CAPO III. Commedie
del
secolo XVII. Nelle commedie convien fare la me
ortate sino alla buffoneria ed all’oscenità destinate al divertimento
del
volgo. Senza ciò i critici boriosi e singolarment
mmedie ingegnose piacevoli regolari che specialmente ne’ primi lustri
del
secolo uscirono da varie Accademie del XVI che co
specialmente ne’ primi lustri del secolo uscirono da varie Accademie
del
XVI che continuarono nel seguente a fiorire come
baglia quelle degl’Intronati di Siena, i quali dopo che nel principio
del
secolo ebbero dal governo la permissione di torna
ia regolata, il ridicolo destramente rilevato, ed una dizione propria
del
genere comico. Quella di Adriano Politi intitolat
stolo Zeno la commedia francese quì mentovata non si trasse da quella
del
Politi, ma da un’ altra degl’Intronati che portò
ssina, e si reimpressero qualche anno dopo in Venezia: la Trappolaria
del
palermitano Luigi Eredia recitata ed impressa in
a vaga commedia pubblicata nel 1604 e più volte ristampata in Venezia
del
cavaliere napoletano Giulio Cesare Torelli, la cu
i, la cui morte compianse con un sonetto il Marini: il Padre afflitto
del
Cenzio uscita nel 1606, e il di lui Amico infedel
Padre afflitto del Cenzio uscita nel 1606, e il di lui Amico infedele
del
1617. Non furono forse regolari, ingegnose e face
ii di Belisario Bulgarini pubblicata nel medesimo anno, e le commedie
del
Malavolti, cioè i Servi Nobili del 1605, l’Amor d
a nel medesimo anno, e le commedie del Malavolti, cioè i Servi Nobili
del
1605, l’Amor disperato del 1611, e la Menzogna de
ommedie del Malavolti, cioè i Servi Nobili del 1605, l’Amor disperato
del
1611, e la Menzogna del 1614? Mancano esse d’arte
ioè i Servi Nobili del 1605, l’Amor disperato del 1611, e la Menzogna
del
1614? Mancano esse d’arte e di grazia comica? abb
locuzione? Se altre favole comiche non potessero mostrare gl’Italiani
del
secolo di cui parliamo, se non quelle del cavalie
essero mostrare gl’Italiani del secolo di cui parliamo, se non quelle
del
cavaliere napoletano Giambatista della Porta reci
o pubblicate per le stampe, poco avrebbero da temere nella prima metà
del
XVII. Noi più cose ne accennammo nella nostra ope
lità di Plauto rettificata, e L’artificio di dipignere ed avviluppare
del
Ferrarese senza copiarlo con impudenza da plagiar
licatezze e i piccioli nulla degl’innamorati, tirando fuori dal fondo
del
cuore umano certi tratti così naturali e proprii
à e qualche volta con vivacità. Non giugne all’eleganza dell’Ariosto,
del
Bentivoglio e del Caro; anzi non sempre la dizion
con vivacità. Non giugne all’eleganza dell’Ariosto, del Bentivoglio e
del
Caro; anzi non sempre la dizione è pura, sfuggend
se, spagnuolo, napoletano, frammischiò ancora qualcheduno che si vale
del
dialetto napoletano, ma coll’atticismo patrio e c
oli e versato nelle grazie della propria favella. Ma il comico valore
del
Porta ha per avventura qualche carattere particol
ce di non essere stati in ciò prevenuti da verun critico. La commedia
del
Porta è sempre di situazione, e l’arte che possie
avvolgendo senza bisogno di circostanze chiamate a forza in soccorso
del
poeta, e vi cagiona un moto vivace, mette i perso
er lo più languide e fredde copie. Ma gli accidenti o le combinazioni
del
verisimile ben modificato producono in teatro la
rpeggia nella Trappolaria, nell’Olimpia, nella Tabernaria ed in altre
del
Porta e questo dilettevole genere comico dopo di
rta e questo dilettevole genere comico dopo di alcune prime commedie
del
Moliere e del Bugiardo del Cornelio, fu da France
dilettevole genere comico dopo di alcune prime commedie del Moliere e
del
Bugiardo del Cornelio, fu da Francesi totalmente
enere comico dopo di alcune prime commedie del Moliere e del Bugiardo
del
Cornelio, fu da Francesi totalmente negletto. Gli
ll’Italia. Il solo Porta che avesse letto, bastato sarebbe a guarirlo
del
suo preoccupato avviso; ma il Porta soffrirà con
non sia che una giudiziosa progressione di un’azione solo per la via
del
maraviglioso condotta al suo fine a. Ma questo ma
mora in Venezia di una bella schiava, e senza eseguire la commissione
del
padre riscatta quella giovine, la sposa e la mena
igliuolo che prevedendo di dovere al di lei arrivo fuggire dal rigore
del
padre giustamente sdegnato, piangendo le manifest
ovimento, ed un solo fatto che necessariamente, e non già a capriccio
del
poeta, si manifesta, riconducendo la tranquillità
scioglimento. Tre altri buoni scrittori Napolitani fin dal principio
del
secolo si segnalarono con ingegnose favole comich
la Fortunia impressa verso il 1612 e poi molte altre volte, l’Alvida
del
1616, la Flaminia del 1621, la Ginevra dell’anno
verso il 1612 e poi molte altre volte, l’Alvida del 1616, la Flaminia
del
1621, la Ginevra dell’anno seguente, e poi del 16
del 1616, la Flaminia del 1621, la Ginevra dell’anno seguente, e poi
del
1630 in Viterbo, che è l’edizione citata dal Font
in Viterbo, che è l’edizione citata dal Fontanini, ed il Malmaritato
del
1633 secondo il Fontanini e l’Allacci, benchè il
do il Fontanini e l’Allacci, benchè il Toppi ne registri una edizione
del
1616 col titolo di Malmaritata che le conviene me
a sacerdote erudito che dimorava in Roma, dove morì sull’ incominciar
del
secolo. Sono tutte artificiose e facete scritte a
un Capitano nell’Alvida, che con poche variazioni si trova nel Miles
del
comico Latino. Rancida parrebbe ancora l’invenzio
i Napoli e di Sicilia. Aggiugni a ciò le devastazioni nelle provincie
del
regno taglieggiate e saccheggiate da compagnie di
ancora Lorenzo Stellati autore pregevole di altre due commedie, cioè
del
Furbo uscita in Napoli nel 1638, e del Ruffiano i
le di altre due commedie, cioè del Furbo uscita in Napoli nel 1638, e
del
Ruffiano impressa nel 1643 assai comendate da Gio
pressa nel 1643 assai comendate da Gio: Vincenzo Gravina. Le commedie
del
duca Filippo Gaetano di Sermoneta parimente con r
lti anni in Palermo, l’Ortenzio rappresentata in Rimini alla presenza
del
cardinal Gaetano e stampata in Palermo nel 1641,
risimiglianze grossolane è il Trimbella trasformato commedia in versi
del
Martellini stampata nel 1618. Si recitò in Firenz
anno in cinque giorni con generale applauso la Fiera commedia urbana
del
festivo Buonarroti il giovine, la quale è uno spe
l’Altani quattro commedie che possono mentovarsi con onore l’Amerigo
del
1611, la Prigioniera del 1622, il Mecàm Bassà del
e che possono mentovarsi con onore l’Amerigo del 1611, la Prigioniera
del
1622, il Mecàm Bassà del 1625 e le Mascherate del
con onore l’Amerigo del 1611, la Prigioniera del 1622, il Mecàm Bassà
del
1625 e le Mascherate del 1633. Gli Abbagli felici
611, la Prigioniera del 1622, il Mecàm Bassà del 1625 e le Mascherate
del
1633. Gli Abbagli felici del conte Prospero Bonar
il Mecàm Bassà del 1625 e le Mascherate del 1633. Gli Abbagli felici
del
conte Prospero Bonarelli della Rovere si pubblicò
1708. Esse hanno molta grazia comica, specialmente per chi ha pratica
del
dialetto milanese, e vi si veggono acconciamente
si veggono acconciamente delineati i caratteri, e sopra tutti quello
del
falso filosofo è pittura vera vivace e pregevole,
ra in musica. Dalle descritte erudite tragedie e pastorali e commedie
del
XVII chiara quanto il meriggio ne risulta questa
me della nostra Storia) sbandi poi nel passato secolo e nel principio
del
presente (parla del decimottavo) ogni legame di
a) sbandi poi nel passato secolo e nel principio del presente (parla
del
decimottavo) ogni legame di regolarità, e lasciat
Non bisogna fare atti di fede in letteratura. Rileggendo la citazione
del
Maffei egli si accorgerà subito che quel nostro l
i reali eroici regiocomici oltramontani adottati in un breve periodo
del
passato secolo da commedianti di mestieri e da It
lio informati. Gli faremmo risovvenire delle tragedie dell’Ingegneri,
del
Chiabrera, del Bracciolini, del Bonarelli, del Do
Gli faremmo risovvenire delle tragedie dell’Ingegneri, del Chiabrera,
del
Bracciolini, del Bonarelli, del Dottori, del Pall
venire delle tragedie dell’Ingegneri, del Chiabrera, del Bracciolini,
del
Bonarelli, del Dottori, del Pallavicino, del Delf
agedie dell’Ingegneri, del Chiabrera, del Bracciolini, del Bonarelli,
del
Dottori, del Pallavicino, del Delfino, del Caracc
ngegneri, del Chiabrera, del Bracciolini, del Bonarelli, del Dottori,
del
Pallavicino, del Delfino, del Caraccio come anco
abrera, del Bracciolini, del Bonarelli, del Dottori, del Pallavicino,
del
Delfino, del Caraccio come ancora delle pastoral
racciolini, del Bonarelli, del Dottori, del Pallavicino, del Delfino,
del
Caraccio come ancora delle pastorali dell’altro
fino, del Caraccio come ancora delle pastorali dell’altro Bonarelli,
del
medesimo Chiabrera, del Bonarroti il giovine e de
ancora delle pastorali dell’altro Bonarelli, del medesimo Chiabrera,
del
Bonarroti il giovine e dell’Errico e finalmente
, del Bonarroti il giovine e dell’Errico e finalmente delle commedie
del
Guarini, del Brignole Sale, del Malavolti, dell’A
ti il giovine e dell’Errico e finalmente delle commedie del Guarini,
del
Brignole Sale, del Malavolti, dell’Altani, del Ma
l’Errico e finalmente delle commedie del Guarini, del Brignole Sale,
del
Malavolti, dell’Altani, del Maggi, del Porta, del
commedie del Guarini, del Brignole Sale, del Malavolti, dell’Altani,
del
Maggi, del Porta, dell’Isa, dello Stellati, del S
el Guarini, del Brignole Sale, del Malavolti, dell’Altani, del Maggi,
del
Porta, dell’Isa, dello Stellati, del Sermoneta, d
lavolti, dell’Altani, del Maggi, del Porta, dell’Isa, dello Stellati,
del
Sermoneta, del Buonarroti, e di altre indicate. A
ltani, del Maggi, del Porta, dell’Isa, dello Stellati, del Sermoneta,
del
Buonarroti, e di altre indicate. A tutte queste c
icilie tom. V. b. Vedasene ciò che disse il Ghirardelli nella Difesa
del
suo Costantino, ed il Nicodemo nelle Addizioni al
suo Costantino, ed il Nicodemo nelle Addizioni alla Bibliot. Napolet.
del
Toppi. a. Prego i leggitori a distinguer meco il
a. Di essa si fece un’edizione in foglio nel 1726 colle annotazioni
del
dotto Anton Maria Salvini.
entasette anni il più aristocratico, è la vera parola, tra gli attori
del
suo tempo : aristocratico nella dizione, nei modi
ire, il nuovo ruolo con una stupenda creazione al Teatro Re di Milano
del
protagonista nella Satira e Parini di Paolo Ferra
ella Satira e Parini di Paolo Ferrari. Trascrivo dall’Arte drammatica
del
7 febbraio ’91 lo stato di servizio dell’egregio
Al finire della sua vita artistica, il Corriere della sera di Milano
del
14-15 febbraio dedica al caro artista un lungo ar
ti, Modena, Salvini e Rossi dànno il marchio ad un’epoca nella storia
del
teatro italiano, Ciotti appartiene alla plejade e
rventi, studiosi cultori dell’arte, che sono i più efficaci strumenti
del
gusto del pubblico. Attore distinto, come diremo
udiosi cultori dell’arte, che sono i più efficaci strumenti del gusto
del
pubblico. Attore distinto, come diremo più innanz
ismi della scuola, piacendo anzi per quella sua naturalezza spontanea
del
gesto, del portamento, e sopratutto del dire. Com
scuola, piacendo anzi per quella sua naturalezza spontanea del gesto,
del
portamento, e sopratutto del dire. Comparso alla
lla sua naturalezza spontanea del gesto, del portamento, e sopratutto
del
dire. Comparso alla ribalta quando il periodo ero
e sopratutto del dire. Comparso alla ribalta quando il periodo eroico
del
teatro italiano era sul tramontare, non si lasciò
tono enfatico, dal fare atteggiante all’eroico de’comici più in voga
del
suo tempo, ma si accostò per intuito forse delle
tipo italiano ; vestiva con suprema eleganza sicchè dava l’illusione
del
signore, aggiungendo il porgere dignitoso. Molta
compagno, alla voce armoniosa, che insinuante accarezzava l’orecchio
del
pubblico ; e nei paesi meridionali il giudizio de
Falconiere di Pietr’Ardena a far da sirena dicendo i versi melodiosi
del
Marenco. Allorchè alla fine del prologo rispondev
r da sirena dicendo i versi melodiosi del Marenco. Allorchè alla fine
del
prologo rispondeva al lamento della sua amata, pe
buggerio, come dicono i comici. Il signor Eugenio Lombardi, direttore
del
Teatro Manzoni, ci diceva che allora gli capitava
rmania, venuto a Milano nel 1875, i giornali registravano i fanatismi
del
Trionfo d’amore di Giacosa, ripetuto 15 sere, i c
di Ciotti e di Virginia Marini. E ai successi della Satira e Parini,
del
Falconiere, del Trionfo d’amore, possiamo aggiung
irginia Marini. E ai successi della Satira e Parini, del Falconiere,
del
Trionfo d’amore, possiamo aggiunger quelli della
lconiere, del Trionfo d’amore, possiamo aggiunger quelli della Prosa,
del
Ridicolo, della Messalina, della Catena, del Piet
nger quelli della Prosa, del Ridicolo, della Messalina, della Catena,
del
Pietro o La gente nuova, del Rienzi, del Lorenzin
Ridicolo, della Messalina, della Catena, del Pietro o La gente nuova,
del
Rienzi, del Lorenzino de’Medici, scritto per lui
lla Messalina, della Catena, del Pietro o La gente nuova, del Rienzi,
del
Lorenzino de’Medici, scritto per lui dal vecchio
l Rienzi, del Lorenzino de’Medici, scritto per lui dal vecchio Dumas,
del
Duello, dei Mariti, ecc. Egli appartenne a quella
i filodrammatici ; e d’onde si recò a Firenze il ’93 nella ricorrenza
del
1° centenario dalla morte di C. Goldoni, per sost
morte di C. Goldoni, per sostenervi al fianco di T. Salvini la parte
del
vecchio Andreuve, nella quale mostrò come i suoi
ribalta, una giovinezza gagliarda. Ciotti-Sartorio Costanza. Moglie
del
precedente, figlia del Custode del Teatro della C
a gagliarda. Ciotti-Sartorio Costanza. Moglie del precedente, figlia
del
Custode del Teatro della Canobbiana, nacque a Mil
Ciotti-Sartorio Costanza. Moglie del precedente, figlia del Custode
del
Teatro della Canobbiana, nacque a Milano il 1836.
donar la scena per mal ferma salute, e si ritirò a Firenze nella casa
del
marito. Nell’ ’85 le si sviluppò una cruda malatt
Coppa Giuseppe detto Virginio. Artista della Compagnia
del
Duca di Modena per le parti di amoroso con la mog
so con la moglie Aurelia, amorosa. Sappiamo da un ordine di pagamento
del
1689 che lo stipendio degli artisti era di lire q
ra, prese à pigione quattro Camerette, situate nell’ ultimo Corritore
del
Cortile di detta Città, pagando per esse quattro
e l’accennato Sito è proprio di V. A. S., confidati nell’innata bontà
del
loro benignissimo Padrone, alle di lui Seren.me P
1692. Fu concessa l’abitazione gratuita sino a nuovo ordine con data
del
29 febbraio 1692. A detta supplica fo seguire que
ude le forme e le qualità de’ singoli artisti componenti la Compagnia
del
Duca. Seren.ma Altezza Scorron già Venti giorni,
S. le nostre Miserie, sicuri, che rimirate dalla medema con gl’ Ochi
del
suo benignissimo Compatimento, non ci lascierà se
te due anni, ma con poca fortuna, sostituendolo talora nella maschera
del
Truffaldino. Il matrimonio non si effettuò più –
overchia dimestichezza che il Coralli aveva con Teodora Ricci, moglie
del
Bartoli ; dimestichezza che fece montare su tutte
bi di ogni specie il Coralli, il quale dovè ricorrere alla protezione
del
Gozzi : e sarebbe rimasto senza dubbio in compagn
arebbe rimasto senza dubbio in compagnia, nonostante l’ invelenimento
del
Sacco, se, pel timore di essere definitivamente s
comico della compagnia. (C. Gozzi, Memorie inutili, II). La quaresima
del
’74 entrò nella Compagnia di Pietro Rosa come Arl
, nella Compagnia italiana di Parigi, nella quale esordì il 16 maggio
del
1775 nella commedia in quattro atti : Il Dottore
dei poveri. Egli entrò alla Commedia italiana per recitare al fianco
del
Bertinazzi che non poteva per vecchiezza disimpeg
fesso, colla più schietta modestia, seppe conquistarsi la benevolenza
del
pubblico e del comitato del teatro, il quale, qua
ù schietta modestia, seppe conquistarsi la benevolenza del pubblico e
del
comitato del teatro, il quale, quando nel 1780 li
destia, seppe conquistarsi la benevolenza del pubblico e del comitato
del
teatro, il quale, quando nel 1780 licenziò gli at
el comitato del teatro, il quale, quando nel 1780 licenziò gli attori
del
genere italiano, pensò bene di conservare il Cora
o, pensò bene di conservare il Coralli. Morto Carlino, il 6 settembre
del
1783, Coralli entrò nel pieno possesso del ruolo
to Carlino, il 6 settembre del 1783, Coralli entrò nel pieno possesso
del
ruolo di Arlecchino, e quattro giorni dopò, avant
pel suo grande predecessore, che gli accrebber subito la benevolenza
del
pubblico. Al principio del 1789 egli era tuttavia
e, che gli accrebber subito la benevolenza del pubblico. Al principio
del
1789 egli era tuttavia unito alla Commedia italia
era tuttavia unito alla Commedia italiana. Il Bartoli, contemporaneo
del
Coralli, dice : « Nella maschera dell’ arlecchino
a maschera dell’ arlecchino non piacque pel troppo disuguale paragone
del
tanto ben veduto ed accreditato Bertinazzi. Rimas
Coralli non ha voluto riveder l’ Italia, ma avendo sposata una figlia
del
Ruggeri, fabbricatore di fuochi artificiali, è ri
necessario suo decoroso mantenimento. » Una delle migliori creazioni
del
Coralli fu quella del fratello minore nei Gemelli
so mantenimento. » Una delle migliori creazioni del Coralli fu quella
del
fratello minore nei Gemelli Bergamaschi di Floria
ima volta il 6 agosto 1782, in cui si fece molto applaudire al fianco
del
Bertinazzi che rappresentava il fratello maggiore
e quella nel Venceslao, dramma francese, come appare dalla prefazione
del
traduttore Francesco Gritti.
giudizio negativo espresso da Foscolo, in parte ripreso dai letterati
del
Sette e dell’Ottocento, polemico nei confronti di
ere, Algarotti considera la cultura un ampio campo aperto all’interno
del
quale i saperi dialogano tra di loro e sono compo
i un sapere disponibile ed eclettico, che qualifica l’uomo di lettere
del
XVIII secolo, volto a perseguire uno dei fondamen
canti, Algarotti fu educato nell’ambiente bolognese dei primi decenni
del
secolo XVIII in cui la divulgazione scientifica e
sono una relazione geografica, politica e di costume dell’esperienza
del
viaggio. Di ritorno dalla Russia, Algarotti conob
istione se le qualità varie de’ popoli originate siano dallo influsso
del
clima, ovveramente dalle virtù della legislazione
lle rappresentazioni nel locale teatro d’opera. Le prime due edizioni
del
libro sono dedicate al barone di Svertz, «Diretto
a direttamente gli autori che avevano segnato il dibattito all’inizio
del
Settecento e che, come scrive alla fine del suo d
o il dibattito all’inizio del Settecento e che, come scrive alla fine
del
suo discorso, apprezzerebbero un teatro che appli
verità». Da un lato quindi Algarotti guarda alle discussioni italiane
del
primo Settecento, dall’altro egli pubblica il suo
a francese e dell’opera italiana, segnava una trasformazione radicale
del
gusto, in nome di una maggiore aderenza della poe
nque quanto mai tempestivo. La prima redazione, conclusa nell’ottobre
del
17547, non ha un’impronta saggistica; rientra piu
a saggistica; rientra piuttosto, come nota Annalisa Bini8, nel genere
del
pamphlet, cui è riconducibile, anche se con qualc
giore concessione a un registro saggistico, anche la seconda edizione
del
1755; le questioni sono affrontate in modo discor
i per rilanciare il discorso sullo spettacolo operistico. La priorità
del
testo su tutte le altre componenti è la base di p
priorità del testo su tutte le altre componenti è la base di partenza
del
discorso di Algarotti che punta a riformare il te
ele Metastasio comincia a parlare proprio in una lettera ad Algarotti
del
17479), dove il poeta cesareo sosteneva la deriva
ma lo scritto di Algarotti converge verso posizioni comuni ai teorici
del
teatro del tempo, a partire da Ranieri Calzabigi
to di Algarotti converge verso posizioni comuni ai teorici del teatro
del
tempo, a partire da Ranieri Calzabigi che nell’ed
one della diffusione europea dell’opera italiana e da un’accettazione
del
genere nel sistema complessivo della cultura lett
tito sul teatro musicale che aveva animato le discussioni dell’inizio
del
secolo si collocava all’interno della riflessione
di inverosimiglianza e di incongruenza insiti nella struttura stessa
del
dramma per musica, ma polemizzava contro l’assenz
che non contestava tanto l’unione di poesia e musica quanto gli esiti
del
teatro contemporaneo che amplificavano la corruzi
ntemporaneo che amplificavano la corruzione di entrambe le componenti
del
dramma per musica. Il tentativo di mediazione di
nze dal logocentrismo primosettecentesco in nome di un riconoscimento
del
piacere suscitato dalla musica. La posizione di A
he decennio dal dibattito ora evocato, mostra che il successo europeo
del
dramma metastasiano aveva di fatto legittimato la
arotti il discorso si sposta su questioni più tecniche e sulla natura
del
rapporto tra tutte le componenti del teatro music
ioni più tecniche e sulla natura del rapporto tra tutte le componenti
del
teatro musicale. È in questo contesto e con quest
i. Le argomentazioni di Algarotti, se da un lato riprendono i termini
del
dibattito primo-settecentesco, dall’altro però si
-settecentesco, dall’altro però si avvalgono della conoscenza diretta
del
mondo teatrale contemporaneo, che ha un ruolo cen
della poesia, Algarotti affronta in successione le questioni centrali
del
dramma per musica: la scelta degli argomenti, il
r la loro efficacia scenica. Algarotti dialoga con d’Alembert, autore
del
Discours préliminaire de l’Encyclopédie, fin da q
taire, di cui sono riportati dei versi tratti dal poema Le Mondain 14
del
1736 che scompaiono nella seconda redazione del 1
l poema Le Mondain 14 del 1736 che scompaiono nella seconda redazione
del
1755 e sono invece ripresi nella redazione livorn
da redazione del 1755 e sono invece ripresi nella redazione livornese
del
1763. Le opzioni tematiche sono uno degli argomen
nese del 1763. Le opzioni tematiche sono uno degli argomenti centrali
del
discorso, perché da esse derivano le scelte dramm
re e rapire lo spettatore, in una ideale concordia tra tutte le parti
del
dramma. D’altronde anche qui l’impianto teorico è
pratica diretta di gestione teatrale acquisita da Algarotti nel corso
del
soggiorno prussiano e infatti gli esempi evocati
i scelti per le due proposte esemplari di drammi pubblicati alla fine
del
testo. Algarotti entra anche nel dettaglio della
tesi, che è debitrice agli esiti della parigina querelle des bouffons
del
1752-54: «Una qualche immagine della vera musica
etto con pace de’ Virtuosi, nelle nostre Opere buffe16.» La vivacità
del
discorso fin dalla prima redazione è data anche d
ittura, la scultura, l’architettura, chiamate in causa in varie parti
del
Discorso e soprattutto in quelle dedicate alla sc
soprattutto in quelle dedicate alla scenografia. La seconda versione
del
1755, pubblicata sempre dall’editore veneziano Pa
prende le seguenti sezioni: Del libretto, Della musica, Della maniera
del
cantare e del recitare, Dei balli, Delle scene. I
enti sezioni: Del libretto, Della musica, Della maniera del cantare e
del
recitare, Dei balli, Delle scene. Il tono pamphle
redazione è ridotto a vantaggio di un’orchestrazione più controllata
del
discorso; ad esempio è espunta una critica agli i
giormente questa seconda redazione rispetto alla prima. Verso la fine
del
paragrafo, un altro grande inserto assente nella
passioni: «Talché un direbbe che a’ secoli nostri è tornato il secolo
del
secento per la musica. La bella semplicità che so
quella della prima redazione; proprio in virtù di una ricomposizione
del
discorso in termini meno militanti e immanenti, s
to e dalle censure primosettecentesche, criticava il costume corrotto
del
teatro contemporaneo20 e citava i versi provocato
obrio e si concentra sulle questioni più tecniche: anche l’esclusione
del
riferimento ai protagonisti del dibattito primise
ioni più tecniche: anche l’esclusione del riferimento ai protagonisti
del
dibattito primisettecentesco («I Muratori, i Grav
tà di una riforma radicale dello spettacolo. Questa seconda redazione
del
Saggio fu inviata a Metastasio, che ebbe una reaz
, nel rilevare e commentare esplicitamente soltanto la pars destruens
del
discorso di Algarotti; il lamento verso il teatro
evidenziano anche una presa di distanza di Algarotti dalle soluzioni
del
teatro metastasiano, soprattutto per quanto rigua
aio 1756 ad Algarotti, Metastasio converge così sul degrado dei gusti
del
pubblico senza addentrarsi nello specifico delle
vorrei mai separarmi. Io che mi risento più d’ogni altro degli abusi
del
nostro teatro di musica, più d’ogni altro vi son
gli abusi del nostro teatro di musica, più d’ogni altro vi son tenuto
del
coraggio col quale ne intraprendete la cura. Ma,
raviglie, e seducono il popolo col piacere che prestano dal desiderio
del
maggiore, di cui lo defraudano. Ma questa lettera
ssiva. Poche sono dunque le modifiche rispetto alla seconda redazione
del
1755; anche la conclusione che è profondamente ca
63, alcuni interventi che ripropongono il problema della collocazione
del
teatro per musica nella cultura letteraria del te
ema della collocazione del teatro per musica nella cultura letteraria
del
tempo e della sua riforma. I vari tentativi e la
tensificarsi di interventi mostrano la grande diffusione e centralità
del
dramma per musica, ma anche la difficoltà, da par
olare e cortigiano. Così mentre Metastasio rappresentava il paradosso
del
massimo scrittore melodrammatico, destinatario di
ncora lo scrittore più rappresentato d’Europa, i letterati e la gente
del
mestiere si interrogano sulla struttura del dramm
a, i letterati e la gente del mestiere si interrogano sulla struttura
del
dramma per musica e sul rapporto con il pubblico
o con il pubblico e propongono istanze di riforma, che in questa fase
del
dibattito e ancora per alcuni decenni, cercano un
edizione parigina delle Opere di Metastasio, uscite nello stesso anno
del
Saggio. Calzabigi concordava nel considerare i dr
a Vienna con Cristoph Willibald Gluck, a partire da Orfeo e Euridice
del
1762. I temi in comune con Algarotti sono moltepl
il cuore della drammaturgia operistica, responsabile dell’organicità
del
tutto, ma è anche vista come parte di un prodotto
ta come parte di un prodotto dal funzionamento complesso, al successo
del
quale concorrono tutte le componenti del dramma p
mento complesso, al successo del quale concorrono tutte le componenti
del
dramma per musica. L’interesse si è decisamente s
r musica. L’interesse si è decisamente spostato da una considerazione
del
quadro complessivo della gerarchia dei generi let
oetica italiana all’analisi di uno spettacolo in sintonia con i gusti
del
pubblico, in grado di cogliere le sollecitazioni
e la sensibilità e lo sviluppo intellettivo dell’uomo reale al centro
del
discorso. Sono strettamente connesse al Saggio di
Pasquali che26 aveva stampato, due anni prima, le prime due redazioni
del
Saggio di Algarotti e che nel 1757 pubblica la te
ni del Saggio di Algarotti e che nel 1757 pubblica la terza redazione
del
Saggio. Ortes è legato da una profonda e duratura
come la frequentazione dei teatri di Vienna e Berlino e la conoscenza
del
repertorio veneziano. Nelle Riflessioni lo scritt
ia, il piacere sensoriale dello spettatore come strumento di giudizio
del
successo di un dramma. Ortes distingue inoltre tr
e reale dei teatri per musica e dalla necessità di soddisfare i gusti
del
pubblico più che da astratti disegni riformistici
mo Durazzo o addirittura in tempi recenti a Calzabigi non è mai stato
del
tutto risolto29. La lettera prende spunto proprio
matiche (con risultati affini a quelli di Algarotti), nella revisione
del
rapporto tra aria e recitativo, nella drammaturgi
in particolare Sulla origine delle opere in musica e Sopra la ragione
del
canto e sua composizione 31. Martinelli intervien
pera in musica in questi anni e l’urgenza di dare risposte alla crisi
del
genere e al superamento del modello metastasiano
i e l’urgenza di dare risposte alla crisi del genere e al superamento
del
modello metastasiano può spiegare il fatto che Al
siano può spiegare il fatto che Algarotti, dopo le prime tre edizioni
del
suo saggio, senta la necessità di intervenire ult
rmente e di apportare integrazioni e ampliamenti alle prime redazioni
del
testo. I contenuti non sono sostanzialmente modif
io al suo testo e collocarlo nel dibattito europeo. La nuova edizione
del
Saggio, la quarta tra quelle curate dall’autore,
scritto algarottiano, questa volta non più dedicato al sovrintendente
del
teatro di Berlino, ma all’uomo politico inglese W
alla virtù, come avveniva nel teatro antico. Le riserve nei confronti
del
teatro impresariale, che domina il quadro italian
orte piuttosto che nel teatro impresariale secondo Algarotti. Il tema
del
rapporto tra testo e musica, centrale nelle redaz
centrale nelle redazioni precedenti, diventa una delle problematiche
del
teatro per musica che deve essere considerata in
olto di più un trattato sull’organizzazione teatrale e sulla funzione
del
teatro nella società contemporanea. Per ottenere
ua scrittura, inserisce esempi e dettagli e nella redazione ulteriore
del
1764, quasi uguale a quella precedente, correda i
ione catalizzatrice della poesia ma ogni aspetto è visto sullo sfondo
del
sistema complessivo di organizzazione degli spett
ssivo di organizzazione degli spettacoli. Anche l’aggiunta, alla fine
del
trattato, di un paragrafo dedicato alla costruzio
dei problemi logistici e organizzativi. Ma è soprattutto il registro
del
discorso che cambia in modo sostanziale; abbandon
nte nella questione e di attribuirsi un ruolo di rilievo nel contesto
del
dibattito internazionale. A questo scopo Algarott
suntivi che funzionino da linee guida per costruire l’opera riformata
del
futuro. Così nella Conclusione egli ricorda «non
mosettecentesco, presenti nella prima redazione ed espunti dal Saggio
del
1755 e dall’edizione del 1757, quasi che alla nuo
nella prima redazione ed espunti dal Saggio del 1755 e dall’edizione
del
1757, quasi che alla nuova ampliata versione sia
a corredato di alcune note d’autore assenti nella precedente edizione
del
1763. La storia interna del libro, legata alle di
’autore assenti nella precedente edizione del 1763. La storia interna
del
libro, legata alle diverse circostanze di stesura
che di integrarlo in relazione ai possibili destinatari e in funzione
del
dibattito complessivo che in questi anni si aggio
omo moderno. [Silvia Tatti.] Nota al testo La storia redazionale
del
Saggio sopra l’opera in musica è stata ricostruit
nalisa Bini in anni più recenti38. Algarotti pubblicò cinque edizioni
del
Saggio, dalla prima, uscita a Venezia nel 1755, f
tista Pasquali, 1755. Saggio sopra l’opera in musica, in Opere varie
del
Conte Algarotti Ciamberlano di S. M. il Re di Pru
garotti Ciamberlano di S. M. il Re di Prussia e Cavaliere dell’Ordine
del
Merito, Venezia, Giambattista Pasquali, 1757, vol
no, Marco Coltellini, 1763. Saggio sopra l’opera in musica, in Opere
del
Conte Algarotti Cavaliere dell’Ordine del Merito
l’opera in musica, in Opere del Conte Algarotti Cavaliere dell’Ordine
del
Merito e Ciamberlano di S. M. il Re di Prussia, L
rò solo per i primi tre tomi prima di morire. Il testo delle edizioni
del
1763 e del 1764 è profondamente ampliato rispetto
i primi tre tomi prima di morire. Il testo delle edizioni del 1763 e
del
1764 è profondamente ampliato rispetto a entrambe
ndamente ampliato rispetto a entrambe le prime due edizioni veneziane
del
1755, che presentano già tra di loro delle profon
nte le date ravvicinate di pubblicazione. La prima delle due edizioni
del
1755, conclusa nel 1754, fu pubblicata all’inizio
differenze dal punto di vista della destinazione e della costruzione
del
testo stesso. Il Discorso appare infatti come un
uisita da Algarotti presso le corti di Berlino e di Dresda. Il Saggio
del
1755, ancora dedicato al barone di Svertz, mantie
e e di una destinazione più circoscritta. La terza edizione veneziana
del
1757 riporta la stessa intestazione e dedica dell
ono infatti presenti nella prima delle due edizioni livornesi, quella
del
1763. Il testo è notevolmente ampliato, gli argom
to dall’autore, è integrata sostanzialmente, rispetto alla precedente
del
1763, con ulteriori note e citazioni, anche in in
sivo, è diventata un modello per tutti i paesi europei in ogni ambito
del
sapere e che le osservazioni contenute nel Discor
ri de’ Calsabigi, dell’Accademia di Cortona, su le Poesie Drammatiche
del
Signor Abate Pietro Metastasio, in Poesie del Sig
u le Poesie Drammatiche del Signor Abate Pietro Metastasio, in Poesie
del
Signor Abate Pietro Metastasio, Paris, Vedova Qui
a citazione da Orazio, Epistola ad Augusto, che diventa nell’edizione
del
1757 l’epigrafe e nelle edizioni successive è ins
1757 l’epigrafe e nelle edizioni successive è inserita a conclusione
del
paragrafo dedicato a Della maniera di cantare e r
, Epistola 1, libro II, versi 202-203: «potresti credere che i boschi
del
Gargano o il mare Tirreno urlino, tanto è lo stre
tasio, vol. III. 23. Saggio sopra l’opera in musica, in Opere varie
del
Conte Algarotti Ciamberlano di S. M. il Re di Pru
garotti Ciamberlano di S. M. il Re di Prussia e Cavaliere dell’Ordine
del
Merito, Venezia, Giambattista Pasquali, 1757, vol
n, inserita invece all’interno della conclusione nella prima edizione
del
1755. 24. R. Cazalbigi, Dissertazione di Ranieri
ri de’ Calsabigi, dell’Accademia di Cortona, su le Poesie Drammatiche
del
Signor Abate Pietro Metastasio, cit. 25. Cfr. su
Si cita da F. Algarotti, Saggio sopra l’opera in musica. Le edizioni
del
1755 e del 1763, cit., p. 5. 35. Ivi, p. 11. 36
F. Algarotti, Saggio sopra l’opera in musica. Le edizioni del 1755 e
del
1763, cit., p. 5. 35. Ivi, p. 11. 36. F. Algaro
i, p. 11. 36. F. Algarotti, Saggio sopra l’opera in musica, in Opere
del
Conte Algarotti Cavaliere dell’Ordine del Merito
l’opera in musica, in Opere del Conte Algarotti Cavaliere dell’Ordine
del
Merito e Ciamberlano di S. M. il Re di Prussia, L
CAPO I I. Tragedie reali. Risorgeva a gran passi nel cader
del
passato secolo il gusto della vera eloquenza nell
fonti. Il cardinal Delfino e ’l barone Caracci35 furono i precursori
del
rinascimento della tragedia italiana. L’onore di
col nome di Mirtillo, munito di dottrina, d’ingegno e di gusto, emulo
del
Maffei e del Gravina36, avea cominciato a comporr
irtillo, munito di dottrina, d’ingegno e di gusto, emulo del Maffei e
del
Gravina36, avea cominciato a comporre qualche dra
il tenero e patetico di Perselide, la dipintura d’un Ottomano geloso
del
potere, e perciò crudele in Solimano, costituisco
limano e Mustafo. Il primo nell’atto IV dopo aver deliberata la morte
del
suo gran figlio sente la natura che pugna colla b
orte. Siate fidi al Soldano; siane in difesa a i troni Il braccio
del
tuo sposo che com’ io gli perdoni. Addio. Pers
cred’ io) Giugnerà a Zeanghire, digli a mio nome addio: Digli che
del
suo nome nelle note a me care Partir tu mi vede
n meritava occupare il luogo delle Gemelle Capuane o di qualche altra
del
Teatro Italiano? Ciò che diffinisce i primi progr
telli dell’Ifigenia in Tauri e dell’Alceste di Euripide. Gl’ Italiani
del
XVI secolo aveano trasportati i greci argomenti c
on troppo scrupolosa osservanza delle antiche vestigia, ed i Francesi
del
XVII secolo fecero un passo di più maneggiandoli
economia. Il confronto dell’Ifigenia in Tauri di Euripide con quella
del
Martelli mostrerà sempre al giovane studioso la m
favole con vantaggio e senza sconciarle. Chi si sovverrà dell’Alceste
del
medesimo Greco, avendo sotto gli occhi quella del
vverrà dell’Alceste del medesimo Greco, avendo sotto gli occhi quella
del
Martelli, vedrà nella moderna conservato l’ inter
a le indecenti altercazioni di Admeto col padre. Impaziente parimente
del
risorgimento della nostra tragedia il celebre Cal
to dall’istesso Martelli; ma s’ingannò in più maniere nell’esecuzione
del
suo disegno. Pieno com’ era della più riposta eru
li apologisti preoccupati. Il regno di Napoli produsse ne’ primi anni
del
secolo due altri pregevoli scrittori di tragedie,
ose; vivo è il ritratto de’ favoriti nell’ atto III, buona è la scena
del
IV in cui Sejano intima il divorzio ad Apicata, t
i, e non manca di passi tragici bene espressi. La Virginia, mal grado
del
buon dialogo d’Icilio e Numitore nell’atto I, e d
rginia, mal grado del buon dialogo d’Icilio e Numitore nell’atto I, e
del
racconto felice e senza ridondanza del di lei amm
ilio e Numitore nell’atto I, e del racconto felice e senza ridondanza
del
di lei ammazzamento, si posporrà sempre a tutte l
. Lodevole nell’atto I è il ritratto che in Tito si fa de’ partigiani
del
regno, ed in Furio de’ repubblicisti, sul gusto d
entata in Napoli con ammirazione e diletto universale colla direzione
del
celebre Andrea Belvedere, fu il trionfo del Pansu
niversale colla direzione del celebre Andrea Belvedere, fu il trionfo
del
Pansuti. Nel trattar quest’argomento dopo l’Areti
allegrezze di Roma colle smanie di Orazia per la sanguinosa vittoria
del
fratello e per la morte del di lei sposo, e final
anie di Orazia per la sanguinosa vittoria del fratello e per la morte
del
di lei sposo, e finalmente l’ azione del V intere
del fratello e per la morte del di lei sposo, e finalmente l’ azione
del
V interessante per la morte di Orazia, pel perico
ricolo di Orazio condannato e per la patetica aringa di Publio in pro
del
figlio superstite che commuove il Popolo Romano.
di Napoli e glorioso per la rinunzia dell’ arcivescovato di Palermo e
del
vescovato di Lecce a lui offerti morì nel 1753 am
5, il Crispo e la Polissena. Non fu solo il Martelli ne’ primi lustri
del
secolo che seppe unire alle bellezze del greco co
il Martelli ne’ primi lustri del secolo che seppe unire alle bellezze
del
greco coturno la saggia maniera d’ interessare i
o greco, col patetico pennello di Euripide e coll’ eleganza armoniosa
del
Racine sceneggiandolo alla moderna, e vinse coll’
a versificazione il Martelli, colla gravità il Gravina, colla purezza
del
linguaggio il Pansuti. Meritò la di lui Polissena
lissena che da Pietro di Calepio si preferisse nel confronto a quella
del
La Fosse pel piano meglio ragionato, pel costume
cali in fine di ciascun tomo. Tommaso Carapelle pose in musica i cori
del
Domiziano: Domenico Sarro quelli de’ Massimini: L
ri del Domiziano: Domenico Sarro quelli de’ Massimini: Leonardo Vinci
del
Massimiano: Francesco Durante del Flavio Valente:
uelli de’ Massimini: Leonardo Vinci del Massimiano: Francesco Durante
del
Flavio Valente: Giovanni Adolfo Hasse detto il Sa
eo della Sofronia: Nicola Porpora dell’Ermenegildo: Francesco Mancini
del
Maurizio il Principe di Ardore del Ridolfo. Carat
ell’Ermenegildo: Francesco Mancini del Maurizio il Principe di Ardore
del
Ridolfo. Caratterizzano queste favole una locuzio
tore. Per saggio della di lui maniera di colorire vedasi un frammento
del
racconto che fa Eustachio a Simile delle sue avve
do, e valli ed antri Gridan Teopista ancor: l’ode la bella Cagion
del
pianto mio, che vuol nell’onde Precipitarsi, o
insidiatore strappa dalla bocca di Leovigildo la sentenza della morte
del
figliuolo, se non rinunzj al culto cattolico; e c
il nemico, prima che Voltaire avesse composta l’Alzira. Prima ancora
del
Manasse del Granelli egli ritrasse egregiamente u
prima che Voltaire avesse composta l’Alzira. Prima ancora del Manasse
del
Granelli egli ritrasse egregiamente un sovrano pe
e tragiche situazioni prevenne il Marchese anche l’Orfano della China
del
Voltaire. Meriterebbe che si trascrivesse il pate
almente l’Ermenegildo e il Maurizio potrebbero arricchire la raccolta
del
tragico teatro Italiano. Antonio Conti nobil Vene
Giunio Bruto, Marco Bruto, Giulio Cesare e Druso. Il pregio singolare
del
di lui stile è la gravità, la precisione e la ver
orso nel teatro di San Samuele, oltre a i pregi generali dello stile,
del
costume e del metro, si rende notabile per la for
o di San Samuele, oltre a i pregi generali dello stile, del costume e
del
metro, si rende notabile per la forte aringa di B
e argomento tragico, e compose la Merope, che dopo la prima di Modena
del
1713 ha avuto più di 60 edizioni, è stata recata
one e diletto. Una delle migliori edizioni che se ne fecero fu quella
del
1735 colla prefazione del marchese Orsi e con ann
igliori edizioni che se ne fecero fu quella del 1735 colla prefazione
del
marchese Orsi e con annotazioni di Sebastiano Pao
esi stessi l’accolsero con sinceri encomj39. A chi è ignota la Merope
del
Maffei? Chi nel solo mentovarla non si sovviene d
a interessante semplicità della condotta? della verità de’ caratteri?
del
mirabile vivo ritratto di una madre? della dolce
ffetti? di quel vago racconto di Egisto nell’atto I, e dell’avventura
del
IV conservataci da Aristotile e da Igino, in cui
gne a tempo a trattener la madre che sta per trafiggere il figliuolo?
del
vivace atto V ove tutto mira al disviluppo felice
parla della febbre di Merope? che questa regina per iscarsezza d’arte
del
poeta si avventa due volte ad Egisto colla scure?
o una grande rivoluzione e l’ammazzamento di un re? Gli sforzi stessi
del
Voltaire per deprimerla, dopo di essersi ornato d
ibutati all’originale. E perchè serbando l’onorato carattere di amico
del
Maffei non avrebbe potuto versar su di lui che a
degli antichi Davi umilia la letteratura, copre di nuvole il chiarore
del
secolo e abbassa Voltaire. La Merope del Maffei n
copre di nuvole il chiarore del secolo e abbassa Voltaire. La Merope
del
Maffei non va esente da ogni neo; ma qual produzi
oduzione teatrale può vantarsi di una perfezzione assoluta? La Merope
del
Voltaire non ha difetti? Sovvenghiamoci di ciò ch
iamò Voltaire traduttore, copiatore, piggioratore ancora della Merope
del
Maffei specialmente nell’atto V. Volle poi quest’
ione, ed affermò che l’Italiano avea saccheggiato e sfigurato l’Amasi
del
la Grange, e che il Voltaire rivendicando il furt
agedie rimasero nascendo sepolte? Perchè non vide che senza la Merope
del
Maffei, senza quella ch’ ei chiama povertà Italia
tante cose ignorava, ebbe l’audacia di scagliarsi contro l’originale
del
Maffei, e la copia del Voltaire, produzioni di du
bbe l’audacia di scagliarsi contro l’originale del Maffei, e la copia
del
Voltaire, produzioni di due grand’ingegni, cui eg
aggi dell’immortalità. Intorno al medesimo tempo uscirono la Demodice
del
Veneziano Giambatista Recanati, e la Didone del B
uscirono la Demodice del Veneziano Giambatista Recanati, e la Didone
del
Bolognese Giampieri Cavazzoni Zanotti. La prima r
Feneati narrata da Plutarco ne’ Paralleli con tutte le particolarità
del
fatto de’ Curiazj ed Orazj. Trionfa in essa l’amo
ia in ogni incontro. L’ammazzamento dell’addolorata Demodice per mano
del
fratello Critolao avviene appunto per le di lei i
all’ azione mal connessi episodj dell’amicizia di Eurindo e Critolao,
del
conflitto di costui col leone, degli amori di Lag
emodice che ha penetrato che il suo sposo Alceste sarà il competitore
del
fratello Critolao, così si esprime: S’ei riman
essa è la maraviglia e la tristezza di lei al silenzio indi al partir
del
Trojano con poche compassate parole; ma pregevoli
sospiri &c. O Enea che mi abbandoni, o mie speranze, O sacra
del
mio sposo ombra tradita, O mio onore, o dovere,
alia sulle notizie giornaliere francesi, afferma che ne’ primi lustri
del
nostro secolo il teatro italiano non ebbe che dra
a Didone si sono esclusi i cori, e l’uso in seguito n’è passato quasi
del
tutto. Anche nel 1721 s’impresse in Venezia l’Ezz
sato quasi del tutto. Anche nel 1721 s’impresse in Venezia l’Ezzelino
del
dottor Girolamo Baruffaldi Ferrarese, che poi ebb
l’uditorio e non da’ personaggi che stanno sulla scena: e la mancanza
del
tempo richiesto perchè giunga Beatrice co’ sei co
po. Antigona madre di Giocasta (che Creonte volle far morire per mano
del
suo figliuolo Osmene di lei marito) viene a Tebe
e dice al marito che la cerchi, ed incontrandola (soggiugne) Dille
del
mio destin la cruda istoria, Dille che la sua m
ger non la potrò, stringila al tuo. Mentre si applaudiva la Merope
del
Maffei, l’ab. Domenico Lazzatini di Morro patrizi
i Sofocle richiamando sulla scena tutto il terrore e la forza tragica
del
teatro Ateniese. E’ scritta in endecasillabi ed e
igliuolo e col suicidio della figliuola. I molti amici dell’ autore e
del
severo gusto greco contrarj al Maffei l’applaudir
essa una piacevole satira scenica col titolo di Ruzvanscad il Giovane
del
Vallaresso nobil Veneto, parodia, come ben dice i
en dice il Bettinelli, saporitissima tralle poche italiane. Discepolo
del
Lazzarini e seguace del di lui gusto tragico fu l
aporitissima tralle poche italiane. Discepolo del Lazzarini e seguace
del
di lui gusto tragico fu l’ab. Giuseppe Salio Pado
gico fu l’ab. Giuseppe Salio Padovano morto giovane qualche anno dopo
del
1738. Egli compose tre tragedie col coro continuo
a ad Apostolo Zeno che la lodò. Il conte di Calepio comendò la scelta
del
protagonista nella Temisto, ma parve al Salio ch’
samente replicò il Calepio colla sua Confutazione di molti sentimenti
del
Salìo. Comunicato lo spirito della tragedia per l
menti del Salìo. Comunicato lo spirito della tragedia per la riuscita
del
Conti, del Martelli, del Zanotti, del Pansuti, de
alìo. Comunicato lo spirito della tragedia per la riuscita del Conti,
del
Martelli, del Zanotti, del Pansuti, del Marchese,
to lo spirito della tragedia per la riuscita del Conti, del Martelli,
del
Zanotti, del Pansuti, del Marchese, e singolarmen
della tragedia per la riuscita del Conti, del Martelli, del Zanotti,
del
Pansuti, del Marchese, e singolarmente del Maffei
ia per la riuscita del Conti, del Martelli, del Zanotti, del Pansuti,
del
Marchese, e singolarmente del Maffei, si diffuse
del Martelli, del Zanotti, del Pansuti, del Marchese, e singolarmente
del
Maffei, si diffuse per l’Italia tutta, e si produ
n Roma nel 1724 la sua tragedia il Conte Ugolino. La Morte di Achille
del
conte Ludovico Savioli Bolognese si pubblicò in B
a nel 1758, conosciuto per gli sforzi perduti contro la Storia Civile
del
Giannone, e pel libro de’ vizj e de’ difetti del
tro la Storia Civile del Giannone, e pel libro de’ vizj e de’ difetti
del
moderno teatro uscito in Roma nel 1753, pubblicò
iuna di tali tragedie levò grido, o parve degna compagna della Merope
del
Maffei o del Cesare del Conti, o della Perselide
tragedie levò grido, o parve degna compagna della Merope del Maffei o
del
Cesare del Conti, o della Perselide del Martelli.
vò grido, o parve degna compagna della Merope del Maffei o del Cesare
del
Conti, o della Perselide del Martelli. Toccò al V
gna della Merope del Maffei o del Cesare del Conti, o della Perselide
del
Martelli. Toccò al Varano e al Granelli il vanto
morto in Ferrara carico d’anni e di meriti letterarj a’ 23 di giugno
del
178841 arricchì il teatro tragico di tre buone tr
icenza, dopo di essersi querelato nelle Novelle letterarie di Venezia
del
Berno librajo Veronese che nel 1745 su di un esem
verisimilmente l’avvicina all’epoca della publicazione delle tragedie
del
Maffei, del Zanotti e del Recanati. Nobile, terso
te l’avvicina all’epoca della publicazione delle tragedie del Maffei,
del
Zanotti e del Recanati. Nobile, terso, elegante e
all’epoca della publicazione delle tragedie del Maffei, del Zanotti e
del
Recanati. Nobile, terso, elegante ed accomodato a
tanto nell’intervallo degli atti. L’azione immaginata con somiglianza
del
vero non è istorica, eccetto che nell’àncora natu
ue oracoli sono le molle che muovono le passioni di una madre a danni
del
figliuolo sin dalle fasce, il quale è salvato dal
ammettere tralle migliori tragedie, io credo che al compiuto trionfo
del
Varano si oppongano i due ostacoli che soggiungo.
principalmente l’effetto tragico, non sembra in essa vigoroso al pari
del
grande che concilia ammirazione; ovvero, che è lo
Faranno sì che con affettata incontentabilità si ripeta colle parole
del
sig. Andres, per altro valoroso ed elegante scrit
petuo. La nobiltà ed eleganza dello stile, la regolarità, la bellezza
del
dialogo, il colorito vivace de’ caratteri non dis
no dal Demetrio tanto nell’Agnese che nel Giovanni di Giscala tiranno
del
tempio di Gerusalemme. Quest’ultima favola che em
ma favola che empie il suo oggetto d’inspirare il terrore colla morte
del
Giscala e la ruina totale di Gerusalemme, fu dedi
Il P. Giovanni Granelli gesuita Genovese, predicatore e bibliotecario
del
Duca di Modena, morto l’anno 1769, è l’altro auto
insieme colla Merope, col Cesare, e col Demetrio. Benchè dalle leggi
del
proprio istituto astretto a contenersi entro cert
confini che lasciano infruttuosa la più ricca fantasia, ed a privarsi
del
vantaggio che apportano sul teatro le femmine, co
alla gloria dell’Italia, perchè l’egregio autore avrebbe nella scuola
del
teatro apprese nuove delicatezze e perfezioni del
vece di limitarsi a rassomigliar nelle sue azioni sacre l’elevatezza
del
profetico linguaggio scritturale, si fosse dedica
la sublimità di Cornelio spogliandola dalle gonfiezze, ed il patetico
del
Racine preservandolo dalla mollezza elegiaca? Sed
ca? Sedecia dedicata al cardinal Giorgio Spinola fu la prima tragedia
del
Granelli. Essa è regolare e sceneggiata alla mode
o la benevolenza di chi ascolta, e danno luogo alla bella descrizione
del
pericolo di Evilmero nel bosco e del combattiment
nno luogo alla bella descrizione del pericolo di Evilmero nel bosco e
del
combattimento di Giosia colla fiera. Merita parim
llo Debba sperar salute, e quelle l’armi, Che di me non curando e
del
mio Tempio, In sua difesa infedelmente implori?
tto IV che il Granelli ad imitazione di quella di Giojada dell’Atalia
del
Racine fa profferire a Geremia dell’eccidio di Ba
e pure è condotto con tanto senno che serve ad aumentare la grandezza
del
dramma. Manasse penitente ancora interessa, e nel
enduto migliore nelle disgrazie; e fra’ moderni l’abbandono disperato
del
Radamisto del Crebillon, che riconosce e detesta
e nelle disgrazie; e fra’ moderni l’abbandono disperato del Radamisto
del
Crebillon, che riconosce e detesta i passati suoi
di un figlio di Manasse salvato dal sommo sacerdote, forma gran parte
del
bello di questa tragedia. L’ artifizio usato feli
alla propria imprudenza o credulità, è il titolo della terza tragedia
del
Granelli. La regolarità della condotta, la vivace
ndotta, la vivace espressione de’ caratteri ben colpiti, l’eccellenza
del
dialogo, la rende al pari delle altre due accetta
e, l’intreccio e lo scioglimento di una favola che non produce in pro
del
protagonista (io ne appello all’ interno sentimen
tro di Alcimene. Io sono (dice egli stesso) e fui suo nemico e geloso
del
real favore ch’ei solo ottiene, A farnelo cade
terrore e la compassione. Seila figlia di Jefte è l’ultima tragedia
del
Granelli. Seila è una sacra Ifigenia, il cui magn
che lasciano la gioventù qual era prima di ascoltarli, parleremo ora
del
valor tragico dell’ab. Saverio Bettinelli nato l’
affetti naturali e bene espressi, sono i meriti generali delle favole
del
Bettinelli. Vediamone qualche particolarità. Gio
lo, e per sì poco io muojo. Lo stile di questa favola non è quello
del
Granelli o del Varano, ma è pregevole perchè natu
co io muojo. Lo stile di questa favola non è quello del Granelli o
del
Varano, ma è pregevole perchè naturale e patetico
ll’azione e forse superflue sì la scena 6 dell’atto III, che la prima
del
IV. In quella del III Saule domanda ad Abiele, se
superflue sì la scena 6 dell’atto III, che la prima del IV. In quella
del
III Saule domanda ad Abiele, se il popolo entrere
ella del III Saule domanda ad Abiele, se il popolo entrerebbe a parte
del
suo paterno affetto, ov’egli inclinasse al perdon
gli inclinasse al perdono, ovvero si solleverebbe? Ma le disposizioni
del
popolo nella Teocrazia come avrebbero potuto cang
dal proprio giuramento e dallo zelo temuto di Samuele per la volontà
del
cielo enunciata dal sacro oracolo? Quanto alla pr
olontà del cielo enunciata dal sacro oracolo? Quanto alla prima scena
del
IV Saule potrebbe per l’affetto naturale venire c
ndano i sentimenti eroici, e lo stile si eleva alquanto più di quello
del
Gionata. Il fondo istorico dell’azione consiste n
d Atene da Demetrio, ma nel disviluppo prende la favola il portamento
del
Cinna di Pietro Cornelio, di cui s’imitano singol
rsi non pare che abbiano destato la commozione che recitandosi quelli
del
Cinna facea piangere il gran Condè all’età di ven
nel principio dell’atto III è il contrasto che si ammira in Timandro
del
padre e dell’arconte, dell’amor de’ figli con que
lle quali Alceo e Biante un dopo l’altro annunziano la stessa volontà
del
Senato a Timandro, non si potevano ridurre ad una
nell’Areopago e con Demetrio. L’autore chiarissimo già sa la censura
del
Voltaire alla Merope del Maffei, per essersi ques
trio. L’autore chiarissimo già sa la censura del Voltaire alla Merope
del
Maffei, per essersi questa regina due volte avven
fei, per essersi questa regina due volte avventata colla scure contro
del
figlio. Il Serse risale colla Semiramide del Volt
ntata colla scure contro del figlio. Il Serse risale colla Semiramide
del
Voltaire a i Persi di Eschilo, u andovisi dell’om
maniera accreditati dalla scarsezza della luce e dalla dubbia visione
del
fantastico simulacro, appunto come vien dal volgo
ommedianti. Parlo solo delle non moltissime versioni eccellenti, cioè
del
Cesare e del Maometto del chiar. ab. Melchiorre C
arlo solo delle non moltissime versioni eccellenti, cioè del Cesare e
del
Maometto del chiar. ab. Melchiorre Cesarotti, del
le non moltissime versioni eccellenti, cioè del Cesare e del Maometto
del
chiar. ab. Melchiorre Cesarotti, del Radamisto e
, cioè del Cesare e del Maometto del chiar. ab. Melchiorre Cesarotti,
del
Radamisto e di altre del rinomato compatriotto de
aometto del chiar. ab. Melchiorre Cesarotti, del Radamisto e di altre
del
rinomato compatriotto del Chiabrera Innocenzio Fr
chiorre Cesarotti, del Radamisto e di altre del rinomato compatriotto
del
Chiabrera Innocenzio Frugoni, della mentovata Rom
riotto del Chiabrera Innocenzio Frugoni, della mentovata Roma Salvata
del
Bettinelli, della Zaira e di altre dell’elegante
e di altre dell’elegante conte Gasparo Gozzi, dell’Orfano della Cina
del
signor Giuseppe Pezzana di Parma, dell’Irene dell
zana di Parma, dell’Irene dell’ab. Zacchiroli di Ferrara, di alquante
del
sig. marchese Albergati, del cavalier Richeri, de
l’ab. Zacchiroli di Ferrara, di alquante del sig. marchese Albergati,
del
cavalier Richeri, del conte Agostino Paradisi e d
rrara, di alquante del sig. marchese Albergati, del cavalier Richeri,
del
conte Agostino Paradisi e del dottor Domenico Fab
rchese Albergati, del cavalier Richeri, del conte Agostino Paradisi e
del
dottor Domenico Fabri, della Berenice del sig. Ro
l conte Agostino Paradisi e del dottor Domenico Fabri, della Berenice
del
sig. Romano Garzoni Lucchese, dell’Ifigenia del s
Fabri, della Berenice del sig. Romano Garzoni Lucchese, dell’Ifigenia
del
sig. Lorenzo Guazzesi47. Anche il Bruto del Volta
i Lucchese, dell’Ifigenia del sig. Lorenzo Guazzesi47. Anche il Bruto
del
Voltaire si tradusse bellamente da una dama Lucch
tanti paesi un nuovo ardore per la poesia tragica il generoso invito
del
Sovrano di Parma pel cui benefico genio Borbonico
iorni de’ Principi Farnesi. Tra varie tragedie prodotte dal comparire
del
real programma per tutto l’anno 1782, cinque sole
itarono la corona nel certame Parmense. Ottenne la prima nel concorso
del
1772 la Zelinda tragedia del conte Calini da Bres
Parmense. Ottenne la prima nel concorso del 1772 la Zelinda tragedia
del
conte Calini da Brescia, nella quale si riconosce
i riconosce qualche somiglianza della languida Blanche & Guiscard
del
Saurin; ma è grandissimo il numero de’ buoni comp
seconda corona di quell’anno si destinò al Corrado tragedia nazionale
del
conte Francesco Antonio Magnocavallo di Casal-Mon
rto qualche anno appresso. Rimase la seconda corona all’Auge tragedia
del
nobile Ascolano Filippo Trenta, il quale prima an
ge tragedia del nobile Ascolano Filippo Trenta, il quale prima ancora
del
real programma altre due ne avea pubblicate, la T
amma altre due ne avea pubblicate, la Teone, e l’Oreste. Nel concorso
del
1775 riportò la prima corona la Rossana del nomin
e l’Oreste. Nel concorso del 1775 riportò la prima corona la Rossana
del
nominato conte Magnocavallo, il quale è pure auto
ona, avendo allora in preferenza di altre soddisfatto alle condizioni
del
programma singolarmente colla proprietà dello sti
ramma singolarmente colla proprietà dello stile, colla convenevolezza
del
costume e colla regolarità della condotta. Non ba
rà ciò per convincere i maldicenti Freloni enciclopedici dell’utilità
del
disegno del Real Protettore, e per mostrare che l
onvincere i maldicenti Freloni enciclopedici dell’utilità del disegno
del
Real Protettore, e per mostrare che l’Italia non
ttenere una corona dalle mani stesse di Apollo, secondo l’espressione
del
sig. Andres. Ma dalle mani almeno di chi si compi
. Andres. Ma dalle mani almeno di chi si compiace encomiar l’Ifigenia
del
Lassala, la Numanzia dell’Ayala e l’Agamennone de
a Numanzia dell’Ayala e l’Agamennone dell’Huerta, non potrebbe, oltre
del
Maffei, sperar di essere coronato qualche altro I
Corte Parmense corsero il tragico aringo molti illustri compatriotti
del
marchese Maffei. Se non con molto calore, con gra
che nel 1766 impresse Arsene ben condotta e ben verseggiata non meno
del
suo Giulio Sabino; il conte Alessandro Carli auto
8 la Virginia. Io non preferirei questa tragedia nè all’Appio Claudio
del
Gravina, nè alle Virginie del Pansuti o del Bianc
ei questa tragedia nè all’Appio Claudio del Gravina, nè alle Virginie
del
Pansuti o del Bianchi o del Bicchierai. Quel vede
edia nè all’Appio Claudio del Gravina, nè alle Virginie del Pansuti o
del
Bianchi o del Bicchierai. Quel vedere tre volte t
pio Claudio del Gravina, nè alle Virginie del Pansuti o del Bianchi o
del
Bicchierai. Quel vedere tre volte tornare alla vi
ai. Quel vedere tre volte tornare alla vista dell’uditorio l’apparato
del
Decemviro per sentenziare sulla condizione di Vir
tire ed il restare de’ personaggi non sempre avviene giusta le regole
del
verisimile, ma secondo il bisogno dell’autore. V’
passioni comuni a tutti i tempi e a tutti i paesi traggansi dal fondo
del
cuore umano in guisa che commuovano e chiamino l’
i manto: la riconoscenza di Ulisse e Telemaco nell’atto III: la scena
del
IV tra Penelope ed Ulisse chiuso nell’armi, che s
senza che Ulisse si faccia conoscere. Nell’atto V Penelope si lamenta
del
tripudiar che fanno i proci per la morte di Uliss
rde in troppo lunghi discorsi dopo tal notizia intempestivi. Trattasi
del
tutto, di un figlio unico suo sostegno, perduto U
rne un lungo racconto? Ella intanto l’ascolta, ed al fine si sovviene
del
figlio. Tutto potrebbe passare, s’ella non fusse
e. Ella sviene, e ripigliando l’uso de’ sensi si trova tralle braccia
del
tanto sospirato e pianto consorte. L’illustre aut
’atto IV, e sapere occultar se stesso ne’ personaggi che imita. Prima
del
Pindemonte avea in Lucca pubblicato nel 1773 un a
nceschi Lucchese autore di varie lodevoli produzioni, di un’ apologia
del
Metastasio, e della tragedia intitolata il Coreso
al concorso di Parma intimato nel 1771 non si ristrigne, come quello
del
Pindemonte, al di lui ritorno in Itaca e alla vit
una scelta di uno sposo da farsi da Penelope tra’ proci; gli artificj
del
sagace Ulisse per rompere l’alleanza de’ due aman
ccia sino al fine e lasci che avvenga il parricidio. Egli si discolpa
del
suo silenzio con Telegono nella scena 7 dell’atto
on potei; Ulisse mai non vidi, e lungi o estinto Io lo credei. Nè
del
tuo amor gli effetti Io potei paventar, che di
on conoscesse Ulisse. E quanto al non paventar gli effetti dell’amore
del
suo allievo, egli parla contro a ciò che non igno
seguitava a tacere nè impediva le incestuose nozze. La Bibli tragedia
del
conte Paolo Emilio Campi Modenese s’impresse in M
interessa e commuove. Essa non contiene al solito un freddo racconto
del
passato, bensì una dipintura patetica della di le
patetica della di lei situazione; ma il rimanente dell’atto I e parte
del
II si occupa negli amori di Mileto e d’Idotea, e
sempre i miei arcani? e Cauno? avrebbe egli penetrato il senso iniquo
del
mio discorso? Eurinoe l’ignora, ma soggiugne che
l’ attenzione e l’interesse. Uscì in Bergamo nel 1778 Calto tragedia
del
P. Giuseppe Maria Salvi sommasco lavorata su di u
mmagini di nubi, di meteore, di raggi di luna cadente &c. proprie
del
Celtico Poeta, come si vede nel racconto che fa C
per lodatore che se stesso e i suoi compiacenti amici! L’indifferenza
del
pubblico e degli esteri è una condanna del suo dr
enti amici! L’indifferenza del pubblico e degli esteri è una condanna
del
suo dramma. Si pubblicò in Bassano nel 1779 Ugoli
lui già scellerato pentito e ravveduto nelle avversità. Nella scena 4
del
III ottime sono l’ espressioni di Ugolino: nobile
a te? Tu cancellasti In pochi giorni da mia mente inferma L’idee
del
fanatismo, e del furore. Entro al tuo bujo un f
asti In pochi giorni da mia mente inferma L’idee del fanatismo, e
del
furore. Entro al tuo bujo un favorevol raggio
plemento della Drammaturgia dell’Allacci e onorata con un bel distico
del
consigliere Giuseppe Aurelio di Gennaro eccellent
nero sottoposto alle pietre preziose per dar maggior risalto ai nomi
del
Martelli, del Marchese, del Varano, del Granelli,
to alle pietre preziose per dar maggior risalto ai nomi del Martelli,
del
Marchese, del Varano, del Granelli, del Bettinell
preziose per dar maggior risalto ai nomi del Martelli, del Marchese,
del
Varano, del Granelli, del Bettinelli, e singolarm
r dar maggior risalto ai nomi del Martelli, del Marchese, del Varano,
del
Granelli, del Bettinelli, e singolarmente del Maf
risalto ai nomi del Martelli, del Marchese, del Varano, del Granelli,
del
Bettinelli, e singolarmente del Maffei. Ma che di
l Marchese, del Varano, del Granelli, del Bettinelli, e singolarmente
del
Maffei. Ma che diremo del Diluvio Universale, del
l Granelli, del Bettinelli, e singolarmente del Maffei. Ma che diremo
del
Diluvio Universale, dell’Anticristo, di Adelasia
dell’Anticristo, di Adelasia in Italia, della Rovina di Gerusalemme,
del
Nabucco, del Davide, della Sara &c. del P. Ri
sto, di Adelasia in Italia, della Rovina di Gerusalemme, del Nabucco,
del
Davide, della Sara &c. del P. Ringhieri rista
la Rovina di Gerusalemme, del Nabucco, del Davide, della Sara &c.
del
P. Ringhieri ristampate dopo la di lui morte, e r
ne dice un giornalista in parte suo parziale, che egli era il tragico
del
volgo e degli Ebrei. Egli pur ebbe molte situazio
acere di sfidarlo. Arrigo nell’Odoardo inferocisce atrocemente contro
del
proprio padre più perchè gli ha tolto la sposa ch
ne ideato un piano assai più conveniente alla scena tragica di quello
del
Shakespear. Confesseremo nonpertanto che la scena
bievolmente, ne sembra anzi comica che tragica. Aggiungeremo per amor
del
vero che il carattere della sua Cleopatra insidio
ma non essere nè sì tragico nè sì grande come quello della Cleopatra
del
cardinal Delfino. Il nobile autore de’ Baccanali
concepire alte speranze ch’egli esser debba uno de’ tragici pregevoli
del
nostro tempo. Vigoroso nell’atto I è il discorso
cento colpi pensò a tramandare, fidandosi di una baccante, la notizia
del
proprio eccidio a un figlio allora fanciullo, scr
l variare il carattere di Clitennestra, cui non fa rea dell’uccisione
del
marito. Il sig. Biamonti seguendo le tracce di Eu
ri felicità per diverse vie il Rucellai serbando i cori e la condotta
del
tragico greco, ed il Martelli scortamente adattan
i scortamente adattandone l’azione alle moderne scene, per nulla dire
del
conte Gian Rinaldo Carli che l’avviluppò di amori
utta l’ attenzione dell’Europa, è uno de’ pochissimi argomenti proprj
del
vero coturno. In essa non mostrasi che Ciro p. e.
l’entusiasmo Inglese per la libertà, la quale gli occulta l’atrocità
del
mezzo di stabilirla: Federiga e Dacri che dipingo
che dipingono la virtuosa debolezza compassionevole de’ pochi in pro
del
principe sacrificato. La dizione è nobile, conven
e spoglia di ornamenti quasi sempre inutili al tragico che sa le vie
del
cuore. Serva di saggio ciò che dice Farfè nella b
nte importanti e ben espressi nella deliberazione di Carlo sul foglio
del
Parlamento: Hai tu vaghezza Di grande tant
icate sette tragedie che si trovano raccolte nell’edizione di Venezia
del
1787 e 1788. Trasse dalle cronache Inglesi la pri
a sotto il dominio de’ Mori. Scrisse la prima ad emulazione di quella
del
conte Alfieri, nella quale piacquegli far morire
l Rodrigo sventurato anche nella rappresentazione secondo il racconto
del
medesimo illustre autore essendo stata pessimamen
ergogna al proprio padre, il quale all’apparenza si gloria bassamente
del
sofferto oltraggio meditandone la vendetta fatale
a la scena 3 dell’atto IV. Taluno però sentirà qualche rincrescimento
del
non delicato carattere di Pausania e del di lui i
ntirà qualche rincrescimento del non delicato carattere di Pausania e
del
di lui indecente invito mandato a Cleonice perchè
ssano; ma Dara che abbandona subito la reggia e la città al consiglio
del
fallace Jemla, e che poi vi torna quando è occupa
rza colla pistola coperta, che non prende fuoco, e si scopre al cader
del
broccato, indica un disegno mal concertato da non
buire al tragico terrore. Non reca onta all’ autore la rassomiglianza
del
suo Oramzeb col Maometto del Voltaire; ma se ne v
reca onta all’ autore la rassomiglianza del suo Oramzeb col Maometto
del
Voltaire; ma se ne vede la discordanza nella conf
ginata l’interessante tragedia Romeo e Adelinda impressa nel V volume
del
suo Teatro nel 1788, e rappresentata con pieno ap
o nel 1788, e rappresentata con pieno applauso in Bologna nel palazzo
del
chiar. marchese Albergati che vi sostenne egregia
ania suggerì al Dottori nel secolo passato; ma ciò che formò l’azione
del
primo Aristodemo, serve di antecedente a quest’al
o e parlano realmente, come anche il genio di Marco Bruto nel Filippi
del
conte Pepoli: ma nell’Aristodemo, come nel Serse
ruto nel Filippi del conte Pepoli: ma nell’Aristodemo, come nel Serse
del
Bettinelli, il simolacro che adombra i rimorsi di
a mirabile dipintura dello spettro della 7 dell’istesso atto, nella 2
del
IV in cui Aristodemo atterrito cade sul teatro a
morte, riconosce in Cesira la sua Argia e spira? Rechiamo per saggio
del
valor tragico del sig. Monti qualche frammento de
in Cesira la sua Argia e spira? Rechiamo per saggio del valor tragico
del
sig. Monti qualche frammento della scena 7 del II
ggio del valor tragico del sig. Monti qualche frammento della scena 7
del
III e dell’ultima dell’atto V. Ecco la dipintura
ela col lembo Del mio manto regal, mettete in brani Quella corona
del
suo sangue tinta, E gli avanzi spargetene, e la
Gon. Qual morte! Egli spirò 53. S’impresse il Galeotto Manfredi
del
medesimo autore insieme colla precedente nell’edi
edi del medesimo autore insieme colla precedente nell’edizione Romana
del
1788. L’azione consiste nella morte di questo pri
e Manfredi col congedo che viene a prendere Elisa; nel IV gli affetti
del
virtuoso Ubaldo che si allontana dalla corte; nel
cusa pagar lo scotto a simili pirati, come mai parlare delle tragedie
del
conte Alfieri senza farsi un nemico? Brevemente e
ed oltrepassati, è l’arte grande di rintracciare entro il più intimo
del
cuore umano i pensieri che contribuirono a consum
à nè senza rincrescimento alternano in cinque atti. L’illusione manca
del
necessario soccorso delle proprietà indispensabil
o e a due attori che vengono a tramare una congiura quasi al cospetto
del
tiranno. Tali mi sembrano i pregi ed i difetti ge
fe preveduta sin dal principio; della venuta d’Isabella nella 1 scena
del
I senza perchè o solo per tornar indietro dopo il
quasi alemanna, ch’ei t’è padre e signor rammenti Mal tu così;
del
mal suono che fa quell’ a te sol resta Come
ù volte &c. Non saprei che desiderare nel rassomigliante ritratto
del
geloso inumano simulatore Filippo. Gomez insidios
re Filippo. Gomez insidiosamente lo dipinge ad Isabella nella scena 5
del
IV, ma con eccellenza, Niun pregio ha in se ch
ndi ben si dipinge tale nella tragedia, e singolarmente nella scena 5
del
III fra’ suoi adulatori iniqui consiglieri, che c
una reggia nemica per ottener da Antigone, che non conosce, il cenere
del
suo sposo; primo monologo. Antigone si accinge co
, il cenere del suo sposo; primo monologo. Antigone si accinge contro
del
regio divieto ad andar nel campo per bruciare il
a nella condotta della favola, l’ondeggiamento circospetto e picciolo
del
Popolo Romano nel giudizio, l’impunita tirannide
l grado di circa otto soliloquj, delle solite eccezioni sullo stile e
del
gallicismo Atride forse già mi sospetta. Oltre de
oni, è inimitabile la guisa onde vi si disviluppa la riposta sorgente
del
gran misfatto. Le insidiose maniere di Egisto che
Alfieri un filosofo teatrale che sa le vie onde si penetra nel fondo
del
cuor dell’uomo. Egisto inspira per gradi tutta la
tando il pravo suo disegno sino all’atto IV col velo della modestia e
del
grande amore che mostra di nutrir per lei. Quindi
er lei. Quindi nascono quattro mirabili scene, la 1 dell’atto I, la 1
del
II, la 1 del IV59, e la 2 del V. La gioventù stud
i nascono quattro mirabili scene, la 1 dell’atto I, la 1 del II, la 1
del
IV59, e la 2 del V. La gioventù studiosa vedrà mi
mirabili scene, la 1 dell’atto I, la 1 del II, la 1 del IV59, e la 2
del
V. La gioventù studiosa vedrà mirabilmente dipint
Egisto, e quando si determina al colpo atroce, e quando esce bagnata
del
sangue del marito. Oreste. Non siam contenti di
quando si determina al colpo atroce, e quando esce bagnata del sangue
del
marito. Oreste. Non siam contenti di alcune circ
l sangue del marito. Oreste. Non siam contenti di alcune circostanze
del
piano di tal favola. Oreste e Pilade s’inoltrano
al favola. Oreste e Pilade s’inoltrano fin nella reggia indeterminati
del
pretesto che sceglieranno per presentarsi al re,
indeterminati del pretesto che sceglieranno per presentarsi al re, e
del
nome onde far velo al lor venire. Elettra va parl
elo al lor venire. Elettra va parlando sola e voce alta nella scena 2
del
I, ed è intesa da Pilade ed Oreste. Nella medesim
segno non avesse che d’irritarlo e morire invendicato. Pilade nella 2
del
IV per rimediare alle imprudenze di Oreste gli dà
lboino imprudentemente e senza necessità fa una confessione spontanea
del
secreto del suo cuore alla barbara matrigna e all
dentemente e senza necessità fa una confessione spontanea del secreto
del
suo cuore alla barbara matrigna e all’uccisore di
, e fatta strage degli zelanti repubblicisti, rimane ucciso per cenno
del
virtuoso fratello, non per amor di regno o di glo
empre per l’ oppressione repentina della tirannia, e pel ravvedimento
del
tiranno nell’atto di spirare. L’eroismo trionfa i
n grande osservatore, può noverarsi la bellezza che mai non invecchia
del
soggetto del Cresfonte ideato ed eseguito dal pri
rvatore, può noverarsi la bellezza che mai non invecchia del soggetto
del
Cresfonte ideato ed eseguito dal primo, ed esalta
esaltato dall’ altro come il miglior modello tragico. Dopo le Meropi
del
Maffei e del Voltaire il conte Alfieri ci astring
l’ altro come il miglior modello tragico. Dopo le Meropi del Maffei e
del
Voltaire il conte Alfieri ci astringe ad ammirare
ero diletto la sua ch’egli dedicò alla contessa sua madre nell’agosto
del
1783. Nè anche in questa mi sembrano frequenti le
gregiamente nella scena dell’atto II con Polifonte; ma la circostanza
del
suo bel racconto con mie man sua destra afferro,
sua, alla cui immagine si desta il palpito di Merope che si sovviene
del
figlio. Dipinta eziandio egregiamente è nella 2 d
e che si sovviene del figlio. Dipinta eziandio egregiamente è nella 2
del
III la madre in ogni tratto, e singolarmente alla
è nella 2 del III la madre in ogni tratto, e singolarmente alla vista
del
cinto insanguinato, che migliora il segno dell’ar
che migliora il segno dell’armatura da Voltaire sostituito alla gemma
del
Maffei. L’incontro di Polidoro con Egisto nel pun
nel punto in cui è esposto al furore di Merope che lo crede uccisore
del
proprio figlio, anima l’atto IV; pur la sua lungh
ar nel cuore umano le arcane sorgenti degli affetti. Mille parodiette
del
di lui stile si faranno come quella del Socrate;
gli affetti. Mille parodiette del di lui stile si faranno come quella
del
Socrate; ma quanti fra mille si appresseranno a i
mille si appresseranno a i di lui pregi? Oh chi congiungesse lo stile
del
sig. Monti o di qualche altro che non trascuri di
ripetuti. Venezia ha vedute varie tragedie cittadine simili a quella
del
dottor Simoni uscita nel 1787 Lucia e Melania, e
ucia e Melania, e più d’una commedia lagrimante come Teresa e Claudio
del
sig. Greppi, nella quale il patetico ed il romanz
si vede interrotto dalle buffonerie dell’improvvisatore Leggerenza e
del
sedicente letterato Pirotè entrambi scrocconi di
d e Marmontel la sua Carolina e Menzicof, l’Amor semplice, la Vergine
del
Sole, Sidney e Volsan, la Pastorella delle Alpi &
orella delle Alpi &c. Si è puerilmente affermato che la decadenza
del
credito di tali favole sia derivata dall’essersi
Eschilo, di Carcino, di Platina &c., ed occupavano i primi onori
del
coturno. Ciò che suol nuocere a’ moderni scrittor
lo delle lunghe moralità e delle sentenze staccate &c. Nel Teatro
del
prelodato sig. conte Pepoli trovansi finora tre d
Alonso di Zuniga, ossia il Dovere mal inteso, Gernand, ossia la Forza
del
suo destino, e Nancy, ossia la Vanità dell’umana
na che con quadri e situazioni patetiche. Se ne dee pur lodare, oltre
del
pregio dell’ invenzione, quello di un ottimo ogge
uggere un colpevole pregiudizio che si occulta spesso sotto l’aspetto
del
dovere. Troviamo altresì teatrale l’atto IV, e ve
e de’ servi Merville e Ricauld. Aggiungasi che il dimostrare la forza
del
destino che strascina ad atrocità, non è l’oggett
comiche ad un tragico orribile. È ciò in natura, si dirà colle parole
del
Voltaire; ma noi siamo persuasi che l’arte dee sc
Femia sentenziato componimento scenico che porta la data di Cagliari
del
1724 ed il nome di Messer Stucco a Messer Cattabr
1724 ed il nome di Messer Stucco a Messer Cattabrighe. Favellò contro
del
secondo spesso nel suo Dialogo sopra la Tragedia
anto ne perde per lo stucchevol vezzo delle rime. 38. Delle tragedie
del
Pansuti trovasi una testimonianza onorevole dell’
nianza onorevole dell’ immortale Alessio Simmaco Mazzocchi nel capo I
del
dottissimo suo comentario dell’Anfiteatro Campano
torno al P. Bianchi, di cui ha favellato il Mazzucchelli sulla scorta
del
P. Giovanni degli Agostini autore delle Vite degl
parer talora un pò uniforme quella stessa nobiltà che l’anima elevata
del
Granelli prestava a’ suoi personaggi. 44. Calli
. Andres ha lodati in termini generali i di lui componimenti e quelli
del
Granelli, contentandosi di accennar solo che le c
e’ nostri conosciuti plagiarj di mestiere. 46. L’autore nel Discorso
del
Teatro Italiano ci fa sapere che il Demetrio si r
lla. greca maniera, ma scritta in prosa armonica seguendo il progetto
del
fu Diderot, che però dovea rigettarsi da un eccel
morte di Astianatte il dolor di Andromaca prenda le prime parti sopra
del
personaggio principale. La riposata critica potrà
a nel 1707; Stanislao Kostka di Giovanni Lascari quivi pur pubblicata
del
1709; Maurizio Imperadore, e Artavasdo Principe d
l Maurizio, e Clodoaldo Principe di Danimarca; le sei tragedie latine
del
dotto Carpani stampate in Roma nel 1745; e l’Epam
ore di Colpi d’occhio, il quale interpretava malignamente il silenzio
del
consesso accademico Parmense, e dava ad intendere
cagione? Certo è però che dopo l’ultima favola coronata nel concorso
del
1778 (recitata poi nel 1781) S.A.R. degnò dichiar
ata poi nel 1781) S.A.R. degnò dichiararsi Capo di essa, e successore
del
degno Conte San-Vitale defunto, e per qualche ann
ell’adottarne le favole? L’ebbe il chiar. Bettinelli che nel Discorso
del
Teatro Italiano si pregiava di seguire la scorta
manoscritta della morte di Don Carlo, apparisce il simulato procedere
del
geloso Filippo nella Relazione tragica si, ma ver
a torle talamo e regno; ciò dimostrando una caduta, una dimenticanza
del
poeta. Sembra però, s’io m’appongo, che avendo es
ne delle reali tragedie moderne. Non avendole vedute nulla diciamo nè
del
Cerauno, che secondo il conte Pepoli imita un po
detta dal medesimo lirica e feroce. Tralasciamo anche i saggi tragici
del
sig. don Michele Sarconi, cioè la Merope del Maff
mo anche i saggi tragici del sig. don Michele Sarconi, cioè la Merope
del
Maffei ridotta in prosa con pessimo consiglio nel
li. Tralasciamo alcune tragedie tuttavia inedite, cioè Giovanna d’Arc
del
chiar. ab. Zacchiroli comendata dal marchese Albe
chiar. ab. Zacchiroli comendata dal marchese Albergati: il Don Carlo
del
sig. Principe di Caposele: quelle che ci fa desid
aposele: quelle che ci fa desiderare la nota erudizione e sensibilità
del
chiar. ab. Bordoni Veneziano: il Corradino che, d
ilità del chiar. ab. Bordoni Veneziano: il Corradino che, dopo quello
del
Caracci, sappiamo di essere stato composto da cir
tralasciamo il quarto Corradino non recitato ma stampato nel dicembre
del
1789 dal noto avvocato don Francesco Mario Pagano
este tre tragedie, sapendo che l’autore nel tempo della pubblicazione
del
Gerbino pensò ad accumulare alcune sue riflession
ore. 61. Domandiamo con rispetto al chiar. ab. Andres, in proposito
del
Varembon personaggio basso, furbo e scellerato di
LIBRO IV ADDIZIONE I* Coro
del
Ciclope del Martirano. Non increscerà che quì
LIBRO IV ADDIZIONE I* Coro del Ciclope
del
Martirano. Non increscerà che quì si trascriv
artirano. Non increscerà che quì si trascriva il coro dell’atto I
del
Ciclope del Martirano da noi tradotto, perchè non
Non increscerà che quì si trascriva il coro dell’atto I del Ciclope
del
Martirano da noi tradotto, perchè non abbia a cer
iori. Deh qual nume m’invidia i freschi spechi, E il verde prato
del
fiorito Pindo? Lungo un ruscello, o in valle o
la: Quai sassi avventa . . . Ove fuggite? O insane Bestie, forse
del
tutto è spento il giorno? Ancora? . . . Ite pel
ntan dal gregge. Caparbio! in ver non sei da te diverso. Il favor
del
padron gonfio ti rende; Perchè ti liscia, ti ve
? Il tuo corteggio Certo obbliasti, e già dal cuor ti cadde, Se
del
crudo al furor tal l’abbandoni, Se soffri che
Prema de l’Etna le taglienti selci. ADDIZIONE II* Traduzione
del
lamento di Elettra del Martirano. La trascriv
aglienti selci. ADDIZIONE II* Traduzione del lamento di Elettra
del
Martirano. La trascriveremo per non rimandare
te; Tal, germano, a me riedi, e tal ti veggio? Tolto a le insidie
del
paterno tetto Per me tu fosti, e vigoroso e for
madre. Or sì bei nomi un giorno sol m’invola! Tu tramontasti qual
del
mare in grembo Cade nel verno astro propizio, e
tra l’ombre lievi e nude. ADDIZIONE III* Giudizj sulle commedie
del
Machiavelli. Apparisce dalla censura del sig.
Giudizj sulle commedie del Machiavelli. Apparisce dalla censura
del
sig. Andres sulle commedie del Machiavelli di ave
chiavelli. Apparisce dalla censura del sig. Andres sulle commedie
del
Machiavelli di aver voluto egli parlare (stò per
gger le lodi date da molti a queste commedie, come se fosser l’ottime
del
teatro italiano, essendo in vero lor primo merito
erito lo stil fiorentino colle più licenziose e triviali profanazioni
del
costume onesto”. Curioso sentimento, non profferi
non profferito però dal tripode delfico. Non hanno dunque le commedie
del
Machiavelli altro merito che lo stil fiorentino?
gli parlando della rappresentazione che fecesi in Roma della Calandra
del
cardinal da Bibiena (assai più licenziosa della M
e, la condotta e la forza comica dell’azione, l’energia e la vivacità
del
colorito de’ caratteri tratti bellamente dal vero
a, naturale, salsa, obbligano gl’imparziali a distinguere le commedie
del
Machiavelli dalle intere biblioteche teatrali, ed
elli dalle intere biblioteche teatrali, ed a collocarle tralle ottime
del
teatro italiano di quel secolo. Lo stesso sig. ab
si allontanandosi dall’avviso comune, che per intimo senso e per amor
del
vero e del bello che gli determini ne’ loro giudi
andosi dall’avviso comune, che per intimo senso e per amor del vero e
del
bello che gli determini ne’ loro giudizj letterar
li determini ne’ loro giudizj letterarj. ADDIZIONE IV* Asserzione
del
sig. Denina su i drammi de’ Commedianti. L’Ab
edie stimabili? quale che possa porsi in confronto de’ due Corneille,
del
Racine, del Piron, del Crebillon, del Voltaire? P
li? quale che possa porsi in confronto de’ due Corneille, del Racine,
del
Piron, del Crebillon, del Voltaire? Per le commed
he possa porsi in confronto de’ due Corneille, del Racine, del Piron,
del
Crebillon, del Voltaire? Per le commedie non vi f
in confronto de’ due Corneille, del Racine, del Piron, del Crebillon,
del
Voltaire? Per le commedie non vi fu tra tanti e t
talmente accreditato che contar si possa tra’ migliori autori al pari
del
Vega, del Calderon, del Moreto, del Solis, del Ro
ccreditato che contar si possa tra’ migliori autori al pari del Vega,
del
Calderon, del Moreto, del Solis, del Roxas &c
contar si possa tra’ migliori autori al pari del Vega, del Calderon,
del
Moreto, del Solis, del Roxas &c.? Nella Gran
ossa tra’ migliori autori al pari del Vega, del Calderon, del Moreto,
del
Solis, del Roxas &c.? Nella Gran Brettagna si
igliori autori al pari del Vega, del Calderon, del Moreto, del Solis,
del
Roxas &c.? Nella Gran Brettagna si ammirano i
almente che di mostruosità debbono forse reputarsi migliori di quelle
del
Dryden, dell’Adisson, del Congreve, di Stèele, di
debbono forse reputarsi migliori di quelle del Dryden, dell’Adisson,
del
Congreve, di Stèele, di Van Broug, di Wycherley?
gareggiare co’ nominati? Certo è poi che fra gl’Italiani la decisione
del
Denina, che sì franco decreta in tutto quel suo d
a verità. La storia che abbiamo tessuta degli autori tragici e comici
del
XVI, e de i due seguenti, dimostra l’immenso spaz
e l’arte di Talia ed i passi dati da Menandro e da Terenzio, contenti
del
volgare onore di appressarsi alle farse e alle At
icate l’edizioni? [Errata] Si aggiungono gli errori tipografici
del
tomo III colle correzioni. ERRORI CORREZ
tri Luigi. Nacque a Firenze nel popolo di S. Pier Maggiore la mattina
del
23 aprile 1781 da Gaetano di Luigi Maria Vestri,
el 23 aprile 1781 da Gaetano di Luigi Maria Vestri, primo cancelliere
del
tribunale esecutivo, e da Apollonia di Andrea Sol
olopi, fu iniziato al Foro, e ammesso poi nel tribunale con rescritto
del
granduca Ferdinando, come ajuto di suo padre. Ma
ei fu non ultimo mai e tal volta primo, lo esaltarono, specie quella
del
Filippo, che Alfieri fece in sua casa, rappresent
re cioè insultato e percosso dalla popolaglia, e chiuso nelle carceri
del
Bargello, dalle quali uscito dopo breve tempo, na
l’animo ribelle di lui, e sopr' a tutto le sue inclinazioni all’arte
del
teatro, la quale soleva essere guardata allora da
ddestrò nelle parti di tiranno e di padre. Passò il 1806 in Compagnia
del
caratterista Andrea Bianchi, della quale era prim
le sue chiare attitudini alla scena, lo consigliò ad assumer le parti
del
capocomico, il quale annuì di buon grado a esser
buon grado a esser da lui sostituito, facendolo esordire il carnovale
del
1807 al San Benedetto di Venezia, dove il Vestri,
tima e la benevolenza ë l’amore di ogni classe di pubblico. Da quella
del
Bianchi passò il 1809, socio, nella Compagnia del
pubblico. Da quella del Bianchi passò il 1809, socio, nella Compagnia
del
Dorati, e da questa il 1812, scritturato, in quel
lla Compagnia del Dorati, e da questa il 1812, scritturato, in quella
del
Blanes, per formar poscia il 1816 un’ottima Compa
iù schietto e vivo entusiasmo, giacchè allora, ad allargar la cerchia
del
suo repertorio, e ad acquistar nova gloria al suo
ero in breve il signore assoluto della scena. Ma, ahimè, il carnovale
del
1822 volle forse abbracciar troppo, abusando dell
lui ; e, proprietario di due Compagnie nella stessa Roma, impresario
del
Teatro Apollo per la messa in iscena di due opere
onte sino all’ultimo centesimo agli assunti impegni, la maggior parte
del
suo stipendio, ch'era di 16,000 lire. La morte
a maggior parte del suo stipendio, ch'era di 16,000 lire. La morte
del
celebre artista Pertica fu la vita nuova del Vest
16,000 lire. La morte del celebre artista Pertica fu la vita nuova
del
Vestri, il quale, chiamato dal Fabbrichesi a sost
ò gradualmente trascinandolo al delirio, specie con L'odio ereditario
del
Cosenza, fino a essere condotto dopo una recita a
n artista drammatico. Da quella di Napoli, passò il '29 dopo la morte
del
Righetti alla Real Compagnia di Torino, nella qua
e direttore di una nuova Compagnia formata da Carlo Re, proprietario
del
vecchio Teatro di tal nome in Milano, che esordì
sima al Teatro Obizi di Padova, dove si manifestarono i primi sintomi
del
tumor maligno da cui fu condotto al sepolcro in B
el tumor maligno da cui fu condotto al sepolcro in Bologna la mattina
del
19 agosto di quell’anno medesimo, in così misero
. — Pregava con tetra melodia l’ultime voci di pace la musica solenne
del
valentissimo maestro Marchesi, il quale ne dirige
le armonie, più pene Il Bartolini a Firenze aveva scolpito un busto
del
celebre artista, ridente da un lato, piangente da
non corrispose l’ordine, l’equilibrio nella condotta ; chè, incurante
del
danaro e del domani, scialacquava a tal segno da
e l’ordine, l’equilibrio nella condotta ; chè, incurante del danaro e
del
domani, scialacquava a tal segno da trovarsi il p
’allestimento di un nuovo lavoro spettacoloso : Vita, delitti e morte
del
celebre assassino Giuseppe Mastrilli, vinse la cu
e morte del celebre assassino Giuseppe Mastrilli, vinse la curiosità
del
pubblico, il quale fu tanto colpito dalla novità
colpito dalla novità dell’opera, e sopr'a tutto dal valore artistico
del
Gallina, che ne sosteneva il protagonista, che pe
iando deserto il San Benedetto. Immagini ognuno la sorpresa e la bile
del
grande artista ! Come fare ? Egli annunziò subito
ande artista ! Come fare ? Egli annunziò subito la goldoniana Bottega
del
Caffè, commedia di sicura attrattiva, specialment
Venezia e recitata dal Vestri, sperando di scuoter di nuovo l’apatia
del
pubblico per la sana commedia e l’arte sana : tri
ad annojarvi in questa specie di deserto ; e in cambio della Bottega
del
Caffè, vi do una sala della Trattoria del Selvati
; e in cambio della Bottega del Caffè, vi do una sala della Trattoria
del
Selvatico, dove dividerete con me una modesta cen
uno scoppio di risa accolse lo strano invito ; ancora qualche parola
del
Vestri, ancora qualche titubanza del pubblico ad
o invito ; ancora qualche parola del Vestri, ancora qualche titubanza
del
pubblico ad accettare. Ma, in conclusione, la rec
gegno non digiuno di lettere, onesto il sentimento. Volgeva le chiavi
del
riso e del pianto ; della vita sentiva il duplice
igiuno di lettere, onesto il sentimento. Volgeva le chiavi del riso e
del
pianto ; della vita sentiva il duplice aspetto, e
altamente. Nel pronunziar delle sue parole udivi tutta la gentilezza
del
favellare toscano, ma vi trovavi, dallo studio e
si da quello…. Di Luigi Carrer : Potrebbe chiamarsi quasi la mostra
del
gusto predominante in un popolo, secondo ch' egli
olti parrà questo difetto ; a me sembra l’indizio più sicuro e palese
del
genio, che modifica una parte di sè, giusta i div
dell’artista furono gli stranieri. Il Byron nel suo diario, alla data
del
6 gennaio 1821, a Ravenna, scrive : Parlato col
gennaio 1821, a Ravenna, scrive : Parlato col conte Pietro Guiccioli
del
comico italiano Vestri, che è ora a Roma. L'ho ve
si ora sul mio animo, almeno da un commediante. Il Platen, alla data
del
15 ottobre 1824, a Venezia (Viaggio in Italia), s
ette venir fuori un’altra volta. Al degna almeno di essere ascoltata
del
Platen, va attribuito un significato in contrappo
taliane inascoltabili, ond’ eran invasi i nostri teatri. Al principio
del
diario di Venezia (24 settembre) egli dice infatt
una straordinaria vedere almeno una commedia di Goldoni e ne' costumi
del
paese ; poichè i lavori dati finora eran tedeschi
ti finora eran tedeschi, olandesi o inglesi. Nella vastità e varietà
del
suo repertorio eran da notarsi, come quelle che g
ficiata della caratteristica Francesca Fabbrichesi ; Il Berretto nero
del
barone Gio. Carlo Cosenza ; L'Odio ereditario pur
o quattro, traduzione di Filippo Casari ; Gli Eredi della WaisenThurn
del
Teatro Imperiale di Vienna ; Il Benefattore e l’
l Benefattore e l’ Orfana di Nota ; Il Medico e la Morte ; La Bottega
del
Caffè di Goldoni ; La Serva amorosa di Goldoni ;
iglia Riquebourg di Scribe ; La Leggitrice e il Cieco ; Don Desiderio
del
Giraud ; Il Poeta fanatico di Goldoni. Fra le tan
siderio del Giraud ; Il Poeta fanatico di Goldoni. Fra le tante carte
del
Vestri che io posseggo è anche l’inventario dei m
ale Sarda. I mobili dovevano essere consegnati entro i primi di marzo
del
1841, e la nota in cima all’inventario porta coll
iù vecchie scritture teatrali. Io ho quella di Luigi Forti colla data
del
22 gennajo 1822, tutta riempita di mano del Vestr
di Luigi Forti colla data del 22 gennajo 1822, tutta riempita di mano
del
Vestri e da lui firmata. Consta di quattro artico
n potertene ora manifestare il motivo. » Recitando egli nel R. Teatro
del
Giglio in Lucca nella primavera dell’anno 1826, g
ro del Giglio in Lucca nella primavera dell’anno 1826, gli ammiratori
del
suo merito gli offerirono il seguente sonetto, la
mo nel personaggio ridicolo di Coviello, ch'ei sosteneva nel dialetto
del
suo paese. Passato in vario periodo di tempo in L
ia, nel Veneto, a Genova, vi ebbe onori grandissimi, e fu al servizio
del
Principe Alessandro Farnese di Parma, del Duca di
andissimi, e fu al servizio del Principe Alessandro Farnese di Parma,
del
Duca di Modena e del Duca di Brunswick a Varsavia
rvizio del Principe Alessandro Farnese di Parma, del Duca di Modena e
del
Duca di Brunswick a Varsavia. L'Archivio di Stato
re dieci e soldi otto ; ora (Reggio, 20 novembre 1690) che li Massari
del
ghetto vogliono semignare l’elettione, per la car
letti nel Castello, e sospira una gratia che può liberarlo dalle mani
del
Ebraismo. Dell’ '89 si recò dal Finale a Sassuo
’ '89 si recò dal Finale a Sassuolo a recitarvi durante la permanenza
del
Duca, e avea seco la moglie Maddalena, che sosten
ellina. E da allora pare ch'egli entrasse in compagnia e nelle grazie
del
Duca, poichè in un documento sincrono dell’Archiv
onia. Richiesto dal Ser.mo di Cell, pare, secondo lettera da Hannover
del
5 gennajo 1693, che il Sacco si togliesse dal ser
a Hannover del 5 gennajo 1693, che il Sacco si togliesse dal servizio
del
Duca di Modena senza dargliene alcun avviso ; per
to al sig. Co. Decio Fontanella, al quale l’haveva rimesso il Comando
del
Ser.mo facendoli dire che non teneva servitori pe
hio de'Comici, se dobbiam credere a una nuova raccomandazione in nome
del
serenissimo senza nome del raccomandato nè dello
redere a una nuova raccomandazione in nome del serenissimo senza nome
del
raccomandato nè dello scrivente, ma che concerne
è la confidenza sul Sig.r Co. Fontanella sospetto per esser l’arbitro
del
Theatro, e poco favorevole al Comico. Al qual D
anche quindici giorni dopo, il Mauro, pur da Hannover, scrive in nome
del
Ser.mo di Cell per ottenere dal Ser.mo di Modena
sarebbe il Ser.mo di Modena padrone. Altra viva raccomandazione vi è
del
5 marzo 1691 al signor Quaranta Caprara, perchè f
alcun pregio scenico e letterario di cui ecco l’elenco : Il Trionfo
del
merito. Poema. Venezia, 1686. Sempre vince la R
dia dedicata alla Maestà di Augusto secondo. In Varsavia, alla Stampa
del
Collegio delle Scuole Pie, 1699, in-4°. Questa co
-4°. Questa commedia, ch'egli pubblicò mentre era da nove anni comico
del
Ser.mo di Cell, « ch'è un Principe così grande –
assai superiore a quella di Comico », è forse la più importante opera
del
Sacco, sì per la varietà imaginosa delle scene, s
ne, sì per la comicità ond’è piena, e anche per lo stile men reboante
del
solito. Il soggetto è la solita difesa delle Come
e di immoralità, di disonestà, di perdizione : una specie di Supplica
del
Beltrame in azione. Il Sacco, ossia Gennaro, dett
orato. Recitava come sempre nel dialetto napoletano, e alla scena XVI
del
primo atto, in cui tutti i Comici fanno « un para
no « un paragone della Comedia ad altra cosa » egli, dopo il discorso
del
primo innamorato Ottavio, e del Pantalone Girolam
d altra cosa » egli, dopo il discorso del primo innamorato Ottavio, e
del
Pantalone Girolamo, dice : Platone nel settimo d
eserciti ad essere buoni aritmetici, però io che rappresento la parte
del
Capitano, sosterrò che la Comedia costa di questa
tti, ne quali si racchiude. Nella Comedia è necessaria la proportione
del
luogo, e la proportionalità del Caso ; la egualit
a Comedia è necessaria la proportione del luogo, e la proportionalità
del
Caso ; la egualità delle persone, maggiore, o min
ore ; e l’inegualità delle cose ; ella è formata di regole, di quella
del
trè nel Comico che deue hauere, bella presenza, v
e deue hauere, bella presenza, voce soaue, e buona memoria. Di quella
del
Cinque nel prologo, nell’episodio, nel esito, nel
prologo, nell’episodio, nel esito, nel Corico, e nel Como ; di quella
del
sette nelle sue varie specie, espresse dal Donato
figurine, nelle quali, a osservar bene, dominan solamente due tipi :
del
Capitano e dello Zanni ; e talvolta l’uno invade
CAPO III. Continuazione
del
teatro Italiano. Commedie: Opera in musica: Attor
gie: teatri materiali. I. Commedie. Nelle commedie Italiane
del
XVII secolo si vuol fare la medesima distinzione
ommedie Italiane del XVII secolo si vuol fare la medesima distinzione
del
precedente in erudite e in buffonesche ed oscene
dente in erudite e in buffonesche ed oscene destinate al divertimento
del
volgo. Senza ciò i critici boriosi e singolarment
edie ingegnose, piacevoli, regolari che specialmente ne’ primi lustri
del
secolo uscirono da varie accademie del XVI che co
specialmente ne’ primi lustri del secolo uscirono da varie accademie
del
XVI che continuarono a fiorire nel XVII secolo, c
glia quelle degl’ Intronati di Siena, i quali, dopo che nel principio
del
secolo ebbero la permissione dal governo di torna
omia regolata, il ridicolo destramente rilevato e una dizione propria
del
genere comico. Quella di Adriano Politi intitolat
stolo Zeno la commedia francese quì mentovata non fu tratta da quella
del
Politi, ma da un’ altra degl’ Intronati che ebbe
ssina, e si reimpressero qualche anno dopo in Venezia: la Trappolaria
del
Palermitano Luigi Eredia recitata ed impressa in
a vaga commedia pubblicata nel 1604 e più volte ristampata in Venezia
del
cavaliere Napoletano Giulio Cesare Torelli, la cu
i, la cui morte compianse con un sonetto il Marini: il Padre afflitto
del
Cenzio uscita nel 1606, e il di lui Amico infedel
Padre afflitto del Cenzio uscita nel 1606, e il di lui Amico infedele
del
1617. Non furono forse regolari, ingegnose e face
bj di Belisario Bulgarini pubblicata nel medesimo anno, e le commedie
del
Malavolti, cioè i Servi Nobili del 1605, l’Amor d
a nel medesimo anno, e le commedie del Malavolti, cioè i Servi Nobili
del
1605, l’Amor disperato del 1611 e la Menzogna del
ommedie del Malavolti, cioè i Servi Nobili del 1605, l’Amor disperato
del
1611 e la Menzogna del 1614? Mancano esse forse d
cioè i Servi Nobili del 1605, l’Amor disperato del 1611 e la Menzogna
del
1614? Mancano esse forse d’arte e di grazia comic
ocuzione? Se altre favole comiche non potessero mostrare gl’ Italiani
del
secolo di cui parliamo se non quelle del cavalier
essero mostrare gl’ Italiani del secolo di cui parliamo se non quelle
del
cavaliere Napoletano Giambatista della Porta reci
per le stampe, pochi emuli avrebbero essi da temere nella prima metà
del
secolo XVII. Noi ne accennammo più cose nella nos
lità di Plauto rettificata, e l’artificio di dipignere ed avviluppare
del
Ferrarese senza copiarlo con impudenza da plagiar
icatezze e i piccioli nulla degl’ innamorati, tirando fuori dal fondo
del
cuore umano certi tratti così naturali e proprii
à e qualche volta con vivacità. Non giugne all’eleganza dell’Ariosto,
del
Bentivoglio o del Caro; anzi non sempre la dizion
con vivacità. Non giugne all’eleganza dell’Ariosto, del Bentivoglio o
del
Caro; anzi non sempre la dizione è pura, sfuggend
e, Spagnuolo o Napoletano, frammischiò ancora qualcheduno che si vale
del
dialetto Napoletano, ma coll’ atticismo patrio, e
oli e versato nelle grazie della propria favella. Ma il comico valore
del
Porta ha per avventura qualche carattere particol
ce di non essere stati in ciò prevenuti da verun critico. La commedia
del
Porta è sempre di situazione, e l’arte che possie
avvolgendo senza bisogno di circostanze chiamate a forza in soccorso
del
poeta, e vi cagiona un moto vivace, mette i perso
ior diversità di talenti. Tutti i generi sono buoni, secondo l’avviso
del
Voltaire, fuorchè il nojoso; ed io aggiungerei, f
er lo più languide e fredde copie. Ma gli accidenti o le combinazioni
del
verisimile ben modificato producono in teatro la
peggia nella Trappolaria, nell’ Olimpia, nella Tabernaria ed in altre
del
Porta; e questo dilettevole genere comico dopo di
rta; e questo dilettevole genere comico dopo di alcune prime commedie
del
Moliere e del Bugiardo del Cornelio, fu da’ franc
dilettevole genere comico dopo di alcune prime commedie del Moliere e
del
Bugiardo del Cornelio, fu da’ francesi totalmente
enere comico dopo di alcune prime commedie del Moliere e del Bugiardo
del
Cornelio, fu da’ francesi totalmente negletto. Gl
rudite dell’Italia. Il solo Porta che avesse letto, l’avrebbe guarito
del
suo preoccupato avviso; ma il Porta soffrirà con
non sia che una giudiziosa progressione di un’ azione sola per la via
del
maraviglioso condotta al suo fine74. Ma questo ma
mora in Venezia di una bella schiava, e senza eseguire la commissione
del
padre riscatta questa giovane, la sposa e la mena
endo di dovere il di lei arrivo far che egli debba fuggire dal rigore
del
padre giustamente sdegnato, piangendo le manifest
do in movimento, ed un solo fatto che necessariamente, e non a piacer
del
poeta si manifesta, riconducendo la tranquillità
scioglimento. Tre altri buoni scrittori Napoletani sin dal principio
del
secolo si segnalarono con ingegnose e regolari fa
la Fortunia impressa verso il 1612 e poi molte altre volte, l’Alvida
del
1616, la Flaminia del 1621, la Ginevra dell’anno
verso il 1612 e poi molte altre volte, l’Alvida del 1616, la Flaminia
del
1621, la Ginevra dell’anno seguente, e poi del 16
del 1616, la Flaminia del 1621, la Ginevra dell’anno seguente, e poi
del
1630 in Viterbo, che è l’edizione citata dal Font
in Viterbo, che è l’edizione citata dal Fontanini, ed il Malmaritato
del
1633 secondo il Fontanini e l’Allacci, benchè il
do il Fontanini e l’Allacci, benchè il Toppi ne registri un’ edizione
del
1616 col titolo di Malmaritata, che le conviene m
sa sacerdote erudito che dimorava in Roma, dove morì sull’incominciar
del
secolo. Sono tutte artificiose e facete scritte a
un Capitano nell’ Alvida che con poche variazioni si trova nel Miles
del
comico latino. Rancida parrebbe ancora l’invenzio
i Napoli e di Sicilia. Aggiugni a ciò le devastazioni delle provincie
del
regno taglieggiate e saccheggiate da compagnie di
ancora Lorenzo Stellati autore pregevole di altre due commedie, cioè
del
Furbo uscita in Napoli nel 1638, e del Ruffiano i
le di altre due commedie, cioè del Furbo uscita in Napoli nel 1638, e
del
Ruffiano impressa nel 1643 assai comendate dal Gr
l Ruffiano impressa nel 1643 assai comendate dal Gravina. Le commedie
del
duca di Sermoneta Filippo Gaetano parimente con r
ti anni in Palermo, l’ Ortenzio rappresentata in Rimini alla presenza
del
cardinal Gaetano e stampata in Palermo nel 1641,
risimiglianze grossolane è il Trimbella trasformato commedia in versi
del
Martellini stampata nel 1618. Si recitò in Firenz
anno in cinque giorni con generale applauso la Fiera commedia urbana
del
festivo Buonarroti il giovane, la quale è uno spe
l’Altani quattro commedie che possono mentovarsi con onore l’Amerigo
del
1621, la Prigioniera del 1622, il Mecàm Bassa del
e che possono mentovarsi con onore l’Amerigo del 1621, la Prigioniera
del
1622, il Mecàm Bassa del 1625 e le Mascherate del
con onore l’Amerigo del 1621, la Prigioniera del 1622, il Mecàm Bassa
del
1625 e le Mascherate del 1633. Gli Abbagli felici
621, la Prigioniera del 1622, il Mecàm Bassa del 1625 e le Mascherate
del
1633. Gli Abbagli felici del conte Prospero Bonar
il Mecàm Bassa del 1625 e le Mascherate del 1633. Gli Abbagli felici
del
conte Prospero Bonarelli della Rovere si pubblicò
i si veggono acconciamente delineati i caratteri e quello sopra tutti
del
falso filosofo pittura vera, vivace e pregevole,
a, come Ferdinando da Bibiena, Angelo Michele Colonna Comasco scolare
del
Dentoni, Agostino Mitelli Bolognese, il cavalier
, il cavalier d’Arpino architetto e pittore insigne: non vedeva fuori
del
suo recinto nè Noverri, nè Vestris, nè Hilverding
Torino, Napoli. Claudio Monteverde che avea posta in musica l’Arianna
del
Rinuccini divenuto maestro della cappella di San
lle case private de’ gentiluomini, indi passò su’ teatri. L’Andromeda
del
Reggiano Benedetto Ferrari celebre sonatore di ti
e anche il Pastore d’Anfriso, ed innoltrandosi il secolo la Divisione
del
Mondo dramma del Parmigiano Giulio Cesare Corradi
e d’Anfriso, ed innoltrandosi il secolo la Divisione del Mondo dramma
del
Parmigiano Giulio Cesare Corradi che altri ancor
digioso numero di forestieri. Si ripetè in Bologna sin da’ primi anni
del
secolo l’Euridice del Rinuccini. La di lui Ariann
stieri. Si ripetè in Bologna sin da’ primi anni del secolo l’Euridice
del
Rinuccini. La di lui Arianna si rappresentò pure
. Torino si contraddistinse nel 1628 per la sontuosa rappresentazione
del
Vascello della felicità, e dell’Arione. Prima che
eseguita nel 1639 sotto il vicerè Ferrante Afan de Ribera nella sala
del
real palazzo di Napoli nel passar che vi fece l’i
mmi rappresentati in Napoli e ripetuti altrove si contano la Deidamia
del
Messinese Scipione Errico che si replicò in Venez
pione Errico che si replicò in Venezia nel 1644, ed il Pomo di Venere
del
Napoletano Antonio Basso rappresentato in Napoli
ici, tante machine, tanti cori, ci mostrano l’opera nascente al tempo
del
Rinuccini, benchè da questo Fiorentino rimanesse
in dal XV secolo, come altrove abbiam dimostrato, basterebbero queste
del
Testi a provare che il Cicognini non fu il primo
Cicognini non fu il primo ad introdurle ne’ drammi; perchè le poesie
del
Testi cominciarono ad imprimersi sin dal 1613, e
5 in vita dell’autore, ed in conseguenza prima della rappresentazione
del
Giasone. Vuolsi però osservare che le accennate f
esentazione del Giasone. Vuolsi però osservare che le accennate feste
del
Testi sono snervate, senza azione, e tessute di p
ento cristiano recitati in Roma con applauso s’ intitolano, la Comica
del
cielo, la Vita umana, la Sofronia, la Datira, olt
i contribuì singolarmente la dolcissima voce e la maestria di cantare
del
Vittorio da Spoleto attore maraviglioso, quo nemo
a mostrar senza svantaggio il proprio valore. Ma la prudente consorte
del
principe Aldobrandino non ne permise l’ esecuzion
e l’ esecuzione; e l’opera fu rappresentata da eunuchi 80 nel palagio
del
marchese Evandro Conti a’ Monti, e secondo il rac
el palagio del marchese Evandro Conti a’ Monti, e secondo il racconto
del
Baglioni toccò all’insigne pittore ed architetto
rne le scene. Ma questi eunuchi sostituiti alle cantatrici nel dramma
del
Tronsarelli ci richiamano alla memoria un’ osserv
no alla memoria un’ osservazione fatta sulla nostra Storia de’ Teatri
del
1777 dal già mancato erudito estensore di quel te
etestabili. Gli eunuchi si sono perpetuati, e ad onta della ragione e
del
buon senno non solo nella China, nella Turchia e
obbrobrio in ogni tempo, nel venire a dominare ne’ paesi occidentali
del
Romano impero, non poterono comunicar loro ciò ch
monj colle donne, siccome gli uomini fanno89. L’Italia poi che al dir
del
Maffei e nel bene e nel male suole andare innanzi
on apparisce. Si nota solo dagl’ intelligenti che i teologi moralisti
del
XVI secolo non muovono la questione, se lecito si
e per fare un musico; nè pare che ciò prendesse ad investigarsi prima
del
secolo XVII. Adunque non molto prima di tali rice
cchi nel voler far cantare l’Anfiparnaso si sarebbe ridotto a valersi
del
Brighella, del Dottore, del Pantalone, se a suo t
far cantare l’Anfiparnaso si sarebbe ridotto a valersi del Brighella,
del
Dottore, del Pantalone, se a suo tempo si fossero
’Anfiparnaso si sarebbe ridotto a valersi del Brighella, del Dottore,
del
Pantalone, se a suo tempo si fossero usate in tea
melodrammi adoperati, il Vecchi gli avrebbe ricusati? L’ultimo dramma
del
Rinuccini s’impresse nel 1608; nè da più diligent
del Rinuccini s’impresse nel 1608; nè da più diligenti scrittori che
del
di lui tentativo fatto insieme col Peri, col Cors
e con molta probabilità affermare che almeno sino ai primi dieci anni
del
secolo XVII i teatri Italiani non risonarono dell
to quel cambio come una novità. Dá ciò si deduce che molti anni prima
del
1640 (in cui scrisse Pietro della Valle che essi
torno al 1625. E così se per ora non possiam dire precisamente l’anno
del
primo melodramma recitato dagli eunuchi, avremo a
Gabrieli. E forse ve ne mancarono nell’età passata? Sin dal principio
del
secolo si ammirarono singolarmente la Romana Cate
e per chi la scrive. Essi furono assaissimi e quasi tutti al di sotto
del
mediocre, se si riguardi ai pregi richiesti nella
fu poeta nella corte di Toscana, e morì all’improvviso nel settembre
del
1700. I di lui melodrammi ebbero gran voga allora
Lemene cavaliere Lodigiano poeta non dispregevole ad onta de’ difetti
del
suo tempo compose melodrammi non cattivi. Ne comp
Mazzucchelli, dal Crescimbeni e dal Quadrio, nè sull’Achille in Sciro
del
marchese Ippolito Ferrarese rappresentato in Vene
o Ferrarese rappresentato in Venezia nel 1663, nè sull’Attilio Regolo
del
Veneziano Matteo Noris impresso nel 1693 in Firen
ta di Giuseppe Vallaro, nel Podestà di Coloniola, nelle Magie amorose
del
nominato Giulio Cesare Sorrentino vagamente decor
ttamenti della vista e dell’udito fecero sempre più intorno alla metà
del
secolo comparire insipide e fredde le rappresenta
ia, la Falsa accusa data alla Duchessa di Sassonia, imitazioni libere
del
teatro Spagnuolo pubblicate dal 1652 al 1672. Raf
più costante, la Falsa Astrologia, traduzioni alterate dalle commedie
del
Calderon e di altri Spagnuoli. Allora il Pisani T
rdis nel 1674 pubblicò il Finto Incanto, che è el Encanto sin encanto
del
medesimo Calderon. Il Canonico Carlo Celano nato
ed in Roma, l’Ardito vergognoso, Chi tutto vuol tutto perde, la Forza
del
sangue, l’Infanta villana, la Zingaretta di Madri
illana, la Zingaretta di Madrid, Proteggere l’inimico, il Consigliere
del
suo male ecc. Ho detto che rettificò (con pace de
co, il Consigliere del suo male ecc. Ho detto che rettificò (con pace
del
Lampillas) i difetti principali degli originali,
sue favole manchi la grazia e la purezza e l’eleganza della locuzione
del
Calderon e Solis, e l’amabile difficoltà della ve
di Vito Napoletano, Andrea Perrucci traduttore ed imitatore nel 1678
del
Convitato di pietra, ed Onofrio di Castro autore
in musica stendeva rapidamente i suoi progressi. Laonde alla mancanza
del
concorso nel lor teatro pensarono i commedianti d
e con altre ancor più difettose, come il Conte di Saldagna, Bernardo
del
Carpio, Pietro Abailardo ec.94. Ma queste cose to
a di nobili attori che rappresentava in Napoli le commedie a soggetto
del
Porta, gli Squinternati di Palermo, di cui parla
lo Popoleschi, Carlo Dati, e ’l Ricciardi. Il dottor Viviani fratello
del
celebre matematico Vincenzio faceva la parte di P
goziante Bolognese in età di sessant’anni portava a maraviglia quella
del
Dottor Graziano, e durò più anni a venire a posta
zia, di Fano, e di Tordinona in Roma. Il teatro di Parma non fu opera
del
Palladio terminata dal Bernino, come alcuno affer
a Magnani l’architetto che vi fu impiegato, come leggesi nel trattato
del
Teatro, e nelle Lettere sopra la pittura dell’Alg
ra idraulica, nella civile e nella militare, il fe costruire d’ordine
del
duca Ranuccio I Farnese nel 1618. Si aprì secondo
osi a un semicerchio due rette laterali. La scena dal muro alla bocca
del
proscenio ha di lunghezza 125 piedi parigini e 93
con una scalinata di quattro sedili. Il nominato autore dell’opuscolo
del
Teatro osserva che la bocca del palco scenario ec
ili. Il nominato autore dell’opuscolo del Teatro osserva che la bocca
del
palco scenario eccessivamente angusta e molto lon
atro. I lati retti della platea congiunti alla strettezza della bocca
del
palco occultano a chi siede lateralmente buona pa
e ammirar questo teatro come uno de’ più gloriosi monumenti dell’amor
del
grande e della protezione delle arti che ebbero i
e’ viaggiatori; ed incresce il vedere che già mostra talmente i danni
del
tempo e del disuso, che non senza qualche ritegno
ri; ed incresce il vedere che già mostra talmente i danni del tempo e
del
disuso, che non senza qualche ritegno si monta su
e di uno spettacolo destinato a commuovere per dilettare. I palchetti
del
teatro nominato di Venezia non bastando al gran c
cresceva, ebbero indi un aumento di tre per ciascun ordine su i lati
del
proscenio. Gli altri teatri Veneti per lo più ina
gloriarsi di aver prima di ogni altra avuti teatri costruiti a norma
del
compasso immortale de’ Palladj e de’ Sansovini. G
minore 48. Ha sei ordini di palchetti; ma (dice l’autore dell’ opera
del
Teatro) de’ comodi interni, e dell’abbellimento e
qual più qual meno magnifico a proporzione, tutte volendo partecipare
del
piacere di uno spettacolo pomposo come l’opera in
a quel tempo il teatro di Urbino, in cui si ammirarono le invenzioni
del
Genga esaltate dal Serlio degli alberi fatti di f
iviso in gran palchettoni: quello di Modena detto della Spelta, opera
del
cavalier Vigarani, distrutto nel 1767: quello di
iedi e cinquanta a cavallo100. Ed è questa la storia scenica Italiana
del
secolo XVII. Fioriscono ne’ primi lustri poeti tr
ia: si contano tralle commedie ingegnose, regolari e piacevoli quelle
del
Porta modelli della commedia d’intrigo, e degl’ I
quelle del Porta modelli della commedia d’intrigo, e degl’ Intronati,
del
Malavolti, del Guarini, dell’Altani, dell’Isa, de
a modelli della commedia d’intrigo, e degl’ Intronati, del Malavolti,
del
Guarini, dell’Altani, dell’Isa, del Gaetano, del
e degl’ Intronati, del Malavolti, del Guarini, dell’Altani, dell’Isa,
del
Gaetano, del Brignole Sale, del Bonarelli, del Ma
nati, del Malavolti, del Guarini, dell’Altani, dell’Isa, del Gaetano,
del
Brignole Sale, del Bonarelli, del Maggi. Si attes
, del Guarini, dell’Altani, dell’Isa, del Gaetano, del Brignole Sale,
del
Bonarelli, del Maggi. Si attese poscia a spiegare
dell’Altani, dell’Isa, del Gaetano, del Brignole Sale, del Bonarelli,
del
Maggi. Si attese poscia a spiegare tutte le pompe
lli, del Maggi. Si attese poscia a spiegare tutte le pompe delle arti
del
disegno e della musica nell’opera; ma vi si negle
om. V pag. 72. Vedasene ciò che ne disse il Ghirardelli nella Difesa
del
suo Costantino, e il Nicodemo nelle Addizioni all
Di essa si è fatta un’ edizione in foglio nel 1726 colle annotazioni
del
dotto Anton Maria Salvini. 76. Dall’erudite desc
a Salvini. 76. Dall’erudite descritte tragedie, pastorali e commedie
del
XVII secolo chiara quanto il meriggio ne risulta
volume di quest’opera) shandì poi nel passato secolo e nel principio
del
presente ogni legame di regolarità, e lasciate le
ate da giusta critica e da lettura diligente. Rileggendo la citazione
del
Maffei egli si avvedrà subito che quel nostro let
reali, eroici, regiocomici oltramontani adottati in un breve periodo
del
passato secolo, imitati da Italiani di pessimo gu
zza che s’inganna, e che non ha presenti le tragedie dell’Ingegnieri,
del
Chiabrera, del Bracciolini, del Bonarelli, del Do
na, e che non ha presenti le tragedie dell’Ingegnieri, del Chiabrera,
del
Bracciolini, del Bonarelli, del Dottori, del Pall
presenti le tragedie dell’Ingegnieri, del Chiabrera, del Bracciolini,
del
Bonarelli, del Dottori, del Pallavicino, del Delf
gedie dell’Ingegnieri, del Chiabrera, del Bracciolini, del Bonarelli,
del
Dottori, del Pallavicino, del Delfino, del Caracc
gegnieri, del Chiabrera, del Bracciolini, del Bonarelli, del Dottori,
del
Pallavicino, del Delfino, del Caraccio, nè le pas
abrera, del Bracciolini, del Bonarelli, del Dottori, del Pallavicino,
del
Delfino, del Caraccio, nè le pastorali dell’altro
racciolini, del Bonarelli, del Dottori, del Pallavicino, del Delfino,
del
Caraccio, nè le pastorali dell’altro Bonarelli, d
ino, del Delfino, del Caraccio, nè le pastorali dell’altro Bonarelli,
del
medesimo Chiabrera, del Buonarroti il giovine, de
raccio, nè le pastorali dell’altro Bonarelli, del medesimo Chiabrera,
del
Buonarroti il giovine, dell’Errico, nè le commedi
imo Chiabrera, del Buonarroti il giovine, dell’Errico, nè le commedie
del
Guarini, del Brignole Sale, del Malavolti, dell’A
, del Buonarroti il giovine, dell’Errico, nè le commedie del Guarini,
del
Brignole Sale, del Malavolti, dell’Altani, del Ma
giovine, dell’Errico, nè le commedie del Guarini, del Brignole Sale,
del
Malavolti, dell’Altani, del Maggi, del Porta, del
commedie del Guarini, del Brignole Sale, del Malavolti, dell’Altani,
del
Maggi, del Porta, dello Stellati, dell’Isa, del d
el Guarini, del Brignole Sale, del Malavolti, dell’Altani, del Maggi,
del
Porta, dello Stellati, dell’Isa, del duca Gaetano
lavolti, dell’Altani, del Maggi, del Porta, dello Stellati, dell’Isa,
del
duca Gaetano, del Buonarroti ec., le quali, se al
ni, del Maggi, del Porta, dello Stellati, dell’Isa, del duca Gaetano,
del
Buonarroti ec., le quali, se altri pregi non aves
uali, se altri pregi non avessero, non cedono per regolarità a quelle
del
secolo precedente. 77. Muratori Annali d’ Italia
utilare i cortigiani, allorchè ella regnava sotto il nome e gli abiti
del
Figliuolo, per confondere la propria voce femmini
teriis nel tomo III de’ Supplimenti di Giovanni Poleni alle Antichità
del
Grevio e del Gronovio. Per una descrizione di Pet
mo III de’ Supplimenti di Giovanni Poleni alle Antichità del Grevio e
del
Gronovio. Per una descrizione di Petronio citata
el teatro Italiano in quel secolo. 95. Baldinucci Decennale II, P. I
del
secolo V. 96. Di lui parla Andrea Perrucci nella
questa maschera caricata mostruosamente come poi si formò la maschera
del
Pulcinella col dipartirsi dalla prima. Era al con
lla col dipartirsi dalla prima. Era al contrario un ritratto naturale
del
volto di un villano dell’ Acerra brutto e natural
fattone da Giuseppe Notari citato dal chiar. Tiraboschi nel libro III
del
tomo VIII della sua Storia della Lett. Ital. 100
CAPO VII. Teatro Lirico Francese, e suoi progressi per mezzo
del
Lulli, e del Quinault. Aveano in Francia nel X
. Teatro Lirico Francese, e suoi progressi per mezzo del Lulli, e
del
Quinault. Aveano in Francia nel XVI secolo ecc
veano in Francia nel XVI secolo eccitato il gusto musicale i Concerti
del
poeta Antonio Baif: e più i balletti di Baltassar
oeta Antonio Baif: e più i balletti di Baltassarino seguiti da quelli
del
Rinuccini del XVII. Di assai cattivo gusto furono
aif: e più i balletti di Baltassarino seguiti da quelli del Rinuccini
del
XVII. Di assai cattivo gusto furono in seguito il
XVII. Di assai cattivo gusto furono in seguito il balletto delle Fate
del
1625, in cui, come dicemmo, ballò Luigi XIII, e l
ana chiamando da Firenze alcuni Cantanti che recitarono alla presenza
del
re l’Orfeo rappresentata in Venezia colla musica
no alla presenza del re l’Orfeo rappresentata in Venezia colla musica
del
riputato Zarlino. S’imitò poi la magnificenza del
61 compose l’Arianna ancor più infelicemente verseggiata; ma la morte
del
Mazzarini deluse ancor questa volta i suoi disegn
ro Surdeac s’impossessò della cassa, cacciò via il Perrin, e si valse
del
parigino Gabriello Gilbert che compose le Pene e
mpose le Pene e i Piaceri d’Amore rappresentata nel 1672 colla musica
del
Cambert. Questi furono i deboli principii dell’op
deboli principii dell’opera francese, che dopo qualche anno per mezzo
del
fiorentino Giambatista Lulli passato in Francia,
anno per mezzo del fiorentino Giambatista Lulli passato in Francia, e
del
Quinault, fu portata nata appena all’eccellenza.
