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1 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 570-583
zzacammino ed or soldato rider faceva e spasimar la gente ; tanto ch’ io credo che Zanni sia nato per passatempo, burla, g
le medesime saranno valeuoli da renderlo accetto all’A. V. alla quale io risoluo di raccomandarlo ? Forse questi due Brigh
, ma Bufetto è andato a recitare nel altro mondo…. ? A queste domande io non saprei che rispondere. Basti per curiosità ch
queste domande io non saprei che rispondere. Basti per curiosità che io metta qui alcune lettere inedite del Cantù, di cu
one il quale si lamentò alla Gaiarda con el sig.r mangelli due uolte, io pregato da cauaglieri per l’agiustamento non solo
uniti come debito nostro in riguardo di S. A. Hora spropositatamente io sono stato mal ricompensato dal Dottore il quale
olom.na Flaminio era morto in detta opera e non lo poteua inuitare et io era ciamato dalla S.ra donna olimpia con ming.no
inita l’opera dissi caro Dottore inuitate uoi lui disse uolentieri et io me spogliai il Dottore uiendentro e non l’inuita
iendentro e non l’inuita il popolo si soleua non sentendo a inuitare, io dissi perche non l’haueua inuitato lui me rispose
itare quella fredura ne la quale sua moglie non ui à troppo che fare, io sogionsi che lo doueua dire che non me n’ incurau
bramaua el popolo ò per la mia andata da donna olimpia me disse, ch’ io era un uis de cazzo un Comediante da nulla che no
ulla che non me cognosceua per nulla et che non li rompesse il cullo, io sogionsi che haueua ragione di strapazarme alla p
i altri e lei per suiluparsi dal portinaro li dete un pugno nel uiso, io me tretti a una spada fui intertenuto da molti, l
.r Cardinale Cechini amici del angela fui intartenuto sù el palco, et io me condussero uia : per la strada me hariuò el S.
S.r Cardinale Sforza, et me dissero affermandomi sotto una porta che io facessi la pace che me aurebeno fatto dare dal do
to dare dal dottore ogni satisfatione se nò che saria andato prigione io risposi ch’el S.r Cardinale farnese non protegieu
del Gouernatore che me agiustassi ò che me conducesero in tor di nona io ero pronto per lasarme condure tanto più che ques
et sig.ri mei che me facessero far la pace il qual S.r Cupis me disse io ui comando da parte del S.r Cardinale farnese, co
ui comando da parte del S.r Cardinale farnese, come suo camariero ch’ io sono, di far la pace al dottore Altrimente andare
Altrimente andarete prigione e poi ne riceuerete disgusto da S. A. : io me butai al partito di un mezzo termine e disse f
me butai al partito di un mezzo termine e disse fatemene scritura ch’ io farò il tutto lui me fecce l’incluso policino nel
al dottore per le ingiurie riceute qua el S.r Cupis non poteua nulla, io mandete a ciamare il mastro di sala dela S.ra don
centemente da un mal homo che non stima ne dio ne la Gente del mondo, io , ne mia moglie, non uolcuamo recitare più sino al
e, non uolcuamo recitare più sino al Comando de S. A. in questo ponto io receuo ordine dala S.ra Donna olimpia di recitare
are el lor uiagio per le lor case caso che fuseno esclusi ; di questo io ne suplico con ogni Umilta posibile il Sere.mo pa
et mio gouerno ma per l’utile di chi sarà mio Compagno, il tutto però io scriuo con riserbo del gusto de S. A. alla cui bi
uriose con quasi fatti usatemi dal dottore et moglie, a mia moglie et io come tutta Roma ne informato contra a ogni ragion
euere di detta letera capitate doue che non solo in tutto e per tutto io et mia pouera casa ci rimetiamo alla Giusticia di
o piu che il Dottore di gia dice, auendo uisto la letera di Flaminio, io sono in Compagnia al dispetto di Buffetto : doue
sone per l’amor di dio Sig.r Don Cornelio la me ne sia protetore acio io non receua questo danno che li prometto da uero s
protetione apresso al patrone che di tutto core gli ne pregiamo — ed io come serua di V. S. la prego a esermi mezano acio
ne pregiamo — ed io come serua di V. S. la prego a esermi mezano acio io non resti mortificata da questo mal omo contra al
ò promesso di recceuere la Gratia ma domandato come sarà la Compagnia io li hò risposto che sarà meglio de quello è adesso
e sarà meglio de quello è adesso, e cossi lui e restato satisfatto et io in conformita del comando ci tornerò e poi ne dar
minuto raguaglio. — Me sono informato ch’ el mio figliolo lucha tanto io lo posso far uestire da frate in Roma col farlo f
aderisse a essere prete che frate. — Suplichiamo S. A., mia moglie et io per il mio povero uechio acciò abbi in bologua un
o patrone Colend.mo Siamo quasi alla fine di Quatragesima e ancora io non ho hauto nisuna lettera per mio Governo et pe
’altro, e pure per bugie state scritte contro di me da Genova a S. A. io ebbi di ordine di S. A. minaccie di uita per homo
e nulla, e pure tanti altri Comici ano le lor Gionte et sono soli, et io con Colombina non li posso far seruicio ben che s
2 (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « LETTERA » pp. 3-14
ere. Colla mia solita sincerità replicai al prelodato valentuomo, che io sin dal 1779. essendo stato in Genova di lei comm
specie di obbligo, nel prodursi qualche mia bazzecola, di avvertirne io stesso il valoroso competitore. Laonde per adempi
à sì bene stimare insufficienti le mie risposte, ma non già dire, che io abbia o dissimulate le sue ragioni, o risposto ad
randola più come Giudice, che come Parte. Da ciò può inferire, se mai io abbia voluto formare un mistero di ciò che sono ‘
rre al medesimo suo giudizio. E perchè procederei altramente? Intento io forse qualche sorpresa? Ella già non mi scrisse p
avvinti. Or non era naturale, che a pubbliche rampogne pubblicamente io replicassi? Sì gran parte di un Volume di un Lett
sse come indegna di risposta? Il di lei Congiunto avrà immaginato che io meditassi un controbando, o una irruzione repenti
rrum, date tela, scandite muros. Si sarà ingannato perchè non sa come io pensi. Il discordare noi due in qualche punto, se
nsieme del nostro contrasto. Parmi di averle altra volta scritto, che io prendo per quello che sono le scaramuccie lettera
mentanti ne’ circoli delle Scuole. Già saprete che i miei primi passi io spesi nel Foro Napoletano; ora io ne ritrassi non
Già saprete che i miei primi passi io spesi nel Foro Napoletano; ora io ne ritrassi non solo certo fuoco non isconvenevol
sì piaccia, per anni (dalla quale smania però mi scampi il cielo! che io sempre a tal proposito dirò, tanti pœnitentiam no
amo le nostre ciancie, purchè ci troviamo i nostri conti, cioè finchè io mi diverta nel mio ozio, ed Ella possa approfitta
per capriccio tutto nuovo*, che combattere pro aris, & focis (che io non credo punto il Sig. Ab. Lampillas della magni
” L’amate, e scoprite i miei sofismi, e non volete dissimulare quando io sopprimo varj fatti per appropriarle qualche vant
trale i personaggi vanno da Roma a Madrid, e da Madrid a Roma? quando io m’ingegno tratto tratto di citare in falso unicam
o Spagnuolo inalberasse anche oggi la bandiera Lopense e Calderonica: io vorrei che piuttosto militasse sotto colui che co
voglia insinuare in contrario. Ora tocca alla Spagna rischiarata, che io scelgo per Giudice, il decidere, dopo aver letta
presente Discorso, qual di noi due sappia più utilmente amare. Oserò io prevenirne la decisione? Essa forse pronunzierà c
3 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » p. 608
lecchino ? — Per imparar sotto si gran maestro a recitarlo bene…. — E io sarò il padrino minchione del vostro noviziato ? 
nol siete ogni sera di gran parte degli esordienti ? Perchè non avrei io i vantaggi degli altri ? — Ciò è ben diverso. Non
di piacere e di far ridere.  — Bene, o Signori. In capo a dodici anni io prometto di farvi ridere. Pensate di grazia che l
ottien che col grande esercizio. Datemi animo, vi prego. — Bravo ! Se io v’ incoraggio, voi prenderete per sinceri i miei
er sinceri i miei applausi, e crederete di meritarli. — No, Signori ; io vi prometto di doventare superbo, solo allora che
 — No, Signori ; io vi prometto di doventare superbo, solo allora che io mi creda sicuro del fatto mio. — Sia così ! Vedia
4 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — Di Venezia, 21 marzo 1620.Venezia, 16 di giugno 1618. » pp. 513-520
pirito. E dice inoltre : Non negherò ancora Ser.mo Sig.re che amando io Flaminio Scala et desiderandogli ogni bene, nè po
che amando io Flaminio Scala et desiderandogli ogni bene, nè potendo io come povero Cav.re farli di quei benefizij che i
è tanto galanthuomo che egli medesimo instantemente mi ha pregato ch' io operi in questo affare in guisa che V. A. resti s
ssere inviati in Francia assieme a Lelio e Florinda. Vale la pena ch' io dia qui intera la lettera che Don Giovanni scriss
to da me per licenziarsi per costà il nostro Sig.r Flaminio Scala, et io quasi quasi gli avevo consigniato non so che ostr
compagnia per mandare in Francia, poichè il concerto fatto con esso, io sapevo che non poteva in modo alcuno havere effet
ni piene di vento, et soggiungendomi egli che si moveva per ubbidire, io gli supplicai, che già che egli sapeva non poter
osa alcuna nel concertato suo con S. A. che mi pareva prima di dovere io scrivere a V. S. quanto passava acciò egli non fa
che al ritorno di Monferrato del detto Scala, con la lettera di S. A. io risposi all’A. S. come ella può sapere, che all’
olte difficultà nel mantenersi uniti, come è solito de Comedianti. Et io gli lasciavo (come si dice) cuocere nel loro gras
che assolutissima.te non si volevan disunire di sieme, et havendogli io più volte detto et ridetto che non mi volevo impa
i voler disunire, ne separare in modo alcuno, et che però in tal modo io gli comandasse che erano prontiss.mi ad ubbidire,
dere e toccar con mano. Et per vita sua la prego a dirmi, come potevo io dire, tu hai da andare, tu hai da restare, tu che
uomini et loro famiglie ? Che atto di cortesia o di gratitudine harei io dimostrato a costoro che per 7 anni continui mi h
rato a costoro che per 7 anni continui mi hanno obbedito al cenno, se io gli havessi rovinati et sprofondati, come loro te
ione ; questi poveri huomini pensano col disunirsi di rovinarsi, ond’ io per le ragioni dette, non ho saputo trovar parole
non che da persuaderglielo. Però gli ho risposto che faccin bene che io gli aiuterò sempre, e così li ho licenziati. Mi s
l si voglia accidente si disunischino, ogni uno di loro farà quel ch' io vorrò. V. S. vede ch' io non ho lasciato di fare
disunischino, ogni uno di loro farà quel ch' io vorrò. V. S. vede ch' io non ho lasciato di fare quel che potevo ma visto
si san troppo usi, et hanno rotte troppe scarpe in quel mestiero, et io gli ho per scusati, perché ancor' io più volentie
oppe scarpe in quel mestiero, et io gli ho per scusati, perché ancor' io più volentieri ho comandato che ubbedito, et ques
di dire immutabile, anzi che cresce cogli anni. Però creda V. S. ch' io stimo che sia servitio di S. A. che di questo neg
in Francia nel Teatro di sì gran Corte ; e V. S. tenga per certo ch' io non mi inganno, perchè mi ricordo degli esempj de
li inconvenienti. Non voglio anche tacere a V. S. un mio pensiero che io tengo per sicuriss.° che la prudenza di S. A. con
in queste materie, nel qual caso poi, per dirgliela confidentemente, io non mi curo punto di rompere una Compag.ia che di
ra, se ben si tratti de commedianti, perchè non siamo in commedia, et io dico da buon senno. Se adunque lo Scala non viene
lui, perchè egli, come buona persona, veniva a toccare una nasata, et io che hoggi mai ho la barba più bianca che nera, ho
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mente comunicatomi dal bibliotecario Sig. Morpurgo) che è, per quanto io mi sappia, inedito. Chi ne sia l’autore non è det
aringo, a gloriar Colei che il mondo adora ; mentre a sì alta impresa io non m’accingo. Riempie di stupor la nobil Flora,
ì alta impresa io non m’accingo. Riempie di stupor la nobil Flora, et io con rozzo Carme il ver astringo che felice è chi
sta gratia, è venuta a pregarmi con la maggior istanza del mondo, ch’ io voglia supplicar V. A. S. del suo favore, nella c
ore tanto obbligato et divoto di V. A. S. possa giovarle non poco. Et io amerei grandemente che il buon desiderio di quest
6 (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO XIV. Intorno alla descrizione de’ Teatri materiali di Madrid, fatta nella Storia de’ Teatri. » pp. 207-213
Teatri di Madrid”. Vuol egli con tali parole in prima insinuare, che io gli abbia con malignità così descritti per taccia
lena un racconto innocente, e suppone nella nazione un mal gusto, che io non trovo in questa parte, nè ho sognato di segna
re questi Teatri diversi da quelli, che si costruiscono in Italia? Ho io forse asserita simile fanciullaggine? E dove si è
truzione de’ Teatri di Madrid possa intaccare il gusto della nazione, io vi dico spiattellatamente che v’ingannate: se cre
nazione, io vi dico spiattellatamente che v’ingannate: se credete che io così pensi, protesto che v’ingannate ancora. La c
bertà del volgo. Ciò si verifica co’ fatti. Sappiate, Signor mio (che io ben mi avveggo, che i vostri gravi studj vi avran
permette simili presunzioni maligne, e temerarie. E che bisogno avea io di alterare il vero in simil cosa? Per quale inte
gli eruditi nazionali: che anzi delle rappresentazioni mostruose avea io ragionato con più contenenza di tanti loro Scritt
perchè non abbia narrati i disordini de’ Teatri Francesi? Ma forse ho io nel 1777. parlato de’ Teatri di Grecia, d’Italia,
de’ Teatri di Madrid, perchè mi erano sotto gli occhi, e, per quanto io so, niuno degli Stranieri finora ne avea fatto mo
7 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. -612
ore di seruire l’Altezza Vostra Serenissima questo Carnouale per eser io impegnato in Ferrara à Benche il male sia deriuat
male sia deriuato dà chi poteua impegnarmi Auanti di Ferrara Auendone io fatto là Ricerca ; Tutta Via esendo io disochupat
rmi Auanti di Ferrara Auendone io fatto là Ricerca ; Tutta Via esendo io disochupato quest’Autunno, se mai l’A. V. gradise
Compagnia niente inferiore à quella che Ci Verà il Carnouale ; quando io sia Chiamato dal A. V. questo solo mi Basta, per
ta, Saria necesario che L’A. V. me ne facese subito Auertito Aciò che io non prendesi Altro impegno, esendo in tratato ed’
8 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — Di Milano, il dì 28 agosto 1620. » pp. 140-157
. Che se Florinda tua su ricche piume innalzi al Cielo, insieme anch’ io v’ ascendo, cui porge la sua morte aura vivace.
riproduco intera. Ill.mo mio Sig.re Ricordevole degli obblighi ch’ io tengo con V. S. III.ma vengo con questa mia a far
gandola a tenerne vivi nella memoria sua. Saprà poi V. S. III.ma come io ho gettato a terra ogni trofeo eretto dalla S.ra
ttave e quaranta sonetti del Cavalier Marino, l’ udrà sicuro, poi ch’ io faccio mia cura acciò che le capitino alle mani.
della temerità sua e di Frittellino, et già l’ harieno impiantata s’ io non giungeva a Torino. Io per sopportare questo h
Sig.re, procuri con l’ Altezza Sereniss.ma del suo Signor Padre, ch’ io al partir di Torino (durando questi suoi capricci
Padre, ch’ io al partir di Torino (durando questi suoi capricci) ch’ io la possa lasciare, perchè non c’ è ordine ; et pe
per l’ amor che mi porta, procuri che non potendo più soffrirla, ch’ io con gli altri compagni possa impiantarla, che ved
no starà seco, poi che è da tutti odiata ; in grazia me ne avvisi ch’ io le giuro che se ottengo questo, che allora soffri
o che se ottengo questo, che allora soffrirò più di core, sapendo ch’ io potrei volendo lasciarla, et ella forse ciò inten
olto più s’ offendevano con la lingua arrotata che con il ferro, ond’ io quasi stetti per tornare a dietro. Lodato Dio, ac
creature tanto odiose, poichè loro ne hanno giuramento — diceva — et io quasi voto, a ciò l’ A. V. non senta un giorno qu
intrico di retroscena, come è peccato che, per quante ricerche fatte, io non abbia potuto trovare il ritratto della Virgin
mai sì belle, Quando facesti gl’ occhi di costei. Le stelle in Cielo io tolsi. Al sol l’oro furai. Del arco io men privai
di costei. Le stelle in Cielo io tolsi. Al sol l’oro furai. Del arco io men privai. E ’l uago FIOR nel mio giardino io co
l’oro furai. Del arco io men privai. E ’l uago FIOR nel mio giardino io colsi. Questi e altri madrigali e tre sonetti fu
A, un fior tu sei entro a’ i giardini Di virtude, e d’Amore. Ah foss’ io d’ eloquenza agricoltore Che del tuo sole al ragg
i accenti ; Che ’l Cielo pareggiarli anche non puote, Ma non stupisco io già, che possi tanto ; Ch’Angiolo al uolto sei, S
ima. Io replico a V. A. et glie ne fo giuramento, sà il desiderio ch’ io ho di ritornare con salute a riveder l’A. V., che
he mi hano ormai ridotto a rovina e a precipicio. Mi fano parlare che io resti questo verno a Milano, et perchè non mi par
io resti questo verno a Milano, et perchè non mi pare giusto, et che io niego di restargli, mi ha il ditto marito di Flor
a di V. S. Ill.ma la quale ha servito anco per risposta di quelle che io scrissi a S. A. S., ho voluto parteciparla a tutt
et vestemo, ma Lelio marito di Florinda non volse venire, et ben che io supplicassi et gli mandassi doi volte un servitor
upplicassi et gli mandassi doi volte un servitore publico a dirli che io volevo parlar de ordine di S. A. S., con tutto ci
in compagnia dell’Andreini, per meglio distinguere le due Virginie : io ritengo più probabile la seconda ipotesi. — Che a
ol roco. II Su ’l bel pian Senonense de’ Sicambri terror, fastosa io vidi teatrale innalzar Mole superba, là, ’ve di M
rale innalzar Mole superba, là, ’ve di Maddalena illascivita l’oscena io vidi e penitente vita. Già tra’ que’ Regi nidi (
9 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 606-607
che alle cose impossibili vi sia maggior rimedio il non più pensarci, io non potrò non pensare a quegli onori che la sua p
corchè i Comici siino p. l’absenza di V. S. Ill.ma quasi smarriti, et io più di loro trauagliata. li scrissi jeri che sabb
ringratiarlo, et attenderne gl’effetti, a suo piacere. Mio marito, et io se li dedichiamo di nuouo veri serui et li faccia
ni humiltà, suplicare il Ser.mo Sig.r Duca a comandarmi più tosto che io mi rimanghi di recitare, che il riunirmi con loro
e confesso l’impossibilità. si come mi rimetto allo stesso che dica s’ io mai diedi occasione a niuno dei sudetti di maltra
a che humilmente suplicando le chiedo di non esser non questi doi. et io come riuerente serua di Vostra Signoria Ill.ma la
10 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 105-106
son da cinque mesi in circa, à visso sempre de mio con il vivere ch' io mandavo a sua moglie, et egli atendeva a godere e
A. da più testimonie degni di fede. Ma perchè circa otto giorni sono io li ho fatto intendere per la massaia che si trovi
ua, et di più per haverli fatto sapere che quella casa è mia, poi che io ne pago il fitto (come mostrarò) et che se ne pro
o che 'l mobile che è nella suddetta casa, è maggior parte mio et che io lo vorrò quando mi tornerà comodo. Questi son li
di ricorso a S. A. et non zelo di honore come à detto, poichè mentre io ò speso per mantenerlo, esso à consentito a qualu
tre io ò speso per mantenerlo, esso à consentito a qualunque cosa che io ho, come infame che egli è. Da lungo tempo dura
11 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 164-168
asione di dover recitare a Bologna nel carnevale del 1611…. e che qui io pubblico intero, assieme alla riproduzione del fr
diciotta, se vogliamo) della maschera del Dottore, di cui, per quanto io mi sappia, non è traccia fuorchè nel nostro Aniel
tanti Zingari, cominciarono a voler dirmi le lor ragioni. Piano (dico io ) ; non tanta furia ; nessuno parli senz’esser chi
ppiconi, e Scappellatomisi dinanzi, dice così. Quando al tempo antico io fui scacciato dal Regno da Gioue mio figliuolo, m
ioè luogo felice ; e perche gli abitatori di quella mi chiamauano Rè, io che sapevo d’essere stato scacciato dal Regno, ri
e poiche M. Saturno vuol far vero il detto con l’Etimologie, ecco ch’ io vi stampo la vera Etimologia di quella Città, don
a dessi cagione all’origine di Roma. Non vi ricorda bestiazze, quando io spasimauo per Venere, e lei in amarmi non era un’
cco cornuto di Vulcano voleua far del ritroso non si contentando, ch’ io dormisse con la moglie ? Vmbè allora appunto, cap
ch’ io dormisse con la moglie ? Vmbè allora appunto, capi da sassate, io presi la mia madonna Venere in braccio, e di peso
Marte faceste quella Città, ma la faceste di mia commissione ; e però io debbo esserne detta la fondatrice ; oltre che il
me lo prese da me, e non da voi (come falsamente andate dicendo). Io, io fui quella che spalancata la mia larga bottega, c
voce Greca Logos, che vuol dire il parlare. Ergo (conclue Mercurio), io sono stato il fondatore di Bologna, & io debb
Ergo (conclue Mercurio), io sono stato il fondatore di Bologna, & io debbo riportare il vanto di questa lite, e voi al
vi pare, che meum labor sit dignum mercedem suam, fate silentio, che io per hora altro non chieggo, e voi in tal modo con
contrario (che non credo) ci denegherete la solita attentione, anch’ io cantando la Palinodia, a Gentil’ huomini, e virtu
12 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — Mantoua li 16 Dicembre 1678. » pp. 127-128
a lettera : Alt.za Ser.ma La supplico a condonarmi dell’ ardire che io ho preso di scriuere a V. A. S. La causa è la pri
Co. Violardi onde che aforza di denaro in testa al Sig.r Antonio che io farò il resto. La suplico per l’Amor di Dio et pe
enaro è non lo uoglia rimettere puole spedire il Padre Francesco doue io li ho scritto che non ui sarà pericolo, è questo
eria di Cerese et l’ istesso Padre mi puol mandare auisare che anderò io in persona acciò sia sicuro à leuare il denaro ch
ngolari ci lasciò la seguente descrizione : Nella primavera del 1824 io mi trovavo a recitare al Teatro San Benedetto di
hino vittima delle sue vendette. Grande attenzione nell’ uditorio ; e io guardavo attorno, per vedere se alcun altro artis
13 (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « ECCELLENTISSIMO SIGNORE » pp. -
dezza e del buon animo del donatore, che del valor del dono. Seguendo io l’esempio di quel fanciulletto e di quel villanel
ore, che osa trattenere un tanto Uomo con somiglianti minutezze. Ma s’ io sono reo, mi raccolgo e riparo all’ombra della vo
andio l’unico intento che mi mosse, di appalesar per le stampe quanto io mi pregi della preziosa padronanza onde mi onorat
pregi della preziosa padronanza onde mi onorate da più anni, e quanto io ammiri le rare doti dell’animo vostro, la vostra
14 (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Avvertimento al lettore per la presente edizione »
iflettendo al rispetto ch’esigge il pubblico, deliberai di procurarne io stesso un’altra edizione, che può dirsi ed è real
, quelle parti cioè le più trascurate dai moderni musici, ma le quali io giudico essere le più essenziali fra tutte, poich
! Se gli uomini mi negheranno il compenso del loro sterile suffragio, io il ritroverò dentro di me medesimo nella soddisfa
15 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 88-117
el Barbieri, metto qui il facsimile della lettera non mai pubblicata, io credo, (Archivio di Stato di Firenze) che Isabell
istianiss.ª & alla Sua bontà V. S. perdoni il mio fastidiolo. Ch’ io sia lontana dal darle molestia, ella può assicura
Ch’ io sia lontana dal darle molestia, ella può assicurarsene, send’ io stata parecchi mesi senza scriverle di particolar
icolare, che pur m’importa. Hora non potendo far di meno, è forza ch’ io replichi queste poche righe. Saprà V. S. che da c
in materia del far hauer merito a tutta la somma di que’ denari, ch’ io ho sul Monte di Pietà in Firenze, tre volte Ella
una a Monceaux, dove sono stata con la Compagnia à servire : la prima io le mostrai la lettera, che ’l S.r Cioli per ordin
mese passato, le dissi che non ne haueua havuto altro auiso ; ma ch’ io ne sperava bene, confidata nella gentilezza, e ne
uolti. Poiscritto. Facendomi V. S. grazia di Sue lettere, e douend’ io seguitar la Corte, Le mandi con qualche mezzo ch’
Lione, ove moriva per aborto l’ii giugno. (Il Sand ha erroneamente il io luglio). Il Barbieri, nella Supplica citata, ripo
’esser e ’l non esser secondo alcuni star insieme non possono, il che io non affermo, perchè so ch’io son morta a i dilett
quello, ch’egli vuol pensare : infelice mia sorte, poichè mentre ch’ io penso di pensar ad ogn’altra cosa, che all’avervi
pensi d’avervi amato ; il che più mi dispiace e più m’addolora che s’ io pensassi alla morte, pensando insieme di dover al
lo rendino fosco & oscuro ; l’oscurità cagiona mal tempo, dunque io sono il vostro mal tempo. E così di seguito, pas
miserabil segno, E ben se l’vede Amor, d’ogni suo strale ; Nè schermo io trouo al mio martir fatale, (Lassa) e prego non v
à cui solo m’attegno Veggio le fiamme, ond’ei quest’alma assale ; E s’ io chieggio conforto à sì gran male, In vece di piet
anto. Al tuo vago apparir più che mai lieti Sorgono i fiori à proua : io (lassa) mai Dal graue incarco de gli affanni miei
ete : à noi non cale, Ch’ei dal Mondo ne sciolga, ò da noi stessi. Et io , che più d’ogn’altra afflitta viuo Ben à dritta r
assegnata qualche ragione, a tutte le cose da lui trattate. Mass. Et io me ne aspetto anco di meglio, però che credo, che
e che hoggi si fauelli. Sant. Et come ? Ver. Questa è una lista ch’ io fò, de gli habiti, et altre cose, che occorrono a
nt. Anzi nò. ma che ui desse anco l’ assunto di trouarla. Ver. Prima io mi sforzarei d’ hauer comedia che mi satisfacesse
ti soliloquij, o lunghi episodij, o dicerie impertinenti. per ciò ch’ io concorro nel parere di coloro, che hanno detto qu
edia uorrei, se fosse possibile, o almeno poco nota, fuggendo più ch’ io potessi le stampate, quantunque piu belle. si per
li si richiede. Sant. Certo, conosco esser uero quanto dite, per che io mi son ritrouato ueder rappresentar bene, di bell
lla comedia, et ditene eletta che sia, come ui gouernate. Ver. Prima io ne cauo tutte le parti ben corrette, e quindi, el
tta, ma ben recitata, che una bella mal rappresentata. Et pero quand’ io sono per elegerli, hauendo copia d’ huomini atti
et cosi tutti. pongo poi anco gran cura alle uoci di quelli, per ch’ io la trouo una de le grandi et principali importanz
donna [e da donzella maxime] ad uno che hauesse la uoce grossa. Et se io , poniam caso, hauessi a far recitare un ombra in
ssità mi stringesse far fare ad uno sbarbato, la parte di un vecchio, io li dipingerei il mento, si che paresse raso, con
grauissi-ma. Ma per farui solo intendere, parte di quello che faccio io intorno a Recitanti, dico, che è da auertirli pri
in parte alcuna, per che, oltre che il fauellare adagio, non concedo io che sia mal uso, anzi l’ approuo per proprio dell
perti non sono] l’usarsi anco in tutte le proue, a questa uiuezza ch’ io dico, altrimente riescono poi sgarbatissimi nei p
priato non troui ; o che atteggiar non gl’ occorre ; lasci andar come io dissi et le braccia, et le mani, oue gl’inchina l
a uentura, un certo modo di recitare dirò pedantesco, per non saperle io trouar piu proprio nome, simile al repetere che f
rieta de gl’ usi, uani, o poco conosciuti ; dicoui principalmente ch’ io mi sforzo, di uestir sempre gl’ histrioni, piu no
re l’ inteligenza della fauola. Et per questo piu che per altro cred’ io , che gl’ antichi haueuano gl’ habiti appropriati,
ati, Et i colori assegnati, a tutte le qualità de i recitanti. Hor se io haurò [per gratia di essempio] da uestir tre o qu
o piu si possa, et di foggia, et di colori. Sant. O quante uolte son io stato ambiguo un pezzo, nel riconoscere uno in sc
possibile del nero, o di colore che molto cupo sia. ne solo mi sforzo io di uariare i recitanti fra loro, ma mi affatico a
medie uestite alla greca. Et per questo, piu che per altra cagione fo io che la scena della comedia nostra che uedrete mar
estono queste cose pastorali, et come si fabbricano le lor scene, ch’ io non sò d’ hauerne mai ueduta rappresentar alcuna.
engono le camisce da donna, lauorate, et uarie, ma con le maniche. et io soglio usare, di farci dar la salda, accio che le
cose, che fa lor bisogno, nel modo che in una lista [come quella ch’ io faceua pur dianzi] bisogna hauer notato : per che
scordi, può in gran parte sconcertar lo spettacolo. Oltra di questa, io me ne soglio fare un’ altra molto utile, et neces
risuegliare i cori de i recitanti. Mass. Questo per proua ho ueduto io far grande effetto. hor ueniamo ai prologhi et al
ntirsi in cosi fatti lochi : et poi agiatamente incominciare. Ne lodo io , che uadi mutando loco ; ma che con grauità si fe
16 (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO I. Su i Teatri Spagnuoli sotto i Romani. » pp. 2-8
tare del Voto della Storia teatrale. Il Signor Lampillas pretende che io abbia letto male un passo dell’Opuscolo di Luis V
o si fosse impossessato del Popolo questo genere di divertimento”. Ed io ben credo che così avvenisse; ma per soddisfazion
col nominare almeno le Città dove tali rovine esistono? Queste pruove io desiderai nel comporre la mia Storia. L’Apologist
chi Scenici in Ispagna sin da’ tempi de’ Romani, e si maraviglia, che io non l’abbia ravvisata: “Quale autorità più incont
nsuma due pagine e mezza per mostrare la Greca fede di Filostrato? Se io scrissi, che il Velazquez in vece di prorompere i
erlo di errore con pruove chiare, e non voci, ciò forse significa che io sia persuaso della verità del Romanzo di Filostra
o, cioè che i Saguntini presero i Giuochi Scenioi da’ Greci, pensando io in questo discorso a ristrignermi a quello soltan
17 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 260-263
ebbene all’Ademollo paja di maggior pregio quello di Addio a Venezia, io riporto qui il secondo de’ sonetti scritti prima
mpagnia, intervenendo in molte città alle recite della sua Merope. Nè io sarei alieno dal crederlo ; parendo omai accertat
va da lei fatta della tragedia, aveva detto : mentre Femia m’accusi, io ben m’avveggio, che nelle accuse tue l’amor tralu
opol denso sua recitata favola non spiacque : parte n’ebbe suo merto, io parte, e parte v’ebbe una sua già favorita attri
artelli nella sua lettera di pentimento, scrisse : …. tolga Dio, che io abbia nè meno per ombra avuta questa intenzione.
eraviglia rappresentare, deve a mal costume imputarsi ; dichiarandomi io , che senza che altri dovesse pensar male nè di me
in quanto che non vi è alcuno di noi che lo meriti. Per creder vero, io tengo ch’egli l’abbi presa dalla sua esperienza,
18 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » p. 448
a teatrale, ho diritto di prender tutte le figure che voglio. Ora, se io conservo la maschera che appartiene esclusivament
vamente ad Arlecchino, l’illusione è distrutta ; e per gli spettatori io non son più che Arlecchino anche nelle mie metamo
ttatori io non son più che Arlecchino anche nelle mie metamorfosi. Se io mi trasformo in Turco, mi bisogna necessariamente
necessariamente toglier la maschera per la verità del costume. Quando io faccio una parte di bleso, mi tolgo la maschera :
19 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [D]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 745-749
otizie concernenti la maschera e l’artista (ivi, 13 e 20 aprile ’91), io credo che il nome di Stenterello egli prendesse d
quel labbro un si e leta, a lete o a dite, date in dote i dati dubbi, io debbo se tacete, veder che dite ai moti muti, che
orte nato per assennarti od assonnarti se tu non parti. Scivoli. Son io forse un papavero, del sonno autore e simbolo ? S
Non mi conosci, o misero ; se contro te mi adopero, quant’ossa porti io spezzoti. Bisticcio. Se la rabbia, fa ch’io rebb
e un matto nè vo in letto finchè a lutto non fai motto ; tu mi batti, io ti ribatto, e in baratto di tua botta, io ti butt
on fai motto ; tu mi batti, io ti ribatto, e in baratto di tua botta, io ti butto giù in un botto ; se sei dotto, io sono
in baratto di tua botta, io ti butto giù in un botto ; se sei dotto, io sono addatto ; niuno editto nè altro detto che s
ezia quel che il Del Buono aveva fatto in Toscana ? E l’incisione che io riproduco (V. pag. 747), a qual tempo appartiene 
20 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 216-226
etto, mi furono cortesemente profferti dal signor Luciano Cerchi : ed io son grato ad esso di questo dono, e a me ne sarà
in Dio riposa, e poichè tacciono le umane passioni oltre il sepolcro, io vivo nella dolce lusinga che leggendo taluno ques
a, accompagnata dalla seguente lettera : Signora Marchesa, Ho voluto io stesso mandarle questi versi che mi uscirono spon
i pochi istanti, e ch’io li parli teco ! Credi : nè reo nè ingeneroso io sono Qual ti fui detto dal frequente vulgo, Miser
emito di vita, Una fiera allegrezza ; e con la muta Ala del desiderio io ti deposi Lagrimando sull’omero la fronte E ti pa
così : Misterïoso È veramente de’mortali il Fato. O Adelia ! appena io ti conobbi, e sento Che potrei con l’ardente anim
e, o diletta, e i tuoi dolori Sin che tra questo di civili belve Covo io rimanga alla calunnia, e al canto ! Oh Adelia ! i
civili belve Covo io rimanga alla calunnia, e al canto ! Oh Adelia ! io penso di raccormi in qualche Alpe nativa oscurame
ggia Nella fronte e negli occhi, e se la morte Vi serpesse per entro, io non saprei Solo un istante rinunciare a questa Gi
o al vertice dove il valor non dorme, dove la sacra attingere favilla io ti farò ! Vieni più cara a rendere al cuor dell’
del vizio le turpi forme ignude : nell’alta impresa e nobile compagno io ti sarò. In vano Giovanni Prati la circuiva con
21 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — (Sabato 7 giugno 1659).(Sabato 28 giugno 1659). » pp. 420-423
più che sufficientemente. Voi col pennello il mio ritratto fate, et io con la mia penna formo il vostro ; voi stemprate
e, et io con la mia penna formo il vostro ; voi stemprate i colori et io l’inchiostro ; io carta adopro e voi tela adoprat
a penna formo il vostro ; voi stemprate i colori et io l’inchiostro ; io carta adopro e voi tela adoprate. Voi mi pingete
carta adopro e voi tela adoprate. Voi mi pingete bella e mi adulate ; io non vi adulo e il vostro bel dimostro ; voi finge
ulo e il vostro bel dimostro ; voi fingete di me l’avorio e l’ostro ; io non fingo di voi le glorie ornate. Dunque cedete
non fingo di voi le glorie ornate. Dunque cedete a me ne la disputa : io verdadiera sono e voi mendace, benchè maggior di
22 (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO VI. Tragici Spagnuoli, secondo il Signor Lampillas, negletti, o censurati a torto dal Signorelli. » pp. 43-68
primo Tragico Spagnuolo, per cui si lamenta il Signor Apologista che io non l’abbia mentovato, è l’Andaluzzo Giovanni Mal
li, Francesi, de’ quali abbiam pure più fide memorie, ed anche opere, io tralasciai di far menzione, per non potersene, a
NI DE LA CUEVA. Non potendo dire il Signor Lampillas che del Cueva io non abbia favellato, almeno si lagna, che io omet
Lampillas che del Cueva io non abbia favellato, almeno si lagna, che io omettessi di narrarne i pregi, quando sulla fede
sulla fede del Signor Montiano ne avea rapportati i difetti. A dirla io non posi studio veruno a ponderare questi difetti
o; e solamente intesi di accennare il modo di comporre del Cueva, che io non avea letto come il confessai, sul testimonio
he i pregi coll’istesso testimonio? Ma caro Signor Apologista, poteva io farmi mallevadore dell’analisi compiuta fatta da
e parole che Voi degnate onorare incastrandole nel vostro bel Saggio, io indirizzai al P. Lalantè a proposito del Torrismo
Tragedia? Torno a replicarvi che dovevate leggere nel mio Libro, che io non avea avuto sotto gli occhi le favole del Cuev
oeta Cristiano si riprendesse p. e. la Fede, la Misericordia e che so io , allora si allegherebbero acconciamente gli Esser
se tale nella Tragedia del Cueva? Il manifesti con qualche scena; che io a pruova ne produrrò alcun’ altra di quella del C
i fondamenti si appoggiasse il Montiano; quanto a me, a tali dottrine io mirava nell’ammetterne la censura. Se il Sig. Apo
llarono non solo il Ximeno, ma l’Antonio, e il Montiano, ed altri, ed io non ho voluto ometterla nella preparata nuova Edi
ho rammentata, è stato a solo fine di pascere l’altrui curiosità. Che io non imiterei mai il Lampillas, che con una fiduci
e di questo buon Poeta. Si lagnò l’Apologista che di quelle del Cueva io avea narrato i difetti, e non i pregi: di queste
appena in vita alcuni servi introdotti nella favola. Quindi è che se io dovessi dire, quante sieno le azioni principali,
te tre principali azioni sia la più degna e propria per una Tragedia, io subito sceglierei l’ultima della morte di Adulze,
rie da ammettere o rifiutare. Censuri adunque l’Apologista quello che io dico, ma non si curi d’interpretare senza fondame
ma non si curi d’interpretare senza fondamento nè bisogno quello che io non rivelo. V. CRISTOFORO VIRUES. Rimane qu
to Capitano e Poeta Sivigliano. Dispiace all’Apologista (p. 110.) che io dica delle di lui Tragedie, che, a riserba dell’u
no a’ Posteri. Ma per soddisfare alla domanda del Sign. Lampillas “se io creda, che tutte le Tragedie che occupano nobil p
non pieno di manifeste inverisimiglianze. Circa all’altra domanda, se io creda, che si possa dire altrettanto della Semira
23 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 54-87
rpe, per non se ne levar mai più. Ma poi che questo mi deve avvenire, io voglio aver questo avvertimento di esser sempre n
a, da Pantalone, da Graziano, da Francatrippe, o da Zanni chi vuole ; io per me voglio far la parte del gentiluomo per ess
ò che i ritimi, habbiano qual che forza in questo genere. Ed ecco ch’ io mi movo, e do principio a l’alta impresa in quest
e la maschera del Capitano). Ottaue da Capitano Marte quando nacque io , gridò due volte contra di Gioue tutto furibondo,
rese, e Pompeo con Cesare Romano, e che meco venissero a contese, che io gli vorrìa con questo pugno solo tutti sbalzar da
o. Fugga ogn’ vn dunque sua infelice sorte, che a centinara il giorno io do la morte. Di Spezza Capo il nome mi fu posto,
ricco trito ogni gran monte, e resta l’huom per me più che smarrito ; io son colui che d’un Rinoceronte nacqui, e di Lestr
’or nè d’argento, con questa infilza-cori ho che desio, basta che sol io dica, ferma loco, che ho tutto quel che voglio e
er me, sospira e lagna, e col mio nome fo tremare il centro : ovunque io vado spazzo la campagna de’ Mostri, e cadon le ci
da quel signor chiamato son per mia fama in tutto l’Universo ; mando io in dui pezzi un cavallier’armato, Esso, e il cava
nto bever di draghi il sangue e di serpenti. Con un martel di fabbro, io son sicuro frangere e fracassare un uovo duro. Ma
. Ho letto infine tutte le sue Brauure, e trouo, che in qualche luogo io m’ho apposto, ma con vn altra testura, come tu po
or della patria, amico dei Principi. Ah Dio, gran cosa, che dovunque io vo, como i Principi mi danno di naso una volta, n
o che volete voi. Cap. Non so quello che tu vogli dire. Scov. Manco io , mi è uscito di mente, ricordatevene voi. Temp.
nco io, mi è uscito di mente, ricordatevene voi. Temp. Me ne ricordo io  : in Sofonia ducento, cinquecento in Alemagna, so
uanta in Ongheria ammazzaste in quindici dì. Scov. Questa volevo dir io . Cap. Quanta somma d’huomini è questa ? Scov. S
si fanno in quella prima gioventù ! E’ fu un tempo che il Capitano ed io non ci mettevamo le scarpe d’altro che di barbe s
sono le medesime fanfaronate e più volte le medesime parole : …. oh io ti giuro che il letto dove io dormo è fatto tutto
e più volte le medesime parole : …. oh io ti giuro che il letto dove io dormo è fatto tutto de’ peli de la barba di color
ime imprese, delle quali son piene l’istorie e le favole ? A dirtelo, io fui quello. Chi pensi tu che fosse quell’altro ch
di Priamo, & in particolare il sforzatissimo Ettorre ? Sono stato io . Chi t’imagini tu che sia stato quell’altro, che
ingorde fauci della smisurata Balena la bella Andromeda ? Quell’anco io fui. E ne’tempi meno antichi, dimmi, chi ti dài t
azzò di sua mano il superbo Agramante e il fier Gradasso ? Sono stato io . Si come quell’altro finalmente chiamato il fatal
usalemme ; e così va tu discorrendo di mano in mano, che troverai che io sono stato non solo Ercole, Achille, Giasone, Per
suddetti, è passata finalmente in questo mio corpo, e però coloro ed io siamo gl’istessi, anzi con la medema dottrina io
po, e però coloro ed io siamo gl’istessi, anzi con la medema dottrina io ti potrei giurare di tenermi nel corpo non solo l
orso preliminare alle sue Bravure. Gentilissimi lettori, mentre ch’ io vissi nella famosa Compagnia dei comici gelosi (i
a parte mia principale, la quale era quella dell’innamorato. E perch’ io bramava di preservarmi, e di non dicadere da quel
spatiosa pianura. « Non è pur anche cessato il corso del sangue, ch’ io mandai per tributo al Danubio l’anno che quasi di
imprese. Io ho udito in Pariggi stando a mensa con alcuni (non so s’ io dica strauaganti, o bestiali humori) auuezzi però
partì, che se non mi fosse stato detto, ch’ egli era andato a dormire io gli voleuo raccomandar certe cose, ch’io ho in Fe
Manetto a Filippo Re in Parigi l’anno M CC LXIX. Per quante ricerche io abbia fatte in istorie e biografie e carteggi di
ione dell’altro ritratto, il giovane che è di fronte a Francesco, che io , per la perfetta somiglianza, benchè di età diver
24 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — Padova, 28 luglio 1674.Venetia, 16 marzo 1675.Venetia, 23 marzo 1675.Venetia, 30 marzo 1675.Venetia, 13 ap.le 1675.Venetia, 20 ap.le 1675. » pp. 28-35
r dubio di non si amalare per una sua indispositione, intanto havendo io posto fin un opera nova per render più diligenti
a darmene qualche motivo, aciò sappia come regolarmi, perchè dovendo io portarmi a Bologna, fra pochi giorni, caso che si
etia, et desidera sapere quello ha da esser di lui, mi ha pregato che io ne dia parte a V. S. Ill.ma, et io lo faccio volo
da esser di lui, mi ha pregato che io ne dia parte a V. S. Ill.ma, et io lo faccio volontieri per servire S. A. S., et per
scerò profitevole per il bon servitio di S. A. S. et della compagnia, io partirò presto per Bologna colà starò atendendo i
lta, dal quale intenderà più a lungo li interessi della compagnia, et io a lui mi riporto, spera dalla benignità di S. A.
r Truff.no, circa poi che dice il S.r Carlo di non poter più recitar, io mi rimetto all’Autorità et comandi del S.mo padro
omandi del S.mo padrone e di V. S. Ill., so bene che se potessi ancor io dire non voglio più recitare, con sodisfatione di
25 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [E-F]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 889-912
Altezza nella quale li dirà tutte le pessime cose che fa suo figlio ; io li risposi che quello mi diceva a me non riguarda
en…. ce quil a despence pour les proces. C Carissimo Sig. padre Se io avessi avuta cattiva intenzione sarebbe un pezzo
e ingiustizie, ma soprattutto la calunnia delle 30 doppie delle quali io sono innocentissimo ; et V. S. sa benissimo in co
centissimo ; et V. S. sa benissimo in coscienza che è impossibile che io sia stato quello che le prese perchè non avevo ma
se è vero che V. S. se le sia scordate in camera, era impossibile che io potessi sapere il momento e il tempo da potere fa
mo, non che di buon cattolico. 30 settembre 1686. – Conforme scrissi io fui lunedi a otto il doppo pranzo a Montmartre ;
non essere quello ch’ è fatto, ma non mi posso pentire di quello che io facio non esendo nè in ofesa di Dio, nè in scando
le angustie d’ una carcere per me è giusto per legie divina et homana io cerchi di solevarla chon il farla trasportare in
ripug(n)ando per pensiero ad una vita civile e da galantomo avendole io distinata una certa somma di denaro per maritarla
ve l’ arbitrio reggio me ne tronca i tentativi. Si compia intanto ch’ io la ringratii de’ suo’ consigli dei quali saprò va
reme ò preso ardire confidandomi nella infenita bontà di V. S. Ill.ma io vengo a suplicarla di farglila rechapitare in sua
gnor Parigi li 23 Luglio’88 ( ?). Suplicho V. S. Ill.ma schusarmi se io ardisco inchomodare V. S. Ill.ma La suplico a ono
sa[n]tissime feste di Pasqua e in esa dirle come sarebbe sei anni che io saria a Fire[n]ce, ma l’avere incontrato un seler
a a Fire[n]ce, ma l’avere incontrato un selerato figlio è cagione che io sono ancora in Pariggi. Io averei molto a dire de
agiu[s]tare un suo abicioso interese d’una carica conpra se[n]ca che io sapesse cosa alquna, e per agustare il venditore
a, e per agustare il venditore della sudeta carica conpra se[n]ca che io sapesse cosa alquna, e per agustare il venditore
venditore della sudeta carica non volendola indieto fu necesario che io la pigliase de la quale la vendei nove mila esend
mi fece una infamità che fu costreto a partire di Pariggi e non solo io fui da lui disgostato, come ancho la S. G. D. a s
e per agiustarsi con il venditore e per g[i]ustarlo à bisog[n]ato che io le dia 9mila fra[n]chi che avevo su l’otel de Vil
el darli li sudeti prima 9 mila fra[n]chi mi rinviò la caricha a dove io la vedei, la vendei 8mila fra[n]chi e ne perse mi
il denaro il furbo me lo sequestrò con dire ch’ è roba sua per averli io fato la deta donacone ed io in colera lo sgridai
uestrò con dire ch’ è roba sua per averli io fato la deta donacone ed io in colera lo sgridai e venesimo a parole e l’ulti
e la sua camera e se serò e la notte nel Ripo fugi cho le sue robe ed io con il comesario chon testimoni cavai una presa d
io ingrato ; spero in breve liberarmene. Intanto veda V. S. Ill.ma se io la poso servire. Atendo i suoi comandi. E qui res
26 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 658-659
e nella Vedova scaltra, nelle quali faceva da Madre. 1ª sera Quando io penso al primier tempo passato, qual mi facea ste
bilmente dal copista). perchè ho ancora desio d’aver figliuoli ; e se io facessi tal risoluzione, mi piacerebbe questo bis
ra, poichè in esse Stenterello mostrava senza inceppamenti il proprio io , dando bottate o politiche, o sociali, in cui eme
27 (1790) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome VI « LIBRO IX. Teatro Spagnuolo del secolo XVIII — CAPO II. Commedie: Tramezzi. » pp. 68-88
na 11 dell’atto II: Isab. Vien gente . . . oimè! Desso è che viene! io vado . . . Misera che farò? Veder nol voglio.
er congedarvi, Il ciel vi guardi e vi conduca (aimè!) Gio: A dirti io vengo sol . . . Isa. Sì che ten vai, Lo so: v
ngo sol . . . Isa. Sì che ten vai, Lo so: va pur, te lo consiglio io stessa, Vanne crudel: se hai tu valor bastante
o istante: Gio: Ah che non sai qual pena . . . Isa: Eh sì, quanto io ti debba io non ignoro, So . . . parti, fuggi,
Gio: Ah che non sai qual pena . . . Isa: Eh sì, quanto io ti debba io non ignoro, So . . . parti, fuggi, lasciami mor
Ci preparò la sorte! Ah l’amor mio Ciò meritò? Gio: L’ho meritato io forse? Ingrata donna e che facesti mai? Per t
lche sospiro Era de’ voti miei gloria e misura. Tutto è finito! S’ io t’amai, se un tempo Ci amammo, un’ ombra or ne
e viene il padre, e senza avvertirne il servo muta discorso, dicendo, io volea mettermi tralle cappuccine per meritare con
esprime i benefici suoi concetti: No non fia mai che la disgrazia io vegga Di mia cugina, e non la senta io stessa
non fia mai che la disgrazia io vegga Di mia cugina, e non la senta io stessa Nel più vivo del cuore. Amato Padre, P
me ’l concedi) Ch’io le porga la man: misera, errante, Abbandonata io la vedrò, nè seco Dividerò i miei beni? Ah no,
chè vi prende Tanta parte il mio cuor, ch’esser non voglio Felice io stessa, se non sei tu lieta. Queste due commed
zzo degl’ Italiani o alla petite-piece de’ Francesi. 27. Di ciò sono io stesso stato più volte testimonio; ma sento ch’eg
ale si tollerarono pazientemente dal La Cruz dal 1777 al 1783, mentre io pur dimorai in Madrid. Dopo la mia partenza egli
28 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 245-250
na grande attrice. E chiude così la stessa lettera : Non temete ch' io venga ad annoiarvi quando passerete per Firenze :
, che non avete bisogno d’esser protetta : ….. state dunque certa che io godo della vostra gloria come se fosse cosa mia,
ensieri. Quanto a me che, come sapete, vi amo d’un purissimo affetto, io sento che, per giungere dove io vorrei, mi mancan
apete, vi amo d’un purissimo affetto, io sento che, per giungere dove io vorrei, mi mancano le forze : e sinceramente vi d
ossa esserlo nella mia. ….. Voi avete per voi il suffragio d’Italia : io che sono l’ultimo dei suoi scrittori, riconosco i
ato il mio pensier veloce al Ciel s’estolle, e dopo averti udito muto io resto, nè so dir se potria bearmi il cor, più del
per lei si veggano figlie d’amore mille risorgere ridenti aurore, ed io precedere possa quel di, nunzio di gioje sempre c
29 (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO IV — CAPO II. Progressi della poesia comica nel medesimo secolo. » pp. 175-262
a muovere Sempre che ’l vuole. Tem. Anch’io talvolta muovola, S’ io metto al foco, o ne levo, la pentola: O quando
un asino? Faz. Verissimo. Tem. Di molti che si mutano In becco, io vo’ tacere. Queste trasformazioni satiriche d’u
e per gran tempo ha posto il proprio onore nella fedeltà delle donne ( io son pronto a mostrare ad un bisogno a quest’ enci
a, ad esclusione di ogni altro popolo, tutti gelosi e vendicativi. Ma io gli proverò colle medesime commedie, ch’egli anfa
ertisci a rispondermi a proposito. Faz. Che di tu? Ma con chi parl’ io ? Ove diavolo Corre costui? perchè da me sì subi
? Ove diavolo Corre costui? perchè da me sì subito S’è dileguato? io credo che farnetichi. Ma no; Temolo non ha temp
dio. Sono iti? dice Cintio; Faz. Sì, sono. Cin. Io son spacciato, io son morto, apriti, Apriti, per dio, terra, e se
a in Terenzio, e qual sarà mai? Dessa è appunto, la quale, a quel che io ne penso, non è altra cosa, se non che un movimen
il morto non si muove mai e il vivo sì; e però, quando tu faccia come io ti dirò, sempre risusciterai. Cal. Di su. Fes.
a eccellentemente? Se così bene di drento muore, non sentirà cosa che io gli faccia, e conoscerollo a questo. Zas: bene. Z
mo. Zas: ottimo. Calandro, o Calandro, Calandro? Cal. Io son morto, io son morto. Fes. Diventa vivo, diventa vivo: su,
Mandragola si chiama:   La cagion voi vedrete   Nel recitarla, com’ io m’indovino.   Non è il compositor di molta fama;
erchè non è uso a perdere la cupola di veduta. Nic. Tu erri. Quando io ero più giovane, io sono stato molto randagio, e
rdere la cupola di veduta. Nic. Tu erri. Quando io ero più giovane, io sono stato molto randagio, e non si fece mai la f
io sono stato molto randagio, e non si fece mai la fiera a Prato, che io non v’ andassi, e non ci è castel veruno all’into
to, che io non v’ andassi, e non ci è castel veruno all’intorno, dove io non sia stato; e ti vo’ dire più là; io sono stat
stel veruno all’intorno, dove io non sia stato; e ti vo’ dire più là; io sono stato a Pisa e a Livorno, o và. Lig. Voi d
per la giornata. Al destro corno fia preposto Callimaco, al sinistro io , tralle due corna starà quì il dottore; Siro fia
il Pentimento amoroso. Ma questa si pubblicò in Venezia nel 1583, ed io trovo, che nella stessa città un’ altra se ne imp
d imita nella sesta dell’atto III della sua Clizia: Pirr. Prima che io facessi ciò che voi volete, io mi lascerei scorti
II della sua Clizia: Pirr. Prima che io facessi ciò che voi volete, io mi lascerei scorticare. Nic. La cosa va bene. P
rei prima ammazzare che la rifiutassi. Nic. Ben dicesti. Pirr. Se io ho ben detto, io dubito non avere mal fatto; perc
re che la rifiutassi. Nic. Ben dicesti. Pirr. Se io ho ben detto, io dubito non avere mal fatto; perchè io mi sarò fat
ti. Pirr. Se io ho ben detto, io dubito non avere mal fatto; perchè io mi sarò fatta nemica la vostra donna, e il vostro
rni, e vestitosi si va di buon passo a dormir con Flaminio suo amico; io resto con più sonno che paura, ridendo e compassi
rizio nell’atto I, dove alloggiano gli Spagnuoli? E l’altro risponde, io non m’impaccio con loro; cotesti vanno al Rampino
te, dice: crede farmi stare a qualche scudo; ma è male informata, che io sono allievo di Spagnuoli. Degni però di qualche
di Virginio, questi risponde: Quando fu il sacco di Roma, che ella ed io fummo prigioni di que’ cani, finiva tredici anni.
Cittina: Io non so che trispigio sia dentro a questa camera terrena; io sento la lettiera fare un rimenio, un tentennare
i, acciocchè i raggi del vostro aspetto illustrino questo luogo, come io illustrato da voi veggio ogni cosa nelle più oscu
la sposare, ed ella l’impedisce dicendo: Non gittate, non gittate che io l’accetto, e come mio ve lo ridono, acciocchè se
’accetto, e come mio ve lo ridono, acciocchè se a Dio piacerà mai che io possa, come vorrei, esser vostra, ne leghi eterna
egli dice. Gisip. Che Giulietta, bestia? Sat. Oh padrone, che ho io veduto! Gisip. Che hai spiritato? Sat. Io ho
e, che ho io veduto! Gisip. Che hai spiritato? Sat. Io ho veduta, io ho veduta la Giulietta, e l’ho veduta con questi
nna Argentina. Gisip. Stai tu in cervello? Sat. Io non ho bevuto, io non vaneggio, io non dormo; io l’ ho veduta, io l
isip. Stai tu in cervello? Sat. Io non ho bevuto, io non vaneggio, io non dormo; io l’ ho veduta, io le ho parlato, ell
in cervello? Sat. Io non ho bevuto, io non vaneggio, io non dormo; io l’ ho veduta, io le ho parlato, ella ha parlato a
t. Io non ho bevuto, io non vaneggio, io non dormo; io l’ ho veduta, io le ho parlato, ella ha parlato a me, e mi ha data
o che è il suo nome primiero. Tindaro, padron mio (così convien ch’ io vi chiami, poichè mi trovo serva de’ servidori de
hè mi trovo serva de’ servidori della vostra moglie), gli affanni che io ho sofferti finora grandissimi e infiniti, sono s
amore, mi siete pur di fede, e mi dovete essere per obbligo. Non sono io quella, che per esser vostra moglie non mi sono c
e, per voi sono venuta in preda de’ corsari, per voi si può dire, che io sia morta, per voi son venduta, per voi carcerata
isip. E Giulietta scrive queste cose? Dem. (leggendo) Il dolore che io ne sento, è tale, che ne dovrò tosto morire; ma s
o desidero di non morir serva nè vituperata; per l’una di queste cose io disegno di condurmi, col testimonio della mia ver
condurmi, col testimonio della mia verginità, a mostrare a’ miei, che io per legittimo amore, e non per incontinenza, ho c
voi), che procuriate per me, poichè non posso morir donna vostra, che io non mi muoja almeno schiava di altri; o ricuperat
dovrà facilmente concedere: e, bisognando, promettete il prezzo, che io sono stata comperata, che io prometto a voi di re
e, bisognando, promettete il prezzo, che io sono stata comperata, che io prometto a voi di restituirlo. Gisip. Oh che do
mia miseria, come per non impedire la vostra ventura. E per segno che io non voglio pregiudicare alla libertà vostra, vi r
o del nostro maritaggio. Nè per questo si scemerà punto dell’amor che io vi porto. State sano, e godete delle nuove nozze.
30 (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « PARTE I — TOMO IV. LIBRO V » pp. 67-93
iungono in parte più remota. “Aml. Dove vuoi tu portarmi? parla; già io non passo più oltre. “Mort. Mirami. “Aml. Ti miro
uisce. Domani, gli dice poi, rappresenterete la Morte di Gonzago, cui io aggiugnerò alquanti versi; e gli fa partire. Amle
“Or che farebbe (soggiugne) se avesse i medesimi motivi di dolore che io tengo? E pure io disgraziato rimango stupido e mu
soggiugne) se avesse i medesimi motivi di dolore che io tengo? E pure io disgraziato rimango stupido e muto a mirare i mie
ato rimango stupido e muto a mirare i miei torti? . . . Altro adunque io non so fare che piagnere? . . . Ma no: udii dire
uoi sguardi, se cangia di calore, se palpita; so quello che dovrò far io . L’apparizione che mi si presentò, potrebbe esser
enderebbe un altro. Io! risponde la regina, Io! . . Che al tuo fato io sopravviva e d’altri Sposa io diventi? E creder
la regina, Io! . . Che al tuo fato io sopravviva e d’altri Sposa io diventi? E creder puoi capace Di tradimento tal
mlet? “Aml. E che vuol dir ciò, Madre? “Reg. Ti dimentichi di chi son io ? “Aml. No, per Dio, che non mi dimentico che siet
l ciel piacesse che così non fosse. Ah! sete mia Madre. “Reg. E bene, io ti porrò alla presenza di chi ti faccia parlare c
a porre tutta la nostra speranza nel valore; gettaronsi i rampiconi; io prima di tutti saltai nell’imbarcazione nemica, l
azione nemica, la quale nel tempo stesso si dispiccò dalla nostra, ed io rimasi solo e prigioniero. Essi mi hanno trattato
Essi mi hanno trattato con moderazione come ladri compassionevoli, ed io gli ho ben compensati. Tu fa in modo, che il re r
punta del ferro che tieni in mano è avvelenata, e . . ., mi ha morto; io ne avea una simile, e tu sei morto; tua madre ha
do, di stravagante, di mostruoso, tutto si trova in esse. Sulle prime io non sapeva intendere, come gl’Inglesi potessero a
I* Su i piccioli critici Spagnuoli. Sull’esperienza del passato ( io lo prevedo) non imiteranno la nostra ingenuità, c
31 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — Venezia il 31 10bre 1837.E il 14 novembre : » pp. 389-402
medaglia d’oro, la riproduzione della quale, come quella de’ritratti, io debbo alla squisita cortesia della figliuola Mari
scritto sposo, e non essendovi denunciato alcun impedimento canonico, io infrascritto Parroco dei SS. Giuseppe e Ignazio h
momento. Si vede che tu conosci poco il mio carattere – per tua norma io sono seria sempre e non amo per nulla scherzare.
verrà in capo di pensare a me ricordatevi di parlare sul serio e che io non scherzo mai. Mamma ed io contraccambiamo gli
ricordatevi di parlare sul serio e che io non scherzo mai. Mamma ed io contraccambiamo gli augurj che c’invil per il nuo
ando di cabale e intrighi soggiunge : Fra i nuovi attori per Napoli, io sono stato quello che da principio ho trovato più
eale Compagnia. Se fra le cose possibili la voce sparsasi fosse vera, io mi reputerei fortunato di poterle offerire il pos
accertano lo scioglimento col signor Bazzi, di sua figlia. è vero che io non porto un nome Reale ma ho sempre fatto onore
n trovi convenienza il sequitare con la Compagnia Reale. Dato il caso io vado in tracia della mia fortuna, si come fu di N
anco pel 42 e 43 con me. Alla Direzione della nuova Compagnia verrei io stesso e si agirebbe almeno sei mesi in Roma. Il
aver saputo prima lo scioglimento del Bazzi, mette il dilemma : « ho io non godevo la vostra confidenza, ho perchè non mi
ingolare…. …. Questi signori non attendono che questa tua risposta ed io egualmente onde non restarmene in pendenza e pote
ura e reale abilità artistica e sentimento sublime puoi affrettarlo –  io me lo auguro. Addio. Obb.mo Tuo servo ed amico
termine ! Mia cara Amalia, soccorri all’amica, acconsenti a tutto ed io ti adorerò come una santa, ed infatti tu saresti
opera ti frutterà mille benedizioni ed ogni felicità. – È inutile che io spinga il tuo cuore con maggiori parole, sono per
nato dal vero da Pietro Petronilla (collezione Paglicci-Brozzi) e che io non riproduco per la poca differenza che è fra es
32 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 340-342
Domeniconi, placida vittima della tua tirannia. Lo rimpiangerai…. ma io già non credo che tu voglia davvero voltargli le
coni : Papà mio, mi piange il cuore, ma vedi, mi offrono 500 di più ; io sono pover’uomo, crescimi tu i 500 ed io resto co
edi, mi offrono 500 di più ; io sono pover’uomo, crescimi tu i 500 ed io resto con te fino alla morte. Furberia da bergama
lo morsico. Se i dilettanti non ti afferrano come un Messia del cielo io li compiango. Dove vogliono trovare un infaticabi
33 (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO IX. Pregiudizj dell’Autore della Storia de’ Teatri, rilevati dall’Apologista. » pp. 95-111
’ Pregiudizj dell’Autore della Storia Critica de’ Teatri”. Quantunque io dovrei essere avvezzo a simili gentilezze apologe
ltri ad accordarvisi, e poi si querelerà della poca urbanità e che so io . Del resto egli con una evidenza propria del suo
denza propria del suo famoso saggio dimostra tali miei Pregiudizj, ed io non solo mi dispongo a contenermi nel replicare,
questi pregi. Ma il Lampillas mi dice che questo è un pregiudizio, ed io vi rinunzio incontanente. Anzi di più in consegue
enza di tal disinganno, rinunzierò a un altro pregiudizio. Imperocchè io pensava che i Poemi Comici si dovessero esaminare
circa l’oscenità di alcuno di essi bastasse accennarla, come ho fatto io , ad esempio del dottissimo Brumoy che così trattò
giudizio già distrutto, mi spoglierò di un’ altra falsa opinione, che io covava in mente. Io credeva che, per quanto si st
ra soddisfare. Più di una fiata mi rinfaccia il Signor Lampillas, che io abbia più a disteso parlato del Teatro Greco, Lat
ogo, pubblicata la nuova edizione del mio Libro. Lasciamo ancora, che io per uno de’ miei soliti pregiudizj pensava, che d
el Teatro Italiano al pari degli altri, perchè non era così noto come io pensava, e perchè alcuni nostri Eruditi ne favell
es, di cui dite, che nel Prologo avesse smentito il discorso di Lope, io veramente non trovo in tal Prologo simil cosa. Ce
ne del tempo in cui fiori Luis de la Cruz. 1. Oggi che queste cose io scrivo, si rappresenta nel Teatro de la Cruz un S
34 (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — [Dedica] »
a [1] Se in un secolo come il nostro, se ad un uomo quale voi siete, io non presento una di quelle opere importanti che i
opere importanti che influiscono direttamente sul bene delle nazioni; io vi prego, o Signore, ad attribuirlo meno al non a
nsecrar alla nostra comune dilettissima patria le mie fatiche: allora io vi sarei venuto avanti con un dono più degno di v
35 (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome V « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO IV. — CAP. IV. Progressi della poesia comica nel medesimo secolo XVI quando fiorirono gli scrittori producendo le Commedie dette Erudite. » pp. 136-255
che il vuole. Tem. Sempre che il vuole.Anch’io tal volta muovola, S’ io metto al fuoco, o ne levo la pentola, O quando ce
sino? Faz. Verissimo. Tem. Verissimo.Di molti che si mutano In becco io vò tacere. Queste trasformazioni satiriche di uo
per gran tempo ha posto il proprio onore nella fedeltà delle donne ( io son pronto a mostrare ad un bisogno a codesto Enc
a, ad esclusione di ogni altro popolo, tutti gelosi e vendicativi. Ma io gli anfana a secco, e che non si è curato di bene
dunque a me. Che vuoi far? Eccola. Faz. Che di tu? Ma con chi parlo io ? Ove diavolo Corre costui? perchè da me sì subito
ono iti? dice Cintio, Faz. Sì sono. Cint. Sì sono.Io son spacciato, io son morto, apriti, Apriti, perdio, terra, e seppe
a in Terenzio, e qual sarà mai? Dessa è appunto, la quale, a quel che io ne penso, non è altra cosa, se non che un movime
il morto non si muove mai e il vivo sì; e però quando tu faccia come io ti dirò, sempre resusciterai. Cal. Di su. Fes. Co
a eccellentemente? Se così bene di drento muore, non sentirà cosa che io gli faccia, e conoscerollo a questo. Zas: bene. Z
simo. Zas: ottimo. Calandro, o Calandro, Calandro? Cal. Io son morto, io son morto. Fes. Diventa vivo, diventa vivo: su, s
rchè non è uso a perdere la cupola di veduta . Nic. Tu erri. Quando io era più giovine, io sono stato molto randagio, e
rdere la cupola di veduta . Nic. Tu erri. Quando io era più giovine, io sono stato molto randagio, e non si fece mai la f
io sono stato molto randagio, e non si fece mai la fiera a Prato, che io non vi andassi, e non ci è castel veruno all’into
to, che io non vi andassi, e non ci è castel veruno all’intorno, dove io non sia stato; e ti vo’ lire più là; io sono stat
stel veruno all’intorno, dove io non sia stato; e ti vo’ lire più là; io sono stato a Pisa e a Livorno, o và! Lig. Voi dov
per la giornata. Al destro corno fia preposto Callimaco, al sinistro io , tralle due corne starà qui il dottore; Siro fia
ed imita nella sesta dell’atto III della sua Clitia: Pir. Prima che io facessi ciò che voi volete, io mi lascerei scorti
III della sua Clitia: Pir. Prima che io facessi ciò che voi volete, io mi lascerei scorticare. Nic. La cosa va bene. Pir
mbattete sempre. Nic. Che dice ella? che vuole ella? Pir. Pregami che io non tolga Clizia per donna. Nic. Che l’hai tu det
che io non tolga Clizia per donna. Nic. Che l’hai tu detto? Pir. Che io mi lascerei prima ammazzare che la rifiutassi. Ni
lascerei prima ammazzare che la rifiutassi. Nic. Ben dicesti. Pir. Se io ho ben detto, io dubito non avere mal fatto; perc
mazzare che la rifiutassi. Nic. Ben dicesti. Pir. Se io ho ben detto, io dubito non avere mal fatto; perchè io mi sarò fat
cesti. Pir. Se io ho ben detto, io dubito non avere mal fatto; perchè io mi sarò fatta nemica la vostra donna e il vostro
felice. Per rendere giustizia ai talenti dello stesso ab. Bettinelli io son persuaso che egli ne conosce più di noi i pre
rni, e vestitosi si va di buon passo a dormir con Flaminio suo amico; io resto con più sonno che paura, ridendo e compassi
io nell’atto I, dove alloggiano gli Spagnuoli? E l’altro risponde, io non m’impaccio con loro; cotesti vanno al Rampino
e, dice: Crede farmi stare a qualche scudo; ma è male informata, che io sono allievo di Spagnuoli. Degni però di scusa s
i Virginio, questi risponde: Quando fu il sacco di Roma, che ella ed io fummo prigioni di que’ cani, finiva tredici anni.
Cittina: Io non so che trispigio sia dentro a questa camera terrena; io sento la lettiera fare un rimenio, un tentennare
i, acciocchè i raggi del vostro aspetto illustrino questo luogo, come io illustrato da voi veggio ogni cosa nelle più oscu
a sposare, ed ella l’impedisce dicendo: Non gittate, non gittate, che io l’accetto, e come mio ve lo ridono, acciocchè se
’accetto, e come mio ve lo ridono, acciocchè se a Dio piacerà mai che io possa come vorrei, esser vostra, ne leghi eternam
etta , egli dice Gis. Che Giulietta, bestia? Sat. Oh padrone, che ho io veduto! Gis. Che hai spiritato? Sat. Io ho veduta
padrone, che ho io veduto! Gis. Che hai spiritato? Sat. Io ho veduta, io ho veduta la Giulietta, e l’ho veduta con questi
di madama Argentina. Gis. Stai tu in cervello? Sat. Io non ho bevuto, io non vaneggio, io non dormo, io l’ho veduta, io le
na. Gis. Stai tu in cervello? Sat. Io non ho bevuto, io non vaneggio, io non dormo, io l’ho veduta, io le ho parlato, ella
tu in cervello? Sat. Io non ho bevuto, io non vaneggio, io non dormo, io l’ho veduta, io le ho parlato, ella ha parlato a
Sat. Io non ho bevuto, io non vaneggio, io non dormo, io l’ho veduta, io le ho parlato, ella ha parlato a me, e mi ha data
chè mi trovo serva de’ servidori della vostra moglie) gli affanni che io ho sofferti sinora grandissimi e infiniti, sono s
amore, mi siete pur di fede, e mi dovete essere per obbligo. Non sono io quella, che per esser vostra moglie non mi sono c
e, per voi sono venuta in preda de’ corsari, per voi si può dire, che io sia morta, per voi son venduta, per voi carcerata
ritate. Gis. È Giulietta scrive queste cose? Dem. leg. Il dolore che io ne sento, è tale che ne dovrò tosto morire, ma so
o desidero di non morir serva nè vituperata; per l’una di queste cose io disegno di condurmi, col testimonio della mia vir
condurmi, col testimonio della mia virginità, a mostrare a’ miei, che io per legittimo amore, e non per incontinenza, ho c
voi) che procuriate per me: poichè non posso morir donna vostra, che io non mi muoja almeno schiava d’altri. O ricuperate
re: e, bisognando, promettete il prezzo che sono stata comperata, che io prometto a voi di restituirlo. Gis. Oh che dolore
mia miseria, come per non impedire la vostra ventura. E per segno che io non voglio pregiudicare alla libertà vostra, vi r
o del nostro maritaggio. Nè per questo si scemerà punto dell’amor che io vi porto. State sano, e godete delle nuove nozze.
36 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 738-742
conobbe mia madre, buona creatura, donna dei tempi primitivi ! Quando io fui grande mi sembrava che lei fosse mia figlia,
oco di buono che ho moralmente e artisticamente lo devo a lei !… Qui io apro una parentesi : tra gli otto figli di Paolo
vvenenza, e troppo piccina…. (però ero simpatica, e questo ve lo dico io  !). Che dolore per la povera vecchia ! Era su me
di « batti…. Canappia…. me màgnela ? »…. Moro Lin mi prega di farla ; io ricuso, un po' per il genere, un po' perchè non s
lascio convincere. Notate bene che si recitava allora Miss Multon, e io ci facevo la bambina : si replicava da molte sere
fronzoli, e senza affettazione. Al nome di Emilio Zago (V. pag. 719) io scrissi del Ferravilla e della Zanon : « due arti
37 (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO IV. Numero delle Tragedie Spagnuole de’ Secoli XVI., e XVII. » pp. 20-25
la compassione, l’affetto più proprio dell’umanità. Sono compatibili, io diceva, gli Stranieri, i quali asseriscono non av
rron in affermare, che gli Spagnuoli non conoscono la Tragedia. Forse io solo tra gli Stranieri ho cercato con diligenza r
ario la ragione allegata nella Storia de’ Teatri1. 1. Non comprendo io in questo numero alcune altre composizioni chiama
o de la Cruz fosse scritta colle leggi della Tragedia? Una ve ne vidi io dieci anni fa che era Tragedia come tutte le Favo
questo fallo corso per essersi confusi i segni di alcune giunte, che io trasmetteva in Napoli, egli non ignorasse il temp
38 (1715) Della tragedia antica e moderna
ti in Parigi dopo la mia partenza, e sono in viaggio verso costà dove io facilmente li darò al foco, non essendo stato mia
arò al foco, non essendo stato mia mente che escano prima dell’averli io rivisti e accresciuti siccome ho fatto in Italia
ragionamenti, imperocché, se bene questi mi movevano a tali risa che io stentava molto a sopprimerle, nondimeno dalle mat
ranno suggerite e dalla mia poca eloquenza permesse. [1.3ED] Navigava io lungo la frequentata e vaga riviera di Genova ver
e nobile compagnia che mai potesse per viandante desiderarsi, godendo io la gloria di servire nell’importantissima sua pon
deforme nel mio pronunziare come mi vedi nella persona; ma qualunque io mi sia, sappi che io te conosco più che tu non cr
unziare come mi vedi nella persona; ma qualunque io mi sia, sappi che io te conosco più che tu non credi e se tu pure cono
nel viaggio la mia finora sprezzata conversazione. — [1.8ED] — Come —  io risposi — potrò da qui avanti deridere chi ascolt
scotimenti del mare; ma, poiché ti sei dato a spiare il mio interno, io te l’apro ben volentieri acciocché tu scopra senz
genio mi ha posto in animo di scoprirti. [1.13ED] Fa dunque conto che io sia un impostore, ma attendi alle mie ragioni. —
sia un impostore, ma attendi alle mie ragioni. — [1.14ED] — Intanto —  io seguiva — mi vuoi tu sì credulo che io mi dia per
agioni. — [1.14ED] — Intanto — io seguiva — mi vuoi tu sì credulo che io mi dia per vinto all’illusione di aver sugli occh
sione di aver sugli occhi Aristotile, di cui sono secoli e secoli che io credo smarrite ancora le ceneri? [1.15ED] Certame
e secoli che io credo smarrite ancora le ceneri? [1.15ED] Certamente io dirò quello che io lessi aver detto, benché mal a
edo smarrite ancora le ceneri? [1.15ED] Certamente io dirò quello che io lessi aver detto, benché mal a proposito, in altr
e qualche cosa atta a persuaderti alquanto, se non a convincerti, che io sono Aristotile. [1.17ED] Hai tu mai letto chi fu
re un secolo, e già è per me voto il vetro preservatore e, per quanto io abbia poi faticato coll’arte a riempierlo, la for
na o il cielo che mi vuol mortale, non mi han secondato, in guisa che io godo di questa luce per l’ultimo secolo. [1.20ED]
’ultimo secolo. [1.20ED] Tu ridi ancora, né me ne offendo; così ancor io riderei se tu mi dicessi cose lontane dal creder
eto e rinnovato. [1.24ED] Ti rammenterai pur anche di aver letto come io , sott’altro pretesto, pria di morire mi feci reca
vita che va a finir pochi lustri dopo la tua. [1.25ED] Ed ecco quanto io posso addurti per render più verisimile quello ch
Ed ecco quanto io posso addurti per render più verisimile quello che io ben m’accorgo te credere tuttavia ostinatamente i
cacia d’espressione e con tanta vivezza di spirito che malagevolmente io mi do a credere potersi formar un’impostura più a
e trovato ad udirlo. [1.27ED] — Or via, in grazia del tuo ragionare —  io replicai — mi vo’ far questo sforzo di non creder
tto il tuo battere, conservansi ancor rilevate. — [1.33ED] — E come —  io soggiunsi — i miei Sermoni sono elevati all’onore
ottenuto. [1.35ED] Ed eccoti già nella curiosità d’intendere quel che io ne giudichi, però ti prego a non curarti del mio
si pesano assai saviamente gl’ingegni. — [1.36ED] — Parliamo almeno — io aggiungeva — della tragedia; né già è mia intenzi
stre. [1.37ED] Intendo voler ragionare di alcune cose che non ritrovo io ne’ drammi su’ quali hai tu fondata la regola che
vessero più di voi, se si ha la dovuta fede agli storici. [1.54ED] Ma io vi soggiungo che noi pure abbiamo migliorata la c
arlare (come abbiam proposto) della tragedia. [1.57ED] Ma, padre mio, io so che le tragedie franzesi piacciono più delle v
ui si debbono leggere ed osservare le antiche tragedie ed ecco quanto io posso dire di quelli che leggono i tragici greci
e, il lungo tratto de’ secoli è in colpa. — [1.76ED] — Ma — ripigliai io  — ti si conceda quanto tu dici sopra il valore de
iò non supererebbe la nostra. [1.78ED] Nella scoltura che si conserva io vedo un’immagine che àltera e migliora il vero se
i fallino strada. [1.91ED] Per altro tu non t’inganni nel credere che io abbia veduto rappresentare le tragedie de’ nostri
e quelli ancora che la disprezzano. [1.92ED] Ti dei ricordare averti io poco fa detto che ti conosceva: questa almeno non
quanto hanno d’ingegno! — [1.94ED] — E qual fu questa conversazione —  io diceva — in cui la prima volta mi ravvisasti? — [
’un gobbo canuto che gridava: «Oh bello!» ad ogni parola e quello era io : guardami bene ed esamina se sotto questa parrucc
a, né poteva esserlo mai. — [1.99ED] — A dirti il vero, oh maestro —  io soggiunsi — non posso negarti che mi mortificasse
ntito e sente quello che ha scritto. [1.103ED] Tu aspetti intanto che io giudichi fra voi due, ma vi giuro per Aristotile
’ pochi mesi. — [1.109ED] — Questo popolo, signor Aristotile — allora io risposi — che voi mi date per giudice non sarà ac
se, non finta, ma realmente operassero. — [1.113ED] — Poiché dunque —  io dissi — dobbiam parlare della tragedia e insensib
l discorso, e ti prometto di parlare con quella chiarezza colla quale io parlava a’ discepoli miei insegnando, ma non con
e. [1.152ED] Ben è poi vero che la cosa è ita più lontana di quel che io credeva; si sono avvezzati i filosofi a pensar ta
lieri; e chi son que’ due che ti accennaro? — [1.154ED] Così egli; ed io : [1.155ED] — L’uno è il marchese Ubertino Landi,
seconda [2.1] All’apparire della mattina sbarcammo il Filosofo ed io ad una parte di molo che signoreggia non solament
in venerazione del gran poeta, sedemmo a favellare di poesia, perché io cominciai : [2.4ED] — L’unità del tempo e del luo
el quale avete appena un abbozzo in quel frammento di nostra Poetica, io frequentava il teatro ed, osservate attentamente
iscernimento; trattai però dell’unità dell’azione, imperciocché aveva io osservato che una e non più azioni rappresentavan
stesso convenite col mio sentimento. [2.12ED] L’unità del tempo, che io così chiamo in grazia del rinomato Pietro Corneli
retta nel solo spazio d’un giorno, e ciò non ho fatto perché, se bene io crederei di maggiormente dilettar gli ascoltanti
r’ore sono troppo scarse all’azione. [2.18ED] Dell’unità del luogo ho io parlato nel mio libro della tragedia, ma nel fram
avete non ne ritrovo pur orma. [2.19ED] Pure per farti intendere come io concepisca questa unità, è necessario che io ti p
per farti intendere come io concepisca questa unità, è necessario che io ti parli ancora della perfezione che io stimai co
uesta unità, è necessario che io ti parli ancora della perfezione che io stimai conveniente all’unità tragica, sia d’azion
un canto le due unità nelle quali tutto il mondo letterato conviene, io dica qualche cosa di questa terza in cui non conv
— Chi vuol troppo — rispose Aristotile — men conseguisce. [2.26ED] Ed io voglio questa volta dir qualche cosa contra i fil
losofi, perché tu conosca almeno da questo la mia ingenuità, parlando io contra una setta di uomini nel numero de’ quali o
tragedia è perfetta quanto più d’aiuti esterni abbisogna. [2.56ED] Ed io ti replico che questa è una di quelle perfezioni
la vista resta più ricreata da quella varia apparenza. [2.61ED] Onde io non so come non sia più diletto il vedere che il
i semidotti. [2.83ED] Io so che al tempo del mio gran re53 presedeva io alle rappresentazioni di alcune tragedie greche c
ogo, porti via quel che vuoi, ed operi violentemente, e pensasti, che io possedessi una città serva, e vuota d’uomini, e m
sce a farvi sopra le smanie e ciò segue in istrada, e così appunto ho io voluto che ad Alessandro si rappresenti. [2.118ED
che alcuno glielo impedisca. [2.126ED] Del Filotete di Sofocle non ho io fatto menzione per esemplificarti la mutazion del
e una sì lunga conversazione e di restituirci tu alla doviziosa poppa io alla miserabil prua della galera. — [2.130ED] Io
ancora veduto, non avrei né meno avuto agio d’intrattenerlo, essendo io troppo allora distratto nella vista di quello smi
nzo e di ferro, e nelle innumerabili bombe co’ loro mortari, ammirava io la profusion de’ tesori e la magnificenza di Luig
cque quanto, vedendovi per entro cullarsi la bella galea su cui aveva io scorso non piccol tratto di mare con non poco pat
D] Divisatosi fra noi brevemente su la vaghezza del nostro soggiorno, io fei crudamente (tanto il desio mi spingea) mano b
sti oziosi ragionamenti per ritornare su la tralasciata materia; onde io presi a dire: [3.7ED] — Quel dito che tu mettest
in tutta chiarezza di tal verità. — [3.13ED] — Sono persuasissimo, —  io replicai — ma una differenza ci è circa lo sceneg
lungamente a tutt’agio. [3.28ED] Per queste ragioni non è facile che io m’arrenda a coloro che han per costume di ridersi
i vostri esemplari. [3.30ED] E però nelle vostre tragedie ritrovando io soliloqui, già per questo conto comincio a piegar
qui né di quel che chiami sceneggiamento. — [3.37ED] — Siasi questa —  io soggiunsi — o parzialità tua o ben fondato giudiz
po raggiare il lume più fievole del carattere principale e così, dove io aspettava un eroe, mi rappresentate un amante. [3
a comparir in scena ridevole. [3.73ED] Tu ti torci, ma abbi pazienza; io dico male de’ miei Greci dove lo vuole la verità,
o il grande ed il generoso de’ loro caratteri. — [3.80ED] — Ma pure —  io interrompeva — non può negarsi che aride come (pe
l tuo teatro e non caderai nel difetto che sin ad ora ho perseguitato io ne’ moderni, né in quello che tu perseguiti negli
a te stesso che all’impostura ci vuoi franchezza nell’asserire, e che io già sono impostore. [3.97ED] Credilo per lo meno
ut mulieres, et hospites ad Cercidas sederent». — [3.98ED] — Tant’è —  io soggiunsi — ammiro l’altrui disinvoltura nel pron
ar gli affetti col terrore e con la compassione. — [3.101ED] — Né men io — seguia l’Impostore —, e quante cose ho io pronu
one. — [3.101ED] — Né men io — seguia l’Impostore —, e quante cose ho io pronunciate con termini che non significano nulla
con termini che non significano nulla? [3.102ED] Noi altri filosofi ( io parlo almeno de’ non stoici) dobbiamo mantenerci
lla significasse, ma che nell’oscurità mostrasse involvere arcani, ed io fra me stesso rideva dello stralunamento degli oc
occhi loro e de’ folli applausi delle lor lingue a ciò che né essi né io intendevamo. [3.106ED] Ma il mio purgar gli affet
a e toglie la nostra malinconia: questo è il vero senso del testo, ma io senza dipendere da quanto ho scritto, posso ora i
compatirlo e caccia da’ nostri cuori la crudeltà. [3.110ED] Questo ho io fondato sull’idea la più generale delle nostre an
rsi il massimo di tutti i re della terra. [3.114ED] È lungo tempo che io vedo monarchi; ho veduto Alessandro, Cesare, Otta
pubbliche. [3.116ED] E benché possa dirsi lo stesso di molte nazioni, io che ho già camminati tutti i paesi sin ora scoper
i spensierato. — [3.117ED] — Approvo quanto tu dici in questa parte —  io risposi — e tanto maggiormente io l’approvo quant
vo quanto tu dici in questa parte — io risposi — e tanto maggiormente io l’approvo quanto che son bolognese. Io vanto un m
stessa meta, voi altri ve ne anderete col brio signoril delle poste, io , povero vecchio, me ne anderò con più agio e con
o all’aver veduto Versaglie per finire di trasecolarmi; e se, essendo io alloggiato nel borgo di San Germano, non mi fossi
mantello e mi volgo e mi vedo al fianco Aristotile; dimodoché volendo io alzar la voce per l’allegrezza, l’astuto vecchio
mma per musica, ivi cantato e rappresentato. — [4.18ED] — Domattina —  io risposi — vo’ che l’alba mi truovi in Versaglie p
o in quindici libri leggiadramente ristretta, di cui mi sarei servito io per esempio assai più volentieri che dell’origina
stato più secoli avanti di me, così almeno fosse vissuto al tempo che io scrissi M.r de la Motte. [4.22ED] Capistron poi è
quel gobbo, mi sparì fra le alte stature degli affollati Franzesi ed io rimasi col gomito su l’orchestra a veder uscire A
uello spettacolo mi parvero due momenti, tanta era la contentezza che io aveva di trovarmi ad esso presente, e mi riscossi
i con occhio caprigno star osservando la mia venuta. [4.28ED] Entrato io però con essolui in una stanza assai civilmente a
rovata cosa che me l’abbia fatto apparire molto diverso da quello che io me l’era già figurato in leggendolo e in discorre
e fracasso, ma non di quello che ormai comincia ad assordarmi, perché io credeva in questa parte i miei giudici men passio
ngono a ferire sfacciatamente nel timpano dell’udito: circostanza che io non potea dicifrare per non averne avuto esperien
no (cred’io) né franzese, vorrei sapere se per ragione o per passione io me ne sia compiaciuto; e se maggior maestà e grav
del nostro Virgilio — ; e recitommi la proposizione di quel poema che io malagevolmente in bocca sua intesi, tanto era div
aturalmente di pace. [4.56] Fatta questa prova che vi riuscirà quale io dico, fatene un’altra. [4.57ED] Pigliate una stan
ma non è verso. [4.61ED] Di questo sillogismo negherai tu la minore e io te la provo. [4.62ED] Il verso italiano senza rim
dir meglio dovea conchiudere: se ben paiono versi, nol sono, siccome io credo averti assai persuaso; e mostrò il vostro B
rso impropriamente e di solo nome sarebbe. — [4.81ED] Poco mancò, che io non baciassi il mio gobbo, tanto solleticavami il
e ho diffusamente spiegato nella mia prima dissertazione e ciò perché io considero questa misura di versi non regolata dal
versi non regolata dal metro, ma ben piuttosto dal ritmo, supponendo io , secondo la sentenza di Mario Vittorino, che: «me
ione. [4.92ED] Tu dei sapere che la tragedia è fatta per esser udita, io parlo de’ versi, perché rispetto allo spettacol,
sare la nausea che dal troppo dolce suol provenire, perché tu sai che io nel mio fragmento della Poetica sto predicando ch
Et quocumque volent animum auditoris agunto. [4.98] Ben è vero lodar io quella sorta, sia di misura sia di periodo, che p
ale si accosta, e però avrai letto nel mio divulgato fragmento lodare io nella tragedia «i versi ambi, perché essi imitano
i l’avevano; e però anziché biasimar coteste rime, le lodo e le credo io necessarie, perché queste unicamente mi contraseg
te sia verso in vostra lingua che ha rima. — [4.104ED] — Oh qui sì —  io ripigliava — che vi vogliono delle comparazioni p
o della dolcezza. — [4.129ED] — Ma che domine son eglino, adunque, —  io seguiva — que’ ragionari che di undici in undici
amente al Berni accordata simil fortuna. — [4.154ED] — Ma che dirà —  io interruppi — di cotesta tua opinione un certo giu
con non minore eleganza di stile. [4.158ED] Pure non voglio incorrere io nell’errore del metter piede in una professione n
iratosi: [4.181ED] — Io non pretendo — mi disse — che tu distingua se io sia veracemente Aristotile o un impostore, un arg
re in cui potrai tu raffigurare qualche originale che lo somiglia; ma io non lo somiglierò forse tanto quanto per avventur
l’ingegni e le lettere. — [4.196ED] Allora (abbracciando il Filosofo) io proseguiva: [4.197ED] — So chi rassomigliare al m
oseguiva: [4.197ED] — So chi rassomigliare al modello; puo essere, se io scriverò quanto fra noi si è discorso, che taluno
si per noi bevuto ci dié congedo da quella conversazione, dalla quale io partiva ripieno delle cose udite, in maniera che,
a momentanea villeggiatura: [5.6ED] — Ma crederesti — cominciò egli —  io non ho veduta Versaglie, perché quando io partii
rederesti — cominciò egli — io non ho veduta Versaglie, perché quando io partii ultimamente di Francia non venia nominato
, in qual aspetto si è presentata Versaglie? — [5.8ED] — Versaglie —  io soggiunsi nell’accostarci che noi facevamo a pass
, di marmo ed istoriate di bronzi prodigamente dorati, gittano fiumi, io non esagero, fiumi per aria, configurati a girand
l’accurato Junston. [5.15ED] Sbrigato alfin da’ giardini, non credeva io di veder più cosa che mi allettasse; quand’ecco n
, sono di questo carattere. — [5.34ED] — Hai divisato prudentemente —  io rispondeva — dicendo ‘la maggior parte’, nella qu
te — io rispondeva — dicendo ‘la maggior parte’, nella qual cosa teco io convengo. [5.35ED] Ma però in questo numero non d
ed eccoli già in un letargo profondo e mortale sepolti. — [5.37ED] Ed io allora: [5.38ED] — Hai ragione di deplorare la s
sorte di quegl’ingegni che s’imbarazzano in questa razza di dramma ed io , che vari ne ho posti in scena, non ho maladetti
eno dall’uditorio che da’ cantori e spiccar di maniera sui palchi che io stesso, assidendomi ascoltatore, mi son sentito s
ntare un’arietta di poesia e moda italiana; lo che poco prova, avendo io osservato esultar altresì gl’Italiani qual volta
e nazioni a grave prezzo ne stipendiano i professori più rinomati; ed io , che son Greco, difficilmente mi separo da questa
ar sotto gli occhi di questo istesso Aristotile. — [5.95ED] — Ma se —  io proseguiva — sotto il patrocinio di un principe s
à l’hai avuta; ne sei tu contento? — [5.199ED] — A quel che ascolto —  io tutto smarrito risposi — egli è più faticoso il f
no tesser da un uomo, benché non tutte si conformino a quell’idea che io ne ho data nelle mie regole e dalla quale io stes
formino a quell’idea che io ne ho data nelle mie regole e dalla quale io stesso recederei se ne dovessi comporre. [5.208ED
gno; siccome ho detto altre volte. [5.212ED] Tu lo vedi nell’idea che io ti ho suggerita del melodramma. [5.213ED] Pare a
rita del melodramma. [5.213ED] Pare a te che con tutte le cautele che io ti ho prescritte e che secondo la ragione melodra
ili rappresentazioni son destinati? — [5.215ED] — Volesse il cielo —  io seguiva — che si chiudessero; imperciocché non ar
gitori. — [5.246ED] Dopo così lungo ragionamento si levò il vecchio e io , giurando per la tripode d’Apollo, anzi, come Arc
e monsignor Aldrovandi, i quali vedendomi astratto e non sapendo aver io in corpo Aristotile, gentilmente scherzavano into
la quale, se non d’ornamento, supera almen di lunghezza la Vaticana, io dico quella che Gregorio XIII Pontefice Massimo e
uo giudizio circa il lor modo di recitare. — [6.22ED] — Veracemente —  io risposi — ho trovato negli attori franzesi rispet
tissimo bibliotecaio di Modena, Muratori; e però su questo, prima che io passi avanti, ti prego a sinceramente instruirmi.
. [6.34ED] Della nostra musica noi parleremo più a basso soltanto che io possa darti ad intendere la cantilena, qualunque
gli uditori e di giovare, dilettando, alla repubblica. [6.40ED] Premo io però nella mia Poetica, ove tratto della tragedia
rte di coro la qual si mescola con gli attori, accenno che questa che io chiamo coro, non canta, essendo un accompagnament
u avessi più sopra nel medesimo frammento osservato là dove definisco io la tragedia vi avresti letto queste parole: Chia
o del tragico. [6.62ED] Le loro commedie più celebri son pur verso ed io , che mi son trovato all’Anfitrione, son rimasto c
ta ancor la persona leggiadramente contorta.‌ — [6.74ED] — Confesso —  io risposi — che l’azion de’ Franzesi ha non so che
ni esporremmo per muovere a riso coll’impropria stranezza dell’abito; io perdono a’ Franzesi l’amar cotanto il lor diletto
ragedia, come tu sei d’opinione che non si debba dar nella natura; ma io aderisco al partito di que’ filosofi più mansueti
eressato nella salvezza dell’infelice Brittannico. — [6.101ED] Mentre io così diceva tutto in un fiato, m’interruppe l’acc
ché ciascuno preferisce con troppo amore il proprio genio all’altrui; io , che vengo per terzo ad eriggermi in giudice di q
97ED] Orazio… agunto: Orazio, Ars poet., 99-100. [commento_4.98ED] io … parlano: Aristotele, Poet., IV, 1449a25-27. ho…
e VI.[59]. 13. E. Manfredi, lettera a P. J. Martello, 3.X.1712: «Ed io vi replico che Pontico Vitruvio non si trova né i
pretese di riallacciarlo all’antica tragedia greca: «In occasione che io vo’ disaminare il merito de’ correnti drammi per
uegl’impazienti Franciosi, non senza l’averli convinti del non essere io tanto da nulla quanto per essoloro gran parte di
il conte Marcantonio Ranuzzi, l’altro l’abate Giuseppe Bertocchi, ed io il terzo, sorsi improvvisamente e colle ragioni s
i Quirini, e come sapete voi che mi domandino un componimento, quando io non ne so nulla?» 35. Cfr. P. J. Martello, Il F
39 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [E-F]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 929-930
a superba Tiranna di compagnia, et infine che sono pazzacci tutti, et io ero la strapazzata (e uergognia chio lo dicha) da
verita gli preme, è la parte per la moglie e questo me inporta, p che io che ma fadigo cò la mente più de tutti, a tirar m
son della medesima volonta di dargli le doi parte ona cbe in sostanza io no resti defraudata nelle parte della mia casa, s
re imoto tutti co in ventioni Masanieleschi et un Cattiuo ne fa cento io no prometto che p la mia casa, e saremo a Dio pia
40 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 691-696
a nella sua semplicità. « Non mi chiedete – ella disse una volta – se io preferisca l’arte antica o l’arte moderna. Per me
nvenzionale sanno persuadermi e far vibrare la mia anima per modo che io possa trasfondere nel pubblico la commozione mia,
la Vitaliani. — Nella mia esistenza affannosa e turbinosa, le ore che io passo in treno sono le mie migliori. Mentre la ma
gliori. Mentre la macchina vola attraverso i campi o in riva al mare, io dimentico il palcoscenico, dimentico le piccole e
41 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [E-F]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 841-848
A pena giunto al primo lustro, avara Morte mi tolse i genitori, ond’ io Potea sperar se non ricchezze, almeno A periglios
ate Delizie, o Galla, e tu Teodorico Che direste pel ver, ch’espresso io dico ? Anzi non dico a pien di sua figura Il perd
n fortunato ancor tu puoi La spenta prole ravvivar ferendo Te stesso, io no, che ferireimi or ora, E ferito m’avrei prima,
desire Di veder dolci pargoletti modi Forz’è, ch’a lamentar la lingua io snodi. Sigismondo ben tu, ch’ultimo fine Rimaso s
e non vegg’io chi merte A par di lei in sua innocenza bella. Perduta io l’ ho, nè più trovarla spero, Se non m’appresso a
a al Cardinal Madruzzi, vescovo e principe di Trento : …. Monsignor, io sono un, che sempre in comedia s’innamora : Ma co
non ha ajuto bisognerà che tosto il mondo lasce. Oimè, che quasi meno io son venuto nel dirvi questo. Humil fo a voi ricor
sta al Toro veder tagliar, idest far carnevale, perchè d’ir a Bologna io spasmo e moro. Qui narra di certi suoi pegni di
al morir vicina. Muta eloquenza filïal che in tutto ogni altra vinci, io volli allor allora, venir a dirvi il mio doglioso
42 (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IX « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. Tomo IX. LIBRO IX. Continuazione de’ Teatri Oltramontani del XVIII secolo. — CAPO VI. Teatro Spagnuolo Comico e Tramezzi. » pp. 149-194
congedarvi, Il ciel vi guardi, e vi conduca (aimè!) Giovanni A dirti io vengo sol… Isabella A dirti io vengo sol…Sì che
e vi conduca (aimè!) Giovanni A dirti io vengo sol… Isabella A dirti io vengo sol…Sì che ten vai. Lo so; va pur, te lo co
A dirti io vengo sol…Sì che ten vai. Lo so; va pur, te lo consiglio io stessa, Vanne, crudel; se hai tu valor bastante P
L’infausto istante.Ah che non sai qual pena… Isabella Eh sì, quanto io ti debba io non ignoro, So… parti, fuggi, lasciam
istante.Ah che non sai qual pena… Isabella Eh sì, quanto io ti debba io non ignoro, So… parti, fuggi, lasciami morire. Ma
a sorte! Ah l’amor mio Ciò meritò? Giovanni Ciò meritò?L’ho meritato io forse? Ingrata donna, e che facesti mai? Per te,
qualche sospiro Era de’ voti miei gloria e misura. Tutto è finito? S’ io t’amai, se un tempo Ci amammo, un’ ombra or ne ri
e viene il padre, e senza avvertirne il servo muta discorso, e dice, io voleva mettermi tralle cappuccine per meritare co
limento interessante è accompagnato da una felice esecuzione. Sebbene io l’abbia tradotta interamente in prosa, come feci
ese in questa guisa gli si oppone : No, non fia mai che la disgrazia io vegga Di mia cugina, e non la senta io stessa Nel
, non fia mai che la disgrazia io vegga Di mia cugina, e non la senta io stessa Nel più vivo dell’alma. Amato Padre, Poich
che mel concedi) Ch’io le porga la man; misera, errante, Abbandonata io la vedrò, nè seco Dividerò i miei beni? Ah nò, de
giacchè vi prende Tanta parte il mio cuor, ch’esser non voglio Felice io stessa, se non sei tu lieta. Queste due commedie
adrid la vide con particolar diletto, e l’applaudì. La traduzione che io ne feci indirizzandola all’apologista Lampillas s
a parte IV de’ miei Opuscoli varii. Il Barone è l’ultima commedia che io conosco del sig. Leandro de Moratin, ed è pure in
pubblicato, e me ne fornì un esemplare che pure a petizione di alcuni io tradussi in prosa giusta la richiesta. Consiste i
solo carattere principale che trionfi fra molti; e sino al tempo che io vi fui, esposero per esempio alla vista una sala
non si trovavano di giusta misura pel suo letto a. a. Di ciò sono io stato più volte testimonio; ma sento che egli ha
ale si tollerarono pazientemente dal La Cruz dal 1777 al 1782, mentre io pur dimorai in Madrid. Dopo la mia partenza egli
43 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » p. 471
rita sul finire del ’500. Di lei non abbiamo che le poche notizie che io trascrivo dal D’Ancona. Quando il Principe di Man
lia Bolico, Comica. Car.ma mia. Li comici Confidenti, dei quali hora io mi servo, desiderano di haver voi in compagnia lo
44 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 307-309
bassa valle, il folto bosco, il cupo remoto sen d’ogn’antro opaco, ed io dalla stessa rapita amica voce pieno di pace il c
te che spuntano dal suolo erbe novelle, Lieta m’affido, e ricca preda io faccio, pria che il raggio del Sol l’onda riscald
conde. Libertà, libertà, ricco tesoro, dolce quiete del cor, lo grido io pure, nè giammai tacerò finchè avrò vita, ……………
45 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 770-771
ile gaiezza, e con essa una modestia senza pari. « Volete proprio che io rinnovelli disperato dolor…. – prelude alle sue n
e Lavaggi, quale amorosa, dando subito prova di non dubbio valore, e io stesso la ricordo all’ Arena Nazionale, applaudit
be anche a me ! ma c’è ancora del fosforo ne' lombi miei…. » Lo credo io  ! E Le auguro, o meglio, auguro a me e a tutti gl
46 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — Di Venetia, 23 di marzo 1675. » pp. 351-354
dir collo Scardeone e col Sand che contenda con Plauto. È peccato che io non possa trascriver siffatte scene. Nell’origina
iunti : quello che di mio fratello avvenisse non potei mai risapere ; io in abito di donna fino alli diciotto anni stei ri
i…. ed in breve, quello che faria con un pennello un dotto dipintore, io con l’ago, con la seta tinta di varj colori farò.
iacendovi adunque uno di noi, piglierete quello che più vi piace, ch’ io non ho a dire altro, alli effetti rimettendomi.
a decessit, ann. domini m. d. xlii. die xvii martii. aetat. vero xl. io . bapt. rota patavinvs tantae praestantiae admirat
ndo personaggio onestamente buono per la parte del capitano, avendone io di bisogno per molte comedie, e parte necessaria,
47 (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo terzo — Capitolo decimosettimo, ed ultimo »
ne della musica. A maggiore e più compita illustrazione della materia io aveva pensato d’aggiugnere alcune riflessioni int
tario di quella Reale Accademia; della quale opera benché nulla abbia io veduto finora, ho però diritto di giudicarne anti
o che per me si potrà nella lettera che mi dò l’onore d’indirizzarvi, io mi farò imprima a scomporre la musica, e ne esami
re insieme l’importante e vera forza di tal termine. E di ciò appunto io ne feci serio esame. A tutti è noto che il più be
a questo corso più o meno rapido, più o meno lento de’ medesimi piedi io ho attribuita la principal cagione dell’estrema v
ome l’opera degli dei, altro non fu che l’opera de’ musici. Del resto io son ben lontano dall’escludere tutte le prolazion
iù alta e più bassa, senza che v’entri per niente la sua quantità, ed io non capisco il perché la maggior parte degli erud
e dei popoli non contengono cosa che meriti una preferenza esclusiva: io porto ciò nonostante opinione che sebbene le ling
egiudizio il suono d’un flauto è più dolce di quello d’un tamburo… Ma io non m’avveggo che qui mi fo a sviluppare le cose,
ne sia privo. E se i musici si mostreranno ritrosi nell’accordarmela, io dimanderò a loro donde nasca ch’essi tutti spinti
eri e lamentevoli, e il fa minore nelle cantilene tetre e lugubri? Or io esorto appunto i nostri compositori a non confond
nostri tuoni con quelli degli antichi, e venirne a capo, avvegnacchè io non possa convenire con M. Vallis, il quale pensa
do gli antichi, alla molle dolcezza del nostro “A-mi-la”. Del resto s’ io rivolgo il pensiero alla severità della musica an
e di nuovo! [7] La melodia è un campo feracissimo di osservazioni, ma io non farò che sbozzarne i principali caratteri. De
ne una passione in una lingua, la esprimerebbe male in un’altra) così io soggiungo che codesti suoni debbono essere confor
i fo lecito d’assicurarvi, o Signore, che trattando siffatta materia, io cercherò di farlo con quel candore e con quella i
a chi volesse sostenere il sentimento opposto; ma per quanto rispetto io porti alla memoria di questo sapiente accademico
om’io proverollo più a lungo parlando della loro declamazione. Quindi io ritorno ai mezzi che la musica adopera per imitar
maneggiar ancora gli argomenti tragici, grandi, e regolari. E appunto io fo accorti i nostri compositori, come ciò verrebb
e più caro che non il fasto pieno d’inquietezze, e di noiosi fastidi, io non cantai, al dir d’un antico, che per me, e per
in siffatte materie. A tale fatica, che a più d’uno sembrerà erculea, io m’accingerò tostochè mel permetteranno le mie cir
nia, perché mentre l’italiano si vede costretto a dire in tre parole “ io aveva fatto”, gli antichi si sbrigavano con una s
48 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article »
non riferisce che il seguente brano in francese. Egli è per ciò ch’ io ho fatto si che Cola entrasse nella Compagnia. È
e, d’altronde invecchiato, non più divertiva come una volta. Intanto, io prego Vostra Maestà di aver questi comici come ra
49 (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO III. Se ne’ secoli XIV., e XV. gl’Italiani ebbero Poesie Sceniche. » pp. 14-19
zza della Commedia ESISTENTE del Vergerio. Ma come compatirlo, quando io le avea riferite nella mia Storia, e il Ch. Tirab
ista) tiene per difettose le antiche produzioni Italiane teatrali. Nè io nego che alcun difetto possa notarvisi: come se n
la Poesia Scenica giusta la forma regolare degli Antichi? Queste cose io narrai nella mia Storia, che il Signor Abate Lamp
bate Lampillas vuol non vedere, tutto che le vegga e le palpi; queste io dissi di presentare a’ poco instrutti dell’Italic
Lampillas, cui incresceva di ciò vedere, volle dare ad intendere, che io poteva sì bene spacciare queste cose co’ poco ins
50 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 118-139
to 1642 : « M’ onorò V. A. S. a questi mesi passati di comandarmi ch’ io servissi il sig. Gio. Batista Andreini detto Leli
rse premer co ’l pie’ crede le stelle ? Impoverito è il Ciel, cagione io solo fui di tanta ruina, ond’ or ne godo. Tessa p
e alcun che di convenzionale a declamazioni e a passi in cadenza ; ma io non sono alieno dal credere che tale specie di re
n tanta sollecitudine e destrezza, che sembra farsi per arte magica ; io queste belle stravaganze non escluderei da’ teatr
historie si possono rappresentare ageuolmente : come in Bologna vid’ io già molt’ anni introdur per intermedio uno Amphio
cena intera. Marta, Maddalena Marta Non so s’ arretri il passo, o s’ io l’ avanzi, miserabile avanzo di doglia inusitata.
ea in sepolcro di rose ? Ma se non ponno i fiori trar quel frutto ch’ io bramo ; movati almeno a’ generosi affari de’ tuoi
ol consente, poichè al volar tant’ alto punger d’ ali le penne appena io sento. Prima il fior ; poscia il frutto dassi il
o. Quinci fastosa in cumulo di vanti, pindareggiando, cosi avvien ch’ io canti. Quando vecchia i’ mi sarò, ben saprò
zza in sul confine, ch’ogni superbia ha lagrimoso il fine. Ma poi ch’ io parlo e piango all’aspide, alla Talpa, dispero il
ia che scenda fulmine al danno tuo, che ti disperda. Cruda, rimanti ; io parto, partomi in un momento, portando agli occhi
e c’ erano invece gl’ imitatori strampalati del Cav. Marino : e però io credo che relativamente più esatto sia il giudizi
un po’ l’ odore di codino. Che la cassetta entrasse per qualche cosa io credo : ma non veramente ch’ egli scrivesse come
molti professori del ben parlare troueranno molti luoghi dove ne men’ io debbo dir bene, si come anche mi accorgo, che que
mi accorgo, che quelli, che non sanno parlar bene non conosceranno s’ io dica bene, o male ; onde anderanno sempre dicendo
i altra sodisfatione se non che si dichiarassero di non saper ciò ch’ io mi habbia detto. Per altre cose concernenti la v
51 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » p. 477
esta lettera dettata a nome della Compagnia, il Neri ne lo ritiene (e io con lui) in conto di Capo. Nella supplica del 159
o nativo di Piombino luogo della Toscana. » E molti lo seguirono ; ma io credo sia evidente trattarsi dell’appellativo di
52 (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO V. Teatri Oltramontani nel secolo XVI. — CAPO IV. Spettacoli scenici nella penisola di Spagna. » pp. 137-226
ra sopra ogni letteratura nulla d’importante aggiugne a quanto allora io scrissi del teatro spagnuolo. Adunque senza aver
o. Adunque senza aver ragione degl’ingrati una mi accingo a darne ora io stesso assai più piena, in cui alle notizie ovvie
pologisti come antispagnuolo a dispetto della verità e dell’evidenza, io , dico, straniero mi accingo a rilevare i pregi di
Castillejo morto nel 1596 scrisse alcune commedie rimaste inedite che io non ho potuto leggere, e che secondo il Nasarre p
struggono sì manifestamente le sofistiche congetture del Nasarre, che io stimo che non mai quell’erudito da buon senno pre
quos in die Corpus Domini sub dio recitari mos est in Hispania . Ciò io ho potuto rilevare con fondamento, nè altro scrit
nale prima di me mi ha sugerito nè cosa più ragionevole nè questo che io ho indicato a. Ma passiamo agli altri drammatici
quella intitolata Mocedades del Cid, le gesta giovanili del Cid, che io vidi di tempo in tempo sulle scene. Probabilmente
ine del portoghese la Cruz, e della Castro del Ferreira già riferite, io ne conto altre dodici di cinque letterati Spagnuo
i di cinque letterati Spagnuoli. Vuolsi avvertire però che fra questi io non pongo quel Vasco Diaz Tanco de Fregenal, che
Perez purezza, eleganza e naturalezza; ma con pace del signor Andres io trovo non poche volte peggiorati gli originali ne
intelligenti nazionali la conoscono soltanto per tradizione, nè sono io stato più felice nel ricercarla. Il buon poeta Lu
mpillas l’impugnava colle sue snervate forze. Benchè a quel La Huerta io più non possa mostrare il suo torto in que’ tre o
ali mi avessero prevenuto in tessere una storia del teatro Spagnuolo, io avrei durata minor fatica ad ordinarne le notizie
ed apologisti ch’io sappia, seppero o mostrarono di sapere, prima che io ne facessi menzione, la regolarità di questa comm
II. a. Il sempre invitto felice apologista Lampillas ebbe a male che io avessi chiamate visioni le ciance del Nasarre sul
e del Nasarre sul Naarro. Avrebbe egli forse desiderato piuttosto che io gli dessi il titolo competente a coloro che non
onta delle insolenti sciocchezze del cianciatore Garcia de la Huerta io sempre chiamerò Spagnuola l’Accademia che fioriva
e ammirato Garcia de la Huerta, dicendo, yo no he visto ninguno ; ma io lo farei certo, se vivesse, di aver veduto ed asc
aver veduto ed ascoltato moltissimi che l’affermavano, di che soleva io meravigliarmi col mio dotto amico Nicolàs Fernand
rno di circa diciotto anni. Se avesse prodotto il gran Prologo mentre io vi dimorava, avrei potuto disingannarlo, presenta
azione imparziale e che conosce gli andamenti dell’Huerta, ben sa che io non asserii una cosa immaginaria. a. Vengono men
arsi di colpevole negligenza uno straniero che si è industriato, come io ho fatto, di rinvenir qualche orma almeno di ciò
’ nazionali. Ma poi è egli vero ch’io l’abbia trascurato? E che altro io feci nelle Note su gli autos poste nella Storia d
tos poste nella Storia de’ Teatri prodosta nel 1777? E quello che ora io dico nel testo con più parole, non era allora sta
sto con più parole, non era allora stato da me indicato? E questo che io ne dissi e ne dico, si scrisse da altri in Ispagn
: Tutti, o signor, me trafiggendo uccidi; Tutti morremo. E non sento io nè piango La morte che mi cerca ed i miei giorni
recide, Sento la morte dolorosa e trista Per te, pel regno che vicina io scorgo In quell’amor che pur la mia cagiona. No,
No, non vivrà il mio Prence. Ah me salvando, Salva il tuo figlio; ed io ne andrò raminga Dove nuova di me quì mai non giu
reti intrise Scorgerà del mio sangue. Ah de’ miei colpi, Amato sposo, io già morir ti veggio! Ah no, mia vita, mio signor,
, Amato sposo, io già morir ti veggio! Ah no, mia vita, mio signor, s’ io muojo, Vivi tu almen, vivi, io tel chiedo, vivi,
veggio! Ah no, mia vita, mio signor, s’io muojo, Vivi tu almen, vivi, io tel chiedo, vivi, E i cari figli tuoi deh tu prot
53 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 678-680
lla conversazione, al passeggio, e mi parve uno di quegli attori, che io andava cercando. Composi dunque una Commedia a lu
nto dell’ applauso, che meritava la buona esecuzione della parte, che io gli aveva data nel Momolo Cortesan, ha voluto anc
suo discorso era sempre il medesimo ; e gli credevano. Piccato anch’ io , non so se dall’ amor proprio, o se dall’ amor de
ia tre giorni dopo, ed il medesimo giorno diedi ai comici l’altra ch’ io avevo scritto ; e copiate le parti e provata e ra
54 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 728-730
o Cavaliere, ciò che s’intende in questa Reggia ? Ost. Altra guerra io non provo, se non quella che, nuova in vero, tu m
la che, nuova in vero, tu mi recasti in petto. Ers. Ippolita non son io , che in furioso sembiante accolga furie virili pe
te saette mi sento l’alma piagata. Ers. Arco non vidi mai. Ost. Ben io lo provo nel tuo ciglio sereno, se ognor, che il
. Perchè solo coi raggi puote acciecar chi lo mira. Ost. E pur cieco io non fui nel vagheggiare il tuo bello, se penetrò
55 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [G]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 1009-1013
tanto ne fu il successo, che procurò ai comici moltissimo guadagno. S’ io mi fossi uomo da inorgoglirmi del talento che mi
bene di che soddisfare al mio amor proprio. Io direi che ho più fatto io , al cominciar della mia carriera, e ne’ miei tene
lustri dopo venti anni di esercizio e nella pienezza de’lor mezzi. Ma io protesto che lungi dall’esser mai montato in supe
sto che lungi dall’esser mai montato in superbia per si rare qualità, io le ho sempre considerate effetti della mia buona
56 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — Ferrara, li 4 marzo 1618.Ferrara, li 3 marzo 1618. » pp. 170-184
e così le pretensioni come i disgusti particolari, non mancherò anch’ io , sì come gli altri àn fatto, scriverli ciò che l’
he agli altri miei compagni V. E. con tanta humanità concede. Hauendo io dunque conosciuto a più d’un segno manifestamente
g.r Fulvio tutto quest’anno mai ha fatto altro che dire non voler che io sia dove lui, e che non vol recitare dove mia mog
intendendo con mio estremo disgusto questo, e sapendo che per essere io il minimo di compagnia, et egli il principale, a
oglie poi mi fa mille protesti di non voler essere dove la Nespola, s’ io l’ammazzassi, si che V. E. faccia che il Sig.r Fl
ra son forsata a suplicare V. E. a concedermi questa prima gracia che io sua humile e divota serva li adimando, et è che l
a humile e divota serva li adimando, et è che la Nespola non sia dove io sono, nè io dove la detta Nespola, perchè per nis
ivota serva li adimando, et è che la Nespola non sia dove io sono, nè io dove la detta Nespola, perchè per nissuna maniera
e di mercante in detta materia, torno a dire che quest’anno che viene io non uscirò fora a recitare se questa donna è in c
ando fosse morto per me il soccorso a altra maniera. Bisognerebbe che io dicessi ancora molte cosse del Sig.r Fulvio, ma p
a suplicare V. E. che voglia proveder lei a quettar questi tumulti, e io con ogni humiltà me le inchino facendolle humilis
57 (1790) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome VI « LIBRO IX. Teatro Spagnuolo del secolo XVIII — CAPO III. Opera musicale Spagnuola e Italiana e Teatri materiali. » pp. 89-108
ni contro i compatriotti che inculcavano le moleste unità; e non ebbi io torto in affermare ch’egli rannicchia e pone in p
prappiù lagnarsi di essere ingiuriato e tradito da Achille? Stancherò io i miei leggitori con una circostanziata analisi d
arono commedie spagnuole, le quali pure erano cessate nel 1765 quando io giunsi in Madrid. Qualche concerto ed opera buffa
lli, e questo saben si ripete ben sei volte; contro i quali sei saben io avea preparati sessantasei no saben verificati in
no significa che di questi partiti non si sono ancora aboliti i nomi, io vorrei che mi si rinfacciasse dove abbia io detto
no ancora aboliti i nomi, io vorrei che mi si rinfacciasse dove abbia io detto il contrario. Avendo io scritto che ne rima
orrei che mi si rinfacciasse dove abbia io detto il contrario. Avendo io scritto che ne rimane oggi appena una fredda e se
eras, Robira, Morales &c., nè costoro più ne sapevano di quel che io dissi. Io non poteva informarmene dall’Huerta che
ivamente alguna puñada”. Se Huerta credeva che colla parola insolenza io avessi preteso indicare qualche giornata campale
he l’usava in tempo di Carlo II”. S’egli avesse parlato nel tempo che io ancora dimorava in Madrid, gli avrei mostrato fac
lla Baltassarra, e molto dopo di detta Guardia sussistevano, e ne fui io stesso testimonio nel primo anno della mia dimora
a il solito ricco corredo di villanie) conchiuse che nella mia Storia io dovea verificare le importanti particolarità isto
uella parte critica detestata dall’Huerta come satira maligna, ma che io però pur vorrei che sempre nelle mie opere risple
58 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » p. 387
e le parti di 2ª donna giovine ; se insiste adunque, ove S. E. creda, io lo lascierò andare ; ma sottopongo che quest’atto
lla Comica Italiana, quindi niuno mi ha mai detto di cangiarlo, bensì io più che altro in obbligo di conoscere i bisogni d
59 (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO V. Teatri Oltramontani nel secolo XVI. — CAPO IV. Spettacoli scenici nella penisola di Spagna. » pp. 37-96
atro, tuttavolta se ne desiderava ancora una storia seguita prima che io l’abbozzassi nella generale de’ teatri pubblicata
ne opera sopra ogni letteratura nulla d’ importante aggiugne a quanto io scrissi allora del teatro Spagnuolo. Adunque senz
o Spagnuolo. Adunque senza aver ragione degl’ ingrati una ne darò ora io stesso assai più piena, in cui alle notizie ovvie
spagnuolo a dispetto della verità e dell’ evidenza, questo straniero, io dico, si accinge a rilevare i pregi di tal traged
Castillejo morto nel 1596 scrisse alcune commedie rimaste inedite che io non ho potuto leggere, e che secondo il Nasarre p
struggono sì manifestamente le sofistiche congetture del Nasarre, che io stimo che non mai quest’erudito da buon senno pre
tine del Portoghese La Cruz ed alla Castro del Ferreira già riferite, io ne conto altre dodici di cinque letterati Spagnuo
i di cinque letterati Spagnuoli. Vuolsi avvertire però che tra questi io non pongo quel Vasco Diaz Tanco de Fregenal, che
nti letterati nazionali la conoscono soltanto per tradizione, nè sono io stato più felice nel ricercarla. Il buon poeta Lu
chè il pubblico l’ approvava e Lampillas l’impugnava. Benchè a costui io non possa più mostrare il suo torto in que’ tre o
ali mi avessero prevenuto in tessere una storia del teatro Spagnuolo, io avrei durata minor fatica ad ordinarne le notizie
eneziana. 41. Il sempre invitto apologista Lampillas ebbe a male che io avessi chiamate visioni le ciance del Nasarre sul
i le ciance del Nasarre sul Naarro. Avrebbe egli forse desiderato che io gli dessi il titolo competente a coloro che non d
inguaggio. 46. Ad onta delle insolenti sciocchezze del Sig. Huerta io sempre chiamerò Spagnuola l’Accademia che fioriva
bbio il Sig. Garcia de la Huerta, dicendo, yo no he visto ninguno; ma io lo farei certo, se vivesse, di aver veduto ed asc
aver veduto ed ascoltato moltissimi che l’assermavano; di che soleva io maravigliarmi col mio dotto amico e buon poeta Ni
rno di circa diciotto anni. Se avesse prodotto il gran Prologo mentre io vi dimorava, avrei potuto disingannarlo, presenta
nelle quali ciò si asseriva. Ma dove ora trovar siffatte merci? Dovea io passando il mare recarne meco, quando per le soli
scritti per averli colà lasciati? Ma la nazione imparziale ben sa che io non asserisco una cosa immaginaria. 48. Vengono
’ nazionali. Ma poi è egli vero ch’io l’abbia trascurato? E che altro io feci nelle note su gli auti poste nella Storia pr
con più parole, non era allora stato da me accennato? Questo poi che io ne dico, si scrisse da altri prima di me? V’è alm
ù di me? mostrò anzi di saper queste cose quali esse siensi prima che io le dicessi? Al contrario; prima nulla ne ha detto
Tutti, o signor, me trafiggendo uccidi; Tutti morremo. E non sento io nè piango La morte che mi cerca ed i miei giorn
de; Sento la morte dolorosa e trista Per te, pel regno che vicina io scorgo In quell’amor che pur la mia cagiona.
No, non vivrà il mio Prence. Ah me salvando Salva il tuo Figlio; ed io ne andrò raminga Dove nuova di me qui mai non g
intrise Scorgerà del mio sangue. Ah de’ miei colpi, Amato sposo, io già morir ti veggio! Ah no, mia vita, mio signo
Amato sposo, io già morir ti veggio! Ah no, mia vita, mio signor, s’ io muojo, Vivi tu almen, vivi, io tel chiedo, vivi
io! Ah no, mia vita, mio signor, s’io muojo, Vivi tu almen, vivi, io tel chiedo, vivi, E i cari figli tuoi deh tu pr
60 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 619-638
a Nazione Francese sarebbe orgogliosa di avere una tanta artista ; ed io sarei ben fortunato se avessi nel mio paese un’in
ometti, e nella Signora dalle Camelie ? Ben pochi, forse nessuno : ma io sì : e dico con orgoglio a Clementina, e con ramm
glorioso avo dell’A. V., il cui accidente convertitosi poi in natura io ho nel corso di 38 anni (con poca intermitenza) s
o a raccomandarli questo puoco Volume, et è stato lo raccordarmi, ch’ io stesso fui caramente raccomandato alla protettion
endevano tal’ hora bisognoso di un saluo ricouero per fuggir non so s’ io debba dir lo sdegno, o pur il costume della Giust
i padrone d’ una bottega di carte da giuoco, le precise parole : « S’ io non amassi tanto voi e le vostre virtù, e s’ io n
precise parole : « S’ io non amassi tanto voi e le vostre virtù, e s’ io non avessi qualch’ altro comodo fuori del mestier
erchia libertà. Dormite prima di rispondermi, il che doveva far anch’ io prima di scrivervi. State sano. Ad altro, avvezz
tro, avvezzo alle adulazioni di una mala pratica, scrive (XLIII) : S’ io dicessi d’ amar assai più la vostra della mia sal
) : S’io dicessi d’ amar assai più la vostra della mia salute, e ch’ io vorrei poter aggiunger a i giorni della vostra vi
a privilegiato di Nobiltà, non sono così grandi, come son quelle, ch’ io mi fo, quando veggo uno, che per antichità sia no
nir quello che non fu mai, cioè huomo da bene, Frittellino risponde : io ho una cosa molto difficile : il far un esercizio
ncor più interessante del Cecchini giace tuttavia inedita, per quanto io mi sappia, nella Biblioteca di Torino. Essa ha pe
nte. « Mi abbandonate ? — egli diceva — E che m’importa ! Non ci sono io  ? Io basto a tutto. » Era una specie di attore-om
61 (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO VII. Su i principali Requisiti per giudicar dritto de’ Componimenti Scenici, Mente rischiarata, e Cuore sensibile. » pp. 69-85
rinomato valentuomo, la cui sola riputazione basta ad opprimerlo. Ma io , conoscendo me medesimo, mi dichiaro troppo debol
edo ancora, se piace al Signor Lampillas, che “nella mia Storia nulla io dico intorno agli affetti che debbe eccitare la T
componimenti Drammatici” (p. 123.). Riserbomi solo il ricordargli che io in verun luogo non ho mai ciò preteso, o dimostra
dunque bella e fatta. Tolto me di mezzo, vengasi al P. Rapin, di cui io dissi che mancava di cuore, per ben giudicare di
offre l’impaziente Signor Lampillas sì ardita proposizione, quasi che io , ciò dicendo, venissi a tacciare d’ignoranza sì c
avini, gli Einsj, i Dacier, ed altri famosi trattatori di Poetica. Ma io non amo le ripetizioni intempestive fatte unicame
tolo C. del Saggio della Storia Universale. Nè sesibilità nè maestria io trovo in chi pensa come Rapin (Rifles. XXIV.), ch
tro buon gusto, e non riscaldare il vostro zelo in sua difesa, perchè io dissi, che in quanto accennò delle Tragedie del T
ò come non avrebbe scorto il patetico di Euripide in quelle cose, che io scelsi di esse Tragedie? Non vi si vede a maravig
ingegno che noi ammiriamo in un Brumoy e in un Rapin?” Dove? Vel dirò io . In coloro che mostrano, e possono mostrare a tut
62 (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IX « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. Tomo IX. LIBRO IX. Continuazione de’ Teatri Oltramontani del XVIII secolo. — CAPO VIII. Teatri materiali. » pp. 213-236
790, quando uscì il tomo sesto della Storia de’ Teatri in sei volumi, io appellai al testimonio di circa censettantamila a
en significa che di questi partiti non si sono ancora aboliti i nomi, io vorrei che mi si rinfacciasse, dove abbia io dett
o ancora aboliti i nomi, io vorrei che mi si rinfacciasse, dove abbia io detto il contrario. Avendo io scritto che di ess
rrei che mi si rinfacciasse, dove abbia io detto il contrario. Avendo io scritto che di essi rimane oggi appena una fredd
adahalso, Robira, Morales ec., nè costoro più ne sapevano di quel che io ne ho narrato. Io non poteva informarmene da Garc
na puñada». Se Garcia de la Huerta credeva che colla parola insolenza io avessi preteso indicare qualche conflitto sanguin
empo di Carlo II». Se il sig. Vincenzo avesse detto ciò nel tempo che io ancora dimorava in Madrid, gli avrei mostrato fac
ella Baltassara, e molto dopo di detta Guardia sussistevano, e ne fui io stesso testimone. Con tali provvidenze non rimase
a il solito ricco corredo di villanie) conchiuse che nella mia Storia io dovea verificare le importanti particolarità isto
63 (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome I « A CHI AMA la poesia rappresentativa » pp. -
ra, e i nobili corrotti formarono un partito per contrastargliela. Se io abbondassi di ozio e di talenti (posso aggiungere
olo cure mordaci che me ne respinsero, ed oggi è tempo che i ruscelli io chiuda, Poichè di bere omai son sazii i prati.
on si trovassero registrate nel vocabolario della Crusca, le ho anche io usate senza dar retta a’ rigidi puristi, colla si
dar retta a’ rigidi puristi, colla sicurezza di svegliare le idee che io vò manifestare, e colla probabilità che simili ve
iana da chi pensa di aver dritto a torla o a donarla. Egli è vero che io usai ancora nella prima edizione e ritengo in que
edesimo purissimo Bettinelli come vocabolo inusitato fra’ Toscani; ma io il seci senza pentirmene (peccatore ostinato!) pe
arole del Gozzi che tradusse il di lui Saggio di Critica. Ecco quanto io ho fatto in quest’opera per diletto ed istruzione
dar . A quello però che egli aggiugne, cioè che ciò sia per non aver io letto gli autori , o per non avergli intesi , di
64 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — 2 giugno 1902. Guido Biagi. » pp. 327-333
Rasi, Firenze, 22 giugno '76. Ebbi il tuo libro poche ore avanti ch' io partissi da Catania : lo portai con me e mi fece
le Nozze di Peleo e Teti, mi sembra veramente degna di Catullo, e, s’ io non erro, la migliore di quante ne abbiamo avute.
esto mio giudizio schietto e senza ipocrisie. Ella comprenderà quanto io La stimi dal modo stesso col quale io La giudico.
crisie. Ella comprenderà quanto io La stimi dal modo stesso col quale io La giudico. Mi creda con verace stima Suo dev.
libro, che mi pare utilissimo, e dal quale mi pare che imparerò anch' io a leggere meno male i versi. Nella Esposizione ch
meno male i versi. Nella Esposizione che Ella ha fatto della mia Mors io piaccio a me stesso e meco stesso m’ esalto di es
65 (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « PARTE I — LIBRO IV » pp. 55-66
iso,   Cinto le tempia di frondosi rami   D’alta quercia o di pino, io giacerei. Mira di qual caligine il fumoso   Et
di l’onde, Cimeta, ecco gli scogli . . . No? per dio ti avvedrai, s’ io dormo, o selci Mancano in queste rupi . . . Ove
ra! Chè non moristi allor pria ch’al materno Minaccevol sembiante io t’involassi, Comune almen col genitor l’avello
più pronta, Gelosa più di chi suggesti il latte; Non che germana, io ti fui balia e madre. Or sì bei nomi un giorno
madre, ah non mai madre! al fin sicura, Nè più ti teme. Ah vindice io sperai Che venir tu dovessi: un nume avverso
66 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » p. 226
o, e lo ripeta Del bel Tirreno ancor la riva e l’onda. Or che dirovvi io mai ? Come poss’ io I favori narrar, que'dolci mo
el Tirreno ancor la riva e l’onda. Or che dirovvi io mai ? Come poss’ io I favori narrar, que'dolci modi, L'accoglienza ge
67 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 574-575
non osa, come per altre, accusarlo di calunniatore. Vale la pena che io le metta qui per intero (Il Teatro, tomo I, art. 
lcun requisito. Seppi la storia della prima donna, che da quì inuanzi io chiamerò col nome di Megera. Trasecolai nell’ udi
Questo poco serva a far meglio conoscere quella donna ; il molto che io taccio, empir potrebbe un volume. Accasciata dal
68 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 432-442
ccia aperte : Sandrino buttati giù ! mentre mio padre figurandosi che io corressi un gran pericolo si struggeva. Ciò mi ri
Spazzacamini della Valle d’Aosta del Sabatini, al Gerbino di Torino, io ero Gino e papà il nonno. Nella famosa scena del
ritrovamento, mio padre mi prese in braccio con tale commozione, che io vedendo mio padre piangere tanto furiosamente mi
ose con un accento fra il toscano ed il marchigiano. — Ella – ripresi io  – può essere chiamato a fare di tutto, fuori che
erico, il caratterista, il promiscuo e il tragico, ma non mi dica che io sono sproporzionato. Farò tutto quello che vuole,
. — E così fu. Cesare Rossi, disimpegnò benissimo le parti tutte, che io lo preferii sempre più nel serio che nel ridicolo
le copie sono sempre peggiori degli originali : nel serio…. lo guidai io , e non volli che mi imitasse, ma che mi studiasse
eri amici. » Con queste parole il figliuolo chiude la sua memoria, ed io le metto qui come chiusa dell’articolo, chè non s
69 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [G]. I COMICI ITALIANI — article » p. 1023
Minuta di stromento fra il Duca di Mantova e lei, che mette ben conto io qui riferisca per intero : Essendo io restato co
ova e lei, che mette ben conto io qui riferisca per intero : Essendo io restato così pienam.te sodisfatto della virtù e s
70 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — adi 15 Aprile 1651 in Bologna. » p. 30
inuenzione, ne della Sig.ra Angiola, ne del Dottore suo marito ecc. io isabella Franchini detta Colonbina afermo quanto
andar la lettera in Senato per le loro strette proibizioni. Veramente io come quello che suol prouedere ogni anno questa c
71 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — Dato in Modena dal Nostro Ducal Palazzo questo di 16 xmbre 1753. » p. 72
lui si riconosce per favore. Ma a chi reca piacere, a chi dolore ; ed io il provai finora acerbo, e fiero : se per serbarn
ta sono ; scevra d’ogni periglio avrò riposo. Ma perchè dell’arbitrio io goda il dono, cortesi voi quel che sperar non oso
72 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 639-643
piacere a Frittellino. Ser.mo S.re et Col.mo mio padrone Quando ch’ io intesi che la protecione dell’ inocenza di mio fr
a liberacione si che, e per la promessa fatta, et per la speranza ch’ io hò nella sua bontà ; ma più per l’Amor di Dio V.
’ io hò nella sua bontà ; ma più per l’Amor di Dio V. A. S. facia ch’ io l’habbia questa sira a Casa che oltre jl pregar n
eggio, che sotto il Ciel non vive alcuna Donna di voi più bella, ond’ io sospiro (42). — Non pinse Zeusi mai, nè pinse Ape
73 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 35-37
! perdono tutto !… » E dopo qualche giorno, il 22 nov. 1893, morì ; e io nulla ho più da aggiungere, ubbidiente e devoto a
n brutto, al Pallavicino, che il Bartoli riferisce nel suo cenno : ma io preferisco metter qui una scena del Graziano (la
he cosa voi similitudinar quel che t’hà in quel Alcest ? Poc. Mad. s’ io vo dal patrone, volete ch'io mi leui di questo le
te ne par, nonella qsi ? Poc. Signor si, eccomi viuo da donero ; e s’ io muoro mai più, che possiate essere castrato ; mi
74 (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome II « CONTINUAZIONE DEL TEATRO GRECO E DEL LIBRO I — CAPO XII. Teatro di Aristofane. » pp. 16-140
e polito un riccio di castagna. Mangiamo pur noi; amici miei. Jer. Ed io ? Tri. Oibò; mangia tu la tua Sibilla. Il ribatte
a la gioventù. E chi lavorerà la terra? I servi. In somma (conchiude) io voglio fare della città nostra una sola famiglia.
è un furbo come egli è saprà contribuire dalla sua banda a far sì che io possa agevolmente condurlo meco. Erc. Ed Agatone
glio. Bisognerà calare in una palude profonda. Bac. E come la passerò io ? Erc. Un vecchio barcajuolo ti tragetterà, se gli
ipintura capricciosa fatta sulle navi. Segue Euripide: Non ho fatto io così, che avendo ricevuta l’arte da te ch’eri gon
umano, più naturale, più adattato alle varie persone che imitai. Son io (soggiugne) che ho insegnato a parlare agli Aten
i. Son io (soggiugne) che ho insegnato a parlare agli Ateniesi: sono io che ho fatti discepoli migliori de’ tuoi; perochè
de’ tuoi; perochè tu non hai se non Formisio, Menegeto e Sarcasmo, ed io ho Clitofone e Teramene. Toccando ad Eschilo a f
tu all’incontro di buoni gli hai fatti divenire scellerati. Non così io che in vece di renderli sofisti, ciarloni, astuti
; anzi mi sono astenuto sempre di ritrarre donne innamorate. In oltre io non solo ho dato come conveniva parole magnifiche
sura domandassero a se stessi, a qual genere appartiene la favola che io esamino? La maggior parte delle osservazioni di q
unque è la ragione , ripiglia Strepsiade, per cui udendo la loro voce io mi sento una voglia di volar su, di dir cose sott
ia, ma se ne viene unicamente adorna di bellezze naturali. In oltre io non cerco (aggiugne) come gli altri d’ingannarvi
ore di frumento sono stato burlato di mezzo stajo. Socr. Non ti parlo io di questo ma di misure metriche. Dimmi quale stim
ocr. E quale è questo? Strep. Dimmi un poco. Socr. Che mai? Strep. Se io pagando una maliarda di Tessaglia tirassi giù di
cchio ne gongola. O care le mie viscere (gli dice vedendolo venire) io scorgo nella tua fronte cert’aria novella d’impud
Io sono Socrate (par che egli dicesse loro serenamente): vi pare che io sia quel malvagio corruttore che quì si morde? La
rom. Vedi tu alcuno degli Dei che mi seguiti? Pist. Non veggio alcuno io . Ma tu chi sei tu? Prom. Boleto o Peretero. Pist.
ometeo! Prom. Taci di grazia che mi scopriranno! Pist. Caro Prometeo, io … Prom. Non gridare, ti dico. Pist. Perchè? Prom.
me la pagherai, se per tua colpa sarò scoperto da Giove. Ma affinchè io possa tutto narrarti, prendi questo parasole, e t
a tutto narrarti, prendi questo parasole, e tienlo sopra di me sì che io non sia veduto dagli Dei. Pist. Ottima invenzione
ofane. Egli lo condanna sempre co’ principii della commedia nuova, ed io sempre dovrei ripetere che questa differisce di m
esercito. In qual modo avverrà tutto questo (domanda Agoracrito) se io non sono che un venditor di salcicce? Giusto per
lcicce? Giusto per questo tu diverrai grande , risponde Demostene. Ma io (dice l’altro) non sono uomo molto dabbene, igno
nosca, benchè a stento, l’abici. Ma (il salcicciaro) come volete che io sappia il modo di regolarmi nel governare il popo
di ottimi discreti cittadini e di spettatori che ti proteggeranno; ed io con tutti questi ti spalleggerò. Non temere, no;
cio, belluccio. Pop. Popoluccio, belluccio.E chi mi chiama? Cle. Son io , son desso, il tuo Cleon che a torto Da costui so
c. Oimè, tu siedi in queste dure pietre, Nè costui n’ha pietà. Sorgi, io ti arreco Un buon guanciale sprimacciato, adagiat
cissima Di un brodetto Eliasticoa. Salc. Di un brodetto Eliastico.Ed io porgoti Un alberello pien di unguento, ond’ungert
d’ungerti Gli stinchi incancheriti. Cle. Gli stinchi incancheriti.Ed io vo’ svellerti Ad uno ad uno i grigi peli, e rende
male (egli dice) mi viene da Giove invidioso del bene altrui. Essendo io giovane mi proposi di andar soltanto in traccia d
to. Pure egli non sa risolversi ad entrare nella casa di Cremilo. Se io (dice) entro in casa di qualche avarone; inconta
dissipatore, tosto egli scialacqua colle femmine e col giuoco quanto io pozzo dargli e mi costringe in poco tempo a fuggi
tre terre Io (replica la Povertà) vi farò toccare colle mani, essere io sola la cagione di ogni bene, e non potersi comme
truir navi? chi cucire, fabbricare, tigner pelli, mietere, arare? Io, io vi somministro tutte queste cose: io col bisogno
igner pelli, mietere, arare? Io, io vi somministro tutte queste cose: io col bisogno costringo gli uomini alla fatica. Rou
are, in non abbondar di beni, ma in non mancar di nulla. Io, vi dico, io sono quella che rende gli uomini saggi e prudenti
75 (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO V. Sulle due Sofonisbe Italiane, e su due Traduzioni dal Greco di Fernan Perez de Oliva. » pp. 26-42
doveva chiamarsi, come noi facemmo, regolare e scritta con arte. E sì io confesso ch’essa ha molti difetti; ma per trovars
dal numero de’ Poeti Tragici. Mi permetterà il Signor D. Saverio, che io anteponga la ragione all’autorità. Un Dramma fa d
dunque del Trissino che la precedè, fu recitata prima del 1516., come io dissi. Vero è che il Zeno nelle Note al Fontanini
equisiti, che il rendano giudice competente delle altrui Tragedie; ed io gliene saprei grado, se me gli additasse. Imperoc
son certo che in questo ci accorderemmo; nè mi condannerebbe per aver io dubitato che qualche Oltramontano avvezzo alla go
sta, a che darlo per certo? a che affastellar cose di niun momento? S’ io non m’inganno, niuno degli Scrittori nazionali so
uripide nella scena che incomincia, ιὠ μᾶτερ μᾶτερ τι βοᾶς. Ecco come io informemente tradurrei questo breve squarcio segu
ante bellezze non ha egli perdute nel lasciarne i bellissimi Cori? Ma io non vò portare oltre questo esame, e dirò colle p
he; ma mi perdonerà se intorno all’ammettere la prosa nelle Tragedie, io da lui disconvenga. 1. T. VII. P. III. 1. D
76 (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO XI. Se il Ch. Poeta Cesareo Metastasio imitò, o poteva imitare le Opere di Pietro Calderèn de la Barca. » pp. 140-148
ti tratti patetici, e degni di attenzione”? Sì bene, Sig. D. Saverio, io il dissi; e perciò? “E perchè (ripiglia l’Apologi
ar questi tratti da Calderòn”? M’ingegnerò di appagarvi. Ma prima che io dica questo perchè, convenite Voi meco in pensare
, un verso almeno che non fosse mostruoso? Ecco, Signor Apologista, s’ io sono ingenuo (checchè vi sforziate far pensar di
a pescagione? Ecco gli ostacoli, che, ad onta de’ tratti patetici che io ammiro nel vostro Poeta, avrebbero impedito il no
i mostri Calderonici, bensì delle Commedie di Capay Espada, che ancor io concorro a lodare, tutto che per lo più gli accid
77 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [G]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 954-957
il mio cor tanto desìa ornata di virtù Lavinia bella. Per la presente io vi faccio sapere se non porget’ al mio gran mal c
sapere se non porget’ al mio gran mal conforto la novella vdirete ch’ io sia morto. E pria che ’l corpo mio vada sotterra
n il seicento. Qui faccio fine, e bacioui la mano, humilmente di cuor io meschinello, vostro servo fidel detto il Sivello.
78 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — Mediolani 20 Iunii 1601. » pp. 242-244
porre in evidenza l’acume di argomentazione del signor Valeri, avendo io rinvenuta nell’Archivio di Stato di Modena, la se
che tornando in molto disconcio di detto Petrolino mi ha pregato ch' io uoglia raccomandarli questa sua differenza si com
ce dei Gelosi : ma non eran gli Uniti ? A codesta epoca a un dipresso io credo si riferiscano le altre due lettere senza d
79 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » p. 479
ar maraviglia che in queste pagine figuri un semplice suggeritore. Ma io non saprei immaginare un’opera che discorra di co
raneo, di cui è già a stampa la prefazione, e un Libro di memorie ; e io e quanti aman l’arte con me auguriamo all’egregio
80 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » p. 296
laide Bassi, infilato il mio braccio, mi trascinò fuori, dicendo che io doveva recarmi a cena da lei. Mi lasciai condurre
lei. Mi lasciai condurre, e arrivammo tosto in una abitazione, quale io aveva immaginato. Era una immensa camera al pian
81 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [D]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 811-
modo di passare nna serata come nel migliore dei mondi possibili — e io ci credo — senza discutere — e ci vado — senza en
bra – il non vedersi sconosciuti nel mondo ove viviamo – e per quanto io cerchi isolarmi – non lusingandomi troppo – nè de
ogni sera – è guarita – ma quando si ha sofferto non si dimentica – e io non dimentico che ho passato delle ore buone con
nte, e avevo paura. – Avevo paura, non ve lo nascondo. – Che volete…. io sono ancora impressionabile…. e l’ambiente può ta
aria che purifica anima e corpo. – Mi trovo così bene a Trieste ! Già io adoro i paesi di mare…… Il 19 luglio ’84 dalla m
non sono la mamma che a certe ore, mentre per il più della giornata, io faccio il possibile per essere bambina…. creatura
tutto ! — Credo che dell’abbrutimento presente non faccia bisogno che io ne dia conferma. Sono intontonita esattamente, e
zi che personificavano i diversi moti dell’anima umana, uno dei quali io metto qui, a mio parere il migliore. [http://obv
blico tutto d’artisti e con lavoro italiano. Mette bene il conto che io qui riferisca, a proposito della Cavalleria rusti
oni. Tra le poesie ch’ella inspirò, non dispiacerà al lettore che io metta qui i quattro sonetti che la Contessa Lara
82 (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO V. Teatri Oltramontani nel secolo XVI. — CAPO III. Spettacoli scenici in Inghilterra. » pp. 88-136
Giungono in parte più remota. Aml. Dove vuoi tu portarmi? parla; già io non passo più oltre. Mor. Mirami. Aml. Ti miro. M
omani , aggiunge indi Amlet, rappresenterete la Morte di Gonzaga, cui io aggiungerò alcuni versi ; e gli fa partire. Amlet
mente sentisse i medesimi movimenti di dolore che in me sento? E pure io disgraziato rimango stupido e muto mirando i miei
isgraziato rimango stupido e muto mirando i miei torti!… Altro dunque io non so fare che piangere?… Ma no. Udii dire che a
suoi sguardi, se cangia colore, se si agita… sò quello che saprò far io . L’apparizione che mi si presentò, potrebbe esser
prenderebbe un altro. Io? (risponde la regina) Io!… Che al tuo fato io sopravviva e d’altri Sposa diventi! E creder puoi
al ciel piacesse che così non fosse. Ah siete mia madre! Reg. E bene io ti porrò alla presenza di chi ti faccia parlare c
no. Aml. Venite, sedete. Di quì non si parte, non vi movete prima che io non vi ponga innanzi uno specchio, in cui ravvisi
a porre tutta la nostra speranza nel valore. Gettaronsi i rampiconi; io prima di tutti saltai sull’imbarcazione nemica, l
azione nemica, la quale nel tempo stesso si dispiccò dalla nostra, ed io rimasi solo e prigioniero. I nemici mi hanno trat
mici mi hanno trattato con moderazione come ladri compassionevoli, ed io gli ho ben compensati. Tu fa in modo che il re ri
; la punta del ferro che tieni in mano, è avvelenata, e… mi ha morto; io ne avea una simile, e tu sei morto… Tua madre ha
do, di stravagante, di mostruoso, tutto si trova in esse. Sulle prime io non sapeva intendere, come mai gl’Inglesi potesse
ogative della poesia onde trionfi del tempo. Tutte queste incoerenze, io dico, delle quali si compone il bel Consiglio a u
83 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — 1754, a dì 17 Luglio.Die16 Julii 1754. » pp. 159-160
; a poco a poco spargesi la nuova e giunge fino al palchetto dove era io . Oh cielo ! È morto l’Angeleri ! Il mio compagno
utti si accorgono della mia agitazione : me ne chiedono il motivo, ed io grido a varie riprese : l’Angeleri è morto ! e mi
84 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — Pisa, li 13 agosto 1745. » pp. 192-197
cappello tondo all’inglese. Entra nel mio studio a passi contati, ed io mi alzo : costui fa un gesto propriamente pittore
 ; s’avanza, e lo fo sedere : ecco il nostro colloquio. D’A. Signore, io non ho l’onore di esser conosciuto da voi ; voi p
non isdegna di concorrere in folla alle rappresenrazioni, alle quali io prendo parte. Il Medebac, nostro direttore, ha fa
ce d’andare avanti. D’A. Non crediate, o signore, che per vanagloria io vi abbia esagerato i vantaggi di cui godo nella m
85 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [E-F]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 915-921
si permetta al grato e sensibil mio cor si caro vanto !). Si, vostra io sono ; in questo suol nudrita, nei domestici esem
ol nudrita, nei domestici esempi e più dai segni de’ vari effetti ch’ io leggeavi in volto, dell’ardua scola teatrale appr
miei timori infonde conforto sì, non però calma. E come sperar poss’ io di non tradir la speme che m’onora e spaventa ? O
nfatti, una modesta e buona madre di famiglia. Essa non è conosciuta, io lo fui troppo, e non pertanto eccoci cadute nel m
86 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — (Corriere di Napoli, 19 febbraio 1899). » pp. 270-274
Monti-Privato, poi Spagna e America. » Fin qui la nota, che cercherò io di completare. Alla Spagna e all’America vanno un
rese di effetti, Roberto Bracco racconta di lei che la Duse…. ma no : io voglio metter qui come chiusa le parole dell’ egr
i astri che l’ hanno seguita e indicandoli con fiducia ai diffidenti, io ho una speciale predilezione fatta di convincimen
87 (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « LIBRO II — CAPO III. Teatro Latino intorno alla seconda guerræ Punica. » pp. 91-171
vi ancora è la preghiera di Criside moribonda narrata da Panfilo, che io ardisco di tradurre in simil guisa: Mis. Merita
da Panfilo, che io ardisco di tradurre in simil guisa: Mis. Merita, io questo so, la poverina, Panfilo, che di lei tu
nga. Pan. Ch’io di lei mi sovvenga? Ah in mezzo al cuore Impresse io porto le preghiere estreme Che per Gliceria Cri
reme Che per Gliceria Criside mi porse. Presso a morir mi chiama, io mi avvicino, Voi gite, noi restiamo; ella mi di
Per la tua fe, per questa istessa, Panfilo, Derelitta fanciulla, io ti scongiuro; Deh non l’abbandonar, se qual fra
a, io ti scongiuro; Deh non l’abbandonar, se qual fratello Sempre io ti ami, s’ella te solo apprezza, Per te respira
za, l’interrompe dicendo, concede ad dexteram. E perchè? Per quel che io ne penso, per farla avvicinare a Cremete, affinch
magistralmente, senza consultare l’urbanità, affermerà di non averle io ben lette o bene intese. Ma chi sa (dicasi ciò co
vendo animo da presentarglisi. Rimane Geta e Fedria; e il servo dice, io mi occulto in questo luogo per soccorrere a tempo
to II, ed il Formione sarà composto di quattro soli atti. Quanto a me io non vi troverei veruno sconcerto; ma i Latini fur
ue, Che desse mano al funerale, in fuora Di una sol vecchierella: io mi sentii Muovere a compassione. Avea la stessa
. Egli me ne trasmise a Madrid qualche scena. L’anno 1784 poi, mentre io già mi trovava in Napoli, si rappresentò nel Regi
o zio. Ant. Qual riparo porrò quì su due piedi Alla rovina mia? S’ io sono astretto A dovermi, da te, Fania, staccare
? Io voglio andarmene. Fed. Anch’io. Ant. Per poco in grazia. E s’ io mostrassi Questo sussiego? E’ assai? Get. Cia
Vedi bel paragon di te e di lui. For. Che ti venga la rabbia. E s’ io per tale Tenuto non l’avessi, espor vorreimi
fone. Dem. Chi? For. Stilfone, vi dico, era a voi noto? Dem. Nè io costui giammai conobbi, e alcuno Parente di tal
? Dem. Nè io costui giammai conobbi, e alcuno Parente di tal nome io mai non ebbi. For. Possibile? Oh vergogna! Ah s
a felicemente espressi il Fortiguerra: . . . . . . . Quel che vogl’ io ? Vò che presente a codesto soldato Tu stia co
peri, e in me ti allegri, In somma che di me tutta tu sii, Quando io son tutto tuo. Grande, forte, difficile ad ess
nale, e si confrontino: Son morto: mi è sparita la fanciulla: Ed io che fino a qui le tenni d’occhio, Più non la ve
vi è alcuno. Evvi alcun che mi seguiti? Nessuno. Or dunque potrò io liberamente Tutta sfogar l’interna mia allegrez
ioso mi venisse appresso, E mi ammazzasse con cento domande, Dove io vada? donde esca? e che pretenda? Perchè tanta
esta favola fosse tratta da una di Menandro. Niun critico, per quanto io sappia, ha considerato che Terenzio stesso a chia
. Però nel modo stesso a’ miei conservi Che al figlio tu comandi, io pur comando. Questo è troppo salato: arsiccio t
ta, Che non sì tosto l’uscio aperse, ch’entro Dromon passovvi, ed io vò dietro a lui. Fermò l’uscio costei col chiav
88 (1764) Saggio sopra l’opera in musica « Saggio sopra l’opera in musica — Conclusione »
spiegato in ogni sua parte e compito. E perché portò già il caso che io dovessi distendere quest’ultimo in francese, in f
e un più fondato giudizio: vedere se elle sono praticabili o no; e se io non fo per avventura come colui il quale, dopo da
89 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 244-245
izio per giugnere alla perfezione. Madama Baccherini era maritata, ed io l’era ancora. Stringemmo insieme amicizia, avendo
cora. Stringemmo insieme amicizia, avendo bisogno l’uno dell’ altro : io lavoravo per la sua gloria, ed essa dissipava le
90 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [D]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 786-787
ossi (op. cit.) : Per me, Cesare Dondini fu il più caro artista, che io mi avessi visto : allevato alla scuola del Vestri
non faceva ridere e piangere ad un tempo ? E nel Michele Perrin, che io aveva veduto rappresentare a Parigi da Buffet ? N
91 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 684-685
erpe che mi s’era tenuta occulta con una malizia impenetrabile, e ch' io non averei mai potuto nè sospettare, nè immaginar
tà), ne'gesti, ne'passi marcati del Gratarol per modo, che quantunque io non abbia giammai avuta la menoma inurbana mira d
92 (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi [3e éd.]. Tomo X, parte 1 pp. 2-271
di qualunque mia sorte. Sol se qualche novella (che alfin verrà cred’ io ) Giugnerà a Zeanghire, digli a mio nome addio :
n erma arena Gittando ignudi, il rio corso riprende. Lasso ! Teopista io grido, e valli ed antri Gridan Teopista ancor ; l
tutte vi unite Perchè appunto tra voi sì opposte siete ; Quale debbo io seguir ? da qual sottrarmi ? e poi ; Vincete entr
o, e dalla madre Son trafitto nel cor. Tu mi accusasti Che di Seleuco io meditai la morte, E per aver qualche ragion sul t
qualche ragion sul trono, Chiesi a te le tue nozze. E chi non vede, S’ io mi fo noto al genitor, che torna La falsa accusa
(chiedere potrebbe un giovane desideroso di apprendere l’arte) che ho io imparato ? e che fuggirò ? che seguirò ? quali fi
ò di far nascere ? Simili desiderii antiveduti mi spinsero, qualunque io mi sia, a formar de’teatri una storia generale ma
guisa egli nella quarta scena dell’atto I fa parlar Iddio : Chi son io , dice Dio, che ne l’Egitto Anzi che in me, le tu
o scioglimento di una favola che non produce in pro del protagonista ( io ne appello all’interno sentimento di chi la legga
Due stille sol di colto mel gustai, Ecco il mio fallo, e per sì poco io muojo. Lo stile di questa favola non è quello de
n lamentevol suon parmi improvviso Da lunge udir che più s’appressa : io veggio Fra una pallida luce in quel momento Terri
to Gaspare Gozzi, appresso dal conte Alessandro Pepoli, ed allora che io era in Milano dal signor Torti con felicita, ma n
era in Milano dal signor Torti con felicita, ma non si è impressa che io sappia. Nulla lascia a desiderare l’ottima versio
ci episodii, ci presenta varie scene teatrali. Dicendo scene teatrali io non intendo però unicamente certi colpi speciosi
a, benchè vi dimorasse lungamente, al che, dice : In maggiori teatri io fui men grande. All’ inondazione della barbarie
dre ; ed in vece di fargli dire mentre viene dagli altri trafitto, ed io non posso arrivare a ferirlo con barbarie detesta
osce la forza, lo confessa, ma conchiude, Che schiavo esser mi par, s’ io re non sono. Insta ancora il figlio addolorato,
ne non lagrimate, se.. il perduto Vostro amor… racquistai, felice .. io … spiro. Quest’eccellente componimento predice al
legono nella scena settima dell’atto V cosi : Temer d’un parricidio io non potei ; Ulisse mai non vidi, e lungi o estint
 ! Eurinoe. Ma che ? forse dovea… Bibli T’intendo. Ah taci ! … É ver, io sola, io son l’ardita : Io fui la scellerata… Ma
e. Ma che ? forse dovea… Bibli T’intendo. Ah taci ! … É ver, io sola, io son l’ardita : Io fui la scellerata… Ma l’amaro S
vedi L’aria di sangue e di caligin tinta ? Sostienmi il piè vacilla… io non mi reggo. Ahi lassal io muojo. Nell’atto V l
caligin tinta ? Sostienmi il piè vacilla… io non mi reggo. Ahi lassal io muojo. Nell’atto V la scena di Bibli e Cauno è s
ebolezza : Figli…Guelfo…ove siete ?no…io muojo, E ti perdouo. Nino… io muojo, E ti perdouo. Niccolò Grescenzio region p
primo che sommamente interessava. Sopra tutte le tragedie inedite che io conosco, sarebbe a desiderarsi che venissero alla
ore penserà più ad imprimerle, il pubblico mi saprà qualche grado che io gliene ripeta alcuna notizia che ne avanzai nelle
seguirlo. Vieni meco, Anagilda, le dice Enrico : Anagilda Io teco ? io sola ? Io figlia di Ramiro e di Fernando Sposa co
so, Enrico, L’offerte tue, la tua pietà. Enrico Vuoi dunque Perir, ed io deggio soffrirlo ? Anagilda Invano Ti opponi a’ m
ià mi affrettate di seguirvi, o chiare Magnanime ombre de’ Templarii, io vengo Vengo, e con me viène Fernando ancora… Da q
e ed Ermione, benchè non isconvenga. Ma l’Eretteo ultima tragedia che io conosco del Cicala in grazia dell’ amicizia, per
lia ; Voglio il comando. Alma non ho capace Di servitù. Dovunque nato io fossi, Io comandar dovea. L’utile nome Di libertà
mai : serba i tuoi doni ad altri, Ne arrossirei : lieto a’ miei ferri io torno. Romeo Ah Romeo, che ti resta ?.. Infamia e
Senta intanto Aristodemo che spira : … E ben che vuol mia figlia ? S’ io la svenai, la piansi ancor. Non basta Per vendica
cento spade disarmato e nudo. Nel 1800 ci trovammo il sig. Monti ed io in Parigi in casa del principe Giustiniani, e vi
uta. Moro, e ti abborro ancor. Polinice Pena al delitto Ottengo pari… io morc, e ti perdono. La dissomiglianza che ha pos
attarono egregiamente, onde deriva un interesse indubitato. Nondimeno io son di avviso (che che ne senta un dotto amico cr
ttadina plebea contro i patrizii prorompe : In un col latte Timbevvi io l’odio del patrizio nome. Serbalo caro : a lor si
ore di Virginio : Icilio Ah ! schiavo il sangue moi ! Non mai… Padre io non son… se’l fossi.. ! Virginio Orribil lampo Mi
tta. Dunque ? Assai rileva il trucidare Oreste. Or d’ Argo il re son io . E perchè egli è ora il re d’ Argo ? Per succes
arne i figli ch’ ella ama. Male dunque egli dice or d’ Argo il re son io , parole inconsiderate che smentiscono il suo cara
bastato ciò che il Cesarotti consiglia, cioè che Timoleone dicesse : io uccisi il tiranno, ora vado a piangere il fratell
desiderare in essa nè moto maggiore nè maggiore interesse. Ecco dove io trovo la serie accennata ed il patetico che vi sc
lui morte, ed allevar da Spartani i figli : Non assetato di vendetta io moro, Ma di virtù spartana ancorchè tarda. Purch’
il mio. Punch’ei liberi Roma, a voi nè un solo Giorno, o miei figli, io sopravviver giuro. Ch’io per l’ultima volta al se
ltre Furie mie l’odio crudo aggiugnerassi Del genitor ?… Da te morire io lungi ? Oh madre mia felice ! almen concesso A le
ir d’onta e di dolore altrove. Partono. Mirra spirando dice, Quando io tel chiesi… Darmi… allora Euclea, dovevi il ferro
mano astringe Cesare a dire : Io vorrei solo al mondo Esser Bruto, s’ io Cesare non fossi. Bruto Ambo esser puoi, molto ag
giungendo a Bruto, Nulla togliendo a Cesare, ten vengo A far l’invito io stesso. In te stà solo L’esser grande davvero ; o
mano, esser tu il puoi fia il mezzo Semplice molto : osa adoprarlo : io primo Te ne scongiuro…… Ardisci, ardisci, il lacc
oh dovere, esclama Bruto, indi ripiglia ; La vita Dammi due volte : io schiavo, esser nol posso. Tiranno, esser nol vogl
sare Ingrato, snaturato !.. Che far vuoi dunque ? Bruto O salvar Roma io voglio O perir di tua mano. Si separano fermi l’
a lui lontano o perchè si trattiene per esser suo figlio, dica E che io sol ferir nol possa ! Queste parole non sono di
ri, e vanno dietro al sublime senza violentar la lingua. Io non so se io l’abbia conseguito nelle traduzioni di alcune tra
ao si concedesse Socrate. A ciò egli francamente si oppone : Libero io nacqui, Vissi in Atene, e di servir al trono Io l
Atene Me innocente or dichiara. Il voto mio È compito così. Contento io moro. Gli ultimi suoi respiri spendonsi nell’int
ocrate Ed è questa che stringo La man ?.. Critone Del tuo Criton. Son io .. Socrate Critone, Un sacrificio… al dio della s
scia : Nicomede ? Nicomede Parla che brami ? Annibale Odia i Romani… io moro. Ma gl’ingegni Italiani hanno ricevuto dall
far sopprimere una rappresentazione di Don Carlos in Francia, quando io in tanti anni di mia dimora in Madrid ho veduto m
rificare ora se queste ultime sieno trascritte dal m s. spagnuelo che io lessi, non avendole più sotto gli occhi. L’Alfier
utore fece del suo Salto di Leucade nel seguente Sonetto : « Leucade io veggo. In questo marmo è scritto Il delirio de’nu
93 (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « appendix » p. 275
23 i tomi i nomi P. 39 v. 4 comiti comitiva P. 62 v. 19 i strinsi io strinsi P. 71 v. 6 Lolli Lulli P. 93 v. 9 tu
94 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » p. 191
inserito nel Teatro moderno (anno 1800) figura un Apelli Angiolo : ma io ritengo trattarsi della stessa persona. Infatti n
95 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article »
ochi inetti di certi moderni comici, alla gravità tragica, ed essendo io stato il primo che, secondo la debolezza de’miei
96 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [E-F]. I COMICI ITALIANI — article »
renze, ove andava recitando coi filodrammatici di quella città, e ove io la conobbi. Ricordo ch’ella mi mostrava, giustame
97 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » p. 77
cere con certezza i teatrali meriti suoi. Così Francesco Bartoli. Ma io credo che s’abbia a leggere Marchionni anzichè Ma
98 (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. LIBRO VII. Teatri Oltramontani del XVII secolo. — CAPO I. Teatro Spagnuolo. » pp. 4-134
agnandole tutte con un gesto che le indichi. Di maniera che ho veduto io stesso l’attore tutto grondante di sudore per lo
e è suo sposo, e la Regina ripiglia: Reg. Come tuo sposo? (Io fremo, io più non vedo!) Bia. Come mio sposo? (o ciel che i
un uom perverso Di te obbliata, a un traditor ti rendi! Bia. Confusa io son! Reg. Confusa io son!Sì l’onor tuo calpesti?
obbliata, a un traditor ti rendi! Bia. Confusa io son! Reg. Confusa io son!Sì l’onor tuo calpesti? E alla presenza mia s
uo decoro. Bia. Del tuo decoro.E gelosia rassembraa. Reg. Io! Gelosa io non son ; mi offende il dubbio. Ma di un vassallo
Strapparle il cor, incenerir l’audace? (Ah di me mi scordai?) Bianca, io gelosa Mi finsi, e finta ancor la gelosia L’ira i
avvenga, (Ne soffra anche il tuo onor: chè l’onor tuo È nulla ove son io ) la tua sovrana A non sdegnar; ove ella volga il
doza, Rosette, e Cancer ne composero molte in tal guisa. Una ne aveva io veduta rarissima intitolata la Balthasara, di cui
le scrive, la quale spira tutta la gentilezza di Don Luca. Sorella, io possiedo seimila e quarantadue ducati di rendita
ssiedo seimila e quarantadue ducati di rendita di un maggiorato, e se io non ho figli, viene ad essere mio cugino il mio s
iene ad essere mio cugino il mio successore. Mi vien detto che voi ed io possiamo averne quanti vorremo. Venite questa not
prendervi;mettetevi una mascheretta, e non gli parlate;perchè finchè io viva, voi non dovete essere nè veduta nè udita. N
o… Vanne…Ah tu speri invan, crudele, Che tal freddezza e tal contegno io soffra. Isa. Che far poss’ io? Die. Che far poss
udele, Che tal freddezza e tal contegno io soffra. Isa. Che far poss’ io ? Die. Che far poss’ io?Al padre dir ch’io vivo.
e tal contegno io soffra. Isa. Che far poss’ io? Die. Che far poss’ io ?Al padre dir ch’io vivo. Isa. È vano. Die. È van
la tua fe. Isa. L’amor tuo, la tua fe.Sai ch’ho un marito. Die. Io, io son tuo marito, e dal tuo fianco Appartarmi potrà
. Versin tutto il mio sangue. Isa. Versin tutto il mio sangue.Invano io priego? Die. Io nulla ascolto. Isa. Io nulla asc
ue.Invano io priego? Die. Io nulla ascolto. Isa. Io nulla ascolto.Ed io con questa mano Saprò morir. Die. Saprò morir.Sa
a stata avvelenata da’ pregiudizii istrionici. Tal era negli anni che io vi dimorai, la delicatissima attrice Pepita Huert
ndermi! oimè! senza pensar che schiava Se mi fe un folle amor, libera io nacqui? Di qual barbaro mai, di qual selvagio Tan
cida… Ma che dico ? Oimè, ben mio, Mio sposo, mio signor, tua schiava io sono, Fa di me quel che vuoi. Ma se ti offesi, Se
salii, che vi ritorno I suoi dubbii a calmar, che di mio padre L’ira io fuggia, tu lei salvar credendo Salvasti me ; ma c
ana, e la facilità ch’ella si lusinga d’incontrare a vincerlo! Giunto io in Madrid la prima volta m’imbattei ad udirli esp
anno forse con piacere tradotto qualche squarcio di questa favola; ed io prescelgo un discorso di Juan Pasqual, col quale
castagni Infra le quercie, in rustico abituro Nacqui, e dodici lustri io vissi lieto ; Nè il re vidi giammai, nè di Sivigl
miei pastori Che mi onorano a gara, ed i miei voti A’ cittadini onori io non sollevo : Chè gir sì alto è ben somma follia
lti anni, or dalla Carreras che già si era ritirata dal teatro quando io nella fine del 1783 lasciai le Spagne. L’una e l’
rues sono mai state rappresentate ne’ teatri di Madrid negli anni che io vi dimorai. Tale è la storia del Teatro Spagnuolo
tori di se stessi, e de i difetti del teatro nazionale. Allora (o che io m’inganno) da scrittore antispagnuolo qual mi vol
ercalare patetico faceva nella rappresentazione un ottimo effetto; ed io ho procurato conservarlo imitandone la variazione
99 (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — [Permissione] »
solite Copie alle pubbliche Librerie di Venezia* e di Padova. Dat. li io . Giugno 1785. (Piero Barbarigo Rif.              
100 (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article »
rimo ordine, come della Sadowski, diretta da Luigi Monti, nella quale io l’ebbi collega affezionata, di L. Bellotti-Bon, e
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