. Sull’esperienza del passato (io
lo
prevedo) non imiteranno la nostra ingenuità, come
ne ancora poi vi consenta, tuttochè mutata non sia o la situazione, o
lo
stato, o le circostanze de’ personaggi. La Giacin
ssando poi con quelle di Pietro Ferrari e del Menichelli. Fr. Bartoli
lo
dice « comico abile ancora (1781) per recitare qu
alche parte seria, e può essere fatto degno di qualche applauso. » Ma
lo
rivediam Dottore con la Coleoni l’autunno del 179
e parti di 2ª donna giovine ; se insiste adunque, ove S. E. creda, io
lo
lascierò andare ; ma sottopongo che quest’attore
per mala mia ventura, il sig. Avogadro di Treviso (V.) ; gli accordai
lo
stipendio di lire it. 3000 annue, ebbe un acconto
iscosse i più vivi e reiterati applausi ; nè potrà a meno di ottenere
lo
stesso incontro ovunque, se con pari ardore vorrà
ma, come si ha da una sua lettera al Card. Gio. Carlo De’ Medici, che
lo
aveva richiesto per l’autunno. Il 1661, il Duca d
mi fa operare per potere autenticare à V. E. Illma la mia sincerità,
lo
stato in cui mi trovo, non u’ ha dubbio che richi
uando potrò ottener licenza da Mantoua facendo ogni tentatiuo, (è che
lo
farò presentialmente, uolendomi portar colà fra t
quello frecciando, s’ imbattè in una piccola compagnia di comici che
lo
accolsero in qualità di socio, e da cui fu licenz
so, col ferreo volere, e colle chiarissime attitudini, che il Perotti
lo
richiamò e lo tenne con sè fino alla sua morte, a
volere, e colle chiarissime attitudini, che il Perotti lo richiamò e
lo
tenne con sè fino alla sua morte, accaduta nel 18
rino, mostrò sin da ragazzo un amor singolare al teatro ; ma il padre
lo
mandò, per distornelo, presso alcuni parenti a Vi
e egli è da un pezzo, almeno da quando, ammalatosi il Salvadori, egli
lo
sostituì nell’Armando con la Marini. Il Reinach,
estire e di modi squisiti, fu lungo tempo l’ammirazione, direi quasi,
lo
spasimo delle signore. Se nella sua recitazione s
Lucio Fedele. Forse
lo
stesso Lutio, che firmò la supplica degli Uniti c
la supplica degli Uniti con Gio. Donato (V. Lombardo) e altri ? Forse
lo
stesso Burchiella, come abbiam detto al nome di q
ebbe al febbrajo del '71. Secondo poi il Sand, Tabarino sarebbe stato
lo
Zanni della Compagnia che si recò in Francia il '
cui era il famoso Dominique ? E apparteneva a questa famiglia, o era
lo
stesso del '59, quel Tamborino o Tabarrino ciarla
su cui era iscritta la partita e ne stracciò la pagina. Sua madre non
lo
rivide più. Da Milano andò a Venezia, da Venezia
, gli erano rimbalzati nella scarsella in forma di doppie. L'orgoglio
lo
tentò ; comperò una terra feudale, vi prese posse
barin, mette il resultato delle sue lunghe ricerche, colle quali, per
lo
meno, ha potuto accertare chiamarsi il Tabarin di
esentava il primo Tabarini ? E, fosse pur di Zanni, com’è a supporre,
lo
rappresentava col suo nome di casa o con un nome
ra léer las Dedicatorias de nuestros tiempos, no dejarìan de observar
lo
mucho que hasta en esto los Modernos distamos y h
mo inteligentes en las Ciencias y Artes podìan constituirse jueces de
lo
que contenìan los Libros ofrecidos; y si se viero
ñor, en esto no es nada moderno; y quisiera, publicandole, acertar en
lo
demas asi como he fido dichoso en la eleccion de
aminar y talvez defender una Obra como la mia, en la qual se trata de
lo
que principalmente manifiesta el grado de cultura
scucharme el Grande que se presume compuesto de un calibro superior à
lo
humano, y que fiero y desvanecido unicamente por
de los Despotas Orientales hace alarde de mirar con loco defayre todo
lo
que, segun él, no alcanza hasta su grandeza? Y co
oli teatrali, i quali seducono così dolcemente ed ammaestrano insieme
lo
spirito umano, ritrovato non abbiano infino ad or
iva, che a rintracciarlo mena dalla più alta sua sorgente l’origine e
lo
sviluppo de’ drammi, e che si stende passo passo
istrar può una filosofica franchezza. L’autore intanto, siccome esser
lo
deve ogn’uom di buon senso, é un partigiano dichi
n darli talvolta a’ misura che si diviluppano nuove idee, anche sotto
lo
stridere de’ torchi. L’unica sua fortuna in tali
, a dire il vero, non e la più vantaggiosa al gusto Spagnuolo: se poi
lo
sia l’originale, lo decideranno quelli che hanno
n e la più vantaggiosa al gusto Spagnuolo: se poi lo sia l’originale,
lo
decideranno quelli che hanno visto i Teatri di Ma
me assennatamente ne favella il Signor D. Antonio Ponz1: “En quanto à
lo
material de los dos edificios, si se comparan con
. Eseguì il resto il rispettabile Sig. Conte di Aranda. E per rendere
lo
spettacolo più ragguardevole, cominciò dal far di
si gridasse, non si fischiasse. E con tali sagge provvidenze inspirò
lo
spirito di decenza in un Teatro, dove interviene
dubitare della verità descritta con quelle urbanissime parole, se poi
lo
sia l’originale, offendete me, e voi stesso col p
mpillas, che al vederne la lista trasecolareste. E voi osate dire, se
lo
sia l’originale? Prima di vomitare un dubbio offe
ura presentate. Le vide egli, se ne approfittò, e più oltre spingendo
lo
sguardo esaminò con maggior diligenza la natura,
esaminò con maggior diligenza la natura, la quale essendo solita per
lo
più di corrispondere con una specie di gratitudin
di prima e seconda necessità, le quali nascono da bisogni comuni, per
lo
più si ac quista senza esempio. Trittolemo e Cere
l che è avvenuto che per una forte accensione di fantasia fondata per
lo
più in una radice etimologica, in un monumento am
oavità la tela de’ nervi, l’intelletto apprende per bene le forme che
lo
cagionarono: se la scossa fu dolorifica, cioè se
bito di rappresentarsene le immagini. Al sovvenirsi di quel bene, per
lo
piacere che gliene ridondò, cerca di tornarlo a g
se l’uomo per natura si occupa continuamente a dipingersi le cose che
lo
circondano, in lui stesso si rinviene il principi
a debolezza dello stile, ne senti il pregio e l’applaudì. Nè dopo che
lo
stesso Cornelio ebbe trattato quest’ argomento, i
o e Scudery si segnalarono ancora con qualche dramma bene accolto. Ma
lo
stile che solo sa preservare i componimenti dall’
sviluppando. 1. Voltaire negò questo in un luogo delle sue opere, e
lo
confessò in un altro con queste parole: Mairet fu
l conte di Calepio) per esser feroce, e non sentire alcun affetto per
lo
marito abbandonato, si rende meno atta a farsi co
usasse convenientemente colla moglie. Il collega rifiutò l’incarico e
lo
pregò di darlo in sua vece a Tommasino, altro col
tati in lui non pochi pregi di espressione, di pronunzia, di dizione,
lo
fecero scritturare dal loro impresario, Silvio Ma
anni, terminata la quale, subentrarono Pietro Monti, Adamo Alberti, e
lo
stesso Prepiani, coi quali rimase, sempre applaud
ben quattordici sere il Giovanni da Procida con tal successo, che non
lo
chiamavan più se non con quel nome. Recatosi poi
i per aver con indiscrezione parlato delle cose del tempo, Costantini
lo
sostituì, con gran soddisfazione del pubblico, si
uire da essi sbiri pose mano alla spada contro di loro, ne voleva che
lo
pigliassero, e che voleva sapere prima d’ordine d
voleva che lo pigliassero, e che voleva sapere prima d’ordine di chi
lo
volevano pigliare, sì che poi loro li dissero ess
ricompensa l’ufficio d’ Ispettore di tutte le barriere di Parigi, che
lo
mise in grado d’intraprender nel 1712, con varia
. Generico primario pel triennio del 1843 e '44 con Corrado Vergnano,
lo
vediamo il '46 Direttore, Primo Attore e Condutto
hio padre Tommaso. Avanzato in età, ritornò alle parti di generico, e
lo
vediam tale il '68 nella Compagnia del brillante
piarlo con impudenza da plagiario che ti ruba e ti rinnega. Seguì per
lo
più le orme di Plauto, ma nel viluppo lo sorpassa
ruba e ti rinnega. Seguì per lo più le orme di Plauto, ma nel viluppo
lo
sorpassa d’invenzione e di proprietà. Se Plauto p
ed animata da piacevoli colpi di teatro. Lo stile è comico buono per
lo
più, benchè talvolta soverchio affinato alla mani
e che possiede di avviluppare ingegnosamente nella stessa semplicità,
lo
rende particolarmente nobile e pregevole. Un filo
onaggi in situazioni comiche o tenere, e sino al fine tiene svegliato
lo
spettatore tralla sorpresa ed il diletto. Quindi
ondo l’avviso di Voltaire, fuorchè il nojoso, e (aggiungerei) fuorchè
lo
spropositato e l’eterogeneo. Quei che pretendono
itati, e dipinti bene una volta, se vogliano replicarsi, riescono per
lo
più languide e fredde copie. Ma gli accidenti o l
iardo del Cornelio, fu da Francesi totalmente negletto. Gli Spagnuoli
lo
maneggiarono molte volte con felicità, ma sempre
ata dalla culta Europa, e talvolta violentando la verità nel condurre
lo
scioglimento. Il Porta lo fece suo particolar ret
talvolta violentando la verità nel condurre lo scioglimento. Il Porta
lo
fece suo particolar retaggio maneggiandolo con pi
ell’accumolar fatti come si fa nelle commedie romanzesche? Aristotile
lo
caratterizzò egregiamente con questo esempio: cad
l secolo si segnalarono con ingegnose favole comiche regolari, l’Isa,
lo
Stellati, il Gaetano duca di Sermoneta. Cinque co
e argutie e nelle inventioni spiritose : » il Rossi, nella Fiammella,
lo
loda insieme a Battista da Rimino, perchè « osser
icoro de la Bergamasca lingua ; » e Francesco Andreini (Bravure, XIV)
lo
cita insieme a' comici di quella famosa Compagnia
e a Cortona verso il 1800. Abbandonò il ’20 circa la casa paterna ; e
lo
troviamo già capocomico e caratterista il ’21 a G
iguità delle parti a lui affidate, e la passione vivissima per l’arte
lo
fecer lasciare quella compagnia : nè sappiamo ove
a compagnia : nè sappiamo ove si recasse sino al ’35 ; nel quale anno
lo
vediam negoziante di mobili in Napoli. Tornato su
importante molto a suoi interessi, ha hauto ricorso da me, acciò che
lo
raccomandi a V. A. e la prieghi ad ordinare a que
e vogliano troncate tutte le dilazioni spedirgliela per giustizia. Io
lo
faccio con la presente, e m’ assicuro che l’A. V.
citare in un teatrino improvvisato, e dal '53 al '62 si scritturò con
lo
Stenterello Landini al Teatro della Piazza Vecchi
n colpo d’arme da fuoco, senza però grave suo danno. E qui incomincia
lo
strano, anzi il vero caratteristico segno del tem
co segno del tempo. Il Podestà di Cremona, fattone regolare processo,
lo
condannò, ma quando volle applicare la pena dovut
vigilanza e di cura avesse delle cittadine questo strano funzionario,
lo
abbiamo visto ; ma quello che ci ha fatto vera so
irai prima come autore che come attore : dopo averlo inteso recitare,
lo
cercai ; non appena lo conobbi, gli volli bene. O
che come attore : dopo averlo inteso recitare, lo cercai ; non appena
lo
conobbi, gli volli bene. Ogni volta che venne a c
che venne a casa mia vi portò il sorriso e vi lasciò la serenità. Non
lo
conoscevamo che da pochi mesi e ci pareva un vecc
e quella cara voce, e di applaudirlo, e di sentirlo applaudire. – Non
lo
rivedremo più, non potremo più applaudire che le
i. Infatti tutto quanto il miglioramento della classe interessava non
lo
trovava indifferente : e discuteva, scriveva, sem
XIV. E tutte le favole spagnuole e di altre nazioni non terminano per
lo
più lietamente ? Ciò basti sul capriccio fisedico
tazione che volle farne nel suo Filosofo. E che parte poteva prendere
lo
spettatore all’insipido giuoco di Lorino con Mada
a, diviene una violenza inutile che si fa alla verità per addormentar
lo
spettatore in vece di riscuoterne de’bravi. Il ce
et. Mentre tante commedie tutte regolari e piacevoli ed ingegnose per
lo
più componevansi dagli eruditi, il teatro istrion
riforma del teatro patrio(a). Questo buon pittore della natura, come
lo
chiamò Voltaire, prima di fare assaporare agl’ist
ercando sempre nuovi argomenti, e nuove vie di piacere coll’accoppiar
lo
spettacolo alla piacevolezza e all’interesse, com
ia noticias de Isabel, y le avisaba de mi venida. Isabel Ay Dios ! ya
lo
comprehendo » Como ha sabido un proceder tirano c
otro no. Carlos » Que no he de verte nunca ? Isabel » Nuestra quietud
lo
pide. Carlos » Con que debo morir, y tu lo mandas
? Isabel » Nuestra quietud lo pide. Carlos » Con que debo morir, y tu
lo
mandas ? Isabel » No, no pienses que yo procure t
un buon ministro che esperimenta tutte le umiliazioni da’malvagi che
lo
credono disgraziato ; 4 l’Udienza ove si dimostra
lle maritate dipintura di un giovane ingannato da un don Geronimo che
lo
aliena da una buona moglie, l’avvolge in dissipaz
odigalità, gli presta con esorbitanti usure sotto un nome supposto, e
lo
riduce all’orlo del precipizio ; ed a tanti sconc
tanze poco verisimili ella si assicura d’essere amata, si smaschera e
lo
sposa ; 9 la Cambiale di matrimonio, ossia la Sem
Gilda : E voi che fate ? e siete padre ? Questa risposta inaspettata
lo
scuote, lo corregge, ed apporta il lieto fine del
voi che fate ? e siete padre ? Questa risposta inaspettata lo scuote,
lo
corregge, ed apporta il lieto fine dell’azione, e
llontanato. Sembra che l’azione si acceleri troppo per farsene vedere
lo
scioglimento. Trovansi nel tomo III l’Innocente i
con pari sollecitudine la guarigione, senza la quale non può seguirne
lo
scioglimento sperato di lieto fine. La Casa disab
all’ adulazione degli altri lancia de’ motti che feriscono il Re, che
lo
richiama con dolcezza. Clito non cessa ; tutti co
Clito sempreppiù imperversa con insolenze a tal segno, che Alessandro
lo
fa cacciare ; Clito l’insulta e lo chiama tiranno
olenze a tal segno, che Alessandro lo fa cacciare ; Clito l’insulta e
lo
chiama tiranno, Alessandro l’insegue, e dentro l’
a in forza della sua bacchetta che sorga primiera l’Ombra di Dario, e
lo
prega a dire quale scelta egli farebbe per se ste
una le quattro parole. Farvi or prometto lideri. Volta indi al padre
lo
loda di non aver voluto scerre alcuno de’ tre mos
Tutti detestano questa mescolanza, ma Mischach minaccia di addoppiare
lo
scoppió de’ tuoni ec. La Neonata ordina che si ac
tto è il primo a giurare l’osservanza de’ patti della figlia, e tutti
lo
seguitano e giurano. Rimane solo, dice Pigliatutt
nistri e consiglieri. Egli chiede sede distinta negli Elisii. Minosse
lo
stima anzi meritevole di castigo per la matta imp
anzi meritevole di castigo per la matta impresa ; ma Eaco e Radamanto
lo
giudicarono degno degli Elisii. Si pose l’affare
alla sua bandiera molte donne che si congiunsero co’maschi, ella fece
lo
stesso a condizione che ella non dovesse cedere l
la fece lo stesso a condizione che ella non dovesse cedere le armi, e
lo
sposo trattar la conocchia. Si viene allo scrutin
ppano i caratteri, si vede che Prosperino disposto a fare un viaggio,
lo
differisce per essere invaghito di Lucrezina. Ciu
che vada ad ordinare il cioccolatte pel conte. Ciuffini le rimprovera
lo
sposalizio. Lucrezina dice di avere acconsentito
e risolutamente le dice che non vuole che sposi Prosperino. Lucrezina
lo
promette. Viene Prosperino, cui Lucrezina rispond
cui Lucrezina risponde sempre dispettosamente per disgustarlo. Alfine
lo
conceda e l’esorta a riprendere il viaggio. Parte
, ed acconsente altresì Ciuffini che soprarriva. Viene Piantaguai con
lo
stesso vecchio Stomaconi. Si conchiudono le nozze
le hanno ripetute con plauso ed utilità. Nella medesima nostra città
lo
stimabile gentiluomo signor Tommaso Correale ha c
si mal fondato. Deriva da questa figura le avantaggio di restringersi
lo
spazio della platea e d’impedire a parecchi palch
ia e di forma sì propria che da per tutto vi si godesse acconciamente
lo
spettacolo ? L’industria dell’abile architetto su
lchetti, gl’intagli, le centinature, la propria costituzione in somma
lo
rendono sordo. E quando sortirà un architetto cir
ingegnere napoletano ne fu l’architetto ; il toscano Domenico Chelli
lo
dipinse. La figura della platea è ellittica, nel
une abbentorate del 1710, il Gemino Amore del 1718, le Fente Zingare,
lo
Viecchio Avaro ecc. Commedia fu l’Elisa di Sebast
ono le opere di Bernardo Saddumene morto qualche anno dopo del 1732 :
lo
Simmele, la Carlotta, li Marite a forza, la Noce
o alla musica, fu animato dalle note di Giovanni Fischetti nel 1730 ;
lo
Frate Nnammorato nel medesimo genere nel 1732 ris
te si accolsero con applauso popolare la Donna di tutti i caratteri e
lo
Sposo di tre e marito di nessuna poste in musica
e gli si fa credere che sieno cadute dal cielo. Per farne comprendere
lo
spirito e la piacevolezza, ne adduco qualche squa
d’intrighi amorosi simili a quelli delle tragedie galanti francesi, e
lo
stile abbonda di pensieri soverchio lirici. Tutte
aneggio delle passioni, più grandezza ne’suoi eroi. La lingua è pura,
lo
stile ricco e proprio degli argomenti e della dra
celebre calabrese Gian Vincenzo Gravina che l’educò nelle lettere per
lo
spazio di dieci anni, cangiato in greco suono div
che la Gerusalemme ; ma non vorremmo che prendesse per eleganza anche
lo
stile contorto ed oscuro, in cui egli stesso talv
io Tu nol sai, ma il so ben io, Nè a te, perfido, il dirò. Chi di voi
lo
vuol per padre ? V’arretrate ? Ah voi tacendo Sen
i(a) determinare nel melodramma di Metastasio le ragioni per le quali
lo
stile ha quell’incanto che tutte le anime delicat
e Tito, E che perciò ? Se il mosse Leggerezza, nol curo, Se follia,
lo
compiango : Se ragion, gli son grato : e se in lu
mmensi spazii non percorsi. Dall’ Ambigu Comique di Montfleury (disse
lo
stesso mordace esgesuita) Metastasio tirò la sua
orosa precisione per disporre colpi di scena e situazioni che rendano
lo
spettacolo accetto all’udito ed alla vista. Corne
ie per la sua tela. Non basta a Metastasio che Sesto ami Vitellia che
lo
seduce e lo precipita nella congiura ; ma ha biso
a tela. Non basta a Metastasio che Sesto ami Vitellia che lo seduce e
lo
precipita nella congiura ; ma ha bisogno che ques
sigono un colorito differente. Emilia innamorata di Cinna intraprende
lo
sconvolgimento dello stato contro del suo benefat
t’aria di romanzo, perchè l’affetto filiale narrato non iscuote tanto
lo
spettatore quanto i beneficj presenti di Augusto,
, Moi, Seigneur, moi que j’eusse une ame si traitresse ! Ma Augusto
lo
riempie di confusione mostrandosi inteso di tutta
ma nulla è straordinario. Nel nostro melodramma però che cosa produce
lo
scoprimento della congiura ? Due incontri origina
delitto palese. L’uno osserva la mutazione dell’aspetto dell’altro, e
lo
spettatore ammira in essi un quadro degno del Raf
Tito Stelle ! Ed è questo Il sembiante di Sesto ? Il suo delitto Come
lo
trasformô ? Porta sul volto La vergogna, il rimor
delitto Come lo trasformô ? Porta sul volto La vergogna, il rimorso e
lo
spavento !) Tali scene non si leggono nel Cinna
poeta imperiale ha prodotta un folta schiera d’imitatori Italiani che
lo
seguono senza raggiungerlo ; ed è stato tradotto
i. La sua rima e discretissima ed esente di legge, i versi, in quanto
lo
permette la lingua, sono pieni di ritmo, e però f
languiscono accanto a quelli di Metastasio. Decaddero in seguito per
lo
stile in faccia al Cortellini ed al Cigna la Disf
co del Galfo. Il Metastasio in una lettera che gli scrisse, n’encomia
lo
stile come robusto e lusinghiero, la ricchezza de
llo stato attuale ed il desiderio di cambiare, fe pensare a rivolgere
lo
sguardo indietro, ed a vedere in lontananza l’ope
fu interdetta la Francia, ricoverò in Vienna, e portò su quelle scene
lo
spettacolo che corse oltre l’Olimpo e travalicò l
udi per rappresentarsi, non comparve sulle scene. Il conte Pepoli che
lo
seguiva a quel tempo e ne adorava i dettati, pubb
a pompa delle decorazioni naturali che abbelliscono sempre variamente
lo
spettacolo. Egli v’introdusse pantomimi di soldat
turale. Ma se dovessero valere le censure del Bettinelli fatte contro
lo
stile Metastasiano, potrebbe dirsi altrettanto co
fatte contro lo stile Metastasiano, potrebbe dirsi altrettanto contro
lo
stile del Calsabigi. Sopravviene Orgando padre di
o non male. Atelvolto si mostra agitato per la venuta del re. Elfrida
lo
rincora. Ti perdo, Elfrida, dice Atelvolto. Ed el
entenze e le ripetizioni della musica serve anzi a stancar Elfrida, e
lo
spettatore per le troppe esitazioni del marito. C
elvolto, cui rimprovera il tradimento ; egli chiedo la morte. Orgando
lo
sfida a duello, ed Adelvolto l’accetta con disegn
de, Olà, si dia della battaglia il segno. È vero che le parole che
lo
compongono appartengono a tutti ; ma così infilza
e Essere inseparabili… Rimira… Rifletti… questo acciaro É mio… tuo se
lo
vuoi… Ti basta il core D’impugnarlo e imitarmi ?
infruttuosa. Resta Elfrida, e viene il re, cui ella dice che seguirà
lo
sposo. Edgardo risponde che nol permetterà Organd
Orgando, Elfr. Oh Dio ! s’io l’amo, Se più di me l’amai Sa il ciel,
lo
sa il mio core, Padre, e il tuo cor lo sa. Anche
e più di me l’amai Sa il ciel, lo sa il mio core, Padre, e il tuo cor
lo
sa. Anche quì Calsabigi ha onorato un pensiero d
Se fedele a te son io, Se mi struggo a’ tuoi bei lumi, Sallo amor,
lo
sanno i numi, Il mio core, il tuo lo sa. Vegga
a’ tuoi bei lumi, Sallo amor, lo sanno i numi, Il mio core, il tuo
lo
sa. Vegga poi il leggitore, se il Calsabigi l’ha
’ha piggiorato, o reso meno armonico. Que’ critici poi che riprendono
lo
stil metastasiano come prosaico ed inelegante, e
a tremo. Edgardo in grazia dì Elfrida accorda che Adelvolto resti, ma
lo
sottomette al giudizio de’ Pari che ben sa Elfrid
tera dall’autore attribuita al signor Herbert, cui è dedicato. Costui
lo
loda, e trova in esso (parole che gli presta l’au
r prosa a chi la trova ne’ drammi del Romano poeta : lasciam pure che
lo
stile tragico schiva simili leziosaggini ; come s
uella al certo, se avesse avuto più tempo, era la maniera di formarsi
lo
stile dolce e preciso, seguir le vestigia de’ gra
illustrarlo, quando ancor vincesse. Gli automati imitano l’uomo e non
lo
sono. Atto II. Odorico volendo leggere nel cuore
n maniere di padre, che vorrebbe che ella si determinasse a scegliere
lo
sposo tra Ricimero e Adallano, Fru lor decidi, a
altro : Adal. No, mai non spezzerà Celeste altra beltà, D’un trono
lo
splendor… Quì convengono in conchiudere a due L
no scimione differiscemeno dall’uomo. Ricimero ne parla ad Elvira che
lo
discaccia co’ soliti rimproveri. Talvolta l’azion
in quel luogo co’ suoi domestici ? A che vi è ito egli ? Più. Quando
lo
spettatore attende notizie dollo stato delle armi
lla maniera di un Messer Lattanzio, o di un Pantalone. Non so però se
lo
spettatore avvezzo alle furbesche trame comiche d
datta. È poì una vera povertà quel non saper mai altrimenti spiegarsi
lo
scompiglio imminente in qualunque incontro se non
li irti per l’orrore riesce troppo attillato, ed i dotti nella lingua
lo
riserbano col gran Toscano ad una studiata coltur
Ella vuol dire che si accinge a versare il proprio sangue ed a seguir
lo
sposo ; ma per ciò la nostra lingua fornisce modi
perchè poi aspira a tingersi di sangue ? Affinchè morendo rassomigli
lo
spettro ? capriccio curioso ! Questa illusione de
n. La lontananza dell’ avrò dal da soffrir per cosa musicale, mostra
lo
stento del poeta, e cagiona equivoco e sospension
ta la di lui morte. Aggiugne che Ricimero è morto e che forse Almonte
lo
svenò per occultare le sue frodi ; accusa senza v
Il piano è assai mal congegnato, l’economia ad ogni passo difettosa,
lo
scioglimento insipido puerile comunale e mal ratt
’eloquenza, nelle arti del disegno e nella musica ? Al contrario dove
lo
spirito filosofico semplicemente predomini e tutt
a discernere quel che può esser bello per un popolo solo e quello che
lo
sarà per molti ? È questa che non ignora che ciò
che ha continuato più anni ad essere la delizia di questo pubblico, e
lo
scopo de’ plausi generali per la rarità della voc
le folliculario Verace osa entrare nelle intenzioni di un Sovrano che
lo
smentisce co’fatti ? oltraggiare persone che egli
to insano Vorrai presto pentirti, o spero invano. Con ciò toglievasi
lo
sconcio di doversi ammettere i falegnami per atto
o pezzo di musica che dovea cantarsi da Elvira e Ricimero, e l’autore
lo
restituì al suo luogo. Ma quì nuocere non poteva
ueblo que no tiene que ver con las questioncillas literarias, aplaude
lo
bueno sin averiguar de quien es : le he visto co
el Giraldi ; poi, il ’45, nell’Egle dello stesso Giraldi. Il De Sommi
lo
cita assieme al Verato e ad altri fra quelli che
e ad altri fra quelli che si dilettaron di recitar perfettamente : e
lo
dice mirabile. Il Giraldi poi scrive che non si v
Ma l’amor della poesia in genere e della rappresentativa in ispecie,
lo
fece abbandonar per questa foro e pandette. « I s
giunti che sieno a farsi conoscere dal pubblico, mirabilmente coprono
lo
svantaggio in lui di una voce monotona e non insi
attitudini, che il Demarini, uditolo, gli fu largo di quelle lodi che
lo
decisero a lasciar l’arte del bulino per quella d
o dell’attore, le virtù dell’uomo si ammiravano in lui congiunte, chi
lo
conobbe lo amò, chi lo udì sulle scene non si sta
re, le virtù dell’uomo si ammiravano in lui congiunte, chi lo conobbe
lo
amò, chi lo udì sulle scene non si stancò dall’ap
dell’uomo si ammiravano in lui congiunte, chi lo conobbe lo amò, chi
lo
udì sulle scene non si stancò dall’applaudirlo. A
a poi al non essere Aspasia la sedotta, ma la sorella, l’ ho fatto, e
lo
ritornerei a fare se fatto non l’avessi. Ho tolto
r Firenze, e di là raggiungerò la Compagnia a Viterbo, se le forze me
lo
permettono. Sono 47 giorni che il letto mi accogl
havendone speditione, di nuovo ricorse al Ser.mo e da nuovo il Ser.mo
lo
rimise al S.r M.se Decio, il quale lungamente lo
e da nuovo il Ser.mo lo rimise al S.r M.se Decio, il quale lungamente
lo
fece languire, e li disse più volte che non sapea
va havuta col detto S.r Marchese. E pare che il Marchese Decio fosse
lo
spauracchio de'Comici, se dobbiam credere a una n
tà imaginosa delle scene, sì per la comicità ond’è piena, e anche per
lo
stile men reboante del solito. Il soggetto è la s
di piume al cappello, grandi stivali, e grande spada. Il Valentini ce
lo
dà in abito spagnuolo, e tale a un dipresso lo ve
spada. Il Valentini ce lo dà in abito spagnuolo, e tale a un dipresso
lo
vediamo in una delle sue apparizioni nella illust
intrattabile pel ridicolo sopravvenir di una senile passione amorosa,
lo
spinsero a partirsene per congiungersi coi figli
ssione amorosa, lo spinsero a partirsene per congiungersi coi figli :
lo
vediam poi più tardi con la Battaglia insieme a G
l Gozzi, pregato dal Sacco d’interporsi perchè egli non se n’andasse,
lo
pregò a sua volta, promettendogli di far firmare
a, promettendogli di far firmare al Sacco quella famosa scrittura che
lo
spogliava di ogni despotismo, e il buon uomo Atan
fil di paglia. Anche nel noto ditirambo de'partigiani di Truffaldino
lo
Zannoni è favorevolmente ricordato assieme agli a
nsiderazione dei tempi in cui egli fiorì ; chè se s’avesse a giudicar
lo
Zannoni col criterio che s’ha oggi dell’arte, tut
e appunto, al proposito del D’Auriemma, dice : « …. chillo che faceva
lo
Pascariello a la commedia, soleva dicere ca se fo
a (olla podrida) a la spagnola de la senistra, e chelle portannole pe
lo
munno, averria potuto dicere co cchiù raggione :
appato per rammollimento cerebrale che dopo vario tempo di vita ebete
lo
spense a Milano sua patria, in una casa di salute
e duemila lire. In quella sera Felice Cavallotti improvvisava durante
lo
spettacolo un’ode che lesse l’Annetta Campi-Piatt
il pallido artista sognando ; passeggia fra ignoti bagliori dai vivi
lo
spirito in bando : E mentre le strofe dei canti s
io morir nel profondo dei flutti, regina, con te ! » Sdegnosa tacendo
lo
guata, la bella codarda sovrana…. Sui molli guanc
……………….. E si raccomanda a mani giunte alla carità dell’amico perchè
lo
sciolga, sia pur con penale…. Scioglimento che, s
il Costetti ne'suoi Dimenticati vivi aggiunge : « O era la vanità che
lo
dominava, o la voglia d’imitare l’artista Majeron
conto l’enorme pizzo, serbandolo fin anco nel Luigi XI. » Ma qui erra
lo
scrittore, poichè, proprio nel Goldoni, il Majero
Demimonde, in cui non ho mai trovato chi per la eleganza e la verità,
lo
facesse dimenticare, o del Cavaliere d’ Industria
e corrisponde a i passi dell’azione che con calore si accelera verso
lo
scioglimento, in cui scoppia l’evento funesto del
ti del 1791, il quale si occupa con varie riflessioni a giustificarne
lo
scioglimento finale, ed il genere di morte degli
ri; gli affetti di Carlo e Isabella vi sono ottimamente espressi. Per
lo
scioglimento, che che ne abbia detto il Cesarotti
liono dimenticare le tragedie latine composte nel presente secolo per
lo
più da’ gesuiti. Marcantonio Ducci fece imprimere
li de’ principi di San Giorgio compose un Epaminonda verso il 1746, e
lo
tradusse e stampò anche in italiano. Benemerito a
nte applaudito ab. Placido Bordoni veneziano. La sua nota erudizione,
lo
studio che ha fatto del cuore umano, la sua sensi
poso. Alfonso l’assicura che è per lei perduto, e morto, ma Albumasar
lo
trova vivo. Questa menzogna apparente, e qualche
i Ormesinda tira a se tutto l’interesse e la compassione. Se ne vegga
lo
squarcio seguente per saggio dello stile e del pa
orviedro, il quale ha ricevuti potenti soccorsi da Fernando di Ricla,
lo
destina sposo della figlia; ed ella che vede in F
ente, e si getta a’ suoi piedi. Arriva il generale Rodrigo che di ciò
lo
rimprovera; e la sua venuta mostra l’esterminio s
ndo colla spada sguainata vuole impedirlo, e nel dirizzarsi a Rodrigo
lo
riconosce per suo padre; si confonde, si umilia,
erato Fernando: la sesta in cui Enrico vuol vedere Anagilda, e Ramiro
lo
dissuade: e la settima, dove Anagilda palesa al s
tuo per me diventæ Onta o martir. Su queste mura il padre Pugna e
lo
sposo mio; da queste mura Se non fuggo col padr
Pugna e lo sposo mio; da queste mura Se non fuggo col padre, e con
lo
sposo, Quì restar voglio, e si confonda insieme
permesso al buon re che ciecamente eseguirle, dovesse anche soffrirne
lo
stato? Il buon re perde dunque ogni diritto di pr
, ingannato dall’equivoche sue parole, per seder seco sul trono, egli
lo
respinge, dicendogli (scena 5 del V) con tutta la
gione al vero, nè la versificazione prosaica, negletta, dilombata, nè
lo
stile basso, snervato, privo di colori e di affet
di Giovanni Boccaccio. Tolse anche l’autore dagli Straccioni del Caro
lo
scambio della Giulietta con una schiava coperta d
ura Del Serraglio real, a cui d’intorno Veglia l’orror di morte e
lo
spavento. Dolci memorie in fero duol converse!
darne avviso al re, ha la libertà di amoreggiare a sua posta. Erbele
lo
chiama Gerbino senza curarsi delle guardie, che p
se Gerbino è partito, gli rimprovera la fuga? perchè Ormusse confessa
lo
stesso? perchè Gerbino non si difende con dire ch
no spirito di generosità spingendolo a concedere un nobil perdono che
lo
farebbe amare ed ammirare; ma questo colore appun
tasio, nel dubbio che non arrivi in tempo il divieto dell’esecuzione:
lo
pensi e ne giudichi il leggitore imparziale. Osmi
pensi e ne giudichi il leggitore imparziale. Osmida resta a trattener
lo
spettatore con un monologo di trentasei versi, in
dell’azione meglio organizzata, la locuzione più pura e più propria,
lo
stile più eguale, e meno infettato di lirici colo
nno introdotto nelle loro favole che amori freddi ed episodici; e che
lo
stile delle antiche tragedie italiane, cioè di qu
dj riempiere il vuoto (così) di cinque atti, e presentare al pubblico
lo
spettacolo di due ore? Se così è, perchè si marav
mentre egli ascolta da parte, ma le previene che se l’avverte di ciò,
lo
farà uccidere. Con tale artificio scopre il loro
altrui, che son del mio Stato contento. E cederei del regno A lui
lo
scettro, se l’omaggio ei presti Di Pietro al su
li starà ascoltando inosservato, e se ella mai con parole o con cenni
lo
rende accorto di lui che ascolta, lo sarà subito
ella mai con parole o con cenni lo rende accorto di lui che ascolta,
lo
sarà subito uccidere. Il pubblico è omai ristucco
izione di salvarlo? Se per Carlo era egli reo di morte come Tancredi,
lo
sarà meno come Corradino? Se fu imprudente Corrad
li al tuo crine l’usurpato serto, Scendi dal trono, e al suo signor
lo
rendi. Il pubblico forza è che veda nel Corradi
o dal figlio. Andromaca in Euripide squarcia di pietà i cuori, perchè
lo
spettatore stà vedendo che il figliuolino le vien
Roberto, loro manifesta le proposte dell’alemanno oratore, ed Ermini
lo
consiglia a rigettarle ripetendo l’empio suo inte
ce che non disarmi il fero braccio che sostenga in alto il ferro, che
lo
faccia cadere sul capo di lei. Vuol poi sapere da
er per mano quest’argomento, ed a renderli il patetico naturale senza
lo
scambio che vi fa entrare il Caraccio, senza la m
, senza la malignità e la debolezza dell’anonimo, senza gli amori che
lo
sconciano enormemente nella tragedia dell’autore
otte le dieci tragedie surriferite con opportune rettificazioni circa
lo
stile, ma ve ne ha aggiunte altre nove inedite ri
nella lingua tersa ed elegante senza sacrificar la grazia nativa per
lo
studio di esser cruschevole, nell’economia più gi
ga alcuna particolarità su ciascuna di esse. Maria Stuarda. Conviene
lo
stile alla tragedia, nè vi si osservano durezze e
i Maria, come ciò avviene senza una superna ispirazione? Quindi è che
lo
stesso sagace autore ha pronunziato su questa sua
ben si sostenga l’interesse relativo de’ personaggi. L’amor dell’arte
lo
rende rigido censore di se stesso e meritevole an
e sposa Micol, il giusto e prode David, il buon amico di lui Gionata,
lo
zelante Achimelech, Abner invido nemico di David,
l 1786, ha pregi degni del genere. Robusto, appassionato, sublime n’è
lo
stile. Il piano mirabilmente semplice compete all
vo re Leonida, vela col manto del pubblico spartano l’odio privato, e
lo
studio di affrettar l’estrema ruina di Agide per
o collega nel regno, disviluppano a maraviglia l’eroismo spartano che
lo
riempie. In seggio, ei dice, Riponi or tu, non
mando di Leonida, rimangono immobili. Agide gli dice, che egli stesso
lo
trarrà d’impaccio; raccomanda a lui la figlia, e
are; dolcezza, minacce, insinuazioni; intravede che ella ama, ed ella
lo
confessa col più angoscioso stento. Dubita Ciniro
ia per altro pur pregevole di Antonio Conti. L’Alfieri pone in azione
lo
stesso contrasto adoperato dal Voltaire di Bruto
ntonio, il quale, presentando al Popolo stesso il cadavere di Cesare,
lo
svolge, l’inflamma, e lo spinge a perseguitarne g
ando al Popolo stesso il cadavere di Cesare, lo svolge, l’inflamma, e
lo
spinge a perseguitarne gli uccisori. Ciò ben conv
sue favole sono tutte scritte in prosa, ad eccezione di alcuna, come
lo
Schiavo, ossia il Ritorno dalla Soria scritta in
e commedie del Federici dee riconoscersi per totalmente tragica, come
lo
Schiavo già nominata, in cui si trovano varj into
ottimo Ministro che esperimenta tutte le umiliazioni da’ malvagi che
lo
credono disgraziato: 4 l’Udienza, ove si dimostra
ed ingiustizie enormi; ma il buon Principe d’ottima indole al vedere
lo
spettacolo di un indigente meritevole si scuote,
le Maritate, dipintura di un giovane ingannato da un Don Geronimo che
lo
aliena da una buona Moglie, l’avvolge in dissipaz
prodigalità, gli presta con esorbitanti usure sotto l’altrui nome, e
lo
riduce all’orlo del precipizio; ai quali sconcert
to verisimili circostanze ella si assicura che l’ama, si smaschera, e
lo
sposa: 8 la Cambiale di matrimonio, ossia la Semp
ogni interesse, l’economia mal disposta, i caratteri falsi o inetti,
lo
scioglimento addotto puramente a volontà dello sc
o, com’ era venuta, dalla porta? Ciò è fatto perchè salvata Adelarda,
lo
spettatore vegga Sofia rimasta in potere di Otoga
ate, che gli si fanno credere cadute dal cielo. Per farne comprendere
lo
spirito e la piacevolezza, ne adduco qualche squa
a dei drammi. Il Metastasio in una lettera che gli scrisse, n’encomia
lo
stile come robusto e lusinghiero, la ricchezza de
talvolta lussureggia, ma la varietà delle idee, e l’eloquenza poetica
lo
rende pregevole. L’erudito conte della Torre Cesa
vista, si spiega la pompa delle decorazioni naturali che abbelliscono
lo
spettacolo. Havvi balli analoghi sacri e festivi,
dati dal Calsabigi tanto allorchè giugne al suo fine, quanto allorchè
lo
veggiamo o in procinto di traviare o smarrito. La
a, in cui Elfrida rassicura Adelvolto riguardo al padre; e quando poi
lo
vede agitato per la venuta del re, stupisce, e lo
padre; e quando poi lo vede agitato per la venuta del re, stupisce, e
lo
rincora; Ti perdo, Elfrida, dice Adelvolto; ed el
le sentenze e ripetizioni della musica serve anzi a stancar Elfrida e
lo
spettatore per le troppe esitazioni del marito. C
da se, e gli rimprovera il tradimento; egli chiede la morte. Orgando
lo
sfida a duello che viene accettato da Adelvolto c
amide, Olà si dia della battaglia il segno. E’ vero che le parole che
lo
compongono appartengono a tutti; ma così infilzat
. . Rimira . . . Rifletti . . . . Quest’acciaro E’ mio ... tuo se
lo
vuoi ... Ti basta il core D’impugnarlo e imitar
cosa esangue. Resta Elfrida, e viene il re, cui ella dice che seguirà
lo
sposo. Eggardo risponde che nol permetterà Organd
. . . . . Oh Dio! s’io l’amo, Se più di me l’amai, Sa il ciel,
lo
sa il mio core, Padre, e il tuo cor lo sa. A
i me l’amai, Sa il ciel, lo sa il mio core, Padre, e il tuo cor
lo
sa. Anche quì l’autore ha onorato un pensiero d
“Se fedele a te son io, Se mi struggo a’ tuoi bei lumi, Sallo amor,
lo
sanno i numi, Il mio core, il tuo lo sa.” Chi po
go a’ tuoi bei lumi, Sallo amor, lo sanno i numi, Il mio core, il tuo
lo
sa.” Chi poi riprende lo stil Metastasiano nel d
amor, lo sanno i numi, Il mio core, il tuo lo sa.” Chi poi riprende
lo
stil Metastasiano nel dramma come prosaico e inel
a tremo. Eggardo in grazia di Elfrida accorda che resti Adelvolto, ma
lo
sottomette al giudizio de’ Pari, che ben sa Elfri
a che l’autore attribuisce al signore d’Herbert, cui è dedicato. Egli
lo
loda, e vi trova (par che parli l’autore stesso)
osa; ma una scena sì lunga di lei coll’esploratore Osmida invita poco
lo
spettatore all’attenzione, bramando egli l’incont
a chi la riconosce a simili segni nel poeta Romano; lasciam pure che
lo
stil tragico schiva simili leziosaggini: come per
r, dove bastava dire, non hai vergogna del tuo delitto, per evitare
lo
sconcio di dire non hai pudor del delitto; si dic
omendiamo l’imitazione del Calsabigi; questa è la maniera di formarsi
lo
stile, seguir le vestigia de’ grandi, ma adorarle
ltà, Adal. No, mai non spezzerà Celeste altra beltà, D’un trono
lo
splendor . . . qui conchiudono a due, Le mie
contento della deliberazione di lui, e se ne dichiara con Elvira, che
lo
discaccia co’ soliti rimproveri. Sembra talvolta
ra in quel luogo co’ suoi domestici? A che vi è ito egli? Più; quando
lo
spettatore aspetta notizie dello stato delle armi
andate . . . venite . . . di quà di là, grida Odorico. Non so però se
lo
spettatore avvezzo alle furbesche trame comiche d
atta. E’ poi una vera povertà quel non saper mai altrimenti spiegarsi
lo
scompiglio de’ personaggi in ogni incontro, se no
Ella vuol dire che si accinge a versare il proprio sangue, e a seguir
lo
sposo; ma per ciò la nostra lingua fornisce modi
a perchè poi aspira a tingersi di sangue? affinchè morendo rassomigli
lo
spettro; capriccio curioso! Questa illusione dell
lontananza dell’avrò divisa dal da soffrir per cosa musicale, mostra
lo
stento del poeta, e cagiona equivoco e sospension
orte. Aggiugne ancora che Ricimero è morto, e che forse anche Almonte
lo
svenò per occultare le sue frodi; accusa senza ve
tre linee da e tuttocchè pag. 249, lin. 11 della nota morto
lo
scorso anno morto nel 1789 pag. 294,
aditi, in cui è losco il senso. Nella 5 del IV: Cavossi il guanto, e
lo
si trasse in alto, volendo forse dire che lo gett
V: Cavossi il guanto, e lo si trasse in alto, volendo forse dire che
lo
gettò dal palco in mezzo al popolo ec. 1. Altra
sabel, y le avisaba de mi venida. Isabel. de mi venida.Ay Dios! ya
lo
comprehendo. Como ha sabido un proceder tirano co
os. Por otro no.Que no he de verte nunca? Isabel. Nuestra quietud
lo
pide. Carlos. Nuestra quietud lo pide.Con que
nunca? Isabel. Nuestra quietud lo pide. Carlos. Nuestra quietud
lo
pide.Con que debo morir, y tu lo mandas? Isabel.
lo pide. Carlos. Nuestra quietud lo pide.Con que debo morir, y tu
lo
mandas? Isabel. morir, y tu lo mandas?No, no p
ud lo pide.Con que debo morir, y tu lo mandas? Isabel. morir, y tu
lo
mandas?No, no pienses que yo procure tal: antes l
insano Vorrai presto pentirti, e spero invano. Con ciò toglievasi
lo
sconcio di doversi ammettere i falegnami per atto
a un altro pezzo di musica che dovea cantarsi da Elvira e Ricimero, e
lo
restituì al suo luogo. E pur qui è manifesto che
ore nell’edizione a sue spese rimessi senza ragione que’ sette versi,
lo
soggetta ad una giusta critica, perchè contengono
ato. Francesco Bartoli, seguìto poi dal Sand e dagli altri, dice che
lo
Scala si pose alla testa de' Comici Gelosi che an
ompagnia più tosto questo che quel comico, e se davvero ne fosse capo
lo
Scala, non essendovi di ciò prove di sorta. È ver
terati. Le prove certe di lui cominciano dall’estate del 1600, in cui
lo
vediamo col Frittellino Cecchini a Lione, dove si
questa sua nuova invenzione metter fuora le sue comedie solamente con
lo
Scenario, lasciando ai bellissimi ingegni (nati s
i comici Confidenti (Mezzettino Onorati e Scapino Gabbrielli, e primo
lo
Scala), passino a richiesta di Lelio e di Florind
sso e dal Segretario Marliani, ne fu de' migliori ; e i comici tutti,
lo
Scala specialmente, s’ebber donativi e onori. A n
pino e Mezzettino (V. Gabbrielli Francesco e Onorati Ottavio) non che
lo
Scala, rassegnandosi a vedere lo sfascio della Co
Francesco e Onorati Ottavio) non che lo Scala, rassegnandosi a vedere
lo
sfascio della Compagnia ; chè senza tali personag
derò il mio desiderio al suo gusto, nè penserò più a' commedianti, et
lo
Scala è tanto galanthuomo che egli medesimo insta
ragione de' comici, tanto più che i personaggi richiesti dal Duca non
lo
eran per suo particolare servizio, ma per essere
o che ostriche per Mad.ª Ser.ma, ma domandandogli poi, che buon vento
lo
spingeva in costà, mentre si assettavano i barile
anto passava acciò egli non facesse un viaggio a sproposito ; et così
lo
fermai di testa. Dico adunque a V. S. che al rito
i, perchè non siamo in commedia, et io dico da buon senno. Se adunque
lo
Scala non viene, V. S. scusi me, et non lui, perc
nte pupilla ? È 'l gran cor, che di furia empia si accende se gelosia
lo
prende ? È l’orgoglio d’un anima regale che a va
srale d’alti rimorsi grave tra gli spettri e le rughe tutto solve ; e
lo
gran giorno pave che Iddio 'l ritorni in poca e m
poca e muta polve ? È la ragion che lascia il pover capo e tra' dolor
lo
sfascia ; oppur vi fa ritorno con l’alma, giovin
eba star in cori io son a ubidire li suoi comandi si come ò fatto per
lo
pasato ma suplico ben Sua Altezza Ser.ma a darme
to non parla e flaminio perche afato camerata con loro, ma questo non
lo
dico per la camerata, ma perche son stato a robat
co di uiuo core Vostra Altezza Ser.ma a darne tal licenza poi che non
lo
fo per meterli un altro portinaro ma solo quello
stesso giornale per la stagione di primavera al Fu Obizzi di Padova,
lo
dice applaudito nelle parti da tiranno, e lo esor
al Fu Obizzi di Padova, lo dice applaudito nelle parti da tiranno, e
lo
esorta « a raddoppiare il suo zelo, onde coprire
e in piaga d’ Amor ferito il lascia, poichè stese l’ unguento il crin
lo
fascia. d. p. c. s. L’ Autore Alla Sig. Evlar
Abriani, noto letterato, lessero unitamente il presentato Sonetto, e
lo
trovarono si goffo e disgraziato, che non poteron
a solenne risata. L’ Abriani disse alla Coris, che voleva mortificare
lo
scimunito innamorato, e il giorno appresso fece c
altro sonetto sopra il medesimo soggetto, ed inviollo alla Coris, che
lo
trovò del tenore seguente : ( ?) Son così dolci,
ris. Ser.ma Altezza, A tempo giongono le mie lettere a V. A. mentre
lo
ritrovano a cantare, voi fareste disperarmi, poic
portune che non credo possa far di meno di non disperarsi leziendole,
lo
prego però a perdonarmi del ardire, conoscendo ch
a e operare giuditiosam.te come à fatto V. A. La Lessandrina humil.te
lo
riverisce rendendole gratie della memoria che si
. L’ordinario passato gli diedi haviso come Flaminio era gionto, hora
lo
confermo, abiamo terminato il mese e riscosso le
guisa che i fiori sparsi innanzi al tempo sulle campagne indicano per
lo
più la sterilità del terreno. [2] Tuttavia non po
pingere il mormorio d’un ruscello che scorre lentamente fra l’erbe, e
lo
strepito d’un torrente che romoreggia precipitato
lo strepito d’un torrente che romoreggia precipitato dalle montagne,
lo
spavento d’una tempesta, e il susurro voluttuoso
accozzati su un quadro niun effetto cagionano senza il disegno che è
lo
spirito vivificante della pittura, così la combin
ne delle nostre passioni e degli oggetti che le mettono in esercizio,
lo
specchio delle nostre idee e de nostri sentimenti
Tal ne è la cagione eziandio per cui rimanendo freddo e indifferente
lo
spettatore alla veduta d’un bosco o d’un deserto
tro la sorgente onde ricavò Lulli il suo recitativo, se non in quanto
lo
svantaggio che ebbero quelli lavorando su parole
lavorando su parole sconnesse e mezzo barbare d’una lingua morta, non
lo
ebbe già il musico fiorentino cui toccò in sorte
il Segrenzi a Venezia, il Colonna a Bologna, il Bassani a Ferrara, e
lo
Stradela a Genova celebre non meno per l’abilità
della nostra armonia e l’abilità del maestro, nondimeno sogliono per
lo
più nuocere alla semplicità ed energia del sentim
a conservar l’unità nella melodia regola fondamentale di musica, come
lo
è di tutte quante le belle arti, la quale consist
te insieme e contemporaneamente, a vicenda non si distruggano? Se per
lo
contrario le parti producono tutte un solo e mede
l loro andamento è più spiritoso e più vivo che non soleva essere per
lo
passato: donde spicca maggiormente il divario tra
compositore; niuno ha fatto miglior uso del contrappunto, ove l’uopo
lo
richiedeva; niuno ha dato più calore e più vita a
fede l’inimitabile addio di Megacle e di Aristea nell’Olimpiade, e il
lo
conosco a quegli occhietti della Serva padrona, m
emoria presso agl’intelligenti a motivo della sua perizia nell’imitar
lo
stile del suo maestro, e nella esecuzione, come i
crittore. In ogni cosa, che prese a perfezionare, ha saputo imprimere
lo
spirito d’invenzione e la natura riflessiva e sag
ma il difetto si dilegua ben tosto qualora si voglia riflettere, che
lo
stile tartiniano colorito di tinta finissima perd
to altrimenti il Buranello celebre non meno per questo merito che per
lo
studio posto nella espressione del costume musica
le in siffatto pregio come nella felicità de’ suoi voli musicali, che
lo
rendono, a così dire, il Chiabrera e l’Orazio de’
vengono da affetti contrari, nel preferir il naturale al difficile, e
lo
stile del cuore a quello di bravura, nel far uso
rale di essa voce non già all’arbitrio di chi la possiede fecondo per
lo
più di capricci, ma all’indole della natura e del
one, e il diletto, que’ gran fonti della teatrale magia. [17] Secondo
lo
spirito dell’esposto sistema s’aprirono nelle più
sia creatrice congiunta con una pieghevolezza d’organi a tutta pruova
lo
mettevano in istato di poter inventar mille forme
nella raccolti degli opuscoli di Milano 92 così si esprime, esponendo
lo
stato della musica, allorché Tartini cominciò a s
la sua immortale composizione de’ salmi gareggia col Palestina se non
lo
supera. Quest’uomo eccellentissimo, che alla grav
della quale in Padova avea egli disgustatosi il genitore, abbandonato
lo
studio del foro e rovinata la propria fortuna. Pr
l’idea d’un’opera eccellente da farsi intorno alla musica. [1] Tal è
lo
stato presente del dramma musicale italiano quale
e le arti imitative per conseguire pienamente l’effetto loro. Siccome
lo
scopo di quest’opera era di parlare principalment
, e intorno all’influenza che deve avere sull’indole dello spettacolo
lo
stato attuale civile e politico dei costumi della
ell’autore di già conosciuto in altre sue stimabili produzioni, e per
lo
studio che attualmente vi pone nell’arricchirla d
, formò mai sempre la passione delle anime bennate, e divenne insieme
lo
scopo delle meditazioni, e delle ricerche de’ più
o la diversa natura. Quello che parla all’imaginazione, che ne ricrea
lo
spirito, e lo sorprende, quello che porta seco un
atura. Quello che parla all’imaginazione, che ne ricrea lo spirito, e
lo
sorprende, quello che porta seco un certo caratte
ù vantaggioso insieme. In cotal guisa ci verrebbe fatto di comprender
lo
spirito, e la verità dei diversi componimenti che
lierlo! E più felice ancora colui che dopo aver toccato il segno, non
lo
lascia smarrire di nuovo! [7] La melodia è un cam
de’ veri filosofi il canto in ogni lingua debbe essere sì vario come
lo
è l’accento naturale, (poiché altrimenti ciò ch’e
nguaggio della nazione. Distinguo la melodia libera da quella che non
lo
è. La melodia libera, la strumentale a modo d’ese
uniforme al gusto generale ella ne ha sortito l’intento. Non avviene
lo
stesso della melodia obbligata, o vocale. Abbia q
ricchezze possibili, pure può essere difettosa oltre modo; e di fatti
lo
è sovente. Imperocché essendo una seconda espress
occante, viva, allegra, maninconica, dolce e terribile, se non quanto
lo
permettono le parole197. Onde può rilevarsi a qua
imbarazzo, e del disordine in tutte le parti, e per esso nella musica
lo
spirito gode del canto presente di quello che lo
er esso nella musica lo spirito gode del canto presente di quello che
lo
ha preceduto, e si accorge in certa guisa del can
ialità che si richiede da chi ama e tiene in pregio il bello, ovunque
lo
ritrova. A me piace fuor di modo la musica italia
otrebbero alterarsi per quanto fossero differenti fra loro i mezzi, e
lo
strumento, e le vie prese da ciascuna delle arti
rla e rischiararla l’hanno involta in maggiori tenebre, e confusione;
lo
che nacque dal non avere studiata accuratamente l
e di tutti i drammi sono certamente i più imperfetti, non essendo per
lo
più che una serie d’episodi staccati fra loro sen
dir d’un antico, che per me, e per le muse. Del resto se da un canto
lo
zelo dell’avanzamento delle arti m’incoraggiava t
e di legislazione, e in quanto contribuiscano le opinioni pubbliche,
lo
spirito di conquista, lo spirito filosofico, lo s
quanto contribuiscano le opinioni pubbliche, lo spirito di conquista,
lo
spirito filosofico, lo spirito di società, l’asce
e opinioni pubbliche, lo spirito di conquista, lo spirito filosofico,
lo
spirito di società, l’ascendente delle donne, il
nti, come si vede aver fatto i Greci ed i Latini. L’articolo “il, la,
lo
”, che si premette a tutti i casi della declinazio
he sarebbe di assegnar a ciascuna sillaba il suo quantitativo valore,
lo
che non potrebbe farsi, mancando gli esempi negli
sua estensione l’abilità d’un compositore, e d’un cantante; perocché
lo
stile e la voce nel recitativo sono assoggettate
ntro di cui ogni umano argomento riusciva inefficace, pretese placare
lo
sdegno celeste con un nuovo rito religioso e comp
o sacro poetico omaggio passò poscia in costumanza, e la gioventù che
lo
cantava, incominciò a poco a poco ad animarlo sch
a poco ad animarlo scherzevole con atteggiamenti rozzi e scomposti, e
lo
convertì in ricreazionea. Ecco la sacra informe m
gli Osci festivi, si, ma non osceni da principio. Gli Osci (dice pure
lo
stesso Cantel) dall’usar che facevano parole turp
altri; e che in appresso i Romani pronunziando male il vocabolo Opici
lo
corruppero in Opsci, in Obsci, e finalmente in Os
pubblico e le dissolutezze e le turpitudini in privato, essendo anche
lo
spettacolo Osco caro un tempo alla plebe a tal co
III. Primi scrittori scenici Latini. Roma guerriera, ordinato
lo
stato della repubblica in libero popolare per la
perchè se nato egli fosse nella vera Grecia, impropriamente l’avrebbe
lo
storico chiamato Semigreco, sì perchè così lo nom
mpropriamente l’avrebbe lo storico chiamato Semigreco, sì perchè così
lo
nominò, come abbiam detto, insieme con Ennio, il
ssegnato il portico del tempio di Pallade. La novità dello spettacolo
lo
rendè molto accetto, essendone egli medesimo l’at
lui composte furongli fatali. Traducendo e imitando i Greci ne trasse
lo
spirito satirico della commedia antica. Ma la cos
à e all’eleganza scorgesi l’orgoglio e la vanitàb. Lo stesso Virgilio
lo
studiò e ne imitò diverse frasi e invenzionic. En
nio affermava di esser egli nato ne’ monti Calabresi; ed Ovidio anche
lo
dice Calabris in montibus ortus . Ma vi fu una R
e gemme avesse tratte da i di lui poemi l’impareggiabile Virgilio per
lo
più trascritte da verbo a verbo, può ricavarsi da
riginale. Il Francese Rotrou contemporaneo di Pietro Corneille trattò
lo
stesso argomento nella commedia detta i Sosii. So
oso ripete coll’innamorate le parole dette da’ padroni, facendone per
lo
più una parodia. Ma agli antichi, e specialmente
ire. Egli è vero che non senza ragione Madama Dacier imputa a Plauto
lo
studio di filosofare con qualche affettazione; ma
alcuni asini, ne manda il prezzo all’atriense Saurea, benchè conosca
lo
stesso Demeneto. Adunque col consenso di costui i
chiuso in sul viso. Si destina la cena, alla quale vuole intervenire
lo
stesso Demeneto. Viene pero essa disturbata, perc
tivo esempio. In qual moderno teatro si soffrirebbe senza bisbigliare
lo
spettacolo di un padre mentecatto che seconda a t
racassa la nave, separa il Ruffiano dalla sua donna, e privo di tutto
lo
respinge alla spiaggia. Palestra con la compagna
e volontario esiglio da Ateno. Eutico suo amico figliuolo di Lisimaco
lo
raggiugne, lo consola, intercede per lui presso i
siglio da Ateno. Eutico suo amico figliuolo di Lisimaco lo raggiugne,
lo
consola, intercede per lui presso il padre, e ne
inventava sempre con simil garbo, accoppiando alla ben disposta tela
lo
stile, certamente con molta ragione venne tante v
ndo trattarlo con ogni lautezza. Afferma non aver egli altra cura che
lo
crucia, se non quella di riscattare dalle mani di
iene. Torna fuori Tossilo, che ha pensato con un’ astuzia di fare che
lo
stesso padrone della sua bella sborsi il danajo p
colla borsa del danaro, dicendo di essere una vomica. Tossilo allegro
lo
ringrazia; e promette di renderglielo fra pochi m
se tua figlia? Sat. Vendi forse tua figlia?Oh buon! Vorresti Che per
lo
re Filippo ovver per Attalo Vendessi il mio? Ver.
Sarà? Sarà; che cianci?A ciò sol pensa. Quando un padron di bastonar
lo
schiavo Minaccia e sbuffa, benchè poi nol faccia,
izia e poi L’invidia, l’ambizion, la maldicenza, Ed in settimo luogo
lo
spergiuro! Tos. Avanti. Ver. Avanti.La pigrizia
bbene.Il credo. Tos. Presso di lui non servirai gran tempo. Ver. Cosi
lo
spero, se i parenti miei Faranno il lor dover. Do
esce Saturione padre della finta schiava, e la prende per mano. Ella
lo
saluta col nome di padre. Dordalo rimane attonito
tripudiare con gli amici e coll’amata, ma per fare arrabbiare vie più
lo
scontento ruffiano. Viene Dordalo lagnandosi del
eseguisce con graziosissimi colori comici, de’ quali gode sommamente
lo
spettatore inteso dell’ingegnosa astuzia. Notabil
a miseria da tanti anni non sa far uso di quel danajo, e di bel nuovo
lo
seppellisce. Il di lui carattere con somma maestr
volte copiato in Italia, in Ispagna, in Francia ed in Inghilterra, e
lo
scioglimento di tal favola in molte comedie moder
cezie e i vezzi che l’erudito Dousa ne rimaneva attonito. Ma tale per
lo
più è l’indole e l’ingegno fecondissimo di Plauto
gemelli Siracusani prende le grazie, le scene equivoche, il groppo e
lo
scioglimento, non credo che sievi nazione moderna
uro aperto colla via occulta facilita la doppia apparenza. Finalmente
lo
stesso servo alletta il Soldato colla speranza di
o. Questa favola si vuol collocare tralle più piacevoli di Plauto per
lo
sale grazioso che la condisce, e per la vivace di
a prima gli dileggiano; pensano poscia di accarezzarli per dissiparne
lo
sdegno, e riescono nell’intento. I vecchi cadono
mine che dee a un usurajo per aver comprata un’altra donna fa si che
lo
stesso Perifane compri un’altra cantatrice, che p
posarla. Per le felici dipinture de’ caratteri, per la condotta e per
lo
stile, è questa commedia noverata tralle buone, e
to dal desiderio di veder l’amico, va a parlare al creduto Filocrate,
lo
ravvisa pel servo Tindaro, e scopre l’inganno ad
ecchio con attenzione uno schiavo venuto in compagnia di Filocrate, e
lo
riconosce per lo stesso malvagio schiavo che rubò
ione uno schiavo venuto in compagnia di Filocrate, e lo riconosce per
lo
stesso malvagio schiavo che rubò e vendè l’altro
nè perfide meretrici, nè soldati millantatori » E nel congedo ripete
lo
stesso: O spettatori (dice il coro degli attori c
Varrone mal si distinsero le commedie genuine di Plauto, la qual cosa
lo
mosse a comporre un opuscolo per isceverarle. Cer
a sua favola Miles Gloriosus (at. II, sc. 2) fa che Palestrione Greco
lo
chiami Poeta Barbaro , cioè non Greco ma Latino,
itato Gellio nel libro XVII, capo ultimo. a. Eutropio e san Girolamo
lo
dicono Tarantino, il Galateo lo vuol nato nella R
o ultimo. a. Eutropio e san Girolamo lo dicono Tarantino, il Galateo
lo
vuol nato nella Rudia di Lecce. A’ primi si atten
h’io chiamato Re. Indi per mio Diporto vo’ comperarmi una nave, E far
lo
stesso che facea Stratonico Viaggiando e andando
▲