llenza. Lulli celebre violinista maestro di musica, e poi segretario
del
re, di cui ebbe in seguito tutto il favore sino a
utto il favore sino alla sua morte, fece tosto sentire la superiorità
del
suo ingegno, e con alcune arie di balletti compos
Montespan ottenne dal Perrin con una summa considerevole la cessione
del
privilegio, e nel medesimo anno preso per socio i
ivilegio, e nel medesimo anno preso per socio il Vigarani macchinista
del
re diede le Feste di Amore e di Bacco, opera comp
posta di molti balletti. Morto Moliere nel 1673 Lulli ottenne la sala
del
Palazzo Reale, dove nell’aprile di quell’anno ste
Reale, dove nell’aprile di quell’anno stesso comparve la prima opera
del
Quinault Cadmo ed Ermione. I Francesi ammirandone
ne. I Francesi ammirandone la versificazione tanto superiore a quella
del
Perrin, non avrebbero voluto trovarvi la mescolan
iore a quella del Perrin, non avrebbero voluto trovarvi la mescolanza
del
burlesco introdotta già nella Pomona. L’anno seg
a facilità armoniosa dell’espressioni apprestò al genio incomparabile
del
Lulli tutta l’opportunità di manifestarsi. Egli è
he un’ opera istorica incatenata al comodo della musica, e alle leggi
del
verisimile; ma il sapere scerre e interessare, co
il poeta francese avea guastato l’argomento greco senza approfittarsi
del
più bello dell’Alceste di Euripide, ed aggiugnend
n legame necessario col fatto della moglie di Admeto. Nella tragedia
del
Teseo cantata nel 1675 è teatrale l’angustia di E
Ati recitata nel 1676 dee reputarsi una delle favole più interessanti
del
Quinault. Vi si trova la solita varietà delle dec
logiche, ma accompagnata da alquanti colori patetici e vigorosi degni
del
tempo del gran Metastasio. Può servire di esemplo
a accompagnata da alquanti colori patetici e vigorosi degni del tempo
del
gran Metastasio. Può servire di esemplo la bella
più bel giorno è questo. Sangaride. Il più bel giorno è questo.A te
del
pari Che a me concesso è il vanto Di apprestar de
orno è questo.A te del pari Che a me concesso è il vanto Di apprestar
del
gran dì sacro a Cibele Il festivo apparato. Ati
on me, l’onor tu accoppi D’esser d’un gran regnante oggi consorte. Oh
del
re rara sorte! Mai sì vaga e sì lieta io non ti v
eta io non ti vidi! Sangaride Ati però così d’amor nemico Della sorte
del
re non fia geloso. Ati Lieti vivete; i voti miei
mori Io secondai, … Ah de’ tuoi dì felici Questo il più glorioso Sarà
del
viver mio l’estremo giorno. Sangaride Numi! Ati
sta a temer? Sangaride Che mi resta a temer?Perdere è poco L’oggetto
del
tuo foco: Ciò che pianger tu dei È che mi perdi,
l. Quest’enciclopedista nell’articolo Opera raccolse i migliori passi
del
Quinault per dare idea della bellezza del di lui
a raccolse i migliori passi del Quinault per dare idea della bellezza
del
di lui stile e della versificazione in diverse pa
terrotte da alcune scene che tirano l’attenzione. Ma il capo d’opera
del
teatro lirico francese si rappresentò nel 1686. L
n fu l’Orlando dal gran poeta Ariosto, fu il melodramma più fortunato
del
Quinault, in cui egli trionfò come poeta, Lulli c
rriva appunto nella campagna ove son tese, ed incantato della delizia
del
luogo si discinge parte dell’arnese. Vaghi armoni
caricata di macchine ed apparenze è pure riuscita pienamente ad onta
del
freddissimo atto IV. Sono dunque le macchine spet
combinazione delle situazioni , ciò che costituisce la vera bellezza
del
melodramma. Dopo l’Armida rinunziò Quinault al te
o stile, la facilità dell’espressione, l’armonia della versificazione
del
Quinault, davano ampio campo agli slanci mirabili
del Quinault, davano ampio campo agli slanci mirabili dell’ingegno e
del
gusto del musico: la sagacità, la proprietà, la d
ult, davano ampio campo agli slanci mirabili dell’ingegno e del gusto
del
musico: la sagacità, la proprietà, la delicatezza
usico: la sagacità, la proprietà, la delicatezza, la forza delle note
del
Lulli, l’arte ch’egli possedeva di concertar le p
i una grande orchestra, svegliavano l’estro, le immagini, l’eloquenza
del
poeta. Da una banda la storia ci dimostra che Lul
una banda la storia ci dimostra che Lulli riconosceva la superiorità
del
Quinault nel verseggiare e nello scerre e disporr
erglisi tutta la delicatezza della musica e la meravigliosa proprietà
del
canto. Lulli operava colle sue note i medesimi pr
inault; e ciò ben si vide nel mettere in musica tanto il Bellerofonte
del
minor Cornelio nel 1669, quanto l’Aci e Galatea d
o il Bellerofonte del minor Cornelio nel 1669, quanto l’Aci e Galatea
del
Campistron applaudita sommamente nel 1687 dopo la
87 dopo la stessa Armida. Lulli anche prima di ottenere il privilegio
del
Perrin aveva mostrata la rarità de’ suoi talenti
rseggiati dal Moliere. Lulli finalmente serviva di scorta alla poesia
del
Quinault, avendogli mostrato in qual guisa debba
i per accomodargli alla scena musicale. Ecco in fatti ciò che narrasi
del
modo che tenevano Lulli e Quinault nel formare un
il Sovrano uno de’ proposti argomenti, il poeta dava a Lulli la copia
del
piano eletto, perchè in esso andasse disponendo i
amici Boyer e Perrault b. Dalle mani de’ letterati passavano a quelle
del
musico, il quale non le ammetteva se non dopo l’e
e faceva parola per parolaa, e talora ne risecava la mettà, nè contro
del
suo decreto si concedeva appellazione. Il poeta t
rasi di questo eccellente musico che aspirò alla piazza di segretario
del
re e l’ottenne in questa guisa. Ripetendosi a San
mposta la musica, rappresentò egli stesso a meraviglia il personaggio
del
Muftì, di che il re lo lodò grandemente. Lulli pr
anno onorati: andate dal cancelliere". Egli subito divenne segretario
del
re. La vostra (gli disse m. de Louvois) è stata u
gli ultimi versi che non corrispondono al resto. a. Si vegga la Vita
del
Quinault. b. Vedasi la seconda edizione del libr
to. a. Si vegga la Vita del Quinault. b. Vedasi la seconda edizione
del
libro intitolato Menagiana. a. V. il tomo II di
guere per comico di non poca abilità, e molto attento nell’esecuzione
del
proprio impegno. » Dalle noterelle del Di Giacom
molto attento nell’esecuzione del proprio impegno. » Dalle noterelle
del
Di Giacomo pel 1778, sappiamo che Il comico del
. » Dalle noterelle del Di Giacomo pel 1778, sappiamo che Il comico
del
S. Carlino Francesco Vitonomeo fugge a Roma mentr
aetano Buonamici, che intanto firma un altro impegno con l’impresario
del
Valle di Roma. Sospettando del Buonamici, Tomeo l
irma un altro impegno con l’impresario del Valle di Roma. Sospettando
del
Buonamici, Tomeo lo fa arrestare e condurre alle
e riaccompagnato dal teatro alle carceri. Restituisce all’Impresario
del
Valle 20 scudi e resta al S. Carlino, per ordine
e all’Impresario del Valle 20 scudi e resta al S. Carlino, per ordine
del
Re, fino al 1779. Lo troviamo poi nel 1796 primo
. Eccone l’atto di nascita che ho estratto dall’Opera di Santa Maria
del
Fiore. Domenica a di otto agosto mille settecent
inquantasei. Gaetano, Giuseppe, Antonio, Maria, Gaspero, Baldassarre,
del
sig. Gaspero del sig. Gaetano Buonamici, e della
ano, Giuseppe, Antonio, Maria, Gaspero, Baldassarre, del sig. Gaspero
del
sig. Gaetano Buonamici, e della sig.ra Maria, Cat
g. Gaspero del sig. Gaetano Buonamici, e della sig.ra Maria, Caterina
del
sig. Giuseppe Panchetti, conjugi, popolo S. Loren
nato il di sette detto, a ore dieci della sera. Compare sig. Giuseppe
del
sig. Gaetano Bonamici del popolo suddetto.
ore dieci della sera. Compare sig. Giuseppe del sig. Gaetano Bonamici
del
popolo suddetto.
pologista. Un titolo urbanissimo leggesi nel Tomo IV. della P. II.
del
Saggio §. ix. p. 165. “Il Teatro Spagnuolo dal 15
ovrei essere avvezzo a simili gentilezze apologetiche, avendo l’Autor
del
Saggio ne’ Volumetti precedenti regalato col mede
la poca urbanità e che so io. Del resto egli con una evidenza propria
del
suo famoso saggio dimostra tali miei Pregiudizj,
sogna tessere un continuo panegirico delle Scene Spagnuole a dispetto
del
buon senso. E che ci vuol fare? Credeva il Signor
relli troppo buonamente, che un Teatro regolare, ritratto de’ costumi
del
tempo che correa, formato su i Greci e i Latini,
à di alcuno di essi bastasse accennarla, come ho fatto io, ad esempio
del
dottissimo Brumoy che così trattò nelle Commedie
ga a seguirlo ciecamente, quando la ragione nol consenta. Pregiudizio
del
Signorelli! Ma sgomberata mercè del Lampillas, la
ragione nol consenta. Pregiudizio del Signorelli! Ma sgomberata mercè
del
Lampillas, la mia mente delle antiche sue fallaci
o dell’Apologista, ed iscreditino per loro fini, le Commedie Italiane
del
cinquecento. E’ vero, che il Signor Lampillas not
ei pregiudizj intorno al Rueda, e a Naarro di Torres, e a Nasarre; ma
del
primo ho già parlato, e circa i secondi stimo, ch
mi rinfaccia il Signor Lampillas, che io abbia più a disteso parlato
del
Teatro Greco, Latino, e Francese, che non dello S
o che questa querela non avrà più luogo, pubblicata la nuova edizione
del
mio Libro. Lasciamo ancora, che io per uno de’ mi
gnuolo, meno assai parlai dell’Italiano, se si attenda alla lunghezza
del
tempo, in cui l’Italia ha coltivata la Drammatica
ra cosa, più famigliari i Drammi Greci, e Latini, che per la mollezza
del
tempo corrente, e per essersi essi allontanati da
oventù Italiana per simili idee sparse fra noi da varj anni, a gloria
del
Teatro Francese, cadeva nell’idolatria di esso; e
ra noi conosciuta, e sì la scorsi assai leggermente. Feci altrettanto
del
Teatro Spagnuolo, perchè per la superiorità del F
nte. Feci altrettanto del Teatro Spagnuolo, perchè per la superiorità
del
Francese, il vidi passato di moda, e giudicai, ch
compatriota m’insinuò, che nel reimprimere il mio Libro parlassi pure
del
Teatro Italiano al pari degli altri, perchè non e
stimar verisimile, che le farse (triviali, fredde, smunte, snervate)
del
Naarro potessero tollerarsi in Italia, dove si ra
o potessero tollerarsi in Italia, dove si rappresentavano le Commedie
del
Macchiavelli, dell’Ariosto, del Bentivoglio: quan
, dove si rappresentavano le Commedie del Macchiavelli, dell’Ariosto,
del
Bentivoglio: quando che si sa che Leone X. chiama
on rappresentavano quelle eleganti Commedie. RISPOSTA. Che semplicità
del
Signorelli! Egli credeva, che i Rozzi di Siena fo
ome la di lui grave autorità fa tutta l’impressione dovuta nell’animo
del
Signorelli, la crederà anch’egli una Congrega di
una Congrega di Arlecchini; e crederà in conseguenza, che le Commedie
del
Naarro potessero essere allora ascoltate in Itali
ana), ma che esse non erano punto fredde, e insulse come le Spagnuole
del
Naarro, anzi festevoli e lodate assaissimo nell’
iudice favorito dell’Apologista. Ultimamente pensava, che le Commedie
del
Beolco non furono mica stampate a quei tempi di L
quei tempi di Leone X., come dice il Signor Lampillas, ma nella fine
del
secolo, nel 1598., secondochè si vede nell’Eloque
e’ Pregiudizj. Il Signorelli adunque adotta le ben ponderate opinioni
del
Signor Lampillas, ed al cenno di sì instruita sco
sa disapprovata dall’Apologista, perchè potrebbe temersi, che in vece
del
purgato stile imparasse il corrotto costume. RISP
osa vi si dicesse con qualche libertà. Ma poi (sia ciò detto con pace
del
Signor Lampillas) non è punto vero, che nelle Com
co. Ciò potreste più acconciamente inculcare per le Commedie ed altro
del
Libro del vostro Naarro, il quale appena pubblica
treste più acconciamente inculcare per le Commedie ed altro del Libro
del
vostro Naarro, il quale appena pubblicato nel 152
e Machiavelli unite insieme, quanti se ne incontrano nel solo Marqués
del
Cigarral Commedia del lodato Moreto. Dice Don Cos
sieme, quanti se ne incontrano nel solo Marqués del Cigarral Commedia
del
lodato Moreto. Dice Don Cosme nella Giornata I.,
ragione parli in simil guisa al Signorelli, egli risolve abbandonarsi
del
tutto alla perspicacia e allo zelo rischiarato de
solve abbandonarsi del tutto alla perspicacia e allo zelo rischiarato
del
Signor Lampillas. V. PREGIUDIZIO. Il Signor
iudizio si emenderà il Signorelli, e crederà più alle rare congetture
del
Signor Lampillas, che agli occhi proprj, co i qua
e stravaganti Commedie . . . sopprimendo le genuine, o trasformandole
del
tutto. Or chi non crederebbe che l’Apologista par
a quanto quì dice. E che importa che contro sì bella e felice pensata
del
Lampillas mormori l’istesso senso comune? Che lo
truzione Lampigliana. VI. PREGIUDIZIO. Uno de’ gravi pregiudizj
del
Signorelli si è (Lamp. p. 183.), che vuole presta
183.), che vuole prestar fede a Lope de Vega intorno alla corruzione
del
Teatro Spagnuolo prima di lui, e non all’Apologis
iene di mostruosità, senza altre eccettuarne se non le basse Commedie
del
Rueda, e fu ascoltato pazientemente, e non riprov
a riflessione con dire, che se quei zelanti conservatori della sanità
del
Teatro Spagnuolo rimproverarono Lope pel di lui s
Lope, il conferma ancora un passo della Commedia di Moreto El Marguès
del
Cigarral, dove così fa parlare un Grazioso: “Des
s ò Infantas.” Un passo simile si legge nella Confusion de un Jardin
del
medesimo Moreto. In questa guisa favellano gli Sc
ma di Lope? Ma sì, che il Signor Lampillas mette fuori le tre Lettere
del
Cueba, in cui si registra una filza di nomi, e si
quì è dove s’intoppa. E che fondamento possiamo fare sulle asserzioni
del
Cueva mancando ogni altro sostegno? Del suo gusto
questa guisa. “Ecco Signor D. Pietro, i semi della Commedia Spagnuola
del
500. le sembrano forse questi semi originariament
e Commedie di Cervantes? la Tragedia di Andrès Rey? le Mille Tragedie
del
Malara? E mi dite Ecco? Ecco dinota la presenza,
so ei favella, e le sue lodi si profondono su i contempoeanei seguaci
del
sistema Lopense. Or come smentì Lope nel suo Prol
uagliare i conti in qualche maniera, scappa fuori con una Dedicatoria
del
Varchi, in cui si parla con disprezzo delle Comme
rittore, e forse anche di qualche altro, e la confessione de’ difetti
del
Teatro Spagnuolo fatta dal Cervantes, dal Lope, d
n panegirico indiretto a favore delle proprie produzioni! E da questa
del
Varchi pretendete ricavare la Storia della Commed
esta del Varchi pretendete ricavare la Storia della Commedia Italiana
del
500.? Io voglio poi che il Varchi a ragione ripre
decenze di alcune delle nostre Commedie, come di quelle dell’Aretino,
del
Vignali, del Groto. Ma che egli potesse asserire
cune delle nostre Commedie, come di quelle dell’Aretino, del Vignali,
del
Groto. Ma che egli potesse asserire altrettanto d
ignali, del Groto. Ma che egli potesse asserire altrettanto di quelle
del
Secco, del Pino, del Contile, del Bentivoglio, de
Groto. Ma che egli potesse asserire altrettanto di quelle del Secco,
del
Pino, del Contile, del Bentivoglio, dell’Oddi, de
che egli potesse asserire altrettanto di quelle del Secco, del Pino,
del
Contile, del Bentivoglio, dell’Oddi, del suo amic
esse asserire altrettanto di quelle del Secco, del Pino, del Contile,
del
Bentivoglio, dell’Oddi, del suo amico Annibal Car
quelle del Secco, del Pino, del Contile, del Bentivoglio, dell’Oddi,
del
suo amico Annibal Caro, e di un gran numero di To
mpio in una di esse intitolata il Poeta impressa in Venezia per Comin
del
Trino 1549., Composizione di Angelo degli Oldrati
’ Rozzi di Siona. 1. Ciò serva di un altro compenso al grave errore
del
Signorelli di aver chiamate tutte le Favole del R
penso al grave errore del Signorelli di aver chiamate tutte le Favole
del
Rueda Colloquj Pastorali. 1. Quest’equivoco di
loquj Pastorali. 1. Quest’equivoco di poco meno di un secolo, preso
del
Signor Lampillas, compenserà l’anticipazione del
di un secolo, preso del Signor Lampillas, compenserà l’anticipazione
del
tempo in cui fiori Luis de la Cruz. 1. Oggi ch
sivi colloqui si pone le due mani in testa come per esprimere le armi
del
Toro, e invoca San Marcos.
he non si pregia, e che da buoni talenti si sdegna di coltivare. Dopo
del
loro Vondel, e del Van-del-Does appena si lodano
che da buoni talenti si sdegna di coltivare. Dopo del loro Vondel, e
del
Van-del-Does appena si lodano tralle migliori fav
ro Vondel, e del Van-del-Does appena si lodano tralle migliori favole
del
paese due tragedie di Rotgans, ed un’ altra della
Van-Winter nata Van-Merken autrice (che viveva ancora verso il 1789)
del
bene applaudito poema in sedici canti intitolato
elicemente la Danimarca cominciò a coltivar la drammatica per le cure
del
re Federigo V benemerito della letteratura e del
ammatica per le cure del re Federigo V benemerito della letteratura e
del
teatro. Egli non solo invitò ne’ suoi dominii Sch
nata in Copenaghen, e morta nel 1757. Era ella stata celebre attrice
del
teatro nazionale, e poi nel 1753 divenne moglie d
ice del teatro nazionale, e poi nel 1753 divenne moglie di un tenente
del
re che nel 1731 era stato capitano della compagni
itano della compagnia dell’Indie. Oltre della traduzione da lei fatta
del
Filosofo Inglese e del Don Quixote, e di varie su
ell’Indie. Oltre della traduzione da lei fatta del Filosofo Inglese e
del
Don Quixote, e di varie sue poesie, ella scrisse
eriore agli altri d’Alemagna. La regina Cristina si valse della penna
del
Messenio per far comporre favole in idioma suedes
ese per la tragedia di Brunhilde soggetto ricavato dall’antica storia
del
settentrionea. Il defunto re Gustavo per animar l
intitolato il Sole risplende per tutto, tradusse l’Orfano della China
del
Voltaire; Manderstroom, oltre ad un’ opera france
n’ opera francese intitolata Silvia, trasportò in isuedese l’Ifigenia
del
Racine, e i Due Avari del Falbaire; Ristel la Mer
ta Silvia, trasportò in isuedese l’Ifigenia del Racine, e i Due Avari
del
Falbaire; Ristel la Merope del Voltaire; Folberg
e l’Ifigenia del Racine, e i Due Avari del Falbaire; Ristel la Merope
del
Voltaire; Folberg la Zaira; Murberg l’Atalia; e f
tessa Holmstedt il Mercante di Smirne; e la sig. Malmstedt il Lucilio
del
Marmontel, e Zemira e Azor. In Polonia oltre all
a di attori polacchi. a. Vedi il Giornale straniero dell’ab. Arnaud
del
1761. a. Se ne vegga la Gazzetta Letteraria dell
1761. a. Se ne vegga la Gazzetta Letteraria dell’Europa nell’aprile
del
1764. b. Giornale Enciclopedico nel luglio del
l’Europa nell’aprile del 1764. b. Giornale Enciclopedico nel luglio
del
1783.
esti tempi la commedia si considera da alcuni Cinesi come antico rito
del
patrio culto. In Bantàm che è la capitale dell’is
in si rappresentano ne’ templi azioni teatrali, che formano una parte
del
culto di que’ popoli verso i loro idolia. Verun t
composte quasi interamente di donne schiave di un Archimimo, a conto
del
quale rappresentano. Donne tali schiave, abjette
, come fece l’imperadore Kingn che regnò quaranta anni in circa prima
del
l’era Cristianab. Ma se la prostituzione, la diss
dissolutezza de’ costumi, e la schiavitù rendono infami i commedianti
del
l’Oriente, non si lascia di ammirare la loro abil
sono in pregio gli attori eccellenti, e sopra tutti si encomiano quei
del
Tunkinoa. Vedesi ancora comunemente in alcune cor
que la cagione, essi in tal modo avvivano la finzione co’ veri colori
del
costume, che ne risulta la tanto desiderata incan
he porta in quella scena. Ecco come si dà a conoscere il protagonista
del
dramma intitolato Tchao-Chi-Cu-Ell, o sia l’Orfan
stata inventata da Hoang-ty, e coltivata dallo stesso Fo-hi inventore
del
Kin dolcissimo stromento di trentasei corde, o, s
secondo gli storici della nazione regnava intorno a 22771 anni prima
del
l’era Cristiana, col suono del Kin si accingeva a
one regnava intorno a 22771 anni prima del l’era Cristiana, col suono
del
Kin si accingeva a trattar gli affari del l’imper
l’era Cristiana, col suono del Kin si accingeva a trattar gli affari
del
l’impero. E perchè ogni dinastia ebbe una musica
ella venuta di ambasciadori stranieri. Nel primo e nell’ultimo giorno
del
l’anno, quando l’imperadore presedeva al l’ammini
si colla musica più solenne la celebre cerimonia o festa di primavera
del
lavoro della terra fatto pubblicamente dal l’impe
el l’interiore della reggia, e di bel nuovo assiso che sia nella sala
del
trono. Oltre a ciò vengono dalla musica accompagn
la musica da 24 donne sotto la direzione de’ maestri della campana e
del
tamburo, ma ne furono dopo alcuni anni escluse, e
oveva essa entrare negli spettacoli teatrali? Non solo ha fatto parte
del
dramma cinese, ma essendo negli ultimi tempi cadu
a musica europea fatta in que’ paesi dal l’imperadore Kamhi per mezzo
del
portoghese Pereira e del p. Pedrini, siasi per qu
que’ paesi dal l’imperadore Kamhi per mezzo del portoghese Pereira e
del
p. Pedrini, siasi per qualunque altra cagione) in
ola scena fu da’ nobili tollerata. Ma in qual modo vi ha luogo? Parte
del
dramma si recita semplicemente, e parte si canta,
apparente per insegnar loro a ben condursi nel veroa L’ultima opera
del
riputato Guglielmo Robertson sulla Conoscenza che
riputato Guglielmo Robertson sulla Conoscenza che gli antichi ebbero
del
l’India, ci presenta nel l’Appendice la notizia d
tizia di un altro dramma orientale scritto intoruo a cento anni prima
del
l’era Cristiana. S’intitola Sacontala, tradotto d
azella e da un caprio. V’intervengono la Pastorella, un Coro di ninfe
del
bosco, Cano e Sacontala. Le Pastorelle indrizzano
sco, Cano e Sacontala. Le Pastorelle indrizzano la porola alle piante
del
boschetto, mostrano l’assezione ed il rispetto ch
azzo dello sposo, e si congeda da Cano. Giova trascrivere uno sqarcio
del
loro dialogo. «Sac. Permettete, o Padre, che io
io adottivo, il cavriuolo, che feritosi nella bocca colle acute punte
del
cusa, venne da te curato stropicciandovi l’olio s
te punte del cusa, venne da te curato stropicciandovi l’olio salutare
del
l’incudi; non vuole abbandonare la sua liberatric
alla mia partenza? Io ti allevai allorchè perdesti la madre poco dopo
del
tuo nascere, il caro padre che mi ha rilevata, pr
vivacità continua rinsorzando per gradi la voce e stringendo il tempo
del
suono in maniera che egli palesa il proprio entus
i trasporti. a. Di ciò vedasi la Storia naturale, civile e politica
del
Tunkin pubblicata in Parigi nel 1778 dal l’ab. Ri
nel tomo 34 an. 1779, onorando di un vantaggioso articolo l’edizione
del
1777 di questa Storia de’ Teatri. b. Du-Halde V
oria de’ Teatri. b. Du-Halde Vol. 3. a. Vedasi il Viaggio di Saris
del
1613 nella Storia generale de’ Viaggi. b. Marti
b. Martinius Histor. Sinens. lib. 10. a. Tavernier nella Relazione
del
Tunkin cap. 8 e 9. b. Diario di Cook. a. Intor
a. Intorno alle riferite particolarità vedasi nel Giornale Straniero
del
l’ab. Arnaud al mese di luglio 1761 l’estratto di
no al l’Antica Musica Cinese composta da Ly-Koang-ty dottore e membro
del
primo tribunale di lettere del l’imperio. b. Ved
mposta da Ly-Koang-ty dottore e membro del primo tribunale di lettere
del
l’imperio. b. Vedi il primo libro della Storia d
ttere del l’imperio. b. Vedi il primo libro della Storia della China
del
Martini. a. L’erudito cavalier Catanti cognato d
toria della China del Martini. a. L’erudito cavalier Catanti cognato
del
marchese Bernardo Tanucci possedeva tre commedie
pubblicarsi. La curiosità avrebbe trovato in esse materie d’istruirsi
del
l’indole del dramma cinese. Ma invano mi adoperai
La curiosità avrebbe trovato in esse materie d’istruirsi del l’indole
del
dramma cinese. Ma invano mi adoperai presso i pre
r notizia che il Ludolfo ha fatto un lessico Etiopico, l’Antequil uno
del
linguaggio Zend, Haex del Malaico, Clodio dell’Eb
a fatto un lessico Etiopico, l’Antequil uno del linguaggio Zend, Haex
del
Malaico, Clodio dell’Ebraico, Grorgi un alfabeto
egl stabilimenti degli Europei nelle due Indie, tomo I lib. 4, cap 68
del
l’edizione Ginevrina in 4.
che non si pregia, e che sdegnano di coltivare i buoni talenti. Dopo
del
loro Vondel, e del Van-del-Does appena si lodano
e che sdegnano di coltivare i buoni talenti. Dopo del loro Vondel, e
del
Van-del-Does appena si lodano come le migliori fa
o Vondel, e del Van-del-Does appena si lodano come le migliori favole
del
paese due tragedie di Rotgans, ed un’ altra della
s, ed un’ altra della sig. Van-Winter nata Van-Merken autrice vivente
del
bene applaudito poema in sedici canti intitolato
mente la Danimarca ha cominciato a coltivar la drammatica per le cure
del
re Federico V benemerito della letteratura e del
ammatica per le cure del re Federico V benemerito della letteratura e
del
teatro. Non solo egli invitò ne’ suoi dominj Schl
ta in Copenaghen e morta nel 1757, la quale era stata celebre attrice
del
teatro nazionale e poi nel 1753 divenne moglie di
rice del teatro nazionale e poi nel 1753 divenne moglie di un tenente
del
re che nel 1731 era stato capitano della compagni
itano della compagnia dell’Indie. Oltre della traduzione ch’ella fece
del
Filosofo Inglese e del Don Quixote, e di varie su
ell’Indie. Oltre della traduzione ch’ella fece del Filosofo Inglese e
del
Don Quixote, e di varie sue poesie, ella compose
ore agli altri dell’Alemagna. La regina Cristina si valse della penna
del
Messenio per far comporre favole suedesi comiche
ese per la tragedia di Brunhilde soggetto ricavato dall’antica storia
del
settentrione73. Il presente re per animar la nazi
intitolato il Sole risplende per tutto tradusse l’Orfano della China
del
Voltaire; Manderstroom, oltre a un’ opera frances
opera francese intitolata Silvia, ha tradotto in Isvedese l’Ifigenia
del
Racine e i Due Avari del Falbaire; Ristel la Mero
a Silvia, ha tradotto in Isvedese l’Ifigenia del Racine e i Due Avari
del
Falbaire; Ristel la Merope del Voltaire; Folberg
se l’Ifigenia del Racine e i Due Avari del Falbaire; Ristel la Merope
del
Voltaire; Folberg la Zaira; Murberg l’Atalia; e f
Mercante di Smirne, e la sig. Malmstedt Zemira e Azor, ed il Lucilio
del
Marmontel. In Polonia, oltre alle rappresentazion
la di attori Polacchi. 72. V. il Giornale straniero dell’ab. Arnaud
del
1761. 73. Se ne vegga la Gazzetta letteraria del
1761. 73. Se ne vegga la Gazzetta letteraria dell’Europa nell’aprile
del
1764. 74. Giornale enciclopedico luglio 1783.
dovi per tutto il secolo varie farse della Passione e diversi misteri
del
vecchio e del nuovo testamento. Uno di questi dra
il secolo varie farse della Passione e diversi misteri del vecchio e
del
nuovo testamento. Uno di questi drammi della Pass
estamento. Uno di questi drammi della Passione scritto circa la mettà
del
secolo si crede composizione di Giovanni Michele
in concetto di santo. Conteneva la vita di Cristo dalla predicazione
del
Precursore sino alla Risurrezzione, e consisteva
a che avea baciato il divino Maestro, si figurava che scappasse fuori
del
ventre insieme colle interiora. Gesù-Cristo sulle
curiose, e se ne cantavano gli squarci più rilevanti, come le parole
del
Padre Eterno. Sotto la denominazione di Misteri v
Giobbe. S’impresse in Grenoble la Vita di S. Cristofano composizione
del
maestro Chevalet, il quale conseguì il titolo di
di sovrano maestro in siffatti drammi. Narrasi in essa la conversione
del
gigante Reprobo chiamato poi Cristofano, il quale
battesimo. Termina il dramma col di lui martirio, e colla conversione
del
re di Licia, il quale per miracolo è ferito in un
di lui, e per miracolo ancora ricupera la vista giusta la predizione
del
martire gigante. Il mistero del Re che ha da veni
icupera la vista giusta la predizione del martire gigante. Il mistero
del
Re che ha da venire, l’Incarnazione e la Nascita,
rappresentavano farse satiriche e insolenti. Tali spettacoli francesi
del
XV secolo erano scuole di superstizione, indecen
si farse sulle vite de’ santi così piene di scurrilità che sulla fine
del
secolo ne furono escluse per un canone del Concil
scurrilità che sulla fine del secolo ne furono escluse per un canone
del
Concilio Toledano tenuto nel 1473. Per dar giusta
el 1473. Per dar giusta ed istorica idea dello stato della drammatica
del
XV secolo in Ispagna, ho voluto rileggere con som
ormi sotto gli occhi il prologo di Miguèl Cervantes, la dissertazione
del
bibliotecario don Blàs de’ Nasarre, i discorsi de
, la dissertazione del bibliotecario don Blàs de’ Nasarre, i discorsi
del
Montiano, e del mio amico Don Nicolàs de Moratin,
ne del bibliotecario don Blàs de’ Nasarre, i discorsi del Montiano, e
del
mio amico Don Nicolàs de Moratin, il tomo VI del
orsi del Montiano, e del mio amico Don Nicolàs de Moratin, il tomo VI
del
Parnaso Espanol del Sedano: non ho voluto trascur
del mio amico Don Nicolàs de Moratin, il tomo VI del Parnaso Espanol
del
Sedano: non ho voluto trascurar di rivedere nè gl
Vincenzo Garcia de la Huerta, nè i rapidi quadri di ogni letteratura
del
gesuita sig. Andres. Dopo questa nuova cura nulla
di Santa Maria citato anche dal Nasarre, si rappresentò alla presenza
del
sovrano in Saragoza. Fu il secondo una festa fatt
dell’Encina ne fece diversi componimenti drammatici sacri e profani
del
XV secolo , convertendo al solito la storia in ro
secolo per altra manoa. Lo spirito di apologia nemico della verità e
del
merito straniero imbratta in più di un luogo vari
chi. I più antichi che siensi conservati, si scrissero verso la mettà
del
secolo da Giovanni Rosenblut in Norimberga. Se ne
oldano viene a Norimberga per pacificare i Cristiani, a cui un legato
del
Pontefice partecipa di aver commissione di carica
ritate. Oltre a questi giuochi cominciarono gli Alemani verso la fine
del
secolo a volgere gli sguardi alcun poco agli anti
lm una traduzione dell’Eunuco, e nel 1499 quella di tutte le commedie
del
comico Latino. Nelle Fiandre troviamo a stento qu
le è la storia teatrale dal risorgimento delle lettere sino alla fine
del
secolo XV. Chiaramente da essa si ravvisa che den
uendo la forma degli antichi coll’Ezzelino e coll’Achilleide tragedie
del
Mussato, e colle commedie della Filologia del Pet
oll’Achilleide tragedie del Mussato, e colle commedie della Filologia
del
Petrarca e del Paolo del Vergerio: che nel XV, il
tragedie del Mussato, e colle commedie della Filologia del Petrarca e
del
Paolo del Vergerio: che nel XV, il secolo dell’er
el Mussato, e colle commedie della Filologia del Petrarca e del Paolo
del
Vergerio: che nel XV, il secolo dell’erudizione,
moderne storie i più terribili fatti nazionali, e dipinsero la morte
del
Piccinino, le avventure del signor di Verona, la
ili fatti nazionali, e dipinsero la morte del Piccinino, le avventure
del
signor di Verona, la tirannide di Ezzelino, la fe
e avventure del signor di Verona, la tirannide di Ezzelino, la ferita
del
re Alfonso, la presa di Granata, l’espugnazione d
l’Europa? Dovea egli perciò meritare di esser lo scopo delle villanie
del
superficialissimo pedante Vicente Garcia de la Hu
eso patriotismo si lusingano di potersi accreditare per amici zelanti
del
proprio paese mostrandosi nemici del vero. Ma di
si accreditare per amici zelanti del proprio paese mostrandosi nemici
del
vero. Ma di grazia che cosa guadagnano i declamat
II degli Elemensì della Storia di Francia. a. Vedi la dissertazione
del
Nasarre. b. Dell’Encina si ha solamente impress
ovi per tutto il secolo varie farse della Passione, e diversi misteri
del
vecchio e del nuovo testamento. Uno di questi dra
il secolo varie farse della Passione, e diversi misteri del vecchio e
del
nuovo testamento. Uno di questi drammi della Pass
testamento. Uno di questi drammi della Passione scritto circa la metà
del
secolo si crede composizione di Giovanni Michele
in concetto di santo. Conteneva la vita di Cristo dalla predicazione
del
Precursore sino alla Resurrezione, e consisteva i
a che avea baciato il divino Maestro, si figurava che scappasse fuori
del
ventre insieme colle interiora: Gesù Cristo sulle
curiose, e se ne cantavano gli squarci più rilevanti, come le parole
del
Padre Eterno. Sotto la denominazione di Misteri v
a Vita di S. Cristofano impressa in Grenoble nel 1530 fu composizione
del
maestro Chevalet, il quale conseguì il titolo di
di sovrano maestro in siffatti drammi. Narrasi in essa la conversione
del
gigante Reprobo chiamato poi Cristofano, il quale
battesimo. Termina il dramma col di lui martirio, e colla conversione
del
re di Licia, il quale per un miracolo è ferito in
i lui, e per un altro miracolo ricupera la vista giusta la predizione
del
martire gigante. Il mistero del Re che ha da veni
icupera la vista giusta la predizione del martire gigante. Il mistero
del
Re che ha da venire, l’Incoronazione e la Nascita
le farse sulle vite de’ santi così piene di scurrilità che sulla fine
del
secolo ne furono escluse per un canone del Concil
scurrilità che sulla fine del secolo ne furono escluse per un canone
del
Concilio Toledano tenuto nel 1473. Per dar giusta
el 1473. Per dar giusta ed istorica idea dello stato della drammatica
del
XV secolo in Ispagna, ho voluto rileggere con som
uovo sotto gli occhi il prologo di Miguèl Cervantes, la dissertazione
del
bibliotecario Nasarre, i discorsi del Montiano, e
uèl Cervantes, la dissertazione del bibliotecario Nasarre, i discorsi
del
Montiano, e del mio amico Moratin, il tomo VI del
a dissertazione del bibliotecario Nasarre, i discorsi del Montiano, e
del
mio amico Moratin, il tomo VI del Parnaso Español
Nasarre, i discorsi del Montiano, e del mio amico Moratin, il tomo VI
del
Parnaso Español del Sedano: non ho voluto trascur
del Montiano, e del mio amico Moratin, il tomo VI del Parnaso Español
del
Sedano: non ho voluto trascurar di rivedere nè gl
uto trascurar di rivedere nè gl’ infedeli sofistici saggi apologetici
del
Lampillas, nè le maligne rodomontate e cannonate
palla di Garcia de la Huerta, nè i rapidi quadri d’ ogni letteratura
del
Signor Andres. Dopo questa nuova cura nulla ho tr
Garcia di Santa Maria citato anche dal Nasarre, si rappresentò avanti
del
sovrano in Saragozza. Fu il secondo una festa fat
ale dell’Encina ne fa diversi componimenti drammatici sacri e profani
del
XV secolo, convertendo al suo solito la storia in
te secolo per altra mano. Lo spirito d’apologia nemico della verità e
del
merito straniero imbratta molte belle opere in pi
hi. I più antichi che si sieno conservati, si scrissero verso la metà
del
secolo da Giovanni Rosenblut in Norimberga. Se ne
oldano viene a Norimberga per pacificare i Cristiani, a cui un Legato
del
pontefice partecipa di aver commissione di carica
itate. Oltre a questi giuochi cominciarono gli Alemanni verso la fine
del
secolo a volgere gli sguardi alcun poco agli anti
lm una traduzione dell’Eunuco, e nel 1499 quella di tutte le commedie
del
comico latino. Nelle Fiandre troviamo a stento qu
le è la storia teatrale dal risorgimento delle lettere sino alla fine
del
XV secolo. Chiaramente da essa si ravvisa che den
ndo la forma degli antichi coll’ Ezzelino e coll’ Achilleide tragedie
del
Mussato, e colle comedie della Filologia del Petr
oll’ Achilleide tragedie del Mussato, e colle comedie della Filologia
del
Petrarca e del Paolo del Vergerio: che nel XV che
tragedie del Mussato, e colle comedie della Filologia del Petrarca e
del
Paolo del Vergerio: che nel XV che fu il secolo d
del Mussato, e colle comedie della Filologia del Petrarca e del Paolo
del
Vergerio: che nel XV che fu il secolo dell’ erudi
storie trassero i più terribili fatti nazionali, e dipinsero la morte
del
Piccinino, le avventure del Signor di Verona, la
ili fatti nazionali, e dipinsero la morte del Piccinino, le avventure
del
Signor di Verona, la tirannide di Ezzelino, la fe
e avventure del Signor di Verona, la tirannide di Ezzelino, la ferita
del
re Alfonso, la presa di Granata, l’espugnazione d
l’Europa? Dovea egli perciò meritare di esser lo scopo delle villanie
del
superficialissimo Vicente Garcia de la Huerta sem
eso patriotismo si lusingano di potersi accreditare per amici zelanti
del
proprio paese mostrandosi nemici del vero. Ma di
si accreditare per amici zelanti del proprio paese mostrandosi nemici
del
vero. Ma di grazia che cosa guadagnano i declamat
ù teologali e dalle quattro virtù cardinali. 71. V. la dissertazione
del
Nasarre. 72. Dell’Encina si ha solamente impres
nè esempio nè seguaci, ch’io sappia, il capriccio di quell’ Italiano
del
secolo scorso mentovato nella Drammaturgia, che c
dusse una favola intera di tre atti. Io non ho veduto che uno scherzo
del
Grazioso Gabriele Cinita in Madrid, il quale solo
abbiam veduto ch’ebbe seguaci. In Italia calca gloriosamente le orme
del
gran Ginevrino il conte Alessandro Pepoli nella s
li e nacque sobria, ogni poeta essendo persuaso sin dall’ incominciar
del
secolo di non aver dalla musica ricevuta la facol
on aver dalla musica ricevuta la facoltà di allontanarsi dalle regole
del
verisimile. Furono dunque commedie vere le opere
e le opere buffe di Francesco Antonio Tullio, le Fenziune abbentorate
del
1710, il Gemino Amore del 1718, le Fente Zingare,
sco Antonio Tullio, le Fenziune abbentorate del 1710, il Gemino Amore
del
1718, le Fente Zingare, lo Viecchio Avaro &c.
di Sebastiano Biancardi detto Lalli in Venezia, cantata colla musica
del
Ruggieri nel 1711, e fu la prima vera commedia in
e ben graziose le opere di Bernardo Saddumene morto qualche anno dopo
del
1732, lo Simmele, la Carlotta, li Marite a forza,
forza, la Noce de Beneviento, e singolarmente l’ eccellente dipintura
del
Paglietta geluso. Andrea Belmuro autore de’ due i
il Viola. Ma chi pareggiò in Italia la grazia delle commedie musicali
del
nostro Gennaro Antonio Federico inimitabile pel c
’nammorato nel 1732 colla musica squisitissima in tutte le sue parti
del
Raffaele della musica Giambatista Pergolese68: Da
della musica Giambatista Pergolese68: Da un disordine nasce un ordine
del
1737 colla musica di Vincenzo Ciampi: la Lionora
nasce un ordine del 1737 colla musica di Vincenzo Ciampi: la Lionora
del
1742 colla musica del Ciampi nelle parti serie, e
737 colla musica di Vincenzo Ciampi: la Lionora del 1742 colla musica
del
Ciampi nelle parti serie, e del celebre Niccolò L
mpi: la Lionora del 1742 colla musica del Ciampi nelle parti serie, e
del
celebre Niccolò Logroscino nelle buffe &c. Co
olezza, facile ne’ partiti e ne’ motteggi, testimone dell’alterazione
del
gusto avvenuta per le recenti mostruosità, scegli
o con tragiche situazioni. Nell’opere Tra due litiganti il terzo gode
del
1766, in cui pose in opera il sacco di Bertoldo e
Bertoldo e di Scapino, nella Luna abitata più artifiziosa e teatrale
del
Mondo della Luna del Goldoni, nell’Idolo Cinese,
o, nella Luna abitata più artifiziosa e teatrale del Mondo della Luna
del
Goldoni, nell’Idolo Cinese, in cui un buffone Nap
un buffone Napoletano è creduto un idolo nel la China, nella Corsala
del
1771, il sig. Lorenzi pende alla farsa, per altro
per altro all’opera buffa non disdicevole. Nella Gelosia per gelosia
del
1770, nelle Trame zingaresche del 1772, nel Tambu
dicevole. Nella Gelosia per gelosia del 1770, nelle Trame zingaresche
del
1772, nel Tamburo del 1773, nel Duello, nella Fug
a per gelosia del 1770, nelle Trame zingaresche del 1772, nel Tamburo
del
1773, nel Duello, nella Fuga, ne’ Tre Eugenj, nel
per la scena comica. Ma che mai può increscere nella bellissima farsa
del
Socrate Immaginario, che vivamente e con la più r
cicuta per rassomigliare in tutto l’antico Socrate? Le note preziose
del
sig. Paisello (che ha poste in musica egregiament
llo (che ha poste in musica egregiamente la maggior parte delle opere
del
Lorenzi) sono in tutte le parti nel Socrate inarr
sempre donne, e qualche altra dell’ab. Chiari, e le Pazzie d’Orlando
del
Badini cantata in Londra ove egli da più anni è m
el Badini cantata in Londra ove egli da più anni è morto. La riuscita
del
Trofonio, e del Re Teodoro poste in musica dal Pa
a in Londra ove egli da più anni è morto. La riuscita del Trofonio, e
del
Re Teodoro poste in musica dal Paisello, in Vienn
vi, nel Polifemo di Paolo Rolli, nel Farnace e nel Farasmane ed altre
del
Biancardi o Lalli Napoletano, e specialmente nell
to Sempronio Gracco, ne’ Decemviri, nel Turno Aricino ed altri drammi
del
Romano Silvio Stampiglia poeta Cesareo dell’imper
e sono tutte di lieto fine, ed alcuna di esse risale agli ultimi anni
del
passato secolo, come la Partenope dramma cantato
e tante volte. Sono adunque alcuni de’ suoi drammi anteriori a quelli
del
Zeno. Non bene dunque il dotto sig. ab. Eximeno a
precisione, quell’armonia, quella scelta che costituiscono il merito
del
gran poeta che gli succedette. Notabili singolarm
an poeta che gli succedette. Notabili singolarmente sono i melodrammi
del
Zeno per la varietà de’ caratteri e degli argomen
de’ Dottori della Chiesa, stimando, che quanto meno fossevi frapposto
del
mio, tanto più di compunzione e di diletto avesse
rni della virilità dell’opera eroica, ai giorni rischiarati dal corso
del
più bell’ astro della poesia drammatica musicale.
na sino all’anno 1782, in cui mancò con lutto universale della virtù,
del
sapere e della poesia. Che diremo noi di sì raro
convenevolmente encomiarlo, le Grazie amiche di Anacreonte che mercè
del
Metastasio ridenti passeggiarono le musiche scene
acendo nelle passioni che maneggia riconoscere a ciascuno i movimenti
del
proprio cuore? A quanti anzi egli non sovrasta pe
roprio cuore? A quanti anzi egli non sovrasta per la particolar magia
del
suo pennello che anima quanto tocca, e l’ ingenti
l suo pennello che anima quanto tocca, e l’ ingentilisce colla grazia
del
Correggio e coll’ espressione di Raffaello? Chi n
ro allorchè (nel tempo stesso che si presta al duro impero dell’uso e
del
canto introducendo amori subalterni come pur fece
es non è dipinto al vivo nell’Achille in Sciro? l’ energia e l’impeto
del
vincitor di Troja non si vede quasi nascente nell
più d’una volta felicemente eseguita; ma chi può soffrire il paragone
del
colorito inimitabile di Mandane nel Ciro riconosc
gli altrui pensieri quella naturalezza che si ammira nelle imitazioni
del
Metastasio? Tito si vale delle parole del Gran Te
si ammira nelle imitazioni del Metastasio? Tito si vale delle parole
del
Gran Teodosio quando abolì la legge che dichiarav
hiarava rei di morte quelli che profferivano parole ingiuriose contro
del
Principe72. V’è, gli dice Publio, chi lacera anch
malizia, io gli perdono. È prosa, dice l’invidia sotto la maschera
del
gusto; ma che bella prosa che fa obbliare tanti e
, presto si crede. Dal Petrarca, dallo Zeno, e da’ Francesi trasse
del
mele; ma chi nol fa? chi nol fece? Importa saperl
nvertire in proprio sangue e sostanza, ed è questo uno de’ rari pregi
del
Metastasio. Si è da’ critici detto ancora che la
l’Ines de Castro. E perchè non può metter capo nella bella Semiramide
del
Manfredi, in cui le occulte nozze di Nino e Dirce
e e Dircea? Non conosceva poi il Badini altra Inès anteriore a quella
del
suo ingegnosissimo La Motte? Dall’Ambigu Comique
in iscorcio l’avventura di Didone. Quell’Ambigu fu dunque il modello
del
Metastasio? Il Badini non conobbe tragedie vere d
stasio? Il Badini non conobbe tragedie vere della regina di Cartagine
del
secolo XVI? Metastasio non sapeva leggere la divi
? forse dal Regolo dell’insipido Pradon tanto screditato nelle Satire
del
Boileau e nell’epigramma di Racine? Ma sapeva egl
eta Cesareo la sua Clemenza di Tito. Chi può ignorare il capo d’opera
del
teatro di Cornelio? La Clemenza di Tito nulla per
piutamente al loro intento; ma se quest’ ultimo avesse seguite l’orme
del
primo nella condotta della favola, avrebbe fatta
’ imperadore in tempo che la virtuosa Servilia ha scoperto il segreto
del
nastro, e che il suo amante all’apparenza risulti
rizioni: e la clemenza è la caratteristica della vita di Tito delizia
del
genere umano; caratteri che esigono un colorito d
imorsi dell’atto III non provengono dalla conoscenza dell’ingiustizia
del
suo attentato, ma da’ benefizj ricevuti da August
’immagine d’un gran tradimento senza discolpa, dalla virtù cui non ha
del
tutto rinunziato, dalla debolezza per Vitellia ch
nto della congiura? Due incontri originali inimitabili. Nella scena 4
del
II Tito sa che si congiura contro la sua vita, ma
che senza velo Hai veduto il mio cor: che fosti sempre L’oggetto
del
mio amor, dimmi se questa Aspettarmi io dovea c
i non invidierà all’Italia questa scena impareggiabile? Nella scena 6
del
III non si conosce meno il maestro. Tito più non
spetto dell’altro; e lo spettatore vi ammira un quadro patetico degno
del
Raffaello della scena tragica: Ses. (Numi! è que
rabile combattimento di Tito nel soscrivere la sentenza nella scena 7
del
III, che meritò l’ammirazione di Voltaire. Deggio
Tito alfine Era l’offeso, e che le proprie offese, Senza ingiuria
del
giusto Ben poteva obliar . . . Ma dunque faccio
o ne’ suoi drammi notarsi alcuni difetti, ne’ quali incorse a cagione
del
sistema che trovò introdotto, del genere stesso,
ifetti, ne’ quali incorse a cagione del sistema che trovò introdotto,
del
genere stesso, degli esempj passati, e soprattutt
alico Parnaso. Non per tanto intorno a lui non si ascoltino gli elogj
del
Piccini il giovane, del sig. Torcia, del sig. Cor
anto intorno a lui non si ascoltino gli elogj del Piccini il giovane,
del
sig. Torcia, del sig. Cordara ec., nè il Vespasia
i non si ascoltino gli elogj del Piccini il giovane, del sig. Torcia,
del
sig. Cordara ec., nè il Vespasiano, nè il consigl
quantunque il Metastasio non sia stato posto nella lista degli autori
del
conciossiacchè, egli sarà non per tanto l’origina
ma che non ha Che un sol desio. Voltaire parlando della scena 6
del
III della Clemenza di Tito e del costui monologo
. Voltaire parlando della scena 6 del III della Clemenza di Tito e
del
costui monologo soprallodato diceva: “Queste due
n è debole”. Un altro prezioso testimone ammirisi in un sol frammento
del
lunghissimo e squisitissimo elogio che gl’ intess
in queste parti drammatiche far fronte a tutto il più bello e grande
del
teatro francese &c. Dopo ciò, studiosi giova
i, che amate la poesia scenica e Metastasio, non vi potrete consolare
del
molesto ronzio di qualche povero mendicante, che,
uore, e coll’ Algarotti a piena man spargete Sopra lui fiori, e
del
vivace alloro Onorate l’altissimo poeta. Seg
io ed altri melodrammi, a’ quali mancò buona parte della delicatezza,
del
patetico, della grandezza, del calore Metastasian
i mancò buona parte della delicatezza, del patetico, della grandezza,
del
calore Metastasiano. I loro disegni non furono sì
o quasi tali le invenzioni; i loro colpi di scena spariscono a fronte
del
vigoroso colorito di Apostolo Zeno, ed i loro qua
vigoroso colorito di Apostolo Zeno, ed i loro quadri accanto a quelli
del
Metastasio. Decaddero ancora per lo stile, anche
l Coltellini ed al Cigna, la Disfatta di Dario, e l’Incendio di Troja
del
duca Morvillo, e l’Armida abbandonata dell’avvoca
zioni e per la musica de’ primi due di Pasquale Cafaro, e dell’ultimo
del
maraviglioso Jommelli, la quale si tiene meritame
e nell’esprimersi con nobiltà e naturalezza, frutti saporosi e grati
del
tempo e di un ostinato travaglio. Don Luigi Serio
ci ben conosciuti talenti all’opera Metastasiana con fondata speranza
del
pubblico, e la scelta de’ suoi argomenti accredit
l di lui gusto. La sua Ifigenia in Aulide collo scioglimente naturale
del
Racine fu rappresentata in quell’anno colla music
mente naturale del Racine fu rappresentata in quell’anno colla musica
del
Valenziano Vincenzo Martin, il quale abbisognava
elli, de’ Piccini, de’ Mai e de’ Paiselli. Il suo Oreste colla musica
del
Napoletano Domenico Cimarosa comparve nel medesim
Napoletano Domenico Cimarosa comparve nel medesimo teatro nell’agosto
del
1783. La sua versificazione è musicale; facile l’
è mancato qualche altro melodramma istorico in Italia, come il Pirro
del
sig. Gamerra, il Creso del sig. Pagliuca, ed i Ti
lodramma istorico in Italia, come il Pirro del sig. Gamerra, il Creso
del
sig. Pagliuca, ed i Tirreni melodramma inedito tu
ma, si penso a cangiar sentiero. Ed ecco sorgere l’Alceste, e l’Orfeo
del
sig. Calsabigi animati dalle note immortali di Gl
aggi allegorici di Quinault il vivo interesse dell’inimi abile Armida
del
gran Torquato ed una felice imitazione del seduce
se dell’inimi abile Armida del gran Torquato ed una felice imitazione
del
seducente stile Metastasiano. Marco Coltellini ri
aturale di essa de’ demonj e delle furie danzanti e della descrizione
del
Tartaro nelle sue Danaidi che fe porre in musica
elici invenzioni di balli applauditi, e pel trattato teorico-pratico
del
ballo in due volumi con trenta rami dato alla lu
el 1779. Il più riscaldato, il più burbero, il più preoccupato nemico
del
nome Italiano, non contrasterà all’Italia il prim
e, degli Haydn, Huber, Cramer, Schmit ecc.: che debbono andar fastosi
del
loro Hass (pregevole allievo de’ conservatorj di
astosi del loro Hass (pregevole allievo de’ conservatorj di Napoli) e
del
prodigioso Gluck e dell’armonioso Back ecc. Ma gl
de’ loro moderni maestri musici ha sormontate le Alpi fuorchè quello
del
difficile Rameau (Nota V)? Ma eccetto che il solo
nte storico della musica e maestro Martini, il Buranelli introduttore
del
gusto della musica italiana in Alemagna, il Manci
confessare a’ posteri imparziali (secondochè affermò l’Inglese autore
del
Parallelo della condizione e delle facoltà degli
armente è per la mia patria il testimone per ogni riguardo autorevole
del
gran Cittadino di Ginevra79: “Giovane artista, vu
nè delirio nè trasporto, se in ciò che dee rapirti, tu non trovi che
del
bello, osi tu domandare che cosa è Genio? Uomo vo
tera da lui scritta all’autore inserita nel Giorn. Encicl. di Vicenza
del
marzo 1789. 68. Non debbo lasciar di avvertire c
li stesso provato il difficil tragico nello stile de’ drammi ne’ cori
del
Gionata ed in una Cantata: che l’armonico Frugoni
culto e sensibile si commovesse più spesso ai drammi sì bene scritti
del
valoroso Zeno, e non già soltanto allora ch’egli
i millantatori e paladini? Regolo anzi punto non discorda dall’avviso
del
Bettinelli, e con sobrj detti ma gravi, giusti e
e. Per convincersene legga il giovane studioso subito dopo la critica
del
Bettinelli almeno una scena del Regolo; legga il
ovane studioso subito dopo la critica del Bettinelli almeno una scena
del
Regolo; legga il suo arrivo in Senato (sc. 7 del
lli almeno una scena del Regolo; legga il suo arrivo in Senato (sc. 7
del
I); ogni parola smentirà l’ingiusta censura. 72.
astasio di non seguire il Cornelio alla pesta, e di tessere la favola
del
suo Tito più rapida e più capace di compiere l’og
ragico Francese? Non ho io senza ambiguità dichiarato che all’oggetto
del
Cornelio più non faceva d’uopo di quanto vi si tr
unità di luogo, nell’esito tristo o lieto della favola, nel carattere
del
protagonista, nel numero degli atti, e nel verso.
cora questo debole Sesto soggiacque alla stessa proscrizione teatrale
del
sig. Andres? Io sfido chichessia a trovare in nat
re il tragico terrore e la compassione. Di qual tempera sarà il cuore
del
sig. Andres che pure ha sì vaga ed elegante la pe
ani, Antonio Oliva, Carlo Rinaldini, Niccolò Stenone, Paolo e Candido
del
Buono, Carlo Dati, Francesco Redi, Lorenzo Magalo
gli altri illustri membri dell’Accademia de’ Segreti, de’ Lincei 175,
del
Cimento 176, degl’Investiganti 177, degl’Inquieti
a letteratura. Nel cominciare participava il secolo più dello spirito
del
passato? e molti eruditi si fecero gloria di colt
ivar la drammatica. La Tomiri dell’Ingegnieri, il Giorgio, e l’Ulisse
del
Porta, l’Evandro e Arpalice, e la Pentesilea del
Giorgio, e l’Ulisse del Porta, l’Evandro e Arpalice, e la Pentesilea
del
Bracciolini, il Solimano del Bonarelli, l’Erminia
a, l’Evandro e Arpalice, e la Pentesilea del Bracciolini, il Solimano
del
Bonarelli, l’Erminia del Chiabrera, l’Ermenegildo
e la Pentesilea del Bracciolini, il Solimano del Bonarelli, l’Erminia
del
Chiabrera, l’Ermenegildo del Pallavicini, l’Arist
ni, il Solimano del Bonarelli, l’Erminia del Chiabrera, l’Ermenegildo
del
Pallavicini, l’Aristodemo del Dottori, furono tra
l’Erminia del Chiabrera, l’Ermenegildo del Pallavicini, l’Aristodemo
del
Dottori, furono tragedie giudiziose, pubblicate q
sempre con piacere quelle d’Ottavio d’Isa, degli accademici di Siena,
del
Malavolti, dell’Altani, la Schiava, l’Ortensio, e
e i Due Vecchi di don Filippo Gaetano duca di Sermoneta, e l’Idropica
del
Guarini, gli Scambi del Bulgarini, il Geloso non
ippo Gaetano duca di Sermoneta, e l’Idropica del Guarini, gli Scambi
del
Bulgarini, il Geloso non Geloso di Brignole Sale,
rini, il Geloso non Geloso di Brignole Sale, la Fiera commedia urbana
del
giovine Buonarroti, la quale può dirsi uno spetta
iorni nel 1618, e la Tancia, semplice; ma graziosa commedia rusticale
del
medesimo, e la Rosa di Giulio Cesare Cortese, fav
rionici. Claudio Monteverde, il quale avea posta in musica l’Arianna
del
Rinuccini, divenuto maestro di cappella di San Ma
ente ammirare ne’ teatri veneziani, fu quello intitolato la Divisione
del
Mondo, nel quale le decorazioni magnifiche e pomp
a delle voci, per l’armonia de’ concerti, e per le belle composizioni
del
Monteverde, del Soriano’, del Giovannelli, ed alt
r l’armonia de’ concerti, e per le belle composizioni del Monteverde,
del
Soriano’, del Giovannelli, ed altri chiari maestr
’ concerti, e per le belle composizioni del Monteverde, del Soriano’,
del
Giovannelli, ed altri chiari maestri di musica di
o a stento eccettuar da questi gran folla sommersa nell’obblio quelle
del
Moniglia, del Lemene, del Capece ed altre poche.
ettuar da questi gran folla sommersa nell’obblio quelle del Moniglia,
del
Lemene, del Capece ed altre poche. Merita però at
esti gran folla sommersa nell’obblio quelle del Moniglia, del Lemene,
del
Capece ed altre poche. Merita però attenzione par
Capece ed altre poche. Merita però attenzione particolare il Giasone
del
Cicognini (pubblicato nel 1649) «il quale, come o
he aveano cogli originali della natura e co i componimenti giudiziosi
del
secolo passato, le fecero presto andare in disuso
uce gli spettacoli pel buon sentiero, e cagionò la felice rivoluzione
del
secolo susseguente. 175. Avvegnaché la prima Ac
, pregio della scienze, e dell’arti liberali, onore d’Italia, non che
del
regno, pure fassene qui menzione, perché parecchi
a arricchì». Di quest’accademia, che durò per anni 27 fino alla morte
del
prelodato principe Cesi accaduta nei 1630, veggas
0, veggasi Jani Planci Lynceorum Notita, premessa alla nuova edizione
del
Fitobasano di Fabio Colonna, fatta in Firenze nel
lonna, fatta in Firenze nel 1744 presso il Viviani. 176. L’Accademia
del
Cimento, che diede norma e regole all’Accademia R
1714. 179. I principi dell’Accademia Senese de’ Fisiocritici, al dir
del
sopraccitato abate Amaduzzi, furono fondati da Pi
Rossanese formossi in Rossano di Calabria nell’anno 1695 per le cure
del
dotto abate Gimma. V. l’Italia Letterata del mede
ll’anno 1695 per le cure del dotto abate Gimma. V. l’Italia Letterata
del
medesimo. 181. Si dee osservare che i soprannomi
l’ignoranza con utili cognizioni, e a fare gran conquiste sulle terre
del
vero; e perciò possono chiamarsi a giusto titolo
ero; e perciò possono chiamarsi a giusto titolo «primi duci e maestri
del
moderno sapere». Se di ciò e di altro fossero inf
ice assai bene il dottissimo conte Lorenzo Magalotti «che il capitale
del
sapere sia stato appresso a poco sempre l’istesso
Bastona Marta. Figlia della precedente. Prima ancora
del
rimpasto della compagnia che doveva avvenire in q
ancora del rimpasto della compagnia che doveva avvenire in quaresima
del
’37, la Marta « eccellente attrice – scrive Goldo
tasi al Falcone di Genova colla Compagnia di S. Samuele, la primavera
del
1736, la Compagnia – scrive Goldoni – era salita
a salita in maggior credito per la novità della Bastona…. E il maggio
del
1743, morta la Baccherini a Genova, ella s’imposs
vio della Diana, e poi con Antonio Vitalba. Ella era assoluta Padrona
del
Teatro, e quando parlava, sapeva ben in qual modo
, il nome della Bastona appare la prima volta in Sassonia il 3 agosto
del
1748, onomastico del Re, all’ inaugurazione del n
na appare la prima volta in Sassonia il 3 agosto del 1748, onomastico
del
Re, all’ inaugurazione del nuovo teatro per la co
Sassonia il 3 agosto del 1748, onomastico del Re, all’ inaugurazione
del
nuovo teatro per la commedia, nelle vicinanze del
all’ inaugurazione del nuovo teatro per la commedia, nelle vicinanze
del
Palazzo Reale nel sobborgo, in Varsavia, dove Aug
Per la 2ª rappresentazione furon dati gratis i biglietti dall’ufficio
del
maresciallo di Corte, dietro domanda firmata e si
to e partitura) e rilegata in velluto rosso nella biblioteca musicale
del
Re di Sassonia. La rappresentazione ebbe luogo il
odia delle più salienti scene della Didone e Semiramide e altre opere
del
Metastasio. Benchè in questa non prendesse parte
detta opera la parte di Stricherhoc, come abbiam visto. Nel carnevale
del
1749 si diede « Amor non ha riguardi » di cui i p
stato eliminato il Limberger, il peggior di tutti, secondo i giudizi
del
tempo. Anche la Bastona troviamo prender parte al
tempo. Anche la Bastona troviamo prender parte alla rappresentazione
del
Zoroastro, sotto le spoglie di Amelia, l’erede pr
azione del Zoroastro, sotto le spoglie di Amelia, l’erede pretendente
del
trono di Battro. (V. D’Arbes Cesare). Nel 1750, o
ve a Stuttgart una specie di contributo alla Storia e alla prosperità
del
Teatro, in cui è uno schizzo critico sugli artist
a sull’altre in iscena. Il suo sguardo, le sue espressioni, il volger
del
capo, i gesti, l’incesso, tutto contribuisce a fa
o così favorevole non ebbe nè meno la Giovanna Casanova. Nello studio
del
Byrn non è alcun cenno che riguardi la pensione e
e e la morte della Bastona : solo vi si trova un cenno della pensione
del
marito, Gerolamo Focher, nel 1763 circa, quando,
o, cioè, la moglie, secondo il Bartoli, era già morta. Il 26 febbraio
del
1756, la rappresentazione della Vedova scaltra fu
CAPO II. Tragedie Italiane
del
XVI secolo. La prima tragedia scritta nel nost
agedia scritta nel nostro regolare idioma fu la Sofonisba di Galeotto
del
Carretto de’ marchesi di Savona nato in Casal Mon
; ed alcuni anni dopo si pubblicò in Venezia insieme con una commedia
del
medesimo Carretto intitolata Palazzo e Tempio d’A
a di esser chiamata tragedia; nè sò donde si ricavasse il compilatore
del
Parnasso Spagnuolo la rara scoperta che questa So
r la stessa ragione meritano poco di rammemorarsì alcuni componimenti
del
principio del secolo descritti dal Quadrio nel to
gione meritano poco di rammemorarsì alcuni componimenti del principio
del
secolo descritti dal Quadrio nel tomo I. E che gi
che l’istesso Quadrio chiama atto tragico, benchè nella Drammaturgia
del
l’Allacci si dica solacciosa commedia ? Essa fu
uore non indurito da’ pregiudizii verserà pietose lagrime al racconto
del
veleno preso dalla regina, ai di lui discorsi, al
ollate intorno a Sofonisba che trapassa, di Erminia che la sostiene e
del
figliuolo che bacia la madre, la quale inutilment
rvate le regole delle tre unità, debbono riconoscerla dalla Sofonisba
del
Trissino. Si vedrà in appresso quante altre produ
a idea delle bellezze teatrali , la storia contraddice all’asserzione
del
Linguet che brucia que’ grani d’incenso ad onore
onfessare un debito voglia negarne un altro? Giovanni Rucellai autore
del
vaghissimo poemetto delle Api, cugino germano del
nni Rucellai autore del vaghissimo poemetto delle Api, cugino germano
del
pontefice Leone X, nato in Firenze nel 1475 e mor
ne X, nato in Firenze nel 1475 e morto verso il 1526, corse poco dopo
del
Trissino il tragico aringo colla Rosmunda che fec
unda da i delitti di prostituzione e di assassinioa. Sulle tracce poi
del
l’Ifigenia in Tauri del medesimo tragico Greco co
stituzione e di assassinioa. Sulle tracce poi del l’Ifigenia in Tauri
del
medesimo tragico Greco compose il Rucellai un’ al
. Ma l’Oreste non si diede alla luce se non dopo due secoli per opera
del
marchese Maffei, che la fece imprimere nel 1723 s
e con verità. L’autore non perde veruna delle situazioni interessanti
del
grecò originale e tocca collo stile la nota subli
nti del grecò originale e tocca collo stile la nota sublime assai più
del
Trissino. Dall’altro canto mostra talvolta qualch
de nella terra de’ barbari. Ma per tali nei si priveranno i leggitori
del
piacere che recano tanti bei passi pieni di elega
no tanti bei passi pieni di eleganza e vaghezza sparsi nelle tragedie
del
Rucellai? Uno storico della letteratura universal
li nell’obblio, non vedendo nell’Oreste che languidezza ed imitazione
del
greco? Quanto a me esorto la gioventù ad osservar
sservare con qual felicità quest’illustre autore dipinga il prospetto
del
tempio e le teste, i busti ed il monte di ossa de
usti ed il monte di ossa degli uccisi che vi biancheggia; la bellezza
del
racconto che fa Ifigenia della propria sventura q
ventura quando fu in procinto di essere sacrificata in Aulide; quello
del
coro della pugna de’ due Greci co’ pastori; quell
artito! Chi lascio! a cui vo io? che porto? ahi lasso! Porto la morte
del
suo re; a cui? Al miser popol di Micene e d’Argo.
del suo re; a cui? Al miser popol di Micene e d’Argo. Porto la morte
del
mio Oreste; a cui? A Strofio; e quella del fratel
e e d’Argo. Porto la morte del mio Oreste; a cui? A Strofio; e quella
del
fratello; a cui? A le sorelle triste e sventurate
Cornelio e Racine? Dietro la scorta de’ Greci corifei e coll’esempio
del
Trissino e del Rucellai seguirono pure le insegne
ine? Dietro la scorta de’ Greci corifei e coll’esempio del Trissino e
del
Rucellai seguirono pure le insegne di Melpomene m
me già morto in una lettera di Claudio Tolomei scritta a’ 7 di aprile
del
1531a, compose una tragedia impressa indi colle a
altre sue opere in Firenze nel 1548, ed oggi registrata nel tomo III
del
Teatro Italiano antico, stampata in Livorno sotto
a dello stile non farà tollerare il carattere estremamente scellerato
del
protagonista. Tullia non solo calpesta le più sac
ga il poeta ad incoerenze, come è quella che L. Tarquinio gelosissimo
del
proprio secreto si scopra alla moglie alla presen
che sono seco. Pera. simili riflessioni a noi sembra questa tragedia
del
Martelli una delle nostre più difettose, benchè i
tre più difettose, benchè il Gravina l’abbia numerata tralle migliori
del
cinquencento. Seguirono i greci esemplari piuttos
. Per testimonio degl’intelligenti non cede in eleganza alle tragedie
del
Trissino e del Rucellai e le vince per gravità di
o degl’intelligenti non cede in eleganza alle tragedie del Trissino e
del
Rucellai e le vince per gravità di stile. Giraldi
lladio. Noi stimiamo col conte da Calepio assai più difettoso l’Edipo
del
l’Anguillara che de’ tre pur difettosi Edipi fran
che de’ tre pur difettosi Edipi francesi di Corneille, di Voltaire e
del
p. Folard; e col Nores troviamo riprensibile l’ep
on sontuosissimo apparato nel famoso Teatro Olimpico di Vicenza opera
del
prelodato Palladio; la quale per la morte di ques
dopo nato, il quale a quest’oggetto recossi in Vicenza nel carnovale
del
1585, e morì poscia in Venezia nella fine dell’an
te per lo stile talvolta troppo ricercato e più proprio di certi anni
del
seguente secolo che del cinquecentoa. Sperone Sp
troppo ricercato e più proprio di certi anni del seguente secolo che
del
cinquecentoa. Sperone Speroni degli Alvarotti do
E pure queste medesime servirono di modello agli autori dell’Aminta e
del
Pastor fido, e parvero più convenienti alla tener
di due mesi, e che si stima la migliore, si rappresentò alla presenza
del
duca Ercole II nel 1541 in casa dell’autore, aven
simo Flaminio rappresentare anche nell’Altile da recitarsi per ordine
del
duca nell’aprile del 1543 alla venuta di Paolo II
entare anche nell’Altile da recitarsi per ordine del duca nell’aprile
del
1543 alla venuta di Paolo III; ma nel giorno dest
reggia colle atrocità degli Atrei, ed Orbecche che svena il padre, và
del
parí coll’Elettre matricide. Un matrimonio occult
vande scellerate, ha prestato molti colori alla terribile carnificina
del
IV atto dell’Orbecche. Dalla descrizione del bosc
la terribile carnificina del IV atto dell’Orbecche. Dalla descrizione
del
bosco secreto nella reggìa di Atreo, Arcana in i
di Atreo, Arcana in imo regia recessu patet etc., è imitata quella
del
luogo ove segue la strage di Oronte e de’ figliuo
n atti e scene e scritta in versi sciolti, se non che, come in quella
del
Trissino, havvi più d’un passo rimato con troppo
roppo studiato accordamento. Il Calepìo conta quasi tutte le tragedìe
del
Giraldi e specialmente l’Orbecche, fralle Italian
evolezza lo sregolamento delle passioni per mezzo della compassione o
del
terrore. Ed in fatti a suo tempo si accolse l’Orb
effetto in una città colta che ha assaporato il piacer delle lagrime
del
teatro, purchè se ne troncassero acconciamente al
appassionato nell’atto II che si trattiene per molti versi su i casi
del
nocchiero, la maggior parte della lunga scena 2 d
dell’atto III, quando Malecche esorta Sulmone alla pietà, e i lamenti
del
Coro delle donne dopo che Orbecche si è trafitta.
l Giolito nel 1549. La Fama vi fa il prologo diffondendosi nelle lodi
del
pontefice, de’ Farnesi e di altri principi italia
ragione che Pietro Cornelio s’inganna nel dire che sieno invenzioni
del
suo secolo . Un coro di virtù in ciascun atto per
a le spoglie degli estinti Curiazii. Celia in esse riconosce la veste
del
marito traforata e sanguinosa, e trasportata dal
lamato, gli si presenta colla chioma scarmigliata e con tutti i segni
del
più vivo dolore. Orazio indignato la trafigge. Ne
ibera il reo dalla pena di morte, ma vuole che soggiaccia all’infamia
del
giogo. Sdegna il magnanimo di sottoporvisi: Publi
overà poi soverchio ardita e viziosa qualche espressione, come questa
del
feciale nell’atto I, Fattor degli astri larghi e
gge affiggi il trono Del volubil collegio de’ Pianeti; e quest’altra
del
II: Gli abbracciamenti e i baci sono i frutti Ch
no con le mani affettuose Negli orti de la lor benivolenza; e questa
del
medesimo atto Orazio vincitor per la mia lingua
sta del medesimo atto Orazio vincitor per la mia lingua Con la bocca
del
cor ti bacia in fronte, e quest’altra del V,
la mia lingua Con la bocca del cor ti bacia in fronte, e quest’altra
del
V, e però vuoi Piut
a del V, e però vuoi Piuttosto al collo
del
tuo corpo un laccio, Che la corda a la gola del t
oi Piuttosto al collo del tuo corpo un laccio, Che la corda a la gola
del
tuo nome. Ma in generale lo stile è puro, sobrio
olo che gli rimane, allora mostra tutto il padre, implorando la pietà
del
Popolo. Lo spirito d’ingenuità e di gratitudine c
imolarli ugualmente a riconoscere nell’Orazia dell’Aretino gli Orazii
del
padre del Teatro Francese, componimento di gran l
gualmente a riconoscere nell’Orazia dell’Aretino gli Orazii del padre
del
Teatro Francese, componimento di gran lunga super
recento gentiluomini; e quando volle ripetersi in Ferrara nel palazzo
del
duca, tale fu il concorso che non potè recitarsi.
cagione delle greche imitazioni rimproverata ai componimenti tragici
del
cinquecento? Or chi non ignora la storia teatrale
a di Cesare de’ Cesari uscite alla luce nel 1550 e 1551, la Cleopatra
del
napoletano Alessandro Spinello stampata in Venezi
napoletano Alessandro Spinello stampata in Venezia nel 1550, la Medea
del
Galladei impressa nel 1558, l’Altea di Niccolò Ca
ancesco Bozza uscita nel 1578 oscurata poscia di gran lunga da quella
del
secolo seguente del Racine, e l’Atamanta di Girol
nel 1578 oscurata poscia di gran lunga da quella del secolo seguente
del
Racine, e l’Atamanta di Girolamo Zoppio data al p
di Girolamo Zoppio data al pubblico nel 1579 di cui nell’epistola 50
del
IV libro fa un bell’elogio il Mureto. Potrebbe an
di Angelo Leonico intitolata il Soldato impressa in Venezia per Comin
del
Trino nel 1550 scritta in versi sciolti. L’azione
sgesuita sig. Giovanni Andres. Il Fontanini stimò inedita la tragedia
del
Leonico, ma ne fu ripreso da Apostolo Zeno. L’ist
Zeno avverte che la Daria è un personaggio principale della tragedia
del
Soldato, e perciò che il Soldato e la Daria sono
nazionale. Si crede che ne componesse sino a venti, tralle quali una
del
caso di Meleagro, la quale (dice il Manfredi ne
an Gregorio Nazianzeno. Il di lui Telefonte ha il pregio della scelta
del
più bel soggetto tragico dell’antichità, cioè del
elta del più bel soggetto tragico dell’antichità, cioè dell’avventure
del
Cresfonte di Euripide che il tempo ci ha invidiat
recato sulle scene moderne. L’immortale Torquato Tasso colla tragedia
del
Torrismondo si elevò sopra la maggior parte de’ c
nte con mille poetiche immagini questa tempesta. Era però più proprio
del
genere drammatico e dello stato di Torrismondo il
ce e di baleni orrendi Volser sossopra l’onde, e per l’immenso Grembo
del
mar le navi mie disperse, E quella ov’era la donz
i disastri (ottimamente affermò il dotto Scipione Maffei nel II tomo
del
Teatro Italiano) non potendo essere più umano, nè
fine di purgar con diletto le passioni per mezzo della compassione e
del
terrore. Non pertanto il gesuita Rapin benchè pie
rciò non poterono pervenire al carattere di Sofocle. Non parliamo ora
del
Trissino, nella cui tragedia si scerne subito il
roprii per le passioni grandi. Solo si è detto che hanno essi abusato
del
maraviglioso con tanti voli d’ippogrifi, con Atla
o? E quando pure ciò fosse, per qual capriccio volle negarle a’ tempi
del
governo feodale, e della cavalleria notabili appu
riconosce in fine per sua sorella per un’ avventura conforme a quella
del
l’Edipo greco; di grazia da tali picciole differe
tanza dell’azione e degli affetti, e alla gravità tragica? La censura
del
Rapin appoggia rotondamente in falso. L’altra cos
tra cosa che non seppe veder questo critico francese, è che i costumi
del
l’età in cui s’immagina che abbia dominato nella
nelle favolose storie di Turpino, e nel romanzo della Tavola Rotonda
del
re Artù, di cui parla il Camden in Britannia, e i
il Trissino ed il Tasso pe’ costumi della cavalleria, non si sovvenne
del
combattimento di Guiglielmo duca di Normandia ass
Filippo di Valois da Eduardo III nel secolo XIV? Non al combattimento
del
medesimo re col cavaliere Ribaumont nell’assedio
della Giarrettiera istituito in questo tempo in occasione degli amori
del
nominato Eduardo III per la contessa di Salisbury
ombattimento è poco, e per uno scherzo è troppo ? Potè almeno obbliar
del
tutto il Rapin il famoso combattimento de’ tredic
ni con tredici Francesi che rimasero vinti ed uccisi con tanta gloria
del
valore italiano? Potè dimenticare le speciose dis
imenticare le speciose disfide di Carlo V e di Francesco I? il duello
del
barone di Jarnac col favorito di Errico II la Cha
co II la Chateigneraie che vi fu ferito a morte? In fine la disgrazia
del
medesimo Errico II ammazzato in una giostra dal c
ittori gregariia, anche Egidio Saverio La Sante non meno pregiudicato
del
suo confratello Rapin, benchè più prudente, senza
è più prudente, senza compromettersi con innoltrarsi a render ragione
del
proprio giudizio contro del Torrismondo, si lusin
mettersi con innoltrarsi a render ragione del proprio giudizio contro
del
Torrismondo, si lusingò, in una sua orazione reci
del Torrismondo, si lusingò, in una sua orazione recitata nel gennajo
del
1728 in Parigia, di poterne oscurar la gloria con
co, un antro Di ninfe incantatrici, e il falso inganno Vera cagione è
del
rifiuto ingiusto; E fia di peggio. E Torrismondo
il quadro di Alvida moribonda e di Torrismondo addolorato. Ecco parte
del
racconto che se ne fa. … Il re tro
. Siamo oramai avvezzi a una maniera di sceneggiare diversa da quella
del
Torrismondo. C’increscerebbe ne’ fatti precedenti
bocca dell’angustiato Torrismondo; delle lungherie della scena terza
del
medesimo atto di Torrismondo col consigliere, in
, esagera e replica in varii modi e sotto varie forme le stesse cose;
del
racconto della regina Madre de’ piaceri amorosi p
ette le commedie spagnuole. È dunque (dicasi un’ altra volta con pace
del
Linguet) il Torrismondo una delle produzioni ital
dell’autore; ma, per quanto afferma il conte Mazzucchelli, gli autori
del
catalogo de’ codici mss della real libreria di To
ti in un Discorso inserito nel tomo XXV della raccolta degli Opuscoli
del
Calogerà. Il Vicentino Giambatista Liviera di ann
o ebbe tanto di gusto che potè comprendere la bellezza dell’argomento
del
Cresfonte di Euripide, e ne compose la sua traged
ione è una, restringendosi alla sola morte di Astianatte. Molti passi
del
Latino autore vi si veggono non infelicemente imi
riginale. Allorchè si fa entrare Astianatte nel sepolcro, l’Andromaca
del
Grattarolo esprime i concetti di Seneca con maggi
isogna confessare che nel l’atto IV l’Italiano rimane ben al di sotto
del
Latino. Lascio tre versi d’Andromaca in occasione
erduto stimola sempre più all’inchiesta. Di più il personaggio ozioso
del
vecchio colla sua presenza nuoce alla scena; perc
scena risorge, e si rende importante, ripigliando gli antichi colori
del
materno timore, onde Ulisse prende argomento per
ltare il giudizio di Torquato per ciò che soggiungo omesso nell’esame
del
Torrismondo. Egli superiore a Seneca, ed anche a
i, ad eccezione di poche foglie, presentando degnamente lo spettacolo
del
campo greco e del precipizio del real fanciullo d
poche foglie, presentando degnamente lo spettacolo del campo greco e
del
precipizio del real fanciullo dalla torre. Merita
presentando degnamente lo spettacolo del campo greco e del precipizio
del
real fanciullo dalla torre. Meritano di mentovars
l real fanciullo dalla torre. Meritano di mentovarsi tra que’ tragici
del
secolo di cui parliamo, i quali si astennero dal
o di cui parliamo, i quali si astennero dal trascrivere gli argomenti
del
greco coturno, Francesco Mondella, e Valerio Fuli
o de’ figliuoli. Il barbaro fa presentare alla vedova le mani tronche
del
padre e le teste de’ figliuoli con una coppa di v
l’atroce Mustafà e straziato crudelmente. Antonio Decio da Orta amico
del
Tasso compose l’Acripanda, il cui argomento nè an
è allattato da una lupa, raccolto da un pastore e portato alla corte
del
re di Arabia, e per varie vicende egli stesso giu
così portati all’infelice madre. Appartengono a quest’ultimo periodo
del
secolo parimente l’Irene, l’Almeone, l’Ermete, e
eriodo del secolo parimente l’Irene, l’Almeone, l’Ermete, e l’Arianna
del
Giusti, l’Arsinoe di Niccolò degli Angioli, l’Eli
, e l’Arianna del Giusti, l’Arsinoe di Niccolò degli Angioli, l’Elisa
del
Closio, l’Ismenia, l’Antigone e la Teside di Gio:
Ismenia, l’Antigone e la Teside di Gio: Paolo Trapoleni, la Ghismonda
del
Razzi, il Principe Tigridoro del Miari, la Tullia
i Gio: Paolo Trapoleni, la Ghismonda del Razzi, il Principe Tigridoro
del
Miari, la Tullia feroce di Pietro Cresci, ed alcu
ciascuna di esse. Ravviva la storia delle tragedie degli ultimi anni
del
secolo la Semiramide di Muzio Manfredi da Cesena,
io a chi vuole esercitarsi nel genere tragico. Anche il dotto editore
del
Teatro Italiano ne portò vantaggioso giudizio, al
. Si distingue (egli dice) talmente col l’eloquenza, colla franchezza
del
dire e col giro e spezzatura del verso, che quel
te col l’eloquenza, colla franchezza del dire e col giro e spezzatura
del
verso, che quel luogo che tiene l’Epido per l’ord
avrai che tel destino. Prevede Imetra le vicine funeste conseguenze
del
di lei empio disegno, ed a costo di qualunque ris
era e robusta nè aliena dal di lei stato, la quale fa ammirare l’arte
del
poeta senza che egli si discopra. Fralle altre co
E dea sembri negli atti e nel sembiante, Se la tua gloria gira al par
del
Sole A che cerchi oscurarla? a che defraudi La fa
sante angustia alla fortuna di Nino e Dirce, per le nozze detestabili
del
figlio colla madre, e per quelle di Anaferne con
l’incesto, per cui si mette sempre più in vista il tragico contrasto
del
carattere di Nino colla passione di Semiramide, e
fine Beleso nulla sperando dalle armi della ragione, ricorre a quelle
del
suo ministero, e la minaccia per parte degli dei,
i e ringraziamenti. Seneca nel Tieste e Giraldi nell’Orbecche usarono
del
medesimo colore della dissimulazione; ma secondo
tto IV a narrarla. Il racconto fatto con veri e vivaci colori è degno
del
pennello di Euripide, e forse di Dante e di Omero
ezzo altro ostacolo rimaner non dovesse da vincere in Nino che quello
del
peccato; ma saprà Nino (ella dice per bocca d’Ime
ncredi al sepolcro di Clorinda principia colla pittura più espressiva
del
di lui dolore alla vista de’ figli e di Dirce: G
orta è mia madre, i miei figliuoli e Dirce, Come viver poss’io cagion
del
tutto? Disse e nel volto diventò di neve, E volen
randezza di stile, e per versificazione vince quasi tutte le tragedie
del
cinquecento. Il Manfredi è stato il meno avido di
rse avrebbero impedita nel seguente secolo l’escursione e i progressi
del
mal gusto. Quasi a giorni nostri il celebre march
a giorni nostri il celebre marchese Maffei vi fece alcuni troncamenti
del
meno importante, e la fe rappresentare in Verona,
vanni Andres ad affermare con mirabile franchezza de’ drammi Italiani
del
cinquecento, che la freddezza e la lentezza dell
in Verona e in Venezia, e della Semiramide in Verona, e dell’Aminta e
del
Pastor fido in Napoli ed altrove, e di molte e mo
ocato Linguet, se vi sieno stati piuttosto determinati dalla tragedia
del
Manfredi abbigliata alla greca, che da’ gotici dr
la tragedia del Manfredi abbigliata alla greca, che da’ gotici drammi
del
Virues e del Calderòn. Al Manfredi dobbiamo pari
el Manfredi abbigliata alla greca, che da’ gotici drammi del Virues e
del
Calderòn. Al Manfredi dobbiamo parimente un volu
esto titolo gliele fe parere degne di uscire alla luce dopo la Merope
del
conte Torelli. Nella lettera 19a indirizzata a Ga
a che gli si mandi un esemplare della traduzione di Girolamo Moncelli
del
Cristo, avendo saputo di essersi stampata. Debbo
lui produzioni pur manoscritte si trovava in Roma nel 1756 in potere
del
commendatore Vettori parente di Pietroa. Rimettia
rente di Pietroa. Rimettiamo i leggitori alla Drammaturgia, all’opera
del
Quadrio, ed a qualche altro che si ha presa la cu
he, ove si tarlano, molti drammi sacri parte impressi e parte inediti
del
medesimo periodo. Tra essi possono togliersi dall
so autore delle Poesie maccaroniche sotto il nome di Merlin Cocajo, e
del
raro poema romanzesco l’Orlandino pubblicato col
poema romanzesco l’Orlandino pubblicato col nome di Limerco Pitocco,
del
quale nel 1773 fece in Parigi una elegante edizio
, corredandolo di curiose erudite note. Lo stesso Folengo, ad istanza
del
vicerè di Sicilia don Ferrante Gonzaga, compose i
drammatica intitolata la Pinta o la Palermita, intorno alla creazione
del
mondo e alla caduta di Adamo. Col bellissimo sogg
a creazione del mondo e alla caduta di Adamo. Col bellissimo soggetto
del
greco Cresfonte maneggiato dal conte Pomponio Tor
titolo di Merope, possiamo chiudere la storia delle tragedie italiane
del
Cinquecento. Fioriva in Parma verso la fine del s
lle tragedie italiane del Cinquecento. Fioriva in Parma verso la fine
del
secolo l’Accademia degl’Innominati, di cui era il
or Giusto Fontanini nell’Eloquenza Italiana l’edizione della Merope e
del
Tancredi fatta in Parma nel 1597, e poi quella di
edi fatta in Parma nel 1597, e poi quella di tutte le cinque tragedie
del
1605, cioè tre anni prima della morte dell’autore
tre anni prima della morte dell’autore. Ma la Merope s’impresse prima
del
1591, per quel che ne scrisse il prelodato Muzio
il tempo prefisso alle sue nozze dal tiranno; e nell’atto II lo stato
del
tiranno; e nell’atto II lo stato del tiranno torm
tiranno; e nell’atto II lo stato del tiranno; e nell’atto II lo stato
del
tiranno tormentato anche in pace da mille moleste
che giustifica le scelleraggini. Ecco in qual guisa argomenta contro
del
Capitano della sua guardia: Le leggi e ’l giusto
n arrogat armis. Notabile sembrami parimente nell’atto V l’artificio
del
poeta nel rendere verisimile l’ardito colpo di Te
poeta nel rendere verisimile l’ardito colpo di Telefonte. Per ordine
del
Tiranno i satelliti rimangonsi all’entrata del te
Telefonte. Per ordine del Tiranno i satelliti rimangonsi all’entrata
del
tempio, e Gabria, nel darne, e nel farne eseguire
e delle tragedie di quel tempo. Non ne vanno esenti le altre tragedie
del
Torelli, e nè anche la Vittoria ed il Tancredi, l
toria ed il Tancredi, le quali per altro debbono esserci care essendo
del
numero di quelle che si allontanano dagli argomen
arbitrarie decisioni, può ricavarsi l’indole della tragedia Italiana
del
XVI secolo. Essa fu un nobile ritratto della Grec
on gli argomenti, che i Greci e i Latini non ebbero, della Sofonisba,
del
Torrismondo, della Semiramide, del Tancredi, dell
atini non ebbero, della Sofonisba, del Torrismondo, della Semiramide,
del
Tancredi, della Tullia, dell’Orazia, ed i posteri
, non hanno però prodotto, prima di questo secolo, tolte le pastorali
del
Tasso e del Guarino, un poema drammatico che meri
però prodotto, prima di questo secolo, tolte le pastorali del Tasso e
del
Guarino, un poema drammatico che meritasse lo stu
ori? Non meritano lo studio delle altre nazioni i drammatici Italiani
del
XVI secolo, se non per altro, per la cultura, pro
opria lingua, come se di questa facesse tutto lo studio. Al principio
del
secolo XVI le lingue nazionali giacevano tutte ne
enza riserba di pedanteria e di greca affettazione i tragici Italiani
del
Cinquecento? E senza prima osservare le vestigia
chi se non all’Italia si debbe l’aver fatte risorgere le sagge regole
del
teatro? Or non sognava Voltaire allorchè scrisse:
a non si prefissero se non di richiamare sulle moderne scene la forma
del
dramma de’ Greci, e non già l’intero spettacolo d
he questo volle avanzare nel secolo XVIII l’avvocato Mattei ornamento
del
paese ammaestrato da Pitagora. Questa (dicea) c
icea) che noi chiamiamo tragedia, è una invenzione de’ moderni ignota
del
tutto agli antichi. Crede egli dunque che il can
mente nel Cinquecento, quelli che mostrarono al l’Europa l’erudizione
del
greco teatro? Non insegnarono essi tutto ciò che
tre o quattro secoli prima che nascesse don Saverio! a. Nel Prologo
del
Tomo VI. a. Lasciamo ancora la Susanna del Sacco
Saverio! a. Nel Prologo del Tomo VI. a. Lasciamo ancora la Susanna
del
Sacco da Busseto ed altri simili drammi, ai desid
itori a sue spese. a. Lasciamo pare al gesuita Lampillas il giudizio
del
Varchi dichiarato nemico del Trissino, che nelle
mo pare al gesuita Lampillas il giudizio del Varchi dichiarato nemico
del
Trissino, che nelle sue Lezioni biasimava la locu
mava la locuzione della Sofonisba (di che vedasi il citato articolo V
del
nostro Discorso Stor. Crit.). Voltaire, giudice d
citato articolo V del nostro Discorso Stor. Crit.). Voltaire, giudice
del
Varchi più competente, ne favella in tal guisa:
dir di Voltaire, fu la prima tragedia francese, in cui ad imitazione
del
Trissino si videro osservate le regole delle tre
dirizzata all’Accademia Spagnuola. a. Vedasi la sezione I dell’opera
del
sig. Cooper Walker. a. Il Fontanini nel l’Eloque
nni bandito da Firenze sua patria come reo di congiura contro la vita
del
cardinal Medici, e si ricoverò in Francia, dove c
l Medici, e si ricoverò in Francia, dove così bene incontrò la grazia
del
re Francesco I, che n’ebbe cariche onoratissime e
oper Valker intorno alla Tragedia Italiana, Egli osserva sull’Adriana
del
Groto, che porta la data di novembre del 1578, e
a, Egli osserva sull’Adriana del Groto, che porta la data di novembre
del
1578, e prendre il titolo da una giovane di Adria
e di Adria. L’argomento (aggiugne) ha molta rassomiglianza col dramma
del
suo compatriotto Shakespeare Giulietta e Romeo, e
novella sugerì ad Artur Brooke la Storia Tragica di Romeo e Giulietta
del
1562, e questa e l’Adriana del Groto produssero l
la Storia Tragica di Romeo e Giulietta del 1562, e questa e l’Adriana
del
Groto produssero la Giulietta e Romeo del Shakesp
1562, e questa e l’Adriana del Groto produssero la Giulietta e Romeo
del
Shakespeare. a. Vedi ciò che ne dice il conte di
espeare. a. Vedi ciò che ne dice il conte di Calepio nell’articolo V
del
capo I. a. Vedi la lettera 145 scritta da Nanci
del capo I. a. Vedi la lettera 145 scritta da Nanci a’ 25 di maggio
del
1591. a. Nel III libro della Cosmografia. a. Po
re di carta che parla de’ Greci e de’ Latini come un assonnato, e che
del
Teatro Italiano altre notizie confessò di non ave
di non avere se non quelle mal digerite acquistate col grande studio
del
Mercurio di Francia, in cui s’immerse verso il 17
di lui vita l’erudito abate Serassi cita in tal proposito una lettera
del
Tasso a Licino, ed un’ altra a Cristofano Tasso,
orte ritornommi in mente. a. Vedi le Memorie per servire alla vita
del
Senatore Pietro Vettori pubblicate da Angelo Mari
, diminutivo di mezzetta, ossia mezza misura. Metto qui una incisione
del
Bonnart rappresentante Mezzettino boccale, ossia
mbre dello stesso anno, recitò in italiano nel Banqueroutier la parte
del
Conte Constantin, cantando la canzone dell’ Usign
Biancolelli, Angelo Costantini fu chiamato a sostituirlo ; e la sera
del
1° settembre 1688, che fu la prima recita dopo la
a sera del 1° settembre 1688, che fu la prima recita dopo la chiusura
del
teatro in segno di lutto pel perduto artista, egl
i vedere una maschera su la faccia piacevole, se bene alquanto bruna,
del
Costantini ; ma egli serbò il ruolo di Arlecchino
lo sostituì, recitando sempre a viso scoperto, sino alla soppressione
del
teatro nel 1697 ; dopo di che fu obbligato a reca
gli mandò un titolo di nobiltà, creandolo cameriere intimo e custode
del
suo tesoro privato. Un posto di tale specie parve
ne, fe’ volger le sue mire su di una Dama di Corte, che il Re onorava
del
titolo di sua Favorita, alla quale con le richies
con le richieste di amore proferì parole non contegnose all’indirizzo
del
Re. Offesa la dama di tanta audacia, la rivelò al
duto i discorsi di Mezzettino. E acconsentito il Re, e avuta certezza
del
tradimento, si slanciò sull’indegno con la spada
de uscì per intercessione di altra Dama, la quale, padrona dell’animo
del
Re, si fece da lui condurre al Castello. E visita
ove tante volte aveva coll’arte sua trionfato, si restituì alla fine
del
1728 a Parigi ; e fu ricevuto come un vecchio cam
endiamo come il Costantini con la moglie Annetta, il 1678 al servizio
del
Serenissimo di Parma Ranuccio Farnese, passasse p
in quella riapparizione furon frenetici, e che, nonostante l’aumento
del
doppio nei prezzi, il teatro non potè contenere t
rinomanza, fu mai riguardato come attore di grandi pregi : e ai versi
del
La Fontaine che si leggon sotto al bel ritratto d
regi : e ai versi del La Fontaine che si leggon sotto al bel ritratto
del
De Troy (V. pag. 715), fatti probabilmente ad ist
sua madre salì in gran rinomanza ; ma non avendo incontrato il favore
del
pubblico passò a recitare in Germania. Nacquer da
ni, artista di molto valore per le parti di Arlecchino. Dati i versi
del
La Fontaine, l’articolo incensatore del Mercure d
di Arlecchino. Dati i versi del La Fontaine, l’articolo incensatore
del
Mercure de France, e l’impiego alla Corte di Sass
il più delle volte occupa il primo posto. Così, nelle scene deliziose
del
Gillot, e in alcune del Bonnart che il lettore ve
a il primo posto. Così, nelle scene deliziose del Gillot, e in alcune
del
Bonnart che il lettore vedrà nel corso dell’opera
dei Balli di Sfessania al nome di Antonazzoni) o dagli attori comici
del
teatro francese del 1632, Turlupin e Philipin, ch
nia al nome di Antonazzoni) o dagli attori comici del teatro francese
del
1632, Turlupin e Philipin, che vengon dalla stess
olori. Il Sand assegnerebbe il rosso e il bianco. Quanto al carattere
del
personaggio, esso può dirsi una leggiera variante
aggio, esso può dirsi una leggiera variante di quello dello Scapino e
del
Brighellla : servo intrigante, impiegato ognora n
vè promettere al guardaportone, al domestico, e al cameriere un terzo
del
premio che il Duca gli avrebbe dato. Giunto a lui
tende a calunniare un incomparabile artista, mettendo sotto gli occhi
del
pubblico fatti non mai accaduti. Ma se il libro è
be troppo da stupirsi, poichè con tutte le notizie raccolte sul conto
del
Costantini, non è difficile immaginare un siffatt
o a una palese ciarlataneria. Fu anche voce comune che la chiusura
del
Teatro italiano nel 1697 (ritratta dal Watteau in
uno splendido quadro che riproduco dalla superba incisione originale
del
Jacob), dopo la quale egli dovette andarsene in G
ggio 1697, accompagnato da gran numero di commissarj, si recò alle 11
del
mattino al Teatro dell’ Hôtel de Bourgogne, e fec
do rappresentare La Finta Matrigna con nuova giunta di scene francesi
del
Fatouville, la chiamarono sugli avvisi di teatro
ude. Quindi l’ordine di chiusura. È certo però che dietro il racconto
del
Costantini furon fatte in Olanda, e sempre indarn
Il che starebbe a provare, o farebbe almeno supporre, che il racconto
del
Costantini non fosse altro che una spiritosa inve
li antichi, e l’eseguirono. Seppero ancora sull’esempio dell’Ezzelino
del
Mussato preferire a’ tragici argomenti greci i fa
l’aurea età di Pericle o di Augusto; in cui si udì risonar per mezzo
del
Sannazzaro, del Fracastoro e del Vida la tromba V
Pericle o di Augusto; in cui si udì risonar per mezzo del Sannazzaro,
del
Fracastoro e del Vida la tromba Virgiliana; in cu
sto; in cui si udì risonar per mezzo del Sannazzaro, del Fracastoro e
del
Vida la tromba Virgiliana; in cui sursero i temut
rano all’Italia la languidezza e ’l portamento tutto greco de’ drammi
del
cinquecento) i salti, dico, troppo pronti ed imma
e di essersi dichiarato cittadino Romano Giuliano de’ Medici fratello
del
pontefice, le Bacchidi del medesimo comico nel ce
tadino Romano Giuliano de’ Medici fratello del pontefice, le Bacchidi
del
medesimo comico nel celebrarsi le nozze de’ Cesar
ze de’ Cesarini coi Colonnesi, il Formione di Terenzio con un prologo
del
Mureto fatto recitare dal cardinale Ippolito da E
te il giovine, e l’Ippolito di Seneca rappresentato avanti il palagio
del
cardinale Raffaele San Giorgio, in cui sostenne i
secolo. Giano Anisio, ossia Giovanni Anisio Napoletano dell’Accademia
del
Pontano compose la tragedia Protogonos pubblicata
come impertinenti. Io non debbo dissimulare questo neo della tragedia
del
Tilesio; ma non è giusto poi lo spregiarla tanto,
bi munus Faxis perpetuum, rogo. La regolarità, la convenevolezza
del
costume, la verità delle passioni dipinte, l’eleg
tura degli antichi. Contrasta colle grazie e colle veneri dello stile
del
Tilesio la maestà e la grandezza del suo compatri
razie e colle veneri dello stile del Tilesio la maestà e la grandezza
del
suo compatriota ed amico Coriolano Martirano cele
i S. Marco in Calabria. Fiorendo verso il 1530 egli divenne il Seneca
del
regno di Napoli anzi dell’Italia, per lo studio c
re a competenza colle sue libere imitazioni. Per dar conveniente idea
del
suo gusto e giudizio additeremo in ciascuna favol
i Greci. Nella Medea non potè Martirano approfittarsi delle bellezze
del
piano di quella di Seneca, perchè seguì la greca;
quella di Seneca, perchè seguì la greca; ma intanto scansò il difetto
del
tragico latino di far parlare nell’atto IV pedant
s est quibus &c. Ma in contracambio dove campeggia il patetico
del
greco pennello egli ritiene interamente le più im
ua partenza, tutte quelle che ha con Giasone, il racconto della morte
del
re e della figliuola, nel quale si è però il Cose
conchiusione astenuto dalla sentenze accumulate dal Greco. L’Ippolito
del
Martirano accompagna degnamente e senza arrossire
senza arrossire al confronto quelli d’Euripide e di Seneca e la Fedra
del
Racine. Merita di notarsi singolarmente la scena
eneca e la Fedra del Racine. Merita di notarsi singolarmente la scena
del
delirio di Fedra da noi recata nel romo quarto de
o quarto delle Vicende della Coltura delle Sicilie. Anche il racconto
del
mostro marino è una prova del gusto del Cosentino
oltura delle Sicilie. Anche il racconto del mostro marino è una prova
del
gusto del Cosentino, che orna moderatamente l’ori
le Sicilie. Anche il racconto del mostro marino è una prova del gusto
del
Cosentino, che orna moderatamente l’originale sen
ar Seneca, che quando Teseo dovrebbe solo essere occupato della morte
del
figliuolo, lo rende curioso di sapere la figura d
upato della morte del figliuolo, lo rende curioso di sapere la figura
del
mostro79. Nelle Baccanti segue Martirano al solit
sta tutto il terrore la riconoscenza di Agave che nella pretesa testa
del
leone ucciso ravvisa quella del figliuolo. Traduc
enza di Agave che nella pretesa testa del leone ucciso ravvisa quella
del
figliuolo. Traducendo ed imitando le Fenisse semb
ca o qual altro sia stato l’autore della Tebaide, recare nella lingua
del
Lazio, senza i difetti di stile che le s’ imputan
tro avviso niuna delle bellezze originali si è perduta nella versione
del
Cosentino. Vi si vede con somma naturalezza e viv
Pari verità e sobrietà di stile e giudizio si scorge nell’imitazione
del
Ciclope di cui mi sembra singolarmente notabile i
elmente che non in altre l’originale, non avendo dovuto risecar molto
del
dialogo giusto, naturale e patetico di Sofocle. E
e nello stile. Meriterebbe un lungo estratto, ma cel vieta l’ampiezza
del
nostro lavoro. Contentiamci di recare un solo fra
ultare l’ eleganti traduzioni fatte dal nostro Cosentino delle Nubi e
del
Pluto, le più felici commedie di quel gran comico
ura dal diletto. In somma il vescovo Martirano quasi ne’ primi lustri
del
secolo colle otto sue tragedie e colle due commed
alia tutta, cioè fe rinascere con decenza e maestria la maggior parte
del
teatro Greco. Dovrà tutto ciò coprirsi d’ingrato
ragedia scritta nel nostro volgare idioma fu la Sofonisba di Galeotto
del
Carretto de’ Marchesi di Savona nato in Casal Mon
Mantova; ed alcuni anni dopo si pubblicò in Venezia con una commedia
del
medesimo Carretto intitolata Palazzo e Tempio d’A
a di esser chiamata tragedia; nè so donde si ricavasse il compilatore
del
Parnasso Spagnuolo la rara scoverta che questa So
stessa ragione meritano ben poco di rammemorarsi alcuni componimenti
del
principio del secolo descritti dal Quadrio nel to
e meritano ben poco di rammemorarsi alcuni componimenti del principio
del
secolo descritti dal Quadrio nel tomo I. E che gi
cuore non indurito da’ pregiudizj verserà pietose lagrime al racconto
del
veleno preso dalla regina, a’ di lei discorsi, al
ollate intorno a Sofonisba che trapassa, di Erminia che la sostiene e
del
figliuolino che bacia la madre la quale inutilmen
rvate le regole delle tre unità, debbono riconoscerla dalla Sofonisba
del
Trissino. Si vedrà in appresso quante altre produ
ma idea delle bellezze teatrali, la storia contraddice all’asserzione
del
Linguet che brucia que’ grani d’incenso ad onore
onfessare un debito voglia negarne un altro? Giovanni Rucellai autore
del
vaghissimo poemetto delle Api, cugino germano del
nni Rucellai autore del vaghissimo poemetto delle Api, cugino germano
del
pontefice Leone X, nato in Firenze nel 1475 e mor
ne X, nato in Firenze nel 1475 e morto verso il 1526, corse poco dopo
del
Trissino il tragico aringo colla Rosmunda che fec
iù magnifico della Sofonisba. Sulle tracce poi dell’Ifigenia in Tauri
del
medesimo tragico Greco compose l’altra sua traged
. Ma l’Oreste non si diede alla luce se non dopo due secoli per opera
del
Marchese Maffei, che la fece imprimere nel 1723 s
e con verità. L’autore non perde veruna delle interessanti situazioni
del
greco originale, e tocca collo stile la nota del
eressanti situazioni del greco originale, e tocca collo stile la nota
del
sublime assai più del Trissino. Dall’altro canto
el greco originale, e tocca collo stile la nota del sublime assai più
del
Trissino. Dall’altro canto mostra talvolta qualch
de nella terra de’ barbari. Ma per tali nei si priveranno i leggitori
del
piacere che recano tanti bei passi pieni di elega
no tanti bei passi pieni di eleganza e vaghezza sparsi nelle tragedie
del
Rucellai? Uno storico della letteratura lascerà s
i nell’ obblio, non vedendo nell’Oreste che languidezza ed imitazione
del
greco? Quanto a me esorto la gioventù ad osservar
sservare con qual felicità quest’illustre autore dipinga il prospetto
del
tempio e le teste e i busti ed il monte di ossa d
usti ed il monte di ossa degli uccisi che vi biancheggia; la bellezza
del
racconto che fa Ifigenia della propria sventura q
sventura quando fu in procinto di esser sacrificata in Aulide; quello
del
coro della pugna de’ due Greci co’ pastori; quell
ito! Chi lascio? a cui voio? che porto? ahi lasso! Porto la morte
del
suo re; a cui? Al miser popol di Micene e d’Arg
suo re; a cui? Al miser popol di Micene e d’Argo. Porto la morte
del
mio Oreste; a cui? A Strofio; e quella del frat
d’Argo. Porto la morte del mio Oreste; a cui? A Strofio; e quella
del
fratello; a cui? A le sorelle triste e sventura
Cornelio e Racine? Dietro la scorta de’ Greci corifei e coll’ esempio
del
Trissino e del Rucellai seguirono pure le insegne
ne? Dietro la scorta de’ Greci corifei e coll’ esempio del Trissino e
del
Rucellai seguirono pure le insegne di Melpomene m
ià morto in una lettera di Claudio Tolomei scritta a’ sette di aprile
del
153188, compose una tragedia impressa indi colle
altre sue opere in Firenze nel 1548, ed oggi registrata nel tomo III
del
Teatro Italiano antico stampato in Livorno sotto
a dello stile non farà tollerare il carattere estremamente scellerato
del
protagonista. Tullia non solo calpesta le più sac
ga il poeta ad incoerenze, com’ è quella che L. Tarquinio gelosissimo
del
proprio secreto si scopra alla moglie alla presen
die più difettose, benchè il Gravina l’abbia noverata tralle migliori
del
cinquecento. Seguirono i greci esemplari piuttost
Per testimonio degl’ intelligenti non cede in eleganza alle tragedie
del
Trissino e del Rucellai, e le vince per gravità d
degl’ intelligenti non cede in eleganza alle tragedie del Trissino e
del
Rucellai, e le vince per gravità di stile. Girald
a che de’ tre pur difettosi Edipi francesi di Cornelio, di Voltaire e
del
P. Folard; e col Nores troviamo riprensibile l’ e
on sontuosissimo apparato nel famoso Teatro Olimpico di Vicenza opera
del
prelodato Palladio, che per la morte di questo in
dopo nato, il quale a quest’oggetto recossi in Vicenza nel carnovale
del
1585, e morì poscia in Venezia nella fine dell’an
te per lo stile talvolta troppo ricercato e più proprio di certi anni
del
seguente secolo che del cinquecento. Sperone Sper
troppo ricercato e più proprio di certi anni del seguente secolo che
del
cinquecento. Sperone Speroni degli Alvarotti dott
E pure queste medesime servirono di modello agli autori dell’Aminta e
del
Pastor fido, e parvero più convenienti alla tener
di due mesi, e che si stima la migliore, si rappresentò alla presenza
del
Duca Ercole II nel 1541 in casa dell’autore, aven
simo Flaminio rappresentare anche nell’Altile da recitarsi per ordine
del
Duca nell’aprile del 1543 alla venuta di Paolo II
entare anche nell’Altile da recitarsi per ordine del Duca nell’aprile
del
1543 alla venuta di Paolo III; ma nel giorno dest
reggia colle atrocità degli Atrei, ed Orbecche che svena il padre, va
del
pari coll’ Elettre matricide. Un matrimonio occul
vande scellerate, ha prestato molti colori alla terribile carnificina
del
quarto atto dell’Orbecche. Dalla descrizione del
erribile carnificina del quarto atto dell’Orbecche. Dalla descrizione
del
bosco secreto nella reggia di Atreo, Arcana in im
gia di Atreo, Arcana in imo regia recessu patet ec., è imitata quella
del
luogo ove segue la strage di Oronte e de’ figliuo
n atti e scene e scritta in versi sciolti, se non che, come in quella
del
Trissino, havvi più di un passo rimato con troppo
roppo studiato accordamento. Il Calepio conta quasi tutte le tragedie
del
Giraldi e specialmente l’Orbecche fralle Italiane
evolezza lo sregolamento delle passioni per mezzo della compassione o
del
terrore. Ed in fatti a suo tempo si accolse l’Orb
effetto in una città colta che ha assaporato il piacer delle lagrime
del
teatro, purchè se ne troncassero acconciamente al
appassionato nell’atto II che si trattiene per molti versi su i casi
del
nocchiero, la maggior parte della lunga scena sec
dell’atto III, quando Malecche esorta Sulmone alla pietà, e i lamenti
del
coro delle donne dopo essersi Orbecche trafitta.
sin dall’anno 1546. La Fama vi fa il prologo diffondendosi nelle lodi
del
pontefice, de’ Farnesi e di altri principi Italia
a ragione che Pietro Cornelio s’inganna nel dire che sieno invenzione
del
suo secolo. Un coro di virtù in ciascun atto per
va le spoglie degli estinti Curiazj. Celia in esse riconosce la veste
del
marito traforata e sanguinosa, e trasportata dal
lamato, gli si presenta colla chioma scarmigliata e con tutti i segni
del
più vivo dolore. Orazio indignato la trafigge. Ne
ibera il reo dalla pena di morte, ma vuole che soggiaccia all’infamia
del
giogo. Sdegna il magnanimo di sottoporvisi: Publi
overà poi soverchio ardita e viziosa qualche espressione, come questa
del
feciale nell’atto I, Fattor degli astri larghi
affiggi il trono Del volubil collegio de’ pianeti; e quest’altra
del
II, Gli abbracciamenti e i baci sono i frutti
on le mani affettuose Negli orti de la lor benivolenza; e questo
del
medesimo atto, Orazio vincitor per la mia ling
el medesimo atto, Orazio vincitor per la mia lingua Con la bocca
del
cor ti bacia in fronte, e questa del V, . .
la mia lingua Con la bocca del cor ti bacia in fronte, e questa
del
V, . . . . . . . . . . e però vuoi Piuttosto
questa del V, . . . . . . . . . . e però vuoi Piuttosto al collo
del
tuo corpo un laccio, Che la corda a la gola del
Piuttosto al collo del tuo corpo un laccio, Che la corda a la gola
del
tuo nome. Ma in generale lo stile è puro, sobr
che gli rimane, allora fa vedere tutto il padre, implorando la pietà
del
popolo. Lo spirito d’ingenuità e di gratitudine c
timolarli ugualmente a riconoscere nell’Orazia dell’Aretino gli Orazj
del
padre del teatro Francese, componimento di gran l
ugualmente a riconoscere nell’Orazia dell’Aretino gli Orazj del padre
del
teatro Francese, componimento di gran lunga super
recento gentiluomini; e quando volle ripetersi in Ferrara nel palazzo
del
Duca, tal fu il concorso, che non potè recitarsi.
cagione delle greche imitazioni rimproverata ai componimenti tragici
del
cinquecento? Or chi non ignora la storia teatrale
a di Cesare de’ Cesari uscite alla luce nel 1550 e 1551, la Cleopatra
del
Napoletano Alessandro Spinello stampata in Venezi
Napoletano Alessandro Spinello stampata in Venezia nel 1550, la Medea
del
Galladei impressa nel 1558, l’Altea di Niccolò Ca
esco Bozza uscita nel 1578 oscurata per altro di gran lunga da quella
del
Racine nel secolo seguente, e l’ Atamante di Giro
tamante di Girolamo Zoppio data al pubblico nel 1579, di cui nella 50
del
IV libro delle sue Epistole fa un bell’ elogio il
di Angelo Leonico intitolata il Soldato impressa in Venezia per Comin
del
Trino nel 1550 scritta in versi sciolti. L’azione
nazionale. Si crede che ne componesse sino a venti, tralle quali una
del
caso di Meleagro, la quale (dice il Manfredi nell
tribuito al Nazianzeno. Il di lui Telefonte ha il pregio della scelta
del
più bel soggetto dell’antichità, cioè del Cresfon
e ha il pregio della scelta del più bel soggetto dell’antichità, cioè
del
Cresfonte di Euripide che il tempo ci ha invidiat
recato sulle scene moderne. L’immortale Torquato Tasso colla tragedia
del
Torrismondo si elevò sopra la maggior parte de’ c
parve un abbozzo di questa tragedia nella II Parte delle Rime e Prose
del
Tasso raccolte per Aldo il giovane nel 1582. Nell
nte con mille poetiche immagini questa tempesta. Era però più proprio
del
genere drammatico e dello stato di Torrismondo il
di baleni orrendi, Volser sossopra l’onde, e per l’immenso Grembo
del
mar le navi mie disperse, E quella ov’era la do
sastri (ottimamente affermò il dottissimo Marchese Maffei nel II tomo
del
Teatro Italiano) non potendo essere più umano, nè
fine di purgar con diletto le passioni per mezzo della compassione e
del
terrore. Non per tanto il gesuita Rapin benchè pi
erciò non poterono arrivare al carattere di Sofocle. Non parliamo ora
del
Trissino, nella cui tragedia si scerne subito il
improprj per le gran passioni. Solo si è detto che hanno essi abusato
del
maraviglioso con tanti voli d’ ippogrifi, con Atl
o? E quando pure ciò fosse, per qual capriccio volle negarle a’ tempi
del
governo feudale e della cavalleria notabili appun
tanza dell’azione e degli affetti, e alla gravità tragica? La censura
del
Rapin appoggia in falso. L’altra cosa che non sep
nelle favolose storie di Turpino, e nel romanzo della Tavola Rotonda
del
re Artù, di cui parla il Camden in Britannia, e i
il Trissino ed il Tasso pe’ costumi della cavalleria, non si sovvenne
del
combattimento di Guiglielmo duca di Normandia ass
Filippo di Valois da Eduardo III nel secolo XIV? Non al combattimento
del
medesimo re col cavaliere Ribaumont nell’assedio
ella Giarrettiera instituito in questo tempo in occasione degli amori
del
nominato Eduardo III per la contessa di Salisbury
combattimento è poco, e per uno scherzo è troppo? Potè almeno obbliar
del
tutto il Rapin il famoso combattimento de’ tredic
ni con tredici Francesi che rimasero vinti ed uccisi con tanta gloria
del
valore Italiano? Potè dimenticare le speciose dis
imenticare le speciose disfide di Carlo V e di Francesco I? il duello
del
barone di Jarnac col favorito di Errico II la Cha
co II la Chateigneraie che vi fu ferito a morte? in fine la disgrazia
del
medesimo Errico II ammazzato in una giostra dal c
conseguenza più interessante? Se dunque havvi de’ nei nella tragedia
del
Torrismondo, essi certamente non provengono da’ c
relli gregarii95, anche Egidio Saverio La Sante non meno pregiudicato
del
suo confratello Rapin, benchè più prudente, senza
enchè più prudente, senza compromettersi con entrare a render ragione
del
proprio giudizio contro del Torrismondo, si lusin
mpromettersi con entrare a render ragione del proprio giudizio contro
del
Torrismondo, si lusingò, in una sua orazione reci
un antro Di ninfe incantatrici, e ’l falso inganno Vera cagione è
del
rifiuto ingiusto; E fia di peggio. E Torrismond
il quadro di Alvida moribonda e di Torrismondo addolorato. Ecco parte
del
racconto che se ne fa: . . . . . . . . Il re tr
ma preoccupata o poco sensibile di Rapin e de la Sante, o l’ignoranza
del
Carlencas, o la stupidità de’ nostri scioli che a
. Siamo oramai avvezzi a una maniera di sceneggiare diversa da quella
del
Torrismondo. C’increscerebbe ne’ fatti precedenti
bocca dell’angustiato Torrismondo; delle lungherie della scena terza
del
medesimo atto di Torrismondo col consigliere, in
esagera e replica in varj modi e sotto varie forme le medesime cose;
del
racconto della Regina Madre de’ piaceri amorosi p
o è però che spogliato di tali frondi spiccherebbe meglio la vaghezza
del
frutto d’un ingegno in ogni incontro sublime97. Q
tte le commedie Spagnuole. E’ dunque (dicasi un’ altra volta con pace
del
Linguet) il Torrismondo una delle produzioni Ital
dell’autore; ma per quanto afferma il conte Mazzucchélli, gli autori
del
catalogo de’ codici mss della real libreria di To
ti in un discorso inserito nel tomo XXV della raccolta degli opuscoli
del
Calogerà. Il Vicentino Giambatista Liviera d’anni
o ebbe tanto di gusto che potè comprendere la bellezza dell’argomento
del
Cresfonte di Euripide, e ne compose la sua traged
zione è una, restringendosi alla sola morte d’Astianatte. Molti passi
del
Latino autore vi si veggono non infelicemente imi
riginale. Allorchè si fa entrare Astianatte nel sepolcro: l’Andromaca
del
Grattarolo esprime i concetti di Seneca con maggi
bisogna confessare che nell’atto IV l’Italiano rimane ben al di sotto
del
Latino. Lascio i tre versi d’Andromaca in occasio
erduto stimola sempre più all’inchiesta. Di più il personaggio ozioso
del
vecchio colla sua presenza nuoce alla scena; perc
arre anche da lui qualche notizia, e nol facendo, come nella tragedia
del
Grattarolo, manca in certo modo al proprio caratt
cena risorge, e si rende interessante, ripigliando gli antichi colori
del
materno timore, onde Ulisse prende argomento per
ltare il giudizio di Torquato per ciò che soggiungo omesso nell’esame
del
Torrismondo. Egli superiore a Seneca, ed anche a
i, ad eccezione di poche foglie, presentando degnamente lo spettacolo
del
campo greco, e del precipizio del real fanciullo
poche foglie, presentando degnamente lo spettacolo del campo greco, e
del
precipizio del real fanciullo dalla torre. Appart
resentando degnamente lo spettacolo del campo greco, e del precipizio
del
real fanciullo dalla torre. Appartengono a quest’
o del real fanciullo dalla torre. Appartengono a quest’ultimo periodo
del
secolo parimente l’Irene, l’Almeone, l’Ermete e l
periodo del secolo parimente l’Irene, l’Almeone, l’Ermete e l’Arianna
del
Giusti, l’Arsinoe di Niccolò degli Angeli, l’Elis
te e l’Arianna del Giusti, l’Arsinoe di Niccolò degli Angeli, l’Elisa
del
Closio, l’Acripanda di Anton Decio da Orta, la Gh
l’Elisa del Closio, l’Acripanda di Anton Decio da Orta, la Ghismonda
del
Razzi, il Principe Tigridoro del Miari, la Tullia
di Anton Decio da Orta, la Ghismonda del Razzi, il Principe Tigridoro
del
Miari, la Tullia feroce di Pietro Cresci, ed alcu
ue opera teatrale. Ravviva la storia delle tragedie degli ultimi anni
del
secolo la Semiramide di Muzio Manfredi da Cesena,
ervire d’esempio a chi vuol comporre tragedie. Anche il dotto editore
del
Teatro Italiano ne portò un vantaggioso giudizio,
. Si distingue (egli dice) talmente con l’eloquenza, colla franchezza
del
dire, e col giro e spezzatura del verso, che quel
e con l’eloquenza, colla franchezza del dire, e col giro e spezzatura
del
verso, che quel luogo che tiene l’ Edipo per l’or
vrai che tel destino. Prevede Imetra le vicine funeste conseguenze
del
di lei empio disegno, ed a costo di qualunque ris
era e robusta nè aliena dal di lei stato, la quale fa ammirare l’arte
del
poeta senza ch’egli si discopra. Fralle altre cos
dea sembri negli atti e nel sembiante, Se la tua gloria gira al par
del
Sole, A che cerchi oscurarla? a che defraudi
sante angustia alla fortuna di Nino e Dirce, per le nozze detestabili
del
figlio colla madre, e per quelle di Anaferne con
l’incesto, nel che si mette sempre più in vista il tragico contrasto
del
carattere di Nino colla passione di Semiramide, e
fine Beleso nulla sperando dalle armi della ragione ricorre a quelle
del
suo ministero, e la minaccia per parte degli dei,
arla nell’atto IV. Il racconto fatto con colori veri e vivaci è degno
del
pennello di Euripide, e forse di Dante e di Omero
ce di mezzo, non rimanga altro ostacolo da vincere in Nino che quello
del
peccato; ma saprà Nino (ella dice per bocca d’Ime
credi al sepolcro di Clorinda, principia colla pittura più espressiva
del
di lui dolore alla vista de’ figli e di Dirce:
a è mia madre, i miei figliuoli e Dirce, Come viver poss’ io cagion
del
tutto? Disse, e nel volto diventò di neve, E
grandezza di stile e per versificazione vince quasi tutte le tragedie
del
cinquecento. Il Manfredi è stato il meno avido di
rse avrebbero impedita nel seguente secolo l’escursione e i progressi
del
mal gusto. Quasi a’ giorni nostri il celebre Marc
’ giorni nostri il celebre Marchese Maffei vi fece alcuni troncamenti
del
meno importante, e la fe rappresentare in Verona
vocato Linguet se vi sieno stati determinati piuttosto dalla tragedia
del
Manfredi abbigliata alla greca, che da’ gotici dr
la tragedia del Manfredi abbigliata alla greca, che da’ gotici drammi
del
Virues e del Calderon. Al Manfredi dobbiamo parim
el Manfredi abbigliata alla greca, che da’ gotici drammi del Virues e
del
Calderon. Al Manfredi dobbiamo parimente un volum
esto titolo gliele fe parere degne di uscire alla luce dopo la Merope
del
conte Torelli. Nella decimanona indirizzata a Gab
a che gli si mandi un esemplare della traduzione di Girolamo Moncelli
del
Cristo, avendo saputo di essersi stampata. Furonv
lui produzioni pur manoscritte si trovava in Roma nel 1756 in potere
del
commendatore Vettori parente di Pietro102. Rimett
nte di Pietro102. Rimettiamo i leggitori alle drammaturgie, all’opera
del
Quadrio ed a qualche altro che si ha presa la cur
che ove si tarlano, molti drammi sacri parte impressi e parte inediti
del
medesimo periodo. Tra essi possono togliersi dall
oso autore delle poesie maccaroniche sotto il nome di Merlin Cocajo e
del
raro poema romanzesco l’Orlandino pubblicato col
poema romanzesco l’Orlandino pubblicato col nome di Limerno Pitocco,
del
quale nel 1773 fece in Parigi una elegantissima e
orredandolo di curiose ed erudite note. Lo stesso Folengo, ad istanza
del
Vicerè di Sicilia Don Ferrante Gonzaga, compose i
drammatica intitolata la Pinta, o la Palermita intorno alla creazione
del
mondo e alla caduta di Adamo. Col bellissimo sogg
a creazione del mondo e alla caduta di Adamo. Col bellissimo soggetto
del
greco Cresfonte maneggiato dal conte Pomponio Tor
titolo di Merope possiamo chiudere la storia delle tragedie Italiane
del
cinquecento. Fioriva in Parma verso la fine del s
lle tragedie Italiane del cinquecento. Fioriva in Parma verso la fine
del
secolo l’Accademia degl’ Innominati, di cui era i
ita Mons. Fontanini nell’Eloquenza Italiana l’edizione della Merope e
del
Tancredi fatta in Parma nel 1598, e poi quella di
edi fatta in Parma nel 1598, e poi quella di tutte le cinque tragedie
del
1605, cioè tre anni prima della morte dell’autore
tre anni prima della morte dell’autore. Ma la Merope s’impresse prima
del
1591, per quel che ne scrisse il prelodato Manfre
il tempo prefisso alle sue nozze col tiranno; e nell’atto II lo stato
del
tiranno tormentato anche in pace da mille moleste
che giustifica le scelleraggini. Ecco in qual guisa argomenta contro
del
Capitano della sua guardia: Le leggi e ’l gius
arrogat armis. Notabile sembrami parimente nell’atto V l’artificio
del
poeta nel rendere verisimile l’ardito colpo di Te
poeta nel rendere verisimile l’ardito colpo di Telefonte. Per ordine
del
tiranno fa che i satelliti rimangansi all’entrata
nte. Per ordine del tiranno fa che i satelliti rimangansi all’entrata
del
tempio, e che Gabria nel darne e farne eseguir gl
e delle tragedie di quel tempo. Non ne vanno esenti le altre tragedie
del
Torelli, e nè anche la Victoria e ’l Tancredi, le
arbitrarie decisioni, può ricavarsi l’indole della tragedia Italiana
del
XVI secolo. Ella fu un nobile ritratto della Grec
Per lei divenne più ricco il teatro cogli argomenti della Sofonisba,
del
Torrismondo, della Semiramide, del Tancredi, dell
o cogli argomenti della Sofonisba, del Torrismondo, della Semiramide,
del
Tancredi, della Tullia, dell’Orazia, ignoti a’ Gr
ll’Orazia, ignoti a’ Greci, e somministrati a’ posteri dagl’ Italiani
del
cinquecento. Ma quando anche queste nuove favole
enza riserva di pedanteria e di greca affettazione i tragici Italiani
del
cinquecento? E senza prima osservare le vestigia
chi se non all’Italia si debbe l’aver fatte risorgere le sagge regole
del
teatro? Or non sognava Voltaire allorchè scrisse:
a non si prefissero se non di richiamare sulle moderne scene la forma
del
dramma de’ Greci, e non già l’intero spettacolo d
uesto ha voluto avanzare a’ giorni nostri l’Avvocato Mattei ornamento
del
paese ammaestrato da Pitagora. Questa (egli dice1
) che noi ora chiamiamo tragedia, è una invenzione de’ moderni ignota
del
tutto agli antichi. Crede egli dunque che il cant
le greche tragedie? Non furono i primi nostri scrittori, specialmente
del
cinquecento, quelli che mostrarono all’Europa l’e
lmente del cinquecento, quelli che mostrarono all’Europa l’erudizione
del
greco teatro? Non insegnarono essi tutto ciò che
giorni nostri? Qual nuova cosa ci ha rivelato la singolare erudizione
del
Signor Mattei? Forse che la tragedia e la commedi
mato Scamozzi, il quale avea terminato il teatro Olimpico sul disegno
del
Palladio. Fu eretto questo teatro dall’istesso Ve
o per le compagnie de’ Sempiterni, degli Accesi e della Calza. Quello
del
Sansovino si alzò in Canareggio, e quello del Pal
i e della Calza. Quello del Sansovino si alzò in Canareggio, e quello
del
Palladio nella Carità. In quest’ultimo si rappres
d in quali altre se ne fossero allontanati. 74. Vedi l’epistola 35
del
libro XXIII di Erasmo, il quale però parmi che lo
mmenda assai, e lo considera come il restauratore dell’antica decenza
del
teatro, e Paolo Giovio, e Pierio Valeriano, e Lea
Gregorio Giraldi nel Dial. 1 De Poet. sui temp. 77. V. l’Epist. 50
del
Sabellico. 78. Martirano lo dipinge soltanto in
διδασκω’ τοις κρατοῦσι δ’ εικαϑειν. 81. Pag. 394. 82. Nel Prologo
del
Tomo VI. 83. Lasciamo ancora la Susanna del Sacc
g. 394. 82. Nel Prologo del Tomo VI. 83. Lasciamo ancora la Susanna
del
Sacco da Busseto ed altri simili drammi a i desid
s nell’articolo V. 85. Lasciamo pure al Signor Lampillas il giudizio
del
Varchi dichiarato nemico del Trissinoche nelle su
amo pure al Signor Lampillas il giudizio del Varchi dichiarato nemico
del
Trissinoche nelle sue Lezioni biasimava la locuzi
simava la locuzione della Sofonisba (di che veggasi il citato art. Vù
del
Discorso Stor. Crit.). Voltaire giudice picompete
Il Fontanini nell’Eloq. Ital. fa solo menzione dell’edizione di Roma
del
1726. 88. V. il Tiraboschi t. VII, parte III. 8
’Orbecche. 91. Vedi ciò che ne dice il Conte Calepio nell’articolo V
del
capo I. 92. Della tragedia del Leonico favella i
dice il Conte Calepio nell’articolo V del capo I. 92. Della tragedia
del
Leonico favella il Crescimbeni nel tomo I, e dice
lacci continuandola sino al 1755, registrarono come un’altra tragedia
del
Leonico la Daria, ma il lodato Zeno avverte ancor
o avverte ancora che Daria è un personaggio principale della tragedia
del
Soldato, e che la Daria, e ’l Soldato sono una so
ola tragedia. 93. Vedi la lett. 145 scritta da Nancì a’ 25 di maggio
del
1591. 94. Nel III libro della Cosmografia. 95.
re di carta che parla de’ Greci e de’ Latini come un assonnato, e che
del
teatro Italiano altre notizie confessò di non ave
di non avere, se non quelle mal digerite acquistate col grande studio
del
Mercurio di Francia in cui s’immerse verso il 173
lui Vita l’eruditissimo Ab. Serassi cita in tal proposito una lettera
del
Tasso a Licino ed un’ altra al Signor Cristofano
l Signor Andres ad affermare con tanta franchezza de’ drammi Italiani
del
cinquecento, che la freddezza e la lentezza dell’
in Verona ed in Venezia e della Semiramide in Verona, e dell’Aminta e
del
Pastor fido in Napoli ed altrove, e di molte e mo
volle avervi la sua parte. 102. V. le Memorie per servire alla vita
del
Senator Pietro Vettori pubblicate da Angelo Maria
e i tragici Greci pag. 194. 105. Di ciò vedasi il Temanza nella Vita
del
Palladio presso il Tiraboschi.
ARTICOLO VIII. Degl’Inventori
del
Dramma Pastorale. La Poesia Pastorale ha una o
ttere, non l’Ecloghe soltanto, ma i Satiri risorsero ancora nell’Egle
del
Giraldi Cintio. Di essa così discorre l’Autore ne
risu. Intanto nel secolo XV. era nato nell’Italia ancora nell’Orfeo
del
Poliziano un Dramma Pastorale con fine tragico, c
contrade. Prese indi forma migliore la Pastorale nel XVI. fralle mani
del
Beccari, e si perfezionò fra quelle del Tasso. Qu
astorale nel XVI. fralle mani del Beccari, e si perfezionò fra quelle
del
Tasso. Quì ci muove lite l’Apologista erudito, e
tori della Pastorale, perchè “sino al 1554. quando uscì il sacrifizio
del
Beccari, può dirsi che non fu conosciuto in Itali
i quelle ragioni, che in Ispagna diconsi de Pedro Grullo, e in Italia
del
Dottor Graziano, le quali si conobbero anche da’
a’ fatti. Per qual ragione l’Apologista esclude il Cefalo, e l’Orfeo
del
XV. secolo? Perchè, risponde, essi non meritano i
. Abate per trovare ragioni da rimovere dal giudizio I due Pellegrini
del
Tansillo, e l’Ecloga del Caro; e intanto si lasci
ni da rimovere dal giudizio I due Pellegrini del Tansillo, e l’Ecloga
del
Caro; e intanto si lascia dietro un nemico non me
’Ecloga del Caro; e intanto si lascia dietro un nemico non meno forte
del
Cefalo, e dell’Orfeo, cioè l’Egle del Giraldi pub
dietro un nemico non meno forte del Cefalo, e dell’Orfeo, cioè l’Egle
del
Giraldi pubblicata nove anni prima del sacrifizio
alo, e dell’Orfeo, cioè l’Egle del Giraldi pubblicata nove anni prima
del
sacrifizio del Beccari. Ma l’Egle per l’Apologist
eo, cioè l’Egle del Giraldi pubblicata nove anni prima del sacrifizio
del
Beccari. Ma l’Egle per l’Apologista può essere un
in un punto, che dipende dalle date? Rigetta l’Apologista l’opinione
del
Quadrio, che il Rueda fiorisse verso il 1560., e
oè che poco dopo il Rueda morì. Forse non si può morire nel più bello
del
fiorire? Non potendo l’Apologista presentare data
In secondo luogo dite, che Castillejo certamente fiorì da’ primi anni
del
secolo sino al quaranta. Questa parola certamente
ura delle certezze, che avete intorno alla vita di Vasco di Fregenal,
del
Maestro Perez, e di Lope de Rueda. E donde cavate
Cisterciensi, e morì nel 1596.1. Se dovea egli fiorire ne’ primi anni
del
XVI., se quel che i Greci dicono ἀκμὴ, vigore, si
tabile senza bussola? Avete detto che Castillejo fiorì ne’ primi anni
del
secolo; e dite poi nella p. 178., che fiorì verso
gli Apologisti durano que’ primi anni? Fino a’ 30.? a una terza parte
del
secolo? Così andate cangiando linguaggio, e perde
nziano Giovanni Timoneda impresse nel 1567. le Commedie, e i Colloquj
del
Rueda: ma Timoneda era amico del Rueda, e impress
nel 1567. le Commedie, e i Colloquj del Rueda: ma Timoneda era amico
del
Rueda, e impresse in Siviglia qualche opera nel 1
a. Non è questa una illazione ben dedotta? Lascio che la parola amico
del
Rueda porta la marca dell’officina Lampigliana, e
eda porta la marca dell’officina Lampigliana, e la data dell’Edizione
del
Saggio. Mi ristringo solo a domandare, se pare al
enta, o più anni appresso? E l’avere il Timoneda stampate le Commedie
del
Rueda dopo la di lui morte, è pruova della loro a
? Quai ragioni, amico D. Saverio! E poi chiamate deboli le congetture
del
Signorelli? Ammetto intanto la correzione già da
l’enorme equivoco di aver chiamati Colloqui Pastorali tutte le Favole
del
Lope, quando tra essi vi sono anche delle Commedi
contracambio avverto il Sig. Lampillas a leggere El Viage Entretenido
del
buon Poeta Agostino de Roxas, che egli forse in f
olò El Viage entretenido. Ora, caro Abate Apologista, alcuni Dialoghi
del
mestiere, della vita laboriosa de’ Commedianti Sp
rità ben altra cosa che una Storia de’ Teatri delle antiche Nazioni e
del
Teatro Spagnuolo. Bisogna che qualche maladetto i
logetica avvenne alle Commedie di Cervantes) avesse cambiato il Libro
del
Roxas: in somma faccia egli, che farà sempre bene
mpre bene al solito. Mi dica solo; questa trasformazione de’ Dialoghi
del
Roxas su la vita de’ Commedianti Spagnuoli in Ist
e un Dramma), resta ancora ricca di versi 1200. Ed ecco il fondamento
del
giudizio del Signor Lampillas per istallare a Dra
resta ancora ricca di versi 1200. Ed ecco il fondamento del giudizio
del
Signor Lampillas per istallare a Dramma un’ Eclog
l’Italia, che l’istesso Apologista, il quale toglie a’ due Pellegrini
del
Tansillo il titolo di Dramma, che pure ha un’ azi
in cui non v’ha operazione alcuna compiuta, nel che è posta l’essenza
del
Dramma, come è chiaro dalla stessa voce1. Così l’
to illustre Poeta: perchè non le picciole macchie, ma la massa intera
del
loro luminoso merito poetico dee tenersi avanti g
n mente sino a questi dì, nè a straniero, nè a nazionale veruno prima
del
Signor Lampillas. L’istesso Garcilasso mai non pe
ente Ecloga, trascrivendo in gran parte di essa i pensamenti bucolici
del
nostro Sannazaro, e con questo nome essa corse pe
ritica de’ teatri Antichi e moderni Libro X Teatro Italiano
del
XVIII secolo e de’primi anni del XIX Capo I
ni Libro X Teatro Italiano del XVIII secolo e de’primi anni
del
XIX Capo I Tragedie Reali R isorgev
Capo I Tragedie Reali R isorgeva a gran passi nel cader
del
secolo XVII il gusto della vera eloquenza nelle c
i fonti. Il cardinal Delfino ed il barone Caracci furono i precursori
del
rinascimento della tragedia italiana senza esser
col nome di Mirtillo, munito di dottrina, d’ingegno e di gusto, emulo
del
Maffei e del Gravina(a), avea cominciato a compor
irtillo, munito di dottrina, d’ingegno e di gusto, emulo del Maffei e
del
Gravina(a), avea cominciato a comporre qualche dr
il tenero e patetico di Perselide, la dipintura di un Ottomano geloso
del
potere, e perciò crudele, di Solimano, conferisco
l’ atto IV è il discorso di Solimano dopo di aver deliberata la morte
del
suo gran figlio ; vi si mostra a maraviglia in qu
ima forte. Siate fidi al Soldano, siane in difesa ai troni Il braccio
del
tuo sposo che com’io gli perdoni. Addio. Perselid
à cred’ io) Giugnerà a Zeanghire, digli a mio nome addio : Digli che
del
suo nome nelle note a me care Partir tu mi vedest
il luogo delle Gemelle Capuane o di qualche altra poco più importante
del
Teatro Italiano compilato dal Maffei ? A ciò per
iffinisce i primi progressi della tragedia italiana sin dal principio
del
XVIII secolo, è appunto la saggia imitazione che
lli dell’ Ifigenia in Tauri e dell’ Alceste di Euripide. Gl’ Italiani
del
secolo XVI aveano trasportati nel nostro idioma i
i con troppa scrupolosa osservanza delle antiche vestigia. I Francesi
del
XVII fecero un passo di più maneggiandoli in guis
ificio della moderna economia. Il confronto dell’ Ifigenia in Tauride
del
greco autore con quella del Martelli mostrerà sem
a. Il confronto dell’ Ifigenia in Tauride del greco autore con quella
del
Martelli mostrerà sempre a’ giovani studiosi la m
e. Chi si sovverrà dell’ Alceste greca, avendo sotto gli occhi quella
del
Martelli, vedrà nella moderna conservato l’intere
indecenti altercazioni di Admeto col padre(a) Impaziente parimenti
del
risorgimento della nostra tragedia il celebre cal
o dall’istesso Martelli. Ma s’ingannò in più maniere nell’ esecuzione
del
suo disegno. Pieno com’era della più riposta erud
li apologisti preoccupati. Il regno di Napoli produsse ne’ primi anni
del
secolo XVIII due altri pregevoli scrittori di tra
e ; vivo è il ritratto de’ favoriti nell’ atto III ; buona è la scena
del
IV in cui Sejano intima il divorzio ad Apicata ;
i si notano varii passi tragici bene espressi. La Virginia, mal grado
del
buou dialogo d’Icilio e Numitore nell’ atto I, e
ginia, mal grado del buou dialogo d’Icilio e Numitore nell’ atto I, e
del
racconto felice e senza ridondanza del di lei amm
lio e Numitore nell’ atto I, e del racconto felice e senza ridondanza
del
di lei ammazzamento, si posporrà sempre a tutte l
. Lodevole nell’atto I è il ritratto che in Tito si fa de’ partigiani
del
regno ed in Furio de’ repubblicani, sul gusto del
ata in Napoli con ammirazione e diletto universale sotto la direzione
del
celebre Andrea Belvedere, fu il trionfo del Pansu
ersale sotto la direzione del celebre Andrea Belvedere, fu il trionfo
del
Pansuti. Nel trattar questo argomento dopo l’Aret
per lei tanto funesta per la morte dello sposo, e finalmente l’azione
del
V interessante per l’ammazzamento di Orazia, pel
icolo di Orazio condannato, e per la patetica aringa di Publio in pro
del
figlio superstite che commuove il Popolo Romano.
i Saverio Pansuti fe l’immortale Alessio Simmaco Mazzocchi nel capo I
del
dottissimo commentario dell’ Anfiteatro Campano.
i, e glorioso ancora per la rinunzia dell’arcivescovato di Salerno, e
del
vescovato di Lecce a lui offerti, morì nel 1753 a
5, il Crispo e la Polissena. Non fu solo il Martelli ne’ primi lustri
del
secolo che seppe unire alle bellezze del greco co
il Martelli ne’ primi lustri del secolo che seppe unire alle bellezze
del
greco coturno la saggia maniera d’interessare i m
greco, col patetico pennello di Euripide, e coll’ eleganza armoniosa
del
Raoine sceneggiandolo alla moderna, e vinse con m
versificazione il Martelli, colla gravità il Gravina, e colla purezza
del
linguaggio il Pansuti. Meritò la di lui Polissena
issena, che da Pietro di Calepio si preferisse nel confronto a quella
del
La Fosse pel piano meglio ragionato, pel costume
o in lui sì poco vivaci al confronto da farne dimenticare la bellezza
del
piano, la convenevolezza del costume ed il pateti
nfronto da farne dimenticare la bellezza del piano, la convenevolezza
del
costume ed il patetico. E quanto alle nutrici (qu
cali in fine di ciascun tomo. Tommaso Carapelle pose in musica i cori
del
Domiziano : Domenico Sarro quelli de’ Massimini :
del Domiziano : Domenico Sarro quelli de’ Massimini : Leonardo Vinci
del
Massimiano : Francesco Durante del Flavio Valente
lli de’ Massimini : Leonardo Vinci del Massimiano : Francesco Durante
del
Flavio Valente : Giovanni Adolfo Hasse detto il S
della Sofronia : Nicola Porpora dell’Ermenegildo : Francesco Mancini
del
Maurizio : il Principe Milano di Ardore poi March
l Maurizio : il Principe Milano di Ardore poi Marchese di San Giorgio
del
Ridolfo ; di maniera che questi due volumi conten
Per saggio della maniera di colorire da lui usata vedasi un frammento
del
racconto che fa Eustachio a Simile delle sue avve
grido, e valli ed antri Gridan Teopista ancor ; l’ode la bella Cagion
del
pianto mio, che vuol nell’onde Precipitarsi, o pe
to insidiatore strappa dalla bocca di Leovigildo la sentenza di morte
del
figliuolo, se non rinunzii al culto cattolico ; e
di consigliar regnanti. Questo è pungere alla maniera di Euripide e
del
calabrese Gravina, cioè dipingendo i caratteri se
, prima che il sig. di Voltaire avesse composta l’Alzira. Ma a’giorni
del
Voltaire la Francia avea un teatro tragico già ri
spettato e frequentato per Corneille e Racine ; là dove l’Ermenegildo
del
Marchese circoscrisse il suo trionfo fra’leggitor
se circoscrisse il suo trionfo fra’leggitori delle tragedie cristiane
del
Marchese senza passare su di un pubblico teatro a
hese senza passare su di un pubblico teatro accreditato. Prima ancora
del
Manasse del Granelli ritrasse il Marchese egregia
assare su di un pubblico teatro accreditato. Prima ancora del Manasse
del
Granelli ritrasse il Marchese egregiamente un pri
tragedie di prima fila che ha preceduto il sacrificio fatto da Arpago
del
proprio figlio per salvar la vita al picciolo Cir
del proprio figlio per salvar la vita al picciolo Ciro nel melodramma
del
gran Metastasio. Ed è in questo del Marchese assa
a al picciolo Ciro nel melodramma del gran Metastasio. Ed è in questo
del
Marchese assai più teatrale e patetico, perchè no
di virtù e di eroismo prevenne il Marchese anche l’Orfano della China
del
Voltaire, benche in questo è maggiore l’eroismo d
rfano della China del Voltaire, benche in questo è maggiore l’eroismo
del
cambio che fa Idamè del proprio figlio per l’Orfa
ltaire, benche in questo è maggiore l’eroismo del cambio che fa Idamè
del
proprio figlio per l’Orfano reale, perchè è il pa
ù di una tragedia degna dell’attenzione degl’intelligenti conoscitori
del
teatro e del sublime e del patetico che tanto sov
edia degna dell’attenzione degl’intelligenti conoscitori del teatro e
del
sublime e del patetico che tanto sovrastano ai de
l’attenzione degl’intelligenti conoscitori del teatro e del sublime e
del
patetico che tanto sovrastano ai declamatori esan
Giunio Bruto, Marco Bruto, Giulio Cesare, Druso. Il pregio singolare
del
suo stile è la gravità, la precisione e la verità
tile è la gravità, la precisione e la verità propria della passione e
del
teatro, per la quale il Conti costantemente schiv
orso nel teatro di San-Samuele, oltre a i pregi generali dello stile,
del
costume e del metro, si rende notabile per la for
o di San-Samuele, oltre a i pregi generali dello stile, del costume e
del
metro, si rende notabile per la forte aringa di B
nteressante, e compose la Merope che dopo la prima edizione di Modena
del
1713 n’ebbe oltre a sessanta altre, si recò in ta
ne e diletto. Una delle migliori edizioni che se ne fecero, fu quella
del
1735 colla prefazione del marchese Ginseppe Orsi
gliori edizioni che se ne fecero, fu quella del 1735 colla prefazione
del
marchese Ginseppe Orsi e con annotazioni di Sebas
i stessi l’accolsero con sinceri encomii(a). A chi è ignota la Merope
del
Maffei ? Chi nel mentovarla non si sovviene di qu
lla interessante semplicità di condotta ? della verità de’caratteri ?
del
mirabile vivo ritratto di una madre ? della dolce
fetti ? di quel vago racconto di Egisto nell’atto I, e dell’avventura
del
IV conservataci da Aristotile e da Igino, in cui
ne a tempo a trattener la madre che stà per trafiggere il figliuolo ?
del
vivace atto V ove tutto mira al disviluppo felice
rata con maestria ? Dall’altra parte chi non sa ripetere colle parole
del
Voltaire che i Francesi schivi non soffrirebbero
arla della febbre di Merope ? che questa regina per iscarsezza d’arte
del
poeta si avventa due volte ad Egisto colla scure
una grande rivoluzione e l’ammazzamento di un re ? Gli sforzi stessi
del
Voltaire per deprimerla, dopo di essersi ornato d
ibutati all’originale. E perchè serbando l’onorato carattere di amico
del
Maffei non avrebbe potuto versar su di lui che a
ntichi Davi umilia la letteratura, copre di fosche nuvole il chiarore
del
secolo ed abbassa Voltaire. La Merope del Maffei
i fosche nuvole il chiarore del secolo ed abbassa Voltaire. La Merope
del
Maffei non va esente da’nei ; ma qual produzione
oduzione teatralo puo vantarsi di una perfezione assoluta ? La Merope
del
Voltaire non ha difetti ? Sovvenghiamoci di quant
Sovvenghiamoci di quanto ne ragionammo trattando de’tragici francesi
del
XVIII secolo. I Francesi stessi ne rilevarono di
iamò Voltaire traduttore, copiatore, piggioratore ancora della Merope
del
Maffei specialmente nell’atto V. Volle poi quest’
gedie rimasero nascendo sepolte ? perchè non vide che senza la Merope
del
Maffei, senza quella ch’ei chiama povertà italian
ua ed il teatro inglese, senza che fosse stata preceduta dalla Merope
del
Maffei ? L’anonimo oscuro che tante cose ignorava
o nelle tenebre in cui si avvolgeva, di scagliarsi contro l’originale
del
Maffei e la copia del Voltaire, produzioni di due
si avvolgeva, di scagliarsi contro l’originale del Maffei e la copia
del
Voltaire, produzioni di due ingegni grandi, cui e
cademia Filarmonica fece innalzare, mentre egli era assente, il busto
del
Maffei con questa iscrizione : Marchioni. Scipio
uit Anno MDCCLV (a). Intorno al medesimo tempo uscirono la Demonice
del
veneziano Giambatista Recanati, e la Didone del b
uscirono la Demonice del veneziano Giambatista Recanati, e la Didone
del
bolognese Giampieri Cavazzoni Zanotti. La prima r
e Feneati narrata da Plutarco ne’Paralleli con tutte le particolarità
del
fatto de’Curiazii ed Orazii. Trionfa in essa l’am
ia in ogni incontro. L’ammazzamento dell’addolorata Demodice per mano
del
fratello Critolao avviene appunto per le di lei i
ll’azione mal connessi episodii dell’amicizia di Eurindo e Critolao e
del
conflitto di costui col leone e degli amori di La
emodice che ha penetrato che il suo sposo Alceste sarà il competitore
del
fratello Critolao, così si esprime : S’ei riman
essa è la maraviglia e la tristezza di lei al silenzio indi al partir
del
Trojano con poche compassate parole ; ma pregevol
grime, i sospiri ec. O Enea che mi abbandoni, o mie speranze, O sacra
del
moi sposo ombra gradita, O mio onore, o decoro, o
a quinta dell’ atto IV ci sveglia l’idea dell’ abbandono di Armida, e
del
combattuto Rinaldo che si sente morire, e pur la
ie giornaliere delle gazzette straniere, afferma che nei primi lustri
del
nostro secolo il teatro italiano ebbe soltanto dr
a Didone si sono esclusi i cori, e l’uso in seguito n’è passato quasi
del
tutto. Anche nel 1721 s’impresse in Venezia l’Ezz
sato quasi del tutto. Anche nel 1721 s’impresse in Venezia l’Ezzelino
del
dottor Girolamo Baruffaldi ferrarese, che poi ebb
l’ uditorio e non da’ personaggi che stanno in iscena : e la mancanza
del
tempo richiesto perchè giunga Beatrice co’ sei co
po. Antigona madre di Giocasta (che Creonte volle far morire per mano
del
proprio figliuolo Osmene di lei marito) viene a T
e dice al marito che la cerchi, ed incontrandola (soggiugne) : Dille
del
moi destin la cruda istoria, Dille che la sua mad
inger non la potrò, stringila al tuo. Mentre si applaudiva la Merope
del
Maffei, l’abate Domenico Lazzarini di Morro patri
Sofocle, richiamando sulla scena tutto il terrore e la forza tragica
del
teatro di Atene. È scritto in endecasillabi ed et
uolo e col suicidio della figliuola. I non pochi amici dell’ autore e
del
severo gusto greco contrarii a Scipione Maffei, l
essa una piacevole satira scenica col titolo di Ruzvanscad il giovane
del
Vallaresso nobil veneto, parodia, disse il Bettin
, disse il Bettinelli, saporotissima tralle poche italiane. Discepolo
del
Lazzarini e seguace del di lui gusto tragico fu l
aporotissima tralle poche italiane. Discepolo del Lazzarini e seguace
del
di lui gusto tragico fu l’abate Giuseppe Salio pa
co fu l’abate Giuseppe Salio padovano morto giovine qualche anno dopo
del
1738. Egli compose tre tragedie col coro continuo
a ad Apostolo Zeno che la lodò. Il Conte di Calepio comendò la scelta
del
protagonísta nella Temisto, ma parve al Salio che
samente replicò il Calepio colla sua Confutazione di molti sentimenti
del
Salio, dopo di che più non si parlò delle di lui
i lui tragedie. Comunicato lo spirito di simil genere per la riuscita
del
Conti, del Martelli, del Zanotti, del Marchese e
die. Comunicato lo spirito di simil genere per la riuscita del Conti,
del
Martelli, del Zanotti, del Marchese e del Maffei,
o lo spirito di simil genere per la riuscita del Conti, del Martelli,
del
Zanotti, del Marchese e del Maffei, si diffuse pe
di simil genere per la riuscita del Conti, del Martelli, del Zanotti,
del
Marchese e del Maffei, si diffuse per l’Italia tu
per la riuscita del Conti, del Martelli, del Zanotti, del Marchese e
del
Maffei, si diffuse per l’Italia tutta, e molte tr
n Roma nel 1724 la sua tragedia il Conte Ugolino. La Morte di Achille
del
Conte Ludovico Savioli bolognese uscì in Bassano,
Storia Civile di Pietro Giannone, e pel libro De’ vizii e de difetti
del
mo lerno teatro, pubblicò sotto il nome arcadico
inia. Recitavansi in un teatrino, che sussisteva ancora verso la fine
del
secolo nel convenuto di Orvieto da’ suoi studenti
Agostini autore delle Vite degli Scrittori Veneziani. Alcune notizie
del
Bianchi da me riferite mi si comunicarono dal rip
e queste tragedie levò il grido e parve degna compagna o della Merope
del
Maffei o della Perselide del Martelli, o del Giul
do e parve degna compagna o della Merope del Maffei o della Perselide
del
Martelli, o del Giulio Cesare del Conti, o dell’E
compagna o della Merope del Maffei o della Perselide del Martelli, o
del
Giulio Cesare del Conti, o dell’Ermenegildo e del
Merope del Maffei o della Perselide del Martelli, o del Giulio Cesare
del
Conti, o dell’Ermenegildo e del Maurizio del Marc
ide del Martelli, o del Giulio Cesare del Conti, o dell’Ermenegildo e
del
Maurizio del Marchese. Toccò al Varano ed al Gran
lli, o del Giulio Cesare del Conti, o dell’Ermenegildo e del Maurizio
del
Marchese. Toccò al Varano ed al Granelli il vanto
morto in Ferrara carico di anni e di meriti letterarii a’23 di giugno
del
1788(a). Arricchi il teatro tragico di tre buone
nni di Giscala ed Agnese che si trovano impresse nelle Opere Poetiche
del
Varano pubblicate nella reale stamperia di Parma
icenza, dopo di essersi querelato nelle Novelle Letterarie di Venezia
del
Berno librajo veronese che nel 1745 su di un esem
gioventù, la quale verisimilmente l’avvicina all’epoca delle tragedie
del
Maffei, del Zanotti e del Recanati. Nobile, terso
quale verisimilmente l’avvicina all’epoca delle tragedie del Maffei,
del
Zanotti e del Recanati. Nobile, terso, elagante e
ilmente l’avvicina all’epoca delle tragedie del Maffei, del Zanotti e
del
Recanati. Nobile, terso, elagante ed alle cose ac
tanto nell’intervallo degli atti. L’azione immaginata con somiglianza
del
vero non è istorica, eccetto che nell’ àncora nat
ue oracoli sono le molle che muovono le passioni di una madre a danno
del
figliuolo sin dalle fasce, il quale vien salvato
tere tralle migliori tragedie italiane, credo che al compiuto trionfo
del
Varano si oppongano i due seguenti ostacoli. In p
principalmente l’effetto tragico, non sembra in esso vigoroso al pari
del
grande che concilia ammirazione ; ovvero, che è l
giati. La nobiltà ed eleganza dello stile, la regolarità, la bellezza
del
dialogo, il vivace colorito de’caratteri non disc
dal Demetrio tanto nell’Agnese quanto nel Giovanni di Giscala tiranno
del
tempio di Gerusalemme. Singolarmente quest’ultima
uita genovese Giovanni Granelli predicatore riputato, e bibliotecario
del
duca di Modena morto l’anno 1769, è l’altro autor
ca spesa da’fogli periodici. Il p. Granelli dunque beuchè dalle leggi
del
proprio istituto astretto a contenersi entro cert
confini che lasciano infruttuosa la più ricca fantasia, ed a privarsi
del
vantaggio che apportano sul teatro le femmine, co
arer talora un po uniforme quella stessa nobiltà, che l’anima elevata
del
Granelli prestava a’ suoi personaggi. Non essendo
alla gloria dell’Italia, perchè l’egregio autore avrebbe nella scuola
del
teatro apprese nuove delicatezze e perfezioni del
vece di limitarsi a rassomigliar nelle sue azioni sacre l’elevatezza
del
profetico linguaggio scritturale, si fosse dedica
itar la compassione ed il terrore tragico, e a migliorar la sublimità
del
Cornelio spogliandola dalle gonfiezze, ed il pate
e. Sedecia dedicata al cardinal Giorgio Spinola fu la prima tragedia
del
Granelli. È regolare e sceneggiata alla moderna,
o la benevolenza di chi ascolta, e danno luogo alla bella descrizione
del
pericolo di Evilmero nel bosco, e del combattimen
no luogo alla bella descrizione del pericolo di Evilmero nel bosco, e
del
combattimento di Giosia colla fiera. Merita parim
sraello Debba sperar salute, e quelle l’armi, Che di me non curando e
del
mio Tempio, In sua difesa infedelmente implori ?
to IV, che il Granelli ad imitazione di quella di Giojada dell’Atalia
del
Racine fa profferire a Geremia dell’eccidio di Ba
e pure è condotto con tanto senno che serve ad aumentare la grandezza
del
dramma. Manasse penitente ancora interessa, e nel
renduto migliore dalle disgrazie, e fra’moderni l’abbandono disperato
del
Radamisto del Crebillon, che riconosce e detesta
re dalle disgrazie, e fra’moderni l’abbandono disperato del Radamisto
del
Crebillon, che riconosce e detesta i passati suoi
di un figlio di Manasse salvato dal sommo sacerdote, forma gran parte
del
bello di questa tragedia. L’artifizio usato felic
alla propria imprudenza o credulità, è il titolo della terza tragedia
del
Granelli. La regolarità della condotta, la vivace
ondotta, la vivace espressione de’caratteri ben colpiti, l’eccellenza
del
dialogo, tutto ciò la rende al pari delle altre d
e l’intreccio, e lo scioglimento di una favola che non produce in pro
del
protagonista (io ne appello all’interno sentiment
contro Alcimene. Io sono (dice egli stesso) e fui suo nemico e geloso
del
real favore ch’ei solo ottiene : A farnelo cade
e prime tragedie italiane. Seila figlia di Jefte è l’ultima tragedia
del
Granelli. Seila è una sacra Ifigenia, il cui magn
liana la forza e l’evidenza dell’Alighieri alla vaghezza e leggiadria
del
Petrarca, scrisse in latino alcuni melodrammi tra
l 1707, e Bersabea nel 1708, e trasportò anche in latino i melodrammi
del
cardinale Ottoboni. Il riputato Fabroni che ne sc
rati, che anche coloro che non aveano famigliarità coll’antico idioma
del
Lazio, intendevano ottimamente l’espressioni del
à coll’antico idioma del Lazio, intendevano ottimamente l’espressioni
del
poeta. Proseguendo alla nostra guisa senza odii i
e le altre in Parma tra il 1752 e 1757. L’autore stesso nel Discorso
del
Teatro Italiano ci fa sapere che il Demetrio si r
affetti naturali e bene espressi, sono i meriti generali delle favole
del
Bettinelli. Vediamone qualche particolarità. Gio
allo, e per sì poco io muojo. Lo stile di questa favola non è quello
del
Granelli nè del Varano, ma si rende pregevole per
oco io muojo. Lo stile di questa favola non è quello del Granelli nè
del
Varano, ma si rende pregevole perchè naturale e p
azione e forse superflue sì la scena sesta dell’atto III che la prima
del
IV. In quella del III Saule domanda ad Abiele, se
erflue sì la scena sesta dell’atto III che la prima del IV. In quella
del
III Saule domanda ad Abiele, se il popolo entrere
ella del III Saule domanda ad Abiele, se il popolo entrerebbe a parte
del
suo paterno affetto, ove egli inclinasse al perdo
li inclinasse al perdono, ovvero si solleverebbe ? Ma le disposizioni
del
popolo nella Teocrazia come avrebbero potuto cang
dal proprio giuramento e dallo zelo temuto di Samuele per la volontà
del
cielo enunciata dal sacro oracolo ? Quanto alla p
lontà del cielo enunciata dal sacro oracolo ? Quanto alla prima scena
del
IV Saule potrebbe per l’affetto naturale venire c
ondano i sentimenti eroici, e lo stile si eleva alquanto su di quello
del
Gionata. Il fondo istorico dell’azione consiste n
Atene da Demetrio ; ma nel disviluppo prende la favola il portamento
del
Cinna di Pietro Cornelio, di cui si sono imitati
si non pare che abbiano destata la commozione, che recitandosi quelli
del
Cinna facea piangere il gran Condè all’età di ven
nel principio dell’ atto III è il contrasto che si ammira in Timandro
del
padre e dell’arconte, dell’amor de’figli con quel
lle quali Alceo e Biante un dopo l’altro annunziano la stessa volontà
del
Senato a Timandro, non si potevano ridurre ad una
ndro, nell’Areopago, e con Demetrio. L’autore non ignorava la censura
del
Voltaire alla Merope del Maffei, per essersi ques
n Demetrio. L’autore non ignorava la censura del Voltaire alla Merope
del
Maffei, per essersi questa regina due volte avven
lte avventata al figlio colla scure. Il Serse risale colla Semiramide
del
Voltaire ai Persi di Eschilo, adoprandosi un’ombr
aniera accreditati della scarsezza della luce, e dalla dubbia visione
del
fantastico simulacro, appunto come vien dal volgo
ioni il Cesare, il Maometto e la Semiramide. Il riputato concittadino
del
Chiabrera Innocenzio Frugoni tradusse il Radamist
he io sappia. Nulla lascia a desiderare l’ottima versione dell’Alzira
del
celebre traduttore di Teocrito e degli altri buco
a nè traduzione ; ed è scritta in prosa armonica seguendo il progetto
del
fu Diderot. Diremo su di essa di passaggio che se
gio principale. Romano Garzoni lucchese portò in italiano la Berenice
del
Racine, ed una dama di lui compatriotta rendette
el Racine, ed una dama di lui compatriotta rendette italiano il Bruto
del
Voltaire. Lorenzo Guazzesi tradusse competentemen
taire. Lorenzo Guazzesi tradusse competentemente l’Ifigenia in Aulide
del
Racine ; ma di tale versione parlando il dotto ab
cese in ventisette tometti due belle versioni dell’Ifigenia in Aulide
del
Racine, e degli Orazii di Pietro Cornelio. Di que
lla Biblioteca teatrale Pepoliana acconciamente tradotre la Sofonisba
del
Mairet dal dottor Mattia Butturini, la Marianne d
otre la Sofonisba del Mairet dal dottor Mattia Butturini, la Marianne
del
Tristan da Giuseppe Compagnoni, il Poliuto del Co
Butturini, la Marianne del Tristan da Giuseppe Compagnoni, il Poliuto
del
Corneille da Agostino Paradisi, la Fedra del Raci
e Compagnoni, il Poliuto del Corneille da Agostino Paradisi, la Fedra
del
Racine dal marchese Albergati Capacelli, l’Idomen
isi, la Fedra del Racine dal marchese Albergati Capacelli, l’Idomeneo
del
Crebillon da’prelodati Paradisi ed Albergati, Atr
ed Albergati, Atreo e Tieste dell’ istesso dal Pagani-Cesa, l’Atalia
del
Racine da Bonifacio Collina, l’Ester da Pietro Bu
Racine da Bonifacio Collina, l’Ester da Pietro Buratti, e l’Andromaca
del
medesimo da Gregorio Redi, il Gustavo Wasa del Pi
Buratti, e l’Andromaca del medesimo da Gregorio Redi, il Gustavo Wasa
del
Piron ottimamente da Francesco Gritti, la Polisse
Gustavo Wasa del Piron ottimamente da Francesco Gritti, la Polissena
del
La Fosse da Vincenzo Comarchi, l’Ifigenia in Taur
ortate nel nostro idioma e comparate. Il secondo presenta la versione
del
frammento che ci rimane del Cresfonte di Euripide
omparate. Il secondo presenta la versione del frammento che ci rimane
del
Cresfonte di Euripide comparandosi ciò che ce ne
lli che se ne sono occupati insino a noi, e segnatamente colla Merope
del
Voltaire tradotta ed analizzata ponendosi in vist
acchiude le versioni dell’Ifigenia in Aulide di Euripide, e di quella
del
Racine, e comparandole si rilevano i nei e le bel
rilevano i nei e le bellezze di entrambe. Non si procedette più oltre
del
tomo terzo, come si era prefisso l’autore, perchè
che contrade un nuovo ardore per la poesia tragica il generoso invito
del
sovrano di Parma che vi ricondusse in pro delle b
giorni de’principi Farnesi. Fra varie tragedie prodotte dal comparire
del
real programma per tutto l’anno 1782, cinque sole
itarono la corona nel certame parmense. Ottenne la prima nel concorso
del
1772 la Zelinda tragedia del conte Carlo Calini d
parmense. Ottenne la prima nel concorso del 1772 la Zelinda tragedia
del
conte Carlo Calini da Brescia, nella quale si ric
e si riconosce qualche somiglianza della languida Blanche et Guiscard
del
Saurin ; ma è grandissimo forse il numero de’buon
seconda corona di quell’anno si destinò al Corrado tragedia nazionale
del
conte Francesco Antonio Magnocavallo di Casal Mon
corona all’Auge tragedia dell’ascolano Filippo Trenta, il quale prima
del
real programma avea pubblicate altre due tragedie
avea pubblicate altre due tragedie, la Teone e l’Oreste. Nel concorso
del
1775 riportò la prima corona la Rossana del nomin
e l’Oreste. Nel concorso del 1775 riportò la prima corona la Rossana
del
nominato conte Magnocavallo, il quale è pure auto
rona avendo allora in preferenza di altre soddisfatto alle condizioni
del
programma, singolarmente colla proprietà dello st
amma, singolarmente colla proprietà dello stile, colla convenevolezza
del
costume e colla regolarità della condotta. Non ba
rà ciò per convincere i maldicenti Freloni enciclopedici dell’utilità
del
disegno del real Protettore, e per mostrare che l
onvincere i maldicenti Freloni enciclopedici dell’utilità del disegno
del
real Protettore, e per mostrare che l’Italia non
ttenere una corona dalle mani stesse di Apollo, secondo l’espressione
del
tante volte da noi mentovato Giovanni Andres. Ma
e mani almeno di questo scrittore che si compiace encomiar l’Ifigenia
del
Lassala e la Numanzia dell’Ayala ed anche l’Agame
l’Agamennone di Garcia de la Huerta, non dovrebbe, oltre della Merope
del
Maffei, sperar di esser coronato qualche altro It
66 fe imprimere la sua Arsene ben condotta e ben verseggiata non meno
del
suo, Giulio Sabino ; il conte Alessandro Carli au
1768 la Virginia. Io non preferirei quest’ultima nè all’Appio Claudio
del
Gravina, nè alle Virginie del Panzuti e del Bianc
rirei quest’ultima nè all’Appio Claudio del Gravina, nè alle Virginie
del
Panzuti e del Bianchi e del Bichierai. Quel veder
tima nè all’Appio Claudio del Gravina, nè alle Virginie del Panzuti e
del
Bianchi e del Bichierai. Quel vedere tre volte to
pio Claudio del Gravina, nè alle Virginie del Panzuti e del Bianchi e
del
Bichierai. Quel vedere tre volte tornare alla vis
i. Quel vedere tre volte tornare alla vista dell’uditorio l’ apparato
del
Decemviro per profferir la sentenza sulla condizi
rtire ed il restare de’personaggi non sempre avviene giusta le regole
del
verisimile, ma secondo il bisogno dell’autore. V’
assioni comuni a tutti i tempi, e a tutti i paesi traggansi dal fondo
del
cuore umano, in guisa che commuovano e chiamino l
anto : la riconoscenza di Telemaco col padre nell’atto III : la scena
del
IV tra Penelope ed Ulisse chiuso nell’armi, che s
enza che Ulisse si faccia conoscere. Nell’ atto V Penelope si lamenta
del
tripudiar che fanno i proci per la morte di Uliss
rde in troppo lunghi discorsi dopo tal notizia intempestivi. Trattasi
del
tutto, di un figlio unico suo sostegno, perduto U
ne un lungo racconto ? Ella intanto l’ascolta, ed al fine si sovviene
del
figlio. Tutto potrebbe passare, s’ella non fosse
re. Ella sviene, e ripigliando l’uso de’sensi si trova tralle braccia
del
tanto sospirato e pianto consorte. L’illustre aut
, e presentarci una tragedia eccellente, in cui contrappone a’ Romani
del
regnato di Tiberio i Germani di quell’ epoca, in
dute di Marco Bruto figlio di Cesare, ma non fa che infierisca contro
del
proprio padre ; ed in vece di fargli dire mentre
oco internato nella letteratura italiana, credendo tutte nella Merope
del
Maffei rincentrate l’Italiche grandezze tragiche.
’ atto II avviene l’annua adunanza de’ Cherusci, in cui dopo il canto
del
Bardo, Telgaste riferisce l’evento della sua sped
ada, che Velante gli dia la mano, abbraccia Tusnelda, e dice, Quando
del
fallo mio parla Telgaste, Deh parli ancor degli u
r Franceschi che ne avea pure scritta un’altra il Coreso. Ma l’Ulisse
del
Franceschi non si ristringe al suo ritorno in Ita
la scelta di uno sposo da farsi da Penelope tra’ Proci, gli artificii
del
saggio Ulisse per rompere l’alleanza de’ due aman
cia sino al fine, e lasci che avvenga il parricidio. Egli si discolpa
del
suo silenzio con Telegono nella scena settima del
o non potei ; Ulisse mai non vidi, e lungi o estinto Io lo credei. Nè
del
suo amor gli effetti Io potei paventar, che di so
on conoscesse Ulisse. E quanto al non paventar gli effetti dell’amore
del
suo allievo, egli parla contro a ciò che non igno
seguitava a tacere nè impediva le incestuose nozze. La Bibli tragedia
del
Conte Paolo Emilio Campi modanese s’impresse in M
interessa e commuove. Essa non contiene al solito un freddo racconto
del
passato, bensì una dipintura patetica della situa
atetica della situazione di lei ; ma il rimanente dell’atto I e parte
del
II si occupa negli amori di Mileto ed Idotea, e l
mpre i miei arcani ? E Cauno ? Avrebbe egli penetrato il senso iniquo
del
moi discorso ? Risponde Eurinoe che ella l’ignora
e l’attenzione e l’interesse. Uscì in Bergamo nel 1778 Calto tragedia
del
sommasco Giuseppe Maria Salvi lavorata su di un a
le immagini di nubi, di meteore, di raggi di luna cadente ec. proprie
del
Celtico poeta, come si vede nel racconto che fa C
stesso per lodatore e qualche suo compiacente amico ! L’indifferenza
del
pubblico e degli esteri è una condanna de’ suoi l
à scellerato contrito e ravveduto nelle avversità. Nella scena quarta
del
III otinamente seguente è il suo rifiuto della li
rna a te ? Tu cancellasti In pochi giorni da mia mente inferma L’idee
del
fanatismo e del furore. Entro al tuo bujo un favo
ncellasti In pochi giorni da mia mente inferma L’idee del fanatismo e
del
furore. Entro al tuo bujo un favorevol raggio Pur
a nella Drammaturgia dell’Allacci ; essa fu onorata di un bel distico
del
consigliere Guiseppe Aurelio di Gennaro eccelente
vono come il color nero sottoposto alle gemme perchè risaltino i nomi
del
Martelli, del Varano, del Marchese, del Granelli,
olor nero sottoposto alle gemme perchè risaltino i nomi del Martelli,
del
Varano, del Marchese, del Granelli, del Maffei, d
ttoposto alle gemme perchè risaltino i nomi del Martelli, del Varano,
del
Marchese, del Granelli, del Maffei, del Conti, e
gemme perchè risaltino i nomi del Martelli, del Varano, del Marchese,
del
Granelli, del Maffei, del Conti, e più altri. Ma
isaltino i nomi del Martelli, del Varano, del Marchese, del Granelli,
del
Maffei, del Conti, e più altri. Ma che diremo del
omi del Martelli, del Varano, del Marchese, del Granelli, del Maffei,
del
Conti, e più altri. Ma che diremo del Diluvio Uni
hese, del Granelli, del Maffei, del Conti, e più altri. Ma che diremo
del
Diluvio Universale, dell’Anticristo, di Adelasia
isto, di Adelasia in Italia, della Rovina di Gerusalemme, di Nabucco,
del
Davide, della Sara, ed altre tragedie dell’ olive
Burney presso Cooper Walker) si parla di Gesù Cristo, della Trinità,
del
libero arbitrio e della predestinazione, e quando
che ne dice un gazzettiere suo parziale, cioè che egli era il tragico
del
volgo e degli Ebrei. Ebbe nonpertanto il Ringhier
brato senza effetto da mani sì deboli, è stato però negli ultimi anni
del
secolo XVIII impugnato con meno infelice successo
acere di sfidarlo. Arrigo nell’ Odoardo infierisce atrocemente contro
del
proprio padre, più perchè gli ha tolta la sposa,
calchi di Bologna, che fu alcuni anni ministro degli affari esteriori
del
Regno d’Italia in Parigi, diede alla luce delle s
ideato un piano assai più convenevole per la scena tragica di quello
del
Shakespear. Confesseremo non pertanto che la scen
bievolmente, ne sembra anzi comica che tragica. Aggiungeremo per amor
del
vero, che il carattere della sua Cleopatra insidi
sì tragico, nè sì grande, nè sì teatrale, come quello della Clepatra
del
cardinal Delfino. Il riputato marchese Marescalch
te Placido Bordoni. L’erudizione che possiede, lo studio da lui fatto
del
cuore umano, la sua sensibilità, il gusto e l’ele
dano al pubblico. Il breve viaggio che egli fece in Napoli nel giugno
del
1796, mi partori insperatamente col piacere di ri
ta Ormesinda difenditrice della fortezza di Martos prigioniera in Fez
del
re Albumazar che le salvò la vita e ne divenne am
esinda viva. Teme che veduta da Consalvo possa egli vacillare ad onta
del
suo voto ; e tenta di evitare che s’incontrino, m
no singolarmente la virtù di Ormesinda, che implora per essi la pietà
del
sovrano. Intanto alcuni nemici Affricani assalgon
oismo. Ecco le scene che mi sembrano più teatrali. In prima la quarta
del
II atto di Alfonso che trova viva la figlia, e le
nsuperabile ed immenso ; e le impone di evitarlo. II la quinta scena
del
III in cui s’incontra Ormesinda con Consalvo, e s
tani, alternando rimproveri, preghiere e comandi. IV la scena seconda
del
IV, in cui Consalvo malgrado del divieto di Alfon
hiere e comandi. IV la scena seconda del IV, in cui Consalvo malgrado
del
divieto di Alfonso si presenta ad Albumasar, il q
ira a se tutto l’interesse e la compassione. Per saggio dello stile e
del
patetico che serpeggia in questa favola, se ne ve
lunghi sospir concesse A me di rivederti ed abbracciarti, L’acerbità
del
mio destino obblio… Se un di la patria rivedrai,
egio a le tue glorie Qual visse ella fra i ceppi, e qual morio… Oh tu
del
mio destin compagna amata, Rimanti in pace…tue vi
onsola Tanti infelici ed innocenti…io moro. L’altra tragedia inedita
del
Bordoni s’intitola i Templarii, e si aggira sulla
dall’altra parte reputati innocenti e sterminati solo per la rapacità
del
nomato re di Francia che aspirava alle loro immen
mmense ricchezze, da i Coneilii di Ravenna, di Salamanca e di Magonza
del
1310, e di Tarragona del 1312, come ancora da s.
neilii di Ravenna, di Salamanca e di Magonza del 1310, e di Tarragona
del
1312, come ancora da s. Antonino arcivescovo di F
sposo della figlia ; ed ella che vede in Fernando un grande appoggio
del
suo partito, o un valoroso e virtuoso cavaliere,
fia grata Sì rigida virtude ? Anagilda Ad Anagilda. Anche la settima
del
medesimo atto è singolare per la riconoscenza di
settima del medesimo atto è singolare per la riconoscenza di Fernando
del
proprio genitore in Rodrigo, mentre per difendere
on la spada sguainata. Una bellezza omerica si nota nella sesta scena
del
V, in cui Enrico descrivendo con verità di colori
sco Albergati Capacelli, ed all’ abate Bettinelli. Il Cerauno, al dir
del
conte Pepoli, imita un po troppo la celebre Olimp
a dall’ istesso è chiamata lirica e feroce. Deplorabilmente la Merope
del
Maffei fu ridotta in prosa dal medico Michele Sar
si attenda ai tratti pungenti che vi si spargono insipidamente contro
del
pontefice romano, questa sembra produzione di qua
ttasi allo stile, alla versificazione, alla maniera di colorire priva
del
tutto dell’ arte di ritrarre al vivo la natura, i
curai di farne un altro. Per la condotta dell’azione mi pare piggiore
del
Corradino ; pel carattere del protagonista non pu
a condotta dell’azione mi pare piggiore del Corradino ; pel carattere
del
protagonista non può morendo produrre veruno effe
altro regnicolo Francesco Mario Pagano di Brienza, uno delle vittime
del
1799. Ammirando l’uomo stimabile diremo in succin
atto ogni sforzo per abolirne la memoria, si è conformato all’ avviso
del
pubblico, e a noi basta di averla mentovata. Pass
Napoli. Il soggetto è tutto finto ; e solo il nome di Gerbino nipote
del
re Guglielmo di Sicilia, e l’intrigo amoroso di l
del re Guglielmo di Sicilia, e l’intrigo amoroso di lui con la figlia
del
re di Tunisi condotta alle nozze del re di Granat
igo amoroso di lui con la figlia del re di Tunisi condotta alle nozze
del
re di Granata, è tolto dalla novella quarta della
zze del re di Granata, è tolto dalla novella quarta della giornata IV
del
Decamerone di Giovanni Boccaccio. Tolse anche l’a
ede la rappresentazione. Il di più è un romanzo rattoppato di ritagli
del
Corradino di Antonio Caraccio, della Inès de Cast
to di ritagli del Corradino di Antonio Caraccio, della Inès de Castro
del
sig. La Mothe, e di altri, oltre di aver l’autore
remise in essa un discorso al lettore, in cui l’autore esalta i pregi
del
suo lavoro, ed aringa contro del Corradino del Ca
tore, in cui l’autore esalta i pregi del suo lavoro, ed aringa contro
del
Corradino del Caraccio. Alla prima dice in esso c
’autore esalta i pregi del suo lavoro, ed aringa contro del Corradino
del
Caraccio. Alla prima dice in esso che la tragedia
rebbe, che per noi moderni non sieno tragedie quelle che ci rimangono
del
teatro greco, non potendosi avere in conto di naz
episodici ; che lo stile delle antiche tragedie Italiane, cioè quelle
del
XVI secolo, manchi di armonia. Ci arresteremo un
arresteremo un poco su ciò che dicesi in tal discorso dell’ argomento
del
Corradino. Si maraviglia in prima l’autore che i
stato il primo a recarlo in iscena, quando è si noto che il Corradino
del
Caraccio comparve sin dal cadere del XVII secolo
uando è si noto che il Corradino del Caraccio comparve sin dal cadere
del
XVII secolo ; che il sig. Gaspare Mollo quindici
rima di lui un altro Corradino. Censura di poi il Pagano il Corradino
del
Caraccio chiamando episodico e freddo l’amore di
e di scene inutili e di espressioni che si risentono dell’ infelicità
del
secolo XVII, le quali cose trovansi esaminate nel
ccuratezza maggiore nella presente. Si scusa finalmente per gli amori
del
suo Corradino ; sostiene che sono tragici perchè
ante e tragico dopo di aver detto prima che è episodico e men tragico
del
fatto istorico(a) Noi in questa edizione ci aste
o(a) Noi in questa edizione ci astenghiamo di epilogare le sconcezze
del
piano, e dell’ esecuzione di tal componimento, tr
, l’oziosità di Roberto, le smemoraggini dell’ autore sul personaggio
del
duca di Austria, la malvagità scandalosa di Ermin
ù i miei voti perchè si provi a prender di nuovo per mano l’argomento
del
Corradino, e gli renda il patetico naturale con a
de’due cugini che v’ intruse il Caraccio, dalla malignità e debolezza
del
Salfi e dagli sconci amori e dagli episodii etero
debolezza del Salfi e dagli sconci amori e dagli episodii eterogenei
del
Pagano. Per riescirci altro non occorre che cerca
che sveglia la pietà per l’innocenza sventurata, ed i rimorsi tragici
del
protagonista ; e la Zelide della famiglia degli E
la quale uccide il proprio figlio non conosciuto credendolo assassino
del
figlio stesso. In questa Periandro, Zelide, Aleti
da Oreste, ed Ermione da se stessa. Lo stile è robusto, grave, degno
del
coturno ; cui gioverebbe purgare di alcune poche
e, benchè non isconvenga. Ma l’Eretteo ultima tragedia che io conosco
del
Cicala in grazia dell’ amicizia, per avventura su
tà dell’ azione e dell’ interesse che è tutto per Ottene. I caratteri
del
padre amante della figlia ma atterrito dalla supe
la patria e desta l’ardore de’ concittadini abbattuti ; Ottene amante
del
fratello e del padre che all’ udire che i numi ch
ta l’ardore de’ concittadini abbattuti ; Ottene amante del fratello e
del
padre che all’ udire che i numi chiedono il suo s
e per diversi tratti robusti fè concepire alte speranze nel declinat
del
secolo XVIII. Vigoroso nell’ atto I è il discorso
rafitto da cento colpi pensa a tramandare per una baccante la notizia
del
proprio eccidio ad un figlio allora fanciullo scr
variando il carattere di Clitennestra cui non fa rea dell’ uccisione
del
marito. Il Biamonti già mio Collega ed amico nell
ri felicità per diverse vie il Rucellai serbando i cori e la condotta
del
tragico Greco, ed il Martelli scortamente adattan
contiene un concetto non vero ; noi dobbiamo esser sinceramente paghi
del
lavoro del sig. Biamonti che ha dato nuovo e vivo
concetto non vero ; noi dobbiamo esser sinceramente paghi del lavoro
del
sig. Biamonti che ha dato nuovo e vivo interesse
anto richiede il genere. Capo III Co. PRoseguono nel cader
del
XVIII secolo i progressi del teatro tragico itali
apo III Co. PRoseguono nel cader del XVIII secolo i progressi
del
teatro tragico italiano, mentre quelli de’ France
o italiano, mentre quelli de’ Francesi che eransi tanto elevati, dopo
del
Voltaire, lungi dal passar oltre, givano declinan
tta l’attenzione dell’ Europa, è uno de’ pochissimi argomenti proprii
del
coturno. In esso non si rappresenta p. e. Ciro ch
e, sacrificandole con formalità giudiziarie per prima vittima la vita
del
proprio sovrano. Il Moreschi col solo presidio de
per la libertà, per cui si occulta a’ suoi sguardi l’atrocità enorme
del
mezzo di stabilirla : Federiga e Dacri che dimost
buon colorito la virtuosa debolezza compassionevole de’ pochi in pro
del
principe sacrificato. La dizione è nobile, conven
e spoglia di ornamenti quasi sempre inutili al tragico che sa le vie
del
cuore. Serva di saggio ciò che dice Farfè nella b
e importanti, e bene espressi nella deliberazione di Carlo sul foglio
del
Parlamento, Hai tu vaghezza Di grande tanto dive
rima sette tragedie che si trovano raccolte nell’ edizione di Venezia
del
1787 e 1788. Trasse dalle cronache Inglesi la pri
a sotto il dominio de’ Mori. Scrisse la prima ad emulazione di quella
del
conte Alfieri, nella quale piacquegli far morire.
rgogna al proprio padre, il quale all’ apparenza si gloria bassamente
del
proprio oltraggio, e ne medita la vendetta fatale
sano ; ma Dara che abbandona subito la reggia e la città al consiglio
del
fallace Jemla, e che poi vi torna quando è occupa
Mirza colla pistola coperta che non prende fuoco e si scopre al cader
del
broccato, indica un disegno mal concertato da non
metto di Voltaire ; ben però se ne vede la discordanza in isvantaggio
del
Pepoli. Oramzeb e Maometto fanno confidenza delle
Pepoli immaginò la tragedia di Romeo e Adelinda impressa nel volume V
del
suo Teatro nel 1788 e rappresentata con pieno app
ro nel 1788 e rappresentata con pieno applauso in Bologna nel palazzo
del
marchese Francesco Albergati che vi sostenne egre
e che vedeva dal gran chiarore sorto da Asti coperta la luce nascente
del
suo tragico teatro, conscio delle nuove forze acq
nelimplorare il perdono in prò della sua rivale. Imperocchè l’energia
del
suo carattere che non mai si smentisce, le sue fu
e sue furie gelose sommamente attive che cagionano il mortal pericolo
del
marito, la fortezza con cui si uccide, giustifica
u quella dell’ inglese, come sarebbe piaciuta al Calsabigi a dispetto
del
buon senno, snervata avrebbe in quel punto l’azio
ono più notabili in tal componimento, sono i seguenti. La scena sesta
del
III tra Gualtieri e Romeo si rende pregevole tant
e tanto per la parlata di Romeo che candidamente esprime i sentimenti
del
suo cuore agitato e i disegni senza paventar del
esprime i sentimenti del suo cuore agitato e i disegni senza paventar
del
tiranno, quanto per la fermezza in rigettar le pr
a paventar del tiranno, quanto per la fermezza in rigettar le premure
del
suocero per sapere i congiurati. Gualtieri Scopr
o Udisti. Gualtieri E ben ? Romeo Silenzio e morte. La quarta scena
del
IV tra Adelinda e Romeo si ammira per la rivoluzi
di gelosia e di amore estremo pel marito che forma la tinta imperiosa
del
suo carattere, vuol salvarlo di ogni modo ; e cre
i fermo nel proposito di tacere rimane esposto a tutta l’indignazione
del
padre. Le tenere insinuazioni di Romeo, perchè el
dezza giudiziosa, colla determinazione di Adelinda di correr la sorte
del
marito, con i consigli di Armanno a Gualtieri di
di Armanno a Gualtieri di appigliarsi alla clemenza, coll’incertezza
del
tiranno che per non perder la figlia quasi è disp
ltra tragedia tralie buone dell’ Italia moderna ? La seconda tragedia
del
Pepoli quasi del tutto rifusa nell’economia della
lie buone dell’ Italia moderna ? La seconda tragedia del Pepoli quasi
del
tutto rifusa nell’economia della favola e nello s
scita per le stampe Bodoniane l’anno 1792. Vi si premette una lettera
del
dotto Melchiorre Cesarotti del 1791, il quale si
’anno 1792. Vi si premette una lettera del dotto Melchiorre Cesarotti
del
1791, il quale si occupa con varie riflessioni a
cioglimento finale, ed il genere di morte degli amanti sotto le ruine
del
loro carcere. Quest’argomento ben maneggiato dal
ata dalla loro colpa la punizione de’due amanti insieme colla gelosia
del
re, e che morissero abbracciati Isabella moglie d
e morissero abbracciati Isabella moglie di Filippo, e Carlo figliuolo
del
marito d’Isabella. La terza tragedia del nuovo te
i Filippo, e Carlo figliuolo del marito d’Isabella. La terza tragedia
del
nuovo teatro tragico del Popoli è l’Agamennone, l
olo del marito d’Isabella. La terza tragedia del nuovo teatro tragico
del
Popoli è l’Agamennone, la quale mi fu dall’autore
sse in Venezia con una mia lettera che favella tanto della produzione
del
Pepoli, quanto delle altre antiche e moderne trag
a notizia. Non ripeterò quanto dissi in quella lettera sulla tragedia
del
Pepoli(a). Dirò solo che (oltre dell’ azione ben
e) merita di notarsi che di tutte le Clitennestre da me lette, questa
del
Pepoli sembrami la più conveniente al tragico eve
Consesso Accademio Parmense, e dava ad intendere alla picciola parte
del
pubblico che cadeva a leggere le sue ciance antil
cagione ? Certo è però che dopo l’ultima favola coronata nel concorso
del
1778, recitata poi nel 1781, quel Principe si dic
del 1778, recitata poi nel 1781, quel Principe si dichiarò successore
del
defunto conte San-Vitale e capo della diputazione
Dottori sul racconto di Pausania, serve di antecedente all’Aristodemo
del
Monti. Ci tratterremo noi a dare una compiuta ana
rlano realmente, e così parimente il genio di Marco Bruto nel Filippi
del
Pepoli. Ma nell’Aristodemo del Monti e nel Serse
te il genio di Marco Bruto nel Filippi del Pepoli. Ma nell’Aristodemo
del
Monti e nel Serse del Bettinelli, il simulacro ch
ruto nel Filippi del Pepoli. Ma nell’Aristodemo del Monti e nel Serse
del
Bettinelli, il simulacro che infantano i rimorsi
ra dello spettro della scena settima dell’atto stesso ; nella seconda
del
IV in cui Aristodemo atterrito cade sul teatro a’
ira la sua Argia, e spira ? Chi volesse quì vedere indicato un saggio
del
valor tragico del signor Monti, legga nella scena
e spira ? Chi volesse quì vedere indicato un saggio del valor tragico
del
signor Monti, legga nella scena settima del III e
saggio del valor tragico del signor Monti, legga nella scena settima
del
III e nell’ultima dell’atto V i frammenti che dip
pritela col lembo Del mio manto regal, mettete in brani Quella corona
del
suo sangue tinta, E gli avanzi spargetene e la po
E ch’io morii….. Gon. Qual morte ! Egli spirò ! Il Galeotto Manfredi
del
medesimo autore insieme colla precedente s’impres
orme de’ Greci, aveva trattato un argomento nazionale (a). Per avviso
del
medesimo autore, questa tragedia cede all’Aristod
critta con pari eleganza, con versificazione ottima, con intelligenza
del
cuore umano nel dipingersene i caratteri. La veri
o che viene a prendere Elisa, della quale Matilde sospettava ; quella
del
IV atto in cui il virtuoso Ubaldo si allontana da
IV atto in cui il virtuoso Ubaldo si allontana dalla corte ; l’ultima
del
V della tragica situazione di Manfredi trafitto a
o e nudo. Nel 1800 ci trovammo il sig. Monti ed io in Parigi in casa
del
principe Giustiniani, e vi si lesse la terza sua
a terza sua tragedia, il Cajo Gracco. Tutta la grandezza e l’eleganza
del
suo stile, tutta la nobiltà de’suoi concetti spie
sto componimento. Il carattere di Cajo Gracco partigiano de i diritti
del
Popolo contrasta mirabilmente con quello del cons
partigiano de i diritti del Popolo contrasta mirabilmente con quello
del
console Opilio sostenitore de’ Patricii. Tenero è
a energia ed eloquenza che a vicenda tirano ad encomiarle i suffragii
del
popolo. Opilio mette in opera tutta la potestà co
usa pagar lo scotto a simili pirati ; come mai parlare delle tragedie
del
conte Vittorio Alfieri senza farsi de’nemici ? Br
ne adottarono le favole ? L’ebbe Saverio Bettinelli che nel Discorso
del
Teatro Italiano si pregio d’aver nelle tragedie s
ed oltrepassati, e l’arte grande di rintracciare entro il più intimo
del
cuore umano i pensieri che contribuirono a consum
rincrescimento alternano nel corso di cinque atti. L’illusione manca
del
necessario soccorso delle proprietà indispensabil
o o a due attori che vengono a tramare una congiura quasi al cospetto
del
tiranno. Tali mi sembrano i difetti e i pregi gen
preveduta sin dal principio ; la venuta d’Isabella nella prima scena
del
I atto senza perchè o solo per tornare dentro dop
la prima scena del I atto senza perchè o solo per tornare dentro dopo
del
suo monologo ; la costruzione quasi alemanna, ….
li articoli ec. Non saprei che desiderare nel rassomigliante ritratto
del
geloso inumano simulatore Filippo. Gomez insidios
lippo. Gomez insidiosamente lo dipinge ad Isabella nella scena quinta
del
IV, ma con eccellenza, Niun pregio ha in se che
e è dunque dipinto nella tragedia, e singolarmente nella scena quinta
del
III fra’ suoi adulatori iniqui consiglieri, che m
un tentato parricidio, l’insidiosa sospensione che mostrâ sulla sorte
del
figlio : sono tratti di Tiberiana finezza che tut
che lo scopo morale richiedeva che il giusto avesse esito più felice
del
malvagio. Ma se col mezzo della compassione vie p
Ma se col mezzo della compassione vie più si manifesta l’ingiustizia
del
malvagio, non è questo appunto l’effetto morale c
una reggia nemica per ottener da Antigone, che non conosce, il cenere
del
suo sposo ; primo monologo. Antigone contro del r
on conosce, il cenere del suo sposo ; primo monologo. Antigone contro
del
regio divieto si accinge ad andar nel campo per b
ebea contro i patrizii prorompe : In un col latte Timbevvi io l’odio
del
patrizio nome. Serbalo caro : a lor si dee che so
ora umili, e infami sempre. Il trasporto d’Icilio penetra nel fondo
del
cuore di Virginio : Icilio Ah ! schiavo il sangu
a nella condotta della favola, l’ondeggiamento circospetto e picciolo
del
popolo nel giudizio, e l’impunita tirannide minac
ammazzamento di Virginia, non possono non riucrescere agli ammiratori
del
genio raro dell’energico Alfieri. Agamennone. Ad
la tragedia de’ Greci ? Il fatalismo che di questa era il perno, lo è
del
pari della tragedia del moderni ? Unico mezzo di
Il fatalismo che di questa era il perno, lo è del pari della tragedia
del
moderni ? Unico mezzo di far da’ volgari soffrire
trocità de’ fatti antichi, sarebbe per ipotesi la forza irresistibile
del
fato, onde gli uomini cadono in eccessi per non p
er lei. Disse, è vero, il Pepoli che era una caduta, una dimenticanza
del
poeta il far che Egisto disveli incautamente la s
glianza, come quella dell’ atto V, in cui Egisto penetra quasi presso
del
letto del re, e dice di esservi giunto inosservat
ome quella dell’ atto V, in cui Egisto penetra quasi presso del letto
del
re, e dice di esservi giunto inosservato al favor
Egisto e quando si determina al colpo spietato e quando esce bagnata
del
sangue del marito, Gronda il pugnal di sangue… e
uando si determina al colpo spietato e quando esce bagnata del sangue
del
marito, Gronda il pugnal di sangue… e mani e ves
si è premesso ; per aderenze che abbia superiori al partito de’ figli
del
trafittore ? nò, dapoichè per ipotesi del dramma
eriori al partito de’ figli del trafittore ? nò, dapoichè per ipotesi
del
dramma Egisto viene enunciato di gloria privo, D
e si frappone senza che la vegga. Se si voglia comparare coll’ Oreste
del
Voltaire, questo di Alfieri, rimane superiore, pe
imi due declina. Contuttociò non siamo contenti di alcune circostanze
del
piano Alfieriano. Oreste e Pilade s’ inoltrano fi
Oreste e Pilade s’ inoltrano fin nella reggia, indeterminati tuttavia
del
pretesto che sceglieranno per presentarsi al re,
inati tuttavia del pretesto che sceglieranno per presentarsi al re, e
del
nome stesso onde far velo al lor venire. Elettra
esta medesima scena lunghissima benchè bella, avviene la riconoscenza
del
fratelli, ma in luogo troppo sospetto. Oreste dec
uato inventò tutto nel Torrismondo, e diede in esso un esimio modello
del
vero personaggio tragico ; ciò che dovea riflette
e da altri che mostrano di non apprezzar quel gran Poeta. Non è stato
del
pari felice Alfieri nella sua Rosmunda. Detestabi
o poi imprudentemente, e senza necessità fa una confessione spontanea
del
secreto del suo cuore all’ inumana matrigna, e al
entemente, e senza necessità fa una confessione spontanea del secreto
del
suo cuore all’ inumana matrigna, e all’ uccisore
pedire che vi sieno altri Neroni, per indurre un terribilissimo freno
del
divenirlo. Ma qual mezzo vi adopra ? Ne mostra fo
, e fatta strage degli zelanti repubblicisti, rimane ucciso per cenno
del
virtuoso fratello, non per amor di regno o di glo
sempre per l’oppressione repentina della tirannia, e pel ravvedimento
del
tiranno che spira. L’eroismo trionfa in Timoleone
non visse. Ma rincrebbe a due dotti critici che Timoleone alla vista
del
fratello ucciso mostri rimorsi e disperazioni, al
nvengono, nè sono orribili a segno di mostrare che si fosse deturpato
del
più nefando delitto. Essi sono anzi quali esser d
. Essi sono anzi quali esser debbono di un cittadino che non si pente
del
bene che ha fatto alla patria, ma prova intanto i
o grande osservatore, può noverarsi la bellezza che mai non invecchia
del
soggetto del Cresfonte ideato ed eseguito dal gra
rvatore, può noverarsi la bellezza che mai non invecchia del soggetto
del
Cresfonte ideato ed eseguito dal gran tragico ed
ro diletto la sua ch’egli dedicò alla contessa sua madre nell’ agosto
del
1783. Nè anche in questa mi sembrano frequenti le
ene di suo figlio. È dipinta altresì egregiamente nella scena seconda
del
terzo la madre in ogni tratto, e singolarmente al
seconda del terzo la madre in ogni tratto, e singolarmente alla vista
del
cinto insanguinato che migliora il segno dell’ ar
he migliora il segno dell’ armatura da Voltaire sostituito alla gemma
del
Maffei. L’incontro di Polidoro con Egisto nel pun
nel punto in cui è esposto al furore di Merope che lo crede uccisore
del
proprio figlio anima l’atto IV. Pur la sua lunghe
ar nel cuore umano le arcane sorgenti degli affetti. Mille parodiette
del
di lui stile potranno scarabbocchiarsi come quell
lle parodiette del di lui stile potranno scarabbocchiarsi come quella
del
Socrate ; ma quanti fra diecimila uomini di lette
ssi fatti nella carriera intrapresa mostrati nell’ edizione di Parigi
del
1788. Non solo riprodusse le dieci prima pubblica
ei la preservano dalla necessità de’ monologhi frequenti. La veemenza
del
carattere di Raimondo diffonde per l’azione tutta
ce tenera buona madre contrasta ottimamente colle violenti intraprese
del
marito, il quale ama lei, ama i figli, ma congiur
o (fosse anche sicuro) l’amata Giulia, per mezzo di un assassinamento
del
padre di lei a tradimento. Nò, non mai parrà atta
dre innocente della sua Giulia ? Egli è punito in fine e cade vittima
del
proprio padre, non già per l’esecrabil delitto ch
avviene di Pietro l’unico fabbro d’ogni scelleratezza ? Rimane presso
del
padre sicuro, impunito e principe. Saule. Non es
ll’invidia e dalle proprie furie, tengono viva e sveglia l’attenzione
del
pubblico. Accompagnano la scelta di tali caratter
ncontro di David e Michol è tralle più appassionate. Bella è la terza
del
II, in cui dopo le insidiose insinuazioni di Abne
e presentandosi manifesta candidezza e grandezza d’animo. Nella terza
del
III si esprimono acconciamente le notturne agitaz
e più diletteranno ben rappresentate. Contrastano nella quarta scena
del
IV l’energiche profezie di Achimelech coll’ empie
cerdoti. Ottima è la patetica divisione di David da Micol nella prima
del
V ; nè men pregevole è l’appassíonato monologo di
ra curiosa a Carlo I d’Inghilterra nel 1786 ha pregi secondo me degni
del
genere. Robusto appassionato sublime a me ne semb
Agide subalterno dell’ ingrato vendicativo re Leonida, vela col manto
del
pubblico spartano l’odio privato e lo studio di a
he tutti palesa i proprii nobili sensi patriotici e le insidiose mire
del
suo collega nel regno, disviluppano a meraviglia
compi, e a me ne involi La gloria eterna. III nel IV la scena terza
del
giudizio di Agide. Egli distrugge le altrui imput
Agesistrata. Ella gli reca in dono un ferro onde liberarsi dal poter
del
tiranno. Agide ne gioisce. Agide Oh gioja...or d
ezza de’ sensi… Or dammi e prendi L’ultimo amplesso. La conchiusione
del
tutto corrisponde a sì belle parti degne della tr
. Leonida ed Ansare vengono per far uccídere Agide. I soldati ad onta
del
comando di Leonida rimangono immobili. Agide gli
l generale americano Washington. V’intervengono sei personaggi, oltre
del
Popolo Romano che anche parla. Dopo il Giunio Bru
onaggi, oltre del Popolo Romano che anche parla. Dopo il Giunio Bruto
del
Conti, e quello del Voltaire, l’Alfieri ha manegg
polo Romano che anche parla. Dopo il Giunio Bruto del Conti, e quello
del
Voltaire, l’Alfieri ha maneggiato quest’argomento
inii, ed a fissar Bruto per console ; ma i figli si attengono a favor
del
tiranno, ed il console gli punisce. L’oggetto è u
Ma non è permesso al poeta teatrale di abbreviar qualche circostanza
del
fatto senza essere obbligato a contarne i giorni,
a dire che non interessi la parlata di Bruto nell’atto I, e la vista
del
corpo di Lucrezia trafitta che tutta infiamma l’i
ista del corpo di Lucrezia trafitta che tutta infiamma l’indignazione
del
Popolo, e l’espulsione de’Tarquinii, e la nomina
etterebbe salvando solo i suoi figli ; e i suoi sentimenti sono degni
del
primo de’Romani liberi. Conchiude : È necessario
le colonne, e cada La mannaja sovr’essi… L’orrido stato Mirate or voi
del
padre… Ma già in alto Stan le taglienti scuri… oh
o Stan le taglienti scuri… oh ciel ? Partirmi Già sento il cor… Farmi
del
manto è forza Agli occhi un velo… Eterna Libera
olla possibile decenza. Egli ha mostrata sempre Mirra senza che parli
del
suo detestabile amore. Egli ha preteso di vincere
quelli che a se Mirra stessa impone per seppellire nel fondo più cupo
del
cuore la sua passione fatale, e per trionfare. A
rsi. Chi sa ? Se nel suo piano entrata fosse l’irresistibile violenza
del
fato, il possente motivo della mitologia antica,
eme ? Se ella allora con impeto da forsennata gettata si fosse avanti
del
padre, confessato avesse l’iniquo suo ardore, e p
itrarre. Ciniro al fin le dice che i suoi modi le hanno tolto l’amor
del
padre. Mirra Oh dura Fera, orribil minaccia !… a
do ? Ove morir ? Ma il brando Tuo mi varrà. Si trafigge colla spada
del
padre. Ciniro resta abbattuto dall’ orrore, dall’
a bizzarramente al Popolo Italiano futuro. Confabulano in essa, oltre
del
Popolo, sei personaggi : Bruto, Cesare, Antonio,
tratta di libertà. I personaggi introdotti erano i Romani più grandi
del
tempo di Cesare, ed Alfieri gli segnala co i dist
iù grandi del tempo di Cesare, ed Alfieri gli segnala co i distintivi
del
carattere di ciascuno tramandatoci dalla storia.
ltrui non tieni. A esser Cesare impara oggi da Bruto. Tutti i tratti
del
suo discorso mi sembrano degni della gravità del
uto. Tutti i tratti del suo discorso mi sembrano degni della gravità
del
coturno. Cesare in seguito gli svela l’arcano di
Oh gioja ! Io veggio Sul tuo ciglio spuntare un nobil pianto. Rotto è
del
cor l’ambizioso smalto, Padre tu sei. Ma Cesare
nondata l’Italia, possono ben contarsi, a mio avviso, tralle migliori
del
secolo XVIII. Che se alcun giovane volesse intend
avia, Don Garzia ; tollerabili appena in grazia di qualche bellezza e
del
meritato credito dell’ autore Maria Stuarda e Ros
e. Non credo che altri siesi avvisato di tenergli dietro, ad eccezion
del
signor Foscolo che occupa oggi un posto non comun
ico nella sublimità de’ sentimenti, e merita plauso per la regolarità
del
componimento, ma rimase a lui inferiore nell’ imi
sso attestare come testimone oculare che al rappresentarsi il destino
del
saggio dell’ antichità che fralle tenebre del gen
ppresentarsi il destino del saggio dell’ antichità che fralle tenebre
del
gentilesmo seppe rintracciar l’esistenza di un so
oppone agli amici e discepoli, che vogliono per lui domandare l’onore
del
Pritaneo. Resiste nel secondo alle amorevoli avve
lito suo nemico, ed a Policrate che gli palesa la richiesta onorevole
del
re Archelao atta a distruggere l’attentato de’ ne
ate per allontanare il di lui periglio, propone di differirsi l’esame
del
proposto soccorso, ma vorrebbe intanto che ad Arc
rda dalla storia. I Romani vi fanno vergognosa figura per la condotta
del
legato Flaminio col suo tribuno Albino. S’imposse
ster ? Annibale Io. Egli avendo bevuto il veleno delude la speranza
del
fallace Flaminio, e predice che un giorno anche R
rata menzione, un’altra si è fregiata di una seconda corona. La Saffo
del
prelodato abate Scevola ottenne la prima corona,
giuri 185, 9 Popoli Pepoli 188, 5 e 6 dal Consesso Accademio
del
Consesso Accademico 195, 2 il principe al pri
Femia sentenziato componimento scenico che porta la data di Cagliari
del
1724 ed il nome di Messer Stucco a Messer Cattabr
1724 ed il nome di Messer Stucco a Messer Cattabrighe. Favellò contro
del
Gravina spesso nel Dialogo sopra la Tragedia anti
i ristoratori della loro tragedia, ma uno de’ più eccellenti Satirici
del
XVIII secolo. L’amico Cooper Walker il quale meri
ersi occupato a rischiararne le memorie teatrali, nel parlar con lode
del
Martelli dice nella sezione III : « Il vanaglorio
ella sezione III : « Il vanaglorioso e poco giudizioso Barretti parla
del
Martelli con questo disprezzo : Un certo Pier Jac
rimente una versione dell’Atalia di Giovanni Racine scritta nell’anno
del
1720, e pubblicata con una dissertazione prelimin
nella Sezione III della sua opera. (a). Due elegantissime iscrizioni
del
celebre nostro abate Gaetano Migliore prefetto de
edie dall’ autore mio antico amico a me affidate, ne’ miei infortunii
del
1799 furono in mia casa insieme col mio ms del Si
e, ne’ miei infortunii del 1799 furono in mia casa insieme col mio ms
del
Sistema Melodrammatico involate da certo commedia
certo commediante fallito (che frequentava in uno degli appartamenti
del
palazzo dove era la mia abitazione). Di questo ma
ne). Di questo mai più non ho potuto sapere altro. Delle due tragedie
del
Bordoni seppi dal sig. Zanoni nel 1810 che l’ebbe
mento intitolando la sua tragedia Don Carlos enunciata nel numero 100
del
Mercurio del 1793. Visi aggiugne però che la Cort
ando la sua tragedia Don Carlos enunciata nel numero 100 del Mercurio
del
1793. Visi aggiugne però che la Corte di Madrid n
oluto che si rappresentasse, la qual cosa a me sembrò una pura ciarla
del
gazzettiere. E’verisimile che quella corte fosse
l Monti con quel testo Oraziano avea voluto enunciare che la tragedia
del
Manfredi era urbana, cioè che trattava di princip
e letta ms. della morte di don Carlo, apparisce il simulato procedere
del
geloso Filippo nella Relazione tragica ; si ma ve
tto gli occhi. L’Alfieri ideò il suo Filippo sulla relazione francese
del
San-Reale. (a). Chi volesse vedere una più pien
tomo IV de’nostri Oe. (a). Un ben ragionato confronto dell’ Oreste
del
Voltaire e dell’ Alfieri si fece dal riputato pro
si fece dal riputato professore Carmignani nell’ edizione di Firenze
del
1807 della Dissertazione Accademica sulle tragedi
e e famigliari, e ne trascrive alcune della Sofonisba nella pagina II
del
suo discorso. Altre parimente di simil conio ne h
i la vista, esporremo quì l’epilogo che l’istesso celebre Autore fece
del
suo Salto di Leucade nel seguente Sonetto : « Le
han più dritto Su gli affetti in amar ciechi e costanti. Di Leride, e
del
Dio fra il dubbio lume Fosca è ragion ; e lo inte
Sacco Giovanni Antonio. Altro figlio
del
precedente, nacque a Vienna il 3 di luglio del 17
Antonio. Altro figlio del precedente, nacque a Vienna il 3 di luglio
del
1708. Testimoniaron l’atto di nascita Giovanni e
itare la sera appresso in quel ridicolo Personaggio nell’altro Teatro
del
Cocomero, in cui vi travagliava Gaetano suo padre
e trasportato poi dal genio alla Comica professione, pose la maschera
del
Truffaldino con sicurezza, e di grado in grado co
bizzarro. Il Sacco si recò a Venezia con tutta la famiglia l’autunno
del
1738, un anno dopo la morte dell’ultimo Medici ;
edici ; e, salito poi in gran rinomanza, partì per la Russia l’estate
del
1742, nonostante i suoi impegni con S. E. Grimani
parve al S. Samuele a Venezia, d’onde inviò al Goldoni la commissione
del
Servitore di due padroni. Fu molti anni a Venezia
chiamato alla Corte di Portogallo, non curandosi nè men questa volta
del
contratto ch'egli aveva con S. E. Grimani, piantò
iantò improvvisamente il S. Samuele, e recatosi a Milano la primavera
del
1753, poi a Genova per alcune recite in attesa de
prendere a'piccoli fanciulli figliuoli de'Comici suoi alcune Commedie
del
Goldoni, le quali erano da essi, benchè di tenera
essi, benchè di tenera età, meravigliosamente eseguite. L'attenzione
del
Sacco fu in buon grado accolta, e generosamente p
ndo una vita comoda e doviziosa. Ma, ahimè, il fatalissimo terremoto
del
1755 obbligò il Sacco a tornarsene in Italia, a V
i in vario tempo a Milano, Torino, Genova, Bologna. Quivi fu l’estate
del
'59, e fece una delle solite recite, perchè fosse
fece una delle solite recite, perchè fosse continuata la grande opera
del
Portico di S. Luca. A lui è dovuta la costruzione
i x luglio mdcclix. Tornato a Venezia, e sentito come a divertimento
del
nuovo piccolo Sovrano Ferdinando IV si dovesse sc
na Compagnia comica Lombarda, si affrettò ad offrire con una supplica
del
20 ottobre (V. Croce I. T. di N., 490-91) la sua
ella ebbe l’onore di servire per più di due anni la Maestà Fedelis.ª
del
Re di Portogallo e sua Reale Famiglia », assicura
da a Napoli era infondata, e Sacco rimase a Venezia. Intanto le opere
del
Goldoni e del Chiari andavan acquistando sempre m
a infondata, e Sacco rimase a Venezia. Intanto le opere del Goldoni e
del
Chiari andavan acquistando sempre maggior grido,
grido, e il pubblico s’era diviso in due parti, disertando il teatro
del
povero Sacco. Fu allora che il Conte Carlo Gozzi,
gno di lui, pensò di venirgli in ajuto, esordendo come autore la sera
del
25 gennajo 1761 con la fiaba L'amore delle tre Me
etta contro a' Poeti, che opprimevano la Truppa Comica all’improvviso
del
Sacco », e « nella bassezza de'dialoghi e della c
massere, Le baruffe Chiozzotte, e molte plebee e trivialissime opere
del
signor Goldoni. » Che Dio l’abbia in gloria !… Il
mico e Doride, recitate la prima volta, quella a Mantova il 28 aprile
del
1762, questa, pure a Mantova, il 21 di giugno del
cendo scrivere allo stesso Gozzi nel 1772 (prefazione alla traduzione
del
Fajel di D'Arnaud [Venezia, Colombani]) : Eg
dia italiana di Parigi ; ma non vi si recò altrimenti, forse, a parer
del
Goldoni, per ragione d’interesse, volendo egli es
119). Era a Milano il il carnovale 1762-63 e l’aprile 1764. Il maggio
del
'65 fu nuovamente ventilato il disegno di farlo a
fu nuovamente ventilato il disegno di farlo andare a Parigi col mezzo
del
Goldoni, per incarico dell’intendente primario de
periale, dove, uscendo dall’avere assistito alla sua rappresentazione
del
18 agosto, morì istantaneamente l’Imperatore Fran
Spinelli — Una recita di A. Sacco a Modena in La Provincia di Modena
del
31 ottobre e 1° novembre 1901), ove apparve la se
cia di Modena del 31 ottobre e 1° novembre 1901), ove apparve la sera
del
30 maggio l’Imperatore Giuseppe II proveniente da
ica assistenza dovè sciogliersi per la vecchiaja e il rimbecillimento
del
Sacco ; e più ancora pe'suoi ridicoli amori a olt
unì poi la ribellione di tutta la Compagnia ; e a questa le invettive
del
Sacco, doventato un demonio, che eran morsi canin
io Zanoni risolse di abbandonare il cognato ; ma con la intromissione
del
Gozzi, rimase…. ancor per due anni, in mezzo alle
agitto da Genova a Marsiglia ; ed ecco come la Gazzetta Urbana Veneta
del
19 novembre 1788, n. 93 dà l’annunzio del triste
e la Gazzetta Urbana Veneta del 19 novembre 1788, n. 93 dà l’annunzio
del
triste caso : Quest’uomo famoso che ammirare si
na. Non mi par qui il caso di dover rilevare la stupida osservazione
del
giornalista, come se l’arte comica in Italia foss
la Tartana degl’ influssi e nelle varie Composizioni facete satiriche
del
Conte Gozzi (Opere, Firenze-Venezia, 1774, Colomb
am fatti tutti ipocondriaci. Chi poi voglia avere un’ idea de' pregi
del
Sacco e della sua Compagnia, secondo il giudizio
me delle Memorie inutili, e tutto il Canto ditirambico de' partigiani
del
Sacchi Truffaldino (opere c. s.), in cui fra l’al
a. Ma se tutto s’avesse a riferire di quanto fu pubblicato in favore
del
Sacco, occorrerebbe un grosso volume. Nè dal temp
iostro, Amiche a l’Alcoran, più che al Vangelo ; Obbrobrio, e disonor
del
secol nostro, Pesti de la Natura, odio del Cielo
elo ; Obbrobrio, e disonor del secol nostro, Pesti de la Natura, odio
del
Cielo ; Respiri Italia in voi perdendo un Mostro,
il 1745, mentre era a Pisa fra le cure Legali, dice di lui : I sali
del
Truffaldino, le facezie, le vivezze sono cose che
o prodotte sono sul fatto dalla prontezza di spirito, dell’occasione,
del
brio. Quel celebre eccellente comico, noto all’ I
il talento suo per l’esecuzione (V. anche nelle Memorie il Cap. XLIX
del
Tom. I). Visto poi che recitata da altri la Comm
on la Compagnia Sacco e il Conte Gozzi, in una sua lettera da Venezia
del
14 aprile 1764 a Don Francesco Carcano, al quale
dell’arte, che ne venivan così risanguati, autore di scenarj, fra cui
del
fortunatissimo Truffaldino molinaro innocente. T
, senza mutamento nè di abiti, nè di essenza. Il Rapparini a pag. 184
del
suo Arlichino (Heidelberga, Müller, 1718) ce ne d
(Heidelberga, Müller, 1718) ce ne dà una lista, più lunga a dir vero
del
bisogno ; chè alcuni ebber vario il costume, e va
lla splendida raccolta di Hugo Thimig, l’eccellente comico, direttore
del
Teatro Imperiale di Vienna, che volle gentilmente
Jahr 1723, e disse a voce a esso Thimig trattarsi assai probabilmente
del
famoso Sacchi. 1723 ? Dunque del Sacchi a quindic
Thimig trattarsi assai probabilmente del famoso Sacchi. 1723 ? Dunque
del
Sacchi a quindici anni ? Non mi pare possibile. L
acchi a quindici anni ? Non mi pare possibile. L'arlecchino di Dresda
del
1723 non era Natalino Bellotti (V.), uno dei Beni
ra di arlecchino, ma di un vero e proprio ritratto. Quanto al cognome
del
nostro artista non saprei che decisione prendere.
tista non saprei che decisione prendere. Sacco egli è detto nell’Arco
del
Portico di S. Luca ; e Fr. Bartoli che pur fu sei
sieno quegli eruditi Spagnuoli che non abbiano poco o molto favellato
del
proprio teatro, tuttavolta se ne desiderava ancor
i letteratura nulla d’ importante aggiugne a quanto io scrissi allora
del
teatro Spagnuolo. Adunque senza aver ragione degl
Celestina di tutte la più rinomata cominciata a scriversi nella fine
del
XV secolo da Rodrigo de Cota (altri dice da Giova
si finge effettivamente fattucchiera, e l’innocente Melibea per forza
del
suo incanto è corrotta, ed in ciò si vede la manc
on che su di un teatro; e questi sventuratamente sono i più bei passi
del
libro. Di grazia poteva ciò essersi immaginato pe
ommedie dell’Ariosto? Huerta avrebbe dato ragione al Lampillas contro
del
Signorelli? L’Ab. Andres avrebbe tacciato di osce
del Signorelli? L’Ab. Andres avrebbe tacciato di oscenità le commedie
del
Machiavelli? Avrebbe lo stesso scrittore data a c
tore data a cotale scandalosa mostruosità la preferenza sopra l’Orfeo
del
Poliziano? Lascio poi che il carattere di Calisto
urale ed elegante dipintura della bellezza di Melibea, la descrizione
del
carattere e delle occupazioni di Celestina, il di
d in fatti la vivacità delle descrizioni de’ caratteri, e la maestria
del
pennello ne’ quadri de’ costumi, non permetterann
eno di questi non fosse dipinto con maggior espressione e naturalezza
del
salutare antidoto dell’ammaestramento. Libro Divi
aestramento. Libro Divino lo chiamò intanto il Cervantes nella Decima
del
Poeta Entreverado; e l’autore del Dialogo de las
ò intanto il Cervantes nella Decima del Poeta Entreverado; e l’autore
del
Dialogo de las Lenguas affermò che in Castigliano
nel 1542 è anche componimento che discende dalla Celestina. L’autore
del
Flos Sanctorum Alfonso de Villegas Toledano nella
commedia. Giovanni Rodriguez fece la Floriana che tratta degli amori
del
Duca Floriano con Belisea impressa nel 1544 in Me
Portoghese Giorgio Ferreira de Vasconcelos impresse ne’ primi lustri
del
seguente secolo. La prima e la migliore detta Com
iego Barbosa) rappresentò più volte le proprie commedie alla presenza
del
re Emanuele e di Giovanni III. Fu considerato com
enza del re Emanuele e di Giovanni III. Fu considerato come il Plauto
del
Portogallo, e talmente applaudironsi le sue favol
omprendere le grazie comiche di Gil Vicente. Egli morì in Evora prima
del
1557; e dopo la di lui morte se ne pubblicarono l
imo di essi fu Gil Vicente detto il giovane tenuto per più eccellente
del
padre, tra’ di cui drammi credesi il migliore que
econdo fu Luis Vicente, il quale intraprese l’impressione delle opere
del
padre. Pabla Vicente chiamossi la figliuola, di c
Il celebre quanto infelice gran poeta Portoghese Luigi Camoens autore
del
poema epico Las Luisiadas composto nell’Indie, pe
lla di lui morte dopo aver menato una vita da mendico sotto gli occhi
del
Sovrano cui avea servito colla penna e colla spad
olla penna e colla spada, Camoens, dico, dee contarsi tra’ benemeriti
del
patrio teatro pel suo Anfitrione tratto da Plauto
o, un paggio Francese, ed una comitiva di pinzochere con Fausta madre
del
traviato Cesarino. La commedia è scritta a norma
con Fausta madre del traviato Cesarino. La commedia è scritta a norma
del
verisimile e divisa in cinque atti, cui non manca
un’ altra edizione in Lisbona l’anno 1595 unita ad un’ altra commedia
del
medesimo autore da me non veduta intitolata Os Es
rla solo l’Antonio. Antonio Ferreira nato in Lisbona, ad insinuazione
del
prelodato Francesco de Sà, prese a coltivar le mu
iadi con tanta energia e passione ne cantò; imperciocchè se le poesie
del
Ferreira s’impressero nel 1598 quarant’anni dopo
ant’anni dopo della di lui morte, la sua tragedia dovè comporsi prima
del
1558, cioè almeno dodici anni prima che Camoens t
1572. Dividesi la Castro in cinque atti, e vi si osservano le regole
del
verisimile eccetto che nell’unità del luogo, segu
ti, e vi si osservano le regole del verisimile eccetto che nell’unità
del
luogo, seguendo l’azione parte in Coimbra e parte
ragedia con senno il verso sciolto. Noi nel parlar poi delle due Nisi
del
Bermudez ne confronteremo qualche squarcio. Il ge
Cruz nato parimente in Lisbona, e conosciuto per la traduzione latina
del
Salterio di David uscita in Ingolstad nel 1597 e
une novelle e di tre commedie in prosa impresse nel 1559. Le commedie
del
Rueda, dice Lope de Vega nell’Arte Nuevo, di stil
ussero azioni ed amori di sovrani e principesse. Al Rueda morto prima
del
1567 succedette nel teatro un tal Naharro nato in
nque uscirono i comici dalle commediole e dagli amori della figliuola
del
ferrajo, e passarono a’ personaggi alti e a’ prin
abilmente simili favole furono novelle in dialogo. Verso i primi anni
del
secolo il dottor Villalobos tradusse in prosa l’A
ne menzione; pur niuno ne fe motto nè in Italia nè nelle Spagne prima
del
Nasarre morto da pochi anni. Don Nicolàs Antonio
sarre morto da pochi anni. Don Nicolàs Antonio che parla distesamente
del
Naarro di Torres, afferma solo che dimorò in Roma
si rappresentavano tante dotte, eleganti, ingegnose e vivaci commedie
del
Machiavelli, dell’Ariosto, del Bibiena, del Benti
eleganti, ingegnose e vivaci commedie del Machiavelli, dell’Ariosto,
del
Bibiena, del Bentivoglio? Nè anche nel XIV secolo
gegnose e vivaci commedie del Machiavelli, dell’Ariosto, del Bibiena,
del
Bentivoglio? Nè anche nel XIV secolo quando rappr
? Nè anche nel XIV secolo quando rappresentavasi in Italia l’Ezzelino
del
Mussato, si sarebbe sofferta una Serafina o una S
zelino del Mussato, si sarebbe sofferta una Serafina o una Soldatesca
del
Naarro. Fa dunque torto, ripeto, alla veracità ed
o di lettere, la vana jattanzia aggiunta a questa istoriella gratuita
del
Nasarre, cioè che il Naarro insegnò agl’ Italiani
l’erudizione Ateniese e Latina, e poscia illustrò sin da’ primi anni
del
XVI l’amena letteratura con la Sofonisba, l’Orest
mante, la Calandra e ’l Geloso (Nota I)? Ma poste da banda le visioni
del
Nasarre41, riconoscansi i primi avanzamenti del t
e da banda le visioni del Nasarre41, riconoscansi i primi avanzamenti
del
teatro Spagnuolo dalle fatiche del prelodato Cerv
, riconoscansi i primi avanzamenti del teatro Spagnuolo dalle fatiche
del
prelodato Cervantes. Questo letterato infelice ri
ch’ egli ebbe in maggior pregio, furono da lui nominate nella Parte I
del
Don Quixote, cap. 48, e nell’Adjunta al Parnaso,
e scrisse a bello studio così sciocche per mettere in ridicolo quelle
del
Vega. Ma le parole del prologo del Cervantes hann
o così sciocche per mettere in ridicolo quelle del Vega. Ma le parole
del
prologo del Cervantes hanno tutta l’aria d’ingenu
che per mettere in ridicolo quelle del Vega. Ma le parole del prologo
del
Cervantes hanno tutta l’aria d’ingenuità che manc
ssertazione, e distruggono sì manifestamente le sofistiche congetture
del
Nasarre, che io stimo che non mai quest’erudito d
ana e ridicola giustificazione delle scempiaggini delle otto commedie
del
Cervantes fu quella che venne in testa al Sig. La
pporre che Cervantes, il quale sopravvisse un anno alla pubblicazione
del
libro, avesse veduto e sofferto il cambio43. Le a
icazione del libro, avesse veduto e sofferto il cambio43. Le apologie
del
Sig. Lampillas respirano da per tutto ugual savie
tre nel 1635. L’antica e la moderna Europa non vide un poeta teatrale
del
Vega più secondo. I 25 volumi impressi contengono
i. Alla qual cosa conferì appunto quell’essersi sottratto alle regole
del
verisimile. Ma dotato di molto ingegno, di vasta
cercò impadronirsi de’ cuori, e secondare, com’ egli diceva, il gusto
del
volgo e delle donne, per la cui approvazione trio
Lope. Egli si scatena contro di questo poeta come il primo corruttore
del
teatro, e la corruzione suppone uno stato precede
a il teatro Spagnuolo prima di Lope? Dopo le commediette della figlia
del
ferrajo e i colloquii pastorali di Lope de Rueda,
lo? Trovò dunque il teatro già corrotto sin dall’immediato successore
del
Rueda; ed essendosi poi la commedia Spagnuola sem
no ancora quelle che trasse o dalla Sacra Scrittura, come la Creacion
del
Mundo y primer culpa del hombre, in cui discende
se o dalla Sacra Scrittura, come la Creacion del Mundo y primer culpa
del
hombre, in cui discende sino a’ fatti di Caino e
lj e dagli sforzi de’ pontefici. Ma niuno indizio si ha che nel corso
del
XV secolo quelle farse spirituali avessero tolto
mute rappresentazioni delle più solenni festività sacre qual è quella
del
Corpus Domini. In essa sino all’anno 1772 in Madr
ue’ segni, e di recitarsi los autos sacramentales durante l’ottavario
del
Corpus. In fatti l’Antonio nella Biblioteca moder
ispania 49. Ma passiamo agli altri drammatici che fiorirono sul finir
del
secolo XVI e sull’incominciar del seguente. Molti
drammatici che fiorirono sul finir del secolo XVI e sull’incominciar
del
seguente. Molti contemporanei del Cervantes e del
r del secolo XVI e sull’incominciar del seguente. Molti contemporanei
del
Cervantes e del Vega coltivarono la drammatica se
e sull’incominciar del seguente. Molti contemporanei del Cervantes e
del
Vega coltivarono la drammatica senza discostarsi
più non si rappresentano, ad eccezione di quella intitolata Mocedades
del
Cid (le gesta giovanili del Cid), che si vede di
eccezione di quella intitolata Mocedades del Cid (le gesta giovanili
del
Cid), che si vede di tempo in tempo sulle scene.
confuso tralla turba de’ drammatici oscuri senza la felice imitazione
del
Cid fatta da Pietro Cornelio. Egli compose una se
da Pietro Cornelio. Egli compose una seconda favola de las Mocedades
del
Cid, la quale impropriamente portò questo titolo,
azioni di tal favola si aggirano sulle fraterne contese de’ figliuoli
del
re Fernando, nelle quali assai accessoriamente an
Ottennero anche distinte lodi dal Cervantes l’eloquenza e la dottrina
del
Tarraga, l’acutezza di Aguilar, di Antonio Galarz
crittori di molte commedie. Ma nè da lui nè dal Vega si fece menzione
del
dotto Toledano Giovanni Perez professore di retto
ttestare di averne vedute diverse. Ecco per ora le tragedie Spagnuole
del
secolo XVI. Oltre alle latine del Portoghese La C
Ecco per ora le tragedie Spagnuole del secolo XVI. Oltre alle latine
del
Portoghese La Cruz ed alla Castro del Ferreira gi
l secolo XVI. Oltre alle latine del Portoghese La Cruz ed alla Castro
del
Ferreira già riferite, io ne conto altre dodici d
ncertezza, con cui mal si può intentar lite di anteriorità, e ad onta
del
disprezzo che il dotto Nicolàs Antonio mostrò per
aziocinio fu il Sig. Montiano seguito dal Velazquez e dal compilatore
del
Parnasso Spagnuolo. Non si avvidero questi erudit
ia dimostra quante altre tragedie produssero gl’ Italiani assai prima
del
1502 in cui si vide quella del Carretto. Nè ciò s
ie produssero gl’ Italiani assai prima del 1502 in cui si vide quella
del
Carretto. Nè ciò si dice perchè importi gran fatt
Malara nella sua opera intitolata Philosophia vulgar 53, più ingenuo
del
suo lodatore e de’ moderni apologisti, non ci ha
tata tragedia vera; perchè il medesimo Cueva confessa che le tragedie
del
Malara non erano scritte secondo il metodo degli
casi la stessa cosa di poche altre tragedie accennate nel II Discorso
del
Montiano, cioè la Honra de Dido restaurada, la De
io di San Lorenzo tragedia latina rappresentata nel 1571 nel convento
del
Escuriale, due altre che senza dirne il titolo si
nora la natura, o certamente non sono rigorose tragedie più delle sei
del
Vega, e delle altre favole eroiche di tanti altri
l Vega, e delle altre favole eroiche di tanti altri, e delle commedie
del
Castro pubblicate in Valenza nel 162154. Ma vengh
n Cordova dal suo nipote Ambrogio Morales. Questo maestro Oliva prima
del
1533 dimorava in Italia; dunque (conchiude il sig
componesse intorno al 1520, quando al suo dire uscì in Italia quella
del
Trissino; dunque (notisi la logica) gli Spagnuoli
ca) gli Spagnuoli hanno avute tragedie prima degl’ Italiani. Nè anche
del
Perez si sa l’anno in cui nacque; e solo il mento
tinte e incerte orme segnava, quando si leggeva in Italia la tragedia
del
Carretto; e non era uscito dall’età pupillare, qu
on era fanciullo allora, asserendo gratuitamente contro la congettura
del
medesimo Sedano, ch’egli potè nascere verso il 14
dano, ch’egli potè nascere verso il 1494. Indi trasformando le parole
del
Giraldi assicura che il Trissino terminò di scriv
ivere la sua tragedia nel 1515; e così un poco anticipando la nascita
del
Perez, un poco ritardando quella della tragedia d
ipando la nascita del Perez, un poco ritardando quella della tragedia
del
Vicentino, e supponendo anche che il Perez scrive
illas non si è provata) si lusinga di rendere contemporanee le favole
del
Perez alle prime tragedie Italiane. Vuole in oltr
conosciute per tali, oltre all’averle lo stesso Lampillas nel tomo II
del
suo Saggio chiamate ancora traduzioni. Tali in fa
edie Spagnuole; ma se i Portoghesi debbono dirsi Spagnuoli, la Castro
del
Ferreira fu scritta almeno venti o trenta anni pr
osa si rappresenta parte in Lisbona e parte in Coimbra come la Castro
del
Portoghese, sulla quale servilmente è condotta in
anche i difetti e gli ornamenti lirici e i pensieri troppo ricercati
del
principe addolorato per l’inaspettato ammazzament
e afferma l’istesso sig. Sedano, diffuse e spropositate. Il carattere
del
re Don Pietro nobile e di grande innamorato, in q
e, violento, anche indecente e basso. Le persone che vi s’introducono
del
custode, del portinajo, del carnefice, e i plebei
anche indecente e basso. Le persone che vi s’introducono del custode,
del
portinajo, del carnefice, e i plebei motteggi di
e basso. Le persone che vi s’introducono del custode, del portinajo,
del
carnefice, e i plebei motteggi di quest’ ultimo c
appresenta il supplicio degli uccisori di Nise eseguito alla presenza
del
re e degli spettatori, è affatto ridicola ed impe
l re e degli spettatori, è affatto ridicola ed impertinente; nè degna
del
genere tragico è l’azione del re che gli percuote
atto ridicola ed impertinente; nè degna del genere tragico è l’azione
del
re che gli percuote colla frusta. Strappa il boja
a. Strappa il boja il cuore per le spalle al primo, giusta il comando
del
re, e mostrandolo dice: Tal quiero yo el carne
andolo dice: Tal quiero yo el carnero, aunque no como El corazon
del
ave que si aturdo. Cava al secondo il cuore da
noche la fiesta à sus amigos. Finalmente non vi si guarda l’unità
del
tempo. L’ambasciadore del re di Castiglia tratta
gos. Finalmente non vi si guarda l’unità del tempo. L’ambasciadore
del
re di Castiglia tratta nella scena seconda del II
tempo. L’ambasciadore del re di Castiglia tratta nella scena seconda
del
II atto il cambio di tre Castigliani rifuggiti in
a Spagnuola, e la sorgente della Inès di M. La Mothe. Tralle commedie
del
Sivigliano Giovanni de la Cueva impresse nel 1588
riconosciamo per tragedie, ma ci rapportiamo su di esse alla censura
del
nazionale Montiano. Nella prima, ei dice, si tras
i sono due: nell’ultima è fantastico e fuor della natura il carattere
del
protagonista. Ciò vuol dire che sono tragedie, ma
a difettose. Nega questi difetti il sig. Lampillas, e strepita contro
del
Montiano e del Signorelli; ma le di lui repliche
ga questi difetti il sig. Lampillas, e strepita contro del Montiano e
del
Signorelli; ma le di lui repliche si trovano comb
le di lui repliche si trovano combattute abbastanza nell’articolo VI
del
mio Discorso storico critico. Quì dirò soltanto c
ttose nel voler mentovare le migliori della nazione; là dove l’avviso
del
Montiano al suo confronto ha troppo gran peso, tr
Filli si occulta ancora; ma le altre due si pubblicarono nel VI tomo
del
Parnasso Spagnuolo, in cui se ne dà nobilmente un
tupore ancor maggiore, che il Lampillas, ad onta della saggia censura
del
Sedano, non avesse compresi gl’ inescusabili erro
i riguardo come se si mettessero le pitture Cinesi a fronte di quelle
del
Correggio. La moltiplicità delle azioni, tutte le
non convengono ad Egiziani: lo stile s’innalza fuor di tempo in bocca
del
nunzio e si deprime in bocca di Alessandra e di A
di vergognoso plagio, alcuni pochi tragici non indegni degli sguardi
del
pubblico. 26. Non così il Sig. Garcia de la Hue
iglia, che se i nazionali mi avessero prevenuto in tessere una storia
del
teatro Spagnuolo, io avrei durata minor fatica ad
o le sue medesime parole: Escribieron (dice nel Prologo alle commedie
del
Cervantes) Dialogos que llamaron comedias, pero m
gos è incapaces de representarse. 28. De las quales (sono le parole
del
medesimo Nasarre) se pueden sacar pinturas y retr
s. 29. Fernando de Roxas (dice l’erudito Mayans y Siscar nella Vita
del
Cervantes) que la diò fin, no pudo igualar al pri
amente lascivos y malignos, en las quales se muestra la deshonestidad
del
todo desnuda con el pretexto de azotarla. 31. L’
ogallo nato nel 1506 e morto nel 1555. Veggasi la Biblioteca Lusitana
del
Barbosa, il quale allega la Vita di esso Infante
scritta dal conte di Vimioso, ed il Comento di Manuel Faria alle Rime
del
Camoens. 35. Nè il Nasarre che cercava in tutta
sarre che cercava in tutta la penisola drammi regolari composti prima
del
fiorir di Lope; nè il Lampillas che voleva metter
ogista Lampillas ebbe a male che io avessi chiamate visioni le ciance
del
Nasarre sul Naarro. Avrebbe egli forse desiderato
scritta dall’ eruditissimo Don Gregorio Mayans y Siscar nell’edizione
del
1765 del Don Quixote, o quella postavi nell’elega
all’ eruditissimo Don Gregorio Mayans y Siscar nell’edizione del 1765
del
Don Quixote, o quella postavi nell’elegante edizi
e delle altre parti della poesia scrisse eccellenti riflessioni piene
del
sugo di Aristotile e di Orazio. Al contrario Lope
comedias en este tiempo, nel quale in vece di fare riflessioni piene
del
sugo di Aristotile e di Orazio, confessò di avern
opa, s’egli nacque nel 1562, cioè ottantaquattro anni dopo la nascita
del
Trissino che scrisse una Poetica? Come domiciliat
tisei anni prima che fosse conceputo Lope de Vega: che l’Arte Poetica
del
vescovo di Ugento e poi di Cotrone Antonio Mintur
u queste parole da lui tenute per irrefragabili, fondò l’introduzione
del
suo famoso Prologo, dove la moltitudine de’ mador
rio, lo stesso linguaggio. 46. Ad onta delle insolenti sciocchezze
del
Sig. Huerta io sempre chiamerò Spagnuola l’Accade
e nella mia storia l’Accademia di Madrid che fioriva sin dal declinar
del
secolo XVI e nel cominciar del XVII con l’altra q
di Madrid che fioriva sin dal declinar del secolo XVI e nel cominciar
del
XVII con l’altra qui vi pur incominciata sul fini
nel cominciar del XVII con l’altra qui vi pur incominciata sul finir
del
terzo lustro del nostro secolo instituita da Fili
l XVII con l’altra qui vi pur incominciata sul finir del terzo lustro
del
nostro secolo instituita da Filippo V. E questo è
da quella Corte nel 1783: il Sig. Huerta uscì fuori colla grand’opera
del
suo Prologo compreso in dieci foglietti di piccio
ntitolato Fama postuma. 49. Alle solite villanie di un uomo torbido
del
carattere di Huerta se volesse ora replicarsi in
e negligenza il non aver rintracciata l’epoca certa dell’invenzione e
del
principio degli autos parte tanto principale del
ta dell’invenzione e del principio degli autos parte tanto principale
del
teatro Spagnuolo”. Non so in prima con qual front
illena pubblicata in Saragoza nel 1644, cioè più di mezzo secolo dopo
del
fiorir di Lope; di che più d’un di lui nazionale
tamente; e ciò ha fatto ridere ancor più. Cervantes fiorì forse prima
del
Vega? No; al più non può dirsi che suo coetaneo.
No; al più non può dirsi che suo coetaneo. Si trova forse nelle opere
del
Cervantes qualche auto? Niuno. Fe egli motto alme
a? Dalla propria sempre riscaldata fantasia. Cervantes nella Parte II
del
Don Quixote avea nominato un auto de las Cortes d
a essere allusive al sacramento dell’Eucaristia; nè poi tralle figure
del
carro de’ commedianti se ne mentova alcuna che a
egli lo nominò, potendo anche esser componimento di un altro, e forse
del
medesimo Lope, ed averlo Cervantes nominato come
nel 1616 (perchè in tale anno, e non nel 1615, si stampò la II Parte
del
Don Quixote); ma noi abbiamo già parlato degli au
arlato degli auti di Lope scritti sin dal XVI secolo; adunque l’autor
del
Prologo, con un corredo di villanie distese in di
el Prologo, con un corredo di villanie distese in dieci pagine contro
del
Signorelli, trovò appena per l’origine degli auti
contro del Signorelli, trovò appena per l’origine degli auti un fatto
del
XVII immaginario e posteriore alla verità istoric
dal chiar. Ab. Andres che tralle altre tragedie spagnuole cita quelle
del
Malara) è stato da me posto in tutto il lume nel
ne usata dal Perez purezza, eleganza e naturalezza; ma trovo con pace
del
sig. Ab. non poche volte peggiorati gli originali
quando egli scrisse le sue tragedie, qual fondamento ha l’ asserzione
del
sig. Andres? Il pudo ser del sig. Sedano e le con
agedie, qual fondamento ha l’ asserzione del sig. Andres? Il pudo ser
del
sig. Sedano e le congetture del sig. Lampillas.
serzione del sig. Andres? Il pudo ser del sig. Sedano e le congetture
del
sig. Lampillas. 56. Ecco buona parte di sì bell
r mio ristoro Questi suoi cari pegni insino ad ora Col sangue sol
del
petto mio nutriti, Ch’oggi in lor danno tu a ve
i, All’avo vostro or contro voi sì crudo. Oimè! senza di me senza
del
padre Quì rimarrete! Ed ei da me divisi Rived
! Invan con gli occhi Mi cercherà: queste pareti intrise Scorgerà
del
mio sangue. Ah de’ miei colpi, Amato sposo, io
ide il Sig. Lampillas, ed a me convenne additarglieli nel VI articolo
del
precitato mio Discorso.
lla celebrità nella Compagnia Solmi e Pisenti, creandovi per cortesia
del
Pisenti, brillante, la parte di protagonista nel
e a poco gli fu dagli accorti capocomici passato il repertorio intero
del
brillante, nel quale il Dondini potè di punto in
ritturò in Compagnia Giuseppe Peracchi, dalla quale uscì la quaresima
del
’70 per lasciar definitivamente il teatro. Morì a
70 per lasciar definitivamente il teatro. Morì a Trieste il 20 maggio
del
1875. Dire dell’arte di Cesare Dondini non è agev
urono a’ bei tempi di Goldoni stesso. I personaggi boriosi e stangati
del
Marchese di Forlimpopoli nella Locandiera e del C
gi boriosi e stangati del Marchese di Forlimpopoli nella Locandiera e
del
Conte nel Ventaglio, erano, incarnati da lui, alt
glio, erano, incarnati da lui, altrettanti poemi. Non vi fu pubblico,
del
quale Cesare Dondini non doventasse dopo poche fr
e avesse a notar qualche pecca nell’arte sua. Tra tante testimonianze
del
suo valore e della sua gloria son degne di nota q
go esilio, al Carignano, ove recitava la Compagnia Reale, e richiesto
del
parer suo su di essa, rispose : « È senza dubbio
fu il più caro artista, che io mi avessi visto : allevato alla scuola
del
Vestri, ebbe sempre per guida la naturalezza. For
cordi tu ? Nel Marchese della Seglière, e nel Don Marzio alla Bottega
del
caffè ? Nella parte del padre del Bugiardo di Gol
della Seglière, e nel Don Marzio alla Bottega del caffè ? Nella parte
del
padre del Bugiardo di Goldoni : a quella famosa l
ière, e nel Don Marzio alla Bottega del caffè ? Nella parte del padre
del
Bugiardo di Goldoni : a quella famosa lettura del
Perrin, Dondini superò il Buffet : e gli fu facile ; poichè la figura
del
Dondini pareva tagliata a bella posta per rappres
scopo non poteva fra i due attori aver paragone : e quantunque quella
del
Dondini fosse minima, pure riusciva più bella. E
i e Luigi Taddei, questo attore fu il seguace più fedele della scuola
del
vero. Al solo vederlo suscitava il buon umore, in
el vero. Al solo vederlo suscitava il buon umore, infondeva l’amenità
del
suo carattere nell’uditorio, e faceva fare buon s
Vitalba Giovanni. Figlio
del
precedente, studiò da prima chirurgia in Firenze,
siche e morali. Il Gozzi aveva assegnata la parte di Don Adone cugino
del
Duca al comico Benedetti, romano : quella di Ales
a al comico Benedetti, romano : quella di Alessandro Gran Cancelliere
del
Duca amante di Ardenia Marchesa di Taranto, al co
to primo, ch' è la penultima di quell’ atto, uscì il Don Adone cugino
del
Duca. Al presentarsi di quel personaggio, la part
ni, e con un’illusione anticipatamente fissata da' passi sconsigliati
del
Gratarol, ha dato corpo solido a ciò che non era
tore, per sua sciagura aveva i capelli tendenti al biondo come quelli
del
Gratarol, e la sua statura era poco più poco meno
a poco più poco meno, consimile. Da ciò nacque il traditore artifizio
del
baratto di parte. Ma più. La pettinatura di quell
La pettinatura di quell’attore, era affettatamente imitata da quella
del
detto signore. Il colore dei vestiti, il taglio,
o non so da chi (forse con di lui cecità), ne'gesti, ne'passi marcati
del
Gratarol per modo, che quantunque io non abbia gi
unanimi sopra il Gratarol. Fr. Bartoli dice che il Vitalba accumulò
del
danaro col frutto delle sue fatiche. Viveva ancor
o (il nome della madre ?) stabilito in Francia, ove esercitava l’arte
del
giojelliere. Il Gozzi nel Canto Ditirambico dé Pa
l’arte del giojelliere. Il Gozzi nel Canto Ditirambico dé Partigiani
del
Sacchi Truffaldino, dice a pag. 174 : L'Angelina
; ma s’ingrassi un po'più adagio. Siedi, e fa per lo contrario,
del
Vitalba o Vedovella, perchè il popolo t’appella u
ntrario, del Vitalba o Vedovella, perchè il popolo t’appella una fune
del
sipario. E a questa vedovella è scritto in nota
a ? E vedova di chi ? La moglie di Vitalba non era l’Angelina, figlia
del
Sacchi ? La madre del Vitalba ? Ma quella si chia
La moglie di Vitalba non era l’Angelina, figlia del Sacchi ? La madre
del
Vitalba ? Ma quella si chiamava Costanza ed era m
a ? Ma quella si chiamava Costanza ed era morta il '36. E nell’elenco
del
'75 lasciatoci dal Lessing (V. Sacco Antonio) non
anni a Verona, per impararvi il mestiere di sartore ; ma innamoratosi
del
teatro, entrò in una piccola compagnia, in cui da
he in capo a pochi anni lo vediam già nello stesso ruolo in Compagnia
del
vecchio Zanerini, di cui potè seguire, senza serv
l’ Ubaldo nel Galeotto Manfredi di Vincenzo Monti, specie nella scena
del
quarto atto con Zambrino e Manfredi, siffatto ent
le la stessa sera la replica. E « il Carlo XII nel Carlo XII a Bender
del
Federici, e l’ Enrico Traslow nel Federico II, mo
ersiana, Ircana in Iulfa e Ircana in Ispaan, fu grandissimo in quelle
del
Sacerdote ne' Baccanali e del Padre nell’Elena e
ana in Ispaan, fu grandissimo in quelle del Sacerdote ne' Baccanali e
del
Padre nell’Elena e Gerardo di Pindemonte. Nè le t
gamennone, Oreste, Virginia, Polinice, Antigone, Ottavia, nè i drammi
del
Metastasio, Attilio Regolo, Temistocle, Catone in
ndese, che accrebber nuova fama all’artista già famoso. La robustezza
del
suo petto era tale, ch'egli potè a sessantacinque
el quale vuol la leggenda di palcoscenico ch'egli si mostrasse geloso
del
figlio Gustavo. Ma è da credersi, che la frase a
lio di Gustavo, egli, con sacrifici di ogni maniera, privandosi quasi
del
pane per sè e i suoi, gli fu largo di soccorsi in
ette più anni, festeggiato e acclamato. Morì a Treviso fra le braccia
del
figlio e della moglie, in tardissima età. Lau
ltiforme Garrico pendea. Modena, e tu così se il sire argivo micidïal
del
proprio sangue additi agli atti, al viso d’ogni p
angue additi agli atti, al viso d’ogni pace schivo. E pur cosi quando
del
Norte ai liti in te lo Sveco eroe par redivivo, e
ivo, e le sue gesta e sua fierezza imiti. Modena Gustavo. Figlio
del
precedente ; il più grande, il più completo, per
l più grande, il più completo, per comune consentimento, degli attori
del
nostro secolo, nacque a Venezia il 13 febbraio de
ento, degli attori del nostro secolo, nacque a Venezia il 13 febbraio
del
1803. Iniziato alle lettere nel liceo di Verona s
partecipare alle prove degli spettacoli, ferito a un braccio la notte
del
25 giugno così gravemente, che i dottori Fabris e
a. Dopo un mese di malattia, « espulso, – dice il Leoni (Dell’ Arte e
del
Teatro di Padova. Ivi '73) – per la colpa d’esser
di spettacolo straordinario con colpi di scena e scenari straordinari
del
solito pittore della compagnia sig. Pietro Venier
Venier, ecc. Si trattava della Scimia liberatrice ossia Il naufragio
del
capitano La Peyrouse. Il protagonista era Gustavo
o sette anni di esilio, a riveder la patria e i parenti, per amnistia
del
nuovo imperatore austriaco Ferdinando I. Comparve
nuovo imperatore austriaco Ferdinando I. Comparve allora sulle scene
del
Teatro Carcano di Milano sotto le spoglie del div
arve allora sulle scene del Teatro Carcano di Milano sotto le spoglie
del
divino Alighieri, declamandone, sviscerandone alc
ediocre fortuna ; ma quando la rivoluzione di Milano preluse a quella
del
'48, egli, chiamato a soccorrer la patria del suo
Milano preluse a quella del '48, egli, chiamato a soccorrer la patria
del
suo braccio e del suo nome, tutto abbandonò e sac
uella del '48, egli, chiamato a soccorrer la patria del suo braccio e
del
suo nome, tutto abbandonò e sacrificò, come nel '
do e distruggendo la casa e la terra ch'egli aveva in Treviso, frutto
del
suo ingegno e delle sue fatiche. Esiliato dalla L
con compagnie rilevate, or con formate di nuovo. Lo vediamo alla fine
del
'58 all’ Apollo di Genova, ove diede il mercoledì
edì 22 dicembre un’ultima rappresentazione compresa nell’ abbonamento
del
carnevale col dramma di Delavigne, Luigi XI. Cacc
tosi il male, cessò di vivere a soli cinquantott’anni, il 21 febbraio
del
1861. Molte cose abbiamo a stampa di lui, o ch
to popolare egli riferisce il sunto che ne fece il Lami al Presidente
del
Buon Governo e ch'egli dice fedele ; e quella par
al Presidente del Buon Governo e ch'egli dice fedele ; e quella parte
del
dialogo riguardante il Canosa, a proposito della
Mazzini, col quale egli eresse a sè l’oraziano monumento più durevole
del
bronzo, e nel quale è un’ampia e bella biografia
ate aggiungo oggi due lettere inedite che riferisco intere : la prima
del
15 aprile 1845 da Bergamo a Mariano Somigli impre
: la prima del 15 aprile 1845 da Bergamo a Mariano Somigli impresario
del
Cocomero, oggi Teatro Niccolini, a Firenze ; la s
mpresario del Cocomero, oggi Teatro Niccolini, a Firenze ; la seconda
del
1° febbraio 1848 da Venezia all’abate Iacopo Ferr
irà : le conveniense ! ! – In fin dei conti io credo che la Compagnia
del
Battaglia finirà prima di cominciare come quella
re Obblmo. Devmo. Servitore G. Modena. Grande e bella figura questa
del
Modena, di cui non sappiam bene se più e meglio v
caldissimo. Leone Fortis delineò l’uomo politico nel Capitan cortese
del
12 aprile '96 con queste parole : Fu tutto di un
he non salvava nemmeno le apparenze, e che trattava la Rappresentanza
del
popolo a scudisciate. – Il tentativo falli. – L'A
igi XI, sia di Saul, sia di David ; o di Adelchi, o di Walenstein, o
del
Cittadino di Gand, o di Maometto, o d’Icilio, o d
and, o di Maometto, o d’Icilio, o di Remy, o di Raimondo, o di Dante,
del
quale interpretava (come abbiamo da un programma
terpretava (come abbiamo da un programma di sua beneficiata al Teatro
del
Giglio di Lucca, la domenica 7 giugno 1840, in Co
VI). Ladri tramutati in serpi (Canto XXV). Curio – Il Mosca – Bertram
del
Bornio (Canto XXVIII). Falsatori – Maestro Adamo
entusiasmo egli suscitava in assurdità incredibili come quella famosa
del
pugnale infisso con gran violenza sul piano della
, che…. doveva essere di marmo. Ma…. altri tempi, allora. La missione
del
teatro non era, allora, di mostrare al vivo malat
La missione del teatro non era, allora, di mostrare al vivo malattie
del
nostro spirito e del nostro corpo, senza ragione,
ro non era, allora, di mostrare al vivo malattie del nostro spirito e
del
nostro corpo, senza ragione, senza concetto, senz
me, o non piuttosto di mostrar loro i più riposti sentimenti politici
del
fiero ghibellino, non sappiam precisamente. Ma st
ce che avea potente e bella, ond’era necessario abituarvisi. Le forme
del
corpo atletiche e ferrea tempra. » Di tutte le p
ea tempra. » Di tutte le parole stampate in prosa e in verso a onore
del
sommo italiano, scelgo la seguente ode, d’altre f
il bel s’accoppi al vero. Questo dettò le semplici norme a Colui che,
del
tuo plauso degno, architettò questo gentil disegn
quando il suo circo immaginò sì vago. Or nobil premio all’opera Sien
del
tuo labbro i non mentiti encomj, e il Teatro gent
n sasso che ne ricordasse ai posteri il nome e le virtù. Il 29 aprile
del
'900, Torino, rifugio dell’esule, che gli fu seco
a costante e amorosa di Giuseppe Cauda, un giornalista, che dell’arte
del
teatro s’è fatto un culto, il sospirato monumento
intorno alla disposizione dei palchetti e ornato loro, non sarà fuori
del
presente argomento toccare anche di simili partic
era in musica, si venga a dichiarare eziandio la più accomodata forma
del
luogo ove si ha da vedere et udire. [6.2] E prim
al che ben pare che l’esperienza ne insegni qualmente, per l’interior
del
teatro, a prescegliere si abbia il legno; quella
ibrare d’un modo. [6.3] Stimano i più che molto faccia alla bellezza
del
teatro la vastità sua. E certo li magni edifizi h
i altra cosa, è da osservarsi una certa regola e misura. La grandezza
del
foro, dice ancora Vitruvio, si dee fare proporzio
l foro, dice ancora Vitruvio, si dee fare proporzionata alla quantità
del
popolo, acciocchè o non riesca la capacità di ess
pacità di esso ristretta riguardo al bisogno, o pure per la scarsezza
del
popolo il foro non paia disabitato e solitario58.
determina la lunghezza della platea e, per conseguente, la grandezza
del
teatro è la portata della voce, e non altro. Che
a del teatro è la portata della voce, e non altro. Che troppo avrebbe
del
ridicolo che altri facesse un teatro così grande,
ne. [6.4] Ma perché gli uomini vanno generalmente presi a ciò che ha
del
grande e del magnifico, hanno pensato a un modo d
perché gli uomini vanno generalmente presi a ciò che ha del grande e
del
magnifico, hanno pensato a un modo di avere il te
Gli attori hanno necessariamente da starsi al di là della imboccatura
del
teatro, dentro alle scene, lungi dall’occhio dell
e, lungi dall’occhio dello spettatore; e hanno da far parte anch’essi
del
dolce inganno a cui nelle sceniche rappresentazio
e mettono all’infuori, è attissima a spandere per ogni verso il suono
del
battaglio che batte in su quelle labbra medesime.
ione il mare d’aria che le è d’intorno. Ma che per ciò? Dovrà la voce
del
cantore, posto quasi nella bocca della campana de
ciò? Dovrà la voce del cantore, posto quasi nella bocca della campana
del
teatro, fare gli stessi effetti nelle interne par
sotto il segno dell’Acquario, che prescrivevano a’ tisici il giulebbo
del
polmone di questo o quello animale, alle partorie
ttime dell’analogia, quando dal sillogizzare scolastico travisata era
del
tutto la faccia della filosofia. Oltre di che non
tura si domandasse quale sia la più conveniente figura per l’interior
del
teatro, quale sia la curva la più acconcia di tut
entro a sé il più di spazio. Gli spettatori posti nella circonferenza
del
semicerchio sono tutti rivolti alla scena di un m
semicerchio adattato a’ moderni teatri; ed è che, per la costruzione
del
nostro palco scenario, differentissima da quella
ppresso a poco tutti i vantaggi, il cui asse minore serva per la luce
del
palco e il maggiore per la lunghezza della platea
sposizione dei palchetti è una invenzione di Andrea Sighizzi, scolare
del
Brizio e del Dentone e predecessore dei Bibbiena,
i palchetti è una invenzione di Andrea Sighizzi, scolare del Brizio e
del
Dentone e predecessore dei Bibbiena, che l’hanno
to, che i palchetti, secondo che dalla scena camminano verso il fondo
del
teatro, vadano sempre salendo di qualche once l’u
ior effetto delle voci, quelli ornamenti che troppo rilevano ed hanno
del
centinato e del sinuoso; rompe quivi la voce, ne
e voci, quelli ornamenti che troppo rilevano ed hanno del centinato e
del
sinuoso; rompe quivi la voce, ne è irregolarmente
e è irregolarmente ribattuta, si disperde. Vuolsi ancora dall’interno
del
teatro sbandire quella maniera di ornati, tanto a
ano ordini di architettura; pedanteria, che abbiamo redata dal secolo
del
Cinquecento, in cui né scrivania facevasi, né arm
scrivania facevasi, né armadio senza porre in opera tutti gli ordini
del
Coliseo. Non è questo il luogo per una così fatta
cornici architravate, è troppo più alto che non comporta la grossezza
del
semplice palco, che ha da dividere l’un ordine di
alchetti ad avere differenti altezze. E allora, o tu fai dell’interno
del
tuo teatro un settizonio o una torre, e senza un
ni superiori dal punto di veduta che si prende nel palchetto di mezzo
del
primo ordine, ovvero pochissimi torneranno gli or
ello spazio. L’architettura che, ad ornare come si conviene l’interno
del
teatro, si ha da pigliare per modello, è una mani
mma delicatezza. E di fatto, se in niuna fabbrica poco ci ha da avere
del
massiccio e del solido, se l’architettura all’inc
E di fatto, se in niuna fabbrica poco ci ha da avere del massiccio e
del
solido, se l’architettura all’incontro ha da esse
all’incontro ha da esser quasi tutta permeabile, quella dello interno
del
teatro è pur dessa. Niente vi ha da impedire la v
e i libri negli scaffali di una biblioteca, come le gemme ne’ castoni
del
gioiello. E per questo particolare, singolarmente
e la discrezion sua. E non meno sarà egli lodevole, se nello interior
del
teatro saprà ristrignersi a una gentile e ben int
ntazioni, la maestà si conserva dell’antico teatro dei Greci. L’uno è
del
Sig. Tommaso Temanza, uomo raro, che ne’ suoi scr
ne’ suoi scritti dà novella vita al Sansovino e al Palladio; l’altro
del
Sig. Conte Girolamo Dal Pozzo, che colle sue oper
Pozzo, che colle sue opere rinfresca in Verona sua patria la memoria
del
Sanmichele. E non lungi dalla medesima idea è il
hi sieno gli Eruditi Spagnuoli che non abbiano poco o molto favellato
del
proprio teatro, tuttavolta se ne desiderava ancor
ni letteratura nulla d’importante aggiugne a quanto allora io scrissi
del
teatro spagnuolo. Adunque senza aver ragione degl
Celestina di tutte la più rinomata cominciata a scriversi nella fine
del
XV secolo da Rodrigo de Cota (altri dice da Giova
si finge effettivamente fattucchiera; e l’innocente Melibea per forza
del
suo incanto è corrotta; ed in ciò si vede la manc
cosa ne’ seguenti nove atti l’azione cade, si rende straniera al nome
del
protagonista, e si raffredda. La morte di Calisto
on che su di un teatro; e questi sventuratamente sono i più bei passi
del
libro. Di grazia poteva ciò essersi immaginato pe
L’esgesuita Giovanni Andres avrebbe tacciato di oscenità le commedie
del
Machiavelli, e preferita, errando in più maniere,
o in più maniere, la scandalosa mostruosità della Celestina all’Orfeo
del
Poliziano? Son sicuro che egli non lesse mai nè l
urale ed elegante dipintura della bellezza di Melibea, la descrizione
del
carattere e delle occupazioni di Celestina, il di
d in fatti la vivacità delle descrizioni de’ caratteri, e la maestria
del
pennello ne’ quadri de’ costumi, non permetterann
istruttivo. Libro divino lo chiamò intanto il Cervantes nella decima
del
Poeta Entreverado; e l’autore del Dialogo de las
ò intanto il Cervantes nella decima del Poeta Entreverado; e l’autore
del
Dialogo de las lenguas affermò che in castigliano
el 1542 è pure un componimento che discende dalla Celestina. L’autore
del
Flos Sanctorum Alfonso de Villegas toledano nella
a commedia.Giovanni Rodriguez fece la Floriana che tratta degli amori
del
duca Floriano con Belisea impressa nel 1544 in Me
portoghese Giorgio Ferreira de Vasconcelos impresse ne’ primi lustri
del
secolo seguente. La prima e la migliore detta com
iego Barbosa) rappresentò più volte le proprie commedie alla presenza
del
re Emanuele e di Giovanni III. Fu considerato com
enza del re Emanuele e di Giovanni III. Fu considerato come il Plauto
del
Portogallo, e talmente applaudironsi le sue favol
omprendere le grazie comiche di Gil Vicente. Egli morì in Evora prima
del
1557. E dopo la di lui morte se ne pubblicarono l
imo di essi fu Gil Vicente detto il giovine tenuto per più eccellente
del
padre, e tra i di lui drammi credesi il migliore
econdo fu Luis Vicente, il quale intraprese l’impressione delle opere
del
padre. Pabla Vicente chiamossi la figliuola, di c
Il celebre quanto infelice gran poeta portoghese Luigi Camoens autore
del
poema epico Las Luisiadas composto nelle Indie, p
lla di lui morte dopo aver menato una vita da mendico sotto gli occhi
del
sovrano cui avea servito colla penna e colla spad
olla penna e colla spada; Camoens, dico, dee contarsi tra’ benemeriti
del
patrio teatro pel suo Anfitrione tratto da Plauto
no, un paggio francese ed una comitiva di pinzochere con Fausta madre
del
traviato giovinetto. La commedia è scritta a norm
n Fausta madre del traviato giovinetto. La commedia è scritta a norma
del
verisimile e divisa in cinque atti cui non manca
e un’altra edizione in Lisbona l’anno 1595 unita ad un’altra commedia
del
medesimo autore da me non veduta intitolata Os Es
o Nicolas Antonio. Antonio Ferreira nato in Lisbona, ad insinuazione
del
prelodato Francesco de Sà, prese a coltivar le mu
iadi con tanta energia e passione ne cantò. Imperciocchè se le poesie
del
Ferreira s’impressero nel 1598 quaranta anni dopo
1572. Dividesi la Castro in cinque atti, e vi si osservano le regole
del
verisimile eccetto che nell’unità del luogo, segu
ti, e vi si osservano le regole del verisimile eccetto che nell’unità
del
luogo, seguendo l’azione parte in Coimbra e parte
ragedia con senno il verso sciolto. Noi nel parlar poi delle due Nise
del
Bermudez ne confronteremo qualche squarcio. Il ge
Cruz nato parimente in Lisbona, e conosciuto per la traduzione latina
del
Salterio di David uscita in Ingolstad nel 1597, e
une novelle e di tre commedie in prosa impresse nel 1559. Le commedie
del
Rueda, dice Lope de Vega nell’Arte Nuevo, di stil
ussero azioni ed amori di sovrani e principesse. Al Rueda morto prima
del
1557 succedette nel teatro un tal Naharro nato in
nque uscirono i comici dalle commediole e dagli amori della figliuola
del
fabbro, i quali posti in circostanze pericolose o
abilmente simili favole furono novelle in dialogo. Verso i primi anni
del
secolo il dottore Villalobos tradusse in prosa l’
ne menzione; pur niuno ne fe motto nè in Italia nè nelle Spagne prima
del
Nasarre morto pochi lustri prima dellà fine del s
nè nelle Spagne prima del Nasarre morto pochi lustri prima dellà fine
del
secolo XVIII. Don Nicolas Antonio che parla diste
llà fine del secolo XVIII. Don Nicolas Antonio che parla distesamente
del
Naarro de Torres, afferma solo che dimorò in Roma
entavano tante dotte eleganti ingegnose vivaci commedie dell’Ariosto,
del
Machiavelli, del Bibiena, del Bentivoglio? Nè anc
tte eleganti ingegnose vivaci commedie dell’Ariosto, del Machiavelli,
del
Bibiena, del Bentivoglio? Nè anche nel XIV secolo
ingegnose vivaci commedie dell’Ariosto, del Machiavelli, del Bibiena,
del
Bentivoglio? Nè anche nel XIV secolo quando rappr
? Nè anche nel XIV secolo quando rappresentavasi in Italia l’Ezzelino
del
Mussato si sarebbe sofferta una Serafina o una So
zzelino del Mussato si sarebbe sofferta una Serafina o una Soldatesca
del
Naarro. Fa dunque torto, ripeto, alla veracità ed
re, la vana jattanzia aggiunta a questa istoriella mendace e gratuita
del
Nasarre, cioè che il Naarro insegnò agl’Italiani
l’erudizione Ateniese e Latina, e poscia illustrò sin da’ primi anni
del
XVI l’amena letteratura con la Sofonisba, l’Orest
artiene a Carlo Vespasiano a. Egli così la lasciò su questa sbraciata
del
Nasarre: » Non sarebbe stato forse questo erudito
e Ario Barbosa b nato in Aveiro nel Portogallo, il quale fu discepolo
del
Poliziano in Firenze, e fecevi gran profitto, e d
lesse anch’egli in Salamanca per lo spazio di venti anni in compagnia
del
Nebrissense, e passato in Portogallo fu maestro d
ene per distruggerla da tutto il Concilio Matritense e sul testimonio
del
celebre storico Mariana. Ora il Lampillas ha egli
or della nota? Poteva (dice poi il medesimo apologista) nel principio
del
XVI secolo uno spagnuolo insegnare agl’Italiani
gnorasse o dissimulasse la barbarie della penisola verso il principio
del
XVI secolo (alla quale non mai si derogherà nè pe
i che altri potesse citare) e spacciasse un fatto passato solo dentro
del
suo cervello, cioè che ne fosse sbucciato un auto
, de’ Bentivogli? Fin quì il Vespasiano. Ma poste da banda le visioni
del
Nasarre a riconoscansi i primi avanzamenti del te
te da banda le visioni del Nasarre a riconoscansi i primi avanzamenti
del
teatro spagnuolo dalle fatiche del prelodato Cerv
a riconoscansi i primi avanzamenti del teatro spagnuolo dalle fatiche
del
prelodato Cervantes. Questo letterato infelice ri
che egli ebbe in maggior pregio, furono da lui nominate nella parte I
del
Don-Quixote nel cap. 48, e nell’Adjunta al Parnas
e scrisse a bello studio così sciocche per mettere in ridicolo quelle
del
Vega. Ma le parole del Cervantes hanno tutta l’ar
o così sciocche per mettere in ridicolo quelle del Vega. Ma le parole
del
Cervantes hanno tutta l’aria d’ingenuità che manc
ssertazione, e distruggono sì manifestamente le sofistiche congetture
del
Nasarre, che io stimo che non mai quell’erudito d
ana e ridicola giustificazione delle scempiaggini delle otto commedie
del
Cervantes fu quella che venne in mente all’esgesu
upporre che Cervantes, il quale opravvisse un anno alla pubblicazione
del
libro, avesse veduto e sofferto il cambio a. Le a
tre nel 1635. L’antica e la moderna Europa non vide un poeta teatrale
del
Vega più fecondo. I venticinque volumi impressi c
i. Alla qual cosa conferì appunto quell’essersi sottratto alle regole
del
verisimile. Ma dotato di molto ingegno, di vasta
ercò d’impadronirsi de’ cuori, e secondare, com’egli diceva, il gusto
del
volgo e delle donne, per la cui approvazione trio
Lope. Egli si scatena contro di questo poeta come il primo corruttore
del
teatro, e la corruzione suppone uno stato precede
a il teatro spagnuolo prima di Lope? Dopo le commediette della figlia
del
ferrajo e i colloquii pastorali di Lope de Rueda,
lo? Trovò dunque il teatro già corrotto sin dall’immediato successore
del
Rueda; ed essendosi poi la commedia spagnuola sem
no ancora quelle che trasse o dalla Sacra Scrittura, come la Creacion
del
Mundo y primer culpa del hombre in cui discende s
se o dalla Sacra Scrittura, come la Creacion del Mundo y primer culpa
del
hombre in cui discende sino ai fatti di Caino e a
ii e dagli sforzi de’ pontefici. Ma niuno indizio si ha che nel corso
del
XV secolo quelle farse spirituali avessero tolto
mute rappresentazioni delle più solenni festività sacre qual è quella
del
Corpus Domini. In essa sino all’anno 1772 in Madr
i que’ segni, e di recitarsi los Autos Sacramentales durante l’ottava
del
Corpus. In fatti l’Antonio nella Biblioteca Ispan
ltri drammatici che fiorirono sul finir secolo XVI e sull’incominciar
del
seguente. Molti contemporanei del Cervantes e de
inir secolo XVI e sull’incominciar del seguente. Molti contemporanei
del
Cervantes e del Vega coltivarono la drammatica se
e sull’incominciar del seguente. Molti contemporanei del Cervantes e
del
Vega coltivarono la drammatica senza discostarsi
scenico. Cervantes nominò con molta lode il dottor Ramòn, forse dopo
del
Vega il drammatico più fecondo ed oggi il più dim
più non si rappresentano, ad eccezione di quella intitolata Mocedades
del
Cid, le gesta giovanili del Cid, che io vidi di t
eccezione di quella intitolata Mocedades del Cid, le gesta giovanili
del
Cid, che io vidi di tempo in tempo sulle scene. P
confuso tralla turba de’ drammatici oscuri senza la felice imitazione
del
Cid fatta da Pietro Corneille. Egli compose una s
da Pietro Corneille. Egli compose una seconda favola De las Mocedades
del
Cid, la quale impropriamente portò questo titolo,
questo componimento si aggirano sulle fraterne contese de’ figliuoli
del
re Fernando, nelle quali assai accessoriamente an
Ottennero anche distinte lodi dal Cervantes l’eloquenza e la dottrina
del
Tarraga, l’acutezza d’Aguilar, di Antonio Galarza
tore di non poche commedie. Ma nè da lui nè dal Vega si fece menzione
del
dotto toledano Giovanni Perez professore di retto
ttestare di averne vedute diverse. Ecco per ora le tragedie spagnuole
del
secolo XVI. Oltre delle latine del portoghese la
Ecco per ora le tragedie spagnuole del secolo XVI. Oltre delle latine
del
portoghese la Cruz, e della Castro del Ferreira g
secolo XVI. Oltre delle latine del portoghese la Cruz, e della Castro
del
Ferreira già riferite, io ne conto altre dodici d
ncertezza, con cui mal si può intentar lite di anteriorità, e ad onta
del
disprezzo che il dotto Nicolàs Antonio mostrò per
iocinio fu il signor Montiano seguito dal Velazquez e dal compilatore
del
Parnasso Spagnuolo. Non si avvidero questi erudit
ria dimostra quante altre tragedie produssero gl’Italiani assai prima
del
1502 in cui si vide quella del Carretto. Nè ciò s
die produssero gl’Italiani assai prima del 1502 in cui si vide quella
del
Carretto. Nè ciò si dice perchè importi gran fatt
Il Malara nella sua opera intitolata Philosophia vulgar b più ingenuo
del
suo lodatore e de’ moderni apologisti, non ci ha
tata tragedia vera; perchè il medesimo Cueva confessa che le tragedie
del
Malara non erano scritte secondo il metodo degli
casi la stessa cosa di poche altre tragedie accennate nel II discorso
del
Montiano, cioè la Honra de Dido restaurada, la De
rciò la natura, o non sono certamente tragedie rigorose più delle sei
del
Vega, e delle altre favole eroiche di tanti altri
l Vega, e delle altre favole eroiche di tanti altri, e delle commedie
del
Castro pubblicate in Valenza nel 1621a. Ma venghi
tradotta dall’Elettra di Sofocle, le quali non si pubblicarono prima
del
1585 in Cordova dal suo nipote Ambrogio Morales.
ordova dal suo nipote Ambrogio Morales. Questo maestro de Oliva prima
del
1533 dimorava in Italia; dunque (conchiude il sig
componesse intorno al 1520, quando al suo dire uscì in Italia quella
del
Trissino; dunque (notisi la logica) gli Spagnuoli
ica) gli Spagnuoli hanno avute tragedie prima degl’Italiani. Nè anche
del
Perez si sa l’anno in cui nacque; e solo il medes
inte e incerte orme segnava , quando si leggeva in Italia la tragedia
del
Carretto; e non era uscito dall’età pupillare, qu
on era fanciullo allora, asserendo gratuitamente contro la congettura
del
medesimo Sedano, che egli potè nascere verso il 1
ano, che egli potè nascere verso il 1494. Indi trasformando le parole
del
Giraldi assicura che il Trissino terminò di scriv
ivere la sua tragedia nel 1515; e così anticipando un poco la nascita
del
Perez, e ritardando un poco quella della tragedia
poco la nascita del Perez, e ritardando un poco quella della tragedia
del
Vicentino, e supponendo anche che il Perez scrive
illas non si è provata) si lusinga di rendere contemporanee le favole
del
Perez alle prime tragedie italiane. Vuole in oltr
conosciute per tali, oltre all’averle lo stesso Lampillas nel tomo II
del
suo Saggio chiamate ancora traduzioni. Tali in fa
ra migliora gli originali nel dialogo . Io riconosco nelle traduzioni
del
Perez purezza, eleganza e naturalezza; ma con pac
lle traduzioni del Perez purezza, eleganza e naturalezza; ma con pace
del
signor Andres io trovo non poche volte peggiorati
uando egli scrisse quelle traduzioni, qual fondamento ha l’asserzione
del
signor Andres? Il pudo ser del Sedano e la conget
zioni, qual fondamento ha l’asserzione del signor Andres? Il pudo ser
del
Sedano e la congettura del Lampillas. Il p. Giro
’asserzione del signor Andres? Il pudo ser del Sedano e la congettura
del
Lampillas. Il p. Girolamo Bermudez di Galizia do
e; ma se i Portoghesi debbono aversi in conto di Spagnuoli, la Castro
del
Ferreira fu scritta almeno venti o trenta anni pr
ise si rappresenta parte in Lisbona e parte in Coimbra come la Castro
del
Portoghese, sulla quale servilmente in ogni scena
o che la lodò, non ne seppe la sorgente. Migliore ancora è la seconda
del
IV, che nel Ferreira a me sembra veramente tragic
tti e gli ornamenti soverchio lirici e i pensieri soverchio ricercati
del
principe addolorato per l’inaspettato ammazzament
come afferma l’istesso Sedano, diffuse e spropositate . Il carattere
del
re don Pietro nobile e grandemente innamorato, in
o, atroce, basso ancora ed indecente. Le persone che vi s’introducono
del
custode, del portinajo, del carnefice, e i plebei
sso ancora ed indecente. Le persone che vi s’introducono del custode,
del
portinajo, del carnefice, e i plebei motteggi di
ndecente. Le persone che vi s’introducono del custode, del portinajo,
del
carnefice, e i plebei motteggi di quest’ultimo co
appresenta il supplicio degli uccisori di Nise eseguito alla presenza
del
re e degli spettatori, è affatto ridicola ed impe
l re e degli spettatori, è affatto ridicola ed impertinente, nè degna
del
genere tragico è l’azione del re che gli percuote
atto ridicola ed impertinente, nè degna del genere tragico è l’azione
del
re che gli percuote colla frusta. Strappa il boja
a. Strappa il boja il cuore per le spalle al primo, giusta il comando
del
re, e mostrandolo dice: Tal quiero yo el carnero
ostrandolo dice: Tal quiero yo el carnero, aunque no como El corazon
del
ave que si aturdo. Cava al secondo il cuore dal
ta noche la fiesta à sus amigos. Finalmente non vi si guarda l’unità
del
tempo. L’ambasciadore del re di Castiglia tratta
migos. Finalmente non vi si guarda l’unità del tempo. L’ambasciadore
del
re di Castiglia tratta nella scena seconda dell’a
a spagnuola, e la sorgente della Inès di m. La Mothe. Tralle commedie
del
sivigliano Giovanni de la Cueva impresse nel 1588
riconosciamo per tragedie, ma ci rapportiamo su di esse alla censura
del
nazionale Montiano. Nella prima, ei dice, si tras
pali sono due: nell’ultima è fantastico e fuor di natura il carattere
del
protagonista. Ciò vuol dire che sono tragedie, ma
ie, ma difettose. Nega questi difetti il Lampillas, e strepita contro
del
Montiano e del Signorelli; ma le di lui repliche
e. Nega questi difetti il Lampillas, e strepita contro del Montiano e
del
Signorelli; ma le di lui repliche si trovano abba
epliche si trovano abbastanza combattute e confutate nell’articolo VI
del
mio Discorso Storico-critico. Quì dirò soltanto c
re voleva far menzione delle migliori della nazione; là dove l’avviso
del
Montiano a suo confronto ha troppo gran peso, tra
Filli si occulta ancora; ma le altre due si pubblicarono nel VI tomo
del
Parnasso Spagnuolo, in cui se ne dà un giudizio i
stupore ancor maggiore che il Lampillas ad onta della saggia censura
del
Sedano non avesse compresi gl’inescusabili difett
trimenti che se si mettessero le pitture cinesi a fronte delle tavole
del
Correggio. La moltiplicità delle azioni, tutte le
non convengono ad Egiziani: lo stile s’inalza fuor di tempo in bocca
del
Nunzio, e si deprime in bocca di Alessandra e di
di vergognoso plagio, alcuni pochi tragici non indegni degli sguardi
del
pubblico. a. Non così il signor Vincenzo Garcia
iglia, che se i nazionali mi avessero prevenuto in tessere una storia
del
teatro Spagnuolo, io avrei durata minor fatica ad
le medesime sue parole. Escribieron (dice nel Prologo alle Commedie
del
Cervantes) Dialogos que llamaron comedias, pero m
uy largas e incapaces de representarse. a. De las quales (parole
del
medesimo Nasarre) se pue den sacar pinturas, y re
damente lascivos y malignos en los quales se muestra la deshonestidad
del
todo desnuda con el pretexto de azotarla . a. G
ogallo nato nel 1506 e morto nel 1555. Veggasi la Biblioteca Lusitana
del
Barbosa, il quale allega la Vita di quell’Infante
scritta dal conte di Vimioso, ed il Comento di Manuel Faria alle Rime
del
Camoens. a. Si avverta che nè il Nasarre che cer
sarre che cercava in tutta la penisola drammi regolari composti prima
del
fiorir di Lope de Vega; nè il Lampillas che volev
mancato di vivere in età di circa anni sessanta il dì 16 di novembre
del
1788. Dovunque oggi splenda ancora qualche favill
cese, di Palissot, di Clement, di Sabatier des Castres, dell’avvocato
del
parlamento Floncel e del cavaliere Girolamo Tirab
ment, di Sabatier des Castres, dell’avvocato del parlamento Floncel e
del
cavaliere Girolamo Tiraboschi, di monsignore Ferd
schi, di monsignore Ferdinando Galiani, dell’abate Innocenzo Frugoni,
del
duca Antonio di Gennaro di Belforte, e del Duca d
l’abate Innocenzo Frugoni, del duca Antonio di Gennaro di Belforte, e
del
Duca di Cantalupo Domenico suo fratello, dell’avv
all’amor patriotico in poche fervide pennellate istoriche sulla vita
del
suo amato Carlo Vespasiano. Ma i suoi disastri l’
ogista Lampillas ebbe a male che io avessi chiamate visioni le ciance
del
Nasarre sul Naarro. Avrebbe egli forse desiderato
e la Vita scritta dall’erudito Gregorio Mayans y Siscar nell’edizione
del
1765 del Don-Quixotte, o quella postavi nell’eleg
scritta dall’erudito Gregorio Mayans y Siscar nell’edizione del 1765
del
Don-Quixotte, o quella postavi nell’elegante ediz
e delle altre parti della poesia scrisse eccellenti riflessioni piene
del
sugo di Aristotele e di Orazio . Al contrario Lop
omedias en este tiempo, nel quale in vece di fare riflessi oni piene
del
sugo di Aristotile e di Orazio , confessò di aver
ia, se egli nacque nel 1562, cioè ottantaquattro anni dopo la nascita
del
Trissino che scrisse una Poetica? Come domiciliat
tisei anni prima che fosse conceputo Lope de Vega: che l’Arte Poetica
del
vescovo di Ugento e poi di Cotrone Antonio Mintur
parole da lui tenute per oracoli irrefragabili, fondò l’introduzione
del
suo famoso Prologo, dove la moltitudine de’ mador
ario, lo stesso linguaggio. a. Ad onta delle insolenti sciocchezze
del
cianciatore Garcia de la Huerta io sempre chiamer
e nella mia Storia l’Accademia di Madrid che fioriva sin dal declinar
del
secolo XVI e cominciar del XVII con l’altra quivi
mia di Madrid che fioriva sin dal declinar del secolo XVI e cominciar
del
XVII con l’altra quivi pure incominciata sul fini
VI e cominciar del XVII con l’altra quivi pure incominciata sul finir
del
terzo lustro del secolo XVIII instituita da Filip
l XVII con l’altra quivi pure incominciata sul finir del terzo lustro
del
secolo XVIII instituita da Filippo V. E questo è
ati nella Storia de’ teatri con tanto fasto e con ingiurie tabernarie
del
tremendissimo pedante la Huerta. a. Ciò volle r
norelli partì da quella corte nel 1783: Huerta infantò la grand’opera
del
suo Prologo compreso in dieci foglietti di piccio
ama postuma. a. Alle solite villanie connaturali ad un uomo torbido
del
carattere di Vicente Garcia de la Huerta se voles
e negligenza il non aver rintracciata l’epoca certa dell’invenzione e
del
principio degli autos parte tanto principale del
ta dell’invenzione e del principio degli autos parte tanto principale
del
teatro spagnuolo . Non so in prima con qual front
epoca i signori Huertisti, se ve ne ha oggi) più di mezzo secolo dopo
del
fiorir di Lope; di che più di un nazionale sincer
o certo; al più può dirsi suo coetaneo. Ma si trova forse nelle opere
del
Cervantes qualche auto? Niuno. Fe egli motto alme
? Dalla propria sempre riscaldata fantasia. Cervantes nella parte II
del
don-Quixote avea nominato un auto de las Cortes d
Sacramento dell’Eucaristia, e ne abbiamo le pruove nelle già riferite
del
portoghese Gil Vicente; nè poi traile figure del
e nelle già riferite del portoghese Gil Vicente; nè poi traile figure
del
carro de’ commedianti alcuna se ne mentova che a
rchè lo nominò, potendo anche esser componimento di un altro, e forse
del
medesimo Lope, ed averlo Cervantes nominato come
nel 1616 (perchè in tale anno, e non nel 1615, si stampò la II parte
del
Don Quixote); ma noi abbiamo già parlato degli au
li auti di Lope scritti sin dal XVI secolo; adunque l’autor memorando
del
Prologo con un corredo di villanie distese in die
del Prologo con un corredo di villanie distese in dieci pagine contro
del
Signorelli trovò appena per l’origine degli auti
che dall’abate Andres che tralle altre tragedie spagnuole cita quelle
del
Malara) è stato da me posto in tutto il lume nel
ò per mio ristoro Questi suoi cari pegni insino ad ora Col sangue sol
del
petto mio nutriti, Ch’oggi in lor danno tu a vers
enti, Al l’avo vostro or contro voi sì crudo. Oimè! senza di me senza
del
padre Quì rimarrete l Ed ei da me divisi Riveder
rice! Invan con gli occhi Mi cercherà: queste pareti intrise Scorgerà
del
mio sangue. Ah de’ miei colpi, Amato sposo, io gi
Riccoboni Luigi. Figlio
del
precedente, nato a Modena verso il 1675, esordì q
he ventenne : Ser.ma Altezza, Luigi Riccoboni seruo, e sudito hum.mo
del
A. V. humilmente li narra, come ha esercitato l’a
ze d’animo, pretendendo li Compagni farli sposare l’Argentina Comica,
del
che se ne diffese. Finito l’anno prima che fosse
impiegato notifico al Sig.re Co. Cesare Rangoni protettore de Comici
del
A. V. S. che non l’impiegasse, che non uoleua più
rimo Moroso l’habbi destinato per suo secondo, e che ui sij l’assenso
del
sud.º Sig.re Conte, contro sua uolonta, ricorre a
o del sud.º Sig.re Conte, contro sua uolonta, ricorre al Innata bontà
del
A. V. S. a gratiarlo che non sij sforzato a far a
Ser.ma — Per Luigi Riccoboni (1696). Ma la difesa pare non fosse che
del
momento, però ch'egli sposò difatti l’Argentina,
pagnia al Vecchio Teatro Comunale di Modena in Via Emilia il dicembre
del
1709, il carnovale del 1710, l’aprile del 1712. A
o Comunale di Modena in Via Emilia il dicembre del 1709, il carnovale
del
1710, l’aprile del 1712. Alessandro Gandini (op.
a in Via Emilia il dicembre del 1709, il carnovale del 1710, l’aprile
del
1712. Alessandro Gandini (op. cit.) riferisce il
cit.) riferisce il seguente racconto tratto dalle memorie manoscritte
del
Ronchi : Si dice che il Riccoboni, sulle scene i
a a S. A. S. di alcuni Cavalieri, i quali nella sera delli 11 gennajo
del
1710 avendo recitato, e sperando di avere la Cort
già cominciato a far tanto parlar di sè pe' suoi tentativi di Riforma
del
Teatro Italiano, sostituendo alla Comedia dell’ a
, buone opere scritte, tolte dall’ antico repertorio, quali Sofonisba
del
Trissino, Semiramide di Muzio Manfredi, Edipo di
Trissino, Semiramide di Muzio Manfredi, Edipo di Sofocle, Torrismondo
del
Tasso, e altre, e altre, che troppo sarebbe voler
tolo di vero Riformatore de' recitamenti Italiani. Ma la vittoria
del
Riccoboni non poteva dirsi compiuta, ove fosse ma
oduzione nuova, destinata a migliorare gradatamente il corrotto gusto
del
pubblico, dovette soccombere. Scoraggiato, avvili
di Francia di formare una Compagnia italiana per Parigi, al servizio
del
Duca d’Orléans, il Reggente, sperando di realizza
cora di aprire il teatro, egli dovette obbedire, e cedere alle voglie
del
pubblico, che non si aspettava dagl’ italiani se
tò al Palais Royal, alternativamente con l’opera, cominciando la sera
del
18 maggio, nel nome di Dio, della Vergine Maria,
di Dio, della Vergine Maria, di San Francesco di Paola e delle Anime
del
Purgatorio, con La Felice Sorpresa, che ebbe un g
un secolo più tardi, fu di lire 4068. Il 20, fu pubblicato un ordine
del
Re, col quale la Compagnia Italiana era ufficialm
ente vietato a qualsiasi altro di servirsi de' costumi delle Maschere
del
Teatro Italiano, quali dell’Arlecchino, dello Sca
schere del Teatro Italiano, quali dell’Arlecchino, dello Scaramuccia,
del
Pantalone, del Dottore e dello Scapino ; et anche
ro Italiano, quali dell’Arlecchino, dello Scaramuccia, del Pantalone,
del
Dottore e dello Scapino ; et anche del Pierrot, c
lo Scaramuccia, del Pantalone, del Dottore e dello Scapino ; et anche
del
Pierrot, che, se ben francese, è nato dal teatro
e Riccoboni s’ impegna sottopor gli scenarj delle comedie all’ esame
del
Ministero, e anche di un Ecclesiastico, per la lo
nto della Compagnia già approvato, senza che nè in esso, nè in quello
del
Duca d’Orléans fosse più fatta menzione della Com
comparse, ecc. Luigi Riccoboni fu naturalizzato francese con lettera
del
giugno 1723, insieme alla moglie, e al figliuolo
r sè e per la moglie. Tal fatto fu annunziato nel Mercurio di Francia
del
maggio seguente, con molte parole di lode. Stette
e il Riccoboni con la famiglia due anni a Parma ; poscia, il novembre
del
'31, fe'ritorno a Parigi, dove, fuor della scena,
Parigi, dove, fuor della scena, morì a settantotto anni il 6 dicembre
del
'53, e fu sepolto l’indomani al San Salvatore. L'
’indomani al San Salvatore. L' atto di morte lo dice Antico Ufficiale
del
Re. Pare che a Modena si fosse sparsa, molti ann
prima, la notizia della sua morte, poichè abbiamo un brano di lettera
del
1° gennaio 1735 in quell’Archivio di Stato, così
te da chiunque si dia a tal genere di studj, e specialmente La storia
del
Teatro italiano, opera più che altro di polemica,
tico Sannio, che aveva sotto certo rispetto le stesse caratteristiche
del
costume : quistione non ben risolta tuttavia. Tal
nchè d’umore atrabiliare, si raccomandava a Gueullette in una lettera
del
settembre 1739 (lunedì), perchè andasse con lui a
i forse un po' troppo teneri. » Fra le tante curiosità bibliografiche
del
teatro italiano, è da notare un rarissimo librett
veano in Francia nel XVI secolo eccitato il gusto musicale i Concerti
del
poeta Antonio Baif, e più i balletti di Baltassar
oeta Antonio Baif, e più i balletti di Baltassarino seguiti da quelli
del
Rinuccini del XVII. Di assai cattivo gusto furono
aif, e più i balletti di Baltassarino seguiti da quelli del Rinuccini
del
XVII. Di assai cattivo gusto furono in seguito il
XVII. Di assai cattivo gusto furono in seguito il balletto delle Fate
del
1625, in cui, come si è detto, ballò Luigi XIII,
ana chiamando da Firenze alcuni Cantanti che recitarono alla presenza
del
re l’Orfeo rappresentata in Venezia colla musica
no alla presenza del re l’Orfeo rappresentata in Venezia colla musica
del
famoso Zarlino. S’imitò poi la magnificenza dell’
61 compose l’Arianna ancor più infelicemente verseggiata; ma la morte
del
Mazzarini deluse tali speranze. Senza scoraggiars
aro Surdeac s’impossessò della cassa, cacciò via il Perrin e si valse
del
Parigino Gabriello Gilbert che compose le Pene e
deboli principj dell’opera francese, che dopo qualche anno per mezzo
del
Fiorentino Giambatista Lulli passato in Francia e
anno per mezzo del Fiorentino Giambatista Lulli passato in Francia e
del
Quinault, fu portata nata appena all’eccellenza.
cellenza. Lulli famoso violinista, maestro di musica e poi segretario
del
re di cui ebbe in seguito tutto il favore sino al
utto il favore sino alla sua morte, fece tosto sentire la superiorità
del
suo ingegno e con alcune arie di balletti compost
Montespan ottenne dal Perrin con una somma considerevole la cessione
del
privilegio, e nel medesimo anno preso per socio i
rivilegio, e nel medesimo anno preso per socio il Vigarani machinista
del
re diede le Feste di Amore e di Bacco opera compo
posta di molti balletti. Morto Moliere nel 1673 Lulli ottenne la sala
del
Palazzo Reale, dove nell’aprile di quell’anno ste
ne. I Francesi ammirandone la versificazione tanto superiore a quella
del
Perrin, non avrebbero voluto trovarvi la mescolan
iore a quella del Perrin, non avrebbero voluto trovarvi la mescolanza
del
burlesco introdotta nella Pomona. L’anno seguente
che un’ opera istorica incatenata al comodo della musica e alle leggi
del
verisimile; ma il sapere scerre e interessare, co
il poeta Francese avea guastato l’argomento greco senza approfittarsi
del
più bello dell’Alceste di Euripide, ed aggiugnend
logiche, ma accompagnata da alquanti colori patetici e vigorosi degni
del
tempo di Metastasio. Serva prima di esempio la be
gentil, de’ giorni tuoi Il più bel giorno è questo. Sangar. A te
del
pari Che a me concesso è il vanto Di appresta
Sangar. A te del pari Che a me concesso è il vanto Di apprestar
del
gran dì sacro a Cibele Il festivo apparato. At
e, l’onor tu accoppj D’esser d’un gran regnante oggi consorte. Oh
del
re rara sorte! Mai sì vaga e sì lieta io non ti
a io non ti vidi! Sangar. Ati però così d’amor nemico Della sorte
del
Re non fia geloso. Ati. Lieti vivete; i voti mi
Io secondai . . Ah de’ tuoi dì felici Questo il più glorioso Sarà
del
viver mio l’estremo giorno. Sangar. Numi! Ati.
n presso Che mi resta a temer? Sangar. Perdere è poco L’oggetto
del
tuo foco: Ciò che pianger tu dei È che mi per
pensa a palesare il proprio amore, Ati con poche voci mostra lo stato
del
suo cuore, Je souhaite, je crains, je veux, je
interrotte talvolta da qualche scena interessante. Ma il capo d’opera
del
teatro lirico francese si rappresentò nel 1686. L
rriva appunto nella campagna ove son tese, ed incantato dalla delizia
del
luogo si discinge parte dell’arnese. Vaghi ed arm
ne vieppiù fredda e nojosa per le apparizioni delle donne di Ubaldo e
del
Danese, ed i Francesi stessi non disconvengono. N
felice combinazione delle situazioni che costituisce la vera bellezza
del
melodramma. Dopo l’Armida Quinault rinunziò al te
anza, le grazie dello stile, la facilità dell’ espressione, l’armonia
del
verso di Quinault, davano ampio campo agli slanci
o di Quinault, davano ampio campo agli slanci mirabili dell’ingegno e
del
gusto del musico: la sagacità, la proprietà, la d
ult, davano ampio campo agli slanci mirabili dell’ingegno e del gusto
del
musico: la sagacità, la proprietà, la delicatezza
una grande orchestra, svegliavano l’ estro, le immagini, l’eloquenza
del
poeta. Da una banda la storia ci dimostra che Lul
erglisi tutta la delicatezza della musica e la maravigliosa proprietà
del
canto. Lulli operava colle sue note i medesimi pr
nault, il che ben si vide nel mettere in musica tanto il Bellerofonte
del
Cornelio nel 1679, quanto l’Aci e Galatea del Cam
a tanto il Bellerofonte del Cornelio nel 1679, quanto l’Aci e Galatea
del
Campistron applaudita sommamente nel 1687 dopo la
87 dopo la stessa Armida. Lulli anche prima di ottenere il privilegio
del
Perrin avea mostrata la rarità de’ suoi talenti n
ti per accomodarli alla scena musicale. Ecco in fatti ciò che narrasi
del
modo che tenevano Lulli e Quinault nel formare un
il sovrano uno de’ proposti argomenti, il poeta dava a Lulli la copia
del
piano eletto, perchè in esso andasse disponendo i
mici Boyer, e Perrault24. Dalle mani de’ letterati passavano a quelle
del
musico, il quale non le ammetteva se non dopo l’e
e faceva parola per parola25, e talora ne risecava la metà, nè contro
del
suo decreto si concedeva appellazione. Quinault t
ha raccolti i migliori passi di Quinault per dare idea della bellezza
del
di lui stile e della versificazione in diverse pa
erse passioni. Oltre a questa scena dell’Iside, mentovò ancora quella
del
quinto atto di Ati, Quoi Sangaride est morte; il
amp;c.; e diede l’esempio di uno stile maschio nel discorso di Medusa
del
Perseo cantata nel 1682; Je porte l’épouvante,
sua musica. 23. V. la Vita di Quinault. 24. V. la seconda edizione
del
libro Menagiana. 25. V. il tomo II di M. Des Fre
esneuse. 26. Questo valoroso musico aspirò alla piazza di secretario
del
re, e l’ottenne in questa guisa. Ripetendosi a Sa
mposta la musica, rappresentò egli stesso a maraviglia il personaggio
del
Muftì, di che il re lo lodò grandemente. Lulli pr
ranno onorati: andate dal cancelliere. Egli divenne subito segretario
del
re. La vostra (gli disse M. de Louvois) è stata u
ergli ne ripetevano i difetti più che le bellezze negli ultimi lustri
del
secolo XVII, e ne’ primi del XVIII. Racine singol
più che le bellezze negli ultimi lustri del secolo XVII, e ne’ primi
del
XVIII. Racine singolarmente che avea scoperto il
ravano amori. Ma egli lasciò le occupazioni teatrali prima di depurar
del
tutto la tragedia, e la scena francese, dopo di l
rmonia nella versificazione, e d’interesse nell’azione; ora in quelli
del
Campistron si desidera forza, energia, calore ed
sse detto d’Aubigny nato in Parigi nel 1653, e morto a’ 2 di novembre
del
1708, corse la tragica carriera, poichè Campistro
ol trasportare fra gli antichi Romani il fatto recente della congiura
del
Bedmar contro Venezia, diede un saggio più vigoro
tà, attribuendo al gusto di essa l’effetto della particolar debolezza
del
Longepierre. Tale era lo stato della tragedia in
gegno, erudito, e non indegno di ricordarsi con lode; sebbene, al dir
del
Palissot, egli volle contraffare Omero, Anacreont
qualche soliloquio puramente narrativo, e per la poca corrispondenza
del
tempo della rappresentazione con quello degli eve
i evenimenti. Lo stile nel Romolo si risente più che nella precedente
del
difetto generale delle tragedie francesi, cioè vi
renza, tante angosce sembrano convenire più ad un innamorato francese
del
tempo che si scriveva l’Artamene, che ad un Romol
lieni dall’avventura di Edipo, introdotto con mal consiglio dal padre
del
teatro francese, quanto di quello non meno eterog
la galanteria di Filottete che con rincrescimento si legge nell’Edipo
del
Voltaire. La Motte provvidamente corregge pur anc
ogni utilità col rendere Edipo pienamente innocente nell’ammazzamento
del
re di Tebe. Dividendo poi la riconoscenza rende m
scenza rende meno meravigliosa la rivoluzione, ed incorre nel difetto
del
Voltaire. Nè anche si riconosce come vantaggioso
ndere poco importante, perchè non credibile, la loro generosità verso
del
padre? Sarebbe lecito introdurre Achille dandogli
tutte le altre. Lo stile della Ines generalmente è migliore di quello
del
Romolo; ma essa non ha nè la versificazione nè l’
velenata. I plagiarii di professione copieranno questo colpo teatrale
del
veleno che impedisce il frutto dell’impetrato per
ben poco peso per chi rifletta che don Pietro è un marito per ipotesi
del
poeta tuttavia fervido amante, il quale gode fra
i più vero e con un forte colorito tutto suo. Lontano dalla grandezza
del
primo non meno che dalla delicatezza ed eleganza
ndezza del primo non meno che dalla delicatezza ed eleganza armoniosa
del
secondo, egli non cade però nè nell’enfatico di q
nella tragedia che ne porta il nome: il suo Pirro è più grande ancora
del
Pirro della storia. Grande feroce malvagio ambizi
rigo II re di Prussia in una lettera scritta al Voltaire nel febbrajo
del
1749 venga tutta la tragedia ripresa per trovarvi
i Oreste, e quello di Elettra! Contrario è l’amor di Elettra all’idea
del
di lei carattere tramandatoci dagli antichi; inte
eputarono dal medesimo re di Prussia tragedie de toute beautè al pari
del
Radamisto. A noi, oltre a ciò che dell’Elettra ab
a abbiamo detto, non sembra la Semiramide una delle migliori tragedie
del
Crebillon. Belo in essa è un traditore senza disc
be a lui il coturno non solo varie favole degne di mentovarsi al pari
del
Cinna, dell’Atalia e del Radamisto, ma una poetic
olo varie favole degne di mentovarsi al pari del Cinna, dell’Atalia e
del
Radamisto, ma una poetica piena di gusto e di giu
le stesse, sparsa nelle sue opere moltiplici e nell’edizione che fece
del
teatro del Corneille. La prima direzione letterar
sparsa nelle sue opere moltiplici e nell’edizione che fece del teatro
del
Corneille. La prima direzione letteraria avuta da
’inspirarono l’amore della bella letteratura greca e romana; le opere
del
Crebillon e gli applausi che ne riscoteva, gli di
scrisse in più lettere nel 1719 criticando l’Edipo di Sofocle, quello
del
Cornelio ed il proprio, o ciò che in una edizione
Sofocle, quello del Cornelio ed il proprio, o ciò che in una edizione
del
suo Edipo del 1729 scrisse contro La Motte. Ci ba
o del Cornelio ed il proprio, o ciò che in una edizione del suo Edipo
del
1729 scrisse contro La Motte. Ci basti dire che V
eo e Dirce da lui stesso riconosciuto per inutile e freddo nell’Edipo
del
Cornelio, non bastò a fargli evitare l’antica gal
ti al supplicio, Tullia si è uccisa, Bruto è stato dichiarato giudice
del
figliuolo. L’incontro che ne segue sommamente tra
ato giudice del figliuolo. L’incontro che ne segue sommamente tragico
del
colpevole Tito con Bruto, compie ogni aspettativa
tuo padre : ei ti condanna, Ma se Bruto non era, ei ti salvava. Oimè!
del
pianto che in sì larga vena, Sgorga dagli occhi m
ndosi al Cornelio, al Racine, al Crebillon, mostrando però ne’ tratti
del
suo pennello una maniera a se particolare. Non gl
maniera a se particolare. Non gli manca alle occorrenze nè il sublime
del
creatore del teatro francese, nè la seducente ten
particolare. Non gli manca alle occorrenze nè il sublime del creatore
del
teatro francese, nè la seducente tenerezza del dì
l sublime del creatore del teatro francese, nè la seducente tenerezza
del
dì lui elegante competitore, nè il maschio vigore
nte competitore, nè il maschio vigore tragico dell’autor dell’Atreo e
del
Radamisto. Ma egli si fa distinguere per l’umanit
e e della Zaira. Crebillon battè un sentiero ben differente da quello
del
Voltaire, il quale meglio si diffini da se stesso
e i Cinesi dell’Orfano della Cina, gli Arabi Musulmani e gl’idolatri
del
Fanatismo, i Romani del Bruto e del Giulio Cesare
della Cina, gli Arabi Musulmani e gl’idolatri del Fanatismo, i Romani
del
Bruto e del Giulio Cesare, i Greci dell’Oreste, s
gli Arabi Musulmani e gl’idolatri del Fanatismo, i Romani del Bruto e
del
Giulio Cesare, i Greci dell’Oreste, si distinguon
simi sono diversi da quelli de’ lodati tragici. Non va nell’ampolloso
del
Corneille, non nell’elegiaco del Racine, non nell
odati tragici. Non va nell’ampolloso del Corneille, non nell’elegiaco
del
Racine, non nell’aspro ed inelegante del Crebillo
Corneille, non nell’elegiaco del Racine, non nell’aspro ed inelegante
del
Crebillon; ma cade nel brillante e nell’epico fuo
tezze e di trasporti per la libertà, fu composta dopo il 1730 e prima
del
1735 quando s’impresse. Shakespear ed il duca di
senza snervarlo con amori come era avvenuto in Francia nel principio
del
secolo. Voltaire colà lo ricondusse alla natural
atto II, in cui Cesare gli palesa di essere di lui padre, e la quarta
del
III, in cui Bruto supplica il padre a lasciar di
cena, che il Shakespear con arte minore fa dimorare sempre alla vista
del
popolo Romano. Zaira uscita alla luce nel 1732 f
la religione, ed il di lei castigo può ammaestrare. In fatti lo stato
del
cuore di Zaira vien dipinto nelle parole di Neres
Zaira colla tragedia di Othello, che l’Inglese ricavò dagli Ecatomiti
del
Giraldi Cintio. Un eccesso di amore forma l’azion
rca due lustri gli applausi concordi della più colta Europa la Merope
del
marchese Scipione Maffei, quando Voltaire s’invog
attendere che si rallentasse il trasporto che si aveva per la Merope
del
Maffei. Comunque ciò sia egli si valse del miglio
che si aveva per la Merope del Maffei. Comunque ciò sia egli si valse
del
migliore della tragedia italiana, ma cercò di acc
rba e d’Ismenia nell’atto III, nè il parlar da parte usato nel calore
del
maggior pericolo, come fa lo stesso Narba, ed alt
e fa lo stesso Narba, ed altri ancora. Nell’interessante scena quarta
del
medesimo atto III di Merope che crede vendicare i
el medesimo atto III di Merope che crede vendicare in Egisto la morte
del
proprio figlio, sorge alcun dubbio nell’uditorio
nnocente in vece di un reo, ma il figlio stesso in vece dell’uccisore
del
figlio. Se l’armatura apparteneva all’ucciso, l’u
non combina, non basta a metterla nello stato di certezza della morte
del
figlio, potendovi essere diversi possibili pe’ qu
situazione, nè esser commosso quanto nel teatro greco e nella Merope
del
Maffei per affrettar col desiderio la venuta del
greco e nella Merope del Maffei per affrettar col desiderio la venuta
del
vecchio che impedisca l’esecrando sacrificio di u
fiori i loro difetti. L’epoca della pubblicazione e rappresentazione
del
Fanatismo o Maometto è dopo il 1740, benchè in un
zione del Fanatismo o Maometto è dopo il 1740, benchè in una edizione
del
1743 si dice composta fin dal 1736 e mandata allo
grande ottimamente combinata di caratteri robusti animati colla forza
del
pennello di Polidoro e colla copia spiritosa del
animati colla forza del pennello di Polidoro e colla copia spiritosa
del
Tintoretto. Egli è vero che nella condotta dell’a
anza: che non sempre apparisce dove passino alcune scene: che l’unità
del
luogo non vi si osserva: che l’azione procede con
a entrano in iscena non per necessità, come dovrebbero, ma per comodo
del
poeta. Ma molte scene inimitabili invitano i più
terribile scioglimento che rende sempre più detestabile il carattere
del
ben dipinto impostore. Coloro che hanno veduto ne
l’antichità più venerata, e de’ Francesi ne’ loro giorni più belli, e
del
rimanente dell’Europa che se ne vale, risparmia a
storia stessa che tale l’ha a noi tramandato, e migliorato dall’arte
del
pittore, non può che inspirare per lui tutto l’or
la perdita di Palmira ed i rimorsi che in lui si svegliano alla vista
del
di lei sangue, danno a vedere al popolo lo spetta
infelicissimo. Noi osiamo aggiungere qualche cosa alla stessa difesa
del
Voltaire. Perchè si cerca che lo scelerato rimang
frutto morale da far detestare il vizio ed amar la virtù. Ma l’autore
del
Maometto si prefige d’inspirare tutto l’abborrime
la prosperità di uno scellerato. L’Alzira una delle migliori tragedie
del
Voltaire composta e rappresentata dopo del Maomet
na delle migliori tragedie del Voltaire composta e rappresentata dopo
del
Maometto era stata dedicata alla celebre marchesa
ca secondo la filosofia di Leibnitz, e della traduzione de’ Principii
del
Newton, la quale terminò di vivere in agosto del
uzione de’ Principii del Newton, la quale terminò di vivere in agosto
del
1749. In sì bel contrasto de’ costumi Americani e
consiste nel perdonare ed amare l’inimico, sovrasti a tutte le virtù
del
gentilesimo. Quest’eroismo Cristiano trionfa nel
ore di Zamoro e di Gusmano; Alzira senza volerlo muove Zamora a danni
del
suo rivale; Alzira dà il più vivace colore ed il
trionfante agli occhi dello spettatore. Sempre ne’ piani delle favole
del
Voltaire si desidera che ne sieno le circostanze
, et me vois! Le cristiane espressioni piene di nobiltà e grandezza
del
moribondo Gusmano meriterebbero di essere quì tra
ecorazione. Tutta l’azione però è fondata sull’apparizione dell’ombra
del
re Nino intento a vendicarsi di Semiramide per ma
a se stesso vive sotto il nome di Arsace. Questa macchina prediletta
del
teatro spagnuolo e dell’inglese, mi sembra nella
per la Persia e per la Grecia; per la Persia coll’insinuare per bene
del
pubblico sentimenti di pace al suo successore, e
ioni tragiche non hanno un solido fondamento. Qual sicurezza ha Ninia
del
delitto della madre? La lettera di Nino moribondo
ple ton ouvrage. Ma come ha colui saputo ciò che si è passato dentro
del
mausoleo? come sa egli che la reina muore per man
affei, pensò all’argomento della Semiramide o per la celebre tragedia
del
Manfredi, o almeno per l’Astrato di Quinault, o p
del Manfredi, o almeno per l’Astrato di Quinault, o per la Semiramide
del
Metastasio o del Crebillon, che egli in una epist
lmeno per l’Astrato di Quinault, o per la Semiramide del Metastasio o
del
Crebillon, che egli in una epistola a mad. di Pom
China rappresentata nel 1755 non è la stessa azione dell’Eroe Cinese
del
Metastasio; ma a quest’opera si rassomiglia per l
impia in cui trovansi scene molto interessanti, venne dalla Cassandra
del
sig. La Calprenede. Scrisse anche l’autore dell’E
lla figlia; ella mal si difende; i giudici non mostrano la convizione
del
delitto. La concione di Orbassan della prima scen
magistrale punto non ci trattiene dall’affermare che tralle migliori
del
Corneille e del Racine possono senza svantaggio v
o non ci trattiene dall’affermare che tralle migliori del Corneille e
del
Racine possono senza svantaggio veruno comparire
no perfette e vigorose, sebbene vi si veggano varii tratti eccellenti
del
maestrevole suo pennello. Noi non abbiamo dissimu
notare la mano con sei dita in una figura di Raffaello; ma il tragico
del
suo pennello, l’espressione inimitabile, la maest
llo, l’espressione inimitabile, la maestosa semplicità, la correzione
del
disegno, la verità del colorito, la vaghezza del
itabile, la maestosa semplicità, la correzione del disegno, la verità
del
colorito, la vaghezza del chiaroscuro, non si sen
icità, la correzione del disegno, la verità del colorito, la vaghezza
del
chiaroscuro, non si sentono da chi non conosce l’
tizia. Voltaire sostenne l’onore di Melpomene sulla Senna, a dispetto
del
cicaleccio de’ famelici impudenti gazzettieri pro
el che Campistron è a Racine, ha prodotto: Idomeneo, Tereo, la Vedova
del
Malabar, Guglielmo Tell, Artaserse, Ipermestra e
britannico Edoardo donde il volle poscia discacciare. Fu egli l’eroe
del
partito de’ Yorck opposto ai Lancastri. Edoardo r
ngia repentinamente nel V e diventa eroico e virtuoso. L’autore ebbro
del
buon successo del primo suo saggio tragico volle
e nel V e diventa eroico e virtuoso. L’autore ebbro del buon successo
del
primo suo saggio tragico volle ergersi a legislat
uon successo del primo suo saggio tragico volle ergersi a legislatore
del
teatro e dare ad intendere che la sua tragedia do
tragiche mal riuscite e di una traduzione infelice della Gerusalemme
del
gran Torquato. Voltaire molto finamente in una ri
ee che gli scrisse, accennò con acutezza alcune indiscrete asserzioni
del
suo allievo pieno di boria, fingendo di approvarl
cese l’Hamlet, Giulietta e Romeo, ed il Re Lear trascritte dal teatro
del
Shakespear. Sulla tracce di Ma Harpe alcuni altri
lsero alla Grecia; e Rochefort produsse una Elettra diversa da quella
del
Crebillon e dall’Oreste del Voltaire, seguendo So
rt produsse una Elettra diversa da quella del Crebillon e dall’Oreste
del
Voltaire, seguendo Sofocle; Du Puis tradusse il t
derano i grandi originali greci. Lascio di favellare nè punto nè poco
del
Nadal, Le Blanc, Pavin ed altri ad essi somiglian
che rimase al teatro. Voltaire gl’indrizzò un madrigale in occasione
del
suo Fanatismo. Poinsinet nato in Parigi nel 1735
709 si esercitò in più di un genere poetico, ed oltre alla traduzione
del
Prometeo di Eschilo, compose una Didone, tirando
lo, compose una Didone, tirando le situazioni principali dalla Didone
del
Metastasio. Il Voltaire nella satira le Pauvre Di
Alessio Piron nato in Digione nel 1689 e morto in Parigi nel gennajo
del
1755 fralle altre specie drammatiche coltivò la t
77 o 1778 si produsse con applauso sulle scene francesi Zuma tragedia
del
sig. Le Fevre, la quale vi si è veduta ricomparir
ca Francese, convien parlare di un altro tragico nato in Parigi, cioè
del
signor di Belloy morto nel 1775. Benchè privo egl
di gusto e d’ingegno, come altresì di ogni conoscenza dell’eroismo e
del
patetico vero, di naturalezza ed eleganza di stil
nerale, ed accettarla costui preferendo un litigio privato alla causa
del
sovrano? Chi leggerà senza ridere la tagliacanton
o alla causa del sovrano? Chi leggerà senza ridere la tagliacantonata
del
Bajardo del Belloy che vuole spaventar Gastone,
del sovrano? Chi leggerà senza ridere la tagliacantonata del Bajardo
del
Belloy che vuole spaventar Gastone, Si vous sçav
ngere come eroi. Non è meno inconsideratamente delineato il carattere
del
Duca di Urbino enunciato come virtuoso, ma che in
’indirizza? forse a’ generali Francesi? Non già; ma ad Eufemia figlia
del
principale congiurato. V’ha in ciò punto di senso
atica della scenaa? Abbiamo accennate queste poche cose senza curarci
del
rimanente deriso dal citato giornalista, il quale
durvi; e quest’altra, in cui scoppiata la mina, si dice di Avogadro e
del
Disertore morti entrambi nel sotterraneo. L’un e
re egli pretende giustificare le nere calunnie da lui seminate contro
del
conte Luigi Avogadro di Brescia, del principe d’A
calunnie da lui seminate contro del conte Luigi Avogadro di Brescia,
del
principe d’Altamura napoletano, del marchese di P
conte Luigi Avogadro di Brescia, del principe d’Altamura napoletano,
del
marchese di Pescara, del pontefice Giulio II e di
Brescia, del principe d’Altamura napoletano, del marchese di Pescara,
del
pontefice Giulio II e di tutta la nazione Italian
Ne tennero i Veneziani il governo sino al 1509b. Luigi XII pretensore
del
ducato di Milano muove a conquistarlo, riporta la
aci di disciplina, e di cattivarsi la benevolenza de’ popoli, abusano
del
potere, insolentiscono, e diventano, come dice il
nne , e quasi tutti i cittadini che non potevano più soffrire, al dir
del
cardinal Bembo, desiderano tornare sotto il domin
d assassino ? Questo Avogadro dipinto si neramente è figlio legittimo
del
Belloy, non della storia. Le scelleraggini, le in
e la ritirata è viltà (lâchetè) mancanza di valore; ed Avogadro diede
del
suo coraggio non dubbie prove, entrando a viva fo
torica su di Gastonea ), chiedeva ad alta voce il supplizio di lui, e
del
figliuolo… Invano per fuggir l’ignominiosa morte
uo dovere.» Si descrive in seguito con tratti compassionevoli la gara
del
padre e del figliuolo per morir prima, ed il dolo
Si descrive in seguito con tratti compassionevoli la gara del padre e
del
figliuolo per morir prima, ed il dolore del popol
evoli la gara del padre e del figliuolo per morir prima, ed il dolore
del
popolo intenerito. «A questo spettacolo (dicesi i
este caddero a’ piedi suoi. Fu ciò un’ ombra che si mischiò al lustro
del
trionfo; ma i Francesi non videro che il trionfo.
on avrebbe cercato di approfittarsi di questo tratto istorico proprio
del
coturno narrato da un suo nazionale? Ma il Belloy
i di un nome illustre per denigrarlo, e per vestirne un figlio infame
del
capo del Belloy! E che direbbero i suoi compatrio
ome illustre per denigrarlo, e per vestirne un figlio infame del capo
del
Belloy! E che direbbero i suoi compatriotti se si
i mettesse sulla scena un ladrone infame col nome di qualche principe
del
real sangue di Franciab. È inoltre precetto di p
o Scipione della storia moderna nelle furbesche trame uscite dal capo
del
Belloy? Di qual diritto’ poi questo picciolo scar
istaccò. Come principe e come politico chi può rimproverargli l’amore
del
proprio paese? Ultimamente nella prefazione il Be
e più implacabile in Italia che altrove»? Quale impudenza! E chi più
del
Belloy ingegnoso in immaginar vendette atroci? E
loro codesto candore e generosità naturale; ma la stomachevole vanità
del
Belloy ci obbliga a dire che i Francesi di que’ t
degnarono di punire nella presa di Brescia, se si attenda alla storia
del
cardinal Bembo e del citato Verdizzotti. Poco can
ella presa di Brescia, se si attenda alla storia del cardinal Bembo e
del
citato Verdizzotti. Poco candidamente si condusse
ro al campo francese. Ma lasciamo le istorie, le note e le prefazioni
del
Belloy, e conchiudiamo che delle sue tragedie l’A
ela di Vergy, già più non rimangono che i nomi, mancando loro la nota
del
genio, l’armonia della versificazione, la correzi
loro la nota del genio, l’armonia della versificazione, la correzione
del
linguaggio e la forza, la bellezza ed ogni altra
lti de’ quali si risentivano delle passioni esaltate e de’ sentimenti
del
tempo che correva. Quanto alla tragedia si coltiv
ino Chenier autore di varie tragedie, si è distinto negli ultimi anni
del
secolo XVIII singolarmente per Cajo Gracco e per
l secolo XVIII singolarmente per Cajo Gracco e per Carlo IX. L’azione
del
Cajo Gracco è semplice ma languida, lo stile puro
puro ed elegante, ma la versificazione non molto felice, il carattere
del
protagonista espresso con freddezza. Più celebrit
ad armi che accendeva i feroci petti nella mentovata esecranda strage
del
tempo della Lega sì ben descritta nell’Erriade, r
lo’ stile. Se si comparino le dipinture de’ caratteri nel poema epico
del
Voltaire, si trovano fuor di dubbio più forti e p
che nella tragedia accenna ogni istante di cader nel languore veleno
del
teatro. Il cardinal di Lorena prende con Carlo IX
. Un giornalista francese chiamò questa libertà audacia stomachevole
del
poeta . La morale permette per istruire di releva
, si distinse Talma nella parte di Carlo IX, Monvel in alcuni squarci
del
Cancelliere, Battista nella parte diColigny, e La
ligny, e La Fond che giva sorgendo, rappresentò con arte il carattere
del
Cardinale, benchè alieno da i talenti di quell’at
he ebbe Medea in Atene sposando il re Egeo, e l’arrivo di Teseo erede
del
regno che Medea cerca di far morire. Il piano è i
tificio di Medea per giugnere al suo scopo rendendosi vie più padrona
del
cuore di Egeo; quella di Teseo, Pallante e Medea,
’ proprii figli; quella di Teseo riconosciuto dal padre alla presenza
del
popolo e de’ sacerdoti. Madama Raucourt e Talma s
per quanto a me è noto, pubblicò tre tragedie negli ultimi due lustri
del
secolo XVIII recitate sul teatro della Repubblica
appresentò l’anno quarto della repubblica, e si replicò sul cominciar
del
1800; Cajo Mario a Minturno di tre atti recitata
nciar del 1800; Cajo Mario a Minturno di tre atti recitata nel maggio
del
1791, che più non si rivide; e Bianca e Montcassi
ducteur, Comunque sia, risponde Contarini, io non sono più l’arbitro
del
destino di mia figlia. La scena lunghissima alfin
i farò svanire; venite nel bel mezzo della notte nell’antica cappella
del
mio palazzo; riceverete coll’usata sacra cerimoni
in caso che il padre soparavvenisse) per l’evasione al palazzo vicino
del
ministro di Spagna. Egli viene; tutto è perduto,
esse è quello della nobiltà, dove la voce dell’orgoglio copre la voce
del
sangue, dove la tua fiamma è un delitto, e la mia
fferire le parole che l’uniscono a Capello, ella sviene nelle braccia
del
Prete, e di Capello. Arriva Pisani a dire, che un
legge terribile ai nobili che la trasgrediscono; egli passava le mura
del
palazzo di Bedmar. Tutti lasciano Bianca, che rit
alazzo di Bedmar. Tutti lasciano Bianca, che ritornando in se domanda
del
suo destino, ed intende che Montcassin è ne’ ferr
a tavola davanti. L’accusato è in piedi. Un velo nero chiude il fondo
del
teatro. Pisani e Montcassin; quegli compiange l’a
te. Montcassin domanda che voglia dire quell’apparato funesto? Quello
del
Consiglio de’ Tre, gli dice Pisani; quì pronuncia
ritto nel processo verbale, e sottoscrive. È condotto dietro al fondo
del
teatro. Si giudica. Contarini pronunzia il suo vo
getti egli avesse somministrate pruove, vorrebbe una convizione piena
del
delitto. Loredano profferisce, che quando anche p
our étre grand vous cessez d’être juste. Odono da Pisani la costanza
del
delinquente in non addurre discolpa veruna, e Cap
enza data. Capello solo proibisce che si esegua. Si alza però il volo
del
fondo, e si vede Montcassin strangolato. Bianca s
ne; ma la necessità di andarla a vedere di notte passando per un muro
del
palazzo del Ministro di Spagna, cagionò l’ignomin
cessità di andarla a vedere di notte passando per un muro del palazzo
del
Ministro di Spagna, cagionò l’ignominiosa morte d
muro del palazzo del Ministro di Spagna, cagionò l’ignominiosa morte
del
Foscarini, per la legge di cui nella tragedia fra
ottavarima da me pubblicata in Napoli insieme con un’ altra in prosa
del
cavalier Tommaso Gargallo di Siracusa. Dimorando
argallo di Siracusa. Dimorando Arnault in Venezia trovò il caso degno
del
coturno, e ne formò la sua tragedia che dedicò a
ficare la storia nel più essenziale, cioè nell’essere e nel carattere
del
protagonista? E qual vantaggio ne ricava il teatr
ntichità: ma ciò si concede per aumentar le molle della compassione e
del
terrore, ma non già per iscemarne l’energia. E ci
ia ad intenerirsi, gli si presenta un francese militare forse in vece
del
veneto Foscarini nobil veneto avvocato insigne, e
passa sempre pel palazzo di Spagna. Se Foscarini volesse colla verità
del
fatto render nullo il delitto di stato prevenuto
egge, dovrebbe palesare la sua non lecita corrispondenza colla moglie
del
Contarini e coprirla d’infamia. Eccolo in un bivi
d un reo di stato; e questo silenzio diventa nobile al pari di quello
del
Conte di Essex. Ben diversa è l’azione della trag
ia di Arnault. Montcassin non può partecipare dell’importanza tragica
del
silenzio del Foscarini. Bianca non è moglie ma fi
. Montcassin non può partecipare dell’importanza tragica del silenzio
del
Foscarini. Bianca non è moglie ma figlia nubile d
; e non offenderebbe punto il decoro dell’amata, se per giustificarsi
del
delitto di stato confessasse che ama Bianca che v
n ignora. Il bivio dunque che rende glorioso e necessario il silenzio
del
Foscarini, non si può riconoscere nel Montcassin
o. b. Principi d’Altamura furono in regno i figliuoli della famiglia
del
Balso già estinta nel principe Pirro, la cui unic
rano che vigila pel tutto, e conta ne’ casi avversi sulla moderazione
del
vincitore; ond’è che gli artisti e i letterati no
ltra eloquenza ed ogni genere di erudizione, specialmente per le cure
del
famoso segretario e consigliere de’ re Aragonesi
retario e consigliere de’ re Aragonesi Napoletani Giovanni Pontano, e
del
precettore di Leone X Agnolo Ambrogini detto il P
o, e del precettore di Leone X Agnolo Ambrogini detto il Poliziano, e
del
regnicolo Giulio Pomponio Leto. Chi non sa che ne
nel XV secolo foriero dell’aureo seguente divenne l’Italia l’emporio
del
sapere, chi nella propria casa non vide spuntare
Conversione di S. Paolo si rappresentò in Roma verso il 1380 d’ordine
del
cardinal Riario. In Firenze sotto Lorenzo Medici
mere nel dialetto napoletano di Jacobo Sannazzaro, e la farsa toscana
del
medesimo illustre poeta della presa di Granata ra
uale fanno plauso, secondo Lilio Gregorio Giraldi, moltissimi eruditi
del
XVI secolo, e nel nostro col Marchese Scipione Ma
il quale appartenne alla famiglia Zacchia e fu ascritto all’Accademia
del
Panormita, benchè dal Pontano poco pregiato. Si a
l Panormita, benchè dal Pontano poco pregiato. Si agira sulle vicende
del
famoso condottiere conte Jacopo Piccinino arresta
loquitur ; ed in fatti seco stesso egli parla a lungo delle prodezze
del
Piccinino; indi sopragiunge un sacerdote che narr
el III la scena passa da Ferrara a Napoli, ed in esso un ambasciadore
del
Piccinino al re Fernando dà avviso della venuta d
o un ambasciadore del Piccinino al re Fernando dà avviso della venuta
del
generale, ed il re promette accoglierlo onorevolm
nte. Termina quest’atto col coro che canta le lodi di Drusiana moglie
del
Piccinino. Il IV atto è il più bizzarro. Il re al
termina col coro che in compagnia di Drusiana compiange la prigionia
del
Piccinino. Nel V atto la scena torna a Ferrara. U
la scena torna a Ferrara. Un messo racconta al duca Borso la sventura
del
duce, e la tragedia termina con un coro. È un com
fu cantata come un’ opera musicale di oggidì, fondandosi sulle parole
del
medesimo Sulpizio: Tragoediam quam nos agere et
no arbitrarie, ed hanno bisogno di nuova luce istorica. Verso la fine
del
secolo, cioè nel 1492 Carlo Verardo da Cesena nat
ppresentare in Roma solennemente dal mentovato cardinal Riario. Parla
del
Verardo e del suo Fernandus servatus Apostolo Zen
Roma solennemente dal mentovato cardinal Riario. Parla del Verardo e
del
suo Fernandus servatus Apostolo Zeno nelle Disser
Historia Betica, e una ballata in fine colle note musicali. Il piano
del
Fernando fu dal Verardo ideato in occasione dell’
rdo ideato in occasione dell’attentato di un traditore contro la vita
del
re che per miracolo di san Giacomo sanò dalla fer
ed eleganza Virgiliana. Adduco per saggio la dipintura che fa Mendoza
del
traditore Ruffo dopo aver commesso l’attentato:
mmedia intitolata Polixena stampata più volte in Lipsia nel principio
del
secolo XVI. Leon Batista Alberti nato, secondo il
aggiungono il cognome di Ricci, compose anche in latino verso la metà
del
secolo una commedia in prosa intitolata Lusus ebr
a della favola, e pubblicolla in Trento nel 1472.a Venne poi l’Orfeo
del
Poliziano, nel quale dee riconoscersi la prima pa
in una lettera a Carlo canale) intra continui tumulti a requisizione
del
reverendissimo cardinale Mantuano Francesco Gonza
2, come col Bettinelli asserisce il lodato padre Affò, o almeno prima
del
1483, nel quale anno morì il Cardinale, come osse
to di Orfeo, cose che passano negli atti precedenti, e l’ammazzamento
del
poeta amante eseguito nel V dalle Baccanti, esigg
Ed in tale scena potevano passare anche il II e III atto parlandovisi
del
medesimo monte. Rappresentò forse il IV il dilett
fuor di dubbio cangiossi, servendo anche allo spirito di magnificenza
del
secolo XV, in cui amavansi all’estremo (e ben l’a
e Angelica? Doveva mettergli in bocca que’ versi che mostrano l’autor
del
dramma proclive al più detestabile sfogo della la
aranno che possa cancellarsi dal numero delle poesie sceniche volgari
del
secolo XV? faranno che l’eseguita sig. Andres abb
ch’ n’ebbe poi nel secolo XVI? Conchiudiamo sull’Orfeo. I sentimenti
del
cantore ingiuriosi al sesso femminile muovono a s
nzoni de’ Cori. Due altre azioni teatrali volgari leggonsi nelle rime
del
Notturno poeta napoletano appartenente a questo p
apoletano appartenente a questo periodo. S’intitola la prima Tragedia
del
maximo et dannoso errore in che è avviluppato il
era Italiana, non ci venne miga dal Cicognini, il quale verso la metà
del
secolo XVII le frammischiò al recitativo nel suo
lla Coltura delle Sicilie pubblicato nel 1784, a cagione delle strofe
del
Notturno, confessare spontaneamente di essermi in
aesi pretese che in sua coscienza io riposassi sulla prima asserzione
del
Planelli. Ma io che penso di avere una coscienza
ri di queste contrade, le dico che si astenga di trarre il capo fuori
del
suo telonio e di frammischiarsi in ciò che ignora
are chi sa più in là delle gazzette. Ripeto quì dunque che le ariette
del
Notturno interruppero il recitativo del dramma, n
eto quì dunque che le ariette del Notturno interruppero il recitativo
del
dramma, nè ciò fecero ne’ soli cori, ma nel corso
ri, ma nel corso dell’atto; ed aggiungo che ciò accadde verso la fine
del
XV, cioè a dire un secolo e mezzo prima del Cicog
ciò accadde verso la fine del XV, cioè a dire un secolo e mezzo prima
del
Cicognini. Anche lo spagnuolo Stefano Arteaga vol
i. Anche lo spagnuolo Stefano Arteaga volle rilevar l’additato avviso
del
Planelli, del Tiraboschi e del Signorellia, ed ad
agnuolo Stefano Arteaga volle rilevar l’additato avviso del Planelli,
del
Tiraboschi e del Signorellia, ed addusse l’aria d
rteaga volle rilevar l’additato avviso del Planelli, del Tiraboschi e
del
Signorellia, ed addusse l’aria dell’Euridice del
li, del Tiraboschi e del Signorellia, ed addusse l’aria dell’Euridice
del
Rinuccini Nel puro ardor della più bella stella.
si senza bisogno dell’opera altrui. Lascio poi che le stanze allegate
del
Notturno hanno la prerogativa di aver preceduto d
la prerogativa di aver preceduto di tutto un secolo anche quell’aria
del
Rinuccini posta in musica dal Peri. La seconda az
ria del Rinuccini posta in musica dal Peri. La seconda azione scenica
del
Notturno è detta commedia nuova nell’edizione mil
lata l’Amicizia. In Roma senza verun dubbio uno de’ principali autori
del
risorgimento della drammatica fu il rinomato cala
orno alla vita di Costantino rappresentato a’ cardinali nel carnovale
del
1484, nel quale sostenne il personaggio di Costan
al pari di qualunque più possente sovrano. A’ venticinque di gennajo
del
mentovato anno, secondo l’antico diario ferrarese
uca fe rappresentare in un gran teatro di legno innalzato nel cortile
del
suo palazzo la commedia de’ Menecmi di Plauto, al
uto, alla cui traduzione egli stesso avea posto manob. A’ ventuno poi
del
medesimo mese del seguente anno vi si rappresentò
uzione egli stesso avea posto manob. A’ ventuno poi del medesimo mese
del
seguente anno vi si rappresentò la favola di Cefa
enezìa. Il famoso Matteo Maria Bojardo conte di Scandiano, ad istanza
del
medesimo duca, compose in terzarima e in cinque a
si impressa la prima volta senza data, ma certamente si scrisse prima
del
1494, anno in cui seguì la morte dell’autore, e s
lo rotondamente, altro non potendo fare. a. V. il tomo IV dell’opera
del
Quadrio. b. V. l’opera del conte Mazzucchelli t.
otendo fare. a. V. il tomo IV dell’opera del Quadrio. b. V. l’opera
del
conte Mazzucchelli t. II parte I citata anche dal
le di altre farse sacre fa pur menzione nella pag. 183 nella parte II
del
t. VI della sua Storia della Lett. Ital. a. Ved
atello Stefano Arteaga, dicendo che tal festa si diede verso la fine
del
1400. a. Vuolsi però avvertire, che noi ne parli
ra in musica. Nè questa nè la mentovata farsa per la presa di Granata
del
Sannazzaro, nè le feste di Versaillesdate da Luig
spettacolo festivo, in cui si profondono molte ricchezze facendo uso
del
ballo, delle decorazioni, della musica e della po
e in una sua cortesissima lettera scrittami a Genova ne’ 19 di lug’io
del
1779 si compiacque avvertirmi di aver egli letto
di Vezanensis,siccome dee leggersi per quel che appare da una lettera
del
medesimo Laudivio scritta al cardinal Jacopo Amma
tta al cardinal Jacopo Ammanati, la quale trovasi impressa tra quelle
del
medesimo cardinale nel 1506 in Milano. Egli vi si
II, c. 17 della Margarita Poetica. d. Vedi la Bibliotheca Biblioth.
del
Montfaucon. e. Tiraboschi. a. Eccone l’argoment
a Bibliotcca Ital. di Giusto Fontanini t. 1, p. 358. a. Rivoluzioni
del
Teatro musicale Italiano t. 1, pag. 259. a. Tira
Lettere di Apostolo Zeno t. III, pag. 160. a. V. il t. IV dell’opera
del
Quadrio. b. V. il tomo ultimo della Storia della
era del Quadrio. b. V. il tomo ultimo della Storia della Lett. Ital.
del
Tiraboschi. a. Il padre Bianchi nulla seppe di q
seppe di queste due edizioni, delle quali si parla nel l’Eloq. Ital.
del
Fontanini; e solo fa menzione di una terza del 15
arla nel l’Eloq. Ital. del Fontanini; e solo fa menzione di una terza
del
1513 di Venezia, ed a questa seguì la quarta fatt
onte. Il sig. Riccoboni, che avea tradotto anche Tito Manlio tragedia
del
La Fosse, mostrò tra’ primi in Parigi colle sue g
olamo Gigli Sanese ingegnoso e brillante letterato sin da’ primi anni
del
secolo consacrò qualche ozio alla poesia comica,
tte scritte in bella prosa e con arte comica alla latina, e sul gusto
del
Porta e dell’Isa. Esse non solo si recitarono con
1717, mostrarono il valor comico de’ regnicoli anche sull’incominciar
del
secolo. Ma la grazia inimitabile di Gennarantonio
i e bene scritte combattè due difetti correnti, cioè il corrompimento
del
patrio idioma coll’ affettato barbaro uso delle f
olari di Simone Falconio Pratoli, la Commedia in commedia, il Podestà
del
Malmantile, il Furto onorato, e la Vedova: in pro
archese di Liveri, e l’insigne Pasqual Gioseffo Cirillo verso la metà
del
secolo si fecero ugualmente ammirare in Napoli co
avendo avuta la sorte di rappresentare le sue commedie alla presenza
del
Gran Carlo III per molti anni, le comunicò al pub
el decoro che caratterizza la sua commedia? chi nell’esatta proprietà
del
magnifico apparato scenico che ne anima l’azione?
n signori col seguito rispettivo, come nel Solitario: una scena detta
del
padiglione nell’Errico, che metteva sotto gli occ
ità si scorge nel situare tali personaggi, senza verun perchè e fuori
del
loro consueto modo di vivere, a giocare e a cenar
e in alcun modo importanti? Hanno alcun rapporto necessario col fatto
del
Filosofo? Quando questa insipida disposizione di
l’ occhi, il Dottorato, il Salasso, l’Amicizia &c. Ad esempio or
del
Liveri or del Cirillo scrissero altri Napoletani
ottorato, il Salasso, l’Amicizia &c. Ad esempio or del Liveri or
del
Cirillo scrissero altri Napoletani senza farli di
liastri impressa dopo il 1770, il Fantasma che è il Tamburro Notturno
del
1773, l’Alchimista, ed il Matrimonio per procura
amburro Notturno del 1773, l’Alchimista, ed il Matrimonio per procura
del
1777, nelle quali regna un ridicolo di parole che
ezze o di oscenità: il degno scrittore della Storia Civile e Politica
del
Regno di Napoli Carlo Pecchia compose l’Ippolito
lti tratti di farsa la piacevolezza comica contro i ciechi partigiani
del
linguaggio cruscante. S’intitola il Toscanismo e
telligibile e di una scienza libraria di distinguere al tatto i libri
del
XV e del XVI secolo. Un mercenario Dottor Fallopp
le e di una scienza libraria di distinguere al tatto i libri del XV e
del
XVI secolo. Un mercenario Dottor Falloppa Giornal
ra e più pudica, ad imitazione di quello che usarono gli Spagnuoli
del
XV secolo, che Antonio Minturno nel XVI propose a
er buona sorte sin dall’età di 17 anni avuta nelle mani la Mandragola
del
Macchiavelli che lesse dieci volte, non tardò mol
eziani, il Poeta Fanatico, l’Incognita, il Padre di famiglia. La mano
del
buon pittore si vede nella Locandiera, nelle Donn
arire i comici, ebbe a soffrire tante guerre suscitate da’ partigiani
del
mal gusto e dagl’ invidiosi di mestiere, che anno
rto da più anni avesse, come gli conveniva, secondato le sagge vedute
del
Goldoni migliorandolo soltanto nella lingua, nell
e Sorelle Cinesi sono scritte su queste idee. Egli verseggiava meglio
del
Goldoni, ma non avea il di lui pennello. Un gondo
onte Carlo Gozzi che finì di ristabilire tutte le passate stravaganze
del
Veneto teatro istrionico. Da prima questo lettera
i due competitori, e si contentò di provar col fatto che il concorso
del
popolo non era argomento sicuro della bontà de’ l
à de’ loro drammi. E per conseguirlo ricorse al solito comune rifugio
del
maraviglioso delle machine e trasformazioni e deg
el sig. Giuseppe Foppa. Sembra che a toglier forza al falso argomento
del
conte Gozzi patrocinatore delle irregolarità e st
rano il Saggio Amico, il Prigioniero, l’Ospite infedele, i Pregiudizj
del
falso onore &c., dalle quali i comici Lombard
va speranza di vedere ristabilito e condotto a perfezzione il sistema
del
sig Goldoni. Il Real Programma di Parma che coron
o campo della natura, come dee fare il comico, che in calcare le orme
del
picciol numero de’ buoni scrittori che il tragico
tanto le tre commedie coronate in Parma: il Prigioniero già mentovato
del
marchese Albergati onorato colla prima corona del
niero già mentovato del marchese Albergati onorato colla prima corona
del
1774: la Marcia del sig. ab. Francesco Marrucchi
del marchese Albergati onorato colla prima corona del 1774: la Marcia
del
sig. ab. Francesco Marrucchi che nel 1775 ottenne
a Faustina di Pietro Napoli-Signorelli cui si assegnò la prima corona
del
concorso del 177864. Questa commedia lontana dall
Pietro Napoli-Signorelli cui si assegnò la prima corona del concorso
del
177864. Questa commedia lontana dalle favole di M
le favole di Mercier quanto è dalla sapienza e dalla veracità l’autor
del
Colpo d’occhio, è nel genere tenero concesso. al
a musa comica il festevole borzacchino. Ne’ quattro tomi da me veduti
del
suo Teatro ha publicate quattro commedie in prosa
n rilevare il ridicolo de’ caratteri. II. Pastorali. Non sono
del
gusto del nostro secolo le favole pastorali. Appe
il ridicolo de’ caratteri. II. Pastorali. Non sono del gusto
del
nostro secolo le favole pastorali. Appena possiam
1744, e poi in Verona riformata nel 1766: l’Amore eroico tra’ Pastori
del
cardinal Pietro Ottoboni: la Morte di Nice del Pa
re eroico tra’ Pastori del cardinal Pietro Ottoboni: la Morte di Nice
del
Pastore Arcade Panemo Cisseo del 1754: il Paradis
al Pietro Ottoboni: la Morte di Nice del Pastore Arcade Panemo Cisseo
del
1754: il Paradiso terrestre del conte ab. Giambat
Nice del Pastore Arcade Panemo Cisseo del 1754: il Paradiso terrestre
del
conte ab. Giambatista Roberti morto nel 1786.
ntasi quello di Mantua edifizio magnifico eretto nel 1706 con disegni
del
rinomato architetto Francesco Galli Bibiena; ma s
rchitetto Francesco Galli Bibiena; ma sventuratamente a’ 19 di maggio
del
1781 s’ incendiò. Il medesimo architetto sotto la
aggio del 1781 s’ incendiò. Il medesimo architetto sotto la direzione
del
marchese Maffei eresse il teatro di Verona, che s
in fuori; idea che il Galli Bibiena trasse da Andrea Sighezzi scolare
del
Brizio e del Dentone65. Ora è chiaro che tanto la
a che il Galli Bibiena trasse da Andrea Sighezzi scolare del Brizio e
del
Dentone65. Ora è chiaro che tanto la curva della
tica contiene il palco e la platea, la quale occupa uno spazio doppio
del
palco, e vi si veggono quattro file ciascuna di 1
tto un vuoto con due tubi all’estremità che sorgendo sino all’altezza
del
palco scenario serve a spandere i suoni e le voci
nvertiti quello di San Bartolommeo in una chiesa ed il teatrino detto
del
Vico de la lava o della Pace in un collegio; e tu
anze della chiesa di Monte Calvario, fu opera nel suo genere mirabile
del
Napoletano Domenico Antonio Vaccaro figlio dell’e
lo spettacolo? L’ industria dell’abile architetto supplì all’angustia
del
sito, e vi si accomodano agiatamente mille spetta
e migliorato ne’ corridoi e nelle scale. Un miracolo opposto a quello
del
Vaccaro ha fatto nel 1779 don Francesco Seguro ar
in parte diroccato Castello Nuovo nella strada che mena al passeggio
del
Molo un teatro che ha preso il nome dal Fondo di
per segnalarsi? Ma il Real teatro di San Carlo costruito col disegno
del
brigadiere Giovanni Metrano nel 1737, edifizio ma
numero di 28 nel 4 e 5 ordine, e di 26 ne’ tre primi, e nel bel mezzo
del
secondo ordine si eleva il gran palco veramente r
zzo del secondo ordine si eleva il gran palco veramente reale e degno
del
Sovrano per cui si fece, e dell’Augusta Coppia ch
li attori, come diceva l’Algarotti, stiano, al di là dell’imboccatura
del
teatro, dentro alle scene, lungi dall’occhio dell
le scene, lungi dall’occhio dello spettatore, per far parte anch’essi
del
dolce inganno a cui il tutto è ordinato. In oltre
una dimora incantata di Circe o di Calipso superiore allo spettacolo
del
palco scenario. Ma nel tempo stesso le voci e le
di e diffonda, e la prodigiosa quantità de’ torchi dell’illuminazione
del
palco e della platea consuma tant’aria, e tanta n
tant’aria, e tanta ne rarefà che si minora e s’ indebolisce la causa
del
suono e della voce; e quindi si perde grandissima
ti ne’ più gran teatri moderni mostrano la difficoltà della soluzione
del
problema, far un teatro che compiutamente soddisf
iali oggetti, comoda veduta e conservazione della voce nell’interiore
del
teatro. Se ne sono occupati di proposito e scient
o in Vicenza 1762: l’Anonimo nel trattato Del Teatro impresso in Roma
del
1772: il nominato Vincenzo Lamberti nella Regolat
É permesso a chi non è architetto l’ avventurare il suo avviso in pro
del
teatro dell’ Anonimo? 62. V. il Giornale de’ L
tro io non aspiravo (dice nelle sue Memorie) che a riformar gli abusi
del
teatre del mio paese. 64. L’indiscretezze dell’
aspiravo (dice nelle sue Memorie) che a riformar gli abusi del teatre
del
mio paese. 64. L’indiscretezze dell’oscuro e no
mio paese. 64. L’indiscretezze dell’oscuro e non mai verace autore
del
Colpo d’ occhio sulla letteratura italiana ch’egl
ciò che abbiam taciuto tanti anni. Fu la Faustina mandata al concorso
del
1778; venne il dì prefisso alla decisione accadem
quando però non si risolvesse di venire a riceverla dalle mani stesse
del
Real Protettore, come ne la invito da parte dell’
lmente decorato un soggetto di tanta capacità, e per altre produzioni
del
teatro sì benemerito”. “Pieno di veracissima stim
e che rispettare per tutte le ragioni? abusar della insolita pazienza
del
Signorelli? Sapesse almeno codesto infelice capir
oicchè vi fu entrato, disse che questa sola opera bastava alla gloria
del
Vaccar o, avendo saputo rendere possibile l’ impo
to rendere possibile l’ impossibile. Dominicis tom. III. Ma che disse
del
teatro architettato dal Vaccaro, nell’ultima sua
he io sappia vedendosi que’ due oggetti meglio ottenuti che in questo
del
Vaccaro.
avo Stato della prospettiva e della poesia musicale fino alla metà
del
secolo scorso. Mediocrità della musica. Introduzi
sana critica, senza cui non può farsi alcun progresso nella carriera
del
buon gusto, e stimando che il piacere del volgo f
un progresso nella carriera del buon gusto, e stimando che il piacere
del
volgo fosse l’unica misura del bello, fecero inve
buon gusto, e stimando che il piacere del volgo fosse l’unica misura
del
bello, fecero invece di composizioni regolate un
o disordine tre ne furono le vere cagioni: la prima, la natura stessa
del
maraviglioso, il quale, ove non abbia per fondame
anno stesso, nella stessa occasione, e coll’apparato medesimo di quei
del
Rinuccini, a cui però rimase di gran lunga inferi
ora, Cefalo, Titone, l’oceano, il sole, la notte, i Tritoni e i segni
del
Zodiaco, sono gl’interlocutori, se non in quanto
cere che le scene debbono essere disunite, il dialogo slegato e privo
del
menomo calore, i caratteri immaginari, contradice
arso affetto che regna è tutto lirico, cioè tratto dalla immaginazion
del
poeta, ma che lascia il cuor vuoto. Infatti qual
di lui non pensarono i poeti che ad abbagliar gli occhi senza curarsi
del
rimanente. Tanto era più bello un dramma quanto i
ran valle fra due montagne, la piazza di Babilonia, le tende militari
del
campo Persiano, magnifico cortile di un gran pala
zzo, il quartiere dell’armata colle macchine di guerra, la sala reale
del
palazzo babilonese, il padiglione dei re, il maus
cchinisti, che allora fiorivano, e principalmente di Giacomo Torelli,
del
Cavalier Pippo Aiacciuoli, del Colonna, del Metel
, e principalmente di Giacomo Torelli, del Cavalier Pippo Aiacciuoli,
del
Colonna, del Metelli, del Periccioli, del Mingacc
mente di Giacomo Torelli, del Cavalier Pippo Aiacciuoli, del Colonna,
del
Metelli, del Periccioli, del Mingaccino, e del Sa
omo Torelli, del Cavalier Pippo Aiacciuoli, del Colonna, del Metelli,
del
Periccioli, del Mingaccino, e del Sabbattini rius
Cavalier Pippo Aiacciuoli, del Colonna, del Metelli, del Periccioli,
del
Mingaccino, e del Sabbattini riuscirono vaghissim
acciuoli, del Colonna, del Metelli, del Periccioli, del Mingaccino, e
del
Sabbattini riuscirono vaghissime ed ingegnosissim
i Savoia, che a quei tempi regolava come tutrice i popoli di Savoia e
del
Piemonte, e che molto si compiaceva di siffatti d
elicità, e l’Arionne che furono veduti al palazzo reale nel Carnovale
del
1628, celebrandosi la nascita di Madama di Franci
e in mezzo una gran tavola apparecchiata per quaranta persone. Il dio
del
mare invitò i sovrani, le dame, e i cavalieri a e
tradito. Alla perfine le Sirene fecero un balletto, che fu invenzione
del
Duca Carlo Emanuele. [6] Vinegia si distinse dall
comparse, e memorabile si rendette fra gli altri drammi la Divisione
del
mondo rappresentato nel 1675 a spese e sotto la d
visione del mondo rappresentato nel 1675 a spese e sotto la direzione
del
Marchese Guido Rangoni sul teatro di San Salvator
rchese Guido Rangoni sul teatro di San Salvatore, dove tutte le parti
del
globo terracqueo si videro simboleggiate con istr
tro di San Giovanni Grisostomo, si vide scendere dall’alto il palazzo
del
sole di vaghissima e bellissima architettura lavo
per Cesare e per la sua armata un magnifico spettacolo lungo la riva
del
fiume. Lo sfondo del teatro rappresentava una vas
sua armata un magnifico spettacolo lungo la riva del fiume. Lo sfondo
del
teatro rappresentava una vastissima pianura, in m
rombe, ecco il globo maestosamente avanzarsi verso la parte anteriore
del
teatro senza che apparissero in modo alcuno le sc
hi di Cesare, si spaccò in tre parti che rappresentavano le tre parti
del
mondo conosciute attempi di quell’imperatore. La
i del mondo conosciute attempi di quell’imperatore. La faccia interna
del
globo conteneva una intiera orchestra de’ più bra
smodato dei framessi, ovvero sia intermedi musicali. Nella invenzione
del
dramma siccome i ritrovatori pretesero d’imitar i
carono d’accomodar in qualche riiodo i suddetti intermedi alla natura
del
dramma, e frapposero quelli di genere boscherecci
l Filarmindo, favola pastorale, il Glauco schernito per gl’intermezzi
del
Corsaro Arimante, favola pescatoria, la Dafne con
spettacolo divenne un mostro. [8] Intanto la poesia era quella parte
del
dramma cui meno si badava dai compositori. Regola
ell’Areopago di Atene vestita in maschera alla veneziana. Nel Clearco
del
Moniglia, Clearco re della Colchide e protagonist
a. Nel Clearco del Moniglia, Clearco re della Colchide e protagonista
del
dramma comparisce ubbriaco in teatro, inciampa, c
iampa, cade, s’addormenta, e poi si sveglia vaneggiando. Nella Didone
del
Businelli, poeta veneziano, il primo atto compren
né il sublime di quello, ne facevano allora il più cospicuo ornamento
del
dramma. Divenne un vezzo della poesia; anzi un co
si squarcia i veli, e gli mostra il seno scoperto. In un altro dramma
del
Norris si legge un duetto dove due amanti dimanda
o l’agio possibile ai lazzi scandalosi degli attori. Nella Ipermestra
del
Moniglia la castissima sposa, apostrofando alle l
sti a veder quanto mi costa Questo finto rigore, So che avresti pietà
del
mio dolore. Anch’io vorrei potendo Arciera fortun
lda, e tenace; Ma, sopportalo in pace, Forse verrà quel giorno In cui
del
fato a scorno Potrai, caro Ben mio, Stemprare in
e può senza scrupolo cavare una conseguenza intorno al gusto generale
del
secolo dal seguente squarcio di un monologo tratt
l’arena: S’egli è a ruota, la ruota è il tormento, E
del
tempo misura è la pena, Ma la pena non pa
na non passa con l’ore.» [14] Il mentovato Ciccognini verso la metà
del
secolo trasferendo al melodramma i difetti soliti
seramente contaminò. Fu nondimeno tenuto a’ suoi tempi per ristorator
del
teatro: i suoi drammi furono ristampati non poche
tà solamente appartiensi il diradar con quel raggio di luce regolator
del
pubblico sentimento la nebbia che intorno agli og
componimenti che mi è convenuto leggere per formarmi una giusta idea
del
gusto di que’ tempi, a fatica ho trovato alcuni p
ltro seppe dopo il Rinuccini far versi accomodati alla musica, alcuni
del
Conte Prospero Bonarelli, dell’Adimari, del Monig
odati alla musica, alcuni del Conte Prospero Bonarelli, dell’Adimari,
del
Moniglia, il Trionfo d’Amore di Girolamo Preti, e
e è il sesso Non è il genio lo stesso; Tu
del
finger non sai la nobil arte. Nobil
Far comparir altrui quel che non è.» Finalmente Talia, che è la musa
del
teatro, l’accoglie, ma solo a condizione che la v
anto la musica faceva pochissimi progressi. Dai surriferiti inventori
del
melodramma fino a più della metà del Seicento non
ressi. Dai surriferiti inventori del melodramma fino a più della metà
del
Seicento non si trova un solo maestro che abbia p
anto, e nel perfezionare la melodia. Tale a un dippresso era lo stile
del
Giovanelli, del Teofili, del Ferrari, del Tarditi
ezionare la melodia. Tale a un dippresso era lo stile del Giovanelli,
del
Teofili, del Ferrari, del Tarditi, del Frescosial
elodia. Tale a un dippresso era lo stile del Giovanelli, del Teofili,
del
Ferrari, del Tarditi, del Frescosialdi, del Corne
a un dippresso era lo stile del Giovanelli, del Teofili, del Ferrari,
del
Tarditi, del Frescosialdi, del Cornetto, ed altri
o era lo stile del Giovanelli, del Teofili, del Ferrari, del Tarditi,
del
Frescosialdi, del Cornetto, ed altri, eccettuato
Giovanelli, del Teofili, del Ferrari, del Tarditi, del Frescosialdi,
del
Cornetto, ed altri, eccettuato Claudio Monteverde
ri, eccettuato Claudio Monteverde che seguitò più da vicino le pedate
del
Caccini e del Peri, e che avrebbe fatto epoca nel
Claudio Monteverde che seguitò più da vicino le pedate del Caccini e
del
Peri, e che avrebbe fatto epoca nella storia dell
a per titolo L’Amore in cucina, di esprimere colla orchestra il suono
del
papagallo e dell’artiglieria unicamente perché ne
lo e dell’artiglieria unicamente perché nel dramma si faceva menzione
del
canto dell’uno, e un personaggio diceva dell’altr
menzione del canto dell’uno, e un personaggio diceva dell’altra. «Io
del
cannone al suon Solo risponderò bun - ban - bun -
i, il Fogliani con altri minori, ma nulla vi fu di ciò fino alla metà
del
Seicento, onde mancò a’ musici la istituzione con
ravigliandosi (sono le sue parole) che non solo dal più celebre paese
del
mondo ma da uomo così famoso potessero venir fuor
tori, e di rapirsi il primato in teatro, rivolgendo a sé l’attenzione
del
pubblico . Giulio Caccini, del quale si è parlato
n teatro, rivolgendo a sé l’attenzione del pubblico . Giulio Caccini,
del
quale si è parlato a lungo di sopra, era stato il
la voce, impedisce in colpco, cui vien proibito lo sviluppo ulteriore
del
sesso che s’ingrossino i ligamenri della gola per
atti a vibrarsi, e conseguentemente a eseguire le menome graduazioni
del
canto, assottiglia l’orifizio della glottide, e l
parisce per qual altro motivo si potessero permettere. Da una lettera
del
celebre viaggiatore Pietro della Valle a Lelio Gu
a credere che gl’Italiani se ne prevalessero subito dopo l’invenzione
del
melodramma. I più famosi in allora furono Guidoba
prendono esse sugli animi dello spettatore non meno contrario al fine
del
teatro, che pericoloso al buon ordine della socie
vi di già troppo avvalorata colla seduzione naturale della bellezza e
del
sesso; lo spirito di dissipamento che spargono fr
o di dissipamento che spargono fra giovani scapoli, i cattivi effetti
del
quale si risentono in tutti gli ordini dello stat
gioni che non sono di questo luogo, è divenuto il carattere dominante
del
moderno teatro e che non può debitamente esprimer
oncie ad esprimere e comunicare gli affetti, primo e principale scopo
del
canto. Trovasi per ciò di buon’ora stabilita cota
la corte colla Caccici figliuola di Giulio Caccini uno degl’inventori
del
melodramma, e altrove le Lulle, la Sofonisba, la
trove le Lulle, la Sofonisba, la Camilluccia, la Moretti, la Laodamia
del
Muti, le Valeri, le Campane, le Adriane con altre
e contemporaneo, il quale, dopo aver ragionato alla lunga dei difetti
del
canto, soggiugne: «Mentre i nostri cantori cercan
e, giacché chi scrive si dichiara intieramente seguace della opinione
del
Cocchi nel suo Discorso sopra Asclepiade, del Tir
seguace della opinione del Cocchi nel suo Discorso sopra Asclepiade,
del
Tiraboschi nell’ottavo tomo della sua storia, e d
sopra Asclepiade, del Tiraboschi nell’ottavo tomo della sua storia, e
del
celebre Signor Carlo Denina nel 4 tomo delle Rivo
Rivoluzioni d’Italia, i quali antepongono con ogni ragione il secolo
del
seicento a tutti gli antecedenti nelle discipline
gara il secolo di Leon X, mettendo in derisione, e in obbrobio quello
del
Marini. Ma con buona licenza di codesti Messeri q
iani, di Torricelli, di Bellini, di Malpighi, di Borelli, di Campano,
del
Cavalieri, dell’Acquapendente, del Porta, e di ta
Malpighi, di Borelli, di Campano, del Cavalieri, dell’Acquapendente,
del
Porta, e di tanti altri fisici e matematici del s
, dell’Acquapendente, del Porta, e di tanti altri fisici e matematici
del
secolo passato che non quelli di Bembo, Casa, Var
Casa, Varchi, Cota, Molza, Tansillo, e mille altri scrittori eleganti
del
Cinquecento. Questa osservazione non si stende ai
ezione Lucano e Seneca, e nelle di loro opere attinse non meno l’amor
del
sublime che l’impeto e la foga che il trasportava
ano, diessi a leggere le commedie spagnuole, e colpito dall’argomento
del
Cid di Guglielmo di Castro uno de’ mediocri dramm
questa la prima nè di Cornelio, perchè la Medea l’avea preceduta, nè
del
moderno teatro, come affermò l’esgesuita Andres a
ome pure era stato un secolo prima in Italia. Ben fu però la tragedia
del
Cid la più fortunata, e quella onde l’autore dive
con Elvira, l’amante si tiene indisparte ad ascoltare, quella altresì
del
contrasto del dovere di figlia colla passione amo
amante si tiene indisparte ad ascoltare, quella altresì del contrasto
del
dovere di figlia colla passione amorosa onde Chim
asportando il fatto a Siviglia commise un anacronismo, mentre a tempo
del
Cid Siviglia trovavasi in potere de’ Mori, e non
avendo potuto farla passar per sua. Ma il Cid è uno de’ felici frutti
del
genio che s’invidiano e si criticano più facilmen
unto di maggiore importanza, cioè nell’interessar l’uditorio a favore
del
vittorioso Orazio. Egli però attese a rendere più
più moderni cortigiani Francesi. Non pertanto l’elevatezza dell’anima
del
poeta si scorge in diversi tratti. In quel fiero
a si scorge in diversi tratti. In quel fiero decantato qu’il mourut
del
vecchio Orazio sfolgoreggia il sublime di tutto i
nnois encore, et c’est ce qui me tue. E chi oggi ignora i rari pregi
del
Cinna? Ampio campo aprì il Corneille al moderno c
ntiene nell’indicata scena si trovano nel libro I cap. 9 de Clementia
del
filosofo Cordovese Anneo Seneca; ma pure è un tra
o non pertanto che nè tragico timore nè compassione desta il pericolo
del
protagonista Cinna, che è un traditore senza scus
meno atteso tanto più accetto. Il pubblico plauso e le belle lagrime
del
gran Condè rendettero ben memorabili i versi dell
me del gran Condè rendettero ben memorabili i versi dell’ultima scena
del
Cinna:a: Je suis maitre de moi comme de l’univer
el perdono magnanimo. Il Poliuto è un’altra delle applaudite tragedie
del
Corneille. Benchè le rappresentazioni de’ martiri
allo spettatore luogo a dolersi; pure il Poliuto pel carattere eroico
del
martire e per l’amore che egli ha per la sua spos
egli effetti della strage di Farsaglia e non pochi concetti affettati
del
racconto di Acoreo dell’ammazzamento di Pompeo e
ncetti affettati del racconto di Acoreo dell’ammazzamento di Pompeo e
del
presente fatto a Cesare della di lui testa. Pur v
an nom, tout vainqueur que je suis. Le altre tragedie reputate degne
del
gran Cornelio sono il Nicomede, il Sertorio e la
uovo indotto, al fine da buon senno nel 1675 dopo la rappresentazione
del
Surena, che non fe scorno alla vigorosa vecchiezz
tragico, rinunziò alla poesia drammatica. Questo padre e legislatore
del
teatro francese morto nel 1684 in Parigi, merita
ssot ebbe ragione di così dire: « Per mezzo de’ medesimi capi d’opera
del
Cornelio abbiamo noi imparato a conoscere l’esage
nologhi ristucchevoli e di pensieri che oltrepassando i giusti limiti
del
sublime, cadono nella durezza di certa popolarità
io ingegno ”. Nel medesimo anno 1666 quando si rappresentò l’Agesilao
del
Cornelio, comparve sulle scene l’Alessandro di Gi
da cui cominciò una specie di tragedia quasi novella. Nelle tragedie
del
Cornelio grandeggia la virtù e l’eroismo vi si tr
i per lo più subalterni che riescono freddi e poco tragici. In quelle
del
Racine trionfa un amor tenero, semplice, vero, vi
ro, semplice, vero, vivace, forse non sempre proprio per la grandezza
del
coturno perchè non sempre principale e furioso, m
incipale e furioso, ma sempre idoneo a commuovere. Il felice pennello
del
Racine con grazia e diligenza al vivo e maestrevo
atte analisi delicate della tenerezza, o se vuol dirsi alla francese,
del
sentimento, anche senza tanti pregi che adornano
ncese, del sentimento, anche senza tanti pregi che adornano le favole
del
Racine avrebbero bastato a farle riuscire in Fran
orse la poesia francese pervenne alla possibile venustà per le favole
del
Racine e pe’ componimenti del Boileau; ma il dram
ne alla possibile venustà per le favole del Racine e pe’ componimenti
del
Boileau; ma il drammatico scrittore ebbe sul legi
onimenti del Boileau; ma il drammatico scrittore ebbe sul legislatore
del
Parnasso Francese il vantaggio del raro dono dell
ico scrittore ebbe sul legislatore del Parnasso Francese il vantaggio
del
raro dono della grazia, che la natura concede a’
Correggi, a i Pergolesi, a i Racini, a i Metastasii. Tralle tragedie
del
Racine senza dubbio più giudiziosamente combinate
lla francese, sconvenevole al carattere d’Ippolito, e fredda a fronte
del
tragico disperato amor di Fedra, non si approvò n
cine con dire che lo stesso Euripide posto nelle medesime circostanze
del
tragico francese non l’avrebbe rifiutato. Certo è
o è che anche Luigi Racine disapprovò quegli amori episodici, e disse
del
padre che « doveva esser meno compiacente pel di
Aricia nulla ha di tragico; ma Fedra innamorata d’Ippolito figliuolo
del
di lei consorte, perturba ed atterrisce, e commov
he ha di farne parte alla sua bella . Nel Sertorio si confonde l’idea
del
gran capitano e del gran politico colla poco grav
alla sua bella . Nel Sertorio si confonde l’idea del gran capitano e
del
gran politico colla poco grave immagine di un vec
di un vecchio visconte o colonnello francese innamorato. La Sofonisba
del
Mairet, anco per avviso di Saint-Evremont, ci nas
nifestando solo una coquette comunale. Tomiri che nella Morte di Ciro
del
Quinault va cercando sul teatro les tablettes per
o sul teatro les tablettes perdute, fu ben meritevole della derisione
del
Boileau. Non si domandi dunque se l’amore entrar
nobile, elegante, armonioso e saggio. Nulla più lontano dal carattere
del
vincitor di Dario e dalla tragica gravità quanto
r valermi delle parole di Pietro da Calepio, scopre anche la gioventù
del
poeta. Si vede nella Berenice tutto ad un tempo l
tù del poeta. Si vede nella Berenice tutto ad un tempo la delicatezza
del
mirabile suo pennello, e la natural pendenza del
tempo la delicatezza del mirabile suo pennello, e la natural pendenza
del
suo ingegno al molle e all’elegiaco. L’Oreste da
compassione è più per Monima che pel protagonista, il quale poco più
del
nome ritiene di quell’irriconciliabil nemico de’
ragedie francesi, che quasi tutte sono un tessuto d’interessi proprii
del
socco trattati con tetra gravità. Dupin non a tor
ceva ancora: «Non v’ha cosa più insipida, più volgare, più spiacevole
del
linguaggio amoroso che ha disonorato il teatro fr
oriscono rincrescimento. Simili maniere abbondano anco nelle tragedia
del
Racine; ma ecco in qual cosa egli si distingue da
tano persone, e la ripetizione de’ medesimi tropi forma l’unico fondo
del
loro stile; ma Racine le accompagna con altre man
ll’Andromaca e nell’Ifigenia. Nella Fedra, più che la soverchia pompa
del
racconto di Teramene da ognuno osservata, ferisce
ante poche tragedie soffrono il confronto dell’Ifigenia, dell’Atalia,
del
Britannico e della Fedra? Questi componimenti sar
della Fedra? Questi componimenti saranno sempre le più preziose gemme
del
tragico teatro, per le quali Racine si acclamerà
co teatro, per le quali Racine si acclamerà come principe de’ tragici
del
secolo XVII dovunque regnerà gusto, sapere, giudi
Huerta, quando tutto mancasse, può ricavarsi da ciò che osò affermar
del
Racine in un gran papelon chiamato Prologo. Al l’
ile Aristarco l’Atalia è un testimonio irrefragabile dell’imbecillità
del
Racine; e ciò per quali ragioni? perchè vi si co
e assicurerà allorchè getterà lo sguardo su i componimenti drammatici
del
signor Vincenzo, che sembra una immonda arpia di
ggiungiamo su questo insigne tragico nato in Fertè-Milon nel dicembre
del
1639 e morto in Parigi nell’aprile del 1699, che
to in Fertè-Milon nel dicembre del 1639 e morto in Parigi nell’aprile
del
1699, che lasciò tralle sue carte il piano di una
o novello. I Greci che nella poesia ravvisarono l’amore per l’aspetto
del
piacer de’ sensi, non l’ammisero nella tragedia c
’ammisero nella tragedia come non convenevole. I moderni sulla scorta
del
Petrarca attinsero nella filosofia Platonica una
o garbuglio. Mentre i nominati due gran tragici fondavano la tragedia
del
lor paese ora seguendo i Greci, gl’Italiani e gli
Eremita nato nel 1601 e morto nel 16.. rappresentandosi nell’inverno
del
1636 il Cid, produsse laMarianne, in cui, facendo
lioso fu il successo di questa Marianne, essendosi sostenuta a fronte
del
Cid per tante rappresentazioni con estremo piacer
tenuta a fronte del Cid per tante rappresentazioni con estremo piacer
del
pubblico che la vide senza stancarsene comparire
che Tristano tratta avesse la sua Marianne dal Tetrarca de Jerusalen
del
Calderòn. Oltre a ciò che precedentemente noi aff
fralle dodici che l’autore sino a quell’anno avea composte la favola
del
Tetrarca; la qual cosa sarebbe stata omissione ri
he fece recitare e stampò la sua prima che non comparisse il Tetrarca
del
Calderòn. Tommaso Cornelio fratello di Pietro mi
si rappresentò nel 1672 nel tempo stesso che si recitava il Bajazette
del
Racine tragedia di gran lunga superiore alla favo
il Bajazette del Racine tragedia di gran lunga superiore alla favola
del
giovine Cornelio; ma pure l’Arianna riscosse gran
rasse Tommaso Cornelio il suo Conte di Essex dalla commedia spagnuola
del
Coello o di Filippo IV Dar la vida por su Dama; m
altri drammi. Tommaso con più debolezza di stile e con minore ingegno
del
fratello merita ancor la stima de’ nazionali per
tragici della Francia con tal frequenza ed intemperanza, che, al dir
del
Palissot, ne sono essi divenuti ridicoli; or che
su quelle scene. Piacquero altresì Amalasunta e le altre ad eccezione
del
Fantôme amoureux tolta dalla commedia spagnuola E
o uscita nel 1656, in cui si veggono stranamente avviliti i caratteri
del
gran Ciro, degli Sciti e della loro regina Tomiri
posero parimente varie sacre tragedie latine. Le più note sono quelle
del
celebre Dionigi Petavio, di cui s’impresse in Par
un braccio ferito. Nell’atto V Licurgo esce per far sapere alle donne
del
dramma che il Senato è condisceso all’innalzament
i Pisistrato e della libertà, e che seconda le mire di Solone a costo
del
proprio amore. Solone altro non fa che ondeggiare
rtito oppressore: opporsi alla fortuna di Pisistrato contro il volere
del
Popolo e del Senato Ateniese: e svelare l’inutile
ore: opporsi alla fortuna di Pisistrato contro il volere del Popolo e
del
Senato Ateniese: e svelare l’inutile arcano. Tutt
regi merita la nostra stima. a. Riflettendo il Voltaire alle lagrime
del
principe Condè che alla prima rappresentazione de
taire alle lagrime del principe Condè che alla prima rappresentazione
del
Cinna, trovandosi nell’età di venti anni, pianse
rit humain. a. Chi ne bramasse qualche saggio, consulti l’edizione
del
teatro di Pietro Cornelio pubblicato colle osserv
’edizione del teatro di Pietro Cornelio pubblicato colle osservazioni
del
Voltaire, ed anche l’eccellente Paragone della Po
oni del Voltaire, ed anche l’eccellente Paragone della Poesia tragica
del
più volte lodato conte Pietro da Calepio. a. C
ogisti spagnuoli loro confratelli doveano contare ancor questa favola
del
Quinault tra quelle che i Francesi trassero da’ l
re con tratti troppo famigliari ed atti ad alienarlo dall’impressione
del
dolore e della pietà. I Francesi in questi ultimi
re. Il suo Fajele contiene l’argomento stesso della Gabriela di Vergy
del
Belloy, cui il marito dà a mangiare il cuore dell
Conte di Cominge e l’Eufemia. Nell’uno si rappresentano le avventure
del
Conte divenuto religioso della Trappa che geme tr
ore ravvisa l’antico suo amante che vuole obbligarla a seguirlo fuori
del
convento. Più interessante è il Cominge, più nojo
rrano come preceduti all’azione. Il Merinval è pure un’azione tragica
del
medesimo scrittore avvenuta tra persone private,
ancora a’ Francesi l’arte d’inseguire col sale comico e colla sferza
del
ridicolo questa vanità ed ingordigia de’ capi di
e patrie ricchezze. Bernardo Giuseppe Saurin parigino nato nel maggio
del
1706 morto nel novembre del 1781, oltre alle trag
Giuseppe Saurin parigino nato nel maggio del 1706 morto nel novembre
del
1781, oltre alle tragedie riferite tradusse quasi
ità. Ne cangiò lo scioglimento aggiungendovi il fanciullo Tomi figlio
del
giocatore, che occupa la maggior parte dell’atto
ee collocarsi nella classe delle tragedie cittadine per la mescolanza
del
patetico e del famigliare. Senza qualche tratto t
ella classe delle tragedie cittadine per la mescolanza del patetico e
del
famigliare. Senza qualche tratto troppo comico e
torico rappresentato nel teatro Francese della Republica nel febbrajo
del
1800, e si eseguì malissimo. L’autore gli diede i
uesti generi diversi. Ophis, Meleagro, Clarissa, la Prude sono drammi
del
medesimo autore riprovati da’ nazionali. Despazes
la Prude, Ophis e Pinto, mostruosità, aggiugne, che fanno la vergogna
del
teatro francese. Questi ed altri simili drammi so
on eccedono la natura, ma non si accordano colle situazioni patetiche
del
rimanente. Sedaine non riescì ugualmente in altri
egliarsi per lo più con un tratto semplice ma vero ricavato dal fondo
del
cuore umano; a che dunque caricar le tinte a sì a
zione pantomimica e delle azioni scimiesche e della lugubre dettatura
del
testamento, l’azione e il carattere dell’Indigent
di Londra in prosa, ed il Beverley in versi. Il sig. Dudoyer è autore
del
Vendicativo in versi. In alcuni drammi del Didero
. Il sig. Dudoyer è autore del Vendicativo in versi. In alcuni drammi
del
Diderot e del Beaumarchais e di qualche altro dee
yer è autore del Vendicativo in versi. In alcuni drammi del Diderot e
del
Beaumarchais e di qualche altro dee riconoscersi
ontana dal pregio della nobile commedia tenera. Nel Padre di famiglia
del
primo, nell’Eugenia del secondo, nel Figliuol pro
nobile commedia tenera. Nel Padre di famiglia del primo, nell’Eugenia
del
secondo, nel Figliuol prodigo del Voltaire non si
di famiglia del primo, nell’Eugenia del secondo, nel Figliuol prodigo
del
Voltaire non si vedono moribondi per mancanza di
erà, se ne abbellirà alle occorrenze; ma si terrà lontano da’ difetti
del
dramma. La dipintura del carattere del Padre di f
occorrenze; ma si terrà lontano da’ difetti del dramma. La dipintura
del
carattere del Padre di famiglia non corrisponde a
a si terrà lontano da’ difetti del dramma. La dipintura del carattere
del
Padre di famiglia non corrisponde alle accennate
si contenta di rappresentare in sua casa il secondo personaggio dopo
del
Commendatore suo fratello, che colle sue maniere
mmedia larmoyante. Tolse egli ancora dal medesimo Goldoni la sostanza
del
suo Figlio naturale, dramma serio privo di ogni c
co dell’italiano, il quale mal grado di varii difetti, vale assai più
del
Figlio naturale, benchè Diderot nel tempo che si
azioni semitragiche prese in prestito altronde, ed appiccate al piano
del
Vero Amico; e vi regna tale affettata nojosa savi
rezzo che ne mostrarono alcuni. L’intreccio, l’argomento, i caratteri
del
Barone e di Murer appartengono alla commedia. Gli
non terribile la terza dell’atto IV, ed interessante la deliberazione
del
padre di Eugenia, il quale si lusinga di trovare
le di Eugenia già intenerita. Beaumarchais pubblicò anche i Due Amici
del
medesimo colorito dell’Eugenia; ma si astenne di
rici. Ad accreditar questo genere che si allontana da’ tristi eccessi
del
comico larmoyant, ma che per qualche tinta soverc
rimorso. Fabrizio cafettiere di ottimo cuore è copiato dalla Bottega
del
Caffè del Goldoni. Il carattere della Scozzese è
Fabrizio cafettiere di ottimo cuore è copiato dalla Bottega del Caffè
del
Goldoni. Il carattere della Scozzese è nobile, de
re pubblicò di aver tradotto questa favola da una di m. Hume fratello
del
celebre Hume istorico, e filosofo di Scozia.
re con tratti troppo famigliari ed atti ad alienarlo dall’impressione
del
dolore e della pietà. I Francesi in questi ultimi
mil genere. Il suo Fajele contiene l’ argomento stesso della Gabriela
del
Belloy, cui il marito dà a mangiare il cuore dell
Conte di Cominge e l’Eufemia. Nell’uno si rappresentano le avventure
del
conte divenuto religioso della Trappa che geme tr
ore ravvisa l’antico suo amante che vuole obbligarla a seguirlo fuori
del
convento? Più interessante è il Cominge, più nojo
rano come preceduti all’azione. Il Merinval è pure un’ azione tragica
del
medesimo scrittore avvenuta tra persone private,
ancora a’ Francesi l’arte d’inseguire col sale comico e colla sferza
del
ridicolo questa vanità ed ingordigia de’ capi del
ee collocarsi nella classe delle tragedie cittadine per la mescolanza
del
patetico e del famigliare. Senza qualche tratto t
ella classe delle tragedie cittadine per la mescolanza del patetico e
del
famigliare. Senza qualche tratto troppo comico e
lo più si risveglia con un tratto semplice ma vero ricavato dal fondo
del
cuore umano; a che dunque caricar le tinte a sì a
zione pantomimica e delle azioni scimiesche e della lugubre dettatura
del
testamento, l’azione e il carattere dell’Indigent
to di M. de Lys affrettato bellamente dal Notajo. Ma gli altri drammi
del
Sedaine, il Filosofo senza saperlo, la Scommessa,
sono stati così applauditi come il Disertore. Le Roi & le Fermier
del
medesimo autore dee collocarsi in una classe men
cante di Londra in prosa, e il Beverley in versi; M. Dudoyer è autore
del
Vendicativo in versi. In alcuni drammi di Diderot
ontana dal pregio della nobile commedia tenera. Nel Padre di famiglia
del
primo, nell’Eugenia del secondo, nel Figliuol pro
nobile commedia tenera. Nel Padre di famiglia del primo, nell’Eugenia
del
secondo, nel Figliuol prodigo del Voltaire non si
di famiglia del primo, nell’Eugenia del secondo, nel Figliuol prodigo
del
Voltaire non si vedono moribondi per mancanza di
erà, se ne abbellirà alle occorrenze; ma si terrà lontano da’ difetti
del
dramma. La dipintura del carattere del Padre di f
occorrenze; ma si terrà lontano da’ difetti del dramma. La dipintura
del
carattere del Padre di famiglia non corrisponde a
a si terrà lontano da’ difetti del dramma. La dipintura del carattere
del
Padre di famiglia non corrisponde alle accennate
si contenta di rappresentare in sua casa il secondo personaggio dopo
del
Commendatore suo fratello, che colle sue maniere
mmedia larmoyante. Tolse egli ancora dal medesimo Goldoni la sostanza
del
suo Figlio naturale dramma serio privo di ogni ca
mico dell’Italiano, il quale mal grado di varj difetti vale assai più
del
Figlio naturale, benchè Diderot nel tempo che se
uazioni semitragiche prese in prestito altronde ed attaccate al piano
del
Vero Amico, e vi regna tale affettata nojosa savi
ezzo che ne mostrarono alcuni. L’intreccio, l’ argomento, i caratteri
del
Barone e di Murer appartengono alla commedia. Gli
III sono belle e teatrali. È patetica ma non terribile la terza scena
del
IV, ed interessante la deliberazione del Padre di
non terribile la terza scena del IV, ed interessante la deliberazione
del
Padre di Eugenia, il quale si lusinga di trovare
le di Eugenia già intenerita. Beaumarchais pubblicò anche i Due Amici
del
medesimo colorito dell’ Eugenia; ma si astenne di
rici. Ad accreditar questo genere che si allontana da’ tristi eccessi
del
comico larmoyant, ma che per qualche tinta soverc
rimorso. Fabrizio cafettiere di ottimo cuore è copiato dalla Bottega
del
Caffè del Goldoni. Il carattere della Scozzese è
Fabrizio cafettiere di ottimo cuore è copiato dalla Bottega del Caffè
del
Goldoni. Il carattere della Scozzese è nobile, de
re pubblicò di aver tradotto questa favola da una di M. Hume fratello
del
celebre Hume storico e filosofo Scozzese.
zia, di Fano, e di Tordinona in Roma. Il teatro di Parma non fu opera
del
Palladio terminata dal Bernino come alcuno afferm
a idraulica, nella civile e nella militare, il fe costruire d’ ordine
del
duca Ranucio I Farnese nel 1618. Si aprì secondo
osi a un semicerchio due rette laterali. La scena dal muro alla bocca
del
proscenio ha di lunghezze 125 piedi parigini e 93
con una scalinata di quattro sedili. Il nominato autore dell’opuscolo
del
Teatro osserva che la bocca del palco scenico ecc
ili. Il nominato autore dell’opuscolo del Teatro osserva che la bocca
del
palco scenico eccessivamente angusta e molto lont
atro. I lati retti della platea congiunti alla strettezza della bocca
del
palco occultano a chi siede lateralmente buona pa
e ammirar questo teatro come uno de’ più gloriosi monumenti dell’amor
del
grande e della protezione delle arti che mostraro
vedere che sin dal 1779 quando io lo vidi, mostrava talmente i danni
del
tempo e dell’abbandono che non senza qualche rite
e di uno spettacolo destinato a commuovere per dilettare. I palchetti
del
teatro nominato di Venezia non bastando al gran c
eva, ebbero indi un aumento di altri tre per ciascun ordine su i lati
del
proscenio. Gli altri teatri Veneti per lo più inn
gloriarsi di aver prima di ogni altra avuti teatri costruiti a norma
del
compasso immortale de’ Palladii e de’ Sansovini.
inore 48. Ila sei ordini di palchetti ma (dice l’autore dell’opera
del
Teatro) de’ comodi interni, e dell’abbellimento e
qual più qual meno magnifico a proporzione, tutte volendo partecipare
del
piacere di uno spettacolo pomposo come l’opera in
a quel tempo il teatro di Urbino, in cui si ammirarono le invenzioni
del
Genga esaltate dal Serlio degli alberi fatti di f
so in gran palchettoni. Quello di Modena detto della Spelta, su opera
del
cavalier Vigarani distrutto nel 1767. Quello di M
piedi e cinquanta a cavalloa: Ed è questa la storia scenica Italiana
del
secolo XVII. Fioriscono ne’ primi lustri poeti tr
cia: si contano tralle commedie ingegnose regolari e piacevoli quelle
del
Porta modelli della commedia d’intrigo, e degl’In
quelle del Porta modelli della commedia d’intrigo, e degl’Intronati,
del
Malavolti, del Guarini, dell’Altani, dell’Isa, de
ta modelli della commedia d’intrigo, e degl’Intronati, del Malavolti,
del
Guarini, dell’Altani, dell’Isa, dello Stellati, d
i, del Malavolti, del Guarini, dell’Altani, dell’Isa, dello Stellati,
del
Gaetani, del Brignole Sale, del Bonarelli, del Ma
lti, del Guarini, dell’Altani, dell’Isa, dello Stellati, del Gaetani,
del
Brignole Sale, del Bonarelli, del Maggi. Si attes
ell’Altani, dell’Isa, dello Stellati, del Gaetani, del Brignole Sale,
del
Bonarelli, del Maggi. Si attese poscia a spiegare
l’Isa, dello Stellati, del Gaetani, del Brignole Sale, del Bonarelli,
del
Maggi. Si attese poscia a spiegare tutte le pompe
lli, del Maggi. Si attese poscia a spiegare tutte le pompe delle arti
del
disegno e della musica nell’opera ma vi si negle
ttone da Giuseppe Notari citato dal cavalier Tiraboschi nel libro III
del
tomo VIII della Storia della Letteratura Italiana
a Bologna a perfezionarsi nell’arte d’ingemmare. Sposò nel carnovale
del
1806 a Lugo la lughese Giuseppina Stanghellini, s
uditolo, gli fu largo di quelle lodi che lo decisero a lasciar l’arte
del
bulino per quella di commediante ; e abbandonata
ttarlo a’suoi mezzi. Da quella di Solmi e Pisenti passò, la quaresima
del
1826, nella Compagnia di Luigi Domeniconi, poi, i
35, in quella di Romualdo Mascherpa, col quale stette sino all’estate
del
’45 (29 luglio), epoca della sua morte, avvenuta
(29 luglio), epoca della sua morte, avvenuta in seguito a ribaltatura
del
legno a Regginara, presso Marradi. Egli battè del
guito a ribaltatura del legno a Regginara, presso Marradi. Egli battè
del
petto contro il lastrico del ponte, e morì nella
a Regginara, presso Marradi. Egli battè del petto contro il lastrico
del
ponte, e morì nella notte, proferendo le testuali
. Francesco di Paola a Torino, gli furon fatte solenni esequie a cura
del
figlio Gaetano, comico al servizio di S. M., alle
lle quali assistevan tutti i comici della Compagnia Reale e di quella
del
Favre. Angelo Brofferio nel Messaggere torinese l
amò, chi lo udì sulle scene non si stancò dall’applaudirlo. Al dolore
del
figlio suo Gaetano Gattinelli cosi diletto alle s
ttinelli cosi diletto alle scene torinesi col più profondo sentimento
del
cuore sinceramente partecipiamo. In fine di un c
dal collega Giovan Maria Borghi (V.), è la seguente nota manoscritta
del
figliuolo Angelo : È qui dimenticato il più bell
igione con esemplare rassegnazione, e spirò come un angelo in braccio
del
Signore. In una celletta presso Marradi fu alzat
recitò con grande successo vanno annoverate le seguenti : La bottega
del
caffè, Il Poeta fanatico, Il Disperato per eccess
ersepoli, L’Ajo nell’ imbarazzo. Il Pronosticante fanatico, Il Figlio
del
Signor Padre, Il duello alla Montagnola di Bologn
ustici, Sior Todero brontolon, ecc. Il Giornaletto ragionato teatrale
del
1820, dando conto della Compagnia Taddei al Teatr
dando conto della Compagnia Taddei al Teatro Goldoni di Firenze, dice
del
Gattinelli che « nella declamazione della tragedi
scherpa, il quale privato a un tratto di lui, si presentava l’autunno
del
’45 al Metastasio di Roma col seguente manifesto
rimasti per non sospettato desolante episodio, privi improvvisamente
del
distinto caratterista Luigi Gattinelli di sempre
amico, d’un caratterista intelligente, studioso, fortunato imitatore
del
vero………… ………………………. Della Compagnia eran parti p
tere, in cui si discorre largamente di commedie originali e tradotte,
del
’28 da Firenze ad Antonio Benci, in Livorno, auto
del ’28 da Firenze ad Antonio Benci, in Livorno, autore della Bottega
del
libraio, del Salvator Rosa, e di altro, e del ’44
renze ad Antonio Benci, in Livorno, autore della Bottega del libraio,
del
Salvator Rosa, e di altro, e del ’44 da Trieste a
o, autore della Bottega del libraio, del Salvator Rosa, e di altro, e
del
’44 da Trieste al figliuolo Angelo in Vicenza. Da
li scrisse da Faenza al figliuolo Angelo, in Montagnana, il 24 luglio
del
’45, cinque giorni prima di mettersi in quel viag
Moncalvo Giuseppe. Artista celebre nella maschera milanese
del
Meneghino, giudicato dal Vestri la verità personi
to Rossi, Carlo Lollio ed altri, nacque a Reggio d’Emilia il 4 luglio
del
1781 da Carlo, dentista chirurgo milanese, e da A
ennone, di Egisto, ecc. Fattosi capocomico nel '19, trovò la maschera
del
Meneghino, resa popolare da Gaetano Piomarta, che
rla alle parti caratteristiche delle opere classiche, come ad esempio
del
Curioso accidente, del Burbero benefico, del Filo
istiche delle opere classiche, come ad esempio del Curioso accidente,
del
Burbero benefico, del Filosofo celibe, degl’Innam
assiche, come ad esempio del Curioso accidente, del Burbero benefico,
del
Filosofo celibe, degl’Innamorati, ecc. Diventò di
co Teatro Re, ove fu, come dovunque, acclamatissimo. Quindi i trionfi
del
Moncalvo non ebber più tregua. Fu in Piemonte, ne
ore dei Meneghini, ti ringrazio dell’oblio che spargi sulle mie pene,
del
sorriso che chiami sulle mie labbra, della sereni
roni, o sia che barbiere in Gheldria, tu abbia la lingua più affilata
del
rasoio, o sia che scudiere in Benevento tu t’invo
Agamennoni si terrebbero fortunati di essere Meneghini ! Nè fu colpa
del
destino, ma fu tua scelta, se tu ti aggiri nei tr
mi par dovrebbero bastare queste parole a dar l’idea esatta dell’arte
del
Moncalvo e del fascino ch' egli esercitava sul pu
ro bastare queste parole a dar l’idea esatta dell’arte del Moncalvo e
del
fascino ch' egli esercitava sul pubblico. Quanto
o credo fosse proprio nel vero, perocchè egli fosse la sintesi fedele
del
carattere milanese o piuttosto ambrosiano, che, p
, di chiamare in servizio, per tutta la giornata di Domenica, un uomo
del
popolo, il quale si prestava al disimpegno di mol
ciandosi anche a fungere da servo straordinario. E poichè quell’ uomo
del
popolo era di solito sollazzevole e burlone, ed e
e e burlone, ed era al fatto di tutti gl’intrighi e degli avvenimenti
del
quartiere, intorno ai quali emetteva giudizî pien
e di sale ; così si affibbiò il nomignolo di Meneghino alla maschera
del
popolo milanese, nella stessa guisa che si battez
ella stessa guisa che si battezzò col nome di Pulcinella, la maschera
del
popolo napoletano. Comunque sia, il Meneghino pe
inzia, Beltramina e Taresca, per opera di Carlo Maria Maggi, al cader
del
secolo xviii. Giuseppe Moncalvo ebbe due mogli :
ppo ci vorrebbe a metter qui le testimonianze della grandezza e bontà
del
Moncalvo. Scrisser di lui distesamente il Ghislan
o Morelli….. e poesie di ogni specie, fra di cui una Cantata di addio
del
'33 a Torino, dalla quale apprendiamo com’egli re
amo com’egli recitasse in italiano il D. Ippolito nel Filosofo celibe
del
Nota, riscuotendovi gli universali applausi. Ma,
ettino, recitò le parti di amoroso col nome di Cintio nella Compagnia
del
Duca di Modena. Passato poi in Francia, esordì al
ma volta il 30 dicembre dello stesso anno. Esiliato il 1689, d’ordine
del
Re, Bartolomeo Ranieri per aver con indiscrezione
Re, Bartolomeo Ranieri per aver con indiscrezione parlato delle cose
del
tempo, Costantini lo sostituì, con gran soddisfaz
delle cose del tempo, Costantini lo sostituì, con gran soddisfazione
del
pubblico, sino al ’94 ; nel quale anno sostituì p
t.) vediamo il Costantini sporger querela contro di lui il 19 ottobre
del
’94 per essere stato offeso e minacciato colla sp
all’ Hôtel di Borgogna in pubblica assemblea d’artisti, al proposito
del
nome col quale il Romagnesi intendeva di recitar
ia, convocata un’assemblea de’ comici subito dopo la rappresentazione
del
17 agosto 1692, e assalito e percosso del bastone
to dopo la rappresentazione del 17 agosto 1692, e assalito e percosso
del
bastone sulla testa e sul viso il querelante ; co
ale i fratelli Costantini inveirono già un anno prima dopo la lettura
del
Don Chisciotte, e altre volte ancora, colle spade
Chisciotte, e altre volte ancora, colle spade alla mano. E la querela
del
Gherardi è accompagnata dalle testimonianze dei c
compagnia possiamo aggiungerne altra accaduta in Modena il 13 luglio
del
1682 e così riferita al Duca dal Podestà Giulio R
lasciato in piena libertà. Nel 1697, appena dato l’ordine di chiusura
del
teatro italiano, egli si restituì a Verona, la pa
ervigi ai generali dell’armata francese in sul cominciar della guerra
del
1701. Esso fu il primo ad avvertir la marcia de’
Germano e di S. Lorenzo. Nel 1716, alla venuta della nuova Compagnia
del
Reggente, egli ottenne finalmente un impiego ammi
gnia del Reggente, egli ottenne finalmente un impiego amministrativo,
del
quale si disimpegnò così male, che dovette essern
icenziato. Giovan Battista Costantini morì a La Rochelle il 16 maggio
del
1720.
e di varie opere poetico-teatrali, nacque a Napoli nella seconda metà
del
sec. xvi. Abbiam visto al nome di Fiorilli Tiberi
ate. In fatti : se Tiberio Fiorilli nacque il 1608, la fuga da Napoli
del
padre accadde poco dopo quest’ anno. Ma Silvio Fi
ecarvisi per malattia della suocera e sua ; ma vi si recò il 4 aprile
del
1600, nel qual giorno, secondo che abbiamo dal Be
testa a Milano, e dedicato al Conte Antonio Litta con lettera in data
del
3 agosto. L’egloga, in tre atti e in terzine, si
latesta il 1632. In essa troviamo il personaggio di Scaramuzza, servo
del
Capitan Squarcialeone, rappresentato molto probab
1614, e divenuto poi famoso colla maschera di Trappolino. Questa
del
’32 è l’ultima data delle pubblicazioni del Fiori
di Trappolino. Questa del ’32 è l’ultima data delle pubblicazioni
del
Fiorillo a saputa nostra : e probabilmente non mo
ta. E come mai non si accenna punto in nessun documento all’esistenza
del
figliuoletto Gerolamo ? E come mai Tiberio in que
sco), di cui do nella testata la riproduzione, per gentil concessione
del
signor Rambaud, che fu anima dell’esposizione dra
n generati dal ritratto ivi esistente di Molière, il primo a sinistra
del
lettore, che pare accenni ai principali component
n quella degl’ italiani, recitando alternativamente nella sala stessa
del
Petit-Bourbon ? Ciò fu nel 1658, quando cioè Moli
a recitando alternativamente coi Comici di Molière, non più alla Sala
del
Petit-Bourbon, ch’ era stata demolita, sì a quell
più alla Sala del Petit-Bourbon, ch’ era stata demolita, sì a quella
del
Palais-Royal. Ma che vuol dire quella parentesi a
el Palais-Royal. Ma che vuol dire quella parentesi aggiunta nel mezzo
del
titolo : « Farceurs français et italiens depuis s
ccozzo di artisti celebri, scelti in un dato periodo ? E il Matamoros
del
quadro che non ha nel costume veruna somiglianza
Corneille, sia qui personaggio di compagnia francese ? Lo Scaramuccia
del
quadro non è già il Fiorilli, come vediam da una
muccia del quadro non è già il Fiorilli, come vediam da una incisione
del
Mariette ; sibbene Giuseppe Tortoriti. Ma il Tort
mutò di Pascariello in Scaramuccia solo nel 1694…. È dunque un errore
del
Mariette, o il quadro fu dipinto assai dopo il ’7
averlo impegnato in Roma. Le lettere d’Isabella e Tiberio han la data
del
primo e 2 luglio, quella di Giovan Battista per s
e firmati Fiorillo. Del Fiorillo Pulcinella ci rimane, oltre a quello
del
Perrucci (V. Calcese Andrea), un accenno del Cecc
i rimane, oltre a quello del Perrucci (V. Calcese Andrea), un accenno
del
Cecchini (op. cit.) che lo dice inventore di ques
p. cit.) che lo dice inventore di questa stragofissima parte ; mentre
del
Fiorillo Matamoros il Cecchini medesimo ci dà un’
havuto chi lo auanzi, & forse pochi che lo agguaglino. E l’opera
del
Cecchini ha la data del ’28. Ed ora metto qui la
amp; forse pochi che lo agguaglino. E l’opera del Cecchini ha la data
del
’28. Ed ora metto qui la terza e quarta ottava, c
io mi sappia, il quale ci dà un’ idea dell’ ingegno poetico di lui, e
del
tipo ch’ egli rappresentava in teatro. Il tit
he al Dio Gradivo e a Giove potria far guerra, ed oscurare il raggio
del
maggior lume allor ch’in furor muove il fiero sgu
che io non l’abbia mentovato, è l’Andaluzzo Giovanni Malara Scrittore
del
XVI. Di costui non si è conservata cosa veruna te
ignor Secano, la exageracion 1; e il Signor Lampillas, fedele seguace
del
nominato Autore, parimente conviene in dire, che
dopo mille Tragedie composte da questo Andaluzzo, l’avrebbe decorato
del
titolo di Menandro Betico? E pure il Cueva di que
Signor Lampillas, che potremo per lo meglio affermare, che le favole
del
Malara fossero state Tragedie, come le sei del Ve
fermare, che le favole del Malara fossero state Tragedie, come le sei
del
Vega. Vorreste replicare, che poteva aver fatte a
ello di Menandro, non sarà malignità e invidia forestiera il dubitare
del
loro merito. L’Esaminatore stesso ci dà a ciò mot
r la stretta via “Illustrando la Comica Poesia.” Adunque o le favole
del
Malara chiamate Tragedie n’ebbero il nome per l’a
antaggio per la gioventù, dovessi poi consumare il tempo sulle favole
del
Malara che non esistono, nè si sa che cosa fosser
II. GIOVANNI DE LA CUEVA. Non potendo dire il Signor Lampillas che
del
Cueva io non abbia favellato, almeno si lagna, ch
eno si lagna, che io omettessi di narrarne i pregi, quando sulla fede
del
Signor Montiano ne avea rapportati i difetti. A d
da quell’Erudito; e solamente intesi di accennare il modo di comporre
del
Cueva, che io non avea letto come il confessai, s
diamo però in qual maniera il Signor Lampillas risarcisca l’omissione
del
Signorelli in onore della Letteratura patria. Egl
uindi tutto asperso di nobile sudore, come se avesse posti alla vista
del
Pubblico i più bei squarci della Poesia Castiglia
andole nel vostro bel Saggio, io indirizzai al P. Lalantè a proposito
del
Torrismondo. Ma sapete che cosa credo ancora? Che
domanda quì ripetuta ci stia, come dicesi, a pigione; e che vi abbia
del
gran tratto dal fare al contraffare. Io del Torri
a pigione; e che vi abbia del gran tratto dal fare al contraffare. Io
del
Torrismondo, oltre all’averne rilevati i pregi co
ate a quella Tragedia. Ma quale squarcio avete Voi estratto da quelle
del
Cueva per farvi dire altrettanto? Volete Voi, a q
e di cinque Atti; e sono ben rari coloro che riprendono la Sofonisba
del
Carretto per la divisione degli Atti. Sono però g
tto secondo i dettati della verisimiglianza. Vadano adunque le favole
del
Cueva in quattro atti como pies de niños, secondo
te le belle parole generali dell’Erudito Signor Francesco Zannotti, e
del
Conte Algarotti, e l’eloquenza Tulliana stessa no
eggere nel mio Libro, che io non avea avuto sotto gli occhi le favole
del
Cueva. Ma per quella mia osservazione vorreste fo
jace seconda Tragedia, viene difesa dal Signor Lampillas coll’esempio
del
Prometeo di Eschilo e degli altri Greci, che intr
ologista, per iscusare una trasformazione reca la Forza e la Violenza
del
Prometeo: risposta che siede veramente alla quist
Cristiani? Ebbe dunque ragione il Signor Montiano a dire, che l’Ajace
del
Cueva peccava d’inverisimiglianza, e che nulla av
avea di comune coll’Ajace di Sofocle, “porque Cueba quiso imitar algo
del
Griego, y descuidò de lo mejor.” Nella Morte di
il patetico è maneggiato egregiamente, come nelle disgrazie di Ecuba
del
Signor Ab. Ceruti. Potrebbe il Lampillas dire che
Ab. Ceruti. Potrebbe il Lampillas dire che fosse tale nella Tragedia
del
Cueva? Il manifesti con qualche scena; che io a p
con qualche scena; che io a pruova ne produrrò alcun’ altra di quella
del
Ceruti. La fredda, cioè la riposata Critica, per
ica, per veder bene, fa serenare la commozione riportata dal patetico
del
Teatro; e quei cuori sensibili che trovansene tut
ranquilla non merita di essere ascoltata? Vuole ciò dire che l’errore
del
Cueva non è errore? Masticate le altrui parole, S
intese, o imparate al declinar della età) censura la quarta Tragedia
del
Cueva, per essere fantastico il carattere del Pro
sura la quarta Tragedia del Cueva, per essere fantastico il carattere
del
Protagonista, cioè tratto dall’immaginazione del
tastico il carattere del Protagonista, cioè tratto dall’immaginazione
del
Poeta, e non accreditato da esempj della storia,
Critica, da chi ha confessato di non aver potuto leggere le Tragedie
del
Cueva. Ed uno più disinvolto gli direbbe colla fr
le Tragedie del Cueva. Ed uno più disinvolto gli direbbe colla frase
del
Boccaccio, Vada e se l’appari; o gli direbbe uno
appari; o gli direbbe uno più pigro, Vada e il rintracci ne’ Discorsi
del
Montiano. Ma il Signorelli che ama di compiacerlo
he essi trovino corrispondenza tralle immagini apportate dalle parole
del
Poeta, e tra quelle che conservano nella fantasia
fa nelle sue Opere serpeggiare il bellissimo cappio della Finzione, e
del
Vero; e in aspetto più gentilesco del Castelvetro
issimo cappio della Finzione, e del Vero; e in aspetto più gentilesco
del
Castelvetro, e non meno filosoficamente disvilupp
ilesco del Castelvetro, e non meno filosoficamente disviluppa le idee
del
Verisimile poetico, vero perno su cui si volge il
Latine, e sul Maometto (p. 103.), per avere, come il Principe Tiranno
del
Cueva i Protagonisti estremamente malvagi. Imperc
ien riflettere che la censura non riguarda semplicemente la malvagità
del
Protagonista, ma la malvagità fantastica, chimeri
d altri, ed io non ho voluto ometterla nella preparata nuova Edizione
del
mio Libro, tuttochè non se ne trovi pesta, ad ont
, tuttochè non se ne trovi pesta, ad onta dell’impressione di Valenza
del
1581. Questo Letterato detestava gli errori sceni
ir por el yermo, “Y correr seis caballos, por la posta “de la Isla
del
Gozo hasta Palermo. “Poner dentro Biscaya Famagos
ire da quello che si predica quello che può eseguirsi, dopo l’esempio
del
Cervantes, che intorno al Teatro parlò sì bene, e
ene, ed eseguì sì male! Perciò allora omisi di parlare della Tragedia
del
Rey; e se ora l’ho rammentata, è stato a solo fin
giunta de Teruel data al titolo Los Amantes per un semplice sospetto
del
Ximeno. Qual prò da giunte inutili non provate e
to ciò che appartiene a’ Drammatografi Spagnuoli, quanto ciò che dice
del
Signorelli a proposito delle Tragedie di questo b
le Tragedie di questo buon Poeta. Si lagnò l’Apologista che di quelle
del
Cueva io avea narrato i difetti, e non i pregi: d
’Alessandra se ne trovano moltissimi. Colpa de’ MS. viziati, a parere
del
Lampillas, è il disordine nella distribuzione del
e altre subalterne. Questi subalterni dell’Isabella sono della natura
del
Generale de’ Giapponesi, il quale esercitando tut
onesi, il quale esercitando tutti i dritti principeschi, e disponendo
del
destino del Regno, lascia a un fantasma coronato
ale esercitando tutti i dritti principeschi, e disponendo del destino
del
Regno, lascia a un fantasma coronato il nome e le
La morte d’Isabella insieme con Muley? Intanto è preceduta da quelle
del
di lei Padre e della Madre e della Sorella, le qu
le subalterne: cioè 1. la Morte d’Isabella e Muley per l’amor lascivo
del
Tiranno colorita col pretesto della Religione; 2.
ascivo del Tiranno colorita col pretesto della Religione; 2. la Morte
del
Tiranno derivata dalle sue crudeltà e dall’avere
veduti dal Signor Lampillas? Sono forse poco rilevanti le imputazioni
del
Sedano intorno al vedersi in essa la strana unifo
e domandare all’Uditorio il Plaudite? Io non disapprovo la preghiera
del
Padre e della Madre fatta ad Isabella, perchè int
tiempo fingir puedes “Precisa castidad tener votada, “Y que quando
del
voto libre quedes, “La prenda le daràs tan desea
grimas, si puedes, amorosas.” Giustificherà l’Apologista la mancanza
del
tempo necessario per l’esecuzione della morte d’I
a il Signor Lampillas, che tralle altre cose rinfaccia alla Sofonisba
del
Carretto l’Ottavarima, difenderà poi l’Isabella v
ttava, “Qual Toro que delexos vè que asoma?” che di quella della 2.
del
II. detta da Isabella prolongata per dodici versi
r altro famoso Poeta Argensola, e della poca età in cui la scrisse, e
del
gusto al suo tempo dominante nella Penisola, che
l’Isabella, e la paragona alla Zaira. Volle poi combattere la censura
del
Sedano pel carattere perfettamente buono d’Isabel
’ove bisogna.” Non capisco però perchè per tal motivo si lagni anche
del
Signorelli, che nulla ha detto della bontà o malv
gità de’ tragici protagonisti. Forse perchè ha lodata la imparzialità
del
Sedano? Io adotto la imparzialità di chi non indo
rivangando la di lui confessione da me accennata su ciascuna Tragedia
del
Virues. Nella Semiramide (ei dice) confessa il M
o una Petite-piéce Francese, corpi che reggono da se, nè abbisognano
del
Dramma, come il Dramma di loro non abbisogna. M’i
are che degnamente passino a’ Posteri. Ma per soddisfare alla domanda
del
Sign. Lampillas “se io creda, che tutte le Traged
domanda, se io creda, che si possa dire altrettanto della Semiramide
del
Manfredi, rispondo colla medesima nettezza, che d
potuto approfittarsi di essa, essendo stato in Italia, e la Tragedia
del
Manfredi essendovisi impressa sette anni prima di
sette anni prima di spirare il secolo XVI.; ma ciò non volle la sorte
del
Teatro Spagnuolo, e il Virues compose la sua Trit
rtunata di un Tragico, che arrivi a pareggiare il merito non equivoco
del
Manfredi, e l’eccellenza, l’eleganza, la forza, i
tete la bocca a certi cibi troppo sostanziosi senza misurare la forza
del
vostro stomaco avvezzo ad altro nutrimento. Resta
ezzo ad altro nutrimento. Resta adunque provato che la prima Tragedia
del
Virues è difettosa e assurda. “Andiamo avanti (d
sso al Dramma, non guastano colla poca verosimilitudine l’altra unità
del
tempo? In questa guisa si osservano le Unità? Ho
travail cultivè.” Molto e molto manca adunque alla seconda Tragedia
del
Virues per chiamarsi regolata. “E che (l’Apologi
i giustizia. Vuol poi il Signor Lampillas ricavare il vero sentimento
del
Montiano circa l’irregolarità delle prime quattro
imento del Montiano circa l’irregolarità delle prime quattro Tragedie
del
Virues? Legga le seguenti parole del suo 1. Disco
ità delle prime quattro Tragedie del Virues? Legga le seguenti parole
del
suo 1. Discorso: “No puede leerse sin admiration
“nelle prime quattro ha procurato unire il meglio dell’arte antica e
del
costume moderno” . . . e che l’ultima va escrita
coll’Elisa, e non colle altre. Ed ecco che a confermare il sentimento
del
Signorelli concorre ugualmente il Critico, e l’is
de Apolo; facendo osservare, che Lope, come parziale dell’alterazione
del
Teatro, encomia Virues come Autore delle migliori
far dire a’ Giraldi quello che non dissero mai. 1. V. il Prologo
del
T. VI. del Parn. Esp. 2. V. il II. Discorso del
’ Giraldi quello che non dissero mai. 1. V. il Prologo del T. VI.
del
Parn. Esp. 2. V. il II. Discorso del Montiano,
1. V. il Prologo del T. VI. del Parn. Esp. 2. V. il II. Discorso
del
Montiano, che cita l’Opera del Malara intitolata
del Parn. Esp. 2. V. il II. Discorso del Montiano, che cita l’Opera
del
Malara intitolata Philosophia Vulgar P. I. Cent.
di la di lui Epistola diretta al Marchese Cuellar inserisca nel T. I.
del
Parnaso Español. 1. Cicerone de Oratore Lib. III
Pellesini Giovanni. Fiorito dalla seconda metà
del
secolo xvi a oltre il primo decennio del secolo x
. Fiorito dalla seconda metà del secolo xvi a oltre il primo decennio
del
secolo xvii (il Malherbe — cf. Baschet 244 — a pr
44 — a proposito dei Due Simili recitati al Louvre dai Fedeli la sera
del
14 settembre 1613, dice che il Pellesini aveva al
ette anni : sarebbe nato dunque il 1526), fu uno dei più grandi Zanni
del
suo tempo, più noto col nome di Pedrolino. Antoni
to col nome di Pedrolino. Antonio Valeri nella Rassegna bibliografica
del
D'Ancona (Anno IV, 1896, fascic. ii) pubblicò un
sini : studio che servì a porre in evidenza l’acume di argomentazione
del
signor Valeri, avendo io rinvenuta nell’Archivio
ni Medici. Tracciare con esattezza cronologica l’itinerario artistico
del
Pellesini, e i suoi passaggi da una in altra comp
potè recarsi a Ferrara a recitarvi il carnevale secondo le richieste
del
Duca. Di alcuni anni e alcune stagioni possiamo a
on permetterci di dare affermazioni recise. Gran parte dell’invernata
del
1576 il Pellesini passò a Firenze, e questo sappi
l 1576 il Pellesini passò a Firenze, e questo sappiamo da una lettera
del
Commissario Capponi al Granduca, riferita dal D'A
erti scandali amorosi ch' eran tra le donne della Compagnia. L'aprile
del
1580 come da Relazione di Leonardo Conosciuti al
……. si mise poi ad imitare li linguaggi di tutti li suoi comici, come
del
Pantalone, del Gratiano, del Zanni, del Pedrolino
ad imitare li linguaggi di tutti li suoi comici, come del Pantalone,
del
Gratiano, del Zanni, del Pedrolino, del Francatri
linguaggi di tutti li suoi comici, come del Pantalone, del Gratiano,
del
Zanni, del Pedrolino, del Francatrippe, del Burat
di tutti li suoi comici, come del Pantalone, del Gratiano, del Zanni,
del
Pedrolino, del Francatrippe, del Burattino, del C
i comici, come del Pantalone, del Gratiano, del Zanni, del Pedrolino,
del
Francatrippe, del Burattino, del Capitan Cardone,
Pantalone, del Gratiano, del Zanni, del Pedrolino, del Francatrippe,
del
Burattino, del Capitan Cardone, e della Francesch
Gratiano, del Zanni, del Pedrolino, del Francatrippe, del Burattino,
del
Capitan Cardone, e della Franceschina. Proprio tu
e aveva recitato il 6 La Cingana, delle solite dieci persone. (Diario
del
Pavoni, Bologna, Rossi, 1589). Del 1601 abbiamo
pplicano a far loro gratia, che possano in Milano nella stanza solita
del
suo Palazzo recitar le loro honeste Comedie ; han
Cattoli Giacinto. Bolognese, comico
del
Serenissimo di Parma Antonio Farnese, fu attore d
risponderebbe al Tombolotto de’Toscani). Fu da principio al servizio
del
Duca di Mantova, poi dopo il 1708, passato quel D
, come vediamo dal sonetto che qui pubblico per gentile comunicazione
del
signor Pietro Pieri, antiquario di Roma, fedelmen
ndi comprenda, Quanto coi Vili ancor Gentil voi siate. Il 21 ottobre
del
1720 inviava da Piacenza al Duca di Modena la seg
che tolgo dall’Archivio di Stato di Modena, per gentile comunicazione
del
Direttore conte Malaguzzi. Ser.ma Altezza Non Au
A. V. questo solo mi Basta, per Ottenermi Licenza è Teatro, ma quello
del
S.r Co : Ottauio Rangoni Con quel Vtile che Vorà
Co : Ottauio Rangoni Con quel Vtile che Vorà darci ; So che il Regalo
del
Ser.mo S.r Duca non potrassi auere per eser desti
.te Suplica al A. V. S. Per Giacinto Cattoli d.to Tracagnino Comico
del
Ser.mo di Parma Probabilmente fu la stagione di p
Comico del Ser.mo di Parma Probabilmente fu la stagione di primavera
del
1728 a recitare a Modena, come si rileva da una v
1728 a recitare a Modena, come si rileva da una viva raccomandazione
del
Farnese al Duca Suocero, la quale comincia : Des
comincia : Desiderando ogni maggior uantaggio alla Compagnia Comica
del
Cattoli da me riceuuta sotto la mia Protezione, m
oviamo poi nel’39 a Bologna, dove, secondo una indicazione nel diario
del
Barilli (Ricci. T. di B.) morì il mese di dicembr
iario del Barilli (Ricci. T. di B.) morì il mese di dicembre. La sera
del
27 dicembre, con pompa funebre fu portato alla se
fu portato alla sepoltura alla sua chiesa parrocchiale di S. Michele
del
Mercato di mezzo il famoso Tracagnino Cattoli, co
TOMO V. LIBRO VII ADDIZIONE I* Composizioni
del
Mairet: meschinità del teatro francese. Gio
MO V. LIBRO VII ADDIZIONE I* Composizioni del Mairet: meschinità
del
teatro francese. Giovanni Mairet nato in Be
teatro francese. Giovanni Mairet nato in Besanzone nel gennajo
del
1604, e quivi morto nel gennajo del 1686, studian
ret nato in Besanzone nel gennajo del 1604, e quivi morto nel gennajo
del
1686, studiando i tragici italiani, dotato d’inge
de, la Silvia, e la Silvanira, ossia la Morta viva, egli sulle tracce
del
Trissino produsse la sua Sofonisba; e benchè nell
trattato quest’argomento, il pubblico si dilettò meno della Sofonisba
del
Mairet 2. Avvenne in fatti, che mentre rappresent
sba del Mairet 2. Avvenne in fatti, che mentre rappresentavasi quella
del
Cornelio, molti spettatori correvano alla tragedi
ntavasi quella del Cornelio, molti spettatori correvano alla tragedia
del
Mairet, e dopo lo spazio di trent’anni in cui si
etendo sul teatro francese, si manteneva ancora. Scorgesi il giudizio
del
Mairet nelle alterazioni fatte alla storia di que
tate come inimitabili dal generoso ingenuo P. Cornelio nella tragedia
del
Mairet, egli novera il contrasto di Scipione con
assinissa, e la disperazione di questo principe. Contuttociò lo stile
del
Mairet rimane assai inferiore alla sublimità di q
ò lo stile del Mairet rimane assai inferiore alla sublimità di quello
del
Cornelio, e l’impudicizia che Siface rimprovera a
tore afferma di essersi prefisso di vestire alla francese il Solimano
del
conte Prospero Bonarelli 1. ADDIZIONE II* Ver
atica di Giovanni Racine. Racine nato in Fertè-Milon nel dicembre
del
1639 e morto in Parigi nell’aprile del 1699, lasc
to in Fertè-Milon nel dicembre del 1639 e morto in Parigi nell’aprile
del
1699, lasciò tralle sue carte il piano del primo
orto in Parigi nell’aprile del 1699, lasciò tralle sue carte il piano
del
primo atto di una Ifigenia in Tauride, dal quale
Tristano Eremita nato nel 1601 e morto nel 1635, mentre nell’inverno
del
1636 si rappresentava il Cid 1, produsse la sua M
abile fu il successo di questa Marianne, essendosi sostenuta a fronte
del
Cid per tante rappresentazioni con estremo piacer
tenuta a fronte del Cid per tante rappresentazioni con estremo piacer
del
pubblico, che la vide, senza stancarsene, riprodu
braccio fasciato. Nell’atto V Licurgo esce per far sapere alle donne
del
dramma che il senato è condisceso all’inalzamento
i Pisistrato e della libertà, e che seconda le mire di Solone a costo
del
proprio amore. Solone altro non fa che ondeggiare
rtito oppressore: opporsi alla fortuna di Pisistrato contro il volere
del
popolo e del senato ateniese: e svelare l’inutile
ore: opporsi alla fortuna di Pisistrato contro il volere del popolo e
del
senato ateniese: e svelare l’inutile arcano. Tutt
noja, freddezza, e languore. ADDIZIONE VIII* Sul Dispetto amoroso
del
Moliere. La commedia del milanese Niccolò Sec
ADDIZIONE VIII* Sul Dispetto amoroso del Moliere. La commedia
del
milanese Niccolò Secchi fornì al Moliere, come ab
milanese Niccolò Secchi fornì al Moliere, come abbiamo notato, quella
del
Dispetto amoroso; ma la commedia italiana termina
congegnato raffredda tutta la favola. Dall’altra parte nella commedia
del
Secchi non vedesi vestigio della bella scena del
parte nella commedia del Secchi non vedesi vestigio della bella scena
del
Dispetto di Lucilla ed Erasto, in cui essi lacera
osse detto d’Aubigny nato in Parigi nel 1653 e morto a’ 2 di novembre
del
1708 corse la carriera tragica poichè Campistron
l maestro della Poetica francese &c. ADDIZIONE XIII* Gustavo
del
Piron: Zuma del Le Feuvre. Alessio Piron nat
Poetica francese &c. ADDIZIONE XIII* Gustavo del Piron: Zuma
del
Le Feuvre. Alessio Piron nato in Digione nel
Alessio Piron nato in Digione nel 1689 e morto in Parigi nel gennajo
del
1755, fralle altre specie drammatiche, coltivò la
77 o 1798 si produsse con applauso sulle scene francesi Zuma tragedia
del
sig. Le Fevre, la quale vi si è veduta ricomparir
ia di ripetersi ancor ne’ tempi correnti. ADDIZIONE XIV* Beverlei
del
Saurin. Bernardo Giuseppe Saurin parigino na
ei del Saurin. Bernardo Giuseppe Saurin parigino nato nel maggio
del
1706 e morto nel novembre del 1781, oltre delle r
iuseppe Saurin parigino nato nel maggio del 1706 e morto nel novembre
del
1781, oltre delle riferite tragedie tradusse in g
ità. Ne cangiò lo scioglimento aggiungendovi il fanciullo Tomi figlio
del
giocatore, che occupa la maggior parte dell’atto
i. Il Filosofo senza saperlo, la Scommessa, Maillar, o Parigi salvato
del
Sedaine, non sono stati applauditi dal pubblico f
ivescovo di Parigi. Sono tratte &c. ADDIZIONE XVII** Commedie
del
Piron. Il prelodato sig. Piron meritamente co
ta nel 1738 con invidiabile applauso si noverò per una delle migliori
del
teatro francese, dovrà il Piron la sua riputazion
iore in questo genere. Il piano &c. ADDIZIONE XVIII* Commedie
del
Gresset. Glambatista Luigi Gresset nato in A
a Luigi Gresset nato in Amiens nel 1709 e quivi morto a’ 16 di giugno
del
1777, l’autore della graziosa novelletta le Vert
ntano dal tempo presente e dal costume francese. Pubblicò la commedia
del
Mèchant rappresentata nel 1740 con moltissimo app
teatrale, si dipinse un malvagio &c. ADDIZIONE XIX** Commedie
del
Marivaux. Voltaire diceva di lui che conosce
del Marivaux. Voltaire diceva di lui che conosceva tutte le vie
del
cuore, fuorchè la via reale, o maestra. Una delle
appresentata in Parigi nel 1793. ADDIZIONE XX* Commedie piacevoli
del
Saurin. Il sig. Saurin che si è esercitato in
per capriccio o per piccioli interessi a noi ignoti che per debolezza
del
componimento, o per mancanza di piacevolezza. L’A
s du tems) picciola commedia in prosa piacque, e riscosse glî encomii
del
Voltaire. ADDIZIONE XXI** Vestiti teatrali co
o avvenne in Italia sin dal passato secolo, e non molto dopo le opere
del
Rinuccini vi si coltivò l’opera eroica istorica r
l’ultima recita dell’Armida colla musica di Lulli seguì nel dicembre
del
1764 col solito applauso e concorso; nè per esser
poi posta in musica dal cav. Gluck e rappresentata a’ 23 di settembre
del
1777 si è veduta con minor diletto; e con tal mus
tto che hanno prodotto le traduzioni e le imitazioni di qualche opera
del
Metastasio colà recitata colla musica de’ nostri
e degli uomini da quella de’ demoni e delle furie ballerine. Io parlo
del
sig. Bailli de Rollet poeta stimabile di drammi m
venne a Parigi per farla eseguire, e comparve sulla scena nell’aprile
del
1774 con assai felice successo. Rollet seguì il p
scioglimento. “Senza il soccorso delle macchine (dicesi nel Mercurio
del
maggio di quell’anno) senza l’intervento degli de
i Francesi non tarderanno a ridursi sotto il vessillo della verità e
del
senno prendendo ad imitar gli uomini ancor nella
DIZIONE XXIV** Teatro di Bordeaux. In Bordeaux il dì 7 di aprile
del
1780 si aprì una nuova sala di spettacoli assai m
sentò Atalia con i cori preceduta da un prologo allusivo all’apertura
del
teatro. E’ un edificio isolato che rappresenta un
una balaustrata con piedistalli con figure analoghe alla destinazione
del
luogo. Le facciate laterali e la posteriore son d
pomene, e quando si costruì quest’edificio eranvi al di sopra le armi
del
re con una iscrizione. La sala ha dodici colonne
Non increscerà a chi legge, che per dare una idea de’ teatri francesi
del
tempo del Mairet, io accenni una parte di ciò che
cerà a chi legge, che per dare una idea de’ teatri francesi del tempo
del
Mairet, io accenni una parte di ciò che ne disse
Perrault. Essi non erano lontani dalla struttura e dalle decorazioni
del
teatro de’ ballerini da corda della fiera di san
ravano ed uscivano gli attori, appunto come avveniva per las cortinas
del
teatro di Madrid. L’illuminazione poi facevasi co
ersi di ciò la nota apposta a’ Giudizj ed Aneddoti sopra la Sofonisba
del
Mairet nella Biblioteca teatrale francese pubblic
ne. 1. Oltre a ciò che nel tomo precedente si è detto della Marianna
del
Dolce, del Calderon, e di Tristan, vuolsi osserva
re a ciò che nel tomo precedente si è detto della Marianna del Dolce,
del
Calderon, e di Tristan, vuolsi osservare che nell
nchezza affermò che Tristano tratta avesse la sua Marianna dall’Erode
del
Calderòn. Al contrario se il poeta spagnuolo non
rario se il poeta spagnuolo non ebbe contezza della Marianna italiana
del
Dolce prodotta cento anni prima, è assai più veri
la di Tristan, che fece recitare e stampare la sua prima della favola
del
Calderòn. *. Al Capo II, pag. 34, dopo le parole
rano che vigila pel tutto, e conta ne’ casi avversi sulla moderazione
del
vincitore; ond’è che gli artisti e i letterati no
ltra eloquenza ed ogni genere di erudizione, specialmente per le cure
del
famoso segretario e consigliere de’ re Aragonesi
retario e consigliere de’ re Aragonesi Napoletani Giovanni Pontano, e
del
precettore di Leone X Agnolo Ambrogini detto il P
o, e del precettore di Leone X Agnolo Ambrogini detto il Poliziano, e
del
regnicolo Giulio Pomponio Leto. Chi non sa che ne
nel XV secolo foriero dell’aureo seguente divenne l’Italia l’emporio
del
sapere: chi nella propria casa non vide spuntar a
Conversione di S. Paolo si rappresentò in Roma verso il 1380 d’ordine
del
cardinal Riario. Si vogliono al medesimo secolo r
mmere nel dialetto napoletano di Jacopo Sannazzaro e la farsa toscana
del
medesimo della presa di Granata rappresentata in
uale fanno plauso, secondo Lilio Gregorio Giraldi, moltissimi eruditi
del
XVI secolo, e nel nostro col marchese Maffei altr
giana49, il quale fu della famiglia Zacchia ed ascritto all’Accademia
del
Panormita, benchè dal Pontano poco pregiato. Si a
Panormita, benchè dal Pontano poco pregiato. Si aggira sulle vicende
del
famoso condottiere conte Jacopo Piccinino, arrest
s loquitur; ed in fatti egli seco stesso parla a lungo delle prodezze
del
Piccinino; indi sopraggiugne un sacerdote che nar
terzo la scena passa da Ferrara a Napoli, ed in esso un ambasciadore
del
Piccinino al re Fernando dà avviso della venuta d
o un ambasciadore del Piccinino al re Fernando dà avviso della venuta
del
generale, ed il re promette accoglierlo onorevolm
nte. Termina quest’atto col coro che canta le lodi di Drusiana moglie
del
Piccinino. Il quarto atto è il più bizzaro. Il re
termina col coro che in compagnia di Drusiana compiange la prigionia
del
Piccinino. Nel quinto atto la scena torna a Ferra
la scena torna a Ferrara. Un messo racconta al duca Borso la sventura
del
Duce, e la tragedia termina con un coro. E’ un co
fu cantata come un’ opera musicale d’oggidì, fondandosi sulle parole
del
medesimo Sulpizio: tragædiam quam nos agere &
no arbitrarie, ed hanno bisogno di nuova luce istorica. Verso la fine
del
secolo, cioè nel 1492 Carlo Verardo da Cesena nat
ppresentare in Roma solennemente dal mentovato cardinal Riario. Parla
del
Verardi e del suo Fernandus servatus Apostolo Zen
Roma solennemente dal mentovato cardinal Riario. Parla del Verardi e
del
suo Fernandus servatus Apostolo Zeno nelle Disser
Historia Bætica, e una ballata in fine colle note musicali. Il piano
del
Fernando fu dal Verardo ideato in occasione dell’
do ideato in occasione dell’ attentato di un traditore contro la vita
del
re che per miracolo di San Giacomo sanò della fer
mmedia intitolata Polixena stampata più volte in Lipsia nel principio
del
secolo XVI. Leon Batista Alberti nato secondo il
ggiungono il cognome di Ricci, compose pure latinamente verso la metà
del
secolo una commedia in prosa intitolata Lusus ebr
a della favola, e pubblicolla in Trento nel 147258. Venne poi l’Orfeo
del
Poliziano, nel quale dee riconoscersi la prima pa
in una lettera a Carlo Canale) intra continui tumulti a requisizione
del
Reverendissimo Cardinale Mantuano Francesco Gonza
472, come col Bettinelli stabilisce il lodato P. Affò, o almeno prima
del
1483, nel quale anno morì il Cardinale, come bene
nto d’Orfeo, cose che passano negli atti precedenti, e l’ammazzamento
del
poeta amante eseguito nel quinto dalle Baccanti,
ed in tale scena potevano passare anche il II e III atto parlandovisi
del
medesimo monte. Rappresentò forse il IV il dilett
fuor di dubbio cangiossi, servendo anche allo spirito di magnificenza
del
secolo XV, in cui amavansi all’estremo (e ben l’a
he Angelica? Dovea mettergli in bocca que’ versi che mostrano l’autor
del
dramma proclive al più detestabile sfogo della la
nzoni de’ cori. Due altre azioni teatrali volgari leggonsi nelle Rime
del
Notturno poeta Napoletano, le quali appartengono
un intercalare cantato da quattro musici60. La seconda azione scenica
del
Notturno è detta commedia nuova nell’edizione Mil
lata l’Amicizia. In Roma senza verun dubbio uno de’ principali autori
del
risorgimento della drammatica fu il rinomato Cala
orno alla vita di Costantino rappresentato a’ cardinali nel carnovale
del
1484, nel quale sostenne il personaggio di Costan
al pari di qualunque più possente sovrano. A’ venticinque di gennajo
del
nominato anno, secondo l’antico diario Ferrarese,
uca fe rappresentare in un gran teatro di legno innalzato nel cortile
del
suo palazzo la commedia de’ Menecmi di Plauto, al
to, alla cui traduzione egli stesso avea posto mano64. A’ ventuno poi
del
medesimo mese del seguente anno vi si rappresentò
zione egli stesso avea posto mano64. A’ ventuno poi del medesimo mese
del
seguente anno vi si rappresentò la favola di Cefa
enezia. Il famoso Matteo Maria Bojardo conte di Scandiano, ad istanza
del
medesimo duca, compose in terza rima e in cinque
si impressa la prima volta senza data, ma certamente si scrisse prima
del
1494, anno in cui seguì la morte dell’autore, e s
antichi con quella felicità che altri non ebbe. Aggiugneremo con pace
del
Signor Andres, che essa parimente prevenne le alt
hiuse gli occhi e negollo rotondamente. 43. V. il tom. IV dell’opera
del
Quadrio. 44. V. l’opera del conte Mazzucchelli t
ondamente. 43. V. il tom. IV dell’opera del Quadrio. 44. V. l’opera
del
conte Mazzucchelli t. II, parte I citata dal Tira
uale di altre farse sacre fa pur menzione nella p. 183 della parte II
del
t. VI. 45. Vedine il tom. III, capo II, art. V,
astenghiamo di nominare, dicendo che tal festa si diede verso la fine
del
1400. 48. Si vuol però avvertire che noi ne parl
a in musica. Nè questa, nè la mentovata farsa per la presa di Granata
del
Sannazzaro, nè le feste di Versailles date da Lui
spettacolo festivo, in cui si profondono molte ricchezze facendo uso
del
ballo, delle decorazioni, della musica e della po
o in una sua cortesissima lettera scrittami a Genova ne’ 19 di luglio
del
1779 si compiacque avvertirmi di aver egli letto
Vezanensis, siccome dee leggersi per quel che si vede in una lettera
del
medesimo Laudivio scritta al cardinale Jacopo Amm
ta al cardinale Jacopo Ammanati, la quale trovasi impressa tra quelle
del
medesimo cardinale nel 1506 in Milano. Egli ivi s
comunicato. 51. Veggasene per saggio la dipintura fatta dal Mendoza
del
traditore Ruffo dopo commesso l’attentato: Res
. II, c. 17 della Margarita Poetica. 55. V. la Bibliotheca Biblioth.
del
Montfaucon. 56. Vedine il Tiraboschi. 57. Eccon
ine dat Gobio uxorem. 58. Zeno nelle Annotazioni alla Bibliot. Ital.
del
Fontanini t. I, p. 358. 59. Ma questo difetto e
aranno che possa cancellarsi dal numero delle poesie sceniche volgari
del
XV secolo? faranno che dal Sig. Andres abbia a me
era Italiana, non ci venne miga dal Cicognini, il quale verso la metà
del
secolo XVII le frammischiò al recitativo nel suo
elli seguito indi dal Tiraboschi ed anche da me nella Stor. de’ Teat.
del
1777. Volendo però io, per le strofette anacreont
. de’ Teat. del 1777. Volendo però io, per le strofette anacreontiche
del
Notturno, confessare spontaneamente (nel III volu
rale pretese che in sua coscienza io riposassi sulla prima asserzione
del
prelodato Signor Planelli. Ma io che penso di ave
delicata di cotesto gazzettiere, torno quì a ripetere che le ariette
del
Notturno interruppero il dramma, nè ciò fecero ne
ri, ma nel corso dell’atto; ed aggiungo che ciò accadde verso la fine
del
XV, cioè a dire un secolo e mezzo prima del Cicog
ciò accadde verso la fine del XV, cioè a dire un secolo e mezzo prima
del
Cicognini. Anche il Signor Arteaga volle rilevar
el Cicognini. Anche il Signor Arteaga volle rilevar l’additato avviso
del
Planelli, del Tiraboschi e del Signorelli (nel t.
Anche il Signor Arteaga volle rilevar l’additato avviso del Planelli,
del
Tiraboschi e del Signorelli (nel t. I pag. 259 de
rteaga volle rilevar l’additato avviso del Planelli, del Tiraboschi e
del
Signorelli (nel t. I pag. 259 delle Rivoluz. del
li, del Tiraboschi e del Signorelli (nel t. I pag. 259 delle Rivoluz.
del
teatro music. Ital.) ed addusse l’aria di Tirsi d
uz. del teatro music. Ital.) ed addusse l’aria di Tirsi dell’Euridice
del
Rinuccini, Nel puro ardor della più bella stel
della mia opera sulle Sicilie. Lascio poi che le stanze anacreontiche
del
Notturno da me allegate hanno la prerogativa di a
hanno la prerogativa di aver preceduto di tutto un secolo quell’aria
del
Rinuccini posta in musica dal Peri. 61. V. il T
a seppe di queste due edizioni, delle quali si parla nell’Eloq. Ital.
del
Fontanini, e solo fa menzione di una terza che se
sio nel Temistocle. Storia de’ teatri antichi e moderni parte ii
del
tomo ultimo Teatro Italiano. Capo I T
Cittadine. MI affretto a toccare il lido conquesti ultimi tratti
del
moderno Teatro Italiano, e bramoso omai di riposo
commiato da’benevoli letterati, che hanno meco veduto il quarto anno
del
secondo decennio del secolo XIX. Non ha l’Italia
letterati, che hanno meco veduto il quarto anno del secondo decennio
del
secolo XIX. Non ha l’Italia ricusato di accoglier
ezia singolarmente ha vedute varie tragedie cittadine simili a quella
del
dottor Simoni uscita nel 1787 intitolata Lucia e
si vede interrotto dalle buffonerie dell’ improvvisatore Leggerenza e
del
falso letteralo Pirotè entrambi sorocconi di mest
rnaud e Marmontel la Carolina e Menzicof, l’Amor semplice, la Vergine
del
Sole, Sidney e Volsan, la Pastorella delle Alpi e
astorella delle Alpi ecc. Si è puerilmente affermato che la decadenza
del
credito di tali favole sia derivata dall’essersi
da Eschilo, da Carcino, da Platina ecc., ed occupavano i primi onori
del
coturno. Ciò che suol nuocerè a’moderni scrittori
Alonso di Zuniga, ossia il Dovere mal inteso, Gernand, ossia la Forza
del
suo destino, e Nancy ossia la Vanità dell’umana f
istruggersi un reo pregiudizio che sovente si occulta sotto l’aspetto
del
dovere ; un atto quarto assai teatrale, ed una ve
he de’servi Merville e Ricauld, Aggiungasi che il dimostrare la forza
del
destino che trascina ad atrocità, non è l’oggetto
iù prossimi ? Tornando al Gernand dico che mi sembra più condannabile
del
Don Alonso, per la mescolanza delle tinte comiche
distruggono il disegno dell’artista con un altro opposto. Nulla dico
del
dramma Nancy che non ho mai potuto vedere ; e sol
a che forse non degenera in commedia lagrimante. Evvi un altro dramma
del
Pepoli intitolato Ladislao in quattro atti, ch’eg
98. L’azione di lieto fine passa in Buda sul Danubio e nelle montagne
del
Crapac nello spazio di più di due mesi. V’interve
principessa innamorata di un vassallo, un militare che ama la figlia
del
suo re, una pestorella che amoreggia e scherza e
Spazia il Ladislao per tutta la reggia di Buda, sul Danubio, pe’monti
del
Crapac lontani dalla capitale dell’ Ungheria più
uati dal Shakespear, Otwai, Dryden eccnella Gran Brettagna ? L’autore
del
Ladislao mesce ad arbitrio l’interesse serio al r
edia. Ma in tutte le favole inglesi spagnuole ed anche francesi prima
del
XVII secolo si osserva la medesima legge. Nel Lad
on terminano per lo più lietamente ? Ciò basti sul capriccio fisedico
del
Pepoli. Non sono del gusto del secolo XVIII le fa
iù lietamente ? Ciò basti sul capriccio fisedico del Pepoli. Non sono
del
gusto del secolo XVIII le favole pastorali. Appen
nte ? Ciò basti sul capriccio fisedico del Pepoli. Non sono del gusto
del
secolo XVIII le favole pastorali. Appena possiamo
ra’ Pastori. Il pastore Arcade Panemo Cisseo compose la Morte di Nice
del
1754. Appartiene il Paradiso terrestre al conte G
ltramonti. Il Riccoboni (che avea tradotto anche Tito Manlio tragedia
del
La Fosse) mostrò tra’ primi in Parigi colle sue c
olamo Gigli Sanese ingegnoso e brillante letterato sin da’ primi anne
del
secolo consacrò parte del suo ozio alla poesia co
so e brillante letterato sin da’ primi anne del secolo consacrò parte
del
suo ozio alla poesia comica, insegnando in qual m
ossia il Giudice impazzito franca ed elegante versione de’ Plaideurs
del
Racine. Nel 1711 fe imprimere in Roma in tre atti
osa e con arte comica sulle tracce della commedia latina, e sul gusto
del
Porta e dell’ Isa. Esse non solo si recitarono co
nel 1717 il Gianni Barattiere. Questi letterati sin dall’ incominciar
del
secolo XVIII mostrarono gusto ed intelligenza in
il Raguet e le Cerimonie regolari e bene scritte combatte due difetti
del
suo tempo, i quali pur sussistono in qualche popo
i quali pur sussistono in qualche popolazione, eioè il corrompimento
del
patrio idioma coll’uso delle formole francesi, ca
ndono meno accette. Giulio Cesare Beccelli compatriotto ed ammiratore
del
Maffei dal 1740 al 1748 pubblicò in Verona e in R
cole di Simone Falconio Pratoli : la Commedia in commedia, il Podestà
del
Malmantile, il Furto onorato, la Vedova. Scrisse
ntovata dal Maffei e publicata nel 1729. La Marchesa di Pratofalciato
del
marchese Girolamo Teodoli anche in prosa dipinge
chese di Liveri, ed il celebre Pasqual Gioseffo Cirillo verso la metà
del
secolo XVIII si fecero ugualmente ammirare in Nap
le sue commedie alla presenza di Carlo III Borbone siu da’ primi anni
del
regnato di lui ; e le pubblicò per le stampe dal
dipingono però con mirabile esattezza i costumi e le maniere correnti
del
suo tempo, ed il ridicolo, specialmente del ceto
umi e le maniere correnti del suo tempo, ed il ridicolo, specialmente
del
ceto nobile poco culto, è rilevato con grazia e m
a, ha qualche stento sì per certe trasposizioni aliene dalla lingua e
del
genere comico, sì per alcune maniere di dire tosc
l decoro che caratterizza la sua commedia ? Chi nell’esatta proprietà
del
magnifico apparato scenico che ne anima l’azione
i grandi col seguito rispettivo, come nel Solitario : una scena detta
del
padiglione nell’Errico che metteva sotto gli occh
trodurvi. I Greci non cadevano in tale inverisimiglianza col presidio
del
coro fisso ; ma Domenico Barone che n’era privo,
di aver compreso dalla fama che ne correva, la maniera di sceneggiare
del
Barone, e volle provarsi ad imitarla nel Filosofo
isa nella collocazione di tali personaggi, senza verun perchè e fuori
del
consueto lor modo di vivere, a giocare e cenare d
rtanza ? Ayeano in oltre qualche rapporto accessorio almeno col fatto
del
Filosofo ? Quando codesta scempiata posizione di
solo accennata a soggetto, come sono tutte le altre ingegnose favole
del
Cirillo, il Saturno, il Metafisico, i Mal’occhi,
l Metafisico, i Mal’occhi, il Dottorato, il Salasso, l’Amicizia. Dopo
del
Liveri e del Cirillo scrissero altri napoletani s
i Mal’occhi, il Dottorato, il Salasso, l’Amicizia. Dopo del Liveri e
del
Cirillo scrissero altri napoletani sulle loro tra
i Figliastri impressa verso il 1770, il Fantasma che è una imitazione
del
Tamburro Notturno uscita nel 1773, l’Alchimista,
oscenità. Anche il valoroso scrittore della Storia Civile e Politica
del
Regno di Napoli Carlo Pecchia che coltivò pure l’
ti tratti di farsa la piacevolezza comica contro i ciechi partiggiani
del
linguaggio cruscante. S’intitola il Toscanismo e
igibile, e di una sciènza libraria per cui distingue al tatto i libri
del
XV e del XVI secolo. Un mercenario Dottor Fallopp
e di una sciènza libraria per cui distingue al tatto i libri del XV e
del
XVI secolo. Un mercenario Dottor Falloppa Giornal
adra e più pudica, ad imitazione di quello che usarono gli Spagnuoli
del
XV secolo, che Antonio Minturno nel XVI propose a
bito color verdemare, il cangiante, il bianco di cera, quello a color
del
mele. In somma per vedere fin dove giunge il loro
ce parimenti varie buone versioni di commedie francesi, la Metromania
del
Piron, il Bugiardo di P. Corneille, i Litiganti d
si, la Metromania del Piron, il Bugiardo di P. Corneille, i Litiganti
del
Racine, il Malvagio del Gresset. Mentre tante com
ron, il Bugiardo di P. Corneille, i Litiganti del Racine, il Malvagio
del
Gresset. Mentre tante commedie tutte regolari e p
ona sorte nell’età di anni diciassette avuta nelle mani la Mandragola
del
Machiavelli che lesse dieci volte, non tardò molt
avelli che lesse dieci volte, non tardò molto a desiderare la riforma
del
teatro patrio(a). Questo buon pittore della natur
eziani, il Poeta fanatico, l’Incognita, il Padre di famiglia. La mano
del
buon pittore dispiegò franchezza ed energia nella
er sempre le maschere. Ma soffrì tante guerre suscitate da’partigiani
del
mal gusto, e dagl’invidiosi calunniatori di mesti
poscia restituita, ne godè molto poco, essendo morto a’9 di febbrajo
del
1793. Se l’abate Pietro Chiari avesse, come gli c
e Pietro Chiari avesse, come gli conveniva, secondato le sagge vedute
del
Goldoni, migliorandolo soltanto nella lingua, nel
le Sorelle Cinesi si scrissero con tali idee. Egli verseggiava meglio
del
Coldoni, ma non coloriva col pernello della natur
onte Carlo Gozzi che finì di ristabilire tutte le passate stravaganze
del
teatro istrionico. Da prima quest’uomo di lettere
due competitori ; e si contentò di provar col fatto, che il concorso
del
popolo non era argomento sicuro del merito de’lor
provar col fatto, che il concorso del popolo non era argomento sicuro
del
merito de’loro drammi. E per conseguirlo ricorse
to de’loro drammi. E per conseguirlo ricorse al solito comune rifugio
del
meraviglioso delle macchine, e delle trasformazio
tore in Giuseppe Foppa. Sembra che a toglier forza al falso argomento
del
Gozzi patrocinatore delle irregolarità, e stravag
ono il Saggio Amico, il Prigioniero, l’Ospite infedele, i Pregiudizii
del
falso onore ecc. . Sulle scene de’comici Lombardi
risonare delle commedie di questo cavaliere bene intenzionato al pari
del
Goldoni per la riforma delle scene italiane. Il c
la musa comica il festevole borzacchino. Ne’quattro tomi da me veduti
del
suo Teatro pubblicò quattro commedie in prosa : l
o della natura come far debbe il comico poeta, che in calcare le orme
del
picciol numero di scrittori che il tragico prende
l Prigioniero già nominato dell’ Albergati onorato colla prima corona
del
1774 : la Marcia dell’ abate Francesco Marrucchi
a Faustina di Pietro Napoli-Signorelli cui si assegnò la prima corona
del
concorso del 1778(a) questa commedia lontana dall
Pietro Napoli-Signorelli cui si assegnò la prima corona del concorso
del
1778(a) questa commedia lontana dalle favole di M
gliano. Ignoro presentemente se l’abbia eseguito ; ma a’ 14 di maggio
del
1796 ne rimise all’autore per saggio alcune scene
originale Rachele Oh momento fatal che mi rischiara. Ma che il rigor
del
mio destin non cangia ! E come oddio ! tanti anni
scrivere ad Emilio, E di Rachele a lui novelle io chiesi, E l’avvisai
del
mio ritorno ancora. Rachele Oimè, tutto comprendo
prosa la Commedia Nuova tradotta dal castigliano dalla Commedia Nueba
del
lodato Leandro de Moratin. Il Signorelli segue l’
e una parte ripetersi in qualche paese. Nell’edizione prima di Torino
del
1793 e 1794 s’impressero in sei volumi, e si reim
pubblica per procacciar soccorso alla propria famiglia ; 3 il Giudice
del
proprio delitto fatto per niun conto comico di pe
e Incostanza, Astrea, Capriccio, Ragione, Tempo, Scrutinio segretario
del
Tempo, Errore. Vi si vede la reggia di Astrea, qu
e. Vi si vede la reggia di Astrea, quella della Fortuna, la Spezieria
del
Tempo, l’officina dell’ Errore, il gabinetto dell
dienza che stabilisce scopre gli sconcerti dello stato e la malvagità
del
ministro che vien punito ; 5 il Tempo fa giustizi
ta con esorbitanti usure sotto un nome supposto, e lo riduce all’orlo
del
precipizio ; ed a tanti sconcerti ripara la mogli
, la guarisce ; solo in tal favola si mira come ozioso il personaggio
del
conte Ippolito, e si fa credere morto, e nulla po
mortifica ; avviene il cangiamento di lei per un fallimento apparente
del
padre e per l’abbandono e l’alienazione di tutti
e benefice all’ intendere le ripugnanze della sposa per lui a cagione
del
giovane che ella ama benchè privo di beni, risolv
privo di beni, risolve di fornirgli i mezzi da soddisfare l’aivarizia
del
padre di lei colle proprie ricchezze ; ma uno zio
are l’aivarizia del padre di lei colle proprie ricchezze ; ma uno zio
del
giovane più ricco dell’ Americano gli dona il suo
nze e decorazioni tirò il concorso in Italia. L’autore delle tragedie
del
Gerbino e del Corradino volle scrivere anche una
oni tirò il concorso in Italia. L’autore delle tragedie del Gerbino e
del
Corradino volle scrivere anche una commedia che i
intitolò Emilia, in versi, ed in cinque atti recitata da’commedianti
del
Teatro de’ Fiorentini in Napoli, che fu solenneme
ne comprovano la caduta mortale. L’impressione giustificò il giudizio
del
pubblico che la derise. Il conte Alessandro Savio
ommedie scritte con intelligenza dell’arte. Altre quattro se ne hanno
del
conte Tommasino Soardi veneziano in prosa ed in v
Per compiere la narrazione delle commedie uscite negli ultimi lustri
del
passato secolo, e ne’due primi del preseute, rima
ommedie uscite negli ultimi lustri del passato secolo, e ne’due primi
del
preseute, rimane a parlarsi di due riputati Itali
primi del preseute, rimane a parlarsi di due riputati Italiani, cioè
del
conte Giovanni Giraud romano, e dell’insigne cont
prima distrusse ogni efimera opposizione de’ criticastri. I caratteri
del
marchese Giulio, dell’ Ajo. Don Gregorio, e di Gi
a con ogni verisimiglianza, il quale prepara la desiderata catastrofe
del
terzo. Forte e conveniente al carattere del march
la desiderata catastrofe del terzo. Forte e conveniente al carattere
del
marchese Giulio, è il colpo di scena che mena una
uazione interessante. Il padre trasportato dalla collera alla notizia
del
maritaggio del figlio è in procinto di maledirlo,
sante. Il padre trasportato dalla collera alla notizia del maritaggio
del
figlio è in procinto di maledirlo, e Gilda che st
contribuisce a sostenere un equivoco, per cui si conchiudono le nozze
del
Capitano de Volage venuto ad annunziare la morte
ngannata, l’Innamorato al tormento. È fondata la prima sull’ equivoco
del
ritratto del Cocu immaginaire di Moliere, tratto
nnamorato al tormento. È fondata la prima sull’ equivoco del ritratto
del
Cocu immaginaire di Moliere, tratto per altro da
ocu immaginaire di Moliere, tratto per altro da una commedia Italiana
del
XVI secolo, e maneggiato altresì comicamente dal
mentare un innamorato per cui al fine si dichiara. L’autore adoratore
del
merito del Goldoni forse potè avere in mira la di
innamorato per cui al fine si dichiara. L’autore adoratore del merito
del
Goldoni forse potè avere in mira la di lui Vedova
r le difese addotte. É una pretta commedia lagrimante, in cui al dire
del
medesimo autore,sono in contrasto le lagrime e le
nella semplicità e notabile pel carattere di Adelaide in cui l’amore
del
genitore fa chiudere nell’intimo del suo cuore la
ttere di Adelaide in cui l’amore del genitore fa chiudere nell’intimo
del
suo cuore la passione che la divora per Filiberto
illarono fra noi in tal carriera. Non può negarglisi somma conoscenza
del
teatro e perizia del mondo. Da queste sorgenti na
al carriera. Non può negarglisi somma conoscenza del teatro e perizia
del
mondo. Da queste sorgenti nascono i suoi piani co
i calza acconciamente il comico borzacchino, nè sulle di lui tracce o
del
Gozzi ricorre alle apparenze, agl’incantesimi, al
a natura e ne scansa alcune lungherie. Passiamo alle commedie postume
del
nostro gran tragico di Asti. Ne abbiamo sei comme
darsi il sovrano alla Persia, e che i Grandi discordino nella scelta
del
Governo, volendo altri nominare un successore a C
iudendo che Noi frattanto Pomposamente ad onorar pensiamo La maestà
del
Popolo d’ Atene. Demostene palesa la guisa di ad
ne. Forse in Atene ei ci precede ? Efestione. Or no, Ch’ei sconsolato
del
suo Clito è troppo. Per ingannare e alleviare alq
, ma non l’uomo d’ Italia più che di Francia o di Persia ; non quello
del
1800 più che quello del 1500 o del 2000. Soggiugn
a più che di Francia o di Persia ; non quello del 1800 più che quello
del
1500 o del 2000. Soggiugne specialmente che le qu
i Francia o di Persia ; non quello del 1800 più che quello del 1500 o
del
2000. Soggiugne specialmente che le quattro comme
case di Pigliatutto, di Rimestino Pigliapoco, ed indi nella spiaggia
del
mare. Intervengono in essa : Pigliatutto, Piglian
Pigliapoco, e Gonfalona e Graziosina loro mogli, una Levatrice moglie
del
mago Pigliarello, Impetone Guastatutto, Misach ma
e temendo di esserne sempre più maltrattata. I Pigliatutto sono gonfi
del
ritrovato della Rete che piglia i pesci a staja,
i fa l’incantesimo con chiodelli e chiodoni conficcando gli sportelli
del
tabernacolo, e sperano d’impedire il parto di Pig
vedere Pigliatutto. Dicegli Tarantella che per ora è nell’ imbarazzo
del
parto difficile della moglie. Mischach se ne mest
ola. Si abbocca con Pigliatutto, cui dice che egli è odiato a cagione
del
ritrovato della rete, e che la fazione mal’ affet
fra loro a contesa, ciascuno pretendendo alla rete. Viene la notizia
del
parto già seguito di una bellissima fanciulla, la
ntone vanità somma ed un impaziente brama di gloria e di luce, ma non
del
pubblico bene ; in oltre che gli argani onde serv
Omero. Mercario da parte di Giove promette loro il perdono e l’obblio
del
passato. Se altro desiderino, il dica per tutte u
e che non parla. Nell’atto I si vedono alcuni che frequentano la casa
del
Cherdalosi per la Lucrezina sua figlia, e mentre
mio caro figlio, abbracciami, sei salvo. I tre risolvono l’esecuzione
del
viaggio. Warton dice che gli accompagnerà. Soprag
gnerà. Sopraggiunge Annetta, cui Settimio dice : La Crezina non vuol
del
figlio mio, E gliel’ha detto a lettere di scatto
e, E partiam tutti. Addio, signora Annetta. Agostino nell’atto IV fa
del
romore per le nozze rotte con Prosperino. Lucrezi
sima della signora, il quale avrà di fisso tavola in casa ; la scelta
del
servente primo, in capite e fisso si farà dalla s
Nota coltiva la comica poesia non senza felicità. Nel primo decennio
del
secolo corrente ha pubblicate varie commedie in T
ali oltre dell’intendere l’arte rappresentativa, nel corso drammatico
del
passato anno ottenne la prima corona comica per l
sa intitolata la Donna Esemplare, e l’onore dell’accessit per l’altra
del
medesimo titoloma in tre atti. Capo III Tea
contasi quello di Mantova magnificamente eretto nel 1706 con disegni
del
rinomato architetto Francesco Galli da Bibiena ;
itetto Francesco Galli da Bibiena ; ma sventuratamente a’19 di maggio
del
1781 s’incendiò. L’istesso architetto sotto la di
i maggio del 1781 s’incendiò. L’istesso architetto sotto la direzione
del
marchese Scipione Maffei eresse il teatro di Vero
n fuori ; idea che il Galli Bibiena tuasse da Andrea Seghezzi scolare
del
Brizio e del Dentone(a). Ora è chiaro che tanto l
a che il Galli Bibiena tuasse da Andrea Seghezzi scolare del Brizio e
del
Dentone(a). Ora è chiaro che tanto la curva della
a sezione di campana non a torto vien chiamata infelice nell’opuscolo
del
Teatro. Gl’intelligenti disapprovano questa campa
scalini riparato da una balaustrata. Nella stessa città al cominciar
del
secolo XIX si è costruito l’anno 1805 un altro te
el secolo XIX si è costruito l’anno 1805 un altro teatro nella strada
del
Corso antica che si tornò a frequentare. Non aven
sica. Si aprì in quell’anno con una Ifigenia e col ballo di Andromeda
del
sig. Gioja. Imola ha un teatro edificato colla di
ndromeda del sig. Gioja. Imola ha un teatro edificato colla direzione
del
cavalier Cosimo Morelli, la cui figura ellittica
ellittica contiene il palco e la platea che occupa uno spazio doppio
del
palco, ed ha quattro file ciascuna di diciassette
e contiene sei ordini di palchetti, nel secondo de’quali era il palco
del
Sovrano, e la platea ha 57 piedi di lunghezzu e 5
fece un voto con due tubi all’estremità che sorgendo sino all’altezza
del
palco scenario serve a diffondere i suoni degli s
o di San-Bartolommeo in una chiesa, ed il teatrino detto della Pace o
del
Vico de la lava in un collegio. Il più antico deg
anze della chiesa di Monte Calvario, fu opera nel suo genere mirabile
del
napolitano Domenico Antonio Vaccaro figlio dell’e
lo spettacolo ? L’industria dell’abile architetto supplì all’augustia
del
sito, e vi si accomodano agratamente mille spetta
, e come vi fu entrato, disse che quell’opera sola bastava al credito
del
Vaccaro, per aver saputo rendere possibile l’impo
e si miglforè nelle seale e ne’corridoi. Un miracolo opposto a quello
del
Vaccaro fece nel 1779 l’architetto Siciliano Fran
azione de’lucri, cui insensibilmente è restato solo il nome di teatro
del
Fondo. Con una piena liberta d’immaginare ed eseg
tro della città, e dalle vicinanze della reggia(a). Rimane a parlare
del
Reale Gran Teatro detto di San-Carlo costruito co
parlare del Reale Gran Teatro detto di San-Carlo costruito co’disegni
del
brigadiere Giovanni Medrano nel 1737. Edificio ma
28 nel quarto e quinto ordine, e di 26 ne’ tre primi, e nel bel mezzo
del
secondo ordine si eleva il gran palco del Re. Edi
tre primi, e nel bel mezzo del secondo ordine si eleva il gran palco
del
Re. Edificato tutto di pietra, tutto nelle ampie
, come pur riflettè Algarotti, si rimangano al di là dell’imboccatura
del
teatro, a linea delle scene, per far parte anch’e
’imboccatura del teatro, a linea delle scene, per far parte anch’essi
del
dolce inganno a cui il tutto è ordinato. In oltre
una dimora incantata di Circe o di Calìpso superiore allo spettacolo
del
palco scenario. Ma nel tempo stesso le voci e le
tenza che la rimandi e diffonda ; e la prodigiosa quantità de’ torchi
del
palco e della platea consuma tant’aria e tanta ne
ma tant’aria e tanta ne rarefà che si minora e s’indebolisce la causa
del
suono e della voce, e quindi si perde una gran pa
parte delle più squisite inflessioni armoniche. Verso gli ultimi anni
del
passato secolo si tolsero questi ostacoli al cors
o ed un grande appartamento per la conservazione de’ grandi materiali
del
teatro. Con simile protuberanza si è tolta verame
e l’antico allineamento della strada San-Ferdinando che mena al Largo
del
Castello Nuovo. L’architetto è stato il sig. Nico
ne’ più grandi teatri moderni mostrano la difficoltà della soluzione
del
problema, far un teatro che compiutamente soddisf
anziali oggetti, veder comodamente e conservar la voce nell’interiore
del
teatro. Se ne occuparono di proposito e scientifi
oposito e scientificamente il conte Enea Arnaldi vicentino nell’ Idea
del
Teatro pubblicata in Vicenza nel 1762, un Anonimo
ea del Teatro pubblicata in Vicenza nel 1762, un Anonimo nel trattato
del
Teatro impresso in Roma nel 1772, e Vincenzo Lamb
nè esempio nè seguaci, ch’io sappia, il capriccio di quell’ Italiano
del
secolo XVII mentovato nella Drammaturgia, che con
dusse una favola intera di tre atti. Io non ho vedutò che uno scherzo
del
grazioso Gabriele Cinita in Madrid, il quale solo
o conservare le loro scene liriche. In Italia tentò di calcare l’orme
del
gran Ginevrino il conte Alessandro Pepoli e scris
oli e nacque sobria, ogni poeta essendo persuaso sin dall’incominciar
del
secolo XVIII di non aver dalla musica ricevuto fa
musica ricevuto facoltà verune di allontanarsi dalle discrete regole
del
verisimile. Furono dunque commedie vere le opere
le opere buffe di Francesco Antonio Tullio : le Fenziune abbentorate
del
1710, il Gemino Amore del 1718, le Fente Zingare,
co Antonio Tullio : le Fenziune abbentorate del 1710, il Gemino Amore
del
1718, le Fente Zingare, lo Viecchio Avaro ecc. Co
a di Sebastiano Biancardi detto Lalli in Venezia cantata colla musica
del
Ruggieri nel 1711, e fu la prima vera commedia in
raziose furono le opere di Bernardo Saddumene morto qualche anno dopo
del
1732 : lo Simmele, la Carlotta, li Marite a forza
forza, la Noce de Beneviento, e singolarmente la piacevole dipintura
del
Paglietta geluso. Andrea Belmuro autore de’ due i
nel 1731 la Contadina ed il Cavalier Bertone posti in musica il primo
del
famoso Sassone, e l’altro dal non meno chiaro mae
il Viola. Ma chi pareggiò in Italia la grazia delle commedie musicali
del
nostro Gennaro Antonio Federico inimitabile pel c
razione degl’intelligenti colla musica squisita in tutte le sue parti
del
Raffaele dell’armonia Giambatista Pergolese. Altr
ue parti del Raffaele dell’armonia Giambatista Pergolese. Altre opere
del
Federico non meno copiose di grazie sono le segue
del Federico non meno copiose di grazie sono le seguenti : la Rosaura
del
1736 colla musica del riputato Domenico Sarro ; D
copiose di grazie sono le seguenti : la Rosaura del 1736 colla musica
del
riputato Domenico Sarro ; Da un disordine nasce u
musica del riputato Domenico Sarro ; Da un disordine nasce un Ordine
del
1737 colla musica di Vincenzo Ciampi a que’ di ma
a musica di Vincenzo Ciampi a que’ di maestro accreditato ; l’Alidoro
del
1730 posta in musica dall’abile maestro Leonardo
l 1730 posta in musica dall’abile maestro Leonardo Leo ; l’Alessandro
del
1742 del medesimo Leo ; la Lionora che si rappres
sta in musica dall’abile maestro Leonardo Leo ; l’Alessandro del 1742
del
medesimo Leo ; la Lionora che si rappresentò nel
mo Leo ; la Lionora che si rappresentò nel medesimo anno colla musica
del
Ciampi per le parti chiamate serie, e del celebre
medesimo anno colla musica del Ciampi per le parti chiamate serie, e
del
celebre Niccolò Logroscino per le buffe. Commedie
lo le Chiajese Cantarine, ma con alcune alterazioni fatte alla musica
del
Fischetti dal nomato Logroscino. Scrisse il Trinc
Niccolò Piccinni, coll’ Innamorato Balordo colla musica in gran parte
del
Logroscino, e singolarmente colla Furba burlata f
le, fino a tanto che piacque al sagace Giambatista Lorenzi noto poeta
del
secolo XVIII di scrivere opere buffe. Perito nel
za facile ne’partiti e felice ne’motteggi, testimone dell’alterazione
del
gusto avvenuta per le ultime mostruosità, sceglie
uasi tragiche situazioni. Nelle opere Tra’due litiganti il terzo gode
del
1766, in cui pose in opera il sacco di Bertoldo e
Bertoldo e di Scapino ; nella Luna abitata più artificiosa e teatrale
del
Mondo della Luna del Goldoni ; nell’ Idolo Cinese
; nella Luna abitata più artificiosa e teatrale del Mondo della Luna
del
Goldoni ; nell’ Idolo Cinese, in cui un buffone N
un buffone Napolitano è creduto un idolo nella China ; nella Corsala
del
1771, il Lorenzi si attenne totalmente alla farsa
na specie dell’opera buffa non disconviene. Nella Gelosia per gelosia
del
1770 ; nelle Trame Zingaresche del 1772 ; nel Tam
onviene. Nella Gelosia per gelosia del 1770 ; nelle Trame Zingaresche
del
1772 ; nel Tamburo notturno del 1773 ; nel Duello
ia del 1770 ; nelle Trame Zingaresche del 1772 ; nel Tamburo notturno
del
1773 ; nel Duello ; nella Fuga ; ne’ Tre Eugenii,
e per la scena comica. Ma che mai può increscer nella piacevole farsa
del
Socrate Immaginario che vivamente e con la più ri
icuta per rassomigliare in tutto l’antico Socrate ? Le armoniche note
del
Paisiello (il quale pose in musica la maggior par
e del Paisiello (il quale pose in musica la maggior parte delle opere
del
Lorenzi) sono in tutte le parti nel Socrate inarr
quanto invidierebbe a Napoli quest’ Immaginario Socrate, che al pari
del
di lui Tartuffo, fu alla prima proibito come indi
urò e se ne dolse. Onde ciò avvenne ? Esisteva per avventura al tempo
del
Lorenzi un vero Socrate della Magna Grecia all’im
no atterriti. La sorgente di questa farsa è la novella le Connoisseur
del
Marmontel. La musica piena di armonia di verità e
ti gli anni ottantasei della sua età. La collezione delle Opere buffe
del
Lorenzi s’incominciò da più anni, e si è da non m
ù anni, e si è da non molto ricominciata ad imprimere nella stamperia
del
Flauto. Apostolo Zeno e Pietro Pariati pubblicaro
e qualche altra opera buffa di Pietro Chiari, e le Pazzie di Orlando
del
Badini cantata in Londra ove egli da più anni è m
vi, nel Polifemo di Paolo Rolli, nel Farnace e nel Farasmane ed altre
del
Biancardi o Lalli napoletano, e specialmente nell
ito Sempronio Gracco, ne’Decemviri, nel Turno Aricino ed altri drammi
del
romano Silvio Stampiglia poeta Cesareo dell’imper
rici. Tutte poi sono di lieto fine, ed alcuna risale agli ultimi anni
del
XVII secolo, come la Partenope cantata in Napoli
uente ; ma da alcuna si vede che sapeva farne, come si vede in questa
del
melodramma l’Eraclea. Incominciai per poco, E po
precisione, quell’armonia, quella scelta che costituiscono il merito
del
gran poeta che gli succedette. Notabili sono i me
de’ Dottori della Chiesa ; stimando che quanto meno fossevi frapposto
del
mio, tanto più di compunzione e di diletto avesse
lieti giorni della virilità dell’opera eroica, ai giorni rischiarati
del
corso del più bell’astro della poesia drammatica
rni della virilità dell’opera eroica, ai giorni rischiarati del corso
del
più bell’astro della poesia drammatica musicale.
na sino all’anno 1782, in cui mancò con lutto universale della Virtù,
del
Sapere e della Poesia. Che diremo noi di si raro
convenevolmente encomiarlo, le Grazie amiche di Anacreonte che mercè
del
Metasiasio ridenti a’nostri giorni passeggiarono
provato egli stesso il difficil tragico dello stile de’drammi ne’cori
del
Gionata ed in una Cantata : di più che l’armonico
acendo nelle passioni che maneggia riconoscere a ciascuno i movimenti
del
proprio cuore ? A quanti anzi egli non sovrasta p
oprio cuore ? A quanti anzi egli non sovrasta per la particolar magia
del
sno pennello che anima quanto tocca, e l’ingentil
el sno pennello che anima quanto tocca, e l’ingentilisce colla grazia
del
Correggio e coll’espressione di Raffaello ? Diffi
ro, allorchè (nel tempo stesso che prestasi al duro impero dell’uso e
del
canto introducendo amori subalterni) c’interessa
es non è dipinto al vivo nell’Achille in Sciro ? l’energia e l’impeto
del
vincitor di Troja non si vede quasi nasorante nel
doveva avvertire il Bettinelli) punto non discorda dall’avviso stesso
del
capriccioso censore, e con sobrii detti ma gravi,
. Per convincersene il giovane studioso subito dopo la strana critica
del
Bettinelli legga almeno una scena del Regolo ; le
o subito dopo la strana critica del Bettinelli legga almeno una scena
del
Regolo ; legga il suo arrivo in senato (sc. 7 del
ga almeno una scena del Regolo ; legga il suo arrivo in senato (sc. 7
del
1) ; ogni parola smentirà l’invida ingiusta capri
iù di una volta felicemente eseguita. Ma chi può soffrire il paragone
del
colorito inimitabile di Mandane nel Ciro riconosc
he si ammira in Metastasio allorchè imita ? Tito si vale delle parole
del
Gran Teodosio quando abolì la legge che dichiarav
hiarava rei di morte quelli che profferivano parole ingiuriose contro
del
principe(a). V’è, gli dice Publio, chi lacera anc
vuol, presto si crede. Dal Petrarca, dal Zeno e da’ Francesi trasse
del
mele ; ma chi nol fa ? chi nol fece ? Importa sap
nvertire in proprio sangue e sostanza, ed è questo uno de’ rari pregi
del
Metastasio. Questo traffico de’ letterati è antic
perchè questo dramma non può metter capo nella eccellente Semiramide
del
Manfredi, in cui le occulte nozze di Nino e Dirce
e Dircea ? Non conosceva poi il Badini altra Inès anteriore a quella
del
suo ingegnosissimo La Mothe ? Ei si lasciò indiet
in iscorcio l’avventura di Didone. Quell’ ambigu fu dunque il modello
del
Metastasio ? Il Badini non conobbe tragedie vere
tasio ? Il Badini non conobbe tragedie vere della regina di Cartagine
del
secolo XVI ? Metastasio non sapeva leggere la div
? Forse dal Regolo dell’insipido Pradon tanto screditato nelle Satire
del
Boileau e nell’ epigramma di Giovanni Racine ? Ma
l’ epigramma di Giovanni Racine ? Ma l’esgesuita sapeva che il Regolo
del
Pradon è un petit-maitre colla sua bella accanto
enghiamo alquanto su questa critica. Chi può ignorare il capo d’opera
del
teatro di P. Cornelio ? La Clemenza di Tito nulla
P. Cornelio ? La Clemenza di Tito nulla perderebbe quando anche fosse
del
Cinna una esatta imitazione. Ma per istruzione de
imperadore in tempo, che la virtuosa Servilia ha scoperto il segreto
del
nastro e che il suo amante all’apparenza risulti
izioni : e la clemenza è la caratteristica della vita di Tito delizia
del
genere umano ; caratteri che esigono un colorito
innamorata di Cinna intraprende lo sconvolgimento dello stato contro
del
suo benefattore, per vendicar la morte del padre,
gimento dello stato contro del suo benefattore, per vendicar la morte
del
padre, nel che si scorge cert’aria di romanzo, pe
imorsi dell’atto III non provengono dalla conoscenza dell’ingiustizia
del
suo attentato, benì da’beneficii ricevuti da Augu
immagine di un gran tradimento senza discolpa, dalla virtù cui non ha
del
tutto rinunziato. Per comprendere appieno la dive
i : che senza velo Hai veduto il mio cor : che fosti sempre L’oggetto
del
mio amor, dimmi se questa Aspettarmi io dovea cru
invidierà all’Italia questa scena impareggiabile ? Nella scena sesta
del
III non si conosce meno il maestro. Tito più non
ll’aspetto dell’altro, e lo spettatore ammira in essi un quadro degno
del
Raffaello della scena tragica : Sesto (Numi ! E
combattimento di Tito nel soscrivere la sentenza nella scena settimà
del
III che meritò l’ammirazione di Voltaire. Deggio,
he Tito al fine Era l’offeso, e che le proprie offese, Senza ingiuria
del
giusto Ben poteva obbliar… Ma dunque faccio Sì gr
uoi drammi possono notarsi alcuni difetti, ne’quali incorse a cagione
del
sistema che trovò introdotto, del genere stesso,
difetti, ne’quali incorse a cagione del sistema che trovò introdotto,
del
genere stesso, degli esempi passati, e soprattutt
loro cadute. Non per tanto intorno a lui non si ascoltino gli elogii
del
giovine Piccinni, di Michele Torcia, del sig. Cor
non si ascoltino gli elogii del giovine Piccinni, di Michele Torcia,
del
sig. Cordara ; nè il sig. Franceschi, nè l’Algaro
quantunque il Metastasio non sia stato posto nella lista degli autori
del
conciossiacchè, egli sarà non per tanto l’origina
ltaire parlando della scena 6 dell’atto III della Clemenza di Tito, e
del
suo monologo diceva : » Queste due « scene sono c
elli riprese i caratteri di Vitellia e di Sesto, parlò con somma lode
del
poeta romano, assicurando che Metastasio non ha d
e il solo Metastasio potrà… far fronte a tutto il più bello e grande
del
teatro francese ec.. Dopo ciò, studiosi giovani c
ni che amate la poesia scenica e Metastasio, ben vi potrete consolare
del
molesto ronzio delle critiche cicale che mostrano
stro cuore, e coll’Algarotti a piena man spargete Sopra lui fiori, e
del
vivace alloro Onorate l’altissimo poeta. Seguaci
ri melodrammi. Mancò veramente ad essi buona parte della delicatezza,
del
patetico e del calore di Metastasio. I loro diseg
Mancò veramente ad essi buona parte della delicatezza, del patetico e
del
calore di Metastasio. I loro disegni non furono s
asi tali le invenzioni. I loro colpi di scena poi speriscono a fronte
del
vigoroso colorito di Apostolo Zeno, come i loro q
al Cortellini ed al Cigna la Disfatta di Dario e l’Incendio di Troja
del
duca Morvillo, ed i melodrammi di Domenico Perrel
, la Circe, Cesare in Armenia, Lisimaco, Adolfo. L’Armida abbandonata
del
De Rogatis rappresentata nel 1770 in Napoli riusc
un capo d’opera. Luigi Serio improvisatore ed avvocato morto a piedi
del
Torrione del Carmine l’anno fatale 1799, scrisse
era. Luigi Serio improvisatore ed avvocato morto a piedi del Torrione
del
Carmine l’anno fatale 1799, scrisse una Ifigenia
tale 1799, scrisse una Ifigenia in Aulide collo scioglimento naturale
del
Racine che si cantò nel teatro di San-Carlo colla
naturale del Racine che si cantò nel teatro di San-Carlo colla musica
del
valenziano Vincenzo Martin, l’Oreste che si rappr
valenziano Vincenzo Martin, l’Oreste che si rappresentò colla musica
del
napoletano Domenico Cimarosa nell’ agosto del 178
appresentò colla musica del napoletano Domenico Cimarosa nell’ agosto
del
1783. Non è mancato qualche altro melodramma isto
è mancato qualche altro melodramma istorico in Italia, come il Pirro
del
toscano Gamerra, il Creso del cav. Pagliuca ed il
ramma istorico in Italia, come il Pirro del toscano Gamerra, il Creso
del
cav. Pagliuca ed il Socrate del esgesuita Antonio
l Pirro del toscano Gamerra, il Creso del cav. Pagliuca ed il Socrate
del
esgesuita Antonio Galfo, che suppongo ançor viven
ppresentato. Trovasi il Socrate impresso in Roma nel 1790 nel tomo IV
del
Saggio Poetico del Galfo. Il Metastasio in una le
i il Socrate impresso in Roma nel 1790 nel tomo IV del Saggio Poetico
del
Galfo. Il Metastasio in una lettera che gli scris
ngono studiate comparazioni sulle tracce di qualche splendido difetto
del
Metastasio. Quelle di passioni non oltrepassano l
e ben quindici quelle di comparazioni, fralle quali una ve n’ ha fin
del
cavallo trojano che entra in Troja col manto dell
Lucia. Notabili singolarmentè sono i caratteri di Giosaba madre falsa
del
bambino conteso e di Bersabea madre vera che co’
chiama l’attenzione. Rilevo da una lettera a me scritta nell’ottobre
del
1796 che egliha scritte molte altre produzioni sc
iacobbe ecc. Antonio di Gennaro già duca di Belforte morto in gennajo
del
1792 lasciò tralle altre poesie alcuni componimen
trovansi varie cantante, ed un oratorio per musica nella liquefazione
del
sangue di san Gennaro del maggio del 1795. Vi si
d un oratorio per musica nella liquefazione del sangue di san Gennaro
del
maggio del 1795. Vi si legge ancora la Primavera
io per musica nella liquefazione del sangue di san Gennaro del maggio
del
1795. Vi si legge ancora la Primavera critta pel
o di fiori e di frutta che si presentò a’ sovrani nel primo di maggio
del
1775, in cui si trova un bell’ elogio fatto dalla
un bell’ elogio fatto dalla Primavera personificata ai pregi naturali
del
sito di Partenope. Vi sono altresi due favole bos
sol contento di cingersi la fronde dell’amata pianta. Ma nel declinar
del
secolo XVIII di molto erano cresciuti gl’inconven
itologica rifiuto delle scene italiche ed imperfetta ancor nelle mani
del
dilicato Quinault. Come seguir nel suo sistema Pi
aggi allegorici di Quinault il vivo interesse dell’inimitabile Armida
del
gran Torquato ed una felice imitazione del seduce
se dell’inimitabile Armida del gran Torquato ed una felice imitazione
del
seducente stile Metastasiano Marco Cortellini ave
iò si produsse per allontanare l’opera istorica e secondare i disegni
del
Calsabigi. Fermo egli nel proposito di raddrizzar
tto l’apparato de’demoni e delle furie danzatrici e della descrizione
del
Tartaro nelle sue Danaidi che fe porre in musica
e di Ercole, un’ecclissi repentina, sacrificii decorati e l’apparenza
del
rogo ardente sull’ Oeta. Ranieri stesso de’Calsab
a Edwy udì celebrare l’estrema bellezza di Elfrida (Elfthryth) figlia
del
ricco conte di Devon, e pensò di sposarla nel cas
l suo dramma migliorando il carattere di Elfrida facendola innamorata
del
marito, e quello di Edgar dandogli spiriti di gen
aziente si trattiene a parlar con Evelina sua confidente sull’assenza
del
marito. Il dialogo è proprio e naturale. Ma se do
o. Il dialogo è proprio e naturale. Ma se dovessero valere le censure
del
Bettinelli fatte contro lo stile Metastasiano, po
tro lo stile Metastasiano, potrebbe dirsi altrettanto contro lo stile
del
Calsabigi. Sopravviene Orgando padre di Elfrida i
vede che il poeta vorrebbe, in grazia della musica, elevare il tuono
del
quartetto che non può essere che parlante. Questo
ersi, e conchiude così : Org. Torni d’ Elfrida al core… Elfr. Torni
del
padre al core… Evel. Torni nel nostro core… Osm
quello appunto che si riprende in certe scene finali degli Spagnuoli
del
secolo XVII. Si dirà che altri ancora l’ha fatto
ue nel sistema musicale presente vi sono pure ostacoli all’imitazione
del
vero ? e v’inciampano tanti baldanzosi censori se
etti in un duetto non male. Atelvolto si mostra agitato per la venuta
del
re. Elfrida lo rincora. Ti perdo, Elfrida, dice A
erve anzi a stancar Elfrida, e lo spettatore per le troppe esitazioni
del
marito. Ciò che rende la scena importante è il se
impeto dopo di aver chiamate in soccorso (poderoso al certo !) contro
del
padre Evelina e le compagne, nella guisa che fann
parole che lo compongono appartengono a tutti ; ma così infilzate son
del
poeta picciolo tanto e spregevole agli occhi del
a così infilzate son del poeta picciolo tanto e spregevole agli occhi
del
Calsabigi. Sopravviene Elfrida con armato seguito
o alla loggia dove stà il re, seguita poi da chi ? forse da’ vassalli
del
marito. Ma questi vassalli essere altri non posso
i del marito. Ma questi vassalli essere altri non possono che villani
del
ritiro campestre di Adelvolto. Or pare verisimile
ifferenti in un’ accademia di musica. In fine Elfrida approfittandosi
del
letargo universale conduce via fieramente il mari
ndosi del letargo universale conduce via fieramente il marito ad onta
del
re e del padre. Adelvolto è condannato all’esigli
letargo universale conduce via fieramente il marito ad onta del re e
del
padre. Adelvolto è condannato all’esiglio. Egli p
e che ella diventi sposa di due mariti. Viene il padre, e la riprende
del
volere accompagnare Adelvolto. Ma (osserviamo) Or
adre, e il tuo cor lo sa. Anche quì Calsabigi ha onorato un pensiero
del
Metastasio trascrivendolo dall’Artaserse, Se fe
metastasiano come prosaico ed inelegante, e si dichiarano ammiratori
del
Calsabigi, osservino il seguente passo di Elfrida
isi in Metastasio : Soltanto mi sgomenta, padre, che un giorno avrai
del
barbaro mio stato pietà rimorso e orror . Mentre
i versi che dal canto possono ricevere espressione e calore. Nel fine
del
dramma si trova impresso un estratto di una lette
io, l’Elfrida, nè anche se vivessero Bettinelli e Vanetti encomiatori
del
vivente Calsabigi e disprezzatori di professione
naturale, preparata e condotta non si può meglio. Io vò fargli grazia
del
preparata e condotta che non si può meglio, a dis
la chiama nova l’anno 1793 nell’Elfrida ? L’altra tragedia in musica
del
Calsabigi è l’Elvira che si recitò nel carnevale
agedia in musica del Calsabigi è l’Elvira che si recitò nel carnevale
del
1794. Il pubblico disaprovò quest’ opera per ragi
guerra avrai, e poi in coro accompagna Sclinda negli ultimi tre versi
del
finale. Valeva ciò la pena di moltiplicare i pers
o. Lasciam da parte che ciò dee parer prosa a chi la trova ne’ drammi
del
Romano poeta : lasciam pure che lo stile tragico
i dà altra ragione. Seguitano gli amanti ad invocare i genii benefici
del
cielo in compagnia de’ confidenti. Di maniera che
è poco un bigliettino tenero creduto di lei ?) e le dice, Tu non hai
del
tuo delitto Nè vergogna nè pudor. A quest’ aria
d’Odorico ! L’ingenua Elvira stupisce con ragione dell’astuzia comica
del
padre, ricusa apertamente Ricimero, e alle minacc
li dice, Padre, un bel core hai per Elvira in seno. Segue un duetto
del
padre e della figlia, e poi una cavatina di Elvir
zia con Arbace nel Catone. Ma qual distanza infinita trall’importanza
del
motivo che spinge Catone a richiederle, ed il pur
r cosa ancora delle minacce e de’ rimproveri uditi dalla bocca stessa
del
padre. Ma sia pure ciò una vera tirannia, udendol
no i grandi i tragici evenimenti dell’Elvira. Dopo il suono di guerra
del
bosco viene un guerriero sconosciuto tutto copert
ente in qualunque incontro se non con tempesta oscura, con manto nero
del
giorno, col cielo annerito per essere il sole app
? No, altrimente si sarebbe trovato vivo Adallano, e perduta la spesa
del
funereo apparato. Passiamo oltre. Elvira co’ cape
sa più polita, ma in fine non è nè la più difficile nè la più funesta
del
mondo. Ella vuol dire che si accinge a versare il
iero eterogeneo che la fa discendere dall’ immaginazione alla realità
del
basso mondo. Ella dice allo spettro : Tu non ci
ci con un braccio involto di fascia. Il poeta sembra essere in dubbio
del
suo disegno. Da una parte vorrebbe dalla ferita d
tananza dell’ avrò dal da soffrir per cosa musicale, mostra lo stento
del
poeta, e cagiona equivoco e sospensione, non pote
diventi sua moglie. Ed il buon vecchio mentendo un poco gli dice che
del
primo suo rifiuto fu causa un cieco errore ; e di
Tutto ciò è l’Elvira che morì nascendo ad onta delle note eccellenti
del
cav. Paisiello. Chi avrebbe mai creduto che nel c
eccellenti del cav. Paisiello. Chi avrebbe mai creduto che nel cader
del
secolo XVIII le scene di Napoli dovessero veder s
ce, a Mandane madre di Ciro, il guazzabuglio delle tragedie in musica
del
Calsabigi ! Vuolsi rammemorare tra’poeti melodram
in musica del Calsabigi ! Vuolsi rammemorare tra’poeti melodrammatici
del
passato secolo il giureconsulto di Lanciano Domen
ro, Mosè nel Roveto, Gedeone, Tobia, Ezechiele, Daniele, il Passaggio
del
Mar Rosso, i Pastori del presepe di Gesù bambino.
one, Tobia, Ezechiele, Daniele, il Passaggio del Mar Rosso, i Pastori
del
presepe di Gesù bambino. Chi volesse ravvisare in
e in un immaginoso componimento poetico i pregi de’ riferiti Oratorii
del
Ravizza, legga l’Inno indirizzato al di lui figli
ortale Metastasio, si è pur veduta la rappresentazione de’ Pitagorici
del
riputato poeta Vincenzo Monti nel marzo del 1808,
sentazione de’ Pitagorici del riputato poeta Vincenzo Monti nel marzo
del
1808, festa teatrale tragica di un atto animata d
marzo del 1808, festa teatrale tragica di un atto animata dalle note
del
non meno illustre nel suo genere Giovanni Paisiel
di propria invenzione diversi balli. Un suo trattato teorico-pratico
del
ballo in due volumi con trenta rami egli produsse
sovente per l’Italia, e si pregia con distinzione l’Andromeda. Dentro
del
lustro secondo del corrente secolo XIX nella prec
a, e si pregia con distinzione l’Andromeda. Dentro del lustro secondo
del
corrente secolo XIX nella precipitosa decadenza a
Queriau. Il più riscaldato, il più burbero, il più preoccupato nemico
del
nome Italiano, non contrasterà alla nostra nazion
ass pregevole allievo de’ Conservatorii di Napoli detto il Sassone, e
del
mirabile Gluck e dell’armonioso Back, del fecondo
Napoli detto il Sassone, e del mirabile Gluck e dell’armonioso Back,
del
fecondo e vivace Mayer, e del Vogler che si disti
l mirabile Gluck e dell’armonioso Back, del fecondo e vivace Mayer, e
del
Vogler che si distinse nel Demofoonte. Ma gli spa
aestri dopo che Rodriguez de Hita pose in musica la meschina Briseida
del
poetillo La-Cruz. Il signor Martino di Valenza be
oderno maestro abbia sormontate le Alpi almeno col nome, ad eccezione
del
difficile Rameau, e degli applauditi Grety e Mehu
gli di Partenope ? Contentiamoci di ciò che confessò l’Inglese autore
del
Parallelo della condizione e della facoltà degli
ingolarmente è per la patria il testimone per ogni riguardo onorevole
del
gran Cittadino di Cinevra : « Giovane artista, vu
i nè delirio nè trasporto, se in ciò che dee rapirti tu non trovi che
del
bello ; osi tu domandare che cosa è Genio ? Uomo
tte che s’ignorino in angolo veruno dell’ Europa le principali regole
del
verisimile, nè che si sprezzino se non da’ mentec
l’esistenza ad opere grandi nella poesia, nell’eloquenza, nelle arti
del
disegno e nella musica ? Al contrario dove lo spi
co semplicemente predomini e tutta riempia la mente per modo che paga
del
metodo e dell’ analisi non attenda ad arricchir l
i il corso alle rappresentazioni dopo la quaresima colle composizioni
del
XVII secolo conservate nelle due compagnie come p
e e la Dama, il Burbero Benefico di Carlo Goldoni. Nel mese di agosto
del
1786 (quando più fremevano gli Huertisti e i Lamp
o del 1786 (quando più fremevano gli Huertisti e i Lampigliani contro
del
Napoli-Signorelli) chi avrebbe potuto immaginare
avrebbe sperato che si ripetesse seguitamente sette volte nel teatro
del
Principe con applauso e con profitto della cassa
titolo che non finisce mai, e un’azione di 1300 anni, cioè dagli anni
del
mondo 3138 sino a i tempi di papa Onorio III. Ed
in Francia ? Dopo Regnard e Des-Touches e qualche altro de’primi anni
del
secolo, havvi più un solo comico ? Monache disper
i tragici e i comici successori degli autori di Alzira, di Radamisto,
del
Giocatore. Ma fra questi comparisce forse sovente
questi comparisce forse sovente in iscena a farli arrossire l’autore
del
Misantropo e del Tartuffo ? Pensatelo voi ! De M
e forse sovente in iscena a farli arrossire l’autore del Misantropo e
del
Tartuffo ? Pensatelo voi ! De Moliere oubliè le
bello è sparito a fronte della smania di mostrar de l’esprit a costo
del
buon senso, e quel che è peggio, una certa chiama
gusto, armonia, grazia e ragione. Surse contro di lui la demonomania
del
furiofilo Calsabigi, ma spari ; e le Danaidi furo
giusta il genio di ciascun possessore Ognuno vi ha lasciato il marco
del
proprio gusto or semplice or pomposo or bizzarro
ii i Pocuvii gli Ennii i Vari e i Cecilii i Nevii i Plauti i Terenzii
del
Lazio : i Trissini i Rucellai i Giraldi Cintii i
o senza esempio e i Macchiavelli gli Ariosti i Bentivogli dell’Italia
del
XVI secolo onde risorgendo ella insegnava a risor
entata con verisimiglianza a doperandovi le molle della compassione e
del
ridicolo. Ma v’ha chi per riescirvi si vale di tr
appressano, non solo sforzano alla per fine il pubblico a vergognarsi
del
primo giudizio ; ma ricreano la parte più pura e
na delle non rare avventure tipografiche essendosi smarrito un foglio
del
manoscritto di questo volumetto, si è stimato col
lle correzioni. Eccola. (a) Sparita la grazia comica ed i sali felici
del
Lorenzi, si videro con rincrescimento tornar fra
o con rincrescimento tornar fra noi le Opere buffe nel primo decennio
del
corrente secolo in braccio ai mostruosi verseggia
tro io non aspiravo (dice nelle sue Memorie) che à riformar gli abusi
del
teatro del mio paèse. (a). L’indiscretezza dell
aspiravo (dice nelle sue Memorie) che à riformar gli abusi del teatro
del
mio paèse. (a). L’indiscretezza dell’ oscuro fo
oscuro folliculario che prese il nome di Verace per antifrasi autore
del
Colpo d’occhio sulla letteratura italiana ch’egli
d oggi non istimiamo di sopprimere. Fu la Faustinainviata al concorso
del
1778, venne il dì prefisso alla decisione accadem
accidenti non fosse poi esaminata, non ha creduto potersi dispensare
del
farnela dovuta rappresentanza all’augusta Real Me
quando però non si risolvesse di venire a riceverla dalle mani stesse
del
Real Protettore, come ne la invito da parte dell’
lmente decorato un soggetto di tanta capacità, e per altre produzioni
del
teatro si benemerito. Pieno di veracissima stima
e non rispettare per tutte le ragioni ? abusar dell’insolita pazienza
del
Napoli-Signorelli ? Sapesse almeno codesto pitocc
stri Opuscoli Varii pubblicato nel 1795. Qualche commedia di Picard e
del
lodato Moratin, tradotta dal medesimo trovasi nel
per le stampe le sue commedie in prosa il Nemico Generoso, gli Amici
del
Tempo buono, i Due Avventurieri, l’Intoppo inaspe
b. X, c. 3. (a). Vedi ciò che ne disse m. Dorat, il quale sul Regolo
del
Metastasio compose la sua tragedia Regulus. (a).
ensi ripeto oggi ancora. Da ciò apparisce di aver io sempre giudicato
del
Cinna e del Tito colla giusta differenza che esig
oggi ancora. Da ciò apparisce di aver io sempre giudicato del Cinna e
del
Tito colla giusta differenza che esige la tragedi
stasio di allontanarsi dalla pesta di Cornelio per compiere l’oggetto
del
melodramma. Ma dove mai io dedussi quel glorioso
e essa differisca dalla tragedia, reposero tal differenza nell’ unità
del
luogo, nell’ esito tristo o lieto della favola, n
ore lo restituì al suo luogo. Ma quì nuocere non poteva alla condotta
del
dramma il tornelo, anzi giovare. Che poteva risul
i inutili sopraccennati, che nocevano alla proprietà ed alla condotta
del
dramma. Testardo l’autore volle rimetterli nell’e
e peccati mortali commessi a giudizio dell’ autore contro la condotta
del
suo dramma, ha egli fatti nell’ atto terzo altri
riginale seguiva un’ aria di lui assai inferiore al patetico pensiero
del
recitativo, e fu tolta via come incongrua, e l’au
icati punti l’Elvira doveva intendere il teatro e la musica assai più
del
disprezzatore del Metastasio. (a). Dizionario
ra doveva intendere il teatro e la musica assai più del disprezzatore
del
Metastasio. (a). Dizionario di Musica articolo
pagnuolo amico de’ 23 di agosto 1786 : Muy Señor mio = El dia catorze
del
presente vi representar en el Coliseo del Princip
Señor mio = El dia catorze del presente vi representar en el Coliseo
del
Principe su comedia de Vm la Faustina traducidaço
stò generalmente, y en particular tubieron mucho aplauso la escena 8
del
acto I, la ultima del II, y la 7 del IV. El puebl
particular tubieron mucho aplauso la escena 8 del acto I, la ultima
del
II, y la 7 del IV. El pueblo que no tiene que ver
ieron mucho aplauso la escena 8 del acto I, la ultima del II, y la 7
del
IV. El pueblo que no tiene que ver con las questi
n tanti altri insigni membri delle Accademie de’ Segreti, de’ Lincei,
del
Cimento, degl’Investiganti, de’ Fisiocritici, deg
depurar la scienza dal gergo de’ Peripatetici e degli Arabi per mezzo
del
calcolo, dell’osservazione e dell’esperienza, con
de’ Greci. Non aveano ancora i Francesi, non che altro, la Sofonisba
del
Mairet e la Medea del Corneille, quando i nostri
ancora i Francesi, non che altro, la Sofonisba del Mairet e la Medea
del
Corneille, quando i nostri produssero più di cinq
ce, il Morone, il Campeggi, il Porta diedero alla luce ne’ primi anni
del
secolo dieci buone tragedie se non esimie - Angel
Poesia Rappresentativa pieno di ottimi avvisi, compose verso la fine
del
XVI la sua Tomiri che s’impresse nel 1607, regola
à di Lecce. Le colmò di lodi il padre Bianchi nell’opera su i Difetti
del
Teatro contandole tra le più felici tragedie cris
e alla luce il suo Ulisse nel 1614, nella quale dee lodarsi la scelta
del
protagonista, la naturalezza, la regolarità ed il
concetti giusti, puro e lontano dalle arditezze, che nell’avvanzarsi
del
secolo si posero in moda. La Silandra dedicata a
prima a prodursi, ma non si ammise, come le altre due, nella raccolta
del
Teatro Italiano. L’Alcippo breve componimento e p
passi espressi con nobiltà, meritò di esservi inserito pel carattere
del
protagonista ottimo per la tragedia, mentre Alcip
sa, dove rimane da Damocrita avvelenato. Non si vede ne’ componimenti
del
Ceba il coro fisso alla greca, ma quattro canzone
andona con pari facilità militare. Non è meno comica la seconda scena
del
medesimo atto di molte donne Capuane co’ soldati
ragico, funesto. Le gemelle avvedute dell’inganno prendono dalla mano
del
loro fratello un veleno, e lo tracannano a gara,
do e colla Semiramide che accompagnano le Gemelle Capuane nel tomo II
del
Teatro Italiano? Seguirono alle nominate prime tr
l tomo II del Teatro Italiano? Seguirono alle nominate prime tragedie
del
secolo quelle del Gambaruti, del Finella, del Pig
ro Italiano? Seguirono alle nominate prime tragedie del secolo quelle
del
Gambaruti, del Finella, del Pignatelli, del Luzza
guirono alle nominate prime tragedie del secolo quelle del Gambaruti,
del
Finella, del Pignatelli, del Luzzago, del Braccio
nominate prime tragedie del secolo quelle del Gambaruti, del Finella,
del
Pignatelli, del Luzzago, del Bracciolini, del Man
ragedie del secolo quelle del Gambaruti, del Finella, del Pignatelli,
del
Luzzago, del Bracciolini, del Manzini, del Zoppio
ecolo quelle del Gambaruti, del Finella, del Pignatelli, del Luzzago,
del
Bracciolini, del Manzini, del Zoppio, del Chiabre
Gambaruti, del Finella, del Pignatelli, del Luzzago, del Bracciolini,
del
Manzini, del Zoppio, del Chiabrera, del Gherardel
l Finella, del Pignatelli, del Luzzago, del Bracciolini, del Manzini,
del
Zoppio, del Chiabrera, del Gherardelli e dello Sc
el Pignatelli, del Luzzago, del Bracciolini, del Manzini, del Zoppio,
del
Chiabrera, del Gherardelli e dello Scamacca. Tibe
del Luzzago, del Bracciolini, del Manzini, del Zoppio, del Chiabrera,
del
Gherardelli e dello Scamacca. Tiberio Gambaruti d
e Tito. Ettore Pignatelli cavaliere napolitano compose co’ materiali
del
greco romanzo di Eliodoro Cariclea e Teagene la s
sto periodo uscirono alla luce delle stampe tre buone tragedie latine
del
gesuita Bernardino Stefonio, il Crispo, la Flavia
pressi nel 1633 intitolati Rinnovazione dell’antica Tragedia e difesa
del
Crispo. Una delle tragedie più interessanti di qu
o. Una delle tragedie più interessanti di questo secolo è il Solimano
del
conte Prospero Bonarelli gentiluomo anconitano, l
hi di varii tratti lirici lontani dal vero e dal naturale sulla morte
del
valoroso Mustafà condannato da Solimano re de’ Tu
che dal conte Pietro da Calepioa. Essi increscono molto più a cagione
del
luogo in cui si tengono, cioè vicino alla dimora
trove proseguirlo. Lo scioglimento prodotto dal racconto di due donne
del
cambio in culla di Selino si bramerebbe condotto
li che l’esortano a schivare le insidie. La sesta scena dell’atto III
del
loro nobile contrasto è piena di vigore e di moto
i oppone con nobile costanza. La morte poi dell’appassionata Despina,
del
generoso Mustafà, della disperata Regina, sono ra
cì in Padova l’anno 1657 un’altra tragedia interessante, l’Aristodemo
del
conte Carlo de’ Dottori padovano, che ne ricavò i
coraggiosa; ma bensì una Ifigenia sempre grande e costante nell’amore
del
pubblico bene, che si fa ammirare in tutte le vic
similitudine, e con tragico terrore si disviluppa. Fin anco i cantici
del
coro che vi si trovano introdotti, leggonsi con d
, e mostra che se mancasse Arena (giacchè Licisco protesta non essere
del
suo sangue) non ricuserebbe di dar per vittima la
de in una lunga aringa, ma una madre penetrata dall’orribile immagine
del
sacrifizio della figliuola vedesi in Amfia dopo l
Quest’energia questo tragico trasporto tratto destramente dal fondo
del
cuore umano, desta l’utile terrore della tragedia
ell’atto V la nutrice racconta a Tirsi l’uccisione di Merope per mano
del
padre, e così conchiude: Un certo che sol mormor
tto Silenzio non si dolse; Con un gemito sol rispose all’empio Fremer
del
padre, e i moribondi lumi In lui rivolti, ed osse
r non vederlo, e giacque. E quì ci sembra assai lodevole la condotta
del
poeta. Merope nobile e magnanima che incontrava d
o, sarebbe morta ammirata più che compianta; Merope trafitta per mano
del
padre stesso ingannato, trafitta senza colpa come
’interesse della favola. Porta poi Aristodemo all’eccesso la vendetta
del
proprio onore, e sembra più proprio della tragedi
l’innocente Merope. L’eruditissimo Apostolo Zeno preferisce lo stile
del
Solimano a quello dell’Aristodemo, e certo in que
conte di Calepio, benchè di molte se ne veggano anche nella tragedia
del
Bonarelli. Non dee omettersi però, che per l’econ
imo atto, e va gradatamente crescendo con episodii opportuni, e degni
del
coturno. L’interesse nella favola del Bonarelli è
con episodii opportuni, e degni del coturno. L’interesse nella favola
del
Bonarelli è principalmente per Mustafà, e non per
Bonarelli è principalmente per Mustafà, e non per Solimano; in quella
del
Dottori, quantunque in parte sia per Merope, in t
n dall’atto primo. Il cardinale Sforza Pallavicino noto per la Storia
del
Concilio di Trento, compose essendo ancor gesuita
Trento, compose essendo ancor gesuita una sacra tragedia della morte
del
santo re spagnuolo Ermenegildo eseguita per ordin
nel 1598, indi morto nella cittadella di quella città a’ 28 di agosto
del
1646, il quale, ad onta del suo stile per lo più
ittadella di quella città a’ 28 di agosto del 1646, il quale, ad onta
del
suo stile per lo più manierato, manifestò ingegno
di quando in quando qualche passo energico. Tal mi sembra il discorso
del
finto Atlante nell’atto III, Dunque con forte de
ione disse Pier Jacopo Martelli de i talenti drammatici e dello stile
del
Testi: Se l’autore avesse ornato un pò meno, e s
inda di Giambatista Andreini figliuolo della famosa attrice Isabella,
del
quale favella Pietro Baile, e il di lui Adamo rec
lo e reimpressa nel 1704 in Viterbo: la Belisa tragedia di lieto fine
del
cavaliere napolitano Antonio Muscettola data alla
lla musica impressa nella parte III delle stesse poesie dell’edizione
del
Raillard del 1691: e finalmente le tragedie di Ba
pressa nella parte III delle stesse poesie dell’edizione del Raillard
del
1691: e finalmente le tragedie di Bartolommeo Tor
ni. Noi ci affrettiamo a chiudere la non numerosa schiera de’ tragici
del
XVII secolo col cardinal Delfino e col barone Car
e col barone Caraccio. Fiorirono entrambi nel colmo della corruttela
del
gusto, entrambi se ne preservarono intatti, resis
dia riprodotta, che seppero astenersi da lirici ornamenti de’ tragici
del
secolo XVI e dalle arditezze de’ letterati del XV
ornamenti de’ tragici del secolo XVI e dalle arditezze de’ letterati
del
XVII. Finì di vivere il cardinale Giovanni Delfin
o, che Augusto col pretesto di nozze voglia esporla in Roma al rossor
del
trionfo. Questa tragedia dovrebbe collocarsi tral
eganza e aggiustatezza delle sentenze, e alla ben sostenuta grandezza
del
carattere dell’Egizia Regina, si accoppiasse più
più vivacità nella favola. Posteriore di alquanti anni alle tragedie
del
Delfino fu il Corradino del lodato Caraccio, esse
Posteriore di alquanti anni alle tragedie del Delfino fu il Corradino
del
lodato Caraccio, essendosi pubblicato la prima vo
teressante la violenta morte su di un palco data al legittimo padrone
del
reame di Napoli e di Sicilia, con fare, che l’Ang
ara generosa di due amici di morir l’un per l’altro, e il cambiamento
del
nome per ingannare le ricerche del tiranno. Sofoc
l’un per l’altro, e il cambiamento del nome per ingannare le ricerche
del
tiranno. Sofocle introdusse la gara di Crisotemi
o Leone per esporsi al furore di Bradamante, Olinto nella Gerusalemme
del
gran Torquato vuol comparir colpevole del furto c
e, Olinto nella Gerusalemme del gran Torquato vuol comparir colpevole
del
furto confessato da Sofronia per morire in di lei
non conosco se non il Caraccio che abbia saputo co’ vecchi materiali
del
contrasto, e cambiamento di nomi di due amici ina
e vuol farlo suo genero. Carlo prende questa varietà come ostinazione
del
nemico a tenersi occulto, se ne sdegna, lo rimand
nda alla prigione e ne risolve la morte. Federigo ignora la mutazione
del
re, e quando Corradino è chiamato dal custode per
a? Singolarmente vuolsi attendere alla sobrietà e gravità dello stile
del
Caraccio tanto più degno di encomii quanto meno s
nto più degno di encomii quanto meno si attenderebbe da uno scrittore
del
XVII secolo. Egli nell’indicato Impero vendicato
ali sulle tracce dello stile dell’Ariosto. Nel Corradino segui quello
del
Torrismondo di Torquato. Ed in poemi si lunghi no
ni della Regina. Può vedersi ancora la sobrietà e nobiltà dello stile
del
Caraccio affatto lontano da i difetti del secolo
rietà e nobiltà dello stile del Caraccio affatto lontano da i difetti
del
secolo in cui visse, nella scena terza dell’atto
ro di Lohenstein, il Caraccio ed il Delfino con pochi altri scrittori
del
loro tempo si considerano dal Gravina e dal Cresc
dal Crescimbeni e da altri celebri letterati come i primi ristoratori
del
buongusto in Italia. Sarebbe non pertanto a desid
ucciso su di un palco come un reo volgare per ordine dell’usurpatore
del
suo regno, è un personaggio tragico che nella sto
e argomento; perchè in fine egli seppe con arte conservare gran parte
del
patetico del fatto lagrimevole, ed avea stil puro
perchè in fine egli seppe con arte conservare gran parte del patetico
del
fatto lagrimevole, ed avea stil puro e nota subli
l’avvilir con un amor comico il più tragico avvenimento della storia
del
Regno di Napoli. a. Pinacoteca pag. 160. edit.
comico egregio per le parti di Pantalone nella Compagnia al Servizio
del
Duca di Modena. Luigi XIV richiese al Duca di Mod
li. Secondo i Fratelli Parfait, seguiti poi dagli altri, la richiesta
del
Re fu causata forse dal fatto che poco piacque a
non trovandosi poi citato più da alcuno, è probabile che la richiesta
del
Re di Francia avvenisse poco dopo il '70. Avanti
rancia avvenisse poco dopo il '70. Avanti di esser Comico al Servizio
del
Duca di Modena (ma non sappiam quando), Riccoboni
ppiam quando), Riccoboni era a Napoli ; e ciò sappiam da una supplica
del
'74 al Duca, in cui egli espone : che certo Barto
, e parte affidatogli. E trovandosi ora detto servo a Modena, in casa
del
conte Sertorio, e potendolo pagare, Riccoboni sup
conduttore della Compagnia ducale, invece di Costantini, e il luglio
del
'77 Alfonso d’Este ne sollecitava il passaporto p
e creature da allevare, si raccomanda alla solita pietà e munificenza
del
Duca…. Delle cinque creature non abbiam notizia c
. Delle cinque creature non abbiam notizia che di due : Luigi, Lelio,
del
quale s’ avrà da discorrer lungamente, e Bartolom
ato da altro soldato di fortezza, figlio di Carlo Curti della guardia
del
Duca, e seco lui costretto a battersi con la spad
to, passandogli il fianco. Fra i documenti che concernon la Compagnia
del
Duca, ov'era Pantalone, ve n’ha uno del 1681, che
ti che concernon la Compagnia del Duca, ov'era Pantalone, ve n’ha uno
del
1681, che comprende la nota della paga per ognun
rinvenute parecchie cambiali di comici fra cui di Riccoboni, in data
del
28 aprile 1677, che riferisco testualmente : Ric
oppie al mese per ciascheduno dei comici dal 1° maggio 1686. L'agosto
del
1687 Riccoboni lasciava ricevuta al tesoriere Zer
6. L'agosto del 1687 Riccoboni lasciava ricevuta al tesoriere Zerbini
del
prestito di dieci doppie, ossia lire 330, obbliga
ia pel 1688. Pel carnovale di quell’anno furon distribuite con ordine
del
7 marzo '89 doble centocinquanta d’Italia, ai dod
cui scaturirono le edizioni della Descrizione de’ costumi italiani e
del
carteggio col Bodmer2, sino a Laura Sannia Nowé,
ato che si imponeva per ricchezza e vastità dei riferimenti culturali
del
suo estensore, rimanesse inedito dopo le due ediz
di critica e storiografia letteraria tra i più rilevanti nell’Europa
del
tempo — e in questo senso devo ringraziare soprat
so devo ringraziare soprattutto Andrea Fabiano e i membri dell’equipe
del
progetto di ricerca Historiographie théâtrale à l
ma che conteneva anche spunti di assoluta originalità circa la natura
del
gusto e la percezione del bello — interpretati da
nti di assoluta originalità circa la natura del gusto e la percezione
del
bello — interpretati da alcuni come segnali di un
terpretati da alcuni come segnali di una precoce ricezione delle tesi
del
Du Bos — che ponevano il bergamasco in una linea
strada tracciata, fra gli altri, oltre che dal Bodmer, da personalità
del
calibro di Charles Batteux, David Hume, Edmund Bu
ligiosa che si poneva tuttavia in profondo conflitto con le soluzioni
del
teatro, marcatamente anti-aristotelico, di matric
one tragica corneilliana e in generale barocca. L’obbiettivo iniziale
del
progetto era duplice. Da una parte provare a scar
sensibilità dell’epoca7; oppure il pregiudizio secondo cui la fortuna
del
Paragone risultava molto modesta. Dall’altra, e q
sto per distendersi, col pericolo di divagare, su questioni di storia
del
teatro sei-settecentesco, ma non meno insidiosa e
correva cercare di definire prioritariamente, sulla base dell’analisi
del
Paragone e degli scritti precedenti, la bibliotec
un primo cursorio riscontro della Descrizione de’ costumi italiani e
del
Paragone; ciò che tuttavia in qualche modo giusti
rmali che strutturavano il discorso. Il commento che segue l’edizione
del
Paragone — per i criteri filologici impiegati rim
nel panorama della storia della critica, dell’estetica, della storia
del
teatro europea tra Cinque e Settecento. A giustif
e non sarebbero compatibili con il formato cartaceo — per non parlare
del
fatto che l’andirivieni tra testo e commento, «a
olmente facilitato —, ma induce anche — soprattutto perché l’edizione
del
Paragone è inclusa in una collana che comprende m
mbrato più opportuno di un’edizione saltuariamente annotata. Lo scopo
del
progetto era inoltre quello di permettere, attrav
disposti appositamente, la consultazione rapsodica di alcuni passaggi
del
testo e del commento, per cui si è cercato di svi
ositamente, la consultazione rapsodica di alcuni passaggi del testo e
del
commento, per cui si è cercato di sviluppare, nel
iù possibile autonomo, che rimandasse ove necessario ad altre sezioni
del
testo calepiano, ma fosse comprensibile e utile a
iografia specifica relativa ai problemi toccati. Guida alla lettura
del
Paragone Nel primo capo Calepio affronta la q
ica della letteratura, prende le distanze dalla concezione edonistica
del
fine poetico sostenuta in Francia e in Italia nel
e poetico sostenuta in Francia e in Italia nel Seicento, sulla scorta
del
Castelvetro e di Heinsius, e di cui ancora il Du
e di Heinsius, e di cui ancora il Du Bos si faceva latore all’inizio
del
diciottesimo secolo. Al contrario, nel Paragone,
une a quella che aveva mosso il progetto arcadico, sulla scorta anche
del
recupero del Discorso di Iason De’ Nores attuato
che aveva mosso il progetto arcadico, sulla scorta anche del recupero
del
Discorso di Iason De’ Nores attuato dal Gravina.
poème dramatique; il francese dubitava infatti dell’effettiva portata
del
processo catartico ed era portato a credere che a
ciare. Se nella poetica corneilliana, senz’altro diretta alla ricerca
del
«plaisir» del pubblico, c’era molto di quel gesui
a poetica corneilliana, senz’altro diretta alla ricerca del «plaisir»
del
pubblico, c’era molto di quel gesuitismo che conc
una virtù eroica, e la catarsi era considerata il relitto moralistico
del
genio di un autore che non era stato illuminato d
istico del genio di un autore che non era stato illuminato dalla luce
del
Cristianesimo — le stesse considerazioni si ritro
i restituire dignità al coturno italiano. Oltre al Maffei e ben prima
del
Lessing, anche il Martello sottolineava l’effetto
ia tristezza su di un oggetto finto, e il Muratori si diceva convinto
del
fatto che la tragedia dovesse, con la compassione
ragedia dovesse, con la compassione e il terrore, «purgar gli affetti
del
popolo». Tuttavia per Calepio l’insistenza sull’i
etti del popolo». Tuttavia per Calepio l’insistenza sull’imperfezione
del
protagonista, ben lontano dal martire corneillian
eoria aristotelica si intuisce la cognizione della profonda diversità
del
teatro greco da quello cristiano: il compito del
a profonda diversità del teatro greco da quello cristiano: il compito
del
drammaturgo non sarebbe più quello di illustrare
arabola discendente di principi e sovrani, secondo la tipica modalità
del
De casibus, ma piuttosto di rappresentare cristia
ualche colpa occasionale; in questo contesto egli propone una lettura
del
mito di Edipo diversa da quelle offerte nel dicia
ndizionata da venature protestanti, che emergono anche in altri punti
del
trattato. Il primo capo prosegue con una lunga e
oni precedentemente forgiati dal Crescimbeni e soprattutto dal Maffei
del
Teatro Italiano, si scorge una certa originalità,
lla scelta di analizzare le tragedie dal punto di vista della qualità
del
protagonista e del grado di patetismo della favol
zzare le tragedie dal punto di vista della qualità del protagonista e
del
grado di patetismo della favola. Fra le tragedie
ovane di Lazzarini, plasmato sull’Edipo Re sofocleo, mentre la Merope
del
Maffei non è neppure presa in considerazione a ca
di Conti e in ambito francese di Voltaire e di de La Motte), in virtù
del
fatto che il suo interesse nei confronti della dr
nsalpini, a partire da Corneille, hanno cercato più spesso l’applauso
del
pubblico, e non la sua edificazione. Di conseguen
one. Il confronto indiretto fra Corneille e Racine si modula sui toni
del
«Parallèle», forma critica che aveva animato le p
re nello spettatore un procedimento catartico. Fin dalle prime pagine
del
Paragone si comprende che la dissertazione del Ca
Fin dalle prime pagine del Paragone si comprende che la dissertazione
del
Calepio risente fortemente di alcune querelles ch
dalla ragione; dall’altra si mostra un convinto sostenitore dell’idea
del
progressivo raffinamento del gusto e dell’arte, c
mostra un convinto sostenitore dell’idea del progressivo raffinamento
del
gusto e dell’arte, come si evince ampiamente dal
e ampiamente dal suo confronto fra l’Ippolito di Euripide e la Phèdre
del
Racine, risolto nettamente a favore del secondo.
olito di Euripide e la Phèdre del Racine, risolto nettamente a favore
del
secondo. Nel capo successivo si esamina la qualit
olemica anti-barocca. Dopo aver denunciato la cattiva interpretazione
del
testo greco offerta da Castelvetro, il quale conc
Calepio non è conforme a quello, in alcuni tratti ben vicino al suo,
del
Du Bos, il quale nelle sue Réflexions sondava il
ore teatrale o dell’osservatore di un’opera d’arte attraverso l’esame
del
rapporto fra passione e sentimento; il bergamasco
termine greco pathos, intende qui con «passione» letteralmente l’atto
del
patire. Ancora una volta l’attenzione dell’autore
lta alle modalità con cui il drammaturgo deve coinvolgere all’interno
del
piano catartico il pubblico, inducendolo a provar
e e i Francesi, ma anche una identica condanna della fortunata Merope
del
Maffei — a cui viene preferita senza ombra di dub
ei — a cui viene preferita senza ombra di dubbio la mediocre tragedia
del
Lazzarini —, e probabilmente una implicita riprov
robabilmente una implicita riprovazione nei confronti dell’incoerenza
del
Marchese, il quale, nella sua opera tragica, most
tuto e la disposizione degli episodi. Ancora una volta la trattazione
del
bergamasco si svolge in margine alla precisa dist
ione all’eccessiva artificiosità delle prove barocche. Il classicismo
del
bergamasco non è tuttavia sempre ortodosso e in q
anna in modo risoluto il Coro, istituto diventato inutile all’interno
del
dramma moderno, proprio perché priva le favole ag
ubignac, nel quale venivano fatte considerazioni analoghe: il rifiuto
del
Coro procede infatti, in entrambi i casi, da ragi
a anche un insigne testo tragico tardo-cinquecentesco, il Torrismondo
del
Tasso, di cui viene censurata la lunga scena in c
ritta in prosa, in maniera molto più sobria, dal Martello all’interno
del
trattato Del verso tragico: anche questo è uno de
nte le tre unità, nella cui conservazione constava il maggior diletto
del
pubblico, il bergamasco è di tutt’altra opinione:
nsieur Chauvet. Inoltre viene ribadita ancora una volta la centralità
del
sentimento della compassione nel progetto teatral
del sentimento della compassione nel progetto teatrale ed ideologico
del
Paragone: mentre Saint-Évremond, appassionato let
ietà, quella misericordia, che lo rende migliore. Se in altri teorici
del
teatro settecentesco, come Gravina e Muratori, l’
native rispetto a quelle su cui poggiava la poetica teatrale francese
del
Seicento. Nel quarto capo, quasi a voler dimostra
iù efficace, è peraltro conforme a quella di molti letterati italiani
del
Settecento, dal Martello al Riccoboni fino ad Ant
loda le tragedie francesi per la preparazione della peripezia, ossia
del
rivolgimento che avvia verso la catastrofe (o il
lìo, in cui questo cruciale snodo viene fatto dipendere dal capriccio
del
drammaturgo, piuttosto che da cause interne allo
icare con chiarezza queste pecche, fondando, proprio per la sincerità
del
suo giudizio, alcuni topoi storiografici che verr
troppe remore molte delle considerazioni di Calepio, ancora alla fine
del
secolo il Napoli Signorelli, seppure in modo più
Signorelli si consolida, assume così come statuti classici i giudizi
del
bergamasco, e ancora nell’Ottocento, le monumenta
rranno le stesse valutazioni. Lo schema di analisi calepiano risponde
del
resto in tutto il quarto capo ad un criterio dist
alezza. L’adesione ad un principio naturale che coincide, all’interno
del
lessico pure non sempre coerente dell’autore, con
introdotti con molta cautela, secondo il bergamasco, proprio in virtù
del
fatto che sono sempre sul punto di apparire inver
lcuni monologhi, di carattere eccessivamente ingegnoso delle tragedie
del
vituperato Corneille. L’attacco del Cinna, ad ese
ivamente ingegnoso delle tragedie del vituperato Corneille. L’attacco
del
Cinna, ad esempio, è stigmatizzato in accordo con
i, che per esistere abbatte la quarta. Nel capo quinto Calepio tratta
del
costume a partire da una premessa di ascendenza m
sofo greco non sarebbe una caratteristica intrinseca alla costruzione
del
carattere — e quindi un elemento che ne regola il
ori ricalcano da vicino quelli espressi da Pierre Nicole, all’interno
del
Traité de la comédie, proprio in margine alle tra
l contrario nel Paragone, ben prima che nella Drammaturgia amburghese
del
Lessing, si presuppone che costui cooperi attivam
l Lessing, si presuppone che costui cooperi attivamente alla riuscita
del
dramma, partecipando emotivamente ai casi sfortun
lla riuscita del dramma, partecipando emotivamente ai casi sfortunati
del
protagonista, così da raggiungere quella purgazio
ino al d’Aubignac. Se nel Seicento tuttavia si rivendicava la libertà
del
poeta di trasgredire il racconto tramandato, nel
In questa sede, come in altre, emerge un altro tratto caratteristico
del
Paragone: nel trattato, in cui pure la materia è
mentativi. Proseguendo nell’esposizione Calepio affronta la questione
del
decoro dei personaggi, rifacendosi alla nutrita s
e seicentesca di area francese, recuperata anche in Italia all’inizio
del
diciottesimo secolo, come dimostrano, fra gli alt
ge l’immenso divario fra le tragedie greche e quelle francesi, frutto
del
progressivo raffinamento del gusto e delle tecnic
ragedie greche e quelle francesi, frutto del progressivo raffinamento
del
gusto e delle tecniche drammatiche. Calepio si ri
ecia e della Roma antica il carattere galante dei cortigiani francesi
del
Seicento: così l’Alexandre innamorato di Racine r
il quale riprende in questo frangente una delle argomentazioni forti
del
partito corneilliano. Tutte le puntualizzazioni c
sono sempre animate dall’attenzione nel preservare la verosimiglianza
del
costume dei personaggi, che si ottiene appunto at
appunto attraverso il rispetto della bontà, della coerenza, dell’età,
del
sesso, della nazione del personaggio. Tra i model
petto della bontà, della coerenza, dell’età, del sesso, della nazione
del
personaggio. Tra i modelli positivi, quanto al ri
a nazione del personaggio. Tra i modelli positivi, quanto al rispetto
del
costume, andrà notata la particolare lode per Ant
ssamento come quello adottato dal Trissino e dagli altri drammaturghi
del
suo secolo. Al di là di queste censure in merito
di là di queste censure in merito alle scelte formali delle tragedie
del
Rinascimento, l’obiettivo polemico principale è c
iscorsi appassionati che devono presentarsi, come già si è riportato,
del
tutto scevri di questi abbellimenti. L’autore par
erare una critica che veniva comunemente mossa alla tragedia italiana
del
Seicento: dal Muratori al Martello, molti lettera
icento: dal Muratori al Martello, molti letterati italiani all’inizio
del
secolo erano concordi nel censurare l’eccessivo l
eccessivo lirismo di prove autenticamente barocche, come l’Aristodemo
del
Dottori. Ma se la disputa, dal Crescimbeni al Maf
problematica di stampo logico-rappresentativo. Le escrescenze liriche
del
linguaggio tragico che Calepio condanna non sono
cerca di una nuova lingua tragica grave, per nulla fiaccata da calchi
del
Canzoniere; per Calepio è lirico e petrarchesco o
tificio elocutivo, ogni figura retorica che starebbe bene in un verso
del
Petrarca, ma non in bocca a un personaggio tragic
ecensione al Paragone, Calepio ha una concezione prettamente retorica
del
dato stilistico — egli mette quindi in secondo pi
tonio Conti, ma anche, sebbene con le dovute distinzioni, al progetto
del
teatro alfieriano. Tale inclinazione per una «pro
linguaggio sentenzioso e oratorio, tipico anche delle Tragedie Cinque
del
Gravina: queste forme vengono anzi rifiutate come
simile e noioso di ornamento. L’interminabile elenco di passi, tipici
del
«grand style» di Corneille, commendati a causa di
ossibile. Calepio parrebbe scorgere nella lingua dei tragici francesi
del
Seicento gli stessi vizi che i gesuiti Rapin e Bo
osto che a una tragedia. Insomma, ben prima della Risposta a Voltaire
del
Maffei, in cui il veronese rimproverava al teatro
ragica francese — peraltro teorizzata icasticamente nell’Art poétique
del
Boileau — comparando la tragedia transalpina ad u
nato l’alessandrino francese a causa della monotonia, della lunghezza
del
verso e soprattutto della rima. Anche sotto il pr
ttutto della rima. Anche sotto il profilo metrico lo scopo principale
del
progetto teatrale di Calepio è quello di raggiung
ce, in quanto, mentre la ripetizione dello sciolto — verso prediletto
del
Maffei — creava una noiosa armonia, la soluzione
onia e verosimiglianza della lingua poetica italiana, la quale, priva
del
giogo delle rime, assumerebbe una connotazione mo
ifferenti edizioni: la prima, uscita in poche copie su interessamento
del
Bodmer a Zurigo nel 1732 per i tipi di Rordorf, l
, lo stesso editore che in quell’anno stamperà la traduzione in prosa
del
Paradise Lost di Milton curata proprio dal Bodmer
adise Lost di Milton curata proprio dal Bodmer9; la seconda, postuma,
del
1770, pubblicata a Venezia presso Zatta, e allest
del 1770, pubblicata a Venezia presso Zatta, e allestita per volontà
del
figlio Galeazzo. Per la prima edizione non esisto
o conservate le lettere componenti il carteggio Bodmer-Calepio, prima
del
loro trasferimento in Italia, e dove ancora oggi
della Descrizione de’ costumi italiani, pubblicato, sempre per mezzo
del
Bodmer nei tomi della ginevrina Bibliothèque Ital
Bodmer nei tomi della ginevrina Bibliothèque Italique 10. L’edizione
del
1770 non è curata da Calepio e non può considerar
tima volontà dell’autore: essa riprende in tutto e per tutto il testo
del
Paragone del 1732 correggendo alcuni errori di st
dell’autore: essa riprende in tutto e per tutto il testo del Paragone
del
1732 correggendo alcuni errori di stampa che eran
ca Civica Angelo Mai11, documentano invece un percorso di riscrittura
del
Paragone a cui probabilmente il bergamasco si era
cui uscivano sia l’Esame critico di Giuseppe Salìo che la recensione
del
Paragone da parte di Scipione Maffei sul primo to
le Osservazioni letterarie. Calepio doveva scorgere, nelle reprimende
del
Salìo e del Maffei, un certo fraintendimento dell
oni letterarie. Calepio doveva scorgere, nelle reprimende del Salìo e
del
Maffei, un certo fraintendimento delle proprie te
ia indagine alle tragedie pubblicate negli anni successivi all’uscita
del
Paragone. La volontà di chiarire alcuni concetti
neo avevano probabilmente spinto l’autore a progettare una riedizione
del
Paragone di cui aveva gettato già solide basi, co
i Voltaire e il Sedecia (1752) di Giovanni Granelli. Certo l’edizione
del
1770 che pubblica separatamente le «giunte» alla
l’edizione del 1770 che pubblica separatamente le «giunte» alla fine
del
Paragone non rispecchia le intenzioni del bergama
mente le «giunte» alla fine del Paragone non rispecchia le intenzioni
del
bergamasco, il quale tra gli anni Quaranta e Cinq
nto un nuovo ordine certo più lineare di quello impresso all’edizione
del
1732. La presente edizione è stata approntata sul
ata approntata sulla princeps, optando per una sobria modernizzazione
del
testo nello spirito del progetto internazionale a
nceps, optando per una sobria modernizzazione del testo nello spirito
del
progetto internazionale all’interno del quale è s
zione del testo nello spirito del progetto internazionale all’interno
del
quale è stata condotta. Si sono quindi seguite le
e per rendere il testo più leggibile (si è eliminata la virgola prima
del
che dichiarativo e si è introdotta per chiudere g
gola con una semplice virgola nel passaggio dalla protasi all’apodosi
del
periodo ipotetico; si è di norma eliminata la vir
zzati i paragrafi troppo lunghi per agevolare la lettura e la stesura
del
commento; negli accenti, che sono stati normalizz
zate integralmente le porzioni di testo riportate; nella trascrizione
del
testo, si è proceduto a correggere alcuni palesi
e soltanto nel caso in cui marcassero l’iniziale di un nome proprio o
del
titolo di un’opera, oltre che, ovviamente, dopo i
vo e Stefano Verdino. Vorrei dire un grazie sincero a tutti i docenti
del
Dipartimento di Studi Linguistici e Letterari con
tterari con cui ho proficuamente discusso della mia tesi a vari stadi
del
suo sviluppo, in un dialogo che si prolunga da an
a da anni con beneficio esclusivo ma straordinariamente significativo
del
sottoscritto: Anna Bettoni, Annalisa Oboe, Guido
proposito. Vero è bensì, che l’opinione troppo vantaggiosa, ch’avete
del
mio poco sapere dovrebbe rendermi timoroso di non
Toccò di passaggio questa materia il marchese Maffei nella prefazione
del
suo Teatro Italiano; adducendo alcune ragioni con
a prima sua origine non avesse altro fine che il dilettoso sentimento
del
popolo, con tutto ciò la perfezione che nel progr
sentimento del popolo, con tutto ciò la perfezione che nel progresso
del
tempo acquistò, massimamente nelle sue spezie pri
he dall’arte di ricreare utilmente le città, cioè di guidarle per via
del
diletto agevolmente alla virtù. Tale, se ben si c
scrisse Gian Giorgio Trissino la prima tragedia italiana in principio
del
secolo decimosesto, seguito poco appresso dal Ruc
ie, s’ingegna con sue nuove interpretazioni di far servire i precetti
del
greco maestro al sostenimento delle medesime. [1
. [1.1.9] Appare però che Cornelio vuole che le sue favole decidano
del
valor delle regole, non già che le regole siano n
sopra la poetica d’Aristotele mostri conoscere nelle favole francesi
del
disviamento, abbia asserito, nella prefazione, ch
il valor di ciascuna. Quindi è che s’è dichiarato imperfetto il libro
del
poema epico fatto dal padre Bossu solamente perch
evolezza lo sregolamento delle passioni per mezzo della compassione e
del
terrore. Questa purgazione, benché in varie guise
lla idea che non abbia mai il suo effetto, reca per ragione l’esempio
del
suo Cid, che non gli pare atto a ciò fare, benché
l’azion sua ben s’esamina col dovere della morale, non colla massima
del
volgo, non lice farsi giustizia da se stessi; lao
aglio è nato, per mio avviso, dalla contrapposizione di queste parole
del
testo μὴ διὰ μοχθερίαν, ἀλλὰ δι᾽ ἁμαρτίαν μεγάλην
za da μοχθερία, oppone questa seconda all’abito della virtù. La mente
del
greco scrittore appare anco dall’esempio di Tiest
ole de’ greci autori se ne incontrano molte cui mancano le condizioni
del
principio sopra stabilito: nondimeno una gran par
mali minacciatigli dall’oracolo di Lossia, se non vendicava la morte
del
padre, e per l’altre necessità a cui soggiaceva a
egli muore innocente, s’espone non pertanto tal morte come un effetto
del
paterno delitto che gli dei vogliono castigato ne
poco piamente aderito a far le nozze col figliuolo d’Achille, uccisor
del
marito. [1.2.11] Certi francesi, avidi d’accresc
ndegnamente; ma non hanno questi avvertito che la sua morte è castigo
del
dispregio con cui egli parla di Venere. [1.2.12]
del dispregio con cui egli parla di Venere. [1.2.12] Varie tragedie
del
medesimo purgano solamente nella seconda maniera
de’ suoi tempi, in cui non erano sì sottilmente considerati i termini
del
dovere. Nell’Elettra pare che il fin principale d
iderati i termini del dovere. Nell’Elettra pare che il fin principale
del
poeta sia mostrare qual pena sia dagli dei decret
isarono per lo più dover imitare le favole più regolari. La Sofonisba
del
Trissino (per cominciar dalla prima che comparve
cessità che non lasciavale altro scampo: quindi giunge in conseguenza
del
medesimo all’estremo di darsi morte per quella vi
i morte per quella via onde sperava la salvezza. [1.3.2] La Rosmonda
del
Rucellai, che poco appresso venne alla luce, rapp
luce, rappresenta una fanciulla reale che per dar sepoltura al corpo
del
padre ha l’impudenza di trattenersi tre giorni e
r il Rucellai voluto in essa imitare l’Ecuba d’Euripide. Ma la favola
del
poeta greco è molto meno ordinata per lo proprio
o è molto meno ordinata per lo proprio fine, che l’italiana. L’Oreste
del
medesimo tuttoché di lieto fine non lascia di far
ure la Canace dello Speroni, l’Orazio di Pietro Aretino, la Ghismonda
del
Razzi, il Torrismondo del Tasso, l’Elisa del Clos
i, l’Orazio di Pietro Aretino, la Ghismonda del Razzi, il Torrismondo
del
Tasso, l’Elisa del Closio e nelle favole di Pompo
ro Aretino, la Ghismonda del Razzi, il Torrismondo del Tasso, l’Elisa
del
Closio e nelle favole di Pomponio Torelli il Tanc
nio Torelli il Tancredi per mio avviso dovrebbe anteporsi alla Merope
del
medesimo, benché questa sia preposta a tutte l’al
ra dalla attività di purgare principalmente. Il Nino nella Semiramide
del
Manfredi, le Gemelle Capuane del Cebà, il Soliman
cipalmente. Il Nino nella Semiramide del Manfredi, le Gemelle Capuane
del
Cebà, il Solimano del Bonarelli e l’Aristodemo de
lla Semiramide del Manfredi, le Gemelle Capuane del Cebà, il Solimano
del
Bonarelli e l’Aristodemo del Dottori sono tutte d
le Gemelle Capuane del Cebà, il Solimano del Bonarelli e l’Aristodemo
del
Dottori sono tutte della medesima idoneità. [1.3
elezion di soggetti. Per ciò son degni di loda Beatrice nel Corradino
del
Carracci, la Polissena d’Annibale Marchesi, l’Uli
el Corradino del Carracci, la Polissena d’Annibale Marchesi, l’Ulisse
del
Lazzarini, la Didone del Zanotti, la Temisto del
, la Polissena d’Annibale Marchesi, l’Ulisse del Lazzarini, la Didone
del
Zanotti, la Temisto del Salìo, l’Achille del Mont
e Marchesi, l’Ulisse del Lazzarini, la Didone del Zanotti, la Temisto
del
Salìo, l’Achille del Montanari. Non voglio già qu
del Lazzarini, la Didone del Zanotti, la Temisto del Salìo, l’Achille
del
Montanari. Non voglio già quindi conchiudere che
e; esse hanno i loro difetti ed havvene alcune che toltone la qualità
del
protagonista sono debolissime ora nella condotta,
r non senza ragione sopra molte delle precedenti applaudita la Merope
del
Marchese Maffei. Articolo IV. [1.4.1] Ma p
ra le sue tragedie per ottimi esempli di tragiche persone che Rodrigo
del
suo Cid e Placido della sua Teodora, ma se ben s’
agione, è più propria per eccitare timore della medesima e dell’esito
del
duello, che compassione: onde trattien l’uditore
pale e procaccia sorprendere l’uditore utilmente sì colla compassione
del
medesimo, come col timore. [1.4.5] Le due person
opo che o d’instruire nella politica, che egli dichiara esser l’anima
del
suo Sertorio, o di mostrare esempli di gran corag
aliana di Francesco Bozza non può stare in paragone) ed al più quello
del
Britannico, a cui soglio far più giustizia che no
ta questa rivale qualche castigo, non perisce però che in conseguenza
del
primo oracolo di Calcante, che l’aveva a ciò cond
i ogni sua colpa, non essendo il secondo oracolo che la dichiarazione
del
primo. Inoltre non puote ella traer pietà trovand
ma di sapere il fin di Poro. [1.4.11] La Tebaide scuopre la gioventù
del
poeta. L’Andromaca pare che dovesse anzi intitola
cun timore purgante Andromaca ed il figliuolo Astianatte: poiché sono
del
tutto innocenti promuovon solo una pietà passegge
itridate dovrebbe acquistarsi. Aggiungo che l’animosità e la costanza
del
medesimo sono poco atte a produrre tal passione,
vece d’essere una pena non solo ingiustamente ordinata dalla tirannia
del
fratello, ma con cieca ferocia dallui stesso volu
o che ha mostrato di conoscere e di pregiare il valore delle tragedie
del
primo grado, ma niuno è stato provveduto de’ mezz
he li mali divengon più considerabili quando vengono d’onde s’attende
del
bene; per la qual ragione piacquero agli antichi
mi di dilettare solamente con esemplari eroici, costituendo l’essenza
del
diletto tragico in una ammirazione accessoria. Mo
ne accessoria. Molti più considerando, per così dire, l’arricchimento
del
corpo che la virtù dell’anima, si sono avvisati c
o assai tragico, perda per cagione dell’eroismo in paragone di quella
del
Trissino. Non credo però buona induzione quella d
le doppie ancora. Fra le quali ci presta assai bell’esempio la Merope
del
marchese Maffei. Articolo II. [2.2.1] L’us
a contro persone amate e non conosciute, ha poca estenzione nell’atto
del
riconoscerle, perciocché avvien ciò solamente nel
n colpo nell’uditore lo lascia più sorpreso, come appare nel Solimano
del
Bonarelli, ove appunto ella nasce dalla riconosce
el Bonarelli, ove appunto ella nasce dalla riconoscenza che fa quegli
del
suo Mustafa e la reina d’aver cagionato la morte
za che fa quegli del suo Mustafa e la reina d’aver cagionato la morte
del
figliuolo, mentre procurava di salvarlo. [2.2.3]
dovrebbe essere il più forte, perocché gli affetti mossi dalla pugna
del
dovere contro l’inclinazione della natura, o di q
rca la tragedia, come si vede nel Cinna, il quale sentendo il rimorso
del
tradimento ed il debito della gratitudine verso O
entar punito un delitto con un altro maggiore che impedisca il frutto
del
castigo; ma sopra tutto esso è pregevole perché r
o che non meritano il nome di tragiche. L’arte di preparare il favore
del
popolo a chi dee patire pare che sia massima de’
Migliore avvedutezza ebbe in questa parte il Montanari nella tragedia
del
medesimo argomento. [2.3.3] Di simili inavverten
simile tragedia Pirro, che per venerazione de’ numi e per adempimento
del
giurato impegno si dispone a trucidare l’amata co
ché, occupato esso da tale irritamento, sente assai meno il benefizio
del
terrore e della compassione. Di tal sorta sono la
ela non è però senza esempli contrari, come può vedersi nell’Orbecche
del
Giraldi, nella Rosmonda del Rucellai ed in simili
contrari, come può vedersi nell’Orbecche del Giraldi, nella Rosmonda
del
Rucellai ed in simili ove spicca grandissima crud
e, apparendo ella quindi sulla scena a compiacersi tranquillamente sì
del
suo misfatto che d’un altro simile che spera di c
guisa di corde unisone corrispondono vicendevolmente al provocamento
del
primo. Però son degni di loda li primi poeti che
loda li primi poeti che attribuirono principalmente al coro l’uffizio
del
compatire. Questa prerogativa non manca alle favo
ncontra non rado di vedere terminar le lor favole con un secco avviso
del
funesto avvenimento. Mi sovviene che nella Teodor
questa parte ha l’Edippo di monsieur di Voltaire a paragone di quello
del
poeta greco. Capo III. Dell’uso che suol fars
ola estenzione degli episodi. Altri han detto appresso che la brevità
del
tempo permesso alle tragiche rappresentanze non è
più semplici e, nelle più composte, quali potrebbon dirsi il Solimano
del
Bonarelli e l’Aristodemo del Dottori, non v’ha di
poste, quali potrebbon dirsi il Solimano del Bonarelli e l’Aristodemo
del
Dottori, non v’ha di sì notabili accidenti che nu
di Cartagine; la narrazione che leggesi nella prima scena dell’Oreste
del
Rucellai toccante le cose accadutegli sin dalla g
la descrizione della tempesta di mare che vien fatta dal Torrismondo
del
Tasso nell’appassionato racconto delle sue disavv
ti le prolunga oltre modo, come per saggio si può vedere nella Progne
del
Domenichi. [3.1.6] Per lo riguardo dell’uso teat
per avere abbandonato il coro che per avere introdotto in supplimento
del
medesimo qualche maggiore episodio, se si fosse o
ne ha vantaggiato, come per altro, così pure per esse. Nel Britannico
del
medesimo veggo altresì l’uso degli episodi sì mod
che sembrano anzi spettatori della favola che attori, come l’infante
del
Cid, ma d’altri ancora che sotto il titolo di con
sse. [3.2.5] 3. Peccano ancora molte digressioni per la ristrettezza
del
tempo a cui si riducono. Un tal fallo assai frequ
endo mestieri il poeta di racchiudere la favola nell’unità di luogo e
del
tempo, lice in molte azioni far violenza alle dil
cui circostanze ideate da’ poeti non posson rinserrarsi nella brevità
del
tempo prescritto. Racine mostrò di conoscere ques
scuopre ad Oreste la sua qualità e l’esorta alla vendetta della morte
del
padre; laonde siegue poi l’uccisione di Egisto e
anno digressioni d’amore s’è molto diversamente operato. Nel Solimano
del
Bonarelli l’amore che passa tra Mustafa e Despina
e anco che l’affare d’amore introdotto per accessorio occupa il luogo
del
principale, come è facile d’osservare negli amori
surare quelli de’ Francesi, in questo capo egli s’avvedrà che l’amore
del
vero, siccome è scorta d’ogni mio studio, così pu
e’ suoi principi ogni perfezione che possono acquistare col benefizio
del
tempo, eglino lasciaron che desiderare circa le c
in teatro a tal fine, o da qualche Deità e talora anche da personaggi
del
tutto ideali, come è la Morte introdotta nell’Alc
ontare con improprietà le cose che sono necessarie per l’intelligenza
del
rimanente, ma talora per serbar qualche naturalez
ri falli meriti appena luogo fra le peggiori. [4.1.4] Nelle tragedie
del
Giraldi veggonsi non pur persone umane che compar
l resto della favola, e per la qualità delle persone, e per la natura
del
commercio, come si può vedere sì nell’Astianatte
a del commercio, come si può vedere sì nell’Astianatte che nell’Altea
del
medesimo. Tale disordine diviene anche maggiore n
ltea del medesimo. Tale disordine diviene anche maggiore nella Dalida
del
Groto, ove favellano la Morte e la Gelosia. Né ri
ello stesso Pietro Cornelio sono scusabili le narrazioni dell’Infanta
del
Cid, della Cleopatra del Pompeo ed il dialogo di
io sono scusabili le narrazioni dell’Infanta del Cid, della Cleopatra
del
Pompeo ed il dialogo di Laonice e Timagene della
. Tale invenzione richiedeva meno d’arte nella esposizione successiva
del
primo atto; né ha però avuto il comun seguito. Il
comun seguito. Il Castelvetro, che non aveva veduto se non l’Orbecche
del
sopradetto Giraldi, la quale ha soggetto finto, d
Aretino. Però Pietro Cornelio s’inganna nel dire che sieno invenzione
del
suo secolo. Articolo II. [4.2.1] Circa l’a
o. Articolo II. [4.2.1] Circa l’arte d’avviare gli avvenimenti
del
nodo parmi scorgere ne’ Francesi maggiore avverti
n senza ragione ricercarebbe alcuno a qual proposito nel secondo atto
del
Torrismondo esca Rosmonda a moralizzare tra sé. P
re il medesimo della venuta di Miseno nell’atto terzo dell’Astianatte
del
Gratarolo. Li dialoghi d’Alvante e di Despina int
l Gratarolo. Li dialoghi d’Alvante e di Despina interposti all’azione
del
Solimano del Bonarelli, benché abbiano principio
Li dialoghi d’Alvante e di Despina interposti all’azione del Solimano
del
Bonarelli, benché abbiano principio nell’atto pri
lle de’ nostri poeti, che a loro imitazione hanno amato la permanenza
del
coro, riescono sovente improprie, o perché rappre
rappresentano azioni romane alla cui maestà non conviene la comunione
del
coro, tanto più dove trattisi di segreti gravissi
on voleva esser noto alla stessa moglie, poi si scuopre alla presenza
del
coro delle donne che sono seco —, o perché versan
donne che sono seco —, o perché versano intorno soggetti che, avendo
del
moderno, offendono lo spettatore che li vede mane
rdo e per li consigli che prendeva Tancredi contro di lui in presenza
del
coro stesso. Inoltre le storie greche non sono pr
ella segretezza incompatibile con il coro continuo. Però nella Merope
del
medesimo Torelli non è credibile l’incauta comuni
rimangasi occulto fino al fine. L’inavvertenza d’alcuno nel fare uso
del
coro è giunta a lasciargli udire gli stessi solil
sso che sopraggiunge di nuovo a recar novella della morte inaspettata
del
re di Norvegia; nella Semiramide del Manfredi nas
novella della morte inaspettata del re di Norvegia; nella Semiramide
del
Manfredi nasce dalla novella della morte d’Anaser
ssare sotto silenzio le moderne tragedie aggiugnerò che nella Temisto
del
Salìo il rivolgimento riesce poco pregevole per p
ta ancora ha bene spesso il difetto che consiste nell’accennare prima
del
tempo proprio le circostanze della catastrofe inv
Né possonsi assolvere da questo difetto alcune italiane. La Polissena
del
Marchesi mi pare che fra l’altre lasci assai prev
ferente per non sapere in altra maniera prolungar fino al fine quella
del
suo assunto. [4.3.4] Qualche fiata s’è mancato a
dere intollerabile l’eccesso della passione, come si vede nell’Aminta
del
Tasso, ma nel caso presente, posciaché tutta la f
posteriore risoluzione. S’accresce l’inverisimile per l’inconvenienza
del
costume, mentre s’attribuisce tal debolezza ad un
ove s’incontra un tal mancamento pare assai notabile nell’Aristodemo
del
Dottori, ove non si riconosce esattamente dal con
e rappresentate che nuoce con l’affettazione al verisimile. Le favole
del
Giraldi son sopra l’altre piene di coteste indece
a anche in qualcuna delle migliori che si leggono nel Teatro Italiano
del
marchese Maffei. [4.4.2] La seconda avvertenza c
a da’ Francesi è di trattenere il primo personaggio sul teatro il più
del
tempo, il che giova per dar modo all’uditore di p
egola in qualche tragedia italiana delle più celebri. Nella Sofonisba
del
Trissino passa il secondo, il terzo ed il quarto
reina si scorge; poi mentre si trattien l’uditore con dialoghi inetti
del
coro e del famiglio il quale racconta Essere sta
orge; poi mentre si trattien l’uditore con dialoghi inetti del coro e
del
famiglio il quale racconta Essere stato lungamen
ichi la natura di tali congressi, come per esempio accade nell’atto 3
del
Torrismondo, in cui dopo che s’è veduto il consig
rrismondo e sopravviene prima la cameriera a portare i doni per parte
del
re Germondo, e poco appresso la nutrice a tratten
diano loro la spinta. Laonde non resta sì nascosta sotto la sembianza
del
vero l’economia della favola. [4.4.4] Per mancan
ando s’offendono le usanze particolari delle genti. Cosi nel Solimano
del
Bonarelli veggiamo, dalla scena 2 dell’atto primo
ano del Bonarelli veggiamo, dalla scena 2 dell’atto primo fino alla 5
del
secondo, trattenersi inverisimilmente in un luogo
l secondo, trattenersi inverisimilmente in un luogo vicino alla corte
del
Sultano Despina ed Alvante, dove viene contro il
ne. L’abate Conti ha voluto in un solo atrio far succedere ogni scena
del
suo Cesare, ma non è verisimile che ivi si faccia
e meglio di scuoprirne parte per volta secondo il bisogno nel decorso
del
dramma, senza caricare ad un tratto la memoria de
re i mezzi di farle venire in acconcio alle vicende ed alla proprietà
del
costume, e d’animarle colle circostanze dell’azio
ffende, anche fra quelli di Pietro Cornelio, ora qualche detto che ha
del
narrativo senza che si riferisca a trasporto di p
fare la loro recitazione. Ciò massimamente mi spiacque nelle tragedie
del
Giraldi ed in particolare nell’atto 5. della sua
indecenze che nascono dalle circostanze dell’occasione, come è quella
del
Solimano nella scena 3 dell’atto 3, ove egli cont
esclamazioni forzate da qualche impeto di passione: però nella Merope
del
Maffei non disdice, anzi riesce ingegnosa quella
appresso i men periti, come per esempio vedesi nel prologo dell’Altea
del
Gratarolo, ove Nemesi ode i segreti di Diana. [4
essendosi la natura di tali ragionamenti ammessa per certe necessità
del
teatro in Grazia degli uditori, tanto sono essi m
coro conoscano chi si lagni. Mi pare sopra modo assurdo nell’Orbecche
del
Giraldi il vedere che la nudrice e le donne di co
simile sconvenevolezza. Dagli altri moderni ove non si sono schifati
del
tutto si sono con molta moderazione usati. Appres
minora l’indecenza. Da tale macchia rimane assai difformata la Merope
del
Marchese Maffei, benché per più cose pregevolissi
re ne’ colloqui segreti che quella regina fa con Ismene alla presenza
del
tiranno che nulla ode. L’Ezzelino del signor Baru
ina fa con Ismene alla presenza del tiranno che nulla ode. L’Ezzelino
del
signor Baruffaldi è contaminato anche più di simi
l signor Baruffaldi è contaminato anche più di simil pece. Nel Cesare
del
Conti, fra gli altri sensi detti a parte, inescus
si considera per una reliquia delle mostruosità di cui la corruttela
del
secolo prossimamente scorso aveva empito le nostr
i lui stesso. Parmi assai poco il tempo che scorre anche nella Merope
del
Maffei tra ’l comando di chiamarsi Ismene e l’arr
a sua signora. Non è senza molta accelerazione di tempo nell’Ezzelino
del
Baruffaldi la giunta di Beatrice e de’ sei compag
e quindi vengono come se fossero al limitare della porta. Nel Cesare
del
Conti havvi pure de’ fatti troppo affrettati. [4
hiedeva più giornate di viaggio. Giudico bensì che il predetto autore
del
dramma abbia creduto di coprire lo sconcio tralas
tragedie o della segretezza, con la qual d’ordinario si sostengono, o
del
verisimile. Che se l’ufficio del coro continuo er
la qual d’ordinario si sostengono, o del verisimile. Che se l’ufficio
del
coro continuo era di qualche utile nella instituz
iempiendosi gl’intervalli che sono fra l’uno e l’altro atto col canto
del
coro, essi non si possono immaginare punto più lu
o col canto del coro, essi non si possono immaginare punto più lunghi
del
tempo che si consuma nel medesimo; però perdesi i
e considerazioni non posso non lodare il Bonarelli, che nel principio
del
secolo antecedente a questo cominciò ad eschiuder
nel principio del secolo antecedente a questo cominciò ad eschiuderlo
del
tutto, come ora veggiamo aver fatto anche i Franc
to atto dell’Ezzelino sono di ciò notabilissimi esempli, oltre quelli
del
Cesare sopra accennati. Se in qualche tragedia de
mpli, oltre quelli del Cesare sopra accennati. Se in qualche tragedia
del
Marchese Gorini corrispondessero l’altre cose all
favole antiche, de’ quali mi ricordo ora averne notato nell’Arrenopia
del
Giraldi, e nella Progne del Domenichi, oltre più
ricordo ora averne notato nell’Arrenopia del Giraldi, e nella Progne
del
Domenichi, oltre più contrassegni che ne appaiono
rismondo. Nell’età nostra altresì Pier Jacopo Martelli ha fatto prima
del
Baruffaldi tal professione, cangiando bene spesso
egio alle favole. Articolo VII. [4.7.1] Terminerò questa parte
del
mio paragone con dire che la differenza che ha tr
all’avere questi secondi rivolto il loro studio principale al piacere
del
popolo e dall’aver regolato ogni cosa colla esper
che si dee distinguere: conciosiaché (lasciando che nella corruttela
del
nostro teatro ha gran parte l’ignoranza degli ist
in mancanza possiamo osservare che l’un de’ motivi per cui la novella
del
Marchese Maffei supera quella del Riviera e quell
l’un de’ motivi per cui la novella del Marchese Maffei supera quella
del
Riviera e quella del Torelli, scritte con metodo
cui la novella del Marchese Maffei supera quella del Riviera e quella
del
Torelli, scritte con metodo greco, è l’arte d’ord
enti e d’introdurre gli attori, e d’accomodare tutta l’azione all’uso
del
teatro. Contuttociò non parmi di rinvenire in alc
che per veder parlare in maniera conveniente due de’ più grand’uomini
del
mondo. Articolo II. [5.2.1] Ma per discend
le lo stesso vizio. Infatti qual altro è quello che nasce dalle bugie
del
suo mentitore ch’egli reca per esempio della sua
es». Quindi puossi comprendere quanto egli si compiaccia vanamente sì
del
carattere di Cleopatra, dallui rappresentato nell
nella Rodoguna 31, come di quello di Marcella esposto nella Teodora,
del
quale si loda assai più che della virtù di Teodor
ligiosa, pia ed intrepida principessa, che per seppellire il cadavere
del
fratello s’espone a pericolo di morte. Pure egli
altamente i costumi degli eroi, non solo privarono la poesia tragica
del
suo fine per attribuirle quello del poema epico,
solo privarono la poesia tragica del suo fine per attribuirle quello
del
poema epico, ma per l’ansiosa brama di rendere ma
ratteri fecero delle immagini, in cui si scorge più l’idea pellegrina
del
poeta che l’imitazione, somiglianti a quelle fant
cose a capriccio. Fu però con ragione da’ critici censurato il poema
del
parto della Vergine del Sannazaro, e l’Iephte del
rò con ragione da’ critici censurato il poema del parto della Vergine
del
Sannazaro, e l’Iephte del Buccanano. Racine nell’
censurato il poema del parto della Vergine del Sannazaro, e l’Iephte
del
Buccanano. Racine nell’Ester osservò bene tal reg
imes aux vertus de Caton.» Quasi che la luce della virtù abbia d’uopo
del
contrasto delle ombre per comparire. Non saprei s
passione. Tra questi si puote annoverare Beatrice che è nel Corradino
del
Caraccio, della quale s’accennano bensì varie pas
ente Corradino. Per altro non sono mancati degli autori che, scordati
del
mezzo proprio per recare un profittevol timore, a
ressa; de’ quali possono esser saggio il Palamede ed il Servio Tullio
del
Gravina. Né tacerò d’altri poeti, anche più male
ente che non è sì scellerata. Tali mancamenti si veggono nella Progne
del
Domenichi, e nella Fedra di Francesco Bozza, la q
Ippolito, diviene per questo poeta insopportabile. [5.3.2] Il frutto
del
terrore, non men che dello esempio morale, si sce
dalla storia, fingendosi che operi per pura ambizione, non per amore
del
figliuolo. [5.3.3] Ne’ personaggi di secondo ord
inavvertenza. Di vero io non so vedere alcuna necessità nell’Ezzelino
del
signor Baruffaldi che richiedesse Ansedisio, uomo
commedia che per la gravità della tragedia. Marco nell’Appio Claudio
del
Gravina era persona necessaria, ma il suo perfido
to l’osservanza di cinque attributi, cioè della condizione, dell’età,
del
sesso, dell’ufficio e della nazione, mentre disse
da la lesione della dignità de’ caratteri appare certo che il costume
del
secolo aveva non poco contribuito: però nelle tra
colo aveva non poco contribuito: però nelle tragedie scritte a’ tempi
del
Romano Impero, che vanno sotto il nome di Seneca,
i che non sono. Per tal cagione fa stupire il vedere, nell’Alessandro
del
Racine, uscir quel re dal conflitto curando più d
ciparsi il contento di riveder l’amata Cleofila che di sapere il fine
del
suo nemico. Tomaso Cornelio deprava il costume de
di sapere il fine del suo nemico. Tomaso Cornelio deprava il costume
del
Conte d’Essec col renderlo pazzo d’amore e farlo
madre e a Edippo suo padre. Intorno l’età mi viene in mente l’esempio
del
Britanico di Racine, il quale, ancorché si finga
ente, parmi che superi col senno gli quindici anni. Gioa, nell’Atalia
del
medesimo, eccede anche più li dieci anni, che lic
dia si vede nondimeno mal conservata, e particolarmente nel Radamisto
del
Crebillon. Articolo V. [5.5.1] Fra le circ
adamisto del Crebillon. Articolo V. [5.5.1] Fra le circostanze
del
decoro quella che più s’è trascurata da’ nostri p
successi d’Euripide, diede loro una maggior maestà. [5.5.2] L’Oreste
del
Rucellai, la Merope del Torelli con moltissime al
de loro una maggior maestà. [5.5.2] L’Oreste del Rucellai, la Merope
del
Torelli con moltissime altre ch’abbiamo di sogget
avendo quasi tutte qualche bassezza. In questo numero è la Sofonisba
del
Trissino, ove si vede fra l’altre cose che Lelio,
ltre cose che Lelio, il quale, dopo Scipione, secondo il poeta «tenea
del
campo il più sublime onore», si trattiene nell’uf
ampo il più sublime onore», si trattiene nell’ufficio vile ed indegno
del
roman fasto di visitare le stalle. Il Conti nel s
e compone tutto il fondamento della favola intitolata l’Appio Claudio
del
Gravina, conciossiaché non si potesse scerre fatt
ati i falli più generali non lascerò di dire, circa l’altre proprietà
del
decoro, che s’incontrano qualche fiata de’ difett
tore, quanto pecca contro la storia introducendola ad operar per odio
del
padre e della madre, mentre secondo Livio non ave
nel suo patrio albergo. [5.5.4] Offende sopra modo nel Torrismondo
del
Tasso il sentire la reina madre che persuade la f
l suo letto vedovile, come farebbe una sfacciata ruffiana. Né propria
del
sesso e della sua educazione è la risposta che el
guerrieri. Per disuguaglianza sconvenevole è il costume della Merope
del
Torelli, la quale dopo aver mostrato nel corso de
lifonte tutto quell’odio che si può concepire per un tiranno, uccisor
del
marito, usurpatore del suo regno, al fine vedendo
o che si può concepire per un tiranno, uccisor del marito, usurpatore
del
suo regno, al fine vedendolo estinto per mano del
marito, usurpatore del suo regno, al fine vedendolo estinto per mano
del
proprio figliuolo, invece di gioire per essere li
icoverato nel regno il figliuolo stesso, si trattiene a dire a favore
del
morto tiranno: Fosti re valoroso e quel che duol
[5.5.5] Indecente per inequalità trovo anche il costume dell’Oreste
del
Rucellai, il quale, come che forte in tutto si di
forte in tutto si dia a conoscere, chiede poscia soccorso alle donne
del
coro per la commozione che gli reca la memoria de
nque la pietà non si possa eschiudere dal numero delle virtù, l’abito
del
piagnere agevolmente è sempre indizio d’animo mol
in due maniere, cioè o nell’elevar troppo i caratteri oltre i confini
del
verisimile, o nell’accomunarli tra loro nell’uso
i mette in bocca, rubando a Seneca i sentimenti con cui Alcmena parla
del
proprio figliuolo. [5.6.2] Per lo secondo è nota
[5.6.2] Per lo secondo è notabile il costume d’Ippolito nella Fedra
del
Racine e quello d’Elettra appresso il Crebillon.
e un odio implacabile contro Egisto uccisore di suo padre, usurpatore
del
suo regno ed autore della di lei schiavitù, e tra
anti non pure alla fama, ma alla natura stessa, fingendola innamorata
del
figliuolo d’Egisto, perocché siccome l’amore, il
r anche meno utili. Con tale libertà sono scritte l’Orbecche ed altre
del
Giraldi, il Torrismondo del Tasso, l’Idalba del V
libertà sono scritte l’Orbecche ed altre del Giraldi, il Torrismondo
del
Tasso, l’Idalba del Veniero, l’Elisa del Closio,
e l’Orbecche ed altre del Giraldi, il Torrismondo del Tasso, l’Idalba
del
Veniero, l’Elisa del Closio, la Dalida del Groto,
del Giraldi, il Torrismondo del Tasso, l’Idalba del Veniero, l’Elisa
del
Closio, la Dalida del Groto, l’Acripanda del Deci
smondo del Tasso, l’Idalba del Veniero, l’Elisa del Closio, la Dalida
del
Groto, l’Acripanda del Decio. Gli altri che hanno
lba del Veniero, l’Elisa del Closio, la Dalida del Groto, l’Acripanda
del
Decio. Gli altri che hanno imitato persone celebr
ovare i garrimenti contenziosi di Pirro e d’Agamemnone nella Polisena
del
Marchesi, ove s’imitano senza moderazione quelle
vamente alle qualità de’ costumi, ci rimane ad osservarle in riguardo
del
maggiore o minore scoprimento de’ medesimi, il qu
unque favola. Che se Aristotele narra essersi composte da certi poeti
del
suo tempo molte di esse senza costumi, non vuolsi
lti discorsi che potrebbonsi perentro animare con grande allettamento
del
popolo, riescono freddi e senza attrattiva. [5.7
[5.7.3] Per avvedersi di ciò non hassi che a leggere nella Sofonisba
del
Trissino i ragionamenti di Lelio, di Catone e di
ome che fossero idonei a rapire ogni uditore colla distinta grandezza
del
loro carattere, nulla più l’occupano che se essi
ù esemplari e più propri, ma più vivi ancora e più vari. Il Corradino
del
Caraccio, la Merope del Maffei, il Cesare del Con
, ma più vivi ancora e più vari. Il Corradino del Caraccio, la Merope
del
Maffei, il Cesare del Conti con qualche altra son
più vari. Il Corradino del Caraccio, la Merope del Maffei, il Cesare
del
Conti con qualche altra sono pure sì eccellenti p
te abbia ragionato della sentenza per ciò che riguarda lo scoprimento
del
costume, mi rimane ora a discorrere della medesim
nte si fanno proferire a persone appassionate. Tale è nella Sofonisba
del
Trissino la seguente espressione detta da quella
Il Giraldi nelle sue tragedie ha molti esempli di ciò; non dissimile
del
precedente è quello ove Oronte dice fra sé mentre
one: ma non deve però esperto nocchier perder sì l’arte, che dall’ira
del
mar rimanga vinto, senza opporsi al furor: che sp
un uomo il quale veramente pensi alle proprie calamità, mediti i casi
del
nocchiero? [6.2.3] Nell’Orazia dell’Aretino, olt
ni tenere, non ad eccitarne di gravi, egli sarebbe tanto più lodevole
del
Tasso e del Guarini, quanto è servito di scorta a
on ad eccitarne di gravi, egli sarebbe tanto più lodevole del Tasso e
del
Guarini, quanto è servito di scorta all’Aminta de
, confessa ch’egli s’è proposto lo stile della medesima per esemplare
del
Pastor fido. Ma gl’infioramenti che resero pregev
la cui fede ha seco ambe le chiavi, onde si serra, ed apre l’arbitrio
del
mio cuore. Seguirono l’abuso dello stile più poe
levarne il soverchio ch’aveva pregiudicato allo Speroni. Nella Progne
del
Domenichi, nell’Idalba del Verniero, nell’Elisa d
va pregiudicato allo Speroni. Nella Progne del Domenichi, nell’Idalba
del
Verniero, nell’Elisa del Closio, nel Torrismondo
oni. Nella Progne del Domenichi, nell’Idalba del Verniero, nell’Elisa
del
Closio, nel Torrismondo del Tasso, nelle tragedie
chi, nell’Idalba del Verniero, nell’Elisa del Closio, nel Torrismondo
del
Tasso, nelle tragedie del Torelli si scorgono di
ero, nell’Elisa del Closio, nel Torrismondo del Tasso, nelle tragedie
del
Torelli si scorgono di ciò copiose prove e benché
e superfluità in cui farebbe di mestiero adoperar la falce, né libero
del
tutto è da liriche affettazioni. Fra l’altre che
nel basso. Il Cebà siccome nelle azioni così pure nello stile ha più
del
comico che del tragico. Nel Solimano del Bonarell
Cebà siccome nelle azioni così pure nello stile ha più del comico che
del
tragico. Nel Solimano del Bonarelli, che successe
così pure nello stile ha più del comico che del tragico. Nel Solimano
del
Bonarelli, che successe a’ predetti poeti, si sco
e liriche inezie. L’autore, che fiorì nel tempo che per la corruttela
del
gusto s’amavano i fiori più che i frutti, ed eran
tragica grandezza senza trasandar nel poetico. [6.2.7] Il Corradino
del
Caracci, la Merope del Maffei, la Didone del Zano
a trasandar nel poetico. [6.2.7] Il Corradino del Caracci, la Merope
del
Maffei, la Didone del Zanotti, l’Ulisse del Lazza
o. [6.2.7] Il Corradino del Caracci, la Merope del Maffei, la Didone
del
Zanotti, l’Ulisse del Lazzarini, le Tragedie di P
no del Caracci, la Merope del Maffei, la Didone del Zanotti, l’Ulisse
del
Lazzarini, le Tragedie di Pier Jacopo Martelli, d
Lazzarini, le Tragedie di Pier Jacopo Martelli, d’Annibale Marchesi,
del
Baruffaldi, il Cesare del Conti ed altre hanno ge
Pier Jacopo Martelli, d’Annibale Marchesi, del Baruffaldi, il Cesare
del
Conti ed altre hanno generalmente uno stile lodev
che non abbia qualche germoglio da mozzicarsi: perciocché io non sono
del
parere di Pier Jacopo Martelli, il quale55 scriss
e impressioni dell’obbietto finto con un commovimento simile a quello
del
vero. Tutto ciò che lice per mio parere al poeta,
migliori sentimenti che umanamente possono ricevere, essendo ufficio
del
poeta rappresentar tutto nella maggior perfezione
attenta osservava il grande Achille se portava alcun conforto. E qual
del
Sole allo splendore l’erbetta s’erge sopra del ge
alcun conforto. E qual del Sole allo splendore l’erbetta s’erge sopra
del
gelo sotto cui langue; sì il pensier mio al grato
e le attratte loro riflessioni, come per esempio si vede nella Merope
del
Torelli, ove la nutrice, nell’agitazione in cui e
i parlare per generali sentenze, pare che li predetti poeti, scordati
del
tragico ufficio, abbiano talvolta voluto unicamen
ma per cui Mirra infelice arbor divenne prender ti puote? Nel Crispo
del
medesimo60 altra nodrice per provare che è pruden
agli Italiani per gli altri poetici stili, tanto eccedevano ne’ pregi
del
drammatico. Ma se col paragone di più moderne tra
e molto più se colla norma della sola ragione, che prescrive le leggi
del
perfetto, vogliamo discutere l’elocuzione delle F
tragici francesi. [6.3.3] Si rese in parte scusabile Pietro Cornelio
del
raffinamento troppo ingegnoso di pensieri riconos
parmi riflesso da chi ruzza, non da chi narra cosa gravissima il dire
del
corpo di Pompeo: Où la vague en courroux semblai
tant d’ennuis63. [6.3.10] Per recare qualche esempio d’altre favole
del
medesimo, dirò che improprio per un funesto racco
n pour une âme glacée66? L’altro è nella descrizione che fa Teramene
del
mostro che assaltò Ippolito, mentre invece di ven
perché in questo si riconosce la combinazion ricercata dell’abisso e
del
golfo, s’ammorza la passione nell’atto del concit
on ricercata dell’abisso e del golfo, s’ammorza la passione nell’atto
del
concitarla. Il medesimo avviene appresso ove egli
0? Le due vendette che si procacciano alla natura pare che sieno più
del
poeta che le compone insieme, per bizzarria, che
la persona che favella. La buona morale distingue l’offesa volontaria
del
dritto naturale, dalle operazioni casuali. [6.3.
ue abbiano i Francesi de’ bellissimi esempi, ove s’unisce la nobilità
del
verso all’indole della prosa, contuttociò bene sp
etterebbe anche l’Egitto, dicesi che attaccarebbe l’Egitto alle pompe
del
suo carro: s’attribuisce a Roma la fronte d’una f
perpetuo tessimento d’astratti, di segni, di parti che fanno le veci
del
tutto, di traslati, e di cose simili. [6.5.2] Le
demi. Agamemnone83 si sgomenta figurandosi i suoi futuri allori tinti
del
sangue della figliuola. Ogni minimo guerrier di P
har je me suis enchaînée95. Nel qual verso è notabile l’applicazione
del
carro ad un trionfo amoroso. Nell’Alessandro dice
e traînais avec moi le trait, qui me déchire, il che sembra un detto
del
nostro Petrarca. Articolo VI. [6.6.1] Le a
lissima in un poema epico, ma in di lui bocca, mentre che parla quivi
del
maggior suo interesse, riesce troppo affettata. D
ento è permesso all’entusiasmo de’ poeti: in bocca d’altre persone ha
del
fanatico. Articolo VII. [6.7.1] Passiamo a
re Depuis que votre corps languit sans nourriture120. Nella Berenice
del
medesimo poeta, volendo Tito spiegare che dopo la
do Tito spiegare che dopo la morte di suo padre si ravvide dell’error
del
suo amore non si contenta di dire propriamente:
e: Dès que ma triste main eut fermé sa paupière. [6.7.3] L’Elettra
del
Crebillon incomincia con questi versi: Témoin du
o piuttosto che non sia una forsennata? Il terzo de’ predetti versi è
del
tutto disadatto al trasporto che si vuole rappres
o in nostra lingua messe in opera per la tragedia. La prima fu quella
del
Trissino che si servì de’ versi endecasillabi con
ima misti insieme qualmente a’ nostri giorni è stato scritto l’Ulisse
del
Lazzarini. Una particolare di versi intieri sdruc
rovare la sua introduzione, perciocché proporzionandosi la differenza
del
metro alla diversità degli effetti, essi acquista
i dal sono lor convenevole. Nondimeno, se ben s’osservano le tragedie
del
Gravina, egli non è riuscito in pratica come s’av
e più versi, il numero de’ quali si trova anche maggiore nella rimata
del
Dolce. Vero è che il verso esametro è più lungo d
iore nella rimata del Dolce. Vero è che il verso esametro è più lungo
del
nostro, ma non può ridursi a ciò tale differenza.
onsideran, giacché siamo in proposito d’Omero, non dirò la traduzione
del
Salel o quella di Sarnin, le quali per la rima ha
n qualche incontro. [7.2.3] Alcuni Francesi, per sostenere il pregio
del
loro idioma in confronto di ciascun’altro, han de
a traduzione non mostra il difetto d’una lingua, ma che è conseguenza
del
timore che hanno i traduttori di non rendere l’eq
vogliamo ragionare delle greche traduzioni de’ commentari di Cesare e
del
trattato della vecchiaia di Cicerone, le quali da
la lirica e nella pastoral poesia, così nella tragica non è meno atto
del
francese a sostenere la dignità de’ gravi sentime
posso qui tralasciare che l’autor delle annotazioni fatte al discorso
del
Maffei, nel luogo testé accennato, dà saggio di m
a drammatica la grandezza, la quale è più propria de’ poemi epici che
del
tragico, come ho già detto in altri luoghi. Per l
taliani quanto si lodano d’avanzarli. Madama Dacier, nella prefazione
del
suo Omero, confessa candidamente la lingua france
e arti, delle quali altre si sono perfezionate da moderni, altre eran
del
tutto ignote agli antichi. Ma vana appare tale di
sista unicamente nell’esprimere ogni cosa, ma che sia singolar pregio
del
francese l’avere nomi unici di ciascun significat
a qual ragione furono già disapprovati certi nostri antichi che prima
del
Petrarca fecero uso di voci scientifiche. Né qui
ar di non ignorare le cose fisiche adducendo per esempio questi versi
del
Tasso: Qual tre lingue vibrar sembra il serpente
re, ma per la convenienza della comparazione che avviva la descrizion
del
successo e per la verisimile rappresentanza delle
za delle umane immaginazioni che l’accompagnano. Quanto alla sentenza
del
Martelli, recata dall’anonimo sopracitato nella B
Egli per provare il pregiudizio de’ nostri metri volgari adduce saggi
del
Torrismondo del Tasso e dell’Arsinda del Testi, c
il pregiudizio de’ nostri metri volgari adduce saggi del Torrismondo
del
Tasso e dell’Arsinda del Testi, che ridotti in pr
i metri volgari adduce saggi del Torrismondo del Tasso e dell’Arsinda
del
Testi, che ridotti in prosa riescon migliori; non
iori; nondimeno è troppo agevole riconoscere che non dalla privazione
del
verso, ma dalla correzione dell’altre cose spetta
troso contro i versi tragici de’ Francesi, come s’è mostrato l’autore
del
nuovo libro scritto contro tutta l’arte di versif
into, per lo che ridicolo riesce eziandio il dire che dalla lunghezza
del
verso alessandrino s’acquisti maggior comodo per
ndere che la maggior parte de’ versi corti conviene al coro in Grazia
del
canto ed il rimanente de’ medesimi, che non è mol
censurato lo Speroni che la frequentò nella Canace, né il Trissino è
del
tutto scusabile, benché in ciò fosse più parco e
tema, approvò l’uso francese, adducendo a suo favore che la lunghezza
del
verso alessandrino non lascia sentire le rime in
minore che di due sillabe, come per due enormi sconci che sono propri
del
metro dallui approvato, cioè del rimare ogni vers
er due enormi sconci che sono propri del metro dallui approvato, cioè
del
rimare ogni verso e della vicinanza inalterabile
sono meno notabili gli sconci che vengon prodotti dalla obbligazione
del
rimare per indurre chi che sia a detestare le qua
to che appassionato per li drammi francesi, ha mostrato nella critica
del
proprio Edippo d’avere qualche sentore del danno
ha mostrato nella critica del proprio Edippo d’avere qualche sentore
del
danno che reca alla tragica poesia di quella nazi
litto illesa. Che più? vi vo’ legittimi nemici. Il sol vincol io sono
del
nodo che vi lega. Più senza me non rimarreste uni
me li avete spediti; come per mandarvi (per così dire) un corollario
del
mio critico paragone. Certo per formare un compiu
si rimanevami a vedere una degna parte di esse, ed un saggio notabile
del
gusto, ch’ora ha la Francia nell’arte tragica. Co
ra che non abbiano conosciuto i suoi pregi gli autori per altro dotti
del
giornal letterario d’Aia, i quali rapiti dalle fa
nell’esporne le lodi, che libero nel notarne le censure. La sustanza
del
primo discorso è generalmente buona. L’autore par
, che Racine col vestirlo sempre alla francese: nonpertanto non avrei
del
tutto assolto Cornelio stesso da simili indecenze
simili indecenze. Sagge sono le considerazioni che fa intorno l’unità
del
luogo, del tempo e dell’azione; massimamente quel
cenze. Sagge sono le considerazioni che fa intorno l’unità del luogo,
del
tempo e dell’azione; massimamente quella che rigu
iene dal principale soggetto e senza connessione veruna. Ove discorre
del
metro egli mostra buon senno nell’anteporre i ver
qualor danno in qualche eccesso, perché secondo il pregiudizio comune
del
popolo una tal condizione imponga idee di gran vi
debbono esser norma per la correzion de’ costumi, è contraria al fine
del
poeta, il quale non dee adulare il comun pregiudi
ò il carattere di Tazio non sarebbe per esse riuscito secondo il fine
del
poeta. Contuttociò l’ammirazione sarà stata comun
ima non ha veruna scusa della sua crudeltà: perciocché il pregiudizio
del
popolo atto a concepire la sua ambizione per test
ò solamente che quel difetto, che si trova nell’atto 2. dell’Ifigenia
del
Racine, ove Achille lascia partire la principessa
ella censura che fa l’autore dell’Orazio di Pietro Cornelio a cagione
del
suo parricidio, io son di parere assai discordant
desse innocentemente nel suo pericolo qual utile recarebbe il terrore
del
medesimo? Concorderei con monsieur de la Motte se
quali vogliono stile non disdicevole neppure alla prosa, la mancanza
del
verso sia assai più tolerabile che in altre opere
l metro. L’imitazione ne costituisce l’essenziale bellezza; l’armonia
del
verso dà loro la grazia. Però come in vaga donna
azie, i suoi allettamenti: ma l’imitazione poetica richiede l’armonia
del
verseggiare come Grazia sua propria, e questa pro
utto ciò che diletta; all’incontro senza il metro sarebbe mancante sì
del
piacere che i versi recano coll’armonia, come di
aggio eziandio di correggere i falli, che si conoscono dopo il bollor
del
comporre. Quanto all’ultimo giovamento che monsie
di quella affettazione di stile che è comune a’ Francesi. L’azione ha
del
difetto. Il tentativo che Antioco imprende nel se
are di gran virtù: ma sino al quinto atto è persona oziosa ed a guisa
del
coro degli antichi è più spettatrice che attrice.
rimane ancora troppo pronto144. [Giunta.18] Ne’ soliloqui ha talora
del
narrativo, come può vedersi in quello d’Antioco a
molo m’occorre in primo luogo un grande inverisimile toccante l’amore
del
medesimo. Io non dico che sia contro la natura e
la fama. Né ragionevole è che l’esercito de’ Sabini dopo la prigionia
del
suo re dimori nel posto ove era: anzi dovrebbesi
mori nel posto ove era: anzi dovrebbesi credere che, seguita la presa
del
medesimo, si mettesse tutto in fuga e si disperde
rlerò della maniera in cui Romolo si preserva da’ traditori nell’atto
del
sacrificio: monsieur de la Motte stesso concede e
rto solamente che non consiste tutto l’inverosimile nelle circostanze
del
fatto di Romolo, ma in quelle ancora degli assali
all’intento di disporre una occasione al racconto, ch’ella fa dappoi,
del
suo matrimonio e della reità compatibile, in cui
on l’artifizio appoggiato all’inversimile, aggiunge all’insussistenza
del
fondamento anche la rovina della fabbrica; laddov
esima ricognizione. L’elocuzione è miglior che nel Romolo: non è però
del
tutto libera da’ suoi vizi. Mi par degno di disti
eo d’alcuna delinquenza, il che è falsissimo: perciocché nella favola
del
greco il risentimento che fece Edippo uccidendo L
sta le quali essi non appaion capaci d’usar tanta generosità a favore
del
padre. È ufficio di buon poeta migliorare i costu
ne è dedicato allo svizzero Johann Jakob Bodmer (1698-1783), coetaneo
del
bergamasco e suo corrispondente sin dal 1728, dop
che gli era stato segnalato da Caspar von Muralt, uno degli animatori
del
periodico ginevrino Bibliothèque Italique. Il Bod
ura di una Retorica che si soffermasse in particolare sull’evoluzione
del
concetto di «gusto»; nella lunga lettera del 7 ge
ticolare sull’evoluzione del concetto di «gusto»; nella lunga lettera
del
7 gennaio 1729 (Pietro Calepio, Lettere a J. J. B
esti di lingua, 1964, pp. 5-17), il Calepio rispondeva alle richieste
del
sodale affrontando proprio l’argomento del «buon
rispondeva alle richieste del sodale affrontando proprio l’argomento
del
«buon gusto» nella trattatistica italiana tra Cin
merito di questa lettera egli rispondeva anche ad un altro desiderio
del
Bodmer, il quale chiedeva notizie circa le recent
uttavia che «né l’uno né l’altro ha soddisfatto la buona aspettazione
del
pubblico» —, ma raccomandando la lettura di Carac
» (ivi, p. 44) e il bergamasco accenna in questa sede — nella lettera
del
10 aprile 1729, di aver cominciato a «sbozzare» i
a tragedia contemporanea italiana, dal momento che il Teatro Italiano
del
Maffei, con un’operazione che si potrebbe definir
heologica, per quanto erudita, si era limitato a pubblicare il meglio
del
teatro nazionale antico, lasciando insoddisfatto
avanti con costanza, come dimostrano successivi stralci delle lettere
del
bergamasco: «Ho già posto in ordine una parte del
li impediscono di portare a termine il lavoro, ossia «lo stabilimento
del
mio matrimonio che mi dà qualche distrazione» e i
almente pensato come un’introduzione alla raccolta di tragedie a cura
del
Bodmer, conquista, per dimensione e portata conce
ria per una prefazione o per una introduzione da farsi ai tomi futuri
del
Teatro Italiano» (ibid.). I lavori proseguono inv
e Calepio intendeva esaminare — fra le quali la Polissena e il Crispo
del
Marchese, nonché l’Orazia del Pansuti —, come dim
— fra le quali la Polissena e il Crispo del Marchese, nonché l’Orazia
del
Pansuti —, come dimostra la lettera del 19 febbra
del Marchese, nonché l’Orazia del Pansuti —, come dimostra la lettera
del
19 febbraio 1730 («Voi argomentate invano di ritr
ran perfezione nell’operetta intorno la poesia tragica dalla tardanza
del
compirla, perché già è lungo tempo ch’ella rimane
so essersi ultimamente stampato», ivi, p. 107), e soltanto a novembre
del
1730 il bergamasco ammette di avere, «coll’agio d
te di avere, «coll’agio dell’autunno», pressoché terminato la stesura
del
Paragone, al punto da escludere pregiudizialmente
l punto da escludere pregiudizialmente ogni riferimento alle tragedie
del
de la Motte che pure in quei giorni il Bodmer gli
in quei giorni il Bodmer gli aveva spedito (ivi, p. 119). All’inizio
del
1731 l’opera è finalmente conclusa e Calepio scri
e con più fondamento il vostro giudizio» (ivi, p. 122). La spedizione
del
manoscritto avviene il 9 aprile del 1731 (ivi, p.
zio» (ivi, p. 122). La spedizione del manoscritto avviene il 9 aprile
del
1731 (ivi, p. 124), poco prima che il Bodmer gli
i a purgare le passioni (ivi, p. 132) —, ma nel complesso le risposte
del
bergamasco soddisfano il Bodmer, il quale chiede
Calepio il permesso di stampare il Paragone. La risposta di Calepio,
del
10 settembre 1731, è positiva: «Circa la permissi
quindi stampata, sebbene anonima, come già era accaduto, per scrupolo
del
Calepio, con la lettera sui costumi italiani, e l
nte palesato soltanto nel 1738, con la pubblicazione della recensione
del
Paragone da parte del Maffei nelle Osservazioni l
nel 1738, con la pubblicazione della recensione del Paragone da parte
del
Maffei nelle Osservazioni letterarie. Nello stess
nga superiori; dall’altra il precoce confronto con il Teatro Italiano
del
Maffei: l’antologia del veronese con la sua lunga
a il precoce confronto con il Teatro Italiano del Maffei: l’antologia
del
veronese con la sua lunga prefazione di carattere
te e meticolosa. [Ded.2] Viene qui dichiarato all’autore l’argomento
del
trattato e chiarita la suddivisione dell’opera, c
ella lor proprietà principale. Articolo I. [1.1.1] L’esordio
del
Paragone è segnato da una speculazione sul fine d
one è segnato da una speculazione sul fine della poesia e sul compito
del
poeta; Calepio, rifacendosi ad un’ampia tradizion
e e pedagogica: sebbene sia stata creata soltanto per il divertimento
del
popolo, essa ha precocemente assunto una diversa
co già Omero e i tragici greci, così come Aristotele e Orazio, davano
del
fine della poesia questa interpretazione. Tuttavi
va nei Discorsi dell’arte poetica la natura essenzialmente edonistica
del
fare poetico («Concedo io quel che vero stimo, e
a il fine della poesia», Torquato Tasso, Discorsi dell’arte poetica e
del
poema eroico, a cura di Luigi Poma, Bari, Laterza
salvo poi limare significativamente questo primo assunto nei Discorsi
del
poema eroico, in cui tentava di saldare la ricerc
o nei Discorsi del poema eroico, in cui tentava di saldare la ricerca
del
diletto a quella del giovamento («volendo ritener
ema eroico, in cui tentava di saldare la ricerca del diletto a quella
del
giovamento («volendo ritener il giovamento, si de
o. Eppure nel diciassettesimo secolo prevale la concezione edonistica
del
fine della poesia, sulla scorta della lettura di
nto» al cospetto della «dilettazione» («Il fine intrinseco e prossimo
del
Poeta non è il giovamento, come alcun tenne, ma l
telletti comunali», Pietro Sforza Pallavicino, Trattato dello stile e
del
dialogo (1662), Modena, Mucchi, 1990, pp. 207-208
del dialogo (1662), Modena, Mucchi, 1990, pp. 207-208). Nella Francia
del
Seicento si guardava con grande attenzione al dib
: sul fronte teorico si segnala una netta preferenza per la posizione
del
Castelvetro — largamente citato per questo tipo d
più che a Scaligero parrebbe attingere anche uno dei maggiori teorici
del
classicismo francese, Daniel Heinsius, il quale,
p. 35-37). La fortuna di un’interpretazione edonistica della funzione
del
poeta si propaga nella Francia dell’epoca, soprat
paga nella Francia dell’epoca, soprattutto in rapporto all’affermarsi
del
genere, ancora di importazione italiana, della tr
della tragicommedia; François Ogier, uno degli ingegni più brillanti
del
primo Seicento francese, nella prefazione al Tyr
eatrale fondata esclusivamente sul piacere ed intesa alla ricreazione
del
pubblico («La poésie, et particulièrement celle q
media La Généreuse Allemande (1631). La teoria drammaturgica francese
del
pieno Seicento riprende queste posizioni, e i var
is, Gallimard, 1966, p. 169), sottolineano a più riprese come l’opera
del
poeta debba dirigersi alla ricerca del piacere de
ano a più riprese come l’opera del poeta debba dirigersi alla ricerca
del
piacere del pubblico teatrale. Questa tradizione
prese come l’opera del poeta debba dirigersi alla ricerca del piacere
del
pubblico teatrale. Questa tradizione è coronata n
in senso genericamente morale, oppure anche politico. Questo recupero
del
«giovamento» che procede dalla poesia è condotto
z’altro una particolare importanza assume in questo senso il Discorso
del
cipriota Iason De’ Nores, insegnante all’Universi
De’ Nores, insegnante all’Università di Padova e accanito avversario
del
Guarini nella querelle attorno alla liceità del g
e accanito avversario del Guarini nella querelle attorno alla liceità
del
genere tragicomico, il quale fissava già i passag
rizione particolare di ciascheduna, in Trattati di poetica e retorica
del
Cinquecento, vol. III, a cura di Bernard Weinberg
autori della vita civile furono costretti avvalersi, ad insegnamento
del
popolo, di quegli esercizi che egli aveva per pro
per proprio diletto inventati. Onde conoscendo eglino che la soavità
del
canto rapiva dolcemente i cuori umani, e che ’l d
ero gl’insegnamenti in verso, cioè in discorso armonioso, e l’armonia
del
verso accoppiarono con l’armonia ed ordinazione d
i sonetti e canzoni («Da’ passati ragionamenti io cavo, che l’essenza
del
componimento sia la bellezza, la quale non meno e
Marzorati, 1971, pp. 587-588). Sulla teoria elaborata da Castelvetro
del
«diletto oblico» si vedano i contributi di Pier C
(«I Discorsi Poetici di Faustino Summo: teorie letterarie e “ordine”
del
sapere nell’opera di un Accademico Ricovrato», in
rato», in Dall’Accademia dei Ricovrati all’Accademia Galileiana, Atti
del
Convegno storico per il IV centenario della fonda
a delle poetiche di Scaligero e soprattutto Heinsius nella formazione
del
«classicisme français», si veda invece il classic
ssicistica della Pléiade, fondata da Pierre Ronsard attorno alla metà
del
sedicesimo secolo. La prima tragedia «regolare» f
sard, il quale fu piuttosto caposcuola che drammaturgo. La confusione
del
bergamasco è peraltro ereditata da storici del te
maturgo. La confusione del bergamasco è peraltro ereditata da storici
del
teatro successivi: Gian Rinaldo Carli nel Dell’in
da storici del teatro successivi: Gian Rinaldo Carli nel Dell’indole
del
teatro tragico (1744) ripete la coppia di nomi ci
io, attribuendo a Ronsard una Didone (Gian Rinaldo Carli, Dell’indole
del
teatro tragico, in Id., Opere, XVII, Milano, 1787
ente misurata, più che nelle tragedie di Jodelle, nella vasta fortuna
del
soggetto di Sofonisba che caratterizza gli esordi
a vasta fortuna del soggetto di Sofonisba che caratterizza gli esordi
del
teatro tragico d’oltralpe, producendo due traduzi
a gli esordi del teatro tragico d’oltralpe, producendo due traduzioni
del
dramma di Trissino ad opera di Mellin de Saint-Ge
Baron, sottolineando i debiti contratti da Saint-Gelais nei confronti
del
Trissino, scrive: «Melin, ainsi que beaucoup des
iù categorico il giudizio di Émile Lefranc, il quale, fra le tragedie
del
Cinquecento francese, giudica originale soltanto
putava il loro fallimento dal punto di vista scenico come causa prima
del
malanimo dei francesi nei confronti delle tragedi
la tragedia cinquecentesca cfr. Ferdinando Neri, La tragedia italiana
del
Cinquecento, Firenze, Galletti e Cocci, 1904; Car
, 1972; Marco Ariani, Tra classicismo e manierismo: il teatro tragico
del
Cinquecento, Firenze, Olschki, 1974; Marzia Pieri
o del Cinquecento, Firenze, Olschki, 1974; Marzia Pieri, «La Rosmunda
del
Rucellai e la tragedia fiorentina del Cinquecento
974; Marzia Pieri, «La Rosmunda del Rucellai e la tragedia fiorentina
del
Cinquecento», Quaderni di Teatro, II, 7, 1980, pp
Quaderni di Teatro, II, 7, 1980, pp. 96-113; Paola Mastrocola, L’idea
del
tragico: teorie della tragedia nel Cinquecento, S
aola Cosentino, Cercando Melpomene: esperimenti tragici nella Firenze
del
primo Cinquecento, Manziana, Vecchiarelli, 2003;
167-206. I testi di queste tragedie si possono leggere nell’edizione
del
Teatro del Cinquecento, a cura di Renzo Cremante,
testi di queste tragedie si possono leggere nell’edizione del Teatro
del
Cinquecento, a cura di Renzo Cremante, Milano-Nap
Guida, 2012. Sulla drammaturgia di Jodelle cfr. Enea Balmas, Un poeta
del
Rinascimento francese: Étienne Jodelle: la sua vi
tien, Saint-Étienne, Université de Saint-Etienne, 1979. Sulla fortuna
del
soggetto di Sophonisbe si vedano: Charles Ricci,
Lully, della tragédie en musique — riuscirono a conquistare il favore
del
pubblico, pur tradendo deliberatamente i dettami
ù di quelle di Quinault, di ergersi a modello per gli autori francesi
del
Seicento e del primo Settecento. Sulla capacità d
Quinault, di ergersi a modello per gli autori francesi del Seicento e
del
primo Settecento. Sulla capacità di Quinault di c
oni, di un ampio dibattito che vide protagonisti i maggiori letterati
del
secolo. Dopo un esordio all’insegna del teatro or
agonisti i maggiori letterati del secolo. Dopo un esordio all’insegna
del
teatro orrendo di marca senecana, con la Médée (1
l versante italiano le tragedie corneilliane godettero sin dalla metà
del
diciassettesimo secolo di grande fortuna: fra le
ltre tragedie come Rodogune, Horace, Cinna o Polyeucte. Sulla fortuna
del
Cid in Italia: Marco Lombardi e Coral Garcia, Il
i e Coral Garcia, Il gran Cid delle Spagne: materiales para el studio
del
tema del Cid en Italia, Firenze, Alinea, 1999. Su
Garcia, Il gran Cid delle Spagne: materiales para el studio del tema
del
Cid en Italia, Firenze, Alinea, 1999. Sulle tradu
e tragedie di Pierre Corneille nelle traduzioni e imitazioni italiane
del
secolo XVIII, Bergamo, Fagnani, 1906; Luigi Ferra
XVIII, Bergamo, Fagnani, 1906; Luigi Ferrari, Le traduzioni italiane
del
teatro tragico francese nei secoli XVII e XVIII:
, 1925; nonché i più recenti: Simonetta Ingegno Guidi, «Per la storia
del
teatro francese in Italia: L. A. Muratori, G. G.
eratura italiana, LXXVIII, 1-2, 1974, pp. 64-90; Tobia Zanon, La musa
del
traduttore: traduzioni settecentesche dei tragici
zionale, si sofferma Fabrizio Chirico, «Traduzioni e riforma teatrale
del
XVIII secolo», Comunicazioni sociali, XXVI, 2, 20
ell’avviso al lettore posto in testa all’edizione a stampa dell’opera
del
1653 («La mauvaise réception que le public a fait
tto a termine se non fosse nel frattempo intervenuta la pubblicazione
del
fondamentale trattato di d’Aubignac La Pratique d
Sebbene il giudizio complessivo espresso nella Pratique nei confronti
del
teatro di Corneille fosse ampiamente lusinghiero,
le fosse ampiamente lusinghiero, il drammaturgo si dimostra scontento
del
trattamento riservatogli dal critico, di cui non
ova linfa ai progetti apologetici di Corneille, il quale, nell’agosto
del
1660, confessa per lettera all’abate Michel de Pu
ia il compito di muovere pietà e terrore, forza faziosamente il testo
del
filosofo greco al fine di far apparire che la sua
urgia di Corneille aveva subito in Francia diversi attacchi nel corso
del
secondo Seicento, e Calepio doveva certamente ave
lta soprattutto al Cid, oggetto di numerosi attacchi nella prima metà
del
secolo (cfr. Ubaldo Floris, «La “querelle du Cid”
del secolo (cfr. Ubaldo Floris, «La “querelle du Cid”, o lo scandalo
del
vero», in Storiografia della critica francese nel
la controversia anche Racine, istituendo il fortunato modello critico
del
Parallèle, che anima al fondo lo stesso Paragone
onteggiano Timante, partigiano di Corneille, e Clearque, appassionato
del
teatro di Racine. A spuntarla è in questo caso Ti
iera moderata le argomentazioni di Pierre Nicole e, più propriamente,
del
principe di Conti (Armand de Bourbon, prince de C
un giudizio critico che si rivelerà molto fortunato, in virtù proprio
del
suo superficiale schematismo: «Corneille nous ass
e la supremazia di Corneille sempre a partire da una concezione etica
del
fine della letteratura: «On remporte des pièces d
6, pp. 193-221. [1.1.6] Calepio si riferisce ad un passaggio preciso
del
Discours de la tragédie di Corneille, nel quale l
llustrato con chiarezza le prescrizioni della Poetica circa la scelta
del
protagonista della tragedia in relazione al raggi
esageratamente buono sulla scena, incapace di smuovere la compassione
del
pubblico tanto per l’orribilità del misfatto prec
capace di smuovere la compassione del pubblico tanto per l’orribilità
del
misfatto precedentemente compiuto, quanto per la
da questa analisi Corneille giunge ad interrogarsi sulla reale entità
del
processo catartico descritto da Aristotele, della
n’est qu’imaginaire», ivi, p. 146. L’idea secondo cui l’elaborazione
del
concetto di catarsi aristotelica si doveva ad un
sull’ampia discussione cinque-settecentesca riguardo la colpa tragica
del
protagonista tragico, talvolta interpretata come
1.7] In questo caso il riferimento calepiano va al seguente passaggio
del
Discours di Corneille: «Cependant, quelque diffic
un’altra tragedia corneilliana, osteggiato da Arsinoe, seconda moglie
del
re suo padre, Prusias, al quale vorrebbe succedes
spingerà una madre a moderare l’arbitraria benevolenza nei confronti
del
proprio figlio, un marito a non essere troppo def
enti della formula aristotelica, come accade nel Polyeucte. L’intento
del
Francese di venire a patti con Aristotele, propon
sto brano evidente. A Calepio non poteva certo piacere la conclusione
del
ragionamento di Corneille (ivi, p. 149), riportat
neille (ivi, p. 149), riportata a testo, che dimostra la scarsa stima
del
francese nei confronti dell’operazione critica ch
Bari-Paris, Adriatica-Nizet, 1986, pp. 45-83. Sulla materia politica
del
Nicomède e sulla continuità delle riflessioni di
ice l’asserzione di Aristotele, che inficerebbe la bontà non soltanto
del
Cid — dove Chimena tenta invano di vendicare la m
on soltanto del Cid — dove Chimena tenta invano di vendicare la morte
del
padre esigendo l’uccisione del Cid, di cui è pur
ena tenta invano di vendicare la morte del padre esigendo l’uccisione
del
Cid, di cui è pur sempre innamorata —, ma anche d
ia con le regole aristoteliche forzando la lettura di alcuni passaggi
del
testo greco o addirittura negandone la validità.
e, piuttosto che un equilibrato esame della conformità delle tragedie
del
francese ai dettami del trattato greco. Inoltre l
librato esame della conformità delle tragedie del francese ai dettami
del
trattato greco. Inoltre la modalità con cui Corne
na — protagonista dell’omonima tragedia incentrata sulla cospirazione
del
nipote di Pompeo contro Augusto — avesse abbandon
o la tragedia, al quale il francese sostituirebbe l’esclusiva ricerca
del
piacere dello spettatore. La lettura del bergamas
tuirebbe l’esclusiva ricerca del piacere dello spettatore. La lettura
del
bergamasco è tuttavia a sua volta faziosa: Cornei
rneille insiste a più riprese sulla validità moralistica e pedagogica
del
teatro, ma deputa allo svolgimento di questa funz
la punizione dei malvagi e il trionfo — talora sublimato nel momento
del
martirio — dei buoni (Pierre Corneille, «Discours
spinto. Sulla convergenza di questa strategia corneilliana con quella
del
teatro gesuitico seicentesco si veda il magistral
re francese sei-settecentesco: dalla ripresa, talvolta semplicistica,
del
Discours de la méthode di Cartesio procedeva una
in discussione delle auctoritates nella convinzione dell’indipendenza
del
giudizio da tutto ciò che non era la ragione indi
ew York, Palgrave, 2008, pp. 8-9). Sulla fondazione tardo-seicentesca
del
concetto di «moderno», chiaramente dipendente dal
Querelle des Anciens et des Modernes, protrattasi dagli anni Ottanta
del
Seicento ai primi decenni del Settecento. La Quer
odernes, protrattasi dagli anni Ottanta del Seicento ai primi decenni
del
Settecento. La Querelle, le cui radici andranno r
ate nella Francia degli anni Venti-Trenta e poi più tardi nell’Italia
del
pieno Seicento, ed in particolare in autori quali
1697), porta alle sue conseguenze talvolta più estreme l’applicazione
del
metodo critico cartesiano, secondo una prospettiv
a questione omerica: la disputa, che vedeva contrapporsi i detrattori
del
poeta epico greco — tra i quali eccelleva Houdar
infine la propria moderazione nel giudizio, precisando che, nel corso
del
Paragone, farà ricorso alle autorità dei classici
tichi. Nella Confutazione di molti sentimenti, compresa nell’edizione
del
Paragone del 1770 e volta a ribattere punto per p
Confutazione di molti sentimenti, compresa nell’edizione del Paragone
del
1770 e volta a ribattere punto per punto alle acc
Italia con quella di Francia, e sua difesa, con l’apologia di Sofocle
del
signor conte Pietro de’ Conti di Calepio di Berga
le descrive il fine della tragedia, la quale «per mezzo della pietà e
del
terrore finisce con l’effettuare la purificazione
ierre Corneille, Paris, Armand Colin, 1966). In origine la traduzione
del
passo offerta dal Robortello («per misericordiam
loro presentate. Vincenzo Maggi, riproducendo la medesima traduzione
del
passaggio nel 1550, offriva un’interpretazione af
e affetto disordinato, che corrompe la virtù della fortezza, ha molto
del
ragionevole, o per dir meglio, del necessario. Ma
la virtù della fortezza, ha molto del ragionevole, o per dir meglio,
del
necessario. Ma spogliarsi della pietà chi può far
Verona, Tumermani, 1737, p. 408), avallando una fruizione edonistica
del
testo poetico che già era stata suggerita da Cast
punto cfr. anche Elisabetta Selmi, «Classici e moderni» nell’officina
del
Pastor Fido, Alessandria, edizioni dell’Orso, 200
ri», in La letteratura degli Italiani 4. I letterati e la scena, Atti
del
XVI Congresso Nazionale Adi, Sassari-Alghero, 19-
i, De la purgazione de la tragedia, in Trattati di poetica e retorica
del
Cinquecento, vol. III, a cura di Bernard Weinberg
Nel Settecento Scipione Maffei riproponeva autorevolmente la lettura
del
Maggi e dell’Ingegneri — esplicitamente citato —,
-79). Prima di lui già Martello confermava un interesse nei confronti
del
processo catartico dichiaratamente eterodosso ris
lo scopo di purgare gli «affetti disordinati» («La tragedia per mezzo
del
terrore, e della pietà solleva lo spettatore da q
nconica solleva e toglie la nostra malinconia. Questo è il vero senso
del
testo, ma io senza dipendere da quanto ho scritto
la catarsi tragica come uno strumento di purificazione degli affetti
del
popolo, attribuendole una funzione massimamente e
’umane vicende; e col terrore, e colla compassione purgar gli affetti
del
popolo; e spaventare i potenti dal mal fare coll’
ati, 1971, pp. 548-549) che sopravvive ancora nelle tarde riflessioni
del
Lessing, per il quale la catarsi permetteva la co
su questo punto, in ottica di un proficuo confronto con la posizione
del
Maffei si veda Paolo Scotton, «La poetica della M
esis, 2015, pp. 149-166). Diversa, e alquanto isolata, è la posizione
del
Gravina, il quale recupera la lettura più fedele
cura di Diego Lanza, Pisa, ETS, 2002. Fra le più acute ricostruzioni
del
dibattito cinquecentesco intorno al concetto di c
nto sono ritenuti uomini illustri che cadono in disGrazia non a causa
del
vizio o della consuetudine malvagia, ma in virtù
Polyeucte, tragedia caratterizzata della messa in scena della figura
del
martire, un elenco di autorità che avevano avalla
martire, un elenco di autorità che avevano avallato la messa al bando
del
personaggio di mediocre bontà, o per lo meno rite
e ritenuto in Francia fra i più autorevoli; le misconosciute tragedie
del
giurista e filosofo olandese Ugo Grozio, autore d
e pubblicata nel 1639, nella quale si spingeva a licenziare la figura
del
martire sotto l’egida di Aristotele, al quale imp
o da Corneille dovrà scorgersi la cognizione della profonda diversità
del
teatro greco da quello cristiano: non si tratta p
ola discendente di sovrani ed eroi, secondo la modalità classicistica
del
De casibus, ma piuttosto di rappresentare cristia
virtuoso, dalla tentazione e dal peccato. Anche per questa concezione
del
Cristianesimo, che appare per la verità attravers
schiera di giansenisti lombardi, il bergamasco rifugge dalla tragedia
del
martire gesuitico che aveva avuto in Corneille il
he il consenso di Calepio in merito alla tragedia basata sulla figura
del
martire, presente in quelle Giunte pubblicate pos
l martire, presente in quelle Giunte pubblicate postume nell’edizione
del
Paragone del 1770, che testimoniano un attivo pro
esente in quelle Giunte pubblicate postume nell’edizione del Paragone
del
1770, che testimoniano un attivo processo di risc
l 1770, che testimoniano un attivo processo di riscrittura e modifica
del
trattato che il bergamasco doveva aver intrapreso
l bergamasco doveva aver intrapreso fra gli anni Quaranta e Cinquanta
del
secolo, testimoniata da un consistente numero di
i di Bergamo. In questa sede, pur ribadendo la condanna nei confronti
del
«dramma eroico» di Corneille, l’autore ammette la
dall’osservazione di una favola dietro alla quale aleggia la presenza
del
Deus absconditus: drammi in cui si rappresentano
A partire da questa posizione Calepio ritrova nel Thémistocle (1729)
del
padre gesuita Melchior Folard — forse conosciuto
lchior Folard — forse conosciuto da Calepio nella traduzione italiana
del
1745, fatta per una messa in scena al Collegio de
ili di Milano (cfr. Stefano Locatelli, Edizioni teatrali nella Milano
del
Settecento. Per un dizionario bio-bibliografico d
e fa il suo autore, insistendo ingiustificatamente sulla colpevolezza
del
protagonista, una tragedia canonica atta ad ispir
nfo dei malvagi. Questa opzione, sostenuta dal Conti nella prefazione
del
Druso, anche sulla base del pronunciamento di Cas
one, sostenuta dal Conti nella prefazione del Druso, anche sulla base
del
pronunciamento di Castelvetro («Secondo i princip
inculcati dal Castelvetro, la miseria dell’innocente, e l’esaltazion
del
malvagio generano in noi un certo piacer obliquo,
gio generano in noi un certo piacer obliquo, che è molto più efficace
del
piacer diretto che nasce dalla felicità dell’inno
r diretto che nasce dalla felicità dell’innocente e dall’abbassamento
del
malvagio», Antonio Conti, «Prefazione al Druso»,
in I luoghi dell’Immaginario barocco, a cura di Lucia Strappini, Atti
del
convegno di Siena (21-23 ottobre 1999), Napoli, L
intrinsecamente virtuosi, e la loro probità vacilla soltanto a causa
del
fuoco della passione che li investe: è la loro de
ndo innocenti, d’esser mai condannati, col mezzo della considerazione
del
favore, e della difesa, che all’innocenza viene d
giudicarsi migliore; perché oltre al destar ne’ nostri animi il timor
del
gastigo de’ falli, ci farà conseguire anche l’alt
i quella; e per conseguenza godremo de gli effetti d’ambedue le parti
del
fine, al quale noi stimiamo dirette le moderne Tr
’autocommento corneilliano, Calepio trova fuorviante l’individuazione
del
nodo tragico del Cid nell’amore tra Rodrigue e Ch
neilliano, Calepio trova fuorviante l’individuazione del nodo tragico
del
Cid nell’amore tra Rodrigue e Chimène. La peripez
nodo tragico del Cid nell’amore tra Rodrigue e Chimène. La peripezia
del
dramma di Corneille scaturirebbe infatti dalle ge
odrigo rispettasse l’ordine giuridico costituito, perderebbe la stima
del
padre, dei nobili e della stessa Chimène, qualifi
tivo che assilla Rodrigue, chiamato a scegliere se preservare l’onore
del
padre o l’amore di Chimène, quanto piuttosto sul
i limiti prescritti dal diritto positivo, e difendendo il leso onore
del
padre, il Cid avrebbe violato la condizione di uo
na dimensione eroica che appunto Calepio respingeva. Secondo l’autore
del
Paragone quindi il Cid, concepito come tragedia d
potrebbe concedere una qualche purgazione, benché incompleta, a causa
del
finale lieto che ne guasta in gran parte la riusc
fosse colui che cade in disGrazia a causa della malvagità (κακίαν) e
del
vizio abituale (μοχθηρίαν), ma a causa di qualche
Corneille in effetti parrebbe proiettare su Edipo il carattere eroico
del
suo stesso Rodrigue del Cid quando afferma che il
rebbe proiettare su Edipo il carattere eroico del suo stesso Rodrigue
del
Cid quando afferma che il protagonista della trag
ocenza di Edipo, mentre Dacier rilanciava con forza l’interpretazione
del
Vettori la cui eco si ritrova ancora nelle Osserv
luce come la sopravvivenza dell’opera tragica nel contesto cristiano
del
Rinascimento e la sua potenzialità ri-produttiva
produttiva sia dovuta propriamente all’interpretazione cinquecentesca
del
termine ἁμαρτίαν come errore saltuario, distinto
eviste, ebbe come effetto principale la possibilità e l’ammissibilità
del
genere tragico nel mondo cristiano, o almeno in q
accennava al problema della colpevolezza di Edipo né alla mediocrità
del
suo carattere, soffermandosi piuttosto sui difett
attere, soffermandosi piuttosto sui difetti della traduzione francese
del
testo sofocleo e sull’improprietà delle critiche
assicistica e al suo interesse filologico e linguistico nei confronti
del
testo greco, come dimostrano i numerosi rilievi m
infatti, il bergamasco non si addentra nella discussione sull’entità
del
delitto compiuto dai protagonisti, ma accerta sem
ià il Tasso, nel passaggio dai Discorsi dell’arte poetica ai Discorsi
del
poema eroico dà sfogo a nuove perplessità sul rap
condo, in Id., Opere, III, Verona, Tumermani, 1738, p. 312). L’autore
del
Pastor Fido, rigettando l’archetipo della “mezza
ra Christi, che sarà alla base della tragedia gesuitica seicentesca e
del
dramma corneilliano (su questa parabola guarinian
è il rimando ad Elisabetta Selmi, «Classici e moderni» nell’officina
del
Pastor Fido, Alessandria, Edizioni dell’Orso, 200
Dacier e dei critici fedeli ad Aristotele: «Ma fra le altre sventure
del
povero Edipo dovea esservi ancor questa: cioè che
alunniatori e la curiosità, anzi l’impazienza di ubbidire agli ordini
del
Cielo. Dio ci guardi dalla invincibile ostinazion
e maldestro — in quanto concentra ossessivamente la tragedia sul tema
del
destino, dando vita ad un dramma considerato poco
rotagonista come colpevole per eccesso di ambizione e di fatto autore
del
proprio destino infausto, tenta di prendere le di
9). Per una riflessione sulla figura di Edipo nella tragedia francese
del
Sei-Settecento cfr. Christian Biet, Œdipe en mona
i Tieste, che l’azione colpevole da cui scaturisce il destino tragico
del
protagonista può anche non essere rappresentata s
moderare la collera, ma effettivamente la descrizione che egli offre
del
re tebano per suffragare la sua mediocrità e la c
cente ingiustamente punito, e il tentativo di bilanciare virtù e vizi
del
protagonista della tragedia sofoclea sono funzion
na colpa comune al genere umano che egli favorisce attraverso il dono
del
fuoco rubato e per questo furto viene aspramente
il Dacier, il quale considerava Oreste un personaggio che si macchia
del
terzo tipo di colpa contemplata da Aristotele: no
i per la sua mediocrità (Torquato Tasso, Discorsi dell’arte poetica e
del
poema eroico, a cura di Luigi Poma, Bari, Laterza
i Poma, Bari, Laterza, 1964, pp. 102-103). Al contrario, nei Discorsi
del
vicentino Niccolò Rossi, Oreste veniva considerat
o nel Settecento, misurata sulla base delle traduzioni delle tragedie
del
drammaturgo greco cfr. Ettore Garioni, «Le traduz
ne tragedie eschilee non soddisfano invece a pieno le caratteristiche
del
perfetto protagonista illustrate da Aristotele e
ise da Calepio, ma sono comunque funzionali ad ottenere la purgazione
del
pubblico. È questo il caso dell’Agamennone, nel q
ebbene appaia a Calepio senza macchia, sconterebbe in realtà le colpe
del
padre Atreo. Il bergamasco segue anche in questo
è fatta derivare dal mancato rispetto dell’oracolo di Apollo da parte
del
nonno Laio. Come nel caso dell’Edipo Re Calepio r
hilo il concetto di ereditarietà della colpa che di fatto è alla base
del
ciclo tebano. L’argomentazione di Calepio circa l
la base del ciclo tebano. L’argomentazione di Calepio circa la natura
del
protagonista nelle tragedie di Eschilo sarà ripre
mali minacciatigli dall’oracolo di Lossia, se non vendicava la morte
del
padre, e per l’altre miserie, a cui soggiaceva, p
Ada Ruschioni, Milano, Marzorati, 1971, p. 589). Quanto alla qualità
del
personaggio principale, il bergamasco salva solta
iniana. Tuttavia nel dramma euripideo Andromaca rimane sempre schiava
del
re acheo senza che si parli di nozze, e la vicend
ell’antica Tragedia da Tarquinio Galluzzi, sostenitore della tragedia
del
martire cristiano e difensore di Bernardino Stefo
nocente. A suo parere Aristotele avrebbe prescritto con la sua regola
del
personaggio mezzano una tragedia diversa da quell
ticata (Tarquinio Galluzzi, Rinovazione dell’antica Tragedia e difesa
del
Crispo. Discorsi del p. Tarquinio Galluzzi, Roma,
luzzi, Rinovazione dell’antica Tragedia e difesa del Crispo. Discorsi
del
p. Tarquinio Galluzzi, Roma, Stamperia Vaticana,
ignorava le regole per riuscire più utile, il recupero settecentesco
del
drammaturgo greco è spesso legato ad una sua cons
sua consonanza con i dettami aristotelici, o per lo meno al rispetto
del
fine della tragedia statuito nella Poetica: secon
ide intere XIX. Frammenti ed epistole, greco-italiane in versi. Opera
del
P. Carmeli, accademico di Padova, Padova, Nella S
. Opera del P. Carmeli, accademico di Padova, Padova, Nella Stamperia
del
Seminario, 1743, pp. xxxvii-xil). Da segnalare è
ii-xil). Da segnalare è ancora una volta la ripresa puntuale da parte
del
Quadrio che riproduce apertamente il punto di vis
nel Cinquecento si rimanda ad Agostino Perusi, «Il ritorno alle fonti
del
teatro greco classico: Euripide nell’Umanesimo e
o», Byzantion, XXXIII, 1963, pp. 391-426. Sulla fortuna settecentesca
del
drammaturgo in Italia si rimanda ancora ad Ettore
hèdre di Racine si profilano immediatamente dei paralleli tra l’opera
del
francese e la tragedia di Euripide, peraltro stim
se e la tragedia di Euripide, peraltro stimolati dalla stessa Préface
del
drammaturgo francese. In questa sede Racine aveva
urgo francese. In questa sede Racine aveva lodato la scelta euripidea
del
soggetto, dal momento che esso possiede tutte le
rebbe improbabile. [1.2.13] Le tragedie esemplari dal punto di vista
del
protagonista rimangono anche per Calepio quelle s
e nelle Trachinie si configura come una sposa ardentemente innamorata
del
marito, incauta nel mandare ad Eracle una tunica
mere, cit. t. II, p. 196). Calepio è invece convinto della mediocrità
del
personaggio di Antigone, troppo rigida nel persev
che in questo caso un modello drammaturgico che si discosta da quello
del
protagonista mezzano, reputando distanti dal vero
otelico considerando l’Elettra una tragedia molto confacente al gusto
del
pubblico proprio perché, a differenza dell’Edipo,
nucleo centrale della vicenda, individuando in Sofonisba il prototipo
del
personaggio mezzano adatto ad essere rappresentat
sesta divisione della Poetica, proponeva una lettura molto ortodossa
del
passaggio della Poetica di Aristotele riguardante
(Gian Giorgio Trissino, La quinta e la sesta divisione della Poetica
del
Trissino, Venezia, Arrivabene, 1563, p. 8r). Tass
protagonista. Ci si limita generalmente a citare semplicemnte l’opera
del
Trissino — senza altra specificazione — come trag
a del Trissino — senza altra specificazione — come tragedia esemplare
del
canone italiano; così fa ad esempio Guarini, anno
fia settecentesca non si manca di riconoscere la bontà della tragedia
del
Trissino, anche se talora se ne palesano alcuni l
prove da contrapporre alla drammaturgia francese, assieme alla Tullia
del
Martelli, all’Orbecche del Giraldi, alla Rosmunda
drammaturgia francese, assieme alla Tullia del Martelli, all’Orbecche
del
Giraldi, alla Rosmunda di Rucellai, all’Adriana d
lli, all’Orbecche del Giraldi, alla Rosmunda di Rucellai, all’Adriana
del
Cieco d’Adria, alla Canace dello Speroni, al Torr
’Adriana del Cieco d’Adria, alla Canace dello Speroni, al Torrismondo
del
Tasso, all’Acripanda di Decio da Horte e al Corra
Torrismondo del Tasso, all’Acripanda di Decio da Horte e al Corradino
del
Caracci (Giovan Mario Crescimbeni, La bellezza de
principali si può riconoscere, le quali a parer mio sono la Sofonisba
del
Trissino, la Canace dello Speroni, la Rosmunda de
sono la Sofonisba del Trissino, la Canace dello Speroni, la Rosmunda
del
Rucellai, e tra molte altre del Giraldi l’Orbecch
la Canace dello Speroni, la Rosmunda del Rucellai, e tra molte altre
del
Giraldi l’Orbecche, la Tullia del Martelli, il To
nda del Rucellai, e tra molte altre del Giraldi l’Orbecche, la Tullia
del
Martelli, il Torrismondo del Tasso» (Gian Vincenz
altre del Giraldi l’Orbecche, la Tullia del Martelli, il Torrismondo
del
Tasso» (Gian Vincenzo Gravina, «Della ragion poet
bassi, tipici delle tragedie greche, ma palesemente contrari al senso
del
decoro settecentesco («Chiunque non abbia, come i
ro settecentesco («Chiunque non abbia, come in molti accade, il gusto
del
tutto guasto da certe Romanzate straniere, non po
ioni o detti, che si paiono in personaggi grandi aver talvolta troppo
del
famigliare, non danno disgusto a chi ha cognizion
II, Paris, Cailleau, 1731, pp. 10-11). [1.3.2] Oltre alla Sofonisba
del
Trissino, Calepio considera ottima, per quanto ri
del Trissino, Calepio considera ottima, per quanto riguarda la natura
del
protagonista, la Rosmonda del Rucellai. In questa
a ottima, per quanto riguarda la natura del protagonista, la Rosmonda
del
Rucellai. In questa tragedia, di argomento mediev
nza ai modelli greci nella scelta dei soggetti che determina la bontà
del
dramma —, la protagonista viene catturata mentre
viene catturata mentre vaga nel campo nemico per seppellire il corpo
del
padre, secondo una riproposizione moderna — e dal
De poetis nostrorum temporum, notava una manifesta ripresa, da parte
del
Rucellai, della favola dell’Ecuba di Euripide («F
meno perfetta rispetto alla Rosmonda, Calepio apprezza anche l’Oreste
del
Rucellai, tragedia a lieto fine antologizzata dal
olta giustamente punito a causa dell’uccisione della madre adultera e
del
di lei amante, secondo uno schema interpretativo
in generale sulla tragedia fiorentina cinquecentesca e sulla ripresa
del
modello euripideo si vedano: Marzia Pieri, «La Ro
a ripresa del modello euripideo si vedano: Marzia Pieri, «La Rosmunda
del
Rucellai e la tragedia fiorentina del Cinquecento
ano: Marzia Pieri, «La Rosmunda del Rucellai e la tragedia fiorentina
del
Cinquecento», Quaderni di Teatro, II, 7, 1980, pp
aola Cosentino, Cercando Melpomene: esperimenti tragici nella Firenze
del
primo Cinquecento, Manziana, Vecchiarelli, 2003.
imprescindibile elemento tanto della teoria che della pratica scenica
del
letterato ferrarese. Nel suo tentativo di appiana
sono reputati interamente malvagi —, egli rivendica la natura mezzana
del
protagonista tragico come una delle caratteristic
ana del protagonista tragico come una delle caratteristiche peculiari
del
genere letterario in questione. Proprio in virtù
luto seguire il proprio cuore, sposando Oronte, senza mettere a parte
del
matrimonio il padre, Sulmone, il quale viene a sc
tta dell’amato Marco Antonio. Calepio non apprezza soltanto la natura
del
protagonista di queste tragedie che finiscono con
ivalomeni, in cui i figli di Nicio scontano il prezzo della malvagità
del
padre, il quale aveva tradito la fiducia del re L
l prezzo della malvagità del padre, il quale aveva tradito la fiducia
del
re Loteringo, che in punto di morte gli aveva aff
idato la figlia in moglie. Fra le tragedie lodevoli per la mediocrità
del
protagonista, Calepio cita poi la Canace di Spero
l’afflizione della sorella, egli decide di ucciderla, causando le ire
del
popolo che indurrà i giudici a condannarlo a mort
, concedendosi ad un uomo di condizione inferiore a lei e al di fuori
del
matrimonio. Per l’Elisa del messinese Fabio Closi
condizione inferiore a lei e al di fuori del matrimonio. Per l’Elisa
del
messinese Fabio Closio la colpa della protagonist
è invece ancora una volta l’aver convolato a nozze senza il permesso
del
padre, il quale l’aveva destinata ad un altro mat
e, il quale l’aveva destinata ad un altro matrimonio. Nel Torrismondo
del
Tasso il protagonista, inviato dall’amico Germond
bella Alvida che quest’ultimo desiderava sposare, tradisce la fiducia
del
sodale, congiungendosi con la principessa che lo
ngono quindi prese in considerazione le tragedie di Pomponio Torelli,
del
quale Maffei aveva recentemente ripubblicato la M
ad essere rappresentata con grande concorso di pubblico per la natura
del
soggetto, risolto da favolose agnizioni, ma rilev
facilmente alle accuse mosse a tradimento dalla Regina nei confronti
del
figlio Mustafà, mentre nell’Aristodemo di Carlo d
politica. In questo primo sondaggio sulla tradizione tragica italiana
del
Cinque e del Seicento, Calepio dialoga chiarament
questo primo sondaggio sulla tradizione tragica italiana del Cinque e
del
Seicento, Calepio dialoga chiaramente con il Maff
iaramente con il Maffei, il quale aveva appunto allestito l’antologia
del
Teatro Italiano (1723-1725) per promuovere la ris
omuovere la riscoperta delle più valide pièces italiane; se la scelta
del
veronese era stata tuttavia dettata da motivi più
iute —, nel Calepio emerge in prima battuta l’attenzione alla qualità
del
protagonista, elemento chiave per innescare quel
dipo tradotto da Orsatto Giustiniani e dà la preminenza alla Rosmonda
del
Rucellai — che però al Maffei doveva sembrare tro
Gemelle capuane di Cebà, sul Solimano di Bonarelli e sull’Aristodemo
del
Dottori, benché, come si vedrà nel proseguio, l’a
o achea, soggetto dunque poco compatibile con l’idea della mediocrità
del
protagonista — e alla Cleopatra di Giovanni Delfi
Calepio probabilmente conosceva, come dimostrano successivi passaggi
del
Paragone, anche in virtù della notevole fortuna d
basato sull’incesto, e di altre tragedie semisconosciute come quella
del
Closio o del Razzi, che rivelano lo sguardo dell’
incesto, e di altre tragedie semisconosciute come quella del Closio o
del
Razzi, che rivelano lo sguardo dell’erudito. Se n
Bonarelli, Dottori, egli mostra la sua totale dipendenza dalla scelta
del
veronese. Sembra interessante rilevare infine anc
ragedie nobilissime» da opporre alle dirimpettaie francesi: Sofonisba
del
Trissino, Tullia del Martelli, Orbecche del Giral
da opporre alle dirimpettaie francesi: Sofonisba del Trissino, Tullia
del
Martelli, Orbecche del Giraldi, Rosmunda del Ruce
ttaie francesi: Sofonisba del Trissino, Tullia del Martelli, Orbecche
del
Giraldi, Rosmunda del Rucellai, Adriana del Cieco
sba del Trissino, Tullia del Martelli, Orbecche del Giraldi, Rosmunda
del
Rucellai, Adriana del Cieco d’Adria, Canace di Sp
ia del Martelli, Orbecche del Giraldi, Rosmunda del Rucellai, Adriana
del
Cieco d’Adria, Canace di Speroni, Torrismondo del
l Rucellai, Adriana del Cieco d’Adria, Canace di Speroni, Torrismondo
del
Tasso, Acripanda del Decio e Corradino di Caracci
el Cieco d’Adria, Canace di Speroni, Torrismondo del Tasso, Acripanda
del
Decio e Corradino di Caraccio (Giovan Mario Cresc
e tragedie cinquecentesche, fra le quali l’Idalba di Venier e l’Elisa
del
Closio (Giovan Mario Crescimbeni, L’istoria della
rito alla mezza colpevolezza e in generale sulla teoria drammaturgica
del
ferrarese cfr. Marco Ariani, Tra classicismo e ma
se cfr. Marco Ariani, Tra classicismo e manierismo: il teatro tragico
del
Cinquecento, Firenze, Olschki, 1974, pp. 115-178;
oviensia, X, 2010, pp. 174-185; Susanna Villari, «Giraldi e la teoria
del
personaggio “mezzano” tra drammaturgia e novellis
teraria, CLIX-CLX, 2-3, 2013, pp. 401-425; Rosanna Morace, «La teoria
del
tragico nel Giraldi (con incursioni nell’epico)»,
a storia nella tragedia e nella riflessione teorica sul tragico, Atti
del
Convegno di Studi (Salerno, 15-16 Novembre 2012),
e di Rosa Giulio, Napoli, Liguori, 2014, pp. 169-185. Sulla Cleopatra
del
Delfino si veda Laura Drogheo, «Le varianti della
no», in La letteratura degli Italiani 4. I letterati e la scena, Atti
del
XVI Congresso Nazionale Adi, Sassari-Alghero, 19-
Bulzoni, 2012, pp. 89-106. Sulle modalità di composizione ed edizione
del
Teatro Italiano di Maffei si veda: Stefano Verdin
ilemi tipici della drammaturgia classica, a partire dall’introduzione
del
Coro, fino alla versificazione stravagante, basat
i Enrico Mattioda a Gian Vincenzo Gravina, Servio Tullio, in Tragedie
del
Settecento, vol. I, a cura di Enrico Mattioda, Mo
riprendendone tanto i pregi quanto i difetti: l’innegabile erudizione
del
Gravina veniva scalfita dalla scarsissima ispiraz
guravano sulla scena moderna — egli pensa probabilmente al ripristino
del
Coro, che avrà altrove modo di criticare aspramen
il nostro Autor condannano/ sol con le leggi impresse lor nell’animo/
del
greco, e del latin dall’ignoranzia,/ e dalla pove
or condannano/ sol con le leggi impresse lor nell’animo/ del greco, e
del
latin dall’ignoranzia,/ e dalla povertà di razioc
neroso, e libero/ il novello scrittor delle Tragedie/ portato è fuori
del
confine etereo», Gian Vincenzo Gravina, «Prologo»
lare Calepio rimprovera a Gravina, è il perseguimento di una tragedia
del
martire — quel sapiente di cui è stata ampiamente
Mursia, 1968, pp. 311-378) —, che si discosta dall’impianto catartico
del
dramma con protagonista mezzano. Questa soluzione
fedelmente nel Palamede, dove l’eroe eponimo è un giusto benefattore
del
popolo, accusato a tradimento di connivenza col n
nivenza col nemico grazie all’intervento congiunto dei rappresentanti
del
potere politico (Ulisse e Agamennone) e di quello
ell’Appio Claudio, prima di una folta serie di riprese settecentesche
del
racconto liviano dell’innocente Virginia, vittima
iviano dell’innocente Virginia, vittima sacrificale delle turpi brame
del
dispotico magistrato romano; infine nell’Andromed
acalla che questi si era rifiutato di difendere —, le caratteristiche
del
personaggio mezzano che sconta le conseguenze di
ingiustamente perseguito. Basti qui ricordare per esteso il passaggio
del
Della tragedia a cui sopra si accennava, circa la
, e l’infinita virtù dello stesso Dio: e si ha da togliere agli occhi
del
popolo sì maraviglioso esempio d’imitazione, ed u
. Su questo punto si veda il contributo di Beatrice Alfonzetti, «Voci
del
tragico nel viceregno austriaco: Gravina, Marches
il Quadrio, che condivideva la posizione di Calepio circa la qualità
del
protagonista tragico — dimostrandosi tuttavia, pi
rca la qualità del protagonista tragico — dimostrandosi tuttavia, più
del
bergamasco, un estimatore delle tragedie con eroi
ravina», in Ead., Le passioni e gli affetti: studi sul teatro tragico
del
Settecento, Ospitaletto, Pacini, 1999, pp. 11-70;
etto, Pacini, 1999, pp. 11-70; Camilla Guaita, Per una nuova estetica
del
teatro: l’Arcadia di Gravina e Crescimbeni, Roma,
ello, autore di numerose tragedie religiose, nonché grande ammiratore
del
teatro di Corneille e di Racine — egli era stato
a italiana tra Sei e Settecento —, considerava plausibile la tragedia
del
martire, benché non facilmente rappresentabile, i
n quanto gli sembrava molto difficile sceneggiare la complessa natura
del
sentimento divino (cfr. in proposito Ilaria Magna
o movimento: da una parte il Martello sentiva il fascino della figura
del
martire, mostrandosi propenso a raccontare la sto
t., p. 687). Infine, nel Quinto Fabio, viene messa in scena la storia
del
maestro di cavalieri Quinto Fabio Rutiliano, il q
cavalieri Quinto Fabio Rutiliano, il quale, contravvenendo all’ordine
del
dittatore Lucio Papirio, si scaglia alla guida de
venendo all’ordine del dittatore Lucio Papirio, si scaglia alla guida
del
proprio esercito contro i Sanniti, ottenendo una
enendo una vittoria esaltante, non senza incorrere nell’ira invidiosa
del
magistrato. Di questa tragedia, benché a lieto fi
986, pp. 55-96. Sulle perplessità di Martello in merito alla tragedia
del
martire si sofferma Paola Luciani, Le passioni e
ma Paola Luciani, Le passioni e gli affetti: studi sul teatro tragico
del
Settecento, Pisa, Pacini, 1999, p. 78-79. [1.3.6
va poche tragedie seicentesche come esemplari per lo statuto mediocre
del
protagonista, sono numerose le opere settecentesc
zza della volgar poesia, Roma, De’ Rossi, 1712, p. 2; Id., Commentarj
del
Canonico Gio. Mario Crescimbeni custode d’Arcadia
derico II di Svevia, e guelfi, capeggiati da Carlo d’Angiò, investito
del
titolo di Re di Napoli. Il personaggio che muove
eatro gesuitico — né le Tragedie Sacre, costruite attorno alla figura
del
martire, ma ovviamente la Polissena (1715), nella
), nella quale la protagonista compie il fatale errore di innamorarsi
del
nemico Pirro, al quale verrà richiesto dal fantas
i innamorarsi del nemico Pirro, al quale verrà richiesto dal fantasma
del
padre di troncare la vita dell’amata. Viene riten
he da parte di Scipione Maffei, punto sul vivo da uno scritto postumo
del
Lazzarini che faceva le pulci alla sua Merope. A
isodio, ed in particolare su questa riflessione in merito alla natura
del
personaggio, cfr. Enrico Zucchi, «L’“irragionevol
013), Milano, Mimesis, 2015, pp. 215-234). L’intreccio della tragedia
del
Lazzarini consta di una fedele riproduzione dell’
izione finale — per scontare una colpa dell’Ulisse maggiore, antenato
del
“giovane” che prende parte al dramma. Come già al
a metà, di qui la sua risoluzione, nettamente in contrasto con quella
del
Maffei della Confutazione della critica ultimamen
gedia con Annotazioni dell’Autore, e con la Sua Risposta alla Lettera
del
Sig. di Voltaire. Aggiungesi per altramano la Ver
ra del Sig. di Voltaire. Aggiungesi per altramano la Version Francese
del
Sig. Freret, e la Inglese del Sig. Ayre, con una
ngesi per altramano la Version Francese del Sig. Freret, e la Inglese
del
Sig. Ayre, con una Confutazione della Critica ult
nte stampata, Verona, Ramanzini, 1745, pp. 356-376). La Didone (1718)
del
bolognese GiamPietro Zanotti ripropone fedelmente
niva per la tragedia di Giraldi approvata da Calepio sotto il profilo
del
personaggio principale. La Temisto (1728) del pad
alepio sotto il profilo del personaggio principale. La Temisto (1728)
del
padovano Giuseppe Salìo, allievo di Domenico Lazz
nte — che uccide i propri figli credendoli prole di Ino, prima moglie
del
re tebano. Salìo parrebbe qui riscrivere, in mani
zzarini. La rassegna è finalmente chiusa dall’Achille in Troja (1728)
del
veronese Alfonso Montanari, ammiratore del Maffei
ll’Achille in Troja (1728) del veronese Alfonso Montanari, ammiratore
del
Maffei, incentrata sulla storia di Achille, innam
nti è tutt’altro che complessivo e riguarda specificamente le qualità
del
protagonista. Le tragedie appena citate avrebbero
pena citate avrebbero in realtà numerosi difetti, tanto che la Merope
del
Maffei — che pure, significativamente, non compar
ra inviata al veronese in seguito alla pubblicazione della recensione
del
Paragone sulle Osservazioni letterarie (cfr. Laur
e sulle Osservazioni letterarie (cfr. Laura Sannia Nowé, «La risposta
del
Calepio alle riflessioni del Maffei sul Paragone
ie (cfr. Laura Sannia Nowé, «La risposta del Calepio alle riflessioni
del
Maffei sul Paragone della tragica poesia», La Ras
io, Sebastiano Paoli, promotore dell’edizione napoletana della Merope
del
1719, sottolineava proprio l’ortodossia maffeiana
iproporre, attraverso il personaggio di Merope, l’autentico carattere
del
protagonista di mediocre bontà («Rappresentandoci
la sua disGrazia diletto, e piacere», Sebastiano Paoli, «Ragionamento
del
P. Sebastiano Pauli della Congregazione della Mad
mpato sotto nome pastorale di Tedalgo Penejo», in La Merope, tragedia
del
Signor Marchese Scipione Maffei giusta la prima e
l Signor Marchese Scipione Maffei giusta la prima edizione di Moderna
del
1713. Con le varie lezioni, tratte dalle due ulti
ebolissime, e che nulla o poco hanno di pregevole, toltone la qualità
del
Protagonista, né provando ciò con alcuna ragione,
che bramano d’imparare. […] Egli è però vero, che siccome nel decorso
del
suo Libretto l’Autore, oltre alla scelta del trag
che siccome nel decorso del suo Libretto l’Autore, oltre alla scelta
del
tragico soggetto, va lodando per alcun’altro preg
uni rinomati scrittori di cose poetiche, e in particolare dell’Autore
del
Paragone della Poesia Tragica d’Italia con quella
231). Articolo IV. [1.4.1] Calepio inaugura il quarto articolo
del
primo capo affermando che la tragedia francese è
è inferiore rispetto a quella italiana per quanto riguarda la qualità
del
protagonista, elemento ritenuto essenziale dall’a
nto dell’importante prescrizione aristotelica circa la virtù mediocre
del
protagonista: tanto Corneille quanto Racine avreb
a opinione. Dal canto suo Racine mostrava una maggiore considerazione
del
meccanismo catartico e respingeva le accuse rivol
prima Préface che accompagnava la tragedia, rivendicando il rispetto
del
dettato aristotelico secondo cui gli eroi tragici
rigue nel Cid non suscita il timore di incorrere nella medesima sorte
del
protagonista, il quale agisce deliberatamente ucc
volta nelle medesime disgrazie. Corneille, dal canto suo, nell’Examen
del
Cid (1660) riconosceva nella sua Chimène una donn
a sul teatro molto più convincente di tutti gli eroi di virtù mezzana
del
passato: «Une maîtresse que son devoir force à po
agiva un altro protagonista di bontà mediocre, ossia Placide, figlio
del
governatore d’Antiochia Valens, e innamorato dell
a Valens, incapace di imporsi con Marcelle per esaudire il desiderio
del
figlio. Calepio reputa, diversamente da Corneille
o francese ne apprezzava la forza e il carattere passionale, l’autore
del
Paragone ritiene che questi, essendo un attore se
attore secondario, non muova a compassione quanto i veri protagonisti
del
dramma, Teodora e Didimo. Il bergamasco inoltre r
pio, d’Aubignac aveva invece lodato la Théodore proprio per la natura
del
soggetto, di cui giudicava brillante l’intreccio
, pp. 156-157]). [1.4.4] Calepio aveva già mostrato come il soggetto
del
duello fra Orazi e Curiazi si prestasse a destare
Aretino fra le tragedie italiane meglio costruite in quanto a qualità
del
protagonista (Paragone I, 3, [3]). Tuttavia la ve
a nell’espressione dei sentimenti, eppure risulta migliore agli occhi
del
bergamasco in quanto la materia tragica è distrib
lto meno disomogenea e l’attenzione quasi esclusiva data alla vicenda
del
protagonista rende l’Orazia capace di far nascere
tieri, «Imitazioni e influenze dell’Orazia dell’Aretino e dell’Horace
del
Corneille», Romance Languages Annual, II, 1990, p
e dame francesi che si recavano a teatro con la sola rappresentazione
del
crudelissimo fato di quello che considera un héro
Edipo è dovuto, oltre che al desiderio di accondiscendere ai desideri
del
pubblico — e di riempire uno spazio drammaturgico
e, Il mito cristianizzato: Fedra/Ippolito e Edipo nel teatro francese
del
Seicento, Bern-Berlin, Lang, 2006. Anche d’Aubign
ern-Berlin, Lang, 2006. Anche d’Aubignac riteneva inadatta la ripresa
del
soggetto di Edipo nel teatro moderno («Il me semb
illiana, la voce dell’assolutismo ortodosso, che difende il principio
del
diritto di sangue nella successione, contrastando
odern Language Notes, CXXV, 2010, pp. 873-894). Sull’aspetto politico
del
teatro francese seicentesco e sulla delicatezza n
t e di Trissino. Lo stesso drammaturgo si mostra pienamente cosciente
del
carattere virile impresso alla sua eroina, come m
ignac aveva rimproverato a Corneille l’eccessiva ed affettata durezza
del
personaggio di Sophonisbe, donna alla quale veniv
95, p. 10). La critica di Calepio è sostanzialmente concorde a quella
del
d’Aubignac, sebbene un po’ più articolata. Anch’e
ce profondamente al Calepio, il quale nota con disappunto la torsione
del
soggetto dalla tragedia interiore delle passioni
a patria, appariva turbata dai sensi di colpa nel tramare alle spalle
del
marito. Anche Pietro Napoli Signorelli confidava
ritenute da Calepio ancor più difettose sotto l’aspetto della qualità
del
protagonista e della capacità di destare pietà e
pegnato ad introdurre ovunque episodi amorosi per compiacere il gusto
del
pubblico parigino. Nella Préface del Sertorius, t
amorosi per compiacere il gusto del pubblico parigino. Nella Préface
del
Sertorius, tragedia sulla guerra civile spagnola
1987, p. 309). Voltaire stesso non aveva lodato la torsione politica
del
teatro corneilliano, e confessava di riconoscere
el teatro corneilliano, e confessava di riconoscere a stento l’autore
del
Cid in quel drammaturgo che, rinunciando a muover
pare a Calepio meno irregolare di Corneille rispetto alla costruzione
del
protagonista tragico, benché sicuramente venga ap
one del protagonista tragico, benché sicuramente venga apprezzato più
del
predecessore in quanto, anziché dubitare della po
za a riflettere sul meccanismo della purgazione per quanto in maniera
del
tutto tradizionale, come dimostrano la già citata
mpi dell’impero di Nerone, quando già Agrippina presagiva la crudeltà
del
figlio e Britannico reclamava senza fortuna il tr
Gallimard, 1999, p. 408). Il Terrasson aveva criticato la costruzione
del
Britannicus, considerato non all’altezza della Ph
risposta a queste parole Calepio afferma invece che Britannico non è
del
tutto innocente, poiché elabora a sua volta dei p
ambiente politico assai insidioso, come dimostra ad esempio la scena
del
colloquio con Narcisse, confidente di Nerone, al
incautamente tutti i propri pensieri e progetti (I, 4). Sulla fortuna
del
mito di Fedra in epoca moderna cfr. Rosa Giulio,
osa Giulio, Di Fedra il cieco furor: passione e potere nella tragedia
del
Settecento, Salerno, Edisud, 2000; Daniela Dalla
e, Il mito cristianizzato: Fedra/Ippolito e Edipo nel teatro francese
del
Seicento, Bern, Lang, 2006. [1.4.9] Le altre tra
Racine, come di consueto, aveva affrontato nella Préface la questione
del
carattere dei personaggi in rapporto alle raccoma
nnare un’innocente, quanto scansare la macchinosa soluzione euripidea
del
deus ex machina. Ammette il drammaturgo francese:
l’Andromaque, mostra di voler demolire puntualmente le argomentazioni
del
tragico transalpino dall’alto di un più attento e
trama eroica. Tuttavia non faceva riferimento alla qualità catartica
del
protagonista, come invece accade in altre Préface
a da Racine una tragedia fedelmente rispettosa della qualità mediocre
del
protagonista, come egli mostrava nella Préface de
a qualità mediocre del protagonista, come egli mostrava nella Préface
del
1667: « Quoi qu’il en soit, le public m’a été tro
dia Mithridate non appare all’autore abbastanza pietoso nei confronti
del
figlio e della donna — di cui conosce il recondit
storia turca, dove il protagonista eponimo è incarcerato per volontà
del
fratello Amurat che lo ha condannato a morte. Baj
critica francese aveva mosso alla tragedia di Racine: molti esponenti
del
«partito» corneilliano come Donneau de Visé e Mme
come Donneau de Visé e Mme de Sévigné avevano rimproverato all’autore
del
Bajazet di aver reso troppo galanti quei turchi c
lta da Racine nella seconda Préface della tragedia, ritenendo l’amore
del
protagonista plausibile e passibile di compassion
momento che Bajazet sarebbe condannato esclusivamente dalla crudeltà
del
fratello. Infine Calepio accenna all’Athalie, tra
esia biblica. Anche in questo caso il giudizio in merito alla qualità
del
protagonista non può essere positivo, dal momento
sitivo, dal momento che il protagonista è l’innocente Eliacin, figlio
del
re Joad, contro cui si scaglia la terribile ira d
Joseph-François Duché, tutte inferiori, saranno menzionate nel corso
del
Paragone. Sarà bene specificare che sulle tragedi
conda opzione. Secondo Calepio ciò è dettato dal fatto che «l’oggetto
del
Poeta sia stato quello d’adulare le Dame di Parig
a visto l’avvicinamento progressivo della protagonista alla religione
del
vero padre, il cristiano Lusignan, l’uccisione de
vero padre, il cristiano Lusignan, l’uccisione della ragazza da parte
del
geloso sultano Orosmane appare a Calepio una puni
di Voltaire, giudicando il primo infinitamente più proprio a purgare
del
secondo, che rappresentando Cesare come un tirann
me un tiranno appaga, con la riuscita della congiura finale, il gusto
del
pubblico di vedere punito il malvagio, ma non dà
richiede la tragedia» (ivi, pp. 175-176). Sulla versione voltairiana
del
soggetto di Cesare si veda Beatrice Alfonzetti, I
nzetti, Il corpo di Cesare: percorsi di una catastrofe nella tragedia
del
Settecento, Modena, Mucchi, 1989, pp. 9-79. [1.4
umana, non può dilettarsi l’Intelletto nostro, se non dalla cognizion
del
Vero, o dalla simiglianza e sembianza del Vero. A
tro, se non dalla cognizion del Vero, o dalla simiglianza e sembianza
del
Vero. Adunque convien dire che la Poesia anch’ess
in Italia, lettori che misuravano la bontà della tragedia sulla base
del
rispetto della storia: contro questi Racine inter
ostruzione degli affetti e dei personaggi tenendo conto dell’applauso
del
pubblico, sono spesso mancati nel raggiungimento
to dell’applauso del pubblico, sono spesso mancati nel raggiungimento
del
vero fine tragico, ossia suscitare pietà e terror
gedie di Corneille — dei drammi eroici, perché costruiti sulla figura
del
martire o più in generale sul protagonista virtuo
alla tragedia italiana, rea di aver messo talvolta in scena soggetti
del
tutto fittizi. Questo tipo di tragedia, come rico
querelles seicentesche che si svolgono in margine alla pubblicazione
del
Pastor Fido, la tragicommedia pastorale — pur dif
astorale — pur differenziandosi dal genere tragico per l’introduzione
del
lieto fine, nonché per la qualità dei protagonist
genere di pastorale tragica si erano cimentati, tra gli anni Novanta
del
Seicento e gli anni Venti del Settecento, numeros
i erano cimentati, tra gli anni Novanta del Seicento e gli anni Venti
del
Settecento, numerosi autori tra i quali, oltre al
a che il diletto della poesia derivava esclusivamente dall’imitazione
del
vero, giustificando la scelta di un soggetto trat
un tempo quell’inquietudine, che l’agita continuamente per la ricerca
del
vero?» (Antonio Conti, «Lettera a Sua Eminenza il
e da un’accesa polemica nei confronti della pastorale, e segnatamente
del
Pastor Fido, si potevano ritrovare nel Della trag
ri dell’italianistica: ricerca, didattica e organizzazione agli inizi
del
XXI secolo, Atti del XVIII congresso dell’ADI — A
: ricerca, didattica e organizzazione agli inizi del XXI secolo, Atti
del
XVIII congresso dell’ADI — Associazione degli Ita
icamente politica e storica, che si contrapponeva a quella filosofica
del
Guidi (Annalisa Nacinovich, «L’Elvio di Crescimbe
onclusa in modo lieto. Fra le tragedie costruite invece sull’evidenza
del
fatto orribile, Calepio considera frutto di inven
risto, riporti nella sua Storia varia (V, 21) una differente versione
del
mito di Medea, secondo cui ad uccidere i figli fu
diffuso all’epoca: oltre a Calepio anche Giovanni Antonio Volpi (Rime
del
signor G. Antonio Volpi, Padova, Comino, 1741, p.
entra il suo rimprovero alla drammaturgia transalpina sono la qualità
del
protagonista, spesso eccellente anziché mediocre,
a scelta poco perspicua dei soggetti, nonché il mancato perseguimento
del
fine ultimo della tragedia, ossia destare timore
re timore e compassione, in favore dell’ammirazione, nuovo obbiettivo
del
poeta tragico a partire dal teatro di Corneille.
e dal teatro di Corneille. Si passerà dunque a questo punto all’esame
del
valore della peripezia, ossia il rivolgimento dei
contrario, che costituisce secondo Aristotele la bellezza principale
del
poema tragico (1452a 20). Il filosofo greco elenc
omponio Torelli, Trattato della poesia lirica, in Trattati e Poetiche
del
Cinquecento, vol. IV, a cura di Bernard Weinberg,
alore determinante per l’elaborazione di una poetica dell’argutezza e
del
dilettevole, dove la meraviglia era situata prima
arizzata e sposta, vol. I, cit., pp. 306-312), sovrappone il concetto
del
meraviglioso alla nozione di peripezia, intendend
la peripezia dell’Edipo Re di Sofocle (1452a 21-28), perché giungeva
del
tutto a sorpresa, dal momento che il messo arriva
ano tra consanguinei è ricavata da Aristotele (1453b 15-25). L’autore
del
Paragone si tiene qui lontano dalla concezione ba
ta tutta a livello di elocutio, ma propende per una caratterizzazione
del
meraviglioso che si esplica sul piano dell’invent
r istraforo di perspettiva». Il Cannocchiale aristotelico e la poesia
del
Seicento, Pisa-Roma, Istituti editoriali e poligr
a». «Meraviglioso» e classico nella tragedia e tragicommedia italiana
del
Cinque-Seicento, Roma, Aracne, 1999. Sul concetto
della filosofia antica, Bari, Laterza, 2007. [2.1.3] Il riferimento
del
discorso di Calepio va ancora in prima battuta al
per quanto non debba venire esclusa dalla tragedia, è una peculiarità
del
poema eroico («Se è vero che nella tragedia si de
a la riflessione sul meraviglioso si era appunto inserita all’interno
del
dibattito sul fine della letteratura, identificat
iglia il solo compito di destare diletto, Tasso rivendicava l’utilità
del
poema epico fondato sull’esercizio di quella stes
proprio, perché sì come altro fine ha l’arte de’ freni, altro quella
del
far l’alabarde (tutto che l’una e l’altra sia sub
questa per aventura è il mover maraviglia» (Torquato Tasso, «Discorsi
del
poema eroico», in Id., Discorsi dell’arte poetica
so, «Discorsi del poema eroico», in Id., Discorsi dell’arte poetica e
del
poema eroico, a cura di Luigi Poma, Bari, Laterza
enere letterario maggiormente capace di raggiungere l’utile per mezzo
del
dilettevole: «Egli è adunque l’Epopeia, per quel,
o degli elementi che indirizza il poema eroico verso il perseguimento
del
diletto piuttosto che di un beneficio etico per i
si inserisce peraltro in una florida tradizione di poetiche francesi
del
Seicento impegnate — sempre sotto l’egida cartesi
questi si allontanassero dalla norma aristotelica o dalla riflessione
del
Tasso, il quale nei Discorsi del poema eroico sta
rma aristotelica o dalla riflessione del Tasso, il quale nei Discorsi
del
poema eroico stabiliva al contrario precise linee
della tragedia (Poetica, 1460a 12-14), aveva preso il Cid ad esempio
del
perfetto utilizzo dell’ammirazione — valore emine
minentemente epico e contrapposto alla verosimiglianza —, all’interno
del
contesto drammaturgico (Père Le Bossu, Traité du
altra parte, Terrasson considerava appunto la tragedia un sottogenere
del
poema eroico: «LA TRAGEDIE est un Poëme Héroïque
per i cattivi (1453a). Tra queste Aristotele si dichiarava partigiano
del
primo tipo, praticato a suo dire da Euripide, ing
neare come la fortuna della tragedia doppia si dovesse alla debolezza
del
pubblico, il quale preferiva assistere all’afferm
o il modello tragicomico che, come illustrano chiaramente i paratesti
del
Pastor Fido, si fondava proprio sulla favola dopp
astor Fido, si fondava proprio sulla favola doppia e sull’inserimento
del
lieto fine (cfr. in proposito gli strali della be
to punto: Battista Guarini, Risposta dell’Attizzato contra l’Apologia
del
Nores, in Id., Opere, t. III, cit., pp. 219-222).
iche e Comiche: e questo basta per farla simile alla doppia legittima
del
Filosofo, la quale non può negarsi, che non sia f
erna, secondo cui le tragedie a lieto fine erano ammissibili in virtù
del
fatto che esse erano state praticate da numerosi
tica, dal momento che in essa sarebbe facile notare l’azione benefica
del
disegno provvidenziale: «Senza che si ristringe a
per gli essempi proposti in questa santa opinione che Dio habbia cura
del
mondo et providenza speziale de’ suoi difendendo
o che i destini dei protagonisti Merope ed Egisto divergono da quelli
del
tiranno Polifonte, riesce particolarmente piacevo
tiranno Polifonte, riesce particolarmente piacevole proprio in virtù
del
fatto che il rivolgimento dalla miseria alla feli
izione, ritenuta poco efficace ad esprimere le potenzialità patetiche
del
dramma, e condannava le molte tragedie italiane c
articolare la scelta della prosa. Ghirardelli si difese nell’edizione
del
’53, prima di ricevere una nuova stroncatura da u
re una nuova stroncatura da un altro Umorista, Giovan Battista Savaro
del
Pizzo, nel 1655 (sull’episodio si veda il resocon
dio si veda il resoconto dato in Giovan Mario Crescimbeni, Commentarj
del
Canonico Gio. Mario Crescimbeni custode d’Arcadia
i, «La satira dell’Invidia di Salvator Rosa e una polemica letteraria
del
Seicento», Giornale storico della letteratura ita
rsi dalle accuse di aver alterato la verità storica nello svolgimento
del
suo dramma, richiamando l’esempio dell’Héraclius,
eloquenza) che nell’anno presente colla meravigliosa Rappresentazione
del
Cid nella sua lingua natia ha destata ne i Teatri
n piacere questa citazione e nei suoi Discours si ricordò dell’autore
del
Costantino, lodandolo fra i drammaturghi italiani
figlio soltanto dopo averlo fatto uccidere; tuttavia questa condotta
del
dramma, tutta giocata sull’allestimento di una pl
verosimiglianza storica in favore di una maggiore aderenza alla resa
del
dato patetico, come giustamente nota John D. Lyon
no inosservate; Giovan Mario Crescimbeni, tra i più strenui avversari
del
drammaturgo e teorico francese, replicò in manier
e terrore. Proprio in margine alla Merope, la quale doveva gran parte
del
suo successo nel Settecento all’agnizione assai p
svilupperà un lungo dibattito europeo in merito al meccanismo tragico
del
riconoscimento. Se Voltaire loderà la Merope del
l meccanismo tragico del riconoscimento. Se Voltaire loderà la Merope
del
Marchese, ritenuta superiore all’Athalie del Raci
oltaire loderà la Merope del Marchese, ritenuta superiore all’Athalie
del
Racine in virtù dell’agnizione, Lessing si mostre
e, cogliendo nelle parole con cui Ismene sottolineava l’eccezionalità
del
riconoscimento, un segnale che tradiva la natura
atore dall’illusione scenica (Cfr. Paolo Chiarini, «Le contraddizioni
del
moderno nella Hamburgische Dramaturgie di Lessing
gische Dramaturgie di Lessing», in La città delle parole: lo sviluppo
del
moderno nella letteratura tedesca, a cura di Paol
ieri, in virtù della bellezza dell’agnizione contenuta nella tragedia
del
veronese (Francesco Benedetti, Discorso intorno a
to di Carmela Lombardi, La dipintura poetica: problemi di costruzione
del
racconto nei testi di teoria e critica della lett
conto nei testi di teoria e critica della letteratura e di altre arti
del
primo Settecento, Chieti, Solfanelli, 1992, pp. 6
olui che credeva suo figlio, aveva in realtà commissionato l’omicidio
del
proprio figlio naturale in favore del figliastro.
realtà commissionato l’omicidio del proprio figlio naturale in favore
del
figliastro. Sulla natura “trasgressiva” rispetto
la natura “trasgressiva” rispetto ai canoni accademici della tragedia
del
Bonarelli, che tuttavia riuscì in breve ad imporr
li nel Seicento: strategie di comici e dilettanti nel teatro italiano
del
diciassettesimo secolo, Roma, Bulzoni, 2008, pp.
6. Sul coinvolgimento della corte fiorentina nella vicenda editoriale
del
Solimano, in cui si celebrano i successi politici
rischiano invece, a suo dire, di perdere progressivamente, nel corso
del
dramma, gran parte della loro efficacia, svuotand
per vendicare il padre Toranius, mandato a morte da Augusto. I dubbi
del
protagonista, incapace di tradire Augusto ma anch
i al canonico modello dell’Edipo Re. Calepio riproduce le riflessioni
del
Gravina, il quale, nel Della Tragedia, dissentend
Calepio viene quindi a trattare delle passioni, elemento fondamentale
del
sistema tragico sei-settecentesco, nel quale la r
to caso di analizzare i tre punti che ritiene fondamentali nella resa
del
pathos tragico, ossia la qualità delle passioni,
cui rendere queste passioni più adatte ad attirare la commiserazione
del
pubblico. Sarà bene precisare che nel discorso ch
tradizione speculativa francese, a legittimare questa interpretazione
del
termine, insistendo sull’antinomia tra passione e
incenzi, Palermo, Aesthetica, 2003, p. 16) —, quanto piuttosto l’atto
del
patire e precisamente la commozione che deriva da
l protagonista. La resa calepiana è dunque fedele all’interpretazione
del
termine greco «pathos», che talora andava a coinc
iò non toglie che nel Bergamasco siano presenti entrambe le accezioni
del
termine, come si è visto in precedenza, nel corso
e: Pomponio Torelli e la cultura farnesiana di fine Cinquecento, Atti
del
Convegno, Parma-Pontechiarugolo (13-14 novembre 2
7; Paola Luciani, Le passioni e gli affetti: studi sul teatro tragico
del
Settecento, Pisa, Pacini, 1999; Georges Forestier
strate rispettose delle caratteristiche necessarie a destare la pietà
del
pubblico, predisponendo protagonisti mediocri e s
edia d’oltralpe fosse capace di attirare la compassione nei confronti
del
protagonista della vicenda, Calepio ritiene che p
eo, il quale, entusiasta e sprovveduto a sua volta, racconta al padre
del
proprio amore per Polixène, chiedendo la licenza
ere cupo di Achille che vi campeggia denota la vicinanza a molti eroi
del
teatro di Pierre Corneille che non potevano incon
tta dal veronese Giovan Nicola Alfonso Montanari, sodale e ammiratore
del
Maffei, fondata su principi affatto diversi rispe
le decisioni della figlia. Polissena, infatti, in questa riscrittura
del
soggetto, è innamorata di Achille, personaggio tu
sa troiana, novella Chimene, combattuta fra il rispetto della memoria
del
fratello, ucciso da Achille, e l’amore che prova
in, il quale insiste sulla rivisitazione in chiave galante e patetica
del
personaggio di Achille nel teatro medio e tardo-s
chille nel teatro medio e tardo-seicentesco, rilevando lo svuotamento
del
significato epico del mito che presiede anche all
o e tardo-seicentesco, rilevando lo svuotamento del significato epico
del
mito che presiede anche alla scrittura del romanz
ento del significato epico del mito che presiede anche alla scrittura
del
romanzo di Fénelon Les Aventures de Télémaque e a
on père”», ibid.). Calepio non contesta al de La Fosse l’inosservanza
del
dato storico, quanto piuttosto la scarsa efficaci
a come archetipo della magnanimità eroica, usuale nel teatro francese
del
Seicento condizionato dalla drammaturgia corneill
(1715) di Annibale Marchese, diversamente da quanto accade in quella
del
Francese, Pirro uccide l’amata Polissena, ottempe
lla Préface della Polyxène, Calepio considera inconsistente l’appello
del
drammaturgo all’auctoritas di Corneille (cfr. Par
battuta Rodogune) e di molti altri drammaturghi francesi. Nell’ottica
del
Bergamasco, l’introduzione di un antagonista malv
disporre gli intervenuti a provare compassione per i miserevoli casi
del
protagonista sventurato, farebbe covare loro un s
, farebbe covare loro un sentimento di animosa ostilità nei confronti
del
cattivo: l’insorgere di questo slancio di indigna
le due prime tragedie stampate da Scipione Maffei nella sua antologia
del
Teatro Italiano; entrambe giocano sul conflitto i
tologia del Teatro Italiano; entrambe giocano sul conflitto interiore
del
protagonista mediocre — Sofonisba, combattuta tra
ve di personaggi malvagi. Nel Solimano di Bonarelli e nell’Aristodemo
del
Dottori, a loro volta antologizzate dal Maffei, c
ntenzionalmente o meno i figli ad una causa politica. Fra le tragedie
del
Settecento Calepio non può ovviamente citare la M
e tragedie del Settecento Calepio non può ovviamente citare la Merope
del
Maffei, favola doppia in cui il malvagio tiranno
iranno Polifonte viene infine destituito; egli nomina quindi l’Ulisse
del
Lazzarini, in cui viene rigorosamente ripreso il
in accordo col filosofo greco, il mancato rispetto della «mediocrità»
del
protagonista, in questo frangente si passa ad att
la quale mette in atto un terribile piano di vendetta; nella Rosmonda
del
Rucellai, invece, all’innocente protagonista si o
una pietà ben maggiore dell’indignazione che produrrebbero le azioni
del
cattivo. Il caso di Antiochus nella Rodogune — il
oti come il bergamasco riprenda con puntualità il testo di Corneille,
del
quale fornisce una sorta di traduzione; ciò confe
le fornisce una sorta di traduzione; ciò conferma che sullo scrittoio
del
bergamasco non manca, lungo tutta la stesura del
che sullo scrittoio del bergamasco non manca, lungo tutta la stesura
del
Paragone, una copia dei Discours, ai quali egli f
morte dalla madre. Tale delitto è compiuto inoltre, secondo l’autore
del
Paragone, con un’efferatezza assai maggiore di qu
della ragione che riteneva fin dal primo capo un carattere distintivo
del
suo scritto, un criterio fondamentale al quale so
suo parere infatti la catastrofe finale è un elemento imprescindibile
del
dispositivo tragico, in quanto proprio la risoluz
nella sua Hamburgische Dramaturgie, condanna aspramente l’immoralità
del
soggetto e del personaggio di Cléopâtre, che a di
urgische Dramaturgie, condanna aspramente l’immoralità del soggetto e
del
personaggio di Cléopâtre, che a differenza di qua
la figlia di Agamennone veniva rapita e salvata dagli dei al momento
del
sacrificio senza che intervenisse alcun personagg
nisse alcun personaggio malvagio nell’intreccio. Per una ricognizione
del
dibattito sulla struttura e sul finale dell’Iphig
li spettatori alla misericordia. Il Bergamasco si fa così sostenitore
del
Coro della tragedia greca, atto a compatire gli e
e vogliamo, dal momento che nei capi successivi demolirà ogni impiego
del
personaggio corale nella tragedia moderna. Oltre
a, e che invece era stata generalmente trascurata nel teatro francese
del
Seicento. [2.4.6] Lo scioglimento della tragedia
l’amore casto e devoto di Didyme, quanto di quello di Placide, figlio
del
governatore di Antiochia, Valens, deciso a ripudi
iso a ripudiare la giovane Flavie, figlia di Marcelle, seconda moglie
del
padre, pur di conquistare la ragazza cristiana. N
, la quale, per vendicare la figlia, uccide Théodore, oggetto d’amore
del
figliastro e mancato genero, e con lei Dydime. Il
1806. Ciò che interessa a Corneille non è tanto destare la commozione
del
pubblico attraverso un ragguaglio preciso dell’av
icato e patetico, la forza d’animo di Teodora e l’eccezionale portata
del
sacrifico di Didimo, ma piuttosto il dibattimento
onaggio della santa, troppo freddo ed incapace di muovere le passioni
del
pubblico. Al contrario, egli riteneva particolarm
fierezza, al punto che sarebbe apparso inverosimile qualora il finale
del
dramma fosse stato diverso e meno crudo («J’avais
learco che piangevano la perdita dei figli (III, 9-11; cfr. Argomento
del
dramma musicale de’ Santi Didimo e Teodora, Roma,
per un inquadramento dell’opera di Rospigliosi nel contesto francese
del
Seicento, nonché per l’analisi di singoli melodra
sto francese del Seicento, nonché per l’analisi di singoli melodrammi
del
“papa comico”, i molteplici studi di Arnaldo More
. 1724-1728). Corneille si era soffermato su questo punto nell’Examen
del
1660 — che Calepio dimostra di conoscere —, asser
à dell’azione principale, aveva preferito affidare un breve resoconto
del
martirio alle parole di Pauline: «Je n’ai point f
che il quinto atto dell’Edipo Re di Sofocle fosse inefficace a causa
del
lungo racconto della morte di Giocasta e della ca
maturgo francese comprova questa convinzione con l’esperienza diretta
del
suo Œdipe; anch’egli infatti aveva concepito la s
da queste considerazioni, taccia il Francese di invidia nei confronti
del
più capace poeta greco, denunciando il motivo per
eripezia veniva sdoppiata inutilmente, facendo diminuire l’attenzione
del
pubblico («Il fondamento, si può dire unico, di q
elle cose precedenti della stessa sua tragedia; ed è che la peripezia
del
nuovo Edippo si compie in due volte, perché prima
ntando la fattura dell’Odissea, riflette su come l’argomento centrale
del
poema di Omero sia tutto sommato semplice e ridot
rneille, una tragedia di stampo fortemente cristiano, ma a differenza
del
Francese, il quale sviluppava nelle sue tragedie
ie una sorta di agiografia eroica, pienamente rispondente ai principi
del
gesuitismo cattolico, l’autore del Paragone insis
pienamente rispondente ai principi del gesuitismo cattolico, l’autore
del
Paragone insiste sulla definizione di personaggi
tato a immedesimarsi nel protagonista e a compatirlo proprio in virtù
del
fatto che egli riscontra in lui i suoi medesimi d
o per Calepio è al contrario diretto: è per l’appunto nella debolezza
del
protagonista — che il bergamasco ha così scrupolo
ecensendo svariate tragedie italiane dal punto di vista della qualità
del
personaggio principale — che l’uditore riconosce
ostra il caso di Terenzio, preferito a Menandro da Donato, grammatico
del
IV secolo, proprio per aver arricchito gli argome
del IV secolo, proprio per aver arricchito gli argomenti delle opere
del
drammaturgo greco. Le commedie di Terenzio, fortu
aria Panetta ha proficuamente letto in termini jaspersiani («il senso
del
tragico dell’Aristodemo si può condensare, appunt
poi diviene impossibilità — di abbandonarsi alla fiducia nel cessare
del
“vento” (v. 66), in questo senso di attesa degli
one presaga di sventure, persino nel momento dell’annuncio della fine
del
pericolo», Maria Panetta, «“La mal sicura speme”.
a fine del pericolo», Maria Panetta, «“La mal sicura speme”. Il senso
del
tragico nell’Aristodemo di Carlo de’ Dottori», in
drammaturgia seicentesca, come la storia d’amore fra Despina, figlia
del
re di Persia celatasi in abiti maschili, e Mustaf
re di Persia celatasi in abiti maschili, e Mustafà, o l’introduzione
del
personaggio di Mulearbe, indovino del re. La fabu
li, e Mustafà, o l’introduzione del personaggio di Mulearbe, indovino
del
re. La fabula di queste due tragedie, in entrambi
Roma, École française de Rome, 1996, pp. 137-161. Sulla composizione
del
Solimano si rimanda a Roberto Ciancarelli, Sistem
li nel Seicento: strategie di comici e dilettanti nel teatro italiano
del
diciassettesimo secolo, Roma, Bulzoni, 2008, pp.
o sviluppo della favola, né cooperano ad aumentare la verosimiglianza
del
contesto. Sulla necessità di eliminare le estese
epio si trova in pieno accordo con il Maffei, il quale nell’antologia
del
Teatro Italiano aveva in tal senso operato sulle
infine la descrizione della tempesta fatta da Torrismondo all’inizio
del
dramma (Torquato Tasso, Re Torrismondo, I, 3, vv.
ttro versi della battuta iniziale di Oreste. Il passaggio incriminato
del
Torrismondo (III, 1) consta invece della lunga sc
prosastica si vedano: Grazia Distaso, «Una riscrittura settecentesca
del
“Torrismondo” e il trattato “Del verso tragico” d
o di ben 42 versi e alcuni aggiustamenti per non guastare la coerenza
del
discorso (cfr. Scipione Maffei, Teatro Italiano,
lla sensibilità drammaturgica settecentesca, come mostrano gli esempi
del
Martello e del Maffei, oltre che del Calepio stes
drammaturgica settecentesca, come mostrano gli esempi del Martello e
del
Maffei, oltre che del Calepio stesso, queste lung
ntesca, come mostrano gli esempi del Martello e del Maffei, oltre che
del
Calepio stesso, queste lunghe digressioni erano p
e noiose; proprio a simili «pezzi» andava imputato lo scarso successo
del
teatro tragico italiano sulle scene contemporanee
he snellisse la struttura di questi (falsi) dialoghi. Sull’importanza
del
racconto della tempesta nel Torrismondo, anche in
ammatica e testo profondo: il racconto della tempesta nel Torrismondo
del
Tasso», Rivista italiana di drammaturgia, XV-XVI,
9-66. [3.1.5] In questo frangente emerge con chiarezza la conformità
del
progetto teatrale di Pietro Calepio con quello de
ezza la conformità del progetto teatrale di Pietro Calepio con quello
del
Maffei della Merope e del Teatro Italiano, nonché
getto teatrale di Pietro Calepio con quello del Maffei della Merope e
del
Teatro Italiano, nonché, ancor prima e più signif
italiana, di una precisa attenzione all’allestimento è l’introduzione
del
Coro, considerato da Calepio dannoso per la veros
zione del Coro, considerato da Calepio dannoso per la verosimiglianza
del
dramma, nonché difficilmente rappresentabile — su
dramma, nonché difficilmente rappresentabile — sui difetti specifici
del
Coro e sui problemi rappresentativi che esso comp
izione latina ad opera di Gregorio Correr. Nella Progne la dimensione
del
dialogo vero e proprio è quasi assente, dal momen
esso modo i Cori sono particolarmente lunghi e verbosi. Sulla fortuna
del
mito di Progne nella drammaturgia cinquecentesca
inquecentesca si rimanda a Elena E. Marcello, «Reescrituras teatrales
del
mito de Progne y Filomena en las tragedias renace
o, la soluzione adottata dai drammaturghi francesi circa la questione
del
Coro, che prevede la sostituzione dell’inserto co
mpiego calepiano di metafore che fanno riferimento al campo semantico
del
cibo («sovente parmi essere avvenuto a que’ poeti
il sapor natio delle vivande»), che tornerà a più riprese nell’opera
del
Bergamasco, ad esempio nell’apertura della Confut
el Bergamasco, ad esempio nell’apertura della Confutazione dell’Esame
del
Salìo («Questa amarezza [del Salìo], è di quelle
l’apertura della Confutazione dell’Esame del Salìo («Questa amarezza [
del
Salìo], è di quelle che procedono dallo sregolame
ta amarezza [del Salìo], è di quelle che procedono dallo sregolamento
del
palato, non da squisitezza di gusto: e se questo
Zatta, 1770, p. 226), quasi a rimarcare la predisposizione sensistica
del
suo atteggiamento estetico. Sulla sostituzione de
e già aveva avuto modo di scrivere, della Fedra di Seneca e di quella
del
Bozza. Accanto a questa tragedia egli loda il Bri
episodio amoroso ben gestito e tale da non compromettere la priorità
del
soggetto politico. La Phèdre e il Britannicus era
ti, il quale, nella Risposta al signor Martelli premessa all’edizione
del
Cesare, elogia la «varietà de’ sentimenti» del Br
premessa all’edizione del Cesare, elogia la «varietà de’ sentimenti»
del
Britannicus e la sapienza di Racine nel mantenere
inte», Antonio Conti, «Risposta al Signor Jacopo Martelli, segretario
del
Senato di Bologna», in Id., Il Cesare. Con alcune
convincente gli episodi secondari alla favola principale. La tragedia
del
Recanati, letterato veneziano e accademico d’Arca
a sua prima pubblicazione, almeno sul piano editoriale: alla princeps
del
1720 (Venezia, Rossetti), erano seguite un’edizio
lunga prefazione elogiativa firmata da Girolamo Lioni, collaboratore
del
Giornale de’ Letterati d’Italia (Firenze, Manni,
i virtuosi Italiani si sieno inalzati presentemente alla perfezione»
del
genere tragico (ivi, p. 4). Nella Demodice al con
a ultima, dopo che si sarà consumata l’uccisione di Alceste, da parte
del
vittorioso Critolao, e la violenta lite tra lo st
itolao e Demodice, conclusasi con l’omicidio di quest’ultima da parte
del
fratello. L’intreccio era stato apprezzato in un
per la fortuna della Demodice, alimentandone la fama, anche in virtù
del
commento in francese, redatto da Gabriel Seigneux
do precisamente quell’unità d’azione che era stata ritenuta il pregio
del
dramma. L’impianto della tragedia gli sembra ora
iccia. Questa seconda opinione sarà riprodotta da diversi storiografi
del
teatro settecenteschi, come il Quadrio (Francesco
ll’azione mal connessi episodii dell’amicizia di Eurindo e Critolao e
del
conflitto di costui col leone e degli amori di La
sino, 1813, p. 39). In effetti la natura composita dell’opera scenica
del
Recanati è difficilmente negabile; si percepisce
palesemente le argomentazioni di Calepio nell’affrontare la questione
del
rapporto tra soggetto principale ed episodi secon
tale artifiziosa congiunziosa de’ medesimi è quello, che nell’Orazio
del
Cornelio si ha: dove le passioni di Sabina e di C
evolissima parte; benchè il rimanente non corrisponda. Anche la Fedra
del
Racine negli Episodii ha vantaggiato sopra l’anti
senza ragione ricercherebbe alcuno, a qual proposito nel Secondo Atto
del
Torrismondo esca Rosmonda a moralizzare tra sè. P
ire il medesimo della venuta di Miseno nel Terzo Atto dell’Astianatte
del
Gratarolo. Ma la Narrazione, che leggesi nella pr
ratarolo. Ma la Narrazione, che leggesi nella prima scena dell’Oreste
del
Rucellai, toccante le cose accadutegli dalla Guer
cose accadutegli dalla Guerra di Troja, la Storia che nella Sofonisba
del
Trissino, questa Principessa racconta ad Erminia
n dall’origine di Cartagine, sono tutti Episodii viziosi. La Demodice
del
Recanati è assai pure in questo fatto peccante» (
loro che appaiono come comparse passive nel dramma — come l’«Infante»
del
Cid —, sia ai confidenti, funzionali soltanto a p
i di sfogare le proprie passioni in forme meno inverosimili di quelle
del
monologo. La taccia di inutilità rivolta al perso
luogo comune delle argomentazioni dei letterati italiani a detrimento
del
teatro francese. Dal punto di vista teorico la ri
orosi — che impone alla tragedia una svolta romanzesca — la creazione
del
personaggio del confidente, chiamato a colmare il
ne alla tragedia una svolta romanzesca — la creazione del personaggio
del
confidente, chiamato a colmare il vuoto lasciato
ente si sofferma Massimo Natale, Il curatore ozioso: forme e funzioni
del
coro tragico in Italia, Venezia, Marsilio, 2013,
i personaggi secondari (sull’esclusione dei confidenti nelle tragedie
del
giovane Alfieri si rimanda a Giuseppe Antonio Cam
eppe Antonio Camerino, «L’elaborazione tragica attraverso le varianti
del
Filippo», in Id., Alfieri e il linguaggio della t
oiana ad opporsi: lei stessa si sente colpevole di ricambiare l’amore
del
condottiero nemico e vede nella morte l’unica sol
orte l’unica soluzione al suo tragico conflitto interiore. Nel dramma
del
de La Fosse Telephe interviene come personaggio s
estinato a non suscitare alcun sentimento nell’eroina. Sulla Polyxène
del
de La Fosse e in generale sulle riscritture tragi
e in generale sulle riscritture tragiche francesi cinque-seicenteschi
del
mito di Polissena si vedano: Bruno Garnier, Pour
pp. 11-23. [3.2.5] Corneille in effetti offriva una lettura faziosa
del
termine ἀναγκαῖον in Aristotele («Je dis donc que
aris, Gallimard, 1987, p. 170), al fine di legittimare la possibilità
del
drammaturgo di tradire la storia dalla quale trae
alepio nel criticare la prescrizione delle unità sarà, già sul finire
del
secolo, il Metastasio dell’Estratto dell’arte poe
esto importante documento critico egli — riprendendo in parte le tesi
del
Du Bos (Jean-Baptiste Du Bos, Réflexions critique
si di non aver ripreso nulla dall’antecedente sofocleo, che qualifica
del
titolo di pseudo-tragedia, inserisce due amori ne
bre dalla riscrittura di Guarini, il quale aveva plasmato l’antefatto
del
Pastor Fido (II, 2, vv. 383-474) proprio su quest
uarini, Opere, IV, Verona, Tumermani, 1738, pp. 53-54) severo censore
del
Guarini, e Paolo Beni, che ne prendeva le difese
la preghiera dell’adepto, il dio avrebbe ricolmato tutti gli abitanti
del
paese di una perenne ebbrezza, privandoli dell’in
ida a propria volta cadendo morta sul corpo di Coreso. Nella tragedia
del
de La Fosse Callirhoé non è soltanto insensibile,
ensibile, ma anche infedele e spergiura, come avveniva per la Lucrina
del
Pastor Fido, mal disposta verso il fido Aminta; t
prepara gli eventi successivi, ma viene comunque ritenuta dall’autore
del
Paragone inefficace. L’ultima accusa di Calepio,
neva Corneille a Racine, riprendeva di fatto la posizione dell’autore
del
Cid affermando che la tragedia non si sosteneva d
orosi era necessaria a rendere il pubblico ben disposto nei confronti
del
protagonista («Rejeter l’amour de nos tragédies c
tivo della tragedia moderna rispetto a quella antica e che la bravura
del
poeta consistesse nel farne uso con intelligenza
04 (come ha attentamente notato Corrado Viola, nella seconda edizione
del
1675, si ha una parziale attenuazione di questo g
a una parziale attenuazione di questo giudizio rispetto alla princeps
del
1674; ciò testimonia la delicatezza della questio
er, il quale riflette — e da queste pagine si percepisce la vicinanza
del
Bergamasco alla posizione del Francese, che egli
ueste pagine si percepisce la vicinanza del Bergamasco alla posizione
del
Francese, che egli richiama indirettamente — sul
gli amori trascura affetti più importanti e tralascia la preparazione
del
nodo catartico: «Nôtre Tragedie peut réussir asse
con le pièces francesi, preferendo l’amore di una madre nei confronti
del
figlio non tanto — o non soltanto — perché questo
francesi di porre l’amore al centro delle proprie tragedie sulla base
del
fatto che «de toutes les passions, celle de l’amo
e Maffei e Ludovico Antonio Muratori», in Scipione Maffei nell’Europa
del
Settecento, Atti del Convegno di Verona (23-25 se
ntonio Muratori», in Scipione Maffei nell’Europa del Settecento, Atti
del
Convegno di Verona (23-25 settembre 1996), a cura
tto la bandiera dell’istoria: eruditi e uomini di lettere nell’Italia
del
Settecento: Maffei, Muratori, Tartarotti, Sommaca
, Verona, QuiEdit, 2014, pp. 23-44. Fondamentale è inoltre la lettura
del
carteggio Muratori-Maffei, recentemente edito da
i-Maffei, recentemente edito da Corrado Viola nell’edizione nazionale
del
carteggio muratoriano: Ludovico Antonio Muratori,
enze, Olschki, 2016, pp. 84-185. [3.3.2] Saint-Évremond, nel seguito
del
passo al quale sopra si riferiva Calepio, aggiung
cene a parlare d’amore, a suo dire la passione più naturale e propria
del
sesso femminile («D’ailleurs, comme les femmes so
o che il personaggio di una madre, intenta a piangere le misere sorti
del
povero figlio, sarebbe riuscita ben più fredda di
ubres» (ibid.). Il Bergamasco riprende alla lettera le argomentazioni
del
Francese, la cui opera doveva certo avere sotto m
, la cui opera doveva certo avere sotto mano al momento della stesura
del
testo — al fine di contestarne la tesi. D’altra p
estarne la tesi. D’altra parte la tragedia italiana dei primi decenni
del
Settecento, così incentrata sulla figura forte di
ei suoi confronti — non solo la Merope di Maffei, ma anche la Temisto
del
Salìo, la Demodice del Recanati, e gli stessi Per
solo la Merope di Maffei, ma anche la Temisto del Salìo, la Demodice
del
Recanati, e gli stessi Perdicca e Seleuco del Cal
del Salìo, la Demodice del Recanati, e gli stessi Perdicca e Seleuco
del
Calepio ruotavano attorno ad una simile protagoni
e impegnata con vigore a smentire queste considerazioni. La posizione
del
Saint-Évremond era peraltro condivisa all’interno
i. La posizione del Saint-Évremond era peraltro condivisa all’interno
del
panorama critico francese: anche l’Abbé de Villie
ocedimento catartico che lo porta a provare compassione nei confronti
del
suo simile e paura di incontrare la medesima sort
nei confronti del suo simile e paura di incontrare la medesima sorte
del
misero. Allo stesso tempo egli nega che l’osserva
li nega che l’osservazione degli sterili amori di un’eroina muova più
del
dolore provato da una madre in preda all’ansia pe
più del dolore provato da una madre in preda all’ansia per il futuro
del
figlio o da una vedova che ha recentemente perso
aola Trivero, Tragiche donne: tipologie femminili nel teatro italiano
del
Settecento, Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2000
ntrighi amorosi nelle tragedie francesi — meno netta era la posizione
del
Martello, che, sebbene mettesse in bocca una simi
che sia bene introdurre gli amori per compiacere ed educare le donne
del
pubblico («Quindi è, che la donna, come violentem
ie, come ha notato Laura Sannia Nowé (Laura Sannia Nowé, «La risposta
del
Calepio alle riflessioni del Maffei sul Paragone
ia Nowé (Laura Sannia Nowé, «La risposta del Calepio alle riflessioni
del
Maffei sul Paragone della tragica poesia», Rasseg
pp. 53-70: 68-69), dimostra di non aver compreso a fondo la posizione
del
Bergamasco, al quale attribuisce l’opinione secon
l’accusa di aver introdotto troppi amori nelle sue tragedie: l’autore
del
Candide lodava invece il Racine per l’uso della p
gedia. Con Annotazioni dell’Autore e con la sua Risposta alla Lettera
del
Sig. di Voltaire, Verona, Ramanzini, 1745, p. 152
amorose, perfettamente consone al carattere nazionale degli autori e
del
pubblico —, esso era comune nell’Europa del primo
nazionale degli autori e del pubblico —, esso era comune nell’Europa
del
primo Settecento, tanto da diventare un topos ine
turbante non tanto dell’unità d’azione, quanto dell’esclusiva ricerca
del
perseguimento di pietà e terrore, passioni cardin
siva ricerca del perseguimento di pietà e terrore, passioni cardinali
del
genere tragico. Egli giudica di conseguenza fredd
gni episodio romanzesco che distolga l’attenzione dal fuoco catartico
del
dramma: di tal fatta considera, nella Sophonisbe
epio, non si può dire degli Italiani. Egli si mostra giudice benevolo
del
Solimano di Bonarelli, dove l’amore tra Despina e
Regina; al contempo si mostra altrettanto indulgente con l’Aristodemo
del
Dottori, in cui l’amore tra Policare e Merope gio
uolo di vittima sacrificale (IV, 1). Quanto al Solimano, sulla natura
del
personaggio inventato e non storico di Despina, u
ali era un non so che di maneggio di nozze tra Mustafà e la figliuola
del
re di Persia, le quali lettere appresentate dalla
i, a cura di Enrica Zanin, site IdT — Les Idées du théâtre). La bontà
del
personaggio di Despina sarà sottolineata a più ri
questo momento tutte le nostre Tragedie. Basti per tutte il Solimano
del
Bonarelli. Bella in quest’opera è la situazione d
ustafà nella scena VII dell’atto IV», Gian Rinaldo Carli, Dell’indole
del
teatro tragico, in Id., Opere, vol. XVII, Milano,
nel darle l’ultimo addio, giunge al colmo l’esaltazione della pietà e
del
terrore», Francesco Saverio Salfi, Compendio dell
riflessione di Calepio nel Della storia e della ragione d’ogni poesia
del
Quadrio, a sua volta incline a condannare «la gel
one; e con più moderatezza trattarlo; come si può vedere nel Solimano
del
Bonarelli, e nell’Aristodemo del Dottori» (France
rlo; come si può vedere nel Solimano del Bonarelli, e nell’Aristodemo
del
Dottori» (Francesco Saverio Quadrio, Della storia
disi, aveva goduto al tempo di una discreta fortuna: essa è alla base
del
libretto di un’omonima tragédie en musique su lib
ta pure in precedenza: emerge in questa sede un tratto caratteristico
del
Paragone, che pare, proprio in virtù di questi se
e, si rappresenta la battaglia degli Ebrei, guidati da re Saul, padre
del
protagonista, contro i Filistei a Gabaa. Con l’ai
e occasioni si era mostrato restio ad obbedire docilmente agli ordini
del
padre, mangia del miele, contravvenendo così al d
mostrato restio ad obbedire docilmente agli ordini del padre, mangia
del
miele, contravvenendo così al decreto paterno e a
dopo aver ucciso il fratello Amnon, ed essere rientrato nelle grazie
del
padre attraverso ingegnosi sotterfugi, congiura c
sa a sterminare tutti i figli di Joad per imporre in Israele il culto
del
dio Baal. Dopo un lungo elenco di tragedie france
a quindi a modelli positivi drammi tratti dalla Bibbia. La preferenza
del
bergamasco per questa seconda tipologia di opere,
ato demolire la drammaturgia francese dal punto di vista della scelta
del
soggetto, della qualità del protagonista e della
francese dal punto di vista della scelta del soggetto, della qualità
del
protagonista e della composizione degli episodi.
e pronunciate dai diversi attori ed infine la tenuta della partizione
del
dramma in atti e scene. [4.1.2] L’esordio della
, come dimostra la sua Apologia di Sofocle, documento della militanza
del
giovane autore nelle file degli Anciens, al fianc
funzione («La favola tragica sarà sempre più convenevole alla maestà
del
soggetto, quando senza figura di narrazione sparg
principio improvvisamente esclamare, senza che preceda notizia alcuna
del
motivo, che sveglia tanto rumore», ivi, pp. 576-5
rnami giorno, e notte nella mente,/ anzi v’è sempre, l’infelice caso/
del
gran Prisco Tarquinio, e la sua morte/ che l’uno
e/ che l’uno ordio, e l’altro a fine addusse./ Ei fu pur Padre, oimè,
del
mio Marito,/ e di mia Madre cruda, ch’ebbe il nom
il nome/ solo di figlia, e di nimica l’opre:/ che la sua Madre, e lui
del
Mondo tolse/ ch’era stata cagion, che Servio in a
epio intrattiene in queste pagine un lungo dialogo —, fra le migliori
del
panorama italiano («Imperocchè le nostre tragedie
noscere, le quali al parer comune de’ nostri dotti, sono la Sofonisba
del
Trissino, la Canace dello Speroni, la Rosmunda de
sono la Sofonisba del Trissino, la Canace dello Speroni, la Rosmunda
del
Ruccellai, e tra molte altre del Giraldi l’Orbecc
la Canace dello Speroni, la Rosmunda del Ruccellai, e tra molte altre
del
Giraldi l’Orbecche, la Tullia del Martelli, il To
da del Ruccellai, e tra molte altre del Giraldi l’Orbecche, la Tullia
del
Martelli, il Torismondo del Tasso», Gian Vincenzo
e altre del Giraldi l’Orbecche, la Tullia del Martelli, il Torismondo
del
Tasso», Gian Vincenzo Gravina, «Della ragion poet
eva tratto ispirazione proprio da questa tragedia per la composizione
del
suo Servio Tullio. [4.1.4] Sulla scorta dei trag
ltro personaggio sovrannaturale e inverosimile agli occhi dell’autore
del
Paragone, ossia la Fama, entrata in scena a pales
lema, ossia l’Astianatte e l’Altea di Bongianni Gratarolo e la Dalida
del
Groto. Nell’Altea del Gratarolo in effetti tutto
te e l’Altea di Bongianni Gratarolo e la Dalida del Groto. Nell’Altea
del
Gratarolo in effetti tutto il primo atto è impern
si è dato luogo in questa Raccolta. Non si ributti alcuno per cagione
del
primo Atto, in cui a somiglianza degli antichi Pr
li atti successivi, ossia Polissena, Cassandra ed Ecuba. Nella Dalida
del
Groto la prima scena era invece occupata dall’omb
era invece occupata dall’ombra di Moleonte che ricostruiva le vicende
del
suo regno illustrando al personaggio della Morte
ersonaggio della Morte i suoi progetti di vendetta. Nella scena terza
del
primo atto interveniva inoltre anche la personifi
, quanto meno il suggetto della Tragedia sarà noto, come in proposito
del
Prologo fatto nella sua Orbecche dal Giraldi, che
ndo le strade percorse dai predecessori e suscitando la costernazione
del
Martello nel dialogo fittizio con l’Aristotele de
o la costernazione del Martello nel dialogo fittizio con l’Aristotele
del
Della tragedia antica e moderna («A dirti il vero
iate non dirò dagli applausi de’ suoi scolari solamente, ma da quelli
del
loro medesimo maestro Giureconsulto, che nel suo
oghi figurati. Appunti sull’uso della prosopopea nel prologo teatrale
del
Cinquecento», Italianistica, XXXV, 3, 2006, pp. 6
iani», in La letteratura degli Italiani. I letterati e la scena, Atti
del
XVI Convegno Nazionale dell’Adi (Sassari-Alghero,
e. Quanto al Cid, Calepio ribadisce la consueta critica nei confronti
del
personaggio dell’Infanta che interviene nel dramm
o accomunato all’Infanta dallo stesso Corneille, il quale nell’Examen
del
Polyeucte disquisiva sui mezzi attraverso i quali
eille, oltre che dal solito Voltaire, pronto a censurare la freddezza
del
personaggio di Cléopâtre, la quale era solita esp
in questo frangente anche Antonio Conti, che assegnava alla Cléopâtre
del
Pompée il titolo di «inutile» (Antonio Conti, «Le
e intellegibile la Favola, che per proprio interesse. Nella Sofonisba
del
Trissino, e nell’Oreste del Rucellai ciò è sì not
he per proprio interesse. Nella Sofonisba del Trissino, e nell’Oreste
del
Rucellai ciò è sì notabile, che non si può non ve
per comprendere lo sviluppo della rappresentazione, è l’introduzione
del
confidente, impiegato come «spalla» atta a dar mo
dar modo ai protagonisti di narrare alcuni significativi avvenimenti
del
passato, nonché funzionali a permettere a questi
a pregiudizialmente contrario a questo tipo di personaggio — al quale
del
resto aveva fatto ricorso a sua volta, in veste d
altri motivi, fra i quali si possono immaginare la qualità eccellente
del
protagonista e la fine lieta. Contro l’uso dei co
i nella tragedia francese si erano espressi diversi storici e teorici
del
teatro italiana primo-settecentesco. Una delle pr
a. Io (poiché ho cominciato a parlar di me) seguendo in ciò l’esempio
del
Tasso, del Guarino, e di altri nostri Italiani, h
hé ho cominciato a parlar di me) seguendo in ciò l’esempio del Tasso,
del
Guarino, e di altri nostri Italiani, ho creduto d
cura di Ada Ruschioni, Milano, Marzorati, 1971, p. 591). Sulla figura
del
confidente nella tragedia francese del Seicento s
i, 1971, p. 591). Sulla figura del confidente nella tragedia francese
del
Seicento si vedano: Valérie Worth-Stylianou, Conf
ntazione di sogni e oracoli che avevano popolato la tragedia italiana
del
Seicento — ma anche del primo Settecento —, ben p
oli che avevano popolato la tragedia italiana del Seicento — ma anche
del
primo Settecento —, ben più di quanto accadesse n
ro ad una pregiudiziale censura di determinati elementi sotto l’egida
del
rispetto della verosimiglianza, ma precisa che, i
iste allo spettacolo, grazie al ricorso a quella «meraviglia» propria
del
tragico di cui Calepio parlava, chiosando Aristot
izio positivo, è la visione premonitrice di Pauline, posto all’inizio
del
Polyeucte (I, 3, vv. 221-228): Pauline racconta d
a catastrofe che avrà luogo nel finale. Il sogno premonitore, portato
del
racconto biblico, era stato peraltro sfruttato an
vaticini, si ritrovano invero frequentemente nella tragedia francese
del
Seicento. Un catalogo degli oracoli presenti nell
ncese del Seicento. Un catalogo degli oracoli presenti nella tragedia
del
diciassettesimo secolo, e in particolare nelle pi
Études Épistémè, XII, 2007, pp. 83-115. Anche nella tragedia italiana
del
Cinque e del Seicento abbondavano simili espedien
mè, XII, 2007, pp. 83-115. Anche nella tragedia italiana del Cinque e
del
Seicento abbondavano simili espedienti: oltre agl
razioni di sogni premonitori, come dimostrano ad esempio la Sofonisba
del
Trissino, la Rosmonda del Rucellai, la Canace del
ri, come dimostrano ad esempio la Sofonisba del Trissino, la Rosmonda
del
Rucellai, la Canace dello Speroni, l’Orazia dell’
Rucellai, la Canace dello Speroni, l’Orazia dell’Aretino, la Marianna
del
Dolce, l’Astianatte del Gratarolo, il Torrismondo
o Speroni, l’Orazia dell’Aretino, la Marianna del Dolce, l’Astianatte
del
Gratarolo, il Torrismondo del Tasso, la Principes
no, la Marianna del Dolce, l’Astianatte del Gratarolo, il Torrismondo
del
Tasso, la Principessa Silandra del Cebà o il Soli
atte del Gratarolo, il Torrismondo del Tasso, la Principessa Silandra
del
Cebà o il Solimano di Bonarelli. Fra i numerosi r
merosi recenti contributi che si sono occupati della rappresentazione
del
sogno nella tragedia italiana di epoca moderna cf
gedia italiana di epoca moderna cfr. Benedetta Papasogli, «Esperienze
del
tragico nel sogno premonitore», in Teatri barocch
gedia sacra», in Il tragico e il sacro dal Cinquecento a Racine, Atti
del
Convegno Internazionale di Torino e Vercelli (14-
227-238; Paola Cosentino, «Sogni tragici/Sogni epici: per uno studio
del
sogno nella tragedia cinquecentesca (primi sondag
no nella tragedia cinquecentesca (primi sondaggi)», in Le metamorfosi
del
sogno nei generi letterari, a cura di Silvia Volt
pp. 96-109; Fabio Ruggirello, «Strutture immaginative nella tragedia
del
Cinquecento: il topos del sogno premonitore», For
llo, «Strutture immaginative nella tragedia del Cinquecento: il topos
del
sogno premonitore», Forum Italicum, XXXIX, 2005,
, Forum Italicum, XXXIX, 2005, pp. 378-397. La tragedia classicistica
del
primo Settecento — dal Lazzarini al Recanati — av
nteressante è anche la coincidenza fra l’opinione di Calepio e quella
del
Valaresso, autore di una gustosa parodia della tr
sso, autore di una gustosa parodia della tragedia ultra-classicistica
del
primo Settecento, il famoso Rutzvascad il giovane
ui una persona anonima entra in scena soltanto per anticipare il tema
del
dramma, oppure quelli a scopo prettamente encomia
la commedia plautina: «E di certo si può conghietturare, che l’Autore
del
Paragone scritto abbia in fretta questo suo Libre
p. 176-177). Nella sua Confutazione, pubblicata nell’edizione postuma
del
Paragone, il Bergamasco si difendeva, scrivendo c
o che il prologo dell’Orbecche, nel quale si dava solamente «indizio»
del
soggetto, si rifaceva al prototipo terenziano, me
qui alla drammaturgia italiana un difetto di coerenza nello sviluppo
del
soggetto che dovrebbe escludere pregiudizialmente
i dell’introduzione di episodi incoerenti all’interno della tragedia:
del
Torrismondo del Tasso egli censura il monologo co
one di episodi incoerenti all’interno della tragedia: del Torrismondo
del
Tasso egli censura il monologo con cui Rosmonda r
monologo con cui Rosmonda ragiona dell’amore che nutre nei confronti
del
fratello (II, 2); dell’Astianatte di Gratarolo no
to della fuga di Enea, personaggio inessenziale alla pièce, da Troia;
del
Solimano di Bonarelli infine riprova come inessen
dario di Rosmonda aveva goduto di una certa fortuna: nella sua Difesa
del
Costantino il Gherardelli dichiara di essersi isp
Costantino il Gherardelli dichiara di essersi ispirato al romanzesco
del
Pastor Fido e del Torrismondo, rappresentato risp
rardelli dichiara di essersi ispirato al romanzesco del Pastor Fido e
del
Torrismondo, rappresentato rispettivamente da Luc
nda nel Torrismondo?», Giovanni Battista Filippo Gherardelli, «Difesa
del
Costantino», in Id., Il Costantino. Tragedia, Rom
Roma, Andreoli, 1660, p. 98); il francese Vion d’Alibray, traduttore
del
Torrismondo, aveva a sua volta espresso il suo ap
Tragedies Italiennes”: rassegna sulla ricezione e la fortuna critica
del
Re Torrismondo di Tasso», Italogramma, II, 2012,
, 2012, p. 6). Il Maffei, nel ripubblicare il Torrismondo all’interno
del
Teatro Italiano non toccava le battute di Rosmond
Vallarsi, 1723, p. 223). Quanto al Solimano, la medesima perplessità
del
Calepio verrà espressa dal Napoli Signorelli, pro
, pronto comunque a riconoscere in questa tragedia una delle migliori
del
panorama italiano («I dialoghi d’Alvante e di Des
nche dal conte Pietro di Calepio. Essi increscono molto più a cagione
del
luogo in cui si tengono, cioè vicino alla corte d
arca la netta differenza tra i drammi greci, nei quali l’introduzione
del
Coro era appropriata, in quanto la distanza tra s
sovrani e popolo non era abissale, e quelli moderni, in cui la figura
del
monarca è assai più distante dai sudditi e gli af
senso la generale disistima nei confronti dell’istituto classicistico
del
Coro che i letterati manifestano tra fine Seicent
un Coro («Allora non disconveniva, e non ripugnava il Coro alla forma
del
Teatro e dell’ampia scena, ma su i Teatri moderni
gedia, con annotazioni dell’autore e con la sua risposta alla lettera
del
Sig. Voltaire, Verona, Ramanzini, 1745, p. 122),
ttacolo («Dovettero gli scrittori tragici incaricarsi, lor mal grado,
del
Coro, cioè d’uno stuolo di sfaccendati, inutile p
ospiri che spargevano i poveri poeti, affannati sotto l’incomodo peso
del
Coro stabile, quante ora sono l’erudite lagrime d
tenuto un ostacolo per raggiungere la verosimiglianza proprio a causa
del
fatto che il suo essere continuamente presente su
oprio che ci sia questo stesso Voltaire alla base dell’argomentazione
del
Bergamasco. Nel riprovare l’uso del Coro stabile
ire alla base dell’argomentazione del Bergamasco. Nel riprovare l’uso
del
Coro stabile Voltaire scriveva infatti: «La prése
gli ridicolizzava la Fedra di Euripide proprio a causa della presenza
del
Coro, che rendeva inverosimile l’intima confessio
asco recupera la sostanza della critica all’improprietà della ripresa
del
Coro stabile. Questa medesima tesi, che sosteneva
ersino di questioni di massima importanza con il Coro, rappresentante
del
Popolo («Raccontare gli affari più importanti de
eguire agli Attori», Giovanni Antonio Bianchi, Dei vizj e dei difetti
del
moderno teatro e del modo di correggergli e d’eme
Giovanni Antonio Bianchi, Dei vizj e dei difetti del moderno teatro e
del
modo di correggergli e d’emendarli, Roma, Pagliar
53, p. 243). A sua volta Gian Rinaldo Carli, nel trattato Dell’indole
del
Teatro Tragico (1746), rilevava la specificità po
ll’indole del Teatro Tragico (1746), rilevava la specificità politica
del
Coro presente sulla scena ateniese: se quel gover
ffari, e gl’interessi politici, si trattino in pubblico alla presenza
del
popolo, e che questo non manchi di dir parere, o
di dir parere, o di dare consiglio», Gian Rinaldo Carli, Dell’indole
del
Teatro Tragico, in Id., Opere, vol. XVII, Milano,
emente favole che prevedevano una certa segretezza, senza fare a meno
del
Coro stabile (Giuseppe Salìo, Esame critico intor
1738, pp. 358-359). Calepio riteneva tuttavia sconveniente l’impiego
del
Coro continuo nella tragedia contemporanea anche
impiego del Coro continuo nella tragedia contemporanea anche in virtù
del
fatto che essa era incentrata su soggetti romani
tti romani o moderni che, a suo dire, non contemplavano la maestosità
del
Coro, calzante piuttosto in una tragedia il cui i
erno che ricorrevano impropriamente al Coro, Calepio cita la Vittoria
del
Torelli — incentrata sulle vicende del regno di F
Coro, Calepio cita la Vittoria del Torelli — incentrata sulle vicende
del
regno di Federico II e sulla figura di Pier Delle
in veste tragica da Girolamo Razzi e dal Conte di Camerano. Nel caso
del
Tancredi Calepio rileva anche come il piano con c
credi, Parma, Viotti, 1597, pp. 17-18), nonché i progetti di vendetta
del
padre (ivi, pp. 21-25), necessitino di un ambient
ssitino di un ambiente isolato per sembrare verosimili, e la presenza
del
Coro spettatore e dialogante guasta questa segret
ante guasta questa segretezza. In definitiva per Calepio è la qualità
del
soggetto a fondare la possibilità di mantenere vi
013, pp. 76-91 e Massimo Natale, Il curatore ozioso: forme e funzioni
del
coro tragico in Italia, Venezia, Marsilio, 2013,
one. Fra le tragedie che esibiscono una costruzione troppo macchinosa
del
rivolgimento egli cita il Torrismondo di Tasso, n
Torrismondo di Tasso, nel quale la peripezia è avviata dall’annuncio
del
messaggero che comunica a Torrismondo che è morto
al protagonista di aver commesso un incesto (IV, 6). Sulla peripezia
del
Torrismondo esprime le stesse perplessità il Card
tica l’ottusità di Calepio, attento a notare i singoli minimi difetti
del
dramma, ma incapace di scorgerne la bellezza comp
consueto confronto fra epica e tragedia che caratterizza lo sviluppo
del
dibattito circa l’identità dei generi letterari n
nte aveva avuto due figli da Ino e due da Temisto: per sfuggire l’ira
del
perfido Sisifo, i quattro erano stati mandati anc
terzo giunge Oletrio, il quale reca a Temisto la notizia della morte
del
padre Ipseo (Giuseppe Salìo, La Temisto, Padova,
uccidere i due figli di Ino, contraddistinti, secondo le indicazioni
del
Balio, dal fatto che indossassero vesti nere e no
e l’aver loro data la morte è il mezzo, per cui col verisimile arrivo
del
Balio, mandato a questo effetto da Ino, riconosce
badita l’inverosimiglianza dell’espediente degli anelli e della morte
del
vecchio Ipseo, elemento estrinseco all’azione («C
on la rassegna delle tragedie contemporanee Calepio critica il Crispo
del
Marchese, in cui la peripezia, avviata dalla conf
gli occhi di Calepio più naturale sotto il profilo della preparazione
del
rivolgimento, benché in alcuni casi si alluda in
Britannicus di Racine, laddove Agrippine già intuisce il futuro nero
del
regno di Nerone («Non, non, mon intérêt ne me ren
3, vv. 354-361). Tale difetto sarebbe presente anche nella Polissena
del
Marchese, in cui l’oracolo mostrerebbe fin dall’i
o, che tenta di salvare la vita all’amata, forzando l’interpretazione
del
vaticinio, lascia invero pochi dubbi su quello ch
gli scoprimenti medesimi si fanno nella scena prima dell’atto quarto
del
nuovo Edippo di M. de Voltaire con maggiore chiar
olynice non venga seppellito, Antigone, decisa a trasgredire l’ordine
del
nuovo re, si trovi a raccogliere il corpo del fra
a trasgredire l’ordine del nuovo re, si trovi a raccogliere il corpo
del
fratello con Argie, moglie di Polynice e protagon
se non quella di allungare la favola fino alla prefissata conclusione
del
quinto atto. Egli prende ad esempio di questo mec
a essere ricambiato della regina di Palestina — a sua volta invaghita
del
romano Tito — decide di suicidarsi, non essendoci
elusione amorosa già nell’ultima battuta rivolta a Bérénice nel corso
del
loro primo colloquio, nel quale le si era dichiar
colarsi dell’illusione amorosa in Antiochus. Al contrario nell’Aminta
del
Tasso il protagonista, benché inizialmente felice
a quel punto, il suicidio. Sarà interessante notare come la pastorale
del
Tasso, vituperata nell’ambito della critica franc
dramma come ad un modello di verosimiglianza in quanto allo sviluppo
del
sentimento amoroso. L’Aminta aveva avuto un’impor
orquato Tasso difeso e illustrato di Giusto Fontanini (Roma, Zenobj e
del
Placho, 1700). La fortuna del testo sarà molto es
ato di Giusto Fontanini (Roma, Zenobj e del Placho, 1700). La fortuna
del
testo sarà molto estesa nel Settecento, come ha d
tale soltanto molti versi più tardi. È questo il caso dell’Aristodemo
del
Dottori in cui l’eroe eponimo, pur entrando in sc
esaurita (I, 1, vv. 59-60). In alcune tragedie in cui invece il nome
del
protagonista è specificato fin dall’inizio, ciò s
La critica che muove Calepio è quella che sorregge l’intero impianto
del
suo Paragone: la tragedia italiana, a differenza
della critica di Calepio, il quale afferma addirittura che la tirade
del
famiglio contro il malcostume femminile, conferis
326). La Canace era stata al centro di aspre polemiche fino alla fine
del
Cinquecento, soprattutto a causa dell’innovativa
XXXIX, 2003, pp. 201-213. Andrà infine registrata la ripresa da parte
del
Quadrio dell’argomentazione del Calepio: «Pare ne
infine registrata la ripresa da parte del Quadrio dell’argomentazione
del
Calepio: «Pare nel vero, che nella Canace dello S
che ne dispone ingresso e uscita in modo arbitrario: dopo il monologo
del
Consigliere, che discute della qualità dell’amici
ere artificioso e contorto che non può essere giustificato sulla base
del
naturale snodarsi dell’intreccio. Maffei, ripubbl
i personaggi secondari e di sostituire la cameriera con un messaggero
del
re di Norvegia (Scipione Maffei, Teatro Italiano,
sono i commentatori che registrano la lentezza e l’inverosimiglianza
del
terzo atto, da Bozzelli («nel secondo e terzo att
di cui lo spettatore è tanto più impaziente, in quanto la prolissità
del
dialogo gli fa spiacevolmente sentire, anzi che m
r non dir che s’imbroglia», Pier Alessandro Paravia, «Del Torrismondo
del
Tasso. Squarcio di lezione», Poligrafo. Giornale
li, 1905, p. 518). Sulla distribuzione della materia nei diversi atti
del
Torrismondo si vedano Andrea Pagani, «La vertigin
vedano Andrea Pagani, «La vertigine della parola. Grafici strutturali
del
manierismo tassiano», in Torquato Tasso e l’unive
peraltro meno rigoroso circa la giustificazione dell’entrata in scena
del
personaggio nella prima scena di ogni atto («Je n
ressi e le partenze degli attori non veniva estesa alle altre sezioni
del
dramma. [4.4.4] Un altro difetto che affligge ta
versare vicino al palazzo della regina («Oh, s’io non erro, è questa/
del
palagio real la parte in cui/ sta la regina, onde
nquecentesche, non mancano difetti talora macroscopici, come nel caso
del
Cesare di Antonio Conti, che ancora una volta, co
ato la propria riconoscenza al Calepio che lo lodava in diversi punti
del
Paragone —, illustrando la maestosità dell’atrio
ini egli, che l’atrio della casa di Giulio Cesare sia simile a quello
del
Palagio de’ Cesari ideato da Monsign. Bianchini,
drammaturgica. I Francesi risultano superiori anche in questa sezione
del
Paragone in quanto, come già accennato in precede
ità di un ingegnoso rifacimento dell’Edipo Re, rappresenta le vicende
del
regno dell’usurpatore Phocas, arrivato al trono d
bili nella tragedia, rifacendosi chiaramente alla Pratique du théâtre
del
d’Aubignac, nella quale venivano elencate e detta
Corneille, t. II, cit., pp. 551-552). Tuttavia è soprattutto il passo
del
Cinna ad alimentare una tradizione critica molto
vano allusioni di questo tipo al monologo di Émilie nell’Art poétique
del
Boileau, il quale nel canto terzo (vv. 29-30) scr
cato precocemente dai commentatori, all’esordio declamatorio e freddo
del
Cinna. Lo stesso Fénelon, richiamandosi al Boilea
dannava l’inverosimiglianza di questo passaggio, profondamente lesivo
del
criterio di naturalezza a cui avrebbe dovuto ispi
giudicato Corneille superiore a Shakespeare, citava proprio l’attacco
del
Cinna, definendo l’intero soliloquio assurdo (Eli
of Mons. de Voltaire, London, Dilly, 17855, p. 266). Sulla diffusione
del
saggio della Montagu nell’Italia del tardo Settec
17855, p. 266). Sulla diffusione del saggio della Montagu nell’Italia
del
tardo Settecento, e su come questo suo “paragone”
dited by Fabio Camilletti, I-II, 2009 [2015], pp. 43-60. Sull’impiego
del
monologo nella tragédie classique ed in particola
vole gli sembra l’uso dei monologhi nelle tragedie di Giraldi Cinzio,
del
quale biasima l’atto quinto della Cleopatra, ladd
i soliloqui di Olimpo (V, 1), di Cleopatra (V, 2), di Galio (V, 3) e
del
Famigliar di Cleopatra (V, 4). Rispetto al Trissi
assai più diletto» (Angelo Ingegneri, Della poesia rappresentativa e
del
modo di rappresentare le favole sceniche, a cura
riscontra una sequenza così fitta di monologhi, se non nelle tragedie
del
de La Fosse; egli ha probabilmente in mente il mo
o Calepio il Bonarelli non ha avuto questa oculatezza nell’atto terzo
del
Solimano, dove l’eroe eponimo finisce le proprie
ravissima passione», Angelo Ingegneri, Della poesia rappresentativa e
del
modo di rappresentare le favole sceniche, a cura
ntesca, da Calzabigi a Pepoli, consacrerà d’altra parte la concezione
del
monologo come espressione vivida e istantanea di
gi secondari, a causa dell’intrinseca inverosimiglianza dell’istituto
del
monologo (Lodovico Antonio Muratori, Della perfet
agone, IV, 1 [6]). [4.5.6] Ancora peggiore è giudicata la situazione
del
prologo dell’Altea del Gratarolo, dove Nemesi si
5.6] Ancora peggiore è giudicata la situazione del prologo dell’Altea
del
Gratarolo, dove Nemesi si trova ad ascoltare il s
a Messenia il piede» (III, 4, vv. 245-247). Merope, all’udire il nome
del
vecchio servo al quale aveva affidato il figlio i
imile e intrinseco allo sviluppo dell’azione; tuttavia l’introduzione
del
nome di Polidoro nella battuta del giovane «stran
ll’azione; tuttavia l’introduzione del nome di Polidoro nella battuta
del
giovane «straniero» aveva sollevato numerose perp
vane «straniero» aveva sollevato numerose perplessità fra i letterati
del
tempo che, come registrava lo stesso Maffei nelle
ioni alla tragedia, ritenevano che mettere in bocca ad Egisto il nome
del
padre avrebbe privato il seguito della rappresent
spettatori (e i personaggi) a comprendere ben prima della conclusione
del
dramma la reale identità del ragazzo giunto in Me
comprendere ben prima della conclusione del dramma la reale identità
del
ragazzo giunto in Messenia. Così, spinto da alcun
aola Trivero, Tragiche donne: tipologie femminili nel teatro italiano
del
Settecento, Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2000
riva quindi a trattare l’istituto, a suo parere ancor meno verosimile
del
soliloquio, dell’a parte, discorso pronunciato da
te ammissibile, in quanto riprodurrebbe verosimilmente una situazione
del
tutto naturale («Ora è egli vero o no che in un g
gedia con Annotazioni dell’Autore, e con la sua Risposta alla Lettera
del
Sig. di Voltaire, Verona, Ramanzini, 1745, pp. 11
ella Sofonisba forse venti versi trovansi così proferiti. Nell’Oreste
del
Rucellai molti più: un discorso fa Oreste con Pil
pione Maffei, «Recensione a P. Calepio», cit., p. 66). Nella tragedia
del
Settecento, oltre che nella Merope, Calepio trova
i Baruffaldi, plasmato sui modelli francesi, e soprattutto nel Cesare
del
Conti, dove Cassio si rivolge con un breve a part
ecedenti dell’uso di una simile tecnica —, ma convenendo con l’autore
del
Paragone sul fatto che spesso questi prolungament
menti dei soliloqui fossero dannosi, come accadeva nello scioglimento
del
Pastor Fido, «tutto fondato su l’agnizione ricava
esto articolo di questo capo Calepio passa ad esaminare la partizione
del
dramma in atti e scene: anche in questo caso il p
tioni di verosimiglianza temporale. Sarebbe questo ad esempio il caso
del
Torrismondo, già più volte ripreso nel corso di q
go pastorale (IV, 3). Un simile problema viene ravvisato nella Merope
del
Maffei, laddove Ismene giunge da Polifonte (II, 4
a s’apre», III, 9). Infine viene criticato ancora una volta il Cesare
del
Conti, sebbene in maniera un po’ criptica, come l
a, come lamenta lo stesso Conti, invocando comunque un esame dell’uso
del
tempo nelle sue tragedie che non si basi su di un
una rigida misurazione cronometrica, bensì su una percezione relativa
del
tempo scenico («Non piace poi all’autore, che io
lora i ragionamenti a parte. Avrei desiderato, che su l’accelerazione
del
tempo egli mi additasse in particolare i difetti.
asquali, 1739, p. n.n.). Sarà da notare che, in materia di partizione
del
dramma in atti e scene Calepio parrebbe guardare
s, Gallimard, 1987, p. 181), assecondando una precedente prescrizione
del
d’Aubignac («On a quelquefois demandé, Quel doit
i tempo, nonché sul regolamento della prassi drammaturgica sulla base
del
rapporto fra tempo scenico e tempo della favola s
si rimanda al contributo di Piermario Vescovo, Entracte: drammaturgia
del
tempo, Venezia, Marsilio, 2007. [4.6.2] I tragic
scorgere nei finali delle tragedie di Corneille, dove l’accelerazione
del
tempo è peraltro più scusabile, in quanto va inco
gnie des Libraires Associés, 1747, p. 43), e Lydus compare all’inizio
del
terzo atto riportando ad Antinous la risposta del
p. 81-84. [4.6.3] Calepio torna quindi all’attacco dell’introduzione
del
Coro nella tragedia moderna. Se egli aveva in pre
precedenza condannato il Coro stabile (Paragone IV, 2, [2]), in virtù
del
fatto che esso priverebbe la rappresentazione del
verebbe la rappresentazione della segretezza che richiedono le pièces
del
tempo, agite per la maggior parte nei palazzi rea
ggior parte nei palazzi reali, in questa sede riprova anche l’impiego
del
Coro mobile, chiamato a pronunciare alla fine di
il Guarini (cfr. Elisabetta Selmi, «Classici e Moderni» nell’officina
del
Pastor Fido, Alessandria, Edizioni dell’Orso, 200
ato ad un attore, secondo una linea di pensiero attenta alla «pratica
del
teatro» che prendeva le mosse dal d’Aubignac (Cfr
me ha illustrato Massimo Natale (Il curatore ozioso: forme e funzioni
del
coro tragico in Italia, Venezia, Marsilio, 2013,
tà di tenere in vita il Coro nella tragedia moderna, magari come voce
del
poeta, secondo l’ipotesi del Tasso («Ma ’l coro p
nella tragedia moderna, magari come voce del poeta, secondo l’ipotesi
del
Tasso («Ma ’l coro per aventura dee parlar più al
ivino sovra se medesimo, Torquato Tasso, Discorsi dell’arte poetica e
del
poema eroico, a cura di Luigi Poma, Bari, Laterza
1964, p. 198), che anticipa significativamente la proposta manzoniana
del
Coro come «cantuccio» dell’autore (Alessandro Man
ra di Gilberto Lonardi, Venezia, Marsilio, 1989, p. 78). La questione
del
Coro e della sua essenza di «curatore ozioso» avr
musica e recitati con tonalità canora? — e di riflesso della liceità
del
dramma per musica sei-settecentesco. Accanto a qu
dalla musica e degli Attori che si affidavano semplicemente al metro
del
verso (1449b 25). Già Vincenzo Galilei, animatore
nto flebile e quieto» che presiederebbe alla definizione aristotelica
del
Coro come «curatore ozioso» (Giovan Battista Doni
ulla natura originariamente musicata della tragedia greca; l’opinione
del
Doni viene anzi ripresa nell’autorevole giudizio
e affascinava anche il Muratori, il quale, nella versione manoscritta
del
Della perfetta poesia aveva incluso una lunga sez
lati su di un uso armonico della voce. Eppure, nonostante il sostegno
del
dotto Anton Maria Salvini, lettore del Doni, di f
Eppure, nonostante il sostegno del dotto Anton Maria Salvini, lettore
del
Doni, di fronte alle critiche mossegli da Giovan
ssertazione musicale — pure così centrale nel suo progetto di riforma
del
teatro — nell’edizione a stampa della Perfetta po
Muratori teorico: la revisione della «Perfetta poesia» e la questione
del
teatro, Bologna, CLUEB, 1987). Accanto alla specu
e un’altra filiera di testi che presta attenzione alla tenuta scenica
del
Coro, e a questa sembra fare maggiore riferimento
le favole sceniche. Trattato, in Id., Della poesia rappresentativa e
del
modo di rappresentare le favole sceniche, a cura
momento della rappresentazione, come dimostrano tanto le indicazioni
del
Maffei nel Teatro Italiano, tese ad assegnare le
icazioni del Maffei nel Teatro Italiano, tese ad assegnare le battute
del
Coro a qualche personaggio secondario, ma anche a
, come dimostra Alfonso Varano, il quale nell’avvertimento ai lettori
del
Giovanni di Giscala, sciorina alcune tecniche per
il trofeo, si faccia in modo, che i Soldati lo compiscano al terminar
del
discorso fra Giovanni e Fannìa, e che s’accompagn
ompagnato da i Soldati», Alfonso Varano, Giovanni di Giscala, tiranno
del
tempio di Gerusalemme. Tragedia, Venezia, Valvase
ria drammaturgica elencando i numerosissimi svantaggi che la presenza
del
Coro comportava dal punto di vista della verosimi
o, prima, per l’imperiosa autorità della religione e per quella, poi,
del
tiranno invecchiato costume, pacifico ed inevitab
, del tiranno invecchiato costume, pacifico ed inevitabile possessore
del
teatro drammatico, si studiarono i poeti (non pot
ili violenze e il genio e dell’uno e dell’altro. Le sofferse il genio
del
coro, che destinato per sua natura a radunarsi in
sthetica, 1998, p. 107). Da ultimo andrà notato che l’interpretazione
del
passaggio dei Problemi proposta da Calepio sollev
saggio dei Problemi proposta da Calepio solleverà le furiose proteste
del
Salìo nell’Esame critico: il filosofo greco non a
lepio ribatterà al Padovano, rimarcando la bontà della sua traduzione
del
passo in questione (Pietro Calepio, Paragone dell
ortanza della volontà di recuperare la tragedia greca nella creazione
del
dramma per musica si veda l’utile contributo di B
problema dell’utilità della presenza corale proprio in questa sezione
del
Paragone. Il Coro chiamato a cantare alla fine di
uesto motivo il Bergamasco loda la soppressione dei Cori nel Solimano
del
Bonarelli e nelle tragedie francesi sei-settecent
Gravina nelle Tragedie Cinque, il Marchese delle Tragedie Cristiane,
del
Crispo e della Polissena e il Conti delle Quattro
questi egli esprime il proprio apprezzamento per l’Ulisse il giovane
del
Lazzarini, già definito nella giovanile Apologia
orica, altro la tecnica drammaturgica; nel teatro francese e italiano
del
primo Seicento raramente i drammaturghi si preocc
italiano del primo Seicento raramente i drammaturghi si preoccupavano
del
rispetto delle unità, come lamenta Jean-François
, p. 7). Sul mancato rispetto delle unità nella drammaturgia francese
del
primo Seicento si veda Eveline Dutertre, Scudéry
c Civardi, Paris, H. Champion, 2004, pp. 193-196). Nella seconda metà
del
secolo abbondano infatti le dichiarazioni di poet
tragici italiani il Calepio riscontra difetti notevoli nell’Ezzelino
del
Baruffaldi — ripreso per la terza volta nel giro
— ripreso per la terza volta nel giro di poche pagine — e nel Cesare
del
Conti (biasimato già per questo motivo in Paragon
. Nell’Ezzelino, ad esempio, la scena è situata a Padova, nel palazzo
del
tiranno, ma spesso si sposta nelle Torri Zilie, c
raltro marcati da specifiche didascalie. Al contrario, delle tragedie
del
Gorini egli salva soltanto il riguardo a questo p
Il Calepio, d’altra parte, dopo aver lodato incautamente le tragedie
del
marchese nella Descrizione de’ costumi italiani —
all’edizione della Rosimonda e poi ristampato nell’edizione integrale
del
suo Teatro, delineando un modello di tragedia a l
nel Cid, dove ora si parla nell’Appartamento di Cimene, ora in quello
del
Re, nel Cinna, ora in quello di Emilia, ora nel G
nel suo Discours, apparendogli questa troppo indulgente nei confronti
del
drammaturgo e poco rispettosa dell’intelligenza d
tamente il luogo, come nel Duca di Guisa, che finge una Sala pubblica
del
Palazzo Reale di Parigi dove metta capo l’Apparta
in piazza», ivi, p. 46). Calepio viene poi discorrendo della Giocasta
del
Baruffaldi, intitolata dal poeta ferrarese «trage
torno alla mutazione delle Scene che premetteva all’edizione faentina
del
1725. In questo ragionamento egli diceva di non v
utare mai la scena della tragedia», ma sosteneva che, anche alla luce
del
fatto che Aristotele non accennava mai al princip
Atene, da Atene a Sparta; ma non mai perciò che risguarda l’identità
del
luogo medesimo, considerando anzi impossibile, o
ndo Calepio questo stesso principio era stato già adottato, ben prima
del
Baruffaldi, nell’Arrenopia del Giraldi, nella Pro
ipio era stato già adottato, ben prima del Baruffaldi, nell’Arrenopia
del
Giraldi, nella Progne del Domenichi e nel Torrism
o, ben prima del Baruffaldi, nell’Arrenopia del Giraldi, nella Progne
del
Domenichi e nel Torrismondo del Tasso, e fra i co
l’Arrenopia del Giraldi, nella Progne del Domenichi e nel Torrismondo
del
Tasso, e fra i contemporanei vi ricorreva spesso
di Torquato Tasso», in La corte di Ferrara e il suo mecenatismo, Atti
del
Convegno Internazionale (Copenhagen, Maggio 1987)
mina della tragedia italiana e francese nel Paragone. Egli è convinto
del
fatto che la tragedia francese sia superiore a qu
punto di vista scenico, in quanto è costruita per ottenere l’applauso
del
pubblico, mentre le prove italiane, per quanto pi
ndamentalmente classicheggianti: egli è a tutti gli effetti un membro
del
partito dei Modernes quando afferma che le traged
e aveva scritto in precedenza che, nonostante la bellezza della prova
del
Lazzarini «non sarebbe forse strano che ad alcuno
Valaresso, rivolgeva le proprie parodiche frecciate tanto all’Ulisse
del
Lazzarini, quanto alla Merope del Maffei, la qual
arodiche frecciate tanto all’Ulisse del Lazzarini, quanto alla Merope
del
Maffei, la quale, benché quasi mai citata diretta
Maffei, la quale, benché quasi mai citata direttamente nelle sezioni
del
Paragone che attaccano la tragedia ultraclassicis
abilmente considerata come un bersaglio secondario della requisitoria
del
conte bergamasco, che torna sulla Merope nel pros
n difesa delle tragedie grecheggianti, a partire dalle contro-parodie
del
Boccardi, il quale si era impegnato a difendere i
e la Merope — nonché i loro archetipi greci —, dalle ingiuste accuse
del
Valaresso («Non so darmi pace in vedere, che vi s
ll’insegna dell’Orso, 1730, p. 5). Il principale riferimento polemico
del
Calepio è tuttavia in questo passaggio Giuseppe S
zione della sua Temisto («Nè punto mi son fermato a considerare l’uso
del
moderno Teatro tanto dall’antico diverso. Perocch
dia, Padova, Comino, 1728, pp. 17-18). Punto sul vivo dalla citazione
del
Calepio e scettico nei confronti dell’assunto sec
llora universale, col consenso degli uomini dotti, e poi co’ precetti
del
Filosofo insegnarono anche a noi la regolata, e p
li istrioni espressa da Calepio, argomento peraltro topico all’inizio
del
Settecento, e sostenuto con grande convinzione da
ostenuto con grande convinzione dal Maffei, il quale nella sua storia
del
teatro premessa al primo tomo del Teatro Italiano
l Maffei, il quale nella sua storia del teatro premessa al primo tomo
del
Teatro Italiano rimproverava i Comici di aver gua
sero poi anche in prosa rappresentando, si ritenne però insieme l’uso
del
verso per tutto il secolo decimosesto; ma nel sus
nza applicazione, cotal pigrizia gli fece a poco abbandonare il verso
del
tutto; e tanto più che l’uso della moderna Comedi
Italiano, t. I, Verona, Vallarsi, 1723, pp. ix-x). Per Salìo la colpa
del
fallimento scenico italiano sarebbe invece intera
con quella di Francia, Venezia, Zatta, 1770, p. 227). Sul Rutzvnscad
del
Valaresso si vedano: Domenico Pietropaolo, «Parod
Madama, il vecchio Fereto avidissimo della vita, Alceste amantissima
del
marito, Admeto generoso, e grato all’amore mostra
ope di Maffei, la quale aveva perso i tratti strutturali più evidenti
del
modello greco, non contemplando i Cori e preveden
tti e scene, era considerata da Calepio preferibile rispetto a quelle
del
Liviera e del Torelli, che seguivano sotto questo
ra considerata da Calepio preferibile rispetto a quelle del Liviera e
del
Torelli, che seguivano sotto questo profilo gli a
a terra i Francesi» con la sua Merope, sottolineava come la tragedia
del
Veronese risultasse inferiore a quella di Corneil
ese risultasse inferiore a quella di Corneille e di Racine alla prova
del
palcoscenico. Capo V. Dell’osservanza delle r
pio, ossia la rivendicazione della sua imparzialità e dell’equilibrio
del
suo giudizio, non viziato da alcuna deferenza nei
riottica per il teatro italiano. Nel quinto capo egli viene trattando
del
costume, aspetto che i drammaturghi francesi cura
la sua traduzione Castelvetro aveva accentuato la natura deliberativa
del
costume («Hora il costume è tale, che dimostra qu
caligero e soprattutto il Vossius avevano orientato l’interpretazione
del
termine in senso prettamente moralistico (Giulio
il drammaturgo facesse dipendere il soggetto della pièce dai costumi
del
popolo a cui essa veniva rappresentata (François
96, p. 72 [Amsterdam, Bernard, 1715, t. I, p. 52), e ancora alla fine
del
Seicento André Dacier chiosava in questo modo la
la fine del Seicento André Dacier chiosava in questo modo la sentenza
del
filosofo greco: «Les mœurs caractérisent les homm
Elfrieda Theresa Dubois, Genève, Droz, 1970, p. 43). Sull’importanza
del
rispetto del costume si era soffermato anche Gian
resa Dubois, Genève, Droz, 1970, p. 43). Sull’importanza del rispetto
del
costume si era soffermato anche Gian Vincenzo Gra
sulla superiorità degli antichi ai moderni in quanto alla trattazione
del
costume, ma nel paragone fra le tragedie francesi
za di Calepio, considerava migliori le prime, preferendo la Sofonisba
del
Trissino, l’Aristodemo di Dottori o l’Astianatte
ndo la Sofonisba del Trissino, l’Aristodemo di Dottori o l’Astianatte
del
Gratarolo all’Ifigenia del Racine («In questa par
no, l’Aristodemo di Dottori o l’Astianatte del Gratarolo all’Ifigenia
del
Racine («In questa parte i Greci sono inarrivabil
simo, e trovo ben pochi che possano uguagliarlo: nell’Aristodemo pure
del
Dottori veggo passi di costumi bellissimi, e ne c
la differenza veggasi la Scena fra Merope, e Policare nell’Aristodemo
del
Dottori, e quella d’Iffigenia, ed Achille, nell’I
di di Massinissa, o vicina alla morte, o di Andromaca nell’Astianatte
del
Gratarolo, allorchè ella si trova ai piedi di Uli
giungimento degli amanti in procinto di lasciarsi per sempre, a causa
del
sacrificio imminente a cui stanno andando incontr
o incontro le due donne. Articolo II. [5.2.1] Il primo aspetto
del
costume che Calepio prende in esame è la moralità
Sotto questo profilo Calepio si dimostra assai vicino alla posizione
del
Muratori, come già aveva evidenziato Enrico Matti
ro, recentemente rilanciata dal Du Bos; ora se la prende con l’autore
del
Traité du poème épique, il Père Le Bossu, il qual
e épique, il Père Le Bossu, il quale, proponendo una nuova traduzione
del
passaggio aristotelico esaminato nel primo artico
va traduzione del passaggio aristotelico esaminato nel primo articolo
del
capo (1450a 15-25), aveva dedotto, in profonda ro
ne teorica francese, che quando il filosofo greco parlava della bontà
del
costume intendesse non la bontà morale, ma piutto
, argomento già trattato nel primo capo, di cui questi primi articoli
del
quinto sono una sorta di appendice. Come nel prim
la personne qu’on introduit» (ibid.). Calepio contesta questa lettura
del
testo aristotelico sulla base della distinzione t
e, nel seguito della sua argomentazione, riportava un altro passaggio
del
capitolo della Poetica sui costumi (1454b 9-14),
iani, 2000, pp. 96-97). Corneille, rifacendosi anche alle annotazioni
del
Robortello, il quale rilevava che ogni genere ave
eorges Couton, Paris, Gallimard, 1987, p. 130). Quindi, sotto l’egida
del
Castelvetro, ammetteva che soltanto il protagonis
ique», cit., p. 131). Calepio non può avallare questa interpretazione
del
testo aristotelico (pure molto fortunata nel Seic
ondannata anche dal Gravina: «Nè può egli intendere de’ costumi buoni
del
Protagonista, come malamente espone Castelvetro:
me malamente espone Castelvetro: perché in quella particola si tratta
del
costume di tutte le persone in generale; essendos
ume di tutte le persone in generale; essendosi poc’anzi delle qualità
del
Protagonista diffusamente ragionato», Gian Vincen
otto il fine stesso dell’arte, come egli affermava nel primo articolo
del
primo capo. Corneille, nel tentativo di lusingare
ticolo del primo capo. Corneille, nel tentativo di lusingare il gusto
del
pubblico contemporaneo, sarebbe riuscito invece,
Il malvagio Placide veniva inoltre considerato da Corneille, al pari
del
Rodrigue del Cid, un protagonista eccellente seco
Placide veniva inoltre considerato da Corneille, al pari del Rodrigue
del
Cid, un protagonista eccellente secondo i canoni
di Domenico Pesce, Milano, Bompiani, 2003, pp. 102-104). Il pensiero
del
Bergamasco pare essere condizionato dalle medesim
1315-1317. L’insistenza di Calepio sulla diversità che separa il fine
del
genere epico — teso a meravigliare con le imprese
bellezza retorica, come sosteneva lo stesso tragico francese parlando
del
Menteur («J’ose dire la même chose du Menteur. Il
biasima la gran parte dei caratteri brillanti ma pravi caratteristici
del
teatro francese: non soltanto la Cléopâtre, prota
li Placide e Marcelle della Théodore, ma anche altre figure rilevanti
del
teatro francese del Seicento: Cinna, il fidato co
e della Théodore, ma anche altre figure rilevanti del teatro francese
del
Seicento: Cinna, il fidato consigliere di Augusto
ro l’imperatore; il barbaro Attila, protagonista di un’altra tragedia
del
medesimo, Attila roi des Huns, nella quale viene
orie, sorella dell’imperatore romano Valentiniano, e Ildione, sorella
del
re dei Franchi Méroüé, con i rispettivi amanti, a
glie dell’imperatore Honorius, che si risente molto quando la sorella
del
genero, Placidie, rifiuta brutalmente di sposare
Euchérius, creduto il vero responsabile della congiura, e al suicidio
del
disperato protagonista. Della drammaturgia france
dari, utili ad amplificare il sentimento di compassione nei confronti
del
protagonista perseguitato, come nota d’altra part
sero trattati secondo la via raciniana, come avveniva per il Narcisse
del
Britannicus, oppure per Œnone nella Phèdre («Il n
ture, 7e éd., Paris, Pissot, 1770, t. I, p. 122). Nella seconda parte
del
paragrafo Calepio si impegna a dimostrare l’infon
Calepio si impegna a dimostrare l’infondatezza di un altro passaggio
del
Discours de la tragédie di Corneille, nel quale i
quanto nella letteratura antica non mancano esempi di una concezione
del
valore etico della poesia slegato dalla nozione d
pistolai. Frammenti ed epistole di Euripide, t. XX, Padova, Stamperia
del
Seminario, 1754, p. 69. Calepio menziona inoltre
ni personaggi della tragedia greca, e in particolare Edipo, archetipo
del
buon sovrano, e Antigone, principessa pia e corag
emarques, Paris, Barbin, 1692, p. 4), criticava l’eccessiva ingenuità
del
sovrano nel presentarsi al popolo tebano sofferen
ondo le considerazioni tradizionali che Calepio riprende, il pio Enea
del
poema virgiliano. A tal proposito vengono riferit
1561, p. 104). [5.2.7] Si situa qui uno dei passaggi più importanti
del
Paragone, nel quale Calepio rivendica sia la pecu
portanti del Paragone, nel quale Calepio rivendica sia la peculiarità
del
genere tragico — che nulla ha a che fare con la r
spettatore un sentimento di pietà e di terrore nei confronti dei casi
del
protagonista —, sia la condanna del teatro france
di terrore nei confronti dei casi del protagonista —, sia la condanna
del
teatro francese seicentesco, di cui viene biasima
aturgia della meraviglia e dell’ammirazione, comportava il fallimento
del
progetto drammaturgico in cui credeva il Calepio:
clusivamente passiva; egli doveva cooperare attivamente alla riuscita
del
dramma — secondo un procedimento che sarà caldegg
oesia, postulava un ibridismo che procedeva dalla multiforme capacità
del
genere lirico di essere declinato secondo ogni pr
A tal proposito rimando al mio «Generi e stili in Arcadia: lo statuto
del
lirico ne La Bellezza della Volgar Poesia di Cres
Bergamsco, riprendendo il ben noto parallèle inserito nei Caractères
del
La Bruyère, secondo cui Corneille raffigurava gli
e che non appartiene alla dimensione umana. Questa deroga al criterio
del
verosimile e al fondamento del genere tragico non
sione umana. Questa deroga al criterio del verosimile e al fondamento
del
genere tragico non poteva essere apprezzata da un
ltrattare il marito perché interessata soltanto alla vicenda politica
del
suo regno, la rende agli occhi del pubblico meno
ata soltanto alla vicenda politica del suo regno, la rende agli occhi
del
pubblico meno degna di compassione, guastando que
o già proposto nel Paragone da Calepio, insistendo allora sui difetti
del
personaggio di Horace, incapace, a differenza di
pubblico la minima compassione (cfr. Paragone I, 4, [4]). La fortuna
del
fugace confronto del La Bruyère, ispirato peraltr
ompassione (cfr. Paragone I, 4, [4]). La fortuna del fugace confronto
del
La Bruyère, ispirato peraltro al giudizio precede
5.2.9] Al termine di questa lunga requisitoria contro l’inadeguatezza
del
costume di alcuni protagonisti dell’opera corneil
ere i propri personaggi compassionevoli, anche manomettendo la natura
del
soggetto, al fine di rendere più o meno colpevoli
Rodogune veniva conservato innocente fino alla fine, senza macchiarsi
del
matricidio che il racconto storico di Appiano ale
le Osservazioni sopra la Rodoguna e dallo stesso Calepio nelle pagine
del
Paragone, aveva esercitato il suo ambiguo fascino
e spinoso, soprattutto in Francia, tra Sei e Settecento. Nel trattare
del
rapporto fra storia e poesia Aristotele aveva rac
aveva un carattere universale, a differenza della storia che trattava
del
particolare (1451b 5-10). Nel Seicento tuttavia q
uttosto restrittiva, che di fatto riduceva enormemente la possibilità
del
poeta di intervenire sul soggetto che proveniva d
faces nelle quali gli autori si profondono a certificare l’ortodossia
del
proprio racconto rispetto alla storia, oppure a g
a cura di Enrica Zanin, site IdT — Les Idées du théâtre). La lettera
del
Bonarelli diventa un contributo autorevole al qua
pide, Seneca e Stazio (Giovanni Battista Filippo Ghirardelli, «Difesa
del
Costantino», in Id., Il Costantino. Tragedia, Rom
Se Corneille si sofferma abitualmente, negli Examens, sull’ortodossia
del
suo soggetto in rapporto alla storia, Racine si m
brigativo nel giustificare le licenze che si era preso; nella Préface
del
Bajazet egli si limita infatti a scrivere che ave
a rendere il testo più nobile e a presentare Jonathas come colpevole
del
castigo divino che sarebbe parso altrimenti immer
bbia. Il drammaturgo francese introduceva questa postilla nell’Examen
del
Polyeucte per giustificare il fatto che egli aves
a ogni qual volta si riprenda l’argomento: oltre all’autorità teorica
del
Minturno del De poeta, vengono menzionate le trag
olta si riprenda l’argomento: oltre all’autorità teorica del Minturno
del
De poeta, vengono menzionate le tragedie di Heins
o che a questa tragedia Crescimbeni dedicasse molto spazio all’inizio
del
sesto dialogo della sua Bellezza della volgar poe
104). A partire da questa considerazione egli affrontava il problema
del
rapporto fra storia e poesia ammettendo che, sebb
mbeni che appare con qualche certezza fornire l’ipotesto al passaggio
del
Paragone in questione. Il Bergamasco, che al cont
Muse, rappresentato dal Sannazzaro, «dal vil servizio de i Numi vani
del
Gentilesimo venire al culto della vera Divinità»
h’è peggio, che la madre stessa di Dio, idea di costanza, alla veduta
del
suo figliuol crocifisso, quasi forsennata, tutto
oétique dans l’œuvre de Sannazar», in Il sacro nel Rinascimento, Atti
del
XII Convegno Internazionale (Chianchiano-Pienza,
o di malvagi per far risplendere in controluce l’innocenza e la virtù
del
protagonista, si presenterebbe nelle tragedie di
letterario internazionale dell’epoca, complici la traduzione italiana
del
Cato ad opera di Anton Maria Salvini (1725), e il
di di fatto incapace tanto di dilettare quanto di giovare all’utilità
del
dramma —, con la scusa, ritenuta illegittima, di
con cui il protagonista si oppone platealmente all’ordine dell’ombra
del
padre che gli impone di uccidere l’amata. Nella P
l’ombra del padre che gli impone di uccidere l’amata. Nella Polissena
del
Marchese, Pirro si accingeva al contrario ad eseg
erno assassinando la principessa troiana e attirandosi la compassione
del
pubblico, che invece si sarebbe sdegnato nel cogl
pubblico, che invece si sarebbe sdegnato nel cogliere l’irreligiosità
del
comportamento del Pyrrus di de La Fosse. Come in
ce si sarebbe sdegnato nel cogliere l’irreligiosità del comportamento
del
Pyrrus di de La Fosse. Come in altri casi, anche
uce puntualmente il giudizio di Calepio sulla tragedie di Deschamps e
del
de La Fosse, ammonendo che non si introducano sen
arattere alcuno di malvagi senza necessità; nel che peccano il Catone
del
Signor di Champs per Farnace, e la Polissena del
he peccano il Catone del Signor di Champs per Farnace, e la Polissena
del
Signor de La Fosse per Pirro», Francesco Saverio
’ogni poesia, vol. III, Milano, Agnelli, 1743, p. 275). Sulla fortuna
del
soggetto di Catone nel Settecento si veda il cont
ticolo III. [5.3.1] Calepio ritorna sulla questione della qualità
del
protagonista che aveva già affrontato nel primo c
sono due importanti esponenti dell’Arcadia: Antonio Caraccio, sodale
del
Crescimbeni, il quale aveva riconosciuto nel suo
getto tragico profondamente innovativo, che indubbiamente si avvaleva
del
modello corneilliano. Il Corradino è una tragedia
ghibellini, riunitisi, dopo la morte di Manfredi, attorno alla figura
del
giovane Corradino. Centrale era in questa vicenda
lo d’Angiò ma legata ad un rapporto di parentela anche all’avversario
del
marito, Corradino; secondo Calepio questo persona
oppure degli aspiranti sovrani — di questo tipo è invece l’intreccio
del
Servio Tullio, in cui il saggio re romano viene d
prio figlio Iti per darne le carni in pasto al padre, nonché la Fedra
del
Bozza. In questa tragedia, a differenza di ciò ch
un innocente non è evidentemente in grado di attirare la compassione
del
pubblico. Al contrario il Bergamasco Grazia le tr
ate sulla figura di Ippolito e non su quella di Fedra. La riscrittura
del
Bozza assume un ruolo di rilievo nel panorama del
sso di cristianizzazione che il mito aveva subito nel teatro francese
del
Seicento, proprio rendendo — come accade peraltro
. Daniela Dalla Valle scrive argutamente a tal proposito che la Fedra
del
Bozza è in realtà un’«anti-Fedra», dal momento ch
voluto, creato e determinato la catastrofe, e la descrizione dolorosa
del
suo amore fatale — così importante nelle tragedie
e, Il mito cristianizzato: Fedra/Ippolito e Edipo nel teatro francese
del
Seicento, Bern, Lang, 2006, p. 66). [5.3.2] Un a
nquecenteschi che vengono citati in questo frangente, ossia la Progne
del
Domenichi, l’Acripanda di Decio da Horte e la Tul
ia la Progne del Domenichi, l’Acripanda di Decio da Horte e la Tullia
del
Martelli. Nella Progne la protagonista si vendica
lielo a pezzi; nell’Acripanda l’eroina, oggetto dell’amore adulterino
del
re Ussimano che per lei uccide la moglie Orselia,
igli assassinati per ordine dell’unico erede di Orselia; nella Tullia
del
Martelli, i presunti raggiri messi in opera da Se
ue, Paris, Sommaville, 1640, p. 221, 222), e prediligeva il prototipo
del
dramma nel quale i cattivi venivano puniti, a ben
prototipo del dramma nel quale i cattivi venivano puniti, a beneficio
del
pubblico («les plus justes Tragedies sont celles
on vengano adeguatamente puniti. Ciò avviene ad esempio nell’Ezzelino
del
Baruffaldi — tragedia già in diversi altri luoghi
cato anche il personaggio di Labano, l’ebreo delatore che nel Procolo
del
Martello rende a tutti noto che è stato il protag
di non lasciarle al fine della Tragedia impunite, com’è nell’Ezzelino
del
Baruffaldi Ansedisio», Francesco Saverio Quadrio,
accia sempre abborrevole al popolo. […] Quel Marco nell’Appio Claudio
del
Gravina, rimanendosi senza verun gastigo, dopo av
nsegnamento, e sta assai male» (ivi, vol. I, p. 375). Sulla rilevanza
del
personaggio di Labano nella drammaturgia del Mart
p. 375). Sulla rilevanza del personaggio di Labano nella drammaturgia
del
Martello cfr. Ilaria Magnani Campanacci, Un Bolog
57-71. Articolo IV. [5.4.1] Calepio passa quindi a discorrere
del
decoro, suprema sintesi di moralità e verosimigli
i personaggi al sesso, al rango, alla provenienza geografica, all’età
del
carattere che rappresentano. Circa la convenienza
tura. I diversi stili oratori dipenderanno poi dalle solite categorie
del
costume («Conciosiacosa, che monti non poco di qu
, ibid.). Nel Seicento si insisterà proprio su questa natura retorica
del
decorum, come si evince dalla disquisizione sul d
ione sul decoro delle metafore presente nel Cannocchiale aristotelico
del
Tesauro (Emanuele Tesauro, Il Cannocchiale aristo
ell’idea di decoro nella teoria tragica avviene appunto nella Francia
del
Seicento: Jean Chapelain introduceva il termine «
nséance externe» — l’adattamento dei caratteri all’orizzonte d’attesa
del
pubblico (René Bray, La Formation de la doctrine
stituendosi di fatto la critica teatrale seicentesca, ed è sulla base
del
mancato rispetto della bienséance nel personaggio
o pudica, che Chapelain pronuncia la sua ferma condanna nei confronti
del
Cid di Corneille (cfr. su questo punto Georges Fo
s du poème dramatique, si soffermava sulla nozione sopradetta in modo
del
tutto tradizionale («Les mœurs doivent être conve
Dubois, Genève, Droz, 1970, p. 66). Nel Settecento italiano il ruolo
del
decoro è certo meno rilevante, ma non del tutto s
ettecento italiano il ruolo del decoro è certo meno rilevante, ma non
del
tutto secondario. Il Gravina, riprendendo il gene
o, le tien lungi dal cader ne gli eccessi conservandole tra i confini
del
Verisimile, e del Decoro, che suol da’ Greci appe
al cader ne gli eccessi conservandole tra i confini del Verisimile, e
del
Decoro, che suol da’ Greci appellarsi “τό πρέπον”
Marzorati, 1971, p. 113). Da segnalare infine, sempre attorno al nodo
del
decoro della poesia, le Lettere discorsive intorn
gion Cattolica come alla buona Morale Cristiana (1733), opera postuma
del
bolognese Pierfrancesco Bottazzoni. Nelle poetich
critica secondo cui i Greci erano risultati manchevoli nella rispetto
del
decoro risaliva già al periodo umanistico e rinas
parmiati, peggiore è la sorte che viene riservata ad Omero sul finire
del
secolo: il poeta epico per eccellenza diventa l’o
tervenire per sanare i tanti problemi che presentava sotto il profilo
del
costume l’Iliade, adattandola, nella sua traduzio
ilo del costume l’Iliade, adattandola, nella sua traduzione, al gusto
del
secolo («J’ai voulu que ma traduction fût agréabl
o a raffigurare in quel modo le divinità per andare incontro al gusto
del
suo tempo («Se egli è ufficio del buon poeta il r
vinità per andare incontro al gusto del suo tempo («Se egli è ufficio
del
buon poeta il rappresentar verisimilmente le cose
opinion comune circa le cose naturali è fondato, e ora sulla credenza
del
popolo; quando il popolo avea per altro un’idea c
e personaggi infiacchiti da amori che li rendono ridicoli, privandoli
del
carattere impavido ed esemplare che essi dovrebbe
o ed esemplare che essi dovrebbero possedere. Il principale bersaglio
del
Bergamasco è in questo caso l’Alexandre le Grand
ta a Madame Bourneau, aveva criticato la rappresentazione galante che
del
grande Alessandro offriva Racine. Il critico fran
ome Alessandro si sarebbe aspettato di vedere quella grandezza tipica
del
genio degli antichi («Je voudrais qu’il lui donnâ
e raccomandava di evitare le coquetteries nel dare corpo a personaggi
del
calibro di Ciro, Alessandro o Scipione («N’auroit
condannando piuttosto, come ancor meno credibili, i pastori raffinati
del
contemporaneo teatro italiano, come faceva Boilea
s par Françoise Escal, Paris, Gallimard, 1966, p. 171). Verso la fine
del
secolo, l’oggetto delle critiche riguardanti l’ec
ie viene censurato anche dai letterati italiani. Gravina si lamentava
del
fatto che i moderni tragici non si impegnassero a
Grand di Racine, anche Le Comte d’Essex, tragedia di Thomas Corneille
del
1678, in cui il protagonista, innamorato della re
u la confusion des rôles», Études Épistémè, XVI, 2009), e la Polyxène
del
de La Fosse, nella quale Telephe è spinto a intro
Tullia, Rosmunda, Ifigenia e Didone, diventeranno nella seconda parte
del
Cinquecento, e particolarmente in corrispondenza
tamento», in Ead., Otre le mura di Firenze: percorsi lirici e tragici
del
Classicismo rinascimentale, Manziana, Vecchiarell
nile, come dimostrano ad esempio La Gallerie des femmes fortes (1663)
del
padre gesuita Le Moyne, o Le Maraviglie heroiche
es fortes (1663) del padre gesuita Le Moyne, o Le Maraviglie heroiche
del
sesso donnesco (1678) di Giulio Dal Pozzo. Anche
e calcolatrice, senza assecondare l’inclinazione amorosa e sensibile
del
personaggio femminile («ainsi les Spectateurs ne
ia, e di Camille nell’Horace. Sul personaggio muliebre nella tragedia
del
Cinquecento si veda Alessandro Bianchi, Alterità
i, Alterità ed equivalenza: modelli femminili nella tragedia italiana
del
Cinquecento, Milano, Unicopli, 2007. Sul Discorso
nquecento, Milano, Unicopli, 2007. Sul Discorso della virtù femminile
del
Tasso si vedano: Dennis J. Dutschke, «Il discorso
olemica rinascimentale», in Torquato Tasso e la cultura estense, Atti
del
convegno (Ferrara, 10-13 dicembre 1995), a cura d
donnesca”», ivi, pp. 505-521). Sulla figura femminile nella tragedia
del
Settecento si rimanda a Paola Trivero, Tragiche d
aola Trivero, Tragiche donne: tipologie femminili nel teatro italiano
del
Settecento, Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2000
onosce in una lettera piena d’ammirazione Guez de Balzac, a proposito
del
Cinna («Vous nous faites voir Rome tout ce qu’ell
vertissez de la bienséance, quand elle ne s’en souvient pas» (lettera
del
17 gennaio 1653, cfr. Pierre Corneille, Œuvres co
colpisce piuttosto Racine, soprattutto a partire dalla pubblicazione
del
Bajazet, i cui personaggi vengono considerati uom
espresso dallo stesso Corneille, presente alla prima rappresentazione
del
Bajazet di Racine: «il n’y a pas un seul personna
liani Madame de Sévigné e Donneau de Visé; quest’ultimo, dalle pagine
del
Mercure Galant, aveva ridicolizzato la strategia
epart du Roy, Paris, Théodore Girard, 1672, pp. 70-71). Nella Préface
del
Bajazet Racine rispondeva alle critiche adducendo
potevano essere verosimilmente i medesimi, e mostrando l’impetuosità
del
carattere del protagonista (sulla polemica circa
re verosimilmente i medesimi, e mostrando l’impetuosità del carattere
del
protagonista (sulla polemica circa il Bajazet e s
ulla risposta di Racine si veda l’edizione commentata della «préface»
del
Bajazet curata da Georges Forestier et Céline Fou
na. Al contrario, secondo il pressoché unanime giudizio dei letterati
del
Settecento, Prospero Bonarelli si era comportato
o nel suo Solimano: Giovanni Antonio Bianchi (Dei vizj, e dei difetti
del
moderno teatro e del modo di corregergli e d’emen
iovanni Antonio Bianchi (Dei vizj, e dei difetti del moderno teatro e
del
modo di corregergli e d’emendarli, Roma, Pagliari
i costumi nazionali dei personaggi: a suo modo di vedere questi erano
del
tutto inessenziali al raggiungimento del fine tra
modo di vedere questi erano del tutto inessenziali al raggiungimento
del
fine tragico, che chiamava in causa l’universale
la sua particolare provenienza nazionale («Ma per tornare all’Autore
del
Paragone circa i nazionali costumi: questi per lo
d’altra più lontana, e straniera nazione; per la similitdine tuttavia
del
natural costume non ne sentirebbe forse gran comp
raffigurare i sovrani derisi e umiliati, mentre gli Inglesi, a causa
del
temperamento insulare, preferivano rappresentare
ndo Rapin i Francesi, più umani e galanti, andavano incontro al genio
del
pubblico, formato per lo più da donne, le quali a
a necessità di introdurre determinate trame per appagare il desiderio
del
pubblico femminile («Quindi è, che la donna, come
1963, pp. 236-237). Sottilmente polemico era anche il pronunciamento
del
Fontenelle: il Francese ammetteva che, non conosc
2013, pp. 91-106. [5.4.6] Calepio passa infine agli elementi minori
del
costume, generalmente rispettati dai tragici fran
comportamento e di linguaggio —, egli nota come talvolta i personaggi
del
teatro di Corneille si rivelassero inopportuni: n
esca era stata inserita perché si confaceva bene al carattere giovane
del
protagonista («Aggiungasi, che nel caso presente
tragedie un linguaggio e dei pensieri differenti a secondo dell’età e
del
sesso («on pourroit avec raison reprocher le même
caratteri che trasgredivano la norma dell’«egualità», anche l’Oreste
del
Rucellai, che lo stesso Calepio censurerà nell’ar
eccanica imitazione di questi principi, senza riflettere che il gusto
del
pubblico contemporaneo era assai più ricercato e
sto errore sarebbero cadute molte tragedie italiane, fra cui l’Oreste
del
Rucellai, la Merope del Torelli e altre che egli
ute molte tragedie italiane, fra cui l’Oreste del Rucellai, la Merope
del
Torelli e altre che egli va citando nel corso di
ctoritates critiche con le quali si trova spesso concorde: i Discorsi
del
poema eroico del Tasso e la Lettera intorno al co
he con le quali si trova spesso concorde: i Discorsi del poema eroico
del
Tasso e la Lettera intorno al comporre delle comm
asso e la Lettera intorno al comporre delle commedie e delle tragedie
del
Giraldi. Egli richiama nello specifico le parole
ssimi libri d’Omero trasportati in lingua», Torquato Tasso, «Discorsi
del
poema eroico», in Id., Discorsi dell’arte poetica
so, «Discorsi del poema eroico», in Id., Discorsi dell’arte poetica e
del
poema eroico, a cura di Luigi Poma, Bari, Laterza
non gliele dia vinta nella maestà, e negli affetti, e nell’osservanza
del
costume e nella vivacità delle sentenze», Giambat
isteva con grande forza su questo punto —, quando si entra nel merito
del
giudizio le opinioni sono talvolta contrastanti.
ito del giudizio le opinioni sono talvolta contrastanti. Nella Difesa
del
Costantino Ghirardelli assegnava alla tragedia it
a delicatezza moderna (Giovanni Battista Filippo Gherardelli, «Difesa
del
Costantino», in Id., Il Costantino. Tragedia, Rom
rrebbe comprendere non soltanto il teatro di Gravina, ma anche quello
del
Maffei — perché, nel modulare il personaggio del
ina, ma anche quello del Maffei — perché, nel modulare il personaggio
del
vecchio Polidoro, il Veronese si era lasciato amm
a, Verona, Ramanzini, 1745, p. 166). Al solito, il passo in questione
del
Paragone creava alcune perplessità in un lettore
a degli esemplari greci, perdono in maestosità, Calepio cita l’Oreste
del
Rucellai e la Merope del Torelli; ma egli tende t
perdono in maestosità, Calepio cita l’Oreste del Rucellai e la Merope
del
Torelli; ma egli tende tuttavia a ritenere meno g
le tratte dalla storia romana, come accade ad esempio nella Sofonisba
del
Trissino, e successivamente nell’Appio Claudio di
Sofonisba, Calepio riprende puntualmente la critica che alla tragedia
del
Trissino muoveva il Giraldi — già citato nel para
testava questa caduta di stile di Trissino che guastava la maestosità
del
personaggio romano di Lelio: «Bastami per ora che
gnamenti offertici dalla Tragedia. […] Taccio che l’idea della maestà
del
Romano imperio e lo splendore, e la magnificenza
embra tuttavia poco decoroso che l’imperatore si trattenga nell’atrio
del
palazzo a pronunciare importanti discorsi politic
accennato (Paragone IV, 4, [2]), alludendo alla maestosità dell’atrio
del
palazzo romano nelle ricostruzioni del veronese M
ndo alla maestosità dell’atrio del palazzo romano nelle ricostruzioni
del
veronese Monsignor Francesco Bianchini («L’atrio
ini egli, che l’atrio della casa di Giulio Cesare sia simile a quello
del
Palagio de’ Cesari ideato da Monsign. Bianchini,
39, p. n.n.). [5.5.3] Calepio passa quindi ad esaminare la questione
del
decoro relativamente alla scelta del soggetto, co
quindi ad esaminare la questione del decoro relativamente alla scelta
del
soggetto, condannando alcune azioni che gli appai
di Gian Vincenzo Gravina, nel quale veniva messo in scena il progetto
del
magistrato romano di violare la giovane Virginia.
iolti, Milano, Marelli, 1755, p. 71). Questa prudérie circa la natura
del
soggetto aveva di fatto reso difficile la riscrit
a la natura del soggetto aveva di fatto reso difficile la riscrittura
del
nucleo tragico di Edipo, come notava ad esempio G
favola edipica, e postulando in definitiva una nozione relativistica
del
gusto, riteneva la tragedia italiana superiore in
re salda, e costante», Giovanni Battista Filippo Ghirardelli, «Difesa
del
Costantino», in Id., Il Costantino. Tragedia, con
, pp. 66-67). Sarà interessante notare come, peraltro, l’affermazione
del
modello dell’Edipo Re, dovuta alla teorizzazione
nevoli di quelle basate su un paventato stupro. Anzi, le manomissioni
del
soggetto di Fedra, tese a rendere la regina più a
io (1710) di Gravina si contano la Virginia di Pansuti (1725), quella
del
chierico Giovanni Antonio Bianchi (1732) e la Vir
a Virginia spagnola di Montiano y Luyando (1750). Nella seconda parte
del
secolo le riscritture si moltiplicano: si contano
cchierai (1767), di Durante Duranti (1768), la riformulazione tedesca
del
Lessing (Emilia Galotti, 1772) e dello Schiller (
ane come la Tullia di Martelli e l’Oreste di Rucellai: nella tragedia
del
Martelli egli condanna il colloquio fra la protag
viene criticato il discorso con cui la regina Rusilla nel Torrismondo
del
Tasso si rivolge alla giovane Rosmonda, decisa a
pugnati dalla ragazza, che ritiene la pudicizia la qualità principale
del
sesso femminile, e la posizione della madre, la q
membrando fra me ch’un tempo impressi/ io solea rimirar cari vestigi/
del
mio signore, e ch’ei porgea ricetto/ a’ piaceri,
or sit ducenda”, riprodotta in svariate occasioni nella trattatistica
del
Cinquecento (Stefano Verdino, Il Re Torrismondo e
. II, Verona, Vallarsi, 1723, pp. 141-144) —, o lo stesso esperimento
del
Martello, il quale, giudicando il Torrismondo mae
so], che il verso eroico fosse quello, che più alla maestà, e serietà
del
Poema Tragico fusse conveniente, ne costituì il T
dell’atto terzo (cfr. Grazia Distaso, «Una riscrittura settecentesca
del
“Torrismondo” e il trattato “Del verso tragico” d
e risplende il suo Torrismondo», Giovan Mario Crescimbeni, Commentarj
del
Canonico Gio. Mario Crescimbeni custode d’Arcadia
no, 1788, pp. 137-138). Nell’Ottocento l’accusa di mancanza di decoro
del
discorso della Regina viene riproposta dal Paravi
Calepio anche il discorso di Merope, nel finale dell’omonima tragedia
del
Torelli, laddove la regina compiange la fine del
ell’omonima tragedia del Torelli, laddove la regina compiange la fine
del
tiranno Polifonte, che per lei era appunto un «co
io formulato da Giovan Gioseffo Orsi nella sua Prefazione alla Merope
del
Maffei, inclusa già nell’edizione modenese della
a torelliana, la trovava ben meno vigorosa e indecorosamente volubile
del
personaggio messo in scena dal Veronese: «Né mi p
unizione di Polifonte, quasi altrettanto che della ingiusta uccisione
del
suo primo buon Consorte Cresfonte, e facendo al T
ndo al Tiranno, e al Marito un quasi eguale elogio» (Merope. Tragedia
del
Marchese Scipione Maffei dedicata all’alterzza se
p;c. e illustrata colla Giunta d’essa Dedicatoria, e d’una Prefazione
del
Marchese Giovan Gioseffo Orsi, e d’alcune Annotaz
Prefazione del Marchese Giovan Gioseffo Orsi, e d’alcune Annotazioni
del
Padre Sebastiano Pauli, Modena, Soliani, 1735, p.
o Pauli, Modena, Soliani, 1735, p. xxx). Sulla trattazione letteraria
del
matrimonio si veda anche lo studio di Fabio Danel
anche lo studio di Fabio Danelon, Né domani né mai: rappresentazione
del
matrimonio nella letteratura italiana, Venezia, M
i personaggi, Calepio censura il personaggio di Oreste nella tragedia
del
Rucellai: di questo protagonista egli non apprezz
caso il Rucellai abbia tentato di riprodurre nel suo eroe le fattezze
del
pio Enea virgiliano, incline alla commozione; il
ali l’eroe virgiliano è sorpreso a piangere: quando ascolta le parole
del
fantasma di Creusa, conscio che non la rivedrà pi
Calepio viene ora esaminando l’osservanza, da parte dei drammaturghi,
del
criterio della somiglianza, che consiste nella co
maturghi, del criterio della somiglianza, che consiste nella coerenza
del
personaggio con ciò che di lui narrano la storia
differenti di errore: talvolta essi innalzano oltre misura la qualità
del
protagonista, rendendolo inverosimile, in quanto
re eroico dal quale sono per tradizione contraddistinti. Il prototipo
del
primo tipo di anomalia viene ritrovato da Calepio
compariva, come personaggio invero assai originale, nell’Œdipe (1719)
del
giovane Voltaire. Il Bergamasco si era soffermato
Voltaire. Il Bergamasco si era soffermato già in parte sulla tragedia
del
francese nella giovanile Apologia di Sofocle (cfr
ché l’attenzione dell’autore fosse rivolta principalmente alla difesa
del
dramma sofocleo; nel Paragone egli si sofferma pi
o di Philoctete, la cui presenza, da una parte, guastava l’attuazione
del
meccanismo patetico (Paragone IV, 3, [3]), dall’a
tetico (Paragone IV, 3, [3]), dall’altra nuoceva alla verosimiglianza
del
dramma, poiché veniva appunto rappresentato come
va infatti per una soluzione galante che si giovava dell’introduzione
del
personaggio di Philoctete, tornato a Tebe in segu
ll’eroe provocava il turbamento della regina, ma anche l’ira da parte
del
popolo, che lo riteneva responsabile della morte
ince dal commento auto-esegetico che chiudeva l’apparato paratestuale
del
suo Œdipe (Cinquième lettre qui contient la criti
Bilis, la quale insiste sul fatto che Philoctète, erede della memoria
del
virtuoso Ercole, metta in questione, attraverso i
Ercole, metta in questione, attraverso il suo eroismo, la supremazia
del
monarca Œdipe: Hélène Bilis, «Poétique tragique e
contrario, Calepio ritrova manchevoli Racine e Crébillon nel rispetto
del
carattere di Ippolito e di Elettra, figurati come
era stato richiamato in vita da Esculapio per intercessione di Diana,
del
quale era devoto (Fabulae, XLVII); allo stesso mo
aliquem Hippolytum», ritornato dall’Ade grazie al «valido medicamine»
del
figlio di Apollo (XV, 493-546) — e Virgilio nell’
zio, il quale, all’interno di un’ode intesa a descrivere l’incertezza
del
domani, afferma che neppure Diana è stata capace
dia di Racine, contraddistingue l’altrove casto Hyppolite. La critica
del
Bergamasco non si limita in questo caso a descriv
pio si mostrerà Juan Andrés («Quanto è freddo, e nocivo all’interesse
del
dramma l’inverosimile amore d’Ippolito ad Aricia
nte di Itys, figlio di Egisto, benché l’eroina nutrisse nei confronti
del
secondo marito della madre un odio feroce, dettat
roce, dettato dal fatto che questi era stato complice dell’assassinio
del
padre Agamennone. Crébillon adopera in questo cas
dre Agamennone. Crébillon adopera in questo caso un espediente tipico
del
teatro francese del Seicento, modulato principalm
illon adopera in questo caso un espediente tipico del teatro francese
del
Seicento, modulato principalmente sull’esempio de
el teatro francese del Seicento, modulato principalmente sull’esempio
del
Cid di Corneille, ma poi riplasmato in moltissimi
ospeso, i tragici francesi amplificavano le note patetiche e languide
del
dissidio tra amore e onore che derivava in origin
e Elettra possa essere mossa da questo tipo di passione nei confronti
del
figlio di un tale nemico, in virtù del fatto che
tipo di passione nei confronti del figlio di un tale nemico, in virtù
del
fatto che le storie la rappresentano sempre come
di aver osato prendere le distanze da Sofocle, in barba ai sacerdoti
del
culto degli antichi («J’ai bien un autre procès à
econdariamente un’invenzione di tal fatta frustrerebbe le aspettative
del
pubblico, che sulle storie si era formato una noz
Itys ed Electre, ritenendoli poco verosimili ed inutili nell’economia
del
dramma: «L’intrigue paraît un roman trop peu vrai
vole imperniate su argomenti inventati, alludendo tanto alle tragedie
del
Cinquecento che sceglievano favole misconosciute,
no efficaci pièces imperniate su argomenti inventati, come l’Orbecche
del
Giraldi, ambientata in Persia, il Torrismondo del
ti, come l’Orbecche del Giraldi, ambientata in Persia, il Torrismondo
del
Tasso — tratto in realtà dalla storia nordica (cf
storia nordica (cfr. Elisabetta Selmi, «Olao Magno nella letteratura
del
Cinquecento e nel Torrismondo», in Il mito e la r
del Cinquecento e nel Torrismondo», in Il mito e la rappresentazione
del
Nord nella tradizione letteraria, Atti del Conveg
mito e la rappresentazione del Nord nella tradizione letteraria, Atti
del
Convegno di Padova (23-25 ottobre 2006), Roma, Sa
103) —, l’Idalba di Maffeo Venier, presa dalla storia frigia, l’Elisa
del
Closio, imperniata sulle vicende dei regni di Cre
sio, imperniata sulle vicende dei regni di Creta e di Rodi, la Dalida
del
Groto, di soggetto indiano, e l’Acripanda di Deci
cento. Se già Castelvetro, nel suo commento ad Aristotele, si stupiva
del
fatto che il filosofo greco considerasse ammissib
e tragedie il cui soggetto era integralmente inventato, come nel caso
del
Fiore di Agatone (cfr. Lodovico Castelvetro, Poet
ati, 1971, p. 130). Maffei, dal canto suo, confermava che il soggetto
del
Torrismondo e della Dalida erano considerati nel
to di invenzione, come si evince dalla sua introduzione alla tragedia
del
Tasso («Quanto all’Argomento della Tragedia, l’Au
tato chi ha rivocato in dubbio, se il soggetto di questa Tragedia sia
del
tutto finto: ma forse tale Istoria era, come dice
te servire al fine della Tragedia, quando abbia il sudetto fondamento
del
verisimile. Ella è la Tragedia come un quadro, su
convenevolezza — dato che interagisce direttamente con la sensibilità
del
pubblico settecentesco — deve essere preferito a
to profilo egli si trova d’accordo con il padre René Le Bossu, autore
del
Traité du poème épique, il quale, passando in ras
poème épique, il quale, passando in rassegna i tre aspetti principali
del
costume (convenienza, uguaglianza, somiglianza al
con atteggiamenti poco adatti a ciò che si richiede ad un personaggio
del
suo rango («quelque-fois ces qualitez se trouvero
le tragedie di Duché, già precedentemente criticate sotto il profilo
del
costume (Paragone V, 2, [10]), in quanto nell’Abs
reato diversi problemi ai commentatori, sul fatto che alcune tragedie
del
suo tempo venivano recitate senza costumi. Lo Sta
se; o pure che ogni personaggio ed ogni nazione dai poeti si vestisse
del
costume che nella città d’Atene correva», Gian Vi
elemento importante relativo al costume e fondamentale nella poetica
del
«miscere utile dulci» a cui mira la tragedia sett
dia settecentesca dopo la rifondazione arcadica consta della capacità
del
drammaturgo di dispensare ottimi consigli di vita
ofici e di massime universali che cooperavano a consolidare la morale
del
popolo ateniese. Tuttavia il difetto che egli rit
gedia greca è quello di aver perfezionato esclusivamente il carattere
del
protagonista, trascurando la definizione del cara
lusivamente il carattere del protagonista, trascurando la definizione
del
carattere degli altri personaggi, che veniva cond
le azioni occorse nel dramma. Tanto i Greci quanto i tragici italiani
del
Cinquecento avrebbero peccato nel rappresentare i
; se i personaggi della Sofonisba di Trissino spiccano per la gravità
del
loro eloquio, essi faticano a coinvolgere lo spet
essaria, che si incontra invece nei caratteri della tragedia francese
del
Seicento. A questo giudizio si allineerà la stori
o di Ginguené: questi, pur riconoscendo, come fa Calepio, la capacità
del
Trissino di disegnare caratteri maestosi («Sophon
è più evidente l’influsso della drammaturgia francese — ad eccezione
del
Corradino di Caraccio, che francamente in questo
6.1.1] In questo capo Calepio si sofferma sulle proprietà stilistiche
del
discorso tragico italiano e francese, riprendendo
la che appunto si dispiega a livello della macrostruttura narrativa e
del
costume —, quanto quella “esterna”, rispondente a
ione resiste ancora, come dimostra la Lezione terza di poetica (1699)
del
conte forlivese Fabrizio Antonio Monsignani, prin
che debba altresì nascondersi lo studio, e l’artifizio, che è proprio
del
linguaggio poetico. Ne nasce, che alle Persone me
, 2001, infra. Articolo II. [6.2.1] Calepio, sin dal principio
del
suo discorso, imputa alla tradizione tragica ital
est’accusa, un archetipo drammaturgico ben chiaro, ossia la Sofonisba
del
Trissino, i cui dialoghi erano stati spesso apost
ca semplicità»), era considerata poco confacente al carattere solenne
del
soggetto romano (cfr. Paragone V, 5, [2]). Implic
uel giudizio integralmente positivo che il Maffei dava della tragedia
del
Trissino nel Teatro Italiano. Il Gravina aveva es
ia del Trissino nel Teatro Italiano. Il Gravina aveva espresso, prima
del
Maffei, un giudizio leggermente differente in mer
o greco, ne avevano riprodotto la felice semplicità senza tener conto
del
fatto che la lingua italiana, naturalmente maesto
colla traslata locuzione, non perdendo colla grandezza della frase e
del
numero parte alcuna del naturale, della qual faco
e, non perdendo colla grandezza della frase e del numero parte alcuna
del
naturale, della qual facoltà non è tanto dotata l
e della nostra lingua, in vece d’acquistar grandezza, perduto avrebbe
del
naturale», Gian Vincenzo Gravina, «Della ragion p
, Bari, Laterza, 1973, pp. 316-317). In precedenza il carattere umile
del
dettato della Sofonisba era stato già messo in di
nco Paglierani, Bologna, Forni, 1969; Anna Maria Carini, «Le postille
del
Tasso al Trissino», Studi Italiani, VII, 1957, pp
31-74; Guido Baldassarri, «Per un diagramma degli interessi culturali
del
Tasso. Postille inedite al Trissino», Studi tassi
tassiani, XXIX-XXX-XXXI, 1981, pp. 5-18; Sergio Zatti, «Tasso lettore
del
Trissino», in Torquato Tasso e la cultura estense
); il Gorini Corio, si impegnava a dimostrare come nello «stile umile
del
Trissino […] s’inciampa nel vile» (Teatro tragico
zi, 1732, p. 33); Giovanni Andrés, in aperta polemica con il giudizio
del
Maffei, biasimava lo stile noioso della Sofonisba
ivi, Calepio va mettendo in discussione è il contributo di Petrarca e
del
petrarchismo alla fondazione della lingua tragica
ri. In questo caso — come in parte già accadeva nel Gravina — le tesi
del
Paragone paiono collimare con le accuse di invero
iettivi principali della polemica fossero le tragicommedie di Tasso e
del
Guarini. Se infatti il gesuita francese, sulla sc
eneva inammissibile il fatto che i pastori protagonisti dell’Aminta e
del
Pastor Fido parlassero alla maniera dei filosofi,
tura della tragedia, quando l’eroina eponima, sconsolata per la rotta
del
proprio esercito, sconfitto dai romani, e l’allon
i (Cfr. Marco Ariani, Tra classicismo e manierismo: il teatro tragico
del
Cinquecento, Firenze, Olschki, 1974, p. 65), si p
chki, 1974, p. 65), si percepisce chiaramente il modello petrarchesco
del
sonetto CLXXXIX (Passa la nave mia colma d’oblio)
altro dal Muratori nella Perfetta poesia italiana a modello esemplare
del
buon uso della «metafora continuata» (Della perfe
rosa donna cartaginese in preda allo sconforto. L’immagine allegorica
del
mare e della navigazione, già ampiamente sfruttat
lirica greca e latina, ritorna anche nel pezzo estratto dall’Orbecche
del
Giraldi; in questo caso siamo all’inizio della te
becche del Giraldi; in questo caso siamo all’inizio della terza scena
del
secondo atto, e Oronte, sposo di Orbecche, filoso
i vedea l’aspra procella/ e valoroso in così rea tempesta,/ invidiosa
del
mio bene, al fine/ per farmi perder l’arte, ed at
,/ scoglio tra l’onde inevitabil pose», Orbecche, V, 3). A differenza
del
Calepio inoltre il Martello non fa menzione del T
, V, 3). A differenza del Calepio inoltre il Martello non fa menzione
del
Trissino fra gli autori affetti da questo malcost
autori affetti da questo malcostume retorico. Sulla teoria stilistica
del
Martello si veda Maria Grazia Accorsi, Pastori e
tica in Arcadia, Modena, Mucchi, 1999, pp. 286-289. Sull’insinuazione
del
petrarchismo in altri generi letterari fra Cinque
neri letterari fra Cinque e Seicento si rimanda al volume I territori
del
petrarchismo: frontiere e sconfinamenti, a cura d
, 2005; sul petrarchismo della Sofonisba e in generale della tragedia
del
Cinquecento si veda, in questo volume, il contrib
di Renzo Cremante, «“Or non parl’io, né penso altro che pianto”: usi
del
Petrarca nella tragedia del Cinquecento», pp. 187
parl’io, né penso altro che pianto”: usi del Petrarca nella tragedia
del
Cinquecento», pp. 187-209. Sul significato talora
agedia del Cinquecento», pp. 187-209. Sul significato talora politico
del
petrarchismo tragico cinquecentesco cfr. Domenico
Domenico Chiodo-Rossana Sodano, Le muse sediziose: un volto ignorato
del
petrarchismo, Milano, Angeli, 2012. Quanto al ruo
ella sua prosa tragica. Il passaggio citato, tratto dalla prima scena
del
quinto atto dell’Orazia è costituito da una lunga
omune» come allegorie, apostrofi e comparazioni, proprio la Sofonisba
del
Trissino, l’Orazia dell’Aretino e l’Orbecche del
proprio la Sofonisba del Trissino, l’Orazia dell’Aretino e l’Orbecche
del
Giraldi. Positivo è invece nel complesso il giudi
, il cui stile sublime, nonostante qualche caduta, risulta agli occhi
del
Bergamasco maggiormente efficace rispetto a quell
piegato dal Trissino. Già il Maffei, editando l’Oreste nell’antologia
del
Teatro Italiano, aveva sottolineato questa maesto
boni aveva elogiato lo stile mai forzatamente enfatico della tragedia
del
Rucellai (Franco Arato, La storiografia letterari
dell’Oreste, Rucellai] non perde veruna delle interessanti situazioni
del
greco originale, e tocca collo stile la nota del
eressanti situazioni del greco originale, e tocca collo stile la nota
del
sublime assai più del Trissino. Dall’altro canto
el greco originale, e tocca collo stile la nota del sublime assai più
del
Trissino. Dall’altro canto mostra talvolta qualch
rammi greci («di esse si può dare il giudizio medesimo, che di quelle
del
Trissino, anzi il Rucellai più scrupolosamente an
122), e il Ginguené, incline ad apprezzare maggiormente la semplicità
del
Trissino che non la studiata artificiosità del de
iormente la semplicità del Trissino che non la studiata artificiosità
del
dettato tragico del Rucellai («Le Rucellai regard
tà del Trissino che non la studiata artificiosità del dettato tragico
del
Rucellai («Le Rucellai regarda sans doute, et ave
di Rucellai si era soffermato Marco Ariani, notando come nell’Oreste
del
Rucellai «lo stile, rispetto al Trissino, si arri
tritamente poliforme» (Tra classicismo e manierismo il teatro tragico
del
Cinquecento, Firenze, Olschki, 1974, p. 72), nonc
lschki, 1974, p. 72), nonché attraverso una costruzione più complessa
del
verso, caratterizzato da un susseguirsi di contin
e inarcature («è questo uno degli stilemi ritmico-sintattici costanti
del
Rucellai che rompe l’uniformità dello stile triss
ia dimostrava, attraverso esercizi di lettura incrociati sulle poesie
del
Di Costanzo, l’eclettica potenzialità del genere
ura incrociati sulle poesie del Di Costanzo, l’eclettica potenzialità
del
genere lirico di essere proficuamente declinato i
in Arcadia, Palermo, Palumbo, 1959 e Giuseppe Nicoletti, «Agli esordi
del
petrarchismo arcadico. Appunti per un capitolo di
Milano, Mursia, 1968, pp. 275; Camilla Guaita, Per una nuova estetica
del
teatro: l’Arcadia di Gravina e Crescimbeni, Roma,
stificata, nel Calepio, dal tentativo di preservare il raggiungimento
del
fine che egli reputava proprio della tragedia, os
alità dello stile — l’antecedente più diretto della prova tragicomica
del
Tasso; questo giudizio, espresso originariamente
resso originariamente dal Guarini in una celebre lettera allo Speroni
del
10 luglio 1585 («Mi ricordo ben d’aver detto, e q
parere di Ingegneri (Angelo Ingegneri, Della poesia rappresentativa e
del
modo di rappresentare le favole sceniche, a cura
due passaggi della Canace riportati dal Calepio si situano all’inizio
del
dramma (Sperone Speroni, Canace e scritti in sua
teva apprezzare il ricorso insistito alle allitterazioni e alla rima;
del
secondo, tratto da un dialogo fra Deiopea e la ca
E pure queste medesime servirono di modello agli autori dell’Aminta e
del
Pastor fido, e parvero più convenienti alla tener
sio. Accanto a queste minori tuttavia egli nomina pure il Torrismondo
del
Tasso e le tragedie del Torelli, le quali, nonost
nori tuttavia egli nomina pure il Torrismondo del Tasso e le tragedie
del
Torelli, le quali, nonostante siano considerate m
’accusa di ampollosità era comune ad inizio Settecento (sulla fortuna
del
Torrismondo cfr. Paragone V, 5, [4]). Anche nel g
rrismondo cfr. Paragone V, 5, [4]). Anche nel giudizio sulle tragedie
del
Torelli Calepio non si discosta dalle opinioni es
lla Merope di Maffei Giovan Gioseffo Orsi sottolineava come la Merope
del
Torelli fosse viziata da uno stile fiorito eccess
na, Soliani, 1735, p. xxxi). Da registrare ancora una volta l’accordo
del
Quadrio che segnalava come «la Canace dello Spero
rdo del Quadrio che segnalava come «la Canace dello Speroni, l’Idalba
del
Veniero, la Progne del Domenichi, e l’Aristodemo
nalava come «la Canace dello Speroni, l’Idalba del Veniero, la Progne
del
Domenichi, e l’Aristodemo del Dottori inchinano m
peroni, l’Idalba del Veniero, la Progne del Domenichi, e l’Aristodemo
del
Dottori inchinano molto al lirico stile» (Frances
ogni poesia, vol. III, Milano, Agnelli, 1743, p. 208). Nella chiusura
del
paragrafo, Calepio mostra di apprezzare maggiorme
al Maffei nell’introduzione alla tragedia pubblicata nel secondo tomo
del
teatro italiano; in questa sede il Veronese ammet
Semiramide «si distingue talmente con l’eloquenza, con la franchezza
del
dire, e col giro, e spezzatura del verso, che que
con l’eloquenza, con la franchezza del dire, e col giro, e spezzatura
del
verso, che quel luogo che tiene l’Edipo per l’ord
t. II, Verona, Vallarsi, 1723, p. 227). Sull’alto tasso di figuralità
del
Torrismondo si rimanda al volume di Hermann Gross
del Torrismondo si rimanda al volume di Hermann Grosser, La felicità
del
comporre: il laboratorio stilistico tassiano, Mod
uto di Stefano Verdino, parzialmente in disaccordo con le conclusioni
del
Grosser, che definisce in questi termini lo statu
o ad un avvitamento verso l’alto, in uno stato di tensione permanente
del
linguaggio, tra vocalità per così dire «affettuos
vocalità per così dire «affettuosa» dei personaggi e veste elocutiva
del
poeta-retore, orientato ad un sovradosaggio dell’
o e altro, Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2007, p. 202) — e l’Altea
del
Gratarolo, il cui stile è giudicato non eccessiva
ne ufficiale dell’Accademia, propugnata da tutti i maggiori letterati
del
tempo, disponeva, se non una condanna netta della
condannava soltanto il Solimano di Bonarelli, ma anche il Torrismondo
del
Tasso e il Pastor Fido del Guarini, considerati f
mano di Bonarelli, ma anche il Torrismondo del Tasso e il Pastor Fido
del
Guarini, considerati frutti maturi di quell’epoca
o scoperto, anche sgombrate vengono dal numero troppo sonoro e lirico
del
Torrismondo, del Pastor Fido, del Solimano ed alt
sgombrate vengono dal numero troppo sonoro e lirico del Torrismondo,
del
Pastor Fido, del Solimano ed altre simili tragedi
o dal numero troppo sonoro e lirico del Torrismondo, del Pastor Fido,
del
Solimano ed altre simili tragedie, che all’orecch
delle tragedie seicentesche maggiormente inquinate da figure proprie
del
genere lirico («Ancora il Conte Carlo de’ Dottori
’editore Vallarsi nella lettera di dedica che introduce il terzo tomo
del
Teatro Italiano del Maffei, incentrato proprio su
lla lettera di dedica che introduce il terzo tomo del Teatro Italiano
del
Maffei, incentrato proprio sul nefasto secolo dec
si ravvisasse «facilmente la mutazion dello stile, che alcuni Autori
del
passato secolo introdussero», le tragedie present
giudizio di fronte ad alcuni passaggi troppo fioriti dell’Aristodemo
del
Dottori, perché le bellezze celate in queste oper
rase Lirica, che gli cadde dalla penna, e qualche espressione propria
del
secolo in cui fiorì. Non mancano per altro di mol
pronunciamenti erano poco concreti, in ragione di una sensibilità non
del
tutto mutata, come magistralmente dimostra l’ambi
ità non del tutto mutata, come magistralmente dimostra l’ambiguo caso
del
Martello, pronto a condannare, in veste ufficiale
are, in veste ufficiale di Arcade e di poeta novello, lo stile lirico
del
Solimano e dell’Aristodemo nel trattato Del verso
preziosissimi studi di Corrado Viola, ammiratore dello stile tragico
del
Dottori e dei drammaturghi «lirici» che diventera
ce dello Speroni, che una volta pure assai fu stimata, il Torrismondo
del
Tasso, il Cromuele del Graziani et il Solimano di
na volta pure assai fu stimata, il Torrismondo del Tasso, il Cromuele
del
Graziani et il Solimano di Prospero Bonarelli, ch
mbe le pièces presentino punte di maestosità che non possono spiacere
del
tutto. Il suo giudizio sul Cebà, forse relativo e
i da commedia che inquinavano l’integrità dell’opera. La risurrezione
del
buon gusto tragico sarebbe avviata, secondo l’aut
ircolazione manoscritta (cfr. sulla fortuna editoriale delle tragedie
del
Delfino Laura Drogheo, «Sulle Tragedie di Giovann
to sia capace il nostro Idioma» (Giovan Mario Crescimbeni, Commentarj
del
Canonico Gio. Mario Crescimbeni custode d’Arcadia
, che appaiono a Calepio generalmente più regolari rispetto ai drammi
del
diciassettesimo secolo, benché non esenti da qual
plari dal punto di vista della favola (I, 3) a eccezione dell’Achille
del
Montanari e della Temisto del Salìo, ma ne aggiun
favola (I, 3) a eccezione dell’Achille del Montanari e della Temisto
del
Salìo, ma ne aggiunge anche altre, come la Merope
e della Temisto del Salìo, ma ne aggiunge anche altre, come la Merope
del
Maffei, l’Ezzelino del Baruffaldi o le tragedie d
ìo, ma ne aggiunge anche altre, come la Merope del Maffei, l’Ezzelino
del
Baruffaldi o le tragedie del Martello che non con
e, come la Merope del Maffei, l’Ezzelino del Baruffaldi o le tragedie
del
Martello che non contemplava in questo primo elen
ttere in piedi la bona Tragica», Giovan Mario Crescimbeni, Commentarj
del
Canonico Gio. Mario Crescimbeni…, cit., p. 256).
tipica dei coevi testi francesi, come nel caso di Maffei, Martello e
del
Baruffaldi. C’è spazio anche per Conti, che forse
re che più si avvicinava al suo modello di tragedia perfetta in virtù
del
carattere asciutto dei suoi versi. Ciò che ora vi
uamente condizionata dall’esperienza poetica concettista della poesia
del
pieno Seicento, riteneva legittimo inserire all’i
lla posta da un poeta tutt’altro che disposto a trascurare lo sfoggio
del
proprio ingegno —, in quanto è ben conscio fin da
tro di assistere a una rappresentazione. Di fronte all’argomentazione
del
Martello — che chiama in causa, non a caso, una d
o ricorre a una delle tesi sulle quali insiste maggiormente nel corso
del
trattato. Secondo lui gli astanti, davanti a un d
prio carattere artificioso, proverebbero sì ammirazione nei confronti
del
pittore — così come gli spettatori provavano un’«
rospettiva di questo passaggio, incentrato sul decoro e sulla nobiltà
del
dettato, qualità in cui soprattutto Euripide era
situava a metà strada fra quello talora tumido, soprattutto in virtù
del
ricorso alle rime proprie del verso alessandrino,
llo talora tumido, soprattutto in virtù del ricorso alle rime proprie
del
verso alessandrino, di Pier Jacopo Martello, e qu
essandrino, di Pier Jacopo Martello, e quello sconvenientemente basso
del
Gravina, imitatore troppo pedestre della favella
edestre della favella greca. In particolare viene condannato lo stile
del
Gravina, il quale nel Prologo delle sue Tragedie
inque, Napoli, Mosca, 1712, p. n.n.). Fra i contemporanei le Tragedie
del
Roggianese non riscossero troppo successo; se il
termini la scarsa stima nei confronti dell’operato poetico e critico
del
Roggianese («Gravina aveva un capo assai grande,
da versi brevi e musicali che svelano una certa propensione, da parte
del
roggianese, per il vituperato modello del dramma
certa propensione, da parte del roggianese, per il vituperato modello
del
dramma per musica (cfr. sull’Andromeda e sulle se
attuta agli uccellini che aspettano nel nido l’arrivo della madre con
del
cibo, e poi all’erba che giace ghiacciata nella s
o esaminatore della prassi scenica, in quanto danneggiavano la tenuta
del
dramma, minandola sotto l’aspetto della bienséanc
tura profondamente conservatrice proferita dalla nutrice nella Merope
del
Torelli (vv. 1956-1961, Pomponio Torelli, La Mero
oposito Marco Ariani, Tra classicismo e manierismo: il teatro tragico
del
Cinquecento, Firenze, Olschki, 1974, p. 327). Una
In questo caso Calepio riprende il d’Aubignac non soltanto nel merito
del
giudizio, ma anche nell’attitudine con cui guarda
e: Pomponio Torelli e la cultura farnesiana di fine Cinquecento, Atti
del
Convegno di Parma-Lontechiarugolo (13-14 novembre
fetto distoglieva i drammaturghi, secondo Calepio, dal raggiungimento
del
fine originario della tragedia, ossia quello di d
io, reputando il personaggio della Cameriera poco utile allo sviluppo
del
dramma, tanto da proporre di sostituirla con il M
to da proporre di sostituirla con il Messaggero introdotto all’inizio
del
dramma e di eliminare gli ultimi quattro versi de
in particolare con il Tasso dell’Aminta e soprattutto con il Guarini
del
Pastor Fido, rei di aver fatto intempestivamente
tere pastorale («Quindi dee il pensiero all’intelletto, ed al costume
del
personaggio convenire: altrimenti non imiteremo i
ianze dell’affermazione di questo ideale tragico, a partire da quella
del
Conti, il quale, nell’esporre il proprio progetto
a compassione: «La tragedia avvezzando gli uomini a sentir dispiacere
del
mal de gli altri, insegna loro la compassione, de
alla Volpe, 1768, p. 57). Sullo stile sentenzioso nel teatro italiano
del
Settecento, attraverso un percorso che da d’Aubig
a Giulio, «Di Fedra il cieco furor»: passione e potere nella tragedia
del
Settecento. Il Crispo di Annibale Marchese, Saler
chi italiani, in virtù della dizione asciutta e maestosa, seppure non
del
tutto priva di complicazioni retoriche. Dopo ques
e, Crébillon e degli altri variamente censurati dal Calepio nel corso
del
Paragone, avevano perduto l’originaria sobrietà,
ificazione affettata e molto lontana dalla nobiltà e dalla semplicità
del
Racine», Antonio Conti, «Dissertazione su l’Atali
lla semplicità del Racine», Antonio Conti, «Dissertazione su l’Atalia
del
Racine», in Id., Prose e poesie, Venezia, Pasqual
rizzava invece l’italiano, come riconoscevano i trattati di eloquenza
del
tempo (cfr. ad esempio Martino Ghigi, Riflessioni
a il Voltaire, riflettendo su quella che era considerata la «povertà»
del
francese, lingua che a differenza del greco e del
he era considerata la «povertà» del francese, lingua che a differenza
del
greco e del latino non sopportava docilmente l’in
derata la «povertà» del francese, lingua che a differenza del greco e
del
latino non sopportava docilmente l’inversione del
l verso, essa dovesse necessariamente conformarsi all’ordine naturale
del
pensiero («Le français n’ayant point de déclinais
usto in Camillo Ettorri. I fondamenti retorici dell’estetica italiana
del
Settecento», Itinera, III, 2009. [6.3.2] Dopo av
.3.2] Dopo aver ripreso la medesima partizione istituita nell’esordio
del
sesto capo, secondo cui la sentenza va giudicata
opi e di figure studiate, e non poco deprimono la gravità e il decoro
del
tragico stile», Giovanni Andrés, Dell’origine, pr
poco miglior letteratura. Né pretendo già che le moltissime Tragedie
del
1500 siano maravigliose, ma egli è certo, che le
i ad esse si avvezza, perde il senso alla espressione della natura, e
del
vero, e a quanto ha di più eccellente l’arte Poet
li che il Maffei dimostra di apprezzare maggiormente nella recensione
del
Paragone pubblicata nelle Osservazioni letterarie
to lirico e concettistico che caratterizzava la drammaturgia italiana
del
Seicento. L’operazione condotta dall’autore si po
use rivolte da Bouhours, tentava di confutare il procedimento critico
del
Francese, delegittimando la sostanza del suo giud
tare il procedimento critico del Francese, delegittimando la sostanza
del
suo giudizio, il Calepio, riprendendo una strada
e che viene spesso arricchita da preziosismi retorici, segno, a detta
del
bergamasco, di un protagonismo eccessivo da parte
ilippe e Cornélie, moglie di Pompée, desiderosa di sapere se al corpo
del
marito era stata data una degna sepoltura (V, 1,
e, delineata da Philippe, delle onde che trasportano lontano il corpo
del
defunto per poi riportarlo a riva: una tale metaf
one così compassata. [6.3.4] I primi versi riportati, caratteristici
del
«grand style» corneilliano, forse ispirati all’in
ress-Les Presses universitaires, 1926, p. 46) costituiscono l’esordio
del
Cinna, pièce di cui Corneille si era vantato per
el caso dei versi riportati, fatti dire a Sabine nella scena centrale
del
dramma (II, 6, vv. 624-627), dove la sorella di C
par ma mort le droit de vous haïr», vv. 619- 629). [6.3.6] L’analisi
del
lungo discorso di Sabine prosegue in questo passo
fredda l’immagine con cui Orazio si rivolge al re Tulle verso la fine
del
dramma (V, 3, vv. 1583-1586), quando già la catas
ni difettosi, estratti dalle tragedie considerate fra le più riuscite
del
drammaturgo negli Examens, e passa a recensire un
amente, nelle sue frequenti introduzioni in prima persona all’interno
del
dramma, la maniera di Lucano. Sulla fortuna di Lu
n risparmia neppure Racine, talvolta troppo vicino al gusto ingegnoso
del
predecessore; egli, instaurando un paragone fra l
retorico, invitando i figli ad ucciderla e a colpire in lei la madre
del
fratello: questo espediente, che Calepio consider
venza di un ornato corneilliano. A testimoniare la bontà dell’intuito
del
Bergamasco sovvengono ora gli studi di Georges Fo
iene discusso un verso pronunciato da Arbate nel racconto della morte
del
Re Xipharès fatto a Monime verso la fine della tr
ava la bienséance, i truculenti fatti che avevano portato al suicidio
del
re, si introduce un concetto giocato sul fatto ch
cidio del re, si introduce un concetto giocato sul fatto che la morte
del
sovrano, già stabilita all’inizio della battaglia
cine; lo storiografo, il quale palesemente riproduce l’argomentazione
del
bergamasco, condanna tanto questo verso quanto qu
gonfie espressioni poco convenienti alla delicatezza, ed alla verità
del
Racine» (Giovanni Andrés, Dell’origine, progressi
nvece tratti dalla scena settima — e non ottava come scrive Calepio —
del
secondo atto (II, 7, vv. 719-720), quando la regi
o il sostegno delle ragazze israelite e cade svenuta a terra ai piedi
del
marito Assuérus. Appena rinsavita la regina pronu
e in sterili poetismi nella descrizione degli effetti che la comparsa
del
mostro ha sugli agenti atmosferici e sugli elemen
si era mostrato solitamente più parco di tali artifici, ad eccezione
del
passaggio della Phèdre sopra riportato (il de La
ence de la chose même», ivi, pp. 85-86). A questa offensiva intestina
del
de La Motte aveva risposto piccato il Boileau con
is, Gallimard, 1966, p. 560). Sull’episodio si vedano anche le pagine
del
commento alla Phèdre di Georges Forestier — che r
ennone non si esprimerebbe convenientemente, secondo Calepio, a causa
del
ricorso all’antitesi topica e invero poco origina
lle, in cui Elisabeth si incolpa di essere stata la causa della morte
del
Conte, che pure aveva tentato di salvare nel cors
lepio — un’effettiva incoerenza a livello di inventio. Sulla tragedia
del
Corneille, ispirata ad un precedente dramma sullo
pirata ad un precedente dramma sullo stesso soggetto di La Calprenède
del
1639, e sull’omonima pièce di Claude Boyer, rappr
i Claude Boyer, rappresentata a poche settimane di distanza da quella
del
più noto drammaturgo, si vedano gli studi di Jane
europei: Maria Stuarda e il Conte di Essex sulle scene teatrali, Atti
del
convegno di studi comparati (Torino, 19-20 maggio
al culmine della disperazione (V, 7) risulta indebolita dalla ricerca
del
contrasto retorico fra abisso («abyme») e golfo (
ravvisato in un passaggio successivo in cui Oreste, nell’ultima scena
del
dramma, si rivolge alla Natura, attraverso una re
ura, attraverso una reduplicatio che permette di amplificare l’ornato
del
suo discorso, chiedendosi chi la vendicherà per l
a morte della madre, dopo che lui stesso l’aveva vendicata per quella
del
padre (ivi, p. 64). [6.3.14] Fra i contemporanei
eniva considerata la più nobile, e al contempo la più semplice lingua
del
mondo. Bouhours aveva infatti sostenuto che la li
ersonificazioni e allegorie tutt’altro che ordinarie. La requisitoria
del
Bergamasco prende le mosse da un passaggio del Di
narie. La requisitoria del Bergamasco prende le mosse da un passaggio
del
Discours du poème dramatique di Corneille, nel qu
cit., pp. 1734-1735). [6.4.2] Un altro punto di frizione dello stile
del
Pompée rispetto alle dichiarazioni programmatiche
i Discours si troverebbe, secondo Calepio, in un passaggio successivo
del
testo, nella battuta con cui Photin, rivolto a Pt
ttraverso una strumentale personificazione della Nazione — alle pompe
del
suo carro («Seigneur, ne donnez point de prétexte
nto l’autore nella nota è Pier Jacopo Martello, il quale, all’interno
del
trattato Del verso tragico aveva sostenuto che la
ono più usate e che possono fare intendere sino al volgo la sublimità
del
concetto, dove le altre più rare né con tanta pre
tale genere letterario impone. Sarà bene dire che nella seconda metà
del
Seicento, e soprattutto verso la fine del secolo,
dire che nella seconda metà del Seicento, e soprattutto verso la fine
del
secolo, si assisteva anche in Francia ad una comp
si assisteva anche in Francia ad una complessiva messa in discussione
del
sistema retorico sul quale aveva poggiato le prop
sul quale aveva poggiato le proprie fondamenta la grande letteratura
del
«siècle classique». Da una parte il contributo ca
drammatico. Diversa era l’opinione di Boileau, il quale, sulla scorta
del
Longino, difendeva Racine — nello specifico dalle
icando la legittimità dell’impiego della personificazione all’interno
del
contesto drammaturgico. Egli scriveva a tale prop
nçoise Escal, Paris, Gallimard, 1966, p. 257). I passi a cui l’autore
del
Paragone fa riferimento in questa sezione sono ne
tée par Georges Forestier, Paris, Gallimard, 1999, p. 168); due versi
del
Thésée di de La Fosse, assegnati a Thrasile nella
rsi del Thésée di de La Fosse, assegnati a Thrasile nella prima scena
del
quarto atto («Juste Ciel! Ainsi donc notre haine
ncamente traslati oramai logori e utili soltanto a riempire la misura
del
verso; a questi Calepio preferirebbe un linguaggi
ccato da Calepio; in questo caso egli mostra come nella seconda scena
del
primo atto, nel dialogo fra Porus e Taxile, si ac
Alexandre le Grand, I, 2, vv. 205-208, cit., p. 135). Nella Polyxène
del
de La Fosse egli critica invece l’uso figurato de
5). Nella Polyxène del de La Fosse egli critica invece l’uso figurato
del
termine «Trône» (Antoine de La Fosse, Polyxène [P
stile letterario che coinvolge in prima battuta il Maffei, recensore
del
Paragone nelle Osservazioni letterarie. Il Verone
Laura Sannia Nowé, Modena, Mucchi, 1988, p. 59). L’errata valutazione
del
Calepio procederebbe da una confusione circa il s
Calepio procederebbe da una confusione circa il significato effettivo
del
termine «poetico», con cui non dovrà intendersi «
ttérature, di cui era l’unico redattore (cfr. a proposito di Granet e
del
giornale le note critiche presenti sul sito del p
proposito di Granet e del giornale le note critiche presenti sul sito
del
progetto «Dictionnaire des journalistes (1600-178
stier, Paris, Gallimard, 1999, p. 157). Allo stesso modo la citazione
del
Mithridate riportata a testo, in cui vengono attr
i umani ad una nazione, è giudicata propria di un poema lirico, e non
del
grave eloquio di Mithridate che si rivolge ai fig
po dei greci (V, 6, vv. 1730-1732). Viene ancora censurata l’immagine
del
carro del trionfo impiegata da Iphigénie per desc
ci (V, 6, vv. 1730-1732). Viene ancora censurata l’immagine del carro
del
trionfo impiegata da Iphigénie per descrivere la
Cléofile dice a Taxile, riferendosi ad Alessandro, nella prima scena
del
dramma: «ce n’est qu’autour de lui que vole la Vi
ente frequenti nella drammaturgia francese in una delle prime battute
del
dramma, rivolta da Dimas a Philoctete (Voltaire,
riosto dell’Orlando Furioso, in cui pure una simile licenza, in virtù
del
fatto che il genere di appartenenza era l’epico e
più d’una pelle», XVII, 45, vv. 1-4). La rivalutazione settecentesca
del
Furioso procedeva in primo luogo dal giudizio esp
pre nella stessa scena, in un passaggio presente nella prima edizione
del
1719 ma poi successivamente tagliato dall’autore,
ndeva Philoctete, con una torsione retorica che richiamava alla mente
del
bergamasco niente meno che il Petrarca: «Et des l
le trait qui me déchire» (Voltaire, Œdipe, cit., p. 176). La menzione
del
modello petrarchesco non è legata ad uno specific
vo lagrimando, et disiando il giorno», vv. 7-12) o XXVIII («Una parte
del
mondo è che si giace/ mai sempre in ghiaccio et i
ce/ mai sempre in ghiaccio et in gelate nevi/ tutta lontana dal camin
del
sole:/ là sotto i giorni nublosi e brevi,/ nemica
na come una sorta di paratesto legittimante, la pratica drammaturgica
del
diciassettesimo secolo. Si prenda ad esempio la P
Egli inoltre non mostrava alcuna preoccupazione in merito alla natura
del
genere letterario; il dettato tragico non doveva
neva che questo tipo di figura fosse una delle più adatte nella penna
del
drammaturgo («Davantage, entre les Figures qu’on
rica poetica; a questa teorizzazione concorreva infatti la riscoperta
del
Trattato del sublime dello Pseudo-Longino, nel qu
a questa teorizzazione concorreva infatti la riscoperta del Trattato
del
sublime dello Pseudo-Longino, nel quale veniva el
, sollecito a condannare come innaturale ogni eccesso di affettazione
del
«grand style» («Mais c’est un écueil aux esprits
51-52). Allo stesso modo anche il Bouhours, condannando la Prefazione
del
secondo volume delle poesie di Fulvio Testi, esor
isy, 1687, p. 293). In Italia non c’era stata la medesima rivoluzione
del
gusto, o per lo meno questa stessa non era avvenu
a sobrietà nell’uso delle Figure erano presenti nella Perfetta Poesia
del
Muratori, che si soffermava principalmente sui di
come il Malherbe, ma non al drammaturgo Corneille («Il genio galante
del
Malerbe, il non parlar’egli con altri, ma con se
e Verisimile affatto questa Apostrofe. Ma non mi par già tale quella
del
Cornelio; poiché parlando Emilia con Fulvia, veri
poiché parlando Emilia con Fulvia, verisimilmente, e giusta la natura
del
ragionamento famigliare non poteva ella vlgersi a
. [6.6.2] In prima battuta Calepio critica qui l’immagine allegorica
del
fiume in piena con cui Taxile, nell’Alexandre le
tore macedone (Alexandre le Grand, I, 2, vv. 189-192). Nella Polyxène
del
de La Fosse la protagonista, disperata perché in
prio amore e l’imbarazzo che causerebbe una relazione con l’assassino
del
padre, conclude i suoi progetti di vendetta con q
1, Paris, Ribou, 1709, p. 48). Per esemplificare gli eccessi retorici
del
Crébillon Calepio riporta anche un ulteriore segm
xford, Voltaire Foundation, 2001, p. 299). [6.6.4] Nella prima scena
del
quinto atto della Thébaide di Racine Antigone ent
amente presente nello strumentario retorico dei drammaturghi francesi
del
Seicento. Fra i maggiori sostenitori della perifr
il discorso di Titus prolisso e ripetitivo; quando l’eroe si rammenta
del
padre morto non si accontenta di accennarvi fugac
ta e inadeguato a descrivere l’agitazione dell’eroina. Nella Polyxène
del
de La Fosse altrettanto affettata e verbosa gli a
a tragedia seicentesca francese, spesso al fine di riempire la misura
del
verso per ragioni di rima. Sugli epiteti la batta
par Georges Forestier, Paris, Gallimard, 1999, p. 960); nella Phèdre
del
medesimo, in cui Œnone si rivolge a Phèdre così:
, vol. 1A, Oxford, Voltaire Foundation, 2001, p. 21) e nella Polyxène
del
de La Fosse («La nuit qui doit, Seigneur, sous se
e». [6.8.3] Viene addotto un ulteriore esempio tratto dalla Polyxène
del
de La Fosse, in cui tuttavia più che epiteti si t
o convenga con il Calepio, riprendendo alla lettera le argomentazioni
del
Bergamasco nell’affrontare la questione dello sti
ll’abuso de’ tropi nelle parole, e nelle frasi, parte da altre figure
del
discorso, lontane dal comun parlare; parte da per
tuo tessimento d’astratti, di traslati, di parti, che faccian le veci
del
tutto, un uso perpetuo de’ segni invece delle cos
generale nel teatro tragico seicentesco, come si evince dall’Arsinda
del
Testi; quindi l’alternanza di endecasillabi e set
fra cui principalmente il Lazzarini dell’Ulisse il giovane. Nel corso
del
capitolo Calepio paleserà la propria preferenza p
eriorità, fra le tragedie contemporanee italiane, concesso all’Ulisse
del
Lazzarini, causerà il risentimento del Maffei che
italiane, concesso all’Ulisse del Lazzarini, causerà il risentimento
del
Maffei che manifesterà la propria disapprovazione
esti passaggi il profilo storico-critico di «Lineamenti di una teoria
del
verso tragico tra Sei e Settecento», in Il verso
Settecento», in Il verso tragico dal Cinquecento al Settecento, Atti
del
Convegno di Studi (Verona, 14-15 maggio 2003), a
estosi. Probabilmente l’autore allude ad alcuni passaggi, soprattutto
del
Palamede e dell’Andromeda, in cui parrebbero infi
ngibili sezioni meliche che contaminano il modello tragico con quello
del
dramma per musica; si pensi ad esempio all’ariett
e (Paola Luciani, Le passioni e gli affetti: studi sul teatro tragico
del
Settecento, Pisa, Pacini, 1999, p. 40); tuttavia
è il caso dell’Andromeda — da una forte carica polemica nei confronti
del
modello drammaturgico della pastorale (cfr. Enric
, V, 2015, pp. 155-188). Secondariamente, ciò che Calepio non approva
del
sistema metrico graviniano è il ricorso frequente
veniva; e ’l piede, e ’l verso sdrucciolo, non solo alla magnificenza
del
poema eroico, ove entra il dattilo, dello esametr
bile, quando più dattili o piedi sdruccioli contiene, ed alla gravità
del
discorso tragico, ove gli sdruccioli, che il jamb
o Quondam, Roma-Bari, Laterza, 1973, pp. 552-553). Tuttavia la teoria
del
verso cinque-seicentesca aveva catalogato come ba
igliasse l’impiego della prosa per la commedia, approvando il modello
del
Bibiena (Giovan Mario Cres c imbeni, La bellezza
al Gravina, il Calepio prende le distanze anche dalle scelte metriche
del
Martello, il quale aveva tentato di trasporre nel
rza è ricevano i vostri Alessandrini ancora dalla perpetua uniformità
del
suono, non avendo la lingua né quantità, né varie
a diversa situazion degli accenti, ed il portar dove si vuole il fine
del
periodo, o la posatura, può variar sempre la misu
ò non impediva al Martello, uomo capace di scorgere la tenuta scenica
del
verso francese, di rivalutare l’alessandrino nell
tare l’alessandrino nella sua esplorazione storiografica alla ricerca
del
verso tragico perfetto condotta nel trattato Del
che tale stile deve essere lontano dall’affettazione barocca, ma non
del
tutto piano e semplice, egli propende per l’aless
-settecentesca, il Martello la giudica invece positivamente, convinto
del
fatto che, sempre in virtù della lunghezza del ve
ositivamente, convinto del fatto che, sempre in virtù della lunghezza
del
verso, una rima che torna dopo dodici o tredici s
mentari con l’endecasillabo sciolto; una volta spogliato delle «forme
del
favellare che sanno alquanto del lirico», questo
to; una volta spogliato delle «forme del favellare che sanno alquanto
del
lirico», questo metro gli appariva inadatto a dip
necessaria ad interessare lo spettatore («Via dunque, dissi, le forme
del
favellare che sanno alquanto del lirico, e si pen
tatore («Via dunque, dissi, le forme del favellare che sanno alquanto
del
lirico, e si pensi ad altre men ricercate e più g
e il fraseggiamento poetico, temei che spogliato il mio sciolto verso
del
suo maggiore ornamento, facesse bensì apparire pi
ormità», ivi, p. 155). Nel tradurre il verso alessandrino all’interno
del
sistema prosodico italiano il drammaturgo rivela
drammaturgo rivela di aver trovato dapprima qualche problema a causa
del
fatto che le parole italiane sono per lo più pian
settenari che richiamavano — attraverso il Chiabrera — l’antecedente
del
dimetro giambico, avvertendo i drammaturghi itali
tavolo mentre componeva queste sezioni —, ma non condivide il merito
del
giudizio del drammaturgo, reo di non aver compres
e componeva queste sezioni —, ma non condivide il merito del giudizio
del
drammaturgo, reo di non aver compreso le potenzia
el giudizio del drammaturgo, reo di non aver compreso le potenzialità
del
verso tragico italiano. Nella drammaturgia del Se
mpreso le potenzialità del verso tragico italiano. Nella drammaturgia
del
Settecento l’alessandrino godrà di alterna fortun
elle Fiabe Italiane (sulle quali cfr. Alberto Beniscelli, La finzione
del
fiabesco: studi sul teatro di Carlo Gozzi, Genova
rancia», TheMA, III, 1-2, 2014, pp. 46-67. Sulla teoria drammaturgica
del
Gozzi si rimanda all’edizione, con ampi apparati
più lunga dell’originale proprio in ragione dell’intrinseca verbosità
del
verso italiano: «Che l’Italiana Musa non possa se
, 1607, pp. 152-153). Ancora più prolissa era la traduzione in ottave
del
Dolce (L’Achille et l’Enea di messer Lodovico Dol
ntributo di Luciana Borsetto, L’Eneide tradotta: riscritture poetiche
del
testo di Virgilio nel XVI secolo, Milano, Unicopl
di traduzione dell’Iliade che considerava più mirabile, ossia quella
del
Salvini, giudicata la migliore, benché talora imp
cata la migliore, benché talora imperfetta in quanto, proprio a causa
del
fatto che la conformazione della lingua italiana
estremamente positivo, espresso dal Calepio in merito alla traduzione
del
Salvini, cfr. anche Mario Scotti, «L’“Apologia di
ra italiana, CXXXIX, 427, 1962, pp. 392-423; sulla traduzione omerica
del
Salvini si rimanda al contributo di Vincenzo Plac
alepio insiste sul fatto che questa prolissità nel rendere “l’enfasi”
del
verso greco e latino non è prerogativa dell’itali
ys Jamyn per i successivi, in alessandrini, appaiono assai più estese
del
testo di partenza (Les XXXIII livres de l’Iliade
ispetto al testo di partenza non fosse dovuta ad un effettivo difetto
del
francese e, in generale, delle lingue moderne, ma
esi, l’abate francese richiamava l’esempio della traduzione in latino
del
Panégyrique du Roy in onore di Louis XIV, pronunc
IV, pronunciata nel 1671 da Paul Pellisson, consigliere e storiografo
del
re. In questa traduzione si noterebbe infatti il
a traduzione si noterebbe infatti il medesimo processo di dilatazione
del
testo che si percepisce nelle traduzioni dal lati
into tuttavia che questo unico esempio non possa avvalorare la teoria
del
francese, tanto più che le traduzioni ad verbum d
n causa qualche decennio prima dal Muratori, il quale, nella sua Vita
del
Maggi, aveva menzionato alcuni passaggi dell’oraz
azione per difendere la legittimità di alcuni concetti di una canzone
del
poeta milanese censurati dal Bouhours nella Maniè
179). [7.2.4] Calepio accenna qui ad un episodio piuttosto rilevante
del
fecondo dialogo fra Italia, Francia e Svizzera ne
à anche la traduzione annotata della Descrizione de’ costumi italiani
del
Bergamasco. Nel secondo tomo della «Bibliothèque»
edata dalle note di Gabriel Seigneux de Correvon, della seconda parte
del
Discorso de’ migliori poeti italiani pronunciato
della colonia arcadica veronese e stampata nel volume di Rime e prose
del
marchese nel 1719 (Scipione Maffei, Discorso de’
to lo stesso Calepio, che aveva avuto da ridire su alcune annotazioni
del
Francese alla sua Descrizione (Romagnoli descrive
escrive con acutezza quelli che definisce gli «interventi ideologici»
del
Seigneux sul testo di Calepio, cfr. Sergio Romagn
i italiani, cit., p. 137. Il Seigneux reputava ardito il ragionamento
del
veronese in questo passaggio, accusandolo di zelo
ri dell’italianistica: ricerca, didattica e organizzazione agli inizi
del
XXI secolo, Atti del XVII congresso dell’ADI, (Ro
: ricerca, didattica e organizzazione agli inizi del XXI secolo, Atti
del
XVII congresso dell’ADI, (Roma, 18-21 settembre 2
ome riporta Calepio a testo, più grazioso e adatto ai soggetti teneri
del
francese, la cui maestosità lo rende confacente a
a redazione della Bibliothèque Italique, nonché sull’eclettica figura
del
Seigneux de Correvon, si veda la monografia di Fr
ario, Milano-Napoli, Ricciardi, 1974. [7.2.5] Rispetto alle critiche
del
Seigneux, Calepio si limita a richiamare la conso
co di vigore ed eleganza, su cui si fondava gran parte della bellezza
del
poema: «Mais cette composition mêlée, source de c
Poësie» (ivi, p. xliii). Questa condanna della limitatezza espressiva
del
francese si inseriva all’interno di una lunga tra
tude» della lingua francese, Calepio rinfacciava la scarsa estensione
del
vocabolario e ritorceva contro di loro la mancanz
diminutivi, reputandoli una risorsa ulteriore dell’italiano — e anche
del
greco e del latino — che permettevano di arricchi
reputandoli una risorsa ulteriore dell’italiano — e anche del greco e
del
latino — che permettevano di arricchire le possib
la superiorità rispetto alle lingua classiche in quanto ad estensione
del
vocabolario scientifico e filosofico, ma questo p
poemi migliori. Egli di conseguenza se la prende con un’affermazione
del
Terrasson, il quale aveva scritto che il poeta, b
a di illusione ottica negli astanti. [7.2.7] Secondo Calepio la tesi
del
Terrasson secondo cui l’introduzione di un lessic
rna quindi sull’impiego — che egli giudica strumentale — delle parole
del
Martello circa la presunta superiorità della ling
na fatta dal Seigneux de Correvon nelle note alla traduzione francese
del
Discorso de’ migliori poeti italiani pubblicata s
ta sui tomi della Bibliothèque Italique. Se a partire dall’asserzione
del
Martello in apertura del trattato Del verso tragi
hèque Italique. Se a partire dall’asserzione del Martello in apertura
del
trattato Del verso tragico, che fungeva da prefaz
el trattato Del verso tragico, che fungeva da prefazione all’edizione
del
Teatro Italiano, il Seigneux tentava di dimostrar
In questo articolo l’autore propone la propria soluzione al problema
del
verso tragico posto dal Martello nel trattato Del
to l’endecasillabo sciolto — sicuramente preferibile al primo, ma non
del
tutto soddisfacente a causa della «noiosa armonia
non tanto l’endecasillabo solo, quanto l’arbitraria mistura con esso
del
settesillabo, maggiormente giudicata convenevole
francesi (cfr. a proposito Valentina Gallo, «Lineamenti di una teoria
del
verso tragico tra Sei e Settecento», in Il verso
Settecento», in Il verso tragico dal Cinquecento al Settecento, Atti
del
Convegno di Studi [Verona, 14-15 maggio 2003], a
adova, Esedra, 2005, pp. 123-168: 164-166, nonché l’edizione digitale
del
trattato in versi di Luigi Riccoboni, Dell’arte r
veniente al dramma per musica che non alla tragedia, anche in ragione
del
fatto che un verso breve come il settenario riduc
rza è ricevano i vostri Alessandrini ancora dalla perpetua uniformità
del
suono, non avendo la lingua né quantità, né varie
a diversa situazion degli accenti, ed il portar dove si vuole il fine
del
periodo, o la posatura, può variar sempre la misu
pace di apprezzare la soluzione mista adottata nell’Ulisse il giovane
del
Lazzarini per ragioni prettamente teatrali, come
’attestarono, ed io per tre sere consecutive udii l’Ulisse il giovane
del
Lazzarini, nel quale i versi di sette e di undici
periodi che oltrepassassero l’unità metrica («La varietà delle cesure
del
verso endecasillabo e l’intreccio suo co’ versi s
rompere in qualsivoglia sillaba, introduce nel dir legato la libertà
del
dir sciolto. Il modo delle spezzature e il giro d
o dell’endecasillabo epico», Antonio Conti, Dissertazione su l’Atalia
del
Racine tradotta nella lingua italiana, in Id., Pr
poesie, t. I, Venezia, Pasquali, 1739, p. clviii). Sull’apprezzamento
del
Conti per l’endecasillabo Calepio si soffermava p
stume, contestando la posizione assunta dal padovano nella prefazione
del
Marco Bruto, in cui si ammetteva che l’endecasill
, Zatta, 1770, pp. 188-192). Si distacca in questo caso dall’opinione
del
Calepio anche il Quadrio, che spesso ne aveva par
che il Quadrio, che spesso ne aveva parafrasato le opinioni; l’autore
del
Della storia e della ragione d’ogni poesia riport
ella storia e della ragione d’ogni poesia riporta infatti il pensiero
del
bergamasco («Un erudito e illustre Scrittore Mode
ivi, pp. 212-213). [7.3.2] Calepio ritorna quindi sulla trattazione
del
Martello nel Verso tragico, riportando il tentati
agico, riportando il tentativo di trasposizione in prosa di una scena
del
Torrismondo del Tasso che il drammaturgo bolognes
o il tentativo di trasposizione in prosa di una scena del Torrismondo
del
Tasso che il drammaturgo bolognese aveva appronta
lognese aveva approntato, dopo aver illustrato i difetti dell’Arsinda
del
Testi, per mostrare come quelle tragedie seicente
ovuto al fatto che essi siano volti dal verso alla prosa, ma in virtù
del
processo di semplificazione della lingua poetica.
derato nella sua breve misura, avrebbe non so che dell’anacreontico e
del
leggero, che insieme combinato non ha; e, qualunq
a, 1963, pp. 184-185). Parimenti viene anche ridicolizzata l’opinione
del
drammaturgo secondo cui un verso più lungo sarebb
fficile sentimento», ivi, p. 182). Calepio richiama quindi l’opinione
del
Nisiely, il quale, parziale della versificazione
zione della Canace, giustificava l’uso dei metri più brevi sulla base
del
fatto che anche i tragici greci li impiegassero n
azione tragica, che egli ritiene incompatibile con la gravità propria
del
genere letterario e problematico in rapporto alla
propria del genere letterario e problematico in rapporto alla ricerca
del
verosimile che imponeva il bando di ogni artifici
naggi nel pieno dei loro sfoghi passionali. La polemica nei confronti
del
verso rimato veniva alimentata tanto dall’antagon
l giudizio già corrotto delle nazioni latine convennero all’estinzion
del
metro antico ed alla produzion della rima. Vi con
una mimesi oltranzistica» (Valentina Gallo, «Lineamenti di una teoria
del
verso tragico tra Sei e Settecento», in Il verso
Settecento», in Il verso tragico dal Cinquecento al Settecento, Atti
del
Convegno di Studi [Verona, 14-15 maggio 2003], a
asse l’orecchio degli ascoltanti può essere che niun conto si tenesse
del
pericolo dell’inverosimiglianza», Lodovico Antoni
amasco prevale in questo caso — in sensibile contrasto con l’opinione
del
Muratori, altrove spesso seguita — l’argomento tr
ri, altrove spesso seguita — l’argomento tradizionale dell’incapacità
del
verso rimato di dipingere il fluire vigoroso dell
ompassione contraria», Gian Giorgio Trissino, La Sofonisba, in Teatro
del
Cinquecento. La tragedia, a cura di Renzo Cremant
stigiosi apprezzamenti, soprattutto in coincidenza con l’affermazione
del
dramma per musica metastasiano, giudicato dal Bar
usica metastasiano, giudicato dal Baretti bellissimo proprio in virtù
del
ricorso a quella rima che il canone tragico arist
o notevoli, come il Trissino dell’Italia liberata dai Goti o il Tasso
del
Mondo creato; rispetto al verso libero, il verso
sabetta Selmi, Palermo, Aesthetica, 1998, p. 159). [7.4.2] A riprova
del
fatto che la tragedia francese, cadenzata dal suo
a Andromède. In questo contesto Corneille si interrogava sulla natura
del
verso tragico, che doveva essere il più prossimo
ritiene insopportabile. Indugiando sulle caratteristiche linguistiche
del
francese, egli osserva come la presenza esclusiva
è le orecchie Francesi non possono sì agevolmente immaginar l’armonia
del
nostro Idioma, essendo quelle avvezzate ad un’alt
si numerose figure retoriche che sarebbero superflue allo svolgimento
del
discorso, ma si renderebbero necessarie a riempir
ento del discorso, ma si renderebbero necessarie a riempire la misura
del
verso. Anche Voltaire, come ricorda il Bergamasco
del verso. Anche Voltaire, come ricorda il Bergamasco, nei paratesti
del
suo Œdipe criticava la tirannia della rima, che c
tion, 2001, pp. 372-373). [7.5.2] Per dimostrare la maggiore gravità
del
verso tragico italiano rispetto al corrispettivo
rispetto al corrispettivo francese Calepio allega una sua traduzione
del
lungo discorso di Sabine nella sesta scena del se
ega una sua traduzione del lungo discorso di Sabine nella sesta scena
del
secondo atto dell’Horace di Corneille (Pierre Cor
ettecento si veda l’indispensabile contributo di Tobia Zanon, La musa
del
traduttore: traduzioni settecentesche dei tragici
ona, Fiorini, 2009, in part. pp. 19-71). Se tuttavia nelle traduzioni
del
Rolli l’endecasillabo è largamente maggioritario
te maggioritario (come osserva Zanon, op. cit., pp. 31-32), in quella
del
Calepio il rapporto è quasi equivalente, con una
e processi di inversione e altre figure di posizione che sono tipiche
del
verso italiano (lirico ed epico) e latino, ma non
he sono tipiche del verso italiano (lirico ed epico) e latino, ma non
del
francese; in qualche modo quindi egli aumenta il
on del francese; in qualche modo quindi egli aumenta il tasso poetico
del
testo francese, di cui criticava l’eccessiva lett
e caratterizzavano il testo corneilliano: eliminata la tripla anafora
del
«commencez par», il Bergamasco conserva un accenn
conserva un accenno di iterazione nella struttura dei primi due versi
del
periodo («spandi tu pria»; «apri tu pria»), varia
la configurazione dell’ultimo. [7.5.5] Molto letterale la traduzione
del
Calepio in questo passaggio; il Bergamasco si lim
a a tradurre ad verbum, riproducendo le medesime espressioni figurate
del
testo francese, che pure aveva criticato in prece
tichi, cosa che non ha permesso di adattare la propria forma ai gusti
del
pubblico moderno. Al contrario i le tragedie fran
giunta» sulle tragedie di Houdar de La Motte si giustifica sulla base
del
ritardo con cui Calepio aveva ricevuto i tomi del
ni, Bologna, Commissione per i testi di lingua, 1964, p. 117, lettera
del
20 Agosto 1730), è il sodale svizzero a informare
il sodale svizzero a informare il Bergamasco dei più recenti sviluppi
del
dibattito culturale francese contemporaneo e a sp
un’opera che, a suo dire, avrebbe potuto giovare molto all’estensore
del
Paragone. Anche Calepio si mostra d’accordo, amme
a d’accordo, ammettendo che avrebbe desiderato leggere le riflessioni
del
de La Motte prima di terminare il suo Paragone, m
ssioni del de La Motte prima di terminare il suo Paragone, ma a causa
del
ritardo nell’invio dei tomi delle tragedie del Fr
o Paragone, ma a causa del ritardo nell’invio dei tomi delle tragedie
del
Francese — appena usciti in Francia, giacché l’ed
» (Pietro Calepio, Lettere a J. J. Bodmer, cit., pp. 118-119, lettera
del
12 Novembre 1730). Nella lettera del 10 Dicembre
dmer, cit., pp. 118-119, lettera del 12 Novembre 1730). Nella lettera
del
10 Dicembre del 1730, quando Calepio annuncia al
118-119, lettera del 12 Novembre 1730). Nella lettera del 10 Dicembre
del
1730, quando Calepio annuncia al Bodmer di avere
pio annuncia al Bodmer di avere definitivamente concluso la scrittura
del
Paragone e di essere sul punto di ricopiarlo, i t
a del Paragone e di essere sul punto di ricopiarlo, i tomi dell’opera
del
de La Motte non sono ancora giunti, e ciò aliment
a del de La Motte non sono ancora giunti, e ciò alimenta la curiosità
del
Bergamasco in merito alla recente polemica tra l’
s de Castro e il Voltaire, il quale, nella prefazione alla riedizione
del
suo Œdipe, si era fatto opportunisticamente difen
amente difensore della tragedia classicistica, attaccando le opinioni
del
de La Motte, pronto ad abbattere le unità aristot
2001, p. 262). Il Paragone verrà poi inviato al Bodmer con la lettera
del
9 Aprile del 1731 (Pietro Calepio, Lettere a J. J
. Il Paragone verrà poi inviato al Bodmer con la lettera del 9 Aprile
del
1731 (Pietro Calepio, Lettere a J. J. Bodmer, cit
24-125), quindi dobbiamo immaginare che i tomi contenenti le tragedie
del
de La Motte siano giunti a Calepio nei primi mesi
nsiste in realtà in una lunga recensione all’opera critica e teatrale
del
Francese, in cui l’autore torna su alcuni punti c
e didattico senza il quale è inutile comporre tragedie; la centralità
del
nodo catartico nel progetto di edificazione del p
agedie; la centralità del nodo catartico nel progetto di edificazione
del
popolo che passa attraverso la messa in scena del
nizzata in modo poco perspicuo, è la precocissima ricezione, da parte
del
bergamasco, dei maggiori dibattiti culturali euro
nito sommo per ingegno, ma di stile rude. Il giornalista, discorrendo
del
dotto pubblico teatrale francese, il cui gusto ra
ohnson, 1714, pp. 177-209: 188). Sulla polemica in merito alla natura
del
verso tra Voltaire e de La Motte cfr. Stefano Cas
nte: Alfonso Saura Sánchez, «El mito de Edipo en la tragedia francesa
del
siglo XVIII: los Œdipes de Voltaire y Houdar de L
d University Press, 2006, pp. 393-396. [Giunta.2] Nel primo discorso
del
de La Motte, condotto in margine alla tragedia Le
margine alla tragedia Les Maccabées, dopo aver giustificato la scelta
del
soggetto, imperniato sulla figura di una madre er
morose, inserite soltanto allo scopo di soddisfare il gusto primitivo
del
pubblico, in gran parte femminile («Mais quoi, po
imostrato assai più difettoso di Corneille, in quanto aveva rivestito
del
medesimo carattere amoroso ogni personaggio indis
, [5-6]). Andrà sottolineato che la parziale opposizione all’opinione
del
de La Motte procede anche dal fatto che il France
el suo ragionamento, le parole di Saint-Évremond circa l’inclinazione
del
pubblico femminile a godere esclusivamente della
nità di interesse, una sorta di unità d’azione concentrata alle gesta
del
solo personaggio principale («Si plusieurs person
Anche in questo caso Calepio non può non sottoscrivere le asserzioni
del
Francese, prossime a quelle contenute nel Paragon
, [5-6]), che a proposito della necessità di concentrare l’attenzione
del
pubblico su di un preciso sentimento, o forse, co
approva anche il sentimento di de La Motte sulla superiorità metrica
del
verso libero impiegato nell’Agesilas di Pierre Co
allo stile prescritto nel Discours sur la tragédie le raccomandazioni
del
Francese sono in realtà piuttosto tradizionali: e
e applicato correttamente questi principi. Sulla fondazione, da parte
del
de La Motte, dell’unità di interesse, all’interno
études françaises, LII, 2000, pp. 279-293. [Giunta.3] Nei confronti
del
secondo discorso del de La Motte, scritto «à l’oc
II, 2000, pp. 279-293. [Giunta.3] Nei confronti del secondo discorso
del
de La Motte, scritto «à l’occasion de la tragédie
ome si vedrà, all’insistenza, di marca corneilliana, sulla centralità
del
«merveilleux» all’interno dell’impianto tragico.
one, pur amando a sua volta il Romano, per rispetto della sua gente e
del
padre Tatius, feroce nemico di Romulus. Nella vic
personaggio, tipico nella tragedia dell’epoca, da Gravina a Voltaire,
del
sacerdote corrotto. Il de La Motte giustifica que
ompassione e timore (Paragone III, 1-2). Il punto dell’argomentazione
del
de La Motte che più dispiace a Calepio è tuttavia
Francese ammette infatti che per fare impressione sull’immaginazione
del
pubblico, i personaggi devono manifestare un tale
raccomandati da Calepio, della bontà mezzana e della virtù mediocre;
del
resto de La Motte in questo frangente dialoga ape
veilleux», la caratteristica fondamentale per innescare l’ammirazione
del
pubblico. L’ascendenza corneilliana del discorso
e per innescare l’ammirazione del pubblico. L’ascendenza corneilliana
del
discorso del de La Motte — benché non implichi un
re l’ammirazione del pubblico. L’ascendenza corneilliana del discorso
del
de La Motte — benché non implichi una coincidenza
a al Francese di aver voluto assecondare ingiustificatamente il gusto
del
pubblico, mancando l’obiettivo principale della s
naggi di mezzana virtù. Ogni eccesso dovrebbe essere punito alla fine
del
dramma, secondo il Bergamasco, affinché l’azione
a fine del dramma, secondo il Bergamasco, affinché l’azione esagerata
del
protagonista assuma un valore istruttivo per gli
di forzare la donna che aveva rapito a sposarlo, contro alla volontà
del
padre, mentre la pièce si conclude con il rappaci
isperdendo l’utile della composizione, a cui antepone il divertimento
del
pubblico. Calepio si era espresso in termini molt
o si era espresso in termini molto simili in precedenza nei confronti
del
Cid di Corneille (Paragone I, 4, [2]). Sarà anche
ggiata in numerose parodie che avevano preso di mira proprio i drammi
del
de La Motte, dal Romulus all’Inès de Castro. Nel
all’Inès de Castro. Nel giro di un mese dalla prima rappresentazione
del
Romulus, tra gennaio e febbraio del 1722, erano s
mese dalla prima rappresentazione del Romulus, tra gennaio e febbraio
del
1722, erano state messe in scena due parodie, l’A
nel testo sono quelle in cui il drammaturgo si interroga sulla natura
del
personaggio di Tatius: cosa avrebbe dovuto fare c
iano savi — e quindi comprendano e condannino l’esagerata ostinazione
del
padre sabino — oppure sciocchi: questi ultimi rim
differenze fra la teoria corneilliana e quella delineata nei Discours
del
de La Motte in merito al concetto di merveille; c
o Jean-Philippe Grosperrin, rilevando il carattere meno spregiudicato
del
pensiero dell’autore del Romulus: «De Corneille à
n, rilevando il carattere meno spregiudicato del pensiero dell’autore
del
Romulus: «De Corneille à La Motte, le merveilleux
nsofferenza il Bergamasco doveva accogliere l’affermazione successiva
del
de La Motte, ancora una volta in continuità con l
siva del de La Motte, ancora una volta in continuità con la posizione
del
Corneille dei Discours, secondo cui la virtù medi
ey et Béatrice Guion, Paris, H. Champion, 2002, p. 603). Per l’autore
del
Paragone ciò che maggiormente ci attira è la comp
IV, 3), desideroso di uccidere il protagonista, e non la temerarietà
del
suo impetuoso carattere. Il discorso si riallacci
lando la frase riportata a testo, forza, almeno in parte, il pensiero
del
de La Motte, il quale, a differenza di Corneille,
lus», cit., p. 603). [Giunta.7] Nel Discours à l’occasion de Romulus
del
de La Motte veniva anche dibattuto il problema de
bbe il fine catartico a cui era originariamente destinata. Nella coda
del
paragrafo del Discours si amplifica il distacco f
tartico a cui era originariamente destinata. Nella coda del paragrafo
del
Discours si amplifica il distacco fra la concezio
afo del Discours si amplifica il distacco fra la concezione di teatro
del
de la Motte e quella di Calepio: il Francese semb
o spettacolo teatrale possa incidere pochissimo sulla crescita morale
del
pubblico e ritiene che il compito del tragediogra
ochissimo sulla crescita morale del pubblico e ritiene che il compito
del
tragediografo debba essere piuttosto quello di sm
ion», ibid.). Calepio riconosce da parte sua la verità delle opinioni
del
Francese, ma rimprovera la sua rinuncia a perfezi
ine il Bergamasco si mostra d’accordo con una successiva affermazione
del
de La Motte, riguardante la maggiore impressione
, p. 447). La sollecitazione della opsis, legata all’aspetto mimetico
del
genere drammatico prescritto da Aristotele, peral
peraltro spesso evaso (cfr. Piermario Vescovo, A viva voce: percorsi
del
genere drammatico, Venezia, Marsilio, 2015), era
politica quando a essere esposto sulla scena, cadavere, era il «corpo
del
capo» (cfr. Beatrice Alfonzetti, Il corpo di Cesa
nzetti, Il corpo di Cesare: percorsi di una catastrofe nella tragedia
del
Settecento, Modena, Mucchi, 1989). Eppure, tra Se
a puramente oratoria — si pensi, proseguendo sul tema dell’ostensione
del
corpo morto come fonte di commozione nel pubblico
Inès de Castro rappresentata per la prima volta a Parigi nell’aprile
del
1723 e capace di ottenere immediatamente uno stre
Alphonse, destina a nozze con Constance, figlia della seconda moglie
del
sovrano. I reiterati rifiuti dell’infante, pronto
n una dura riflessione sulle parodie — a cui l’Inès, come altre opere
del
drammaturgo, era andata incontro — in cui si sost
rganizzazione dei dialoghi, quanto piuttosto alla cattiva costruzione
del
carattere di Achille. [Giunta.10] Anche in quest
e in questo segmento Calepio si dimostra in disaccordo con la lettura
del
de La Motte, il quale, dopo aver raccomandato che
l quale, dopo aver raccomandato che l’autore non mescoli al carattere
del
protagonista nulla che possa intiepidire l’intere
rensibile, ma a dare vita ad un personaggio che attiri la compassione
del
pubblico in virtù delle sue debolezze. D’altra pa
messa in scena di questo prototipo in prosa — a causa dell’abitudine
del
pubblico a ricevere composizioni in verso, nonché
i intreccio e dialoghi, senza costringerli a subire i condizionamenti
del
verso, permetterebbe di correggere molto più agev
enitori della prosa fondavano la propria opinione sul primo paragrafo
del
testo greco, in cui si ammetteva che l’imitazione
iormente questo titolo (1447b 11-19). Dall’altra parte, i sostenitori
del
verso, assai più numerosi, ricordavano il passo i
soltanto con il metro, altre con il canto (1449b 25-30). Aristotele,
del
resto, nel ricostruire le origini della tragedia,
raffinamento delle tecniche compositive aveva comportato l’abbandono
del
primitivo tetrametro in favore del giambo, metro
itive aveva comportato l’abbandono del primitivo tetrametro in favore
del
giambo, metro vicino al parlato e più adatto per
ente lingua tragica italiana. Nello scontro ebbe la meglio il partito
del
verso, come mostra non solo l’elenco di Calepio,
in primis Castelvetro, colui che forgerà gli argomenti di superiorità
del
verso che verranno costantemente ribaditi nell’am
to di questa polemica fino al Settecento, ossia: maggior funzionalità
del
metro per la recitazione degli attori; maggior go
el metro per la recitazione degli attori; maggior godibilità da parte
del
pubblico; aderenza del verso al dato imitativo, a
ione degli attori; maggior godibilità da parte del pubblico; aderenza
del
verso al dato imitativo, a differenza della prosa
dato imitativo, a differenza della prosa, adatta alla messa in forma
del
reale, e non della fictio (Lodovico Castelvetro,
ni, Roma-Bari, Laterza, 1978, p. 37). Il modello per la ricostruzione
del
dibattito da parte di Calepio — in realtà limitat
erelle — è evidentemente il Nisiely dei Proginnasmi, e in particolare
del
proginnasmo XLVI, in cui il Fioretti si scaglia c
osa. Fedele al dettato aristotelico, il Nisiely fa propria l’opinione
del
Patrizi e sottoscrive le tesi di Faustino Summo (
l Patrizi e sottoscrive le tesi di Faustino Summo (Risposta in difesa
del
metro nella Poesia e nei Poemi, e in particolare
i Poemi, e in particolare nelle Tragedie e Commedie, contro il parere
del
signor Paolo Beni, Padova, Bolzetta, 1601), volte
miglianza della prosa, ma mostrava come questa, spoglia degli orpelli
del
verso, permettesse di veicolare l’utile proprio d
lia degli orpelli del verso, permettesse di veicolare l’utile proprio
del
genere senza disperderlo negli ornamenti del metr
eicolare l’utile proprio del genere senza disperderlo negli ornamenti
del
metro ( Pauli Benii Eugubini Disputatio in qua os
unto sulla tragedia in prosa nel Cinquecento, accennando ai paratesti
del
Cianippo di Agostino Michele e del Costantino di
nquecento, accennando ai paratesti del Cianippo di Agostino Michele e
del
Costantino di Giovanni Battista Filippo Gherardel
so nel Cinquecento cfr. Elisabetta Selmi, «Il dibattito trattatistico
del
Cinquecento sul verso tragico», in Il verso tragi
ul verso tragico», in Il verso tragico dal Cinque al Settecento, Atti
del
Convegno di Verona (14-15 maggio 2003), a cura di
gedia in prosa nel Cinquecento, Ferdinando Neri, La tragedia italiana
del
Cinquecento, Firenze, Galletti, 1904, pp. 130-134
.12] Calepio osserva come le precedenti discussioni in merito all’uso
del
verso o della prosa in tragedia vertessero princi
ivamente dall’esercizio della ragione rivendicata come criterio-guida
del
Paragone fin dall’esordio (Paragone I, 1, [11]).
lla tragedia che non nell’epica o ancor più nella lirica. Il discorso
del
de La Motte permetteva peraltro anche in questo c
dire un elemento importante della propria poetica, ossia la necessità
del
linguaggio tragico di non perdersi in freddi arzi
gogoli che riuscivano inverosimili al pubblico e bloccavano il fluire
del
meccanismo catartico. Sarà bene notare che il Ber
compassione: così egli aveva fatto nell’Orbecche, in cui il monologo
del
messo era particolarmente adorno («Noi anco segui
a simile perturbazione» (Torquato Tasso, Discorsi dell’arte poetica e
del
poema eroico, a cura di Luigi Poma, Bari, Laterza
irico della prosa a detrimento delle costrizioni imposte dalla misura
del
verso (Houdar de La Motte, «La Libre Éloquence, o
H. Champion, 2002, pp. 705-709). Calepio non approva la punta estrema
del
pensiero del Francese, mantenendosi su posizioni
2002, pp. 705-709). Calepio non approva la punta estrema del pensiero
del
Francese, mantenendosi su posizioni più tradizion
vero che la lingua drammatica deve imitare la prosa, senza la lusinga
del
verso essa sarebbe troppo spoglia per piacere al
, tuttavia, sembra richiamarsi non tanto ad una concezione edonistica
del
teatro, votata appunto, sulla linea dubosiana, al
stica del teatro, votata appunto, sulla linea dubosiana, alla ricerca
del
«plaisir», quanto piuttosto alla riflessione crit
piego della prosa in tragedia. Lo stesso argomento della «meraviglia»
del
verso parrebbe riprendere proprio il pronunciamen
di Nores delle antiche commedie e tragedie, dicendo che la meraviglia
del
verso nella tragedia, e commedia procede da quest
emplicità assoluta, addirittura al camuffamento dell’aspetto retorico
del
verso che doveva confondersi con la prosa. L’altr
licato in modo assai fedele dal Maffei nell’introduzione all’edizione
del
Teatro Italiano: «Imprimer con forza, porger con
osaica voce, a riserva ch’altri non gridi» (Scipione Maffei, «Istoria
del
teatro e difesa di esso», in Id., De’ teatri anti
i, a cura di Laura Sannia Nowé, Modena, Mucchi, 1988, p. 47). Più che
del
Maffei, tuttavia, il ragionamento di Calepio appa
sarebbe, ma l’istesso. E perché l’imitazione, la quale è somiglianza
del
vero non dee per tutte le parti verità contenere,
o che la rappresentazione teatrale consti di finzione: le motivazioni
del
de La Motte — simili peraltro a quelle che veniva
vengono liquidate in nome di questo principio. Sulla Libre Éloquence
del
de La Motte e sulle polemiche che seguirono in Fr
cisione i confini tra imitazione e illusione, affermando che lo scopo
del
drammaturgo non è quello di illudere lo spettator
2, [6]), avvicinandosi, ancor più che a Gravina, a certe affermazioni
del
Du Bos (Jean-Baptiste Du Bos, Réflexions critique
di verosimiglianza — senza ridurre la letteratura a mera riproduzione
del
reale —, è sufficiente limare la lingua poetica c
zione della rima, il che ovviamente, non implica una rinuncia all’uso
del
verso. A questa stessa soluzione sono peraltro im
cordi nell’esigere naturalezza nella composizione e nella recitazione
del
verso: anche i maestri dell’arte attorica, come R
nto si rimanda ancora a Elisabetta Selmi, «Il dibattito trattatistico
del
Cinquecento sul verso tragico», in Il verso tragi
ul verso tragico», in Il verso tragico dal Cinque al Settecento, Atti
del
Convegno di Verona (14-15 maggio 2003), a cura di
sedra, 2005, pp. 63-104, e Valentina Gallo, «Lineamenti di una teoria
del
verso tragico tra Sei e Settecento», ivi, pp. 123
esi danneggiava non soltanto l’espressione, ma soprattutto la facoltà
del
drammaturgo di dare libero sfogo al proprio genio
o creativo. Nel discorso mostrava come, lontano dalle regole ritmiche
del
verso e dalla rima, l’autore poteva concentrarsi
erfettamente con il Francese sui problemi che comporta l’introduzione
del
verso rimato: d’altra parte aveva pronunciato un’
ome l’endecasillabo italiano. Infine dissente nel merito dal giudizio
del
de La Motte, secondo cui la scrittura di tragedie
condo cui la scrittura di tragedie in prosa gioverebbe all’incremento
del
numero degli autori teatrali («Voici enfin un der
e tragica. [Giunta.16] Calepio passa quindi ad esaminare le tragedie
del
drammaturgo francese, cominciando con Les Macchab
a propria fede e furono messi a morte dal crudele Antioco IV. L’apice
del
patetico sarebbe infatti raggiunto, secondo Calep
anche alcuni specifici passaggi ritenuti poco plausibili; all’autore
del
Paragone sembra inverosimile che il tiranno dia m
rga in maniera evidente e maldestra. La scena in questione è la prima
del
terzo atto, in cui Antigone, inviata da Antiocus
zo atto, in cui Antigone, inviata da Antiocus a far vacillare la fede
del
giovane Misaël, prefigura impropriamente il succe
o dell’intreccio e la successiva commozione che proverà nei confronti
del
dolore di Salmonée (III, 4-5), che la porterà inf
o disapprova anche l’uso dei monologhi e degli a parte nella tragedia
del
de la Motte, rimproverando i primi di un caratter
64). L’a parte che Calepio condanna si trova invece nella terza scena
del
terzo atto, ed è pronunciato da Antigone, abbagli
ndo al Romulus, Calepio attacca in prima battuta il carattere amoroso
del
protagonista. Questa accusa era stata già mossa a
oso del protagonista. Questa accusa era stata già mossa alla tragedia
del
de La Motte fin dal principio, tanto che il dramm
incoerenza nel carattere di Romulus, come si evince dalla conclusione
del
paragrafo — ma taccia l’autore francese di non es
a ad esempio di ciò il primo colloquio fra i due, nella seconda scena
del
primo atto, in cui Romulus è presentato come un s
Calepio è diretto in questo caso ad un passaggio della scena seconda
del
secondo atto, quando Tatius, a colloquio con la f
tto, quando Tatius, a colloquio con la figlia, racconta il fallimento
del
proprio progetto di conquista: egli aveva infatti
zia a Roma dell’avanzamento di un’armata così cospicua. Nel prosieguo
del
racconto di Tatius si espongono i fatti relativi
s si espongono i fatti relativi all’assedio fallito: dopo il successo
del
primo slancio, i Sabini vengono respinti grazie a
mpo che veniva contestata al francese, e sulla quale lo stesso autore
del
Romulus si era soffermato nei suoi Discours («Il
re avrebbe sventato una simile congiura tesagli dai decemviri, gelosi
del
suo prestigio presso il popolo, vincendo in comba
ta (ivi, IV, 1, p. 124). Il Bergamasco si sofferma anche l’espediente
del
biglietto, recante notizie in merito al progetto
quale dà sfogo al proprio turbamento, indeciso fra la rivendicazione
del
proprio potere e la tenerezza nei confronti del f
fra la rivendicazione del proprio potere e la tenerezza nei confronti
del
figlio, e successivamente (IV, 2), un’altra scena
be secondo Calepio uno spazio eccessivo e distoglierebbe l’attenzione
del
pubblico dalle vicende patetiche della protagonis
non manca di notare alcune sconvenevolezze, come il classico traslato
del
fuoco e delle fiamme, atte a rappresentare l’amor
opzione che tuttavia la protagonista rifiuterà. [Giunta.24] L’Œdipe
del
de La Motte viene considerato superiore a quelli
a le circostanze in cui Laio era stato ucciso. In effetti nella pièce
del
de La Motte, costituita su una continua sequela d
un «jeune guerrier», immediatamente Œdipe si riconosce come colpevole
del
misfatto («Jocaste: Jugez donc si ce trait nomme
nel dipingere Edipo come un personaggio innocente, cosa che si evince
del
racconto che il re tebano fa alla regina, esponen
ere contro Edipo, il quale, pur limitandosi soltanto a parare i colpi
del
vegliardo, lo aveva inavvertitamente colpito a mo
on, Paris, H. Champion, 2002, p. 669). Un altro problema della favola
del
de La Motte starebbe, secondo Calepio, nello scor
se, contra historiam, come troppo benigni nei confronti della memoria
del
padre. 1. Una prima riscoperta della figura
ria del padre. 1. Una prima riscoperta della figura di Calepio e
del
Paragone aveva luogo nel primo Novecento nei gran
lavori storiografici sul diciottesimo secolo, in cui tuttavia l’opera
del
bergamasco non era sempre giudicata positivamente
die italiane e francesi (Amos Parducci, La tragedia classica italiana
del
secolo XVIII anteriore all’Alfieri, Rocca San Cas
2). Fu Benedetto Croce a rivalutare la portata estetica degli scritti
del
bergamasco (Benedetto Croce, Problemi di estetica
o specificamente al rapporto Calepio-Maffei è l’articolo «La risposta
del
Calepio alle Riflessioni del Maffei sul Paragone
Calepio-Maffei è l’articolo «La risposta del Calepio alle Riflessioni
del
Maffei sul Paragone della poesia tragica», La Ras
a-italiana che si evince dall’originale attenzione riservata ai gusti
del
pubblico teatrale; quello di Enrico Mattioda (Teo
), in cui vengono analizzate alcune specificità critiche ed estetiche
del
Paragone e delle Lettere al Bodmer nel contesto d
lle Lettere al Bodmer nel contesto della teoria drammaturgica europea
del
Settecento; quello infine di Alberto Beniscelli,
etamente trascurato, fra Calepio e i classici della tragedia francese
del
Seicento (Le passioni evidenti: parola, pittura,
non posso esimermi dal ringraziare il prof. Fabiano e tutti i membri
del
gruppo di ricerca con cui ho avuto proficue discu
za. 6. Questo pregiudizio era stato in parte alimentato dagli studi
del
Romagnoli — si veda la voce dedicata a Calepio da
Italiani —, il quale tuttavia, per riportare l’attenzione sull’opera
del
conte bergamasco, aveva la necessità di proiettar
Calepio nel panorama italiana, e gli studiosi successivi, sulle orme
del
Romagnoli, si sono limitati a rimarcare, quando n
2. In un contributo più recente Scattola dava una definizione precisa
del
concetto di «comunità di citazione» in questi ter
i membri identificano esplicitamente chi faccia parte legittimamente
del
medesimo discorso.» Id., «Per una epistemologia d
se, per ridare alla letteratura tedesca quel vigore che le imitazioni
del
classicismo di Corneille parevano toglierle. Sull
portanza di questa traduzione esistono pochi studi specifici al di là
del
datato contributo di Carl Henry Ibershoff, «Bodme
v. Si tratta in questo caso delle giunte poi pubblicate nell’edizione
del
1770 del Paragone, ma esistono altri fogli di app
tta in questo caso delle giunte poi pubblicate nell’edizione del 1770
del
Paragone, ma esistono altri fogli di appunti nel
bro 7. 49. Libro 4, ode 7. 50. Seneca in Octavia. 51. Nel trattato
del
poema epico, libro 4, capo 7. 52. Atto 2, scena
Nell’Orbecche, atto 2, scena 3. 54. Lettera 13. 55. Nella prefazion
del
suo Teatro. 56. Tomo 2, proginnasmo 43. 57. Nel
debbono essere diversissimi da quelli d’un eroe. 73. Nell’Alessandro
del
Racine, atto 4, scena 4. 74. Nel Teseo di monsie
Coreso di monsieur de la Fosse, atto 1, scena 2. 81. Nella Polisena
del
medesimo, atto 4, scena 4. 82. Racine nel Mitrid
, atto 3, scena 2. 103. Nel Manlio, atto 2, scena 2. 104. Nel Teseo
del
medesimo, atto 1, scena 5. 105. Atto 2, scena 1.
one sopra l’Iliade. 136. Canto 20, stanza 55. 137. Nella prefazione
del
Teatro. 138. Reflexions d’un Allemand sur les d
ll’origine degl’informi dialetti moderni, e specialmente nel fermento
del
X e XI secolo, fuvvi per necessità molta somiglia
dedurre da ciò che la lingua provenzale derivi dalla catalana? L’amor
del
dialetto nativo fe dire all’abate Lampillas a che
l loro nativo idioma ; e crede ciò provato a meraviglia coll’epitafio
del
conte Bernardo avvelenato nell’anno 844. Questo e
ù che ci sembra ingiusta e sconvenevol cosa il distendere il giudizio
del
Fontenelle, intorno all’ignoranza de’ Trovatori P
cora i Giullari, e nel 1328, celebrandosi la festa per la coronazione
del
re di Aragona, i Giullari Ramaset e Novellet cant
Francese, che nel 1780 cominciò a pubblicare in Lione una collezione
del
Teatro Francese. Quando il re Filippo detto il Be
nferno nero e puzzolente in mezzo a più di cento diavoli che ridevano
del
loro supplizio: vi si vide ancora una volpe prima
rappresentare i Misteri che nel 1380 si stabilì sul teatro per mezzo
del
Canto Reale. Esso consisteva in versi in lode del
rdo II, affinchè vietasse a certi ignoranti di rappresentar le storie
del
Vecchio Testamento in pregiudizio del Cleroa. Sen
ranti di rappresentar le storie del Vecchio Testamento in pregiudizio
del
Cleroa. Senza contrasto dal principio del secolo
o Testamento in pregiudizio del Cleroa. Senza contrasto dal principio
del
secolo XIV furono in Alemagna alcune rappresentaz
vio di Turingia assistette a una rappresentazione delle dieci Vergini
del
Vangelo eseguita pubblicamente in un giuoco piace
i dopo Pasqua destinata al pubblico divertimentoa. a. Dissertaz. VI
del
suo Saggie. a. Vedi il tomo II del Ristretto del
divertimentoa. a. Dissertaz. VI del suo Saggie. a. Vedi il tomo II
del
Ristretto della Storia di Francia dell’abate Mill
o della Storia di Francia dell’abate Millot pag. 75. a. Vedi l’opera
del
p. Menestrier des Representations en musique. a.
ntations en musique. a. Vedi il libro inglese intitolato il Compagno
del
Teatro, o dettaglio istorico degli scrittori dram
matici della Gran Brettagna presso la Gazzetta Letteraria dell’Europa
del
mese di marzo del 1765 che usciva in Parigi. b.
Brettagna presso la Gazzetta Letteraria dell’Europa del mese di marzo
del
1765 che usciva in Parigi. b. Vedi la Dissertazi
Come avrebbe potuto scrivere tali parole chi avesse letto il II. Capo
del
II. Libro della Storia de’ Teatri? Intanto l’Apol
e registrate nel mio Libro l’Achilleis, e l’Eccerinis Tragedie Latine
del
dotto Padovano Albertino Mussato! Le credè forse
il quale nell’idearla vi ebbe il merito di mettere in iscena, al pari
del
Mussato, una storia nazionale, cioè la caduta di
se parimente gli occhi per non vedervi riferita la Filologia Commedia
del
dolcissimo Petrarca, ch’egli però non volle conse
avio silenzio coprire l’altra Commedia di quel tempo da me rammentata
del
dotto Pier Paolo Vergerio il Vecchio nato circa i
e dell’Ambrosiana di Milano. Compatirei il Lampillas, come straniero,
del
non aver lette le Opere del Mussato, nè la Raccol
Compatirei il Lampillas, come straniero, del non aver lette le Opere
del
Mussato, nè la Raccolta degli Scrittori delle cos
Opere del Mussato, nè la Raccolta degli Scrittori delle cose Italiche
del
dottissimo Muratori, nella quale si rapportano le
o le di lui Tragedie, e di non aver contezza della Commedia ESISTENTE
del
Vergerio. Ma come compatirlo, quando io le avea r
azioni quelle di Carlo Verardi? Fu sacra rappresentazione la Tragedia
del
Laudivio della morte del Piccinino? Era sacra e r
rardi? Fu sacra rappresentazione la Tragedia del Laudivio della morte
del
Piccinino? Era sacra e rozza rappresentazione l’O
e rozza rappresentazione l’Orfeo tragica Pastorale in idioma Italiano
del
celebre Angelo Poliziano? Erano sacre e rozze rap
lo Poliziano? Erano sacre e rozze rappresentazioni le Commedie Latine
del
medesimo secolo, la Polissena del dottissimo Leon
rappresentazioni le Commedie Latine del medesimo secolo, la Polissena
del
dottissimo Leonardo Bruni, il Philodoxeos del cel
mo secolo, la Polissena del dottissimo Leonardo Bruni, il Philodoxeos
del
celebre Leon Batista Alberti, la Philogenia di Ug
cio? Erano infine rozze e sacre rappresentazioni le Commedie Italiane
del
medesimo tempo, la Catinia traduzione della Latin
ina di Secco Polentone Lusus Ebriorum, i Menecmi, il Cefalo Pastorale
del
Correggio, il Timone del Bojardo, l’Amicizia del
sus Ebriorum, i Menecmi, il Cefalo Pastorale del Correggio, il Timone
del
Bojardo, l’Amicizia del Nardi, della quale soltan
il Cefalo Pastorale del Correggio, il Timone del Bojardo, l’Amicizia
del
Nardi, della quale soltanto dice qualche cosa l’A
dice qualche cosa l’Apologista? Ora tutte queste sceniche produzioni
del
secolo XV. che il Lampillas non cura di vedere, n
ti Drammatici (che quì non si tratta di Drammi immaginarj come quelli
del
Vasco Dias, nè delle Mille Tragedie del Malara co
Drammi immaginarj come quelli del Vasco Dias, nè delle Mille Tragedie
del
Malara conservate nella Biblioteca della Luna); e
possibile, Signor Lampillas, mi direste, se, prima di leggere i Libri
del
Tiraboschi, e del Signorelli, sapevate che avesse
Lampillas, mi direste, se, prima di leggere i Libri del Tiraboschi, e
del
Signorelli, sapevate che avessero mai esistiti al
te che avessero mai esistiti al mondo nostro tali Drammatici Italiani
del
XV. secolo, che inutilmente fingete di non sapere
tto questo nome si nasconde Francesco de’Nobili lucchese, cancelliere
del
signor Fracasso di Sanseverino, e il più grande t
il più grande tra’ recitatori di commedie classiche nella prima metà
del
xvi secolo. Siccome narra il Sansovino nella des
il primo luogo fra’ Recitanti in iscena : onde per ciò fece acquisto
del
cognome del Terenziano Cherea. Ma essendo quella
ogo fra’ Recitanti in iscena : onde per ciò fece acquisto del cognome
del
Terenziano Cherea. Ma essendo quella città sotto
alquanto monco ed erroneo appare tal giudizio dopo l’elaborato studio
del
Rossi (Lettere di Messer Andrea Calmo. Torino, Lo
Andrea Calmo. Torino, Loescher, 1888), il quale, analizzando l’opera
del
Calmo (V.), anche viene, col concorso del D’Ancon
quale, analizzando l’opera del Calmo (V.), anche viene, col concorso
del
D’Ancona e del Sanudo, a parlar distesamente del
ando l’opera del Calmo (V.), anche viene, col concorso del D’Ancona e
del
Sanudo, a parlar distesamente del Cherea, avvalor
viene, col concorso del D’Ancona e del Sanudo, a parlar distesamente
del
Cherea, avvalorando le sue parole di molti e impo
a di essere a Roma il Cherea fu già a Venezia, ove lo vediamo la sera
del
10 gennaio 1508 recitar nei Menechmi di Plauto a
acasso da Sanseverino alla Giudecca. Riappare a Venezia nel carnevale
del
1522, e lo vediamo recitare il 2 febbraio una tra
amo recitare il 2 febbraio una tragedia in casa Grimani alla presenza
del
vescovo d’Ivrea, il 9 detto una commedia nel Conv
l.mo il s.r Duca de Ferrara, concernente il nostro artista e la morte
del
Sanseverino : ……………………….. Mi è sta anco decto es
to di sommo merito : tale, secondo il Bartoli, che non ebbe nell’arte
del
teatro chi lo superasse. La sua vita è tutta lega
celebrità, e conquistò con l’arte sua due croci : quella dell’ordine
del
Megediè, e altra datagli dal vicerè Ismail. Fu il
per ipertrofia di cuore dopo sei giorni soli di letto, il 22 ottobre
del
’95. Di lui, morto, disse il Costetti, del qua
di letto, il 22 ottobre del ’95. Di lui, morto, disse il Costetti,
del
quale mi piace riportar le parole che indirizzò a
ace riportar le parole che indirizzò alla figliuola Lina il Io giugno
del
’96. …… Fu un artista valoroso quanto modesto. I
sto. Intelligentissimo negli affari, non battè però mai la gran cassa
del
cerretano. Seppe mettersi in seconda linea, lui,
ngelo, quando si era giovani entrambi. Egli venne su con la fioritura
del
teatro italiano a metà del secolo, e interpretò,
i entrambi. Egli venne su con la fioritura del teatro italiano a metà
del
secolo, e interpretò, primo, i grandi lavori del
atro italiano a metà del secolo, e interpretò, primo, i grandi lavori
del
tempo come Prosa, Goldoni di Ferrari, e tante alt
re immaginare. Fu il meglio Nerone di Cossa. Proprio così. Dell’arte
del
Diligenti non serbo memoria che di questo momento
rte del Diligenti non serbo memoria che di questo momento : la recita
del
Nerone. Il Cossa che dell’interpretazione del Bia
sto momento : la recita del Nerone. Il Cossa che dell’interpretazione
del
Biagi e del Monti si diceva lietissimo, e di quel
: la recita del Nerone. Il Cossa che dell’interpretazione del Biagi e
del
Monti si diceva lietissimo, e di quella di Ernest
Arbes (D’) Cesare, il più gran Pantalone
del
suo tempo, nacque circa il 1710 a Venezia. Innamo
tro servo umilissimo D’Arbes. G. Come ! Il signor D’Arbes ? Il figlio
del
direttore della Posta del Friuli, quel figlio che
es. G. Come ! Il signor D’Arbes ? Il figlio del direttore della Posta
del
Friuli, quel figlio che si credeva perduto, di cu
di chiedervi una commedia ; ho promesso a’miei compagni una commedia
del
signor Goldoni, e voglio mantenere a loro la paro
si schermì ancora, ma dovè poi cedere alle più che gentili insistenze
del
D’Arbes (gli aveva messo, come acconto, nella sca
brano della lettera riportato dal Goldoni : Avrò dunque una commedia
del
Goldoni ? Questa, sì, questa sarà la lancia e lo
rà la lancia e lo scudo, di cui armato andrò a sfidare i teatri tutti
del
mondo. Quanto sono adesso felice ! Ho scommesso c
ce ! Ho scommesso cento ducati col Direttore che avrei avuto un’opera
del
Goldoni ; se vinco la scommessa il Direttore paga
’ Comici Livorno. Pisa, li 13 agosto 1745. Monsieur, Ecco il Sonetto
del
Paronzino. L’ ho servito subito, perchè so che gl
. L’ ho servito subito, perchè so che gli preme. Ho cominciato quello
del
Giocatore, ma non ho avuto tempo di terminarlo. P
o per il procaccino, o per altra congiuntura più comoda, ed avvisarmi
del
prezzo per rimetterglielo subito, raccomandandogl
uni, che disendo va : quanto, quanto s’inganna el to pensier ; quello
del
matrimonio l’è un piaser che prestissimo passa, e
simo passa, e se ne va. Xè giusto la muggier come la rogna : el gusto
del
gratar piase all’eccesso ; ma po’ resta el brusor
ero Goldoni fu obbligato a ritirarlo. Allora per compensare l’artista
del
fiasco, fu messo in iscena l’Uomo prudente, che e
, nella figura e nell’azione. Ora era l’uomo più allegro e più vivace
del
mondo, ora prendeva l’aria, i tratti e i discorsi
bilmente sostenuta dal Pantalone, che si vide al colmo della gloria e
del
contento. » Nel carnevale del 1749 il D’Arbes, ri
ne, che si vide al colmo della gloria e del contento. » Nel carnevale
del
1749 il D’Arbes, richiesto alla Repubblica di Ven
la Repubblica di Venezia dal ministro sassone per passare al servizio
del
re di Polonia, lasciò immediatamente la Compagnia
perduto Pantalone. (Fu poi sostituito da Antonio Mattiuzzi vicentino,
del
quale discorreremo a suo tempo). Ebbe il D’Arb
rovvisto e fornito d’abiti e di denaro. Per quanto concerne la dimora
del
D’Arbes a Dresda, abbiamo dal Barone ö Byrn (op.
musica a Parigi il 5 dicembre 1749, il Zoroastro di Rameau con parole
del
nobile signor di Cahusac, sotto la direzione scen
u con parole del nobile signor di Cahusac, sotto la direzione scenica
del
veneziano Pietro Algeri, Giacomo Casanova che viv
geri, Giacomo Casanova che viveva allora a Parigi, e che oltre quella
del
Faraone, aveva anche di sfuggita, la occupazione
di Pietro Algeri, venuto a bella posta da Parigi, e con musica nuova
del
suonatore di viola da braccio, e compositore dell
nstitutore dei Maghi Bernardo Vulcani. Amelia, Erede pretendente
del
trono di Battro Marta Bastona Focher. Abrama
Selvaggi Indiani, Maghi, Sacerdoti, Demoni, ecc. ecc. Fra le comparse
del
ballo era anche la signora Casanova ; « forse, ag
cco, il celebre Truffaldino, col quale stette fino al 1769. Da quella
del
Sacco passò nella Compagnia Lapy al Teatro S. Ang
vala a chi voleva da lui impararla. » E dopo di aver citate le parole
del
Piazza (Il Teatro, tomo II) : « Il Pantalone era
Il Pantalone era tanto stimabile per la sua abilità, che per la bontà
del
suo carattere. Buon marito, ottimo padre, sincero
nde certo degli antichi arlecchini, fiorito tra gli ultimi venti anni
del
'500 e i primi trenta del '600. Le prime notizie
lecchini, fiorito tra gli ultimi venti anni del '500 e i primi trenta
del
'600. Le prime notizie che abbiamo di lui son del
00 e i primi trenta del '600. Le prime notizie che abbiamo di lui son
del
fratello Drusiano dalla Spagna, ov' erano entramb
lino, Giovanni Pelesini, dalla quale, com’egli scrive a un famigliare
del
Duca da Cremona, il 4 dicembre '95, si partì per
cano il polso », e il '99 a Verona, anno appunto, in cui, con decreto
del
29 aprile, fu fatto dal Duca Vincenzo soprastante
nvidia de' malevoli, com’ egli ebbe a dolersi col Duca in una lettera
del
7 di agosto, riferita intera dal D'Ancona. Enrico
de' Medici, e divenuto ufficialmente suo promesso sposo nell’ inverno
del
'600, avendo stabilito di andarla ad incontrare a
ito di andarla ad incontrare a Marsiglia o a Lione, pensò per la fine
del
'99 di accaparrarsi in Francia la Compagnia del D
ne, pensò per la fine del '99 di accaparrarsi in Francia la Compagnia
del
Duca di Mantova, di cui era ornamento principale
i era ornamento principale il Martinelli. A questo infatti, col mezzo
del
signor di Rohan suo cugino, allora in Firenze, fe
Saluzzo, i comici italiani furon messi in disparte sino alla vittoria
del
Re francese, il quale, dopo la presa di Montmélia
ttenere dal Re e dalla Regina la promessa collana con medaglia d’oro,
del
quale il Baschet, alla cui opera magistrale più v
stellan du fort de Santa Caterina, Gouverneur de la Bressa, Pretentor
del
Marquisat de Saluces, Armiral de la mer de Marsei
la pagina 48, ridotta della metà. Alla pagina 49 è l’ indicazione
del
terzo libro, ma senza testo, sormontata da un fre
Poi tutto bianco fino alla fine. Gli Accessi erano ancora l’ottobre
del
1601 a Parigi, d’onde, nonostante le richieste de
rarsi a un tal viaggio d’inverno. Seguiron nuovi inviti a più riprese
del
Re e della Regina al Duca e alla Duchessa e ad Ar
li, di cui fe' tenere in suo nome a battesimo un figliuolo, l’ottobre
del
1611, come annunzia il Martinelli stesso al Vinta
V.), che s’era scatenata contro la Flavia, Margherita Luciani, moglie
del
Capitano Rinoceronte (V. Garavini), la quale col
ito da ambe le parti, la Compagnia si mise in viaggio in piena estate
del
1613 per alla volta di Parigi, fermandosi a dar q
ourgogne il 24 novembre. Recitarono a Parigi fino alla fine di luglio
del
1614, ora all’ Hôtel de Bourgogne per divertiment
fine di luglio del 1614, ora all’ Hôtel de Bourgogne per divertimento
del
pubblico, ora al Louvre per quello della Corte ;
meno i soliti negoziati, come appare dalla lettera interessantissima
del
'15 di Arlecchino alla Comare Cristianissima, che
bbene. La terza comparsa di Arlecchino in Francia fu dunque alla fine
del
'20. Questa volta la Compagnia aveva in meno il P
a Fontainebleau. In una lettera della Regina Anna al Duca di Mantova
del
6 marzo, sono lodi particolari del Martinelli, e
lla Regina Anna al Duca di Mantova del 6 marzo, sono lodi particolari
del
Martinelli, e in altra di Maria, la Regina Madre,
rata ; giacchè vediamo il Martinelli co'Fedeli a Venezia il carnovale
del
'23 ; e il luglio del '26 accennava ancora al des
il Martinelli co'Fedeli a Venezia il carnovale del '23 ; e il luglio
del
'26 accennava ancora al desiderio di comparir nov
nella soprintendenza de' comici, escludendosi questa volta i virtuosi
del
Monferrato, furono confermati i figliuoli con dec
i virtuosi del Monferrato, furono confermati i figliuoli con decreto
del
13 settembre 1639.
otti-Cavazzoni Giovan Andrea. Nato il 1622 alle Caselle, terricciuola
del
Comune di San Lazzaro di Sàvena presso Bologna, f
bligo di assumere la sua arma e il suo cognome. Fu comico al servizio
del
Duca di Modena, e le notizie cominciano in quell’
recento che essi non riconoscevano, sapendo di dovergli solo il fitto
del
palco, il quale anche speravano fosse loro condon
il 16 e il 23 marzo da Bologna a Gir. Graziani per la nuova Compagnia
del
Duca, che avrebbe dovuto recarsi a Milano, se fos
’ottobre il teatro di Ferrara con qualche Emolumento dal’affittatore
del
detto Teatro, che sia almeno per le case franche
blighiamo d’affaticarci in modo, che resteranno gustati. Il febbrajo
del
'52 la Compagnia era a Modena, e la sera del prim
no gustati. Il febbrajo del '52 la Compagnia era a Modena, e la sera
del
primo, Ottavio, venuto a parole, s’ebbe un pugno
ò fu attaccato alla corda in piazza (V. Locatelli Domenico). L'agosto
del
'55 egli era a Genova, come si rileva dalla lette
stituzione di Giacinto Bendinelli detto Valerio (V.). L'11 di gennajo
del
'68 gli morì la moglie, Teodora Blaise (forse Bla
selle, bolognese : e l’atto d’inumazione chiama lo Zanotti « Capitano
del
Ponte della Samose ». Forse, si domanda lo Jal, è
quel tempo di non facili comunicazioni e in Capitale straniera. Prima
del
'74 passò a seconde nozze con Margherita Engueran
cipe di Parma, Alessandro Farnese, Carlo Gondi, inviato straordinario
del
Granduca di Toscana, indi Pietro di Nyert, primo
el Granduca di Toscana, indi Pietro di Nyert, primo Cameriere segreto
del
Re, e Boileau Puymorin, Intendente generale della
leau Puymorin, Intendente generale della feste e degli affari privati
del
Re, tennero al fonte del battesimo i suoi figli.
generale della feste e degli affari privati del Re, tennero al fonte
del
battesimo i suoi figli. E il Fantuzzi (Notizie de
ostro Zanotti. In un d’essi Eularia è chiamata gloria della Compagnia
del
Zanotti, la più stimata che vadi a torno : ma si
sempre si fanno ; nè vi entra, senza pagare, se non la famiglia tutta
del
Palazzo del Re ». E in un altro, a proposito del
nno ; nè vi entra, senza pagare, se non la famiglia tutta del Palazzo
del
Re ». E in un altro, a proposito del recitare in
on la famiglia tutta del Palazzo del Re ». E in un altro, a proposito
del
recitare in italiano a persone, che per lo più no
del recitare in italiano a persone, che per lo più non intendevano, e
del
bisogno di far delle azioni assai, di trovar dell
notti non più con la sua Eularia poteva dialogando mostrar la finezza
del
bel dire, l’argutezza delle risposte, le sentenze
ò definitivamente ; poichè lo vediamo il 1688-89 di nuovo al servizio
del
Duca di Modena, proprio quando Giovan Battista Co
asi settant’anni ? E in casa Volta, infatti, a Bologna, nel carnovale
del
1693 (a settantun’anno) « recitò una bella commed
ratto dai Diarj legatizi (vol. IV, pag. 390) ; e morì il 13 settembre
del
1695. Nelle Memorie manoscritte di Bologna antica
ente sborsate. Lasciò la pròfessione molt’ anni sono con buona grazia
del
Re, disse, per poter salvare l’anima sua, che ten
ant’ anni (data, come s’ è visto, erronea), e fu sepolto nella chiesa
del
Corpus Domini. Lasciò tre figliuoli, tutti e tre
adre ? O vi furon figliuoli morti, o persi di vista ? O quel diciotto
del
figliuolo Francesco Maria è un errore grafico ?…
Gio. Andrea Zanotti pubblicò due traduzioni a stampa : dell’Eraclio e
del
Cid di Corneille. L'Eraclio Imperatore d’Oriente.
Gioseffo Longhi, in-12°. Nella dedicatoria dice che tradusse l’opera
del
Cid mentre aveva le sue dimore in Francia, tratte
ra, e Albert Cohn, Shakespeare in Germania) : e nel Registro di spese
del
Cardinal Luigi D'Este, si trova una partita per d
comediante italian, che secondo il D'Ancona apparterrebbe al febbrajo
del
'71. Secondo poi il Sand, Tabarino sarebbe stato
l famoso Dominique ? E apparteneva a questa famiglia, o era lo stesso
del
'59, quel Tamborino o Tabarrino ciarlatano savoja
l Tamborino o Tabarrino ciarlatano savojardo nel giornale manoscritto
del
Fuidoro, riferito da Croce, che il dicembre del '
giornale manoscritto del Fuidoro, riferito da Croce, che il dicembre
del
'69 pubblicamente nel largo della Piazza di Caste
Tabarini di Venezia diede col suo casato il nome alla famosa maschera
del
Ponte Nuovo di Parigi, figurante un quarant’anni
onte Nuovo di Parigi, figurante un quarant’anni più tardi, come servo
del
Ciarlatano Mondor, sotto la quale si celava Giova
do, con sicurezza rispondere. Su che si basano le notizie romanzesche
del
Marmontel su la nascita e la morte del Tabarino d
basano le notizie romanzesche del Marmontel su la nascita e la morte
del
Tabarino del Ponte Nuovo ? Secondo lui, riferito
tizie romanzesche del Marmontel su la nascita e la morte del Tabarino
del
Ponte Nuovo ? Secondo lui, riferito dal Petrai ne
irico italiano Mondor, misero su, ad imitazione di tutti gli empirici
del
secolo decimosettimo, un palco sulla piazza del D
di tutti gli empirici del secolo decimosettimo, un palco sulla piazza
del
Delfino…. Tabarrino finì in modo tragico. Il suo
orno, in una caccia uccisero il buffone, come una lepre, in un angolo
del
bosco. Ma chi voglia più e meglio addentrarsi
la con quello di Venezia. Quanto al costume ho riprodotto la maschera
del
Sand, che non è che una variante dei tanti Zanni
ire universel des œuvres de Tabarin (Parigi, 1623), molto somigliante
del
resto, se ben più piccola, all’altra : se non che
all’altra : se non che Tabarino là è senza barba e coll’ enorme tesa
del
cappello, base del costume tabarinesco, calata su
che Tabarino là è senza barba e coll’ enorme tesa del cappello, base
del
costume tabarinesco, calata sull’occhio manco (pa
roduzione ammodernata che precede le opere tabarinesche nell’edizione
del
1858. Il Salomon soleva intrammezzare con chia
solo ; facendo sopr'a tutto sbellicar dalle risa colle trasformazioni
del
suo cappello di feltro bigio a punta, al quale, n
aver voluto rubare la tela per vestirsi all’ala di un mulino a vento
del
sobborgo di Sant’Antonio. Qual personaggio rappre
le in dialetto bolognese. « Padre quasi sempre di Colombina e alleato
del
Dottore, egli era – dice – il Cassandro o il Pant
bati, ci mostra Tabarrino in perfetto costume di gentiluomo spagnuolo
del
secolo xvii con sotto questa sestina : Tabarrino
no a Treviso il 17 gennaio del’ 1870, e l’altra a Trieste il 1 aprile
del
’68. Gentile e singolar coppia di fratelli questa
accone, col quale fu per alcun tempo, è oggi uno de’ migliori amorosi
del
nostro teatro di prosa. Bertinazzi Carlo, celebr
lecchino, più noto col nome di Carlino. Dagli studi particolareggiati
del
Campardon e dello Jal (op. cit.), col soccorso de
particolareggiati del Campardon e dello Jal (op. cit.), col soccorso
del
Casanova e del D’Origny (op. cit.), è dato oggi p
ati del Campardon e dello Jal (op. cit.), col soccorso del Casanova e
del
D’Origny (op. cit.), è dato oggi poter ricostruir
ediente volgare di certi lazzi e certe cascate, che furon prerogativa
del
suo predecessore Antonio Costantini, figlio natur
prerogativa del suo predecessore Antonio Costantini, figlio naturale
del
rinomato Costantino Costantini detto Gradelino. L
zza di linee, una siffatta eleganza di contorni, da muover l’applauso
del
pubblico, senza che il suo labbro avesse profferi
hi detta a’ giovani che andavano in visibilio alla ornata recitazione
del
Laporte, Arlecchino del Teatro del Vaudeville, ch
andavano in visibilio alla ornata recitazione del Laporte, Arlecchino
del
Teatro del Vaudeville, che era : « Se aveste vedu
visibilio alla ornata recitazione del Laporte, Arlecchino del Teatro
del
Vaudeville, che era : « Se aveste veduto Carlino
aveste veduto Carlino ! » e il D’ Origny (op. cit.) dice al proposito
del
Bon Ménage di Florian : In molti punti Carlino h
orino il 2 dicembre 1710 da Felice Bertinazzi, ufficiale nelle truppe
del
Re di Sardegna (nell’atto di nascita è Bertinassi
non andandogli troppo a genio la carriera militare, si diede all’arte
del
comico, esercitandosi dapprima in qualche teatrin
divenne in poco tempo attore senza rivali. Morto il famoso Tommasino
del
Teatro italiano a Parigi (Tommaso Antonio Visenti
celse per suo esordire l’Arlecchino muto per forza, scenario italiano
del
Riccoboni, in cui egli non aveva da dire che poch
lla rappresentazione (8 aprile 1741) fu anche quella della riapertura
del
teatro, che secondo il costume era stato chiuso d
Rochard de Bouillac toccò di fare la presentazione, avanti la recita,
del
camerata Bertinazzi, del quale mi piace riportare
di fare la presentazione, avanti la recita, del camerata Bertinazzi,
del
quale mi piace riportare dal Campardon, come curi
oi, duca di Rochechouart, Pari di Francia, primo Gentiluomo di Camera
del
Re, Ordiniamo alla Compagnia dei comici italiani
l suo valore artistico furono la Corallina maga, commedia in tre atti
del
Veronese ; Corallina spirito folletto, commedia a
se non commedie francesi, licenziò tutti i suoi attori, ad eccezione
del
Bertinazzi, il quale, nonostante l’enorme pingued
ntata il 17 gennaio 1783, per la quale si è già riportato il giudizio
del
D’Origny. Alla fine dello stesso anno l’apoplessi
le di musica e la Commedia Francese. Carlo Bertinazzi godè, in grazia
del
suo nome e dell’indole sua, dell’affetto e del ri
inazzi godè, in grazia del suo nome e dell’indole sua, dell’affetto e
del
rispetto di ragguardevoli personaggi ; e vediamo
celebre Catinon, tenuti a battesimo, chi dall’Intendente degli ordini
del
Re, chi dall’Intendente di Palazzo, chi dal Ricev
n fan mettere ogni mattina sui loro avvisi : Gli Scomunicati ordinarj
del
. Re avranno l’onore di, ecc., ecc…. ? Nella se
cui poche copie furon distribuite agli amatori. Qualche particolarità
del
suo carattere, qualche aneddoto appartenente alla
nno forse meglio di uno schizzo di Vanloo. Oltre alla corrispondenza
del
Latouche, abbiamo anche varie commedie : Arlecchi
Rochefort e Lemoine recitata lo stesso anno alle Varietà. L’amicizia
del
D’Alembert, oltre alle cure morali e materiali pr
ola cieca, per sollevarlo di una perdita di 50,000 fr. per fallimento
del
depositario, gli procacciò, dopo morto, un elogio
le di Parigi il 17 ottobre pubblicò il suo Elogio funebre di Carlino,
del
quale il Campardon riporta la fine, che io credo
ebber, se osservate, de’servitori esemplari…. Se Carlino era il cucco
del
pubblico per l’arte sua, non l’era meno di quanti
dell’ordine, avrebbe dovuto formarsi una onesta fortuna : ma la bontà
del
suo cuore gli procurò sciagure da parte di coloro
ezione della regina per salvarlo, e sovente fu udito sclamare : Non è
del
danaro che mi accoro, ma…. della fiducia che mi a
che la moglie porti non il cognome, ma il nome, anzi il vezzeggiativo
del
nome del marito ? Dov’è che il signor Spinelli ha
glie porti non il cognome, ma il nome, anzi il vezzeggiativo del nome
del
marito ? Dov’è che il signor Spinelli ha trovato
i documenti, è noto il costume francese di chiamar la moglie col nome
del
marito, specialmente nella società alta : serva c
nte nella società alta : serva come un esempio La Principessa Giorgio
del
figlio Dumas. A Carlo Bertinazzi fu assegnata con
Giorgio del figlio Dumas. A Carlo Bertinazzi fu assegnata con decreto
del
1 gennaio 1780 una pensione di 1000 lire (nette L
ione annuale in premio de’servizi resi in qualità di comico ordinario
del
Re, sotto nome di Carlino. Altri documenti riport
antico portante incisa in un sigillo di pietra nera inglese la testa
del
celebre attore Garrick, amico e ammiratore profon
lese la testa del celebre attore Garrick, amico e ammiratore profondo
del
nostro Arlecchino. E all’ammirazione del grande a
amico e ammiratore profondo del nostro Arlecchino. E all’ammirazione
del
grande attore inglese aggiungiamo quella di Carlo
, offerto modo a Carlino di mostrar tutta la sua valentìa. Nè codesta
del
Figlio d’Arlecchino perduto e ritrovato fu la sol
i, al proposito dell’Arlecchino Coralli, e che tolgo dai Fogli sparsi
del
Goldoni raccolti da A. G. Spinelli (Milano, Dumol
uello che da me potesse dipendere. Sono molti anni, che ho rinunciato
del
tutto a scrivere per gl’Italiani, ma lo farò vole
issimo per il carattere che ha intrapreso di sostenere, ma per fargli
del
bene bisognerebbe che l’altro avesse la bontà di
la bontà di andarsene o di morire. La presenza dell’attuale deve far
del
torto al signor Coralli per delle ragioni, che no
Vostra Eccellenza…. E nelle Memorie (Tom. III, Cap. III) sul merito
del
nostro artista aggiunge : Il signor Carlo Bertin
ar su la scena, e prediligere nella società. Carlino era il favorito
del
pubblico : aveva saputo così bene guadagnare la b
orito del pubblico : aveva saputo così bene guadagnare la benevolenza
del
Parterre, che gli parlava con una libertà e famig
inita la commedia e dovendo egli annunziare al pubblico lo spettacolo
del
domani, fe’segno ad uno degli spettatori, l’altro
e sottovoce con un garbo tutto suo gli disse : Signore, l’altra metà
del
pubblico se n’è andata : se incontrate qualcuno u
a salvare suo figlio, volendo sterminar tutto quanto possa attestare
del
suo disonore. Celio giunge ; e vedendo le fiamme,
il suo. Camilla desolata dello sdegno di suo marito, giunge dolendosi
del
suo destino. Volge mestamente gli occhi verso la
a i due attori (lazzi). In quella viene Celio, avvisato dal contadino
del
rapimento di suo figlio, e avvicinatosi ad Arlecc
lone vedendo che tutto è scoperto, permette di render conto a Rosaura
del
suo bene, e le permette di sposar Celio. In quest
qui il signor Des Boulmiers aggiunge : Questa eccellente commedia è
del
signor Goldoni, ed è stata messa in iscena dal si
ella quale trovo a stento il grande maestro, fu poi ridata all’arrivo
del
Goldoni in Francia (1762) a Fontainebleau dinanzi
isti s’aveano prese, mescolando alle scene tracciate alcune lepidezze
del
Cocu imaginaire. Della qual cosa molto si dolse i
o a Parigi, ove i comici, sempre intesi a procacciarsi la benevolenza
del
pubblico, l’avean chiamato, per ridar vita alla l
rivolezze, le abbandonò ben presto ; il che non scema certo il merito
del
signor Goldoni, come non scema quello dei capolav
Pasquali, Venezia,mdcclxi, Tomo V), che la fortuna avea voluto fargli
del
bene, che la commedia era stata ben ricevuta, e c
ese dell’estratto dell’ Amor paterno, puoi vederla nella citata opera
del
Masi : è la xxxiv della raccolta. Abbiamo visto c
; chè la varietà delle Compagnie produrrebbe naturalmente la varietà
del
repertorio…. In ogni modo, data l’indole dei nost
In ogni modo, data l’indole dei nostri artisti, e date le condizioni
del
nostro paese, io credo si potrà sempre affermare,
redo si potrà sempre affermare, che se per rispetto di sè, dell’arte,
del
pubblico, le nostre Compagnie dovran cedere di fr
ragedie francesi. Il dottor Mattia Butturini ha tradotta la Sofonisba
del
Mairet: l’ab. Giuseppe Compagnoni la Marianne del
adotta la Sofonisba del Mairet: l’ab. Giuseppe Compagnoni la Marianne
del
Tristan: l’ab. Agostino Paradisi il Poliutto di P
di P. Cornelio: il marchese Albergati Capacelli felicemente la Fedra
del
Racine: i prelodati Paradisi e Albergati l’Idomen
ente la Fedra del Racine: i prelodati Paradisi e Albergati l’Idomeneo
del
Crebillon: il sig. Pagani-Cesa Atreo e Tieste del
lbergati l’Idomeneo del Crebillon: il sig. Pagani-Cesa Atreo e Tieste
del
medesimo: il poeta italiano del secolo cadente Ca
n: il sig. Pagani-Cesa Atreo e Tieste del medesimo: il poeta italiano
del
secolo cadente Carlo Innocenzio Frugoni ottimamen
, ancor quando si allontana dal concetto dell’originale, il Radamisto
del
medesimo: l’ab. Placido Bordoni bellamente l’Ifig
o del medesimo: l’ab. Placido Bordoni bellamente l’Ifigenia in Aulide
del
Racine e l’Orazio di P. Cornelio: il p. d. Bonifa
Racine e l’Orazio di P. Cornelio: il p. d. Bonifacio Collina l’Atalia
del
Racine: il sig. Pietro Buratti l’Ester del medesi
Bonifacio Collina l’Atalia del Racine: il sig. Pietro Buratti l’Ester
del
medesimo: l’ab. Gregorio Redi l’Andromaca del med
Pietro Buratti l’Ester del medesimo: l’ab. Gregorio Redi l’Andromaca
del
medesimo: il sig. Giuseppe Greatti il Cid di P. C
suo Pompeo: il nobil uomo Francesco Gritti con garbo il Gustavo Wasa
del
Piron: il sig. Vincenzo Comarchi la Polissena del
rbo il Gustavo Wasa del Piron: il sig. Vincenzo Comarchi la Polissena
del
La Fosse: il nobil uomo Francesco Baldi eccellent
in Tauride di Guymond de la Touche: il co: Alessandro Pepoli la Zaira
del
Voltaire: il co. ab. Matteo Franzola l’Alzira del
Melchiorre Cesarotti la Semiramide, la Morte di Cesare, il Fanatismo
del
medesimo tragico. ADDIZIONE II* Nuovo teatro
anatismo del medesimo tragico. ADDIZIONE II* Nuovo teatro tragico
del
co: Pepoli: tragedie inedite dell’ab. Bordoni: al
giudizj profferiti o di un totale disprezzo delle precedenti tragedie
del
conte, nelle quali scorgonsi certamente varj lamp
ebbe il piacere che si rappresentasse con molto applauso nell’agosto
del
1789 in Torino. La diede indi alla luce per la st
alla luce per la stamperia parmense nel 1791 preceduta da una lettera
del
fu Ranieri di Calsabigi. Lo stile sobrio e natura
affetti di padre e di sposo, non a torto vorrebbesi nella prima scena
del
II atto che si vedesser meglio le interne battagl
ell’implorar il perdono in prò della sua rivale. Imperocchè l’energia
del
suo carattere che non mai si smentisce, le sue fu
sue furie gelose sommamente attive, che cagionano il mortal pericolo
del
marito, la fortezza con cui si uccide, giustifica
atto in sul finire, di trovarsi Uberto così malconcio da’ tormenti, e
del
moto della favola che corre al fine; ora una scen
ono più notabili in tal componimento, sono i seguenti. La scena sesta
del
III tra Gualtieri e Romeo si rende pregevole sì p
ole sì per la parlata di Romeo, che candidamente esprime i sentimenti
del
suo cuore agitato e i disegni senza paventar del
esprime i sentimenti del suo cuore agitato e i disegni senza paventar
del
tiranno, come per la fermezza in rigettar le prem
nza paventar del tiranno, come per la fermezza in rigettar le premure
del
suocero per sapere i congiurati. Gual. Scoprir
. E ben? Rom. Risolvi. Udisti. E ben? Silenzio e morte. La quarta
del
IV tra Adelinda e Romeo si ammira per la rivoluzi
i gelosia e di amore estremo pel marito, che forma la tinta imperiosa
del
suo carattere, vuol salvarlo ad ogni modo; e cred
i fermo nel proposito di tacere rimane esposto a tutta l’indignazione
del
padre. Le tenere insinuazioni di Romeo, perchè el
ntenerito più non resiste, e palesa quanto gli chiede. L’ottava scena
del
IV già mentovata de’ rimproveri di Uberto e de’ r
dezza giudiziosa, colla determinazione di Adelinda di correr la sorte
del
marito, co i consigli di Armanno a Gualtieri di a
di Armanno a Gualtieri di appigliarsi alla clemenza, coll’incertezza
del
tiranno, che per non perder la figlia quasi è dis
rà quest’altra tragedia tralle buone dell’Italia? La seconda tragedia
del
Pepoli quasi del tutto rifusa nell’economia della
agedia tralle buone dell’Italia? La seconda tragedia del Pepoli quasi
del
tutto rifusa nell’economia della favola e nello s
scita per le stampe bodoniane l’anno 1792. Vi si premette una lettera
del
dotto Melchiorre Cesarotti del 1791, il quale si
’anno 1792. Vi si premette una lettera del dotto Melchiorre Cesarotti
del
1791, il quale si occupa con varie riflessioni a
cioglimento finale, ed il genere di morte degli amanti sotto le ruine
del
loro carcere. Questo argomento ben maneggiato dal
lo scioglimento, che che ne abbia detto il Cesarotti, non tutti sono
del
suo avviso; non solo pel genere di morte, ma perc
la punizione de’ due amanti resti giustificata insieme colla gelosia
del
re dalla loro colpa, e che muojano abbracciati Is
, e che muojano abbracciati Isabella moglie di Filippo e Carlo figlio
del
marito d’Isabella. La terza tragedia del nuovo te
ie di Filippo e Carlo figlio del marito d’Isabella. La terza tragedia
del
nuovo teatro tragico del Pepoli è l’Agamennone, l
lio del marito d’Isabella. La terza tragedia del nuovo teatro tragico
del
Pepoli è l’Agamennone, la quale per compiacenza d
ervenute a mia notizia. Non ripeterò quanto allora osservai su questa
del
conte Pepoli. Dirò solo che (oltre dell’azione be
o) merita di notarsi che di tutte le Clitennestre da me lette, questa
del
lodato autore sembrami la più conveniente al gran
liana la forza e l’evidenza dell’Alighieri alla vaghezza e leggiadria
del
Petrarca, scrisse in latino alcuni melodrammi tra
1707, e Bersabea nel 1708, e trasportò ancora in latino i melodrammi
del
cardinale Ottoboni. Il chiar. Fabroni che ne scri
famigliarità con quell’idioma, intendevano ottimamente l’espressioni
del
poeta. Sappiamo di non essersi più impresse nè Gi
ni del poeta. Sappiamo di non essersi più impresse nè Giovanna d’Arco
del
sig. Francesco Zacchiroli stimabile scrittore com
Mollo fecondo improvvisatore. Sappiamo ancora che su gli ultimi mesi
del
1796 si stava occupando della tragica poesia un c
ido Bordoni veneziano. La sua nota erudizione, lo studio che ha fatto
del
cuore umano, la sua sensibilità, il buon gusto, l
breve viaggio fatto in Napoli da questo celebre letterato nel giugno
del
1796, mi partorì insperatamente col piacere di ri
essi stessi schiavi, quando non potessero altrimenti eseguir l’opera
del
redimerne. Si sa eziandio che i professi facevano
esinda viva, teme che veduta da Consalvo possa egli vacillare ad onta
del
suo voto, e tenta di evitar l’incontro dei due, m
no singolarmente la virtù di Ormesinda, che implora per essi la pietà
del
Sovrano. Intanto alcuni nemici Affricani assalgon
l’eroismo. Le seguenti scene mi sembrano le più teatrali. I la quarta
del
II di Alfonso che trova viva la figlia, e le fa s
muro insuperabile ed immenso, e le impone di fuggirlo. II la quinta
del
III dell’incontro di Ormesinda con Consalvo, in c
eghiere e comandi, diviene vie più interessante. III la scena seconda
del
IV, in cui Consalvo malgrado del divieto di Alfon
ù interessante. III la scena seconda del IV, in cui Consalvo malgrado
del
divieto di Alfonso, si presenta ad Albumasar, il
i due, e commosso dalle di lei preghiere, rimane sospeso. IV la terza
del
V, in cui Albumasar intende che chi gli ha salvat
ompassione. Se ne vegga lo squarcio seguente per saggio dello stile e
del
patetico che serpeggia in questa favola: Orm. P
ghi sospir concesse A me di rivederti ed abbracciarti, L’acerbità
del
mio destino obblio . . . Se un dì la patria riv
tue glorie Qual viss’ ella fra i ceppi, e qual morio . . . Oh tu
del
mio destin compagna amata, Rimanti in pace . .
Tanti infelici ed innocenti . . . io moro. L’altra inedita tragedia
del
sig. Bordoni s’intitola i Templarj, e si aggira s
il bello ed in Roma da Clemente V, ed in Vienna dal Concilio generale
del
1312, e dall’altra parte reputati innocenti e ste
dall’altra parte reputati innocenti e sterminati solo per la rapacità
del
nomato re di Francia che aspirava alle loro immen
mmense ricchezze, dai Concilii di Ravenna, di Salamanca, e di Magonza
del
1310, e di Tarragona del 1312, come ancora da S.
cilii di Ravenna, di Salamanca, e di Magonza del 1310, e di Tarragona
del
1312, come ancora da S. Antonino arcivescovo di F
a sposo della figlia; ed ella che vede in Fernando un grande appoggio
del
suo partito e un valoroso e virtuoso cavaliere, s
da virtude? Ana. Sì rigida virtude? Ad Anagilda. Anche la settima
del
medesimo atto è singolare per la riconoscenza di
settima del medesimo atto è singolare per la riconoscenza di Fernando
del
proprio genitore in Rodrigo, mentre per disendere
on la spada sguainata. Una bellezza Omerica si nota nella sesta scena
del
V, in cui Enrico descrivendo con verità di colori
io ridotta in prosa, era impressa sin dal 1772; il Teodosio il Grande
del
medesimo autore pubblicato nel 1773, era un infel
ai tratti pungenti, che vi si spargono insipidamente contro di Roma e
del
pontefice, sembra questa produzione di qualche me
ressasse alla testa di un esercito, ed affretta con insidie l’eccidio
del
prigioniero. Ella dice (scena 3 del II atto): D
ed affretta con insidie l’eccidio del prigioniero. Ella dice (scena 3
del
II atto): Dunque indarno sperai che alle superb
gnando nella Provenza ed in altri stati di Francia con Carlo fratello
del
santo re Luigi? Ignorava che nata com’ era di rea
e e guaste idee dell’autore egli mostra di conoscer male l’importanza
del
carattere e dell’uffizio di re nell’asserire (sce
ortanza del carattere e dell’uffizio di re nell’asserire (scena sesta
del
I), Buon re non dee esaminar le leggi, Ma sol
role, per seder seco sul trono, egli lo respinge, dicendogli (scena 5
del
V) con tutta la grazia e la maestà tragica, Tro
sso di tale scempio sarcasmo? Il sogno narrato da Corradino (scena 2.
del
II) quanto poco si confà col suo valor maschile e
mansi colori dell’opera; il dialogo non ha naturalezza, i versi hanno
del
prosaico, la locuzione manca di purezza e di prop
o in teatro, se questa tragedia potesse rappresentarsi senza scandolo
del
pubblico. E se meno scempia fosse, meriterebbe lo
fatto ogni sforzo per abolirne la memoria, si è conformato all’avviso
del
pubblico, e a noi basta di averla mentovata. Pass
n Napoli. Il soggetto è tutto finto; e solo il nome di Gerbino nipote
del
re Guglielmo di Sicilia, e l’intrigo amoroso di l
del re Guglielmo di Sicilia, e l’intrigo amoroso di lui con la figlia
del
re di Tunisi condotta alle nozze del re di Granat
igo amoroso di lui con la figlia del re di Tunisi condotta alle nozze
del
re di Granata, è tolto dalla novella quarta della
del re di Granata, è tolto dalla novella quarta della giornata quarta
del
Decamerone di Giovanni Boccaccio. Tolse anche l’a
camerone di Giovanni Boccaccio. Tolse anche l’autore dagli Straccioni
del
Caro lo scambio della Giulietta con una schiava c
ede la rappresentazione. Il di più è un romanzo rattoppato di ritagli
del
Corradino del Caraccio, della Inès del sig. La Mo
entazione. Il di più è un romanzo rattoppato di ritagli del Corradino
del
Caraccio, della Inès del sig. La Mothe e di altri
romanzo rattoppato di ritagli del Corradino del Caraccio, della Inès
del
sig. La Mothe e di altri. Eccone una succinta ana
ermo a Granata, intanto che altri di loro trucidano una donna coperta
del
suo manto reale sugli occhi di Gerbino che lei cr
si fa ne’ drammi cinesi. Si lagna indi che vedrà Erbele nelle braccia
del
rivale; ma come ciò teme, se la vide uccidere sul
Erbele con tutto l’agio accoglie fralle sue braccia un amante ad onta
del
padre che l’ha destinata ad un altro. Viene Osmid
he pur gli stanno innanzi. Sapendo che son di Sicilia, domanda se son
del
perfido Gerbin compagni; e perchè il chiama perfi
n morire? Ma come si esala il core in sospiri? Una falsità iperbolica
del
seicento a prima giunta. Erbele vuol sapere come
he sotto i suoi occhi l’aveano ferita? Direi ahe il poeta si sovvenne
del
caso di Gerbino, e si dimenticò di quello di Erbe
Del Tunesin sugli occhi tuoi trafitto, giacchè dicesi nella scena I
del
I che Gerbino assaltò de’ Granatin la flotta, e n
i vuol restar prigioniero. E’ imitazione di quella di Oreste e Pilade
del
Rucellai, e di Corradino e Federigo del Caraccio;
di quella di Oreste e Pilade del Rucellai, e di Corradino e Federigo
del
Caraccio; ma non produce un pari effetto; perchè
E quì l’autore pensò ad imitare le domande di Ermione nell’Andromaca
del
Racine. Ma Ermione in procinto di perdere Pirro,
ggia in figure rettoriche, e manifesta l’autore. Fra i quaranta versi
del
suo racconto, havvene ventiquattro, ne’ quali si
iene l’onde, Quando de’ venti un fiero turbo mesce Gli alti campi
del
cielo, e il mar sconvolge, l’ultimo peggiore de
Erbele lo chiama Gerbino senza curarsi delle guardie, che per ipotesi
del
poeta non debbono udir nulla, ed intende come dop
lice. Filinto propone di volersi far credere Gerbino, come Federigo
del
Caraccio volle passar per Corradino. Ma Filinto s
stesso? perchè Gerbino non si difende con dire che partendo ha usato
del
real dono? Osmida poi non potendo sapere chi de’
imere; al più può obbligare a palesare, ad esprimere. Tralle violenze
del
carattere di Osmida è da porsi il comando che dà,
ro la condanna all’infamia di assistere all’esecuzione della sentenza
del
colpevole: Atto V. Ormusse narra ad Osmida che Ge
: Atto V. Ormusse narra ad Osmida che Gerbino è stato tratto al luogo
del
supplizio, e che Erbele De le sue dame in mezzo
uest’atto con quello de’ precedenti; come si guardi la convenevolezza
del
costume in un tiranno abituato alla crudeltà coll
n un tratto eroe, magnanimo, impaziente dell’esito al pari di Seleuco
del
Varano e di Tito del Metastasio, nel dubbio che n
nanimo, impaziente dell’esito al pari di Seleuco del Varano e di Tito
del
Metastasio, nel dubbio che non arrivi in tempo il
ata. Quest’ultimo colpo dopo la grazia appartiene alla Inès de Castro
del
sig. La Mothe. Osmida resta privo della sperata g
gedia differente dagli Esuli Tebani, giacchè vi si desidera il decoro
del
costume più corrispondente alle maniere de’ Mori,
ntinenza e la violazione di una casa reale. Corradino terza tragedia
del
medesimo autore non rappresentata si stampò in Na
Vi si premette un discorso al Lettore, in cui l’autore esalta i pregi
del
suo componimento e aringa diffusamente contro del
tore esalta i pregi del suo componimento e aringa diffusamente contro
del
Corradino del Caraccio; ed in esso conviene tratt
pregi del suo componimento e aringa diffusamente contro del Corradino
del
Caraccio; ed in esso conviene trattenerci alquant
rebbe, che per noi moderni non sieno tragedie quelle che ci rimangono
del
teatro greco, non potendosi avere in conto di naz
pagnuoli, e Alemanni quelle che parlassero di Ugolino, di Giovanna I,
del
Piccinino &c. Non saranno per noi tragedie la
odici; e che lo stile delle antiche tragedie italiane, cioè di quelle
del
XVI secolo, manchi di armonia. Ci fermeremo in ci
lo, manchi di armonia. Ci fermeremo in ciò che si dice dell’argomento
del
Corradino. I si maraviglia l’autore, che i France
lo in iscena, quando è noto che il Caraccio se ne valse sin dal cader
del
passato secolo, che il sig. Mollo son quindici an
ito ne ha pubblicata una terza. Il Prende l’autore a censurare quella
del
Caraccio dichiarandola imperfettissima. Egli chia
ili che non addita, e di espressioni che si risentono dell’infelicità
del
secolo XVII, che abbiam veduto di non esser punto
er la di lui libertà fa proposte di pace che son rigettate: un legato
del
papa che insinua a Carlo di non lasciar vivo il s
a cui egli è condannato: che lungi di aumentarsi il tragico naturale
del
fatto istorico per tali amori, ne viene offuscato
i nulla o ben poco contengono che convenga allo svevo Corradino erede
del
reame di Napoli, e che sotto altri nomi niuno ind
rebbe di quella storia patria. Presi adunque que’ tre atti come parte
del
satto di Corradino appena formano un episodio tut
rradino. Egli rimprovera a Corradino la dimenticanza della vendetta e
del
regno, e gli dice che miri l’ombre di Federigo II
re, il che vorrebbe dire che più non gli siede sul core nè pensiero
del
suo periglio, nè pensiero di regno. Dice di poi,
glio, nè pensiero di regno. Dice di poi, Vide il tiranno Te
del
sangue de’ suoi tinte le schiere Cacciar in fug
e de’ suoi tinte le schiere Cacciar in fuga. Ma qui dee dire Te
del
sangue de’ suoi tinto le schiere Cacciar in fug
diverse le schiere di Carlo da’ soldati di Carlo. Corradino a’ detti
del
Duca promette di ricordarsi del regno, eludendo p
soldati di Carlo. Corradino a’ detti del Duca promette di ricordarsi
del
regno, eludendo però il fine dell’esortazione del
mette di ricordarsi del regno, eludendo però il fine dell’esortazione
del
cugino che era di rimuoverlo dall’amore di Geldip
le ben anche 1; E quì Geldippe descrive poeticamente la cadente luce
del
sole tra verdi allori, e i colori che lucean negl
anquillo stato Portasti teco. Allor fu tratto il dardo Del sangue
del
mio cor fatto vermiglio. In somma se l’amor di
o conviene a un tragico dramma. Quindi Corradino esclama Voi,
del
Ciel potenze, Non pareggiate il mio giojoso sta
o dell’Europa. Quai dialoghi! Ma lasciandogli simili inezie, e l’idra
del
ribelle ardire, osserviamo seriamente, che se con
volta a un ministro di altra corte inspirar ne’ principi i sentimenti
del
proprio sovrano, non mai si permetterà che se ne
rte che rappresenta, esortando a una spietata ipocrisia, e a burlarsi
del
Cielo sfacciatamente. Ecco poi con quale scelerat
i fondar gl’imperi. E che direbbe di peggio un Bulenger, o l’autore
del
Sistema della Natura? Carlo dice nella scena 5:
Carlo dice nella scena 5: Per me non voglio il crine Cinger
del
serto altrui, che son del mio Stato contento. E
Per me non voglio il crine Cinger del serto altrui, che son
del
mio Stato contento. E cederei del regno A lui
Cinger del serto altrui, che son del mio Stato contento. E cederei
del
regno A lui lo scettro, se l’omaggio ei presti
no. Questa vita, e quest’alma è tua. Disponi Arbitro ognor di me,
del
mio destino. Io non vò entrare a decidere, se a
otta, mi hai fatto confessar che ti amo, per lasciarmi e per vantarti
del
tuo trionfo infame e dello schernito amore di rea
a Fedra di Racine, della Zaira di Voltaire, di Alvida nel Torrismondo
del
Tasso, della Semiramide del Manfredi &c. Al r
ra di Voltaire, di Alvida nel Torrismondo del Tasso, della Semiramide
del
Manfredi &c. Al rimprovero di lei Corradino l
(gli dice il duca d’Austria) perchè cammin non lungo in sì poche ore
del
cadente giorno avremmo fatto; ed il re gli dice,
eplicato questo rancido colpo di scena appena tollerato nel Mitridate
del
Racine, e nell’Ipermestra del Metastasio in grazi
di scena appena tollerato nel Mitridate del Racine, e nell’Ipermestra
del
Metastasio in grazia de’ loro gran nomi e della d
strezza usata in prepararlo. Arriva Corradino, e sì chiaramente parla
del
suo amore, che Geldippe riesce infelicemente nel
che veda nel Corradino di questa tragedia minorato l’effetto tragico
del
Corradino della storia. Imperciocchè il Corradino
i compassione come legittimo sovrano scevro di colpa non solo privato
del
trono, ma condannato a morte come reo da chi glie
i questa tragedia è reo effettivamente, perchè amoreggia colla figlia
del
re, e perchè insulta con alterigia il padre, onde
le lagrime della posterità. Atto IV. Incomincia con una scena inutile
del
duca con Geldippe, perchè nulla vi si accenna, ch
asciadore della madre di Corradino dice che viene a trattar di pace e
del
riscatto di Corradino. Ma Geldippe per dar motivo
ttendo che se ne scemava il pregio per la diversità delle circostanze
del
picciolo Astianatte e del guerriero Corradino; co
l pregio per la diversità delle circostanze del picciolo Astianatte e
del
guerriero Corradino; così il buono Iroldo commett
i col consenso di lei venuto in Italia con un esercito alla conquista
del
regno. Andromaca sciogliendosi in lagrime dice a
. . . Ahi dolce oggetto de’ timor materni, A ciò ti porsi il seno, e
del
mio sangue Io ti nutrii?” ma Iroldo ciò copiando
e Iroldo studiasi di muovere la pietà, quando al contrario il disegno
del
duca nel presentarlo a Geldippe è stato di animar
4 siede sul trono. Iroldo propone i tesori di Elisabetta per riscatto
del
figlio, e Carlo gli rifiuta dicendo che il destin
i rifiuta dicendo che il destino di Corradino dipende dalla decisione
del
suo Consiglio. Iroldo che non può ignorare che il
uò ignorare che il diritto di Carlo sul regno nasce tutto dall’invito
del
pontefice, risponde con poco senno Corradi
iù saggio e più sedele alle premure di una madre che teme per la vita
del
figlio, avrebbe schivato di suscitar le gelosie d
si a trattar l’ammenda che offre Elisabetta di cedere, per la libertà
del
figlio, le ragioni degli Suevi al trono di Napoli
rtà di Corradino, e Carlo gliene dà speranza contro ogni suggerimenti
del
suo interesse. Chiamati indi i suoi consiglieri E
subito cangia e risolve che mora. Geldippe che intende la risoluzione
del
padre, e che Corradino è condotto al palco, freme
e che Corradino è condotto al palco, freme, minaccia, inveisce contro
del
padre. Sente poi che la città sollevata è in armi
la città sollevata è in armi, e spinge Amelia a recarsi sulla piazza
del
Mercato per saper ciò che accade; e forse a que’
ulto, narra che Corradino è stato decapitato. Ella al pari di Zelinda
del
Gerbino ornando il suo racconto con tinte rettori
ia cadere sul capo di lei. Vuol poi sapere da Amelia l’estreme parole
del
suo diletto. Amelia che malgrado della zuffa de’
ia che malgrado della zuffa de’ cavalieri col popolo e della calca, e
del
decoro conveniente al suo sesso, è stata presso a
dato il pugnale, e si uccide. Noi non vogliamo epilogare le sconcezze
del
piano e dell’esecuzione di questa tragedia, tropp
o, l’oziosità di Roberto, le smemoraggini dell’autore sul personaggio
del
Duca d’Austria condannato e decapitato senza dirs
scandalosa di Ermini, le insipide narrazioni di Amelia, le sconcezze
del
personaggio d’Iroldo &c. . Solo ci restringia
nza gli amori che lo sconciano enormemente nella tragedia dell’autore
del
Gerbino. Per riescirvi altro non occorre che cerc
i e i meschini follicularj, sarebbe stato trionfo comunale pel merito
del
conte Alfieri, se non si fusse ancora più appales
venire al confronto de’ buoni Francesi. Egli nell’edizione di Parigi
del
1788 non solo ha riprodotte le dieci tragedie sur
eder alternar sempre sulla scena quattro soli personaggi. La veemenza
del
carattere di Raimondo diffonde per l’azione tutta
e, e Raimondo diventa personaggio importante e grande. La delicatezza
del
gusto dell’autore gli fa ravvisare per attivi sol
le (fosse anche sicuro) la sua Giulia, per mezzo di un assassinamento
del
padre di lei a tradigione. No, non mai mi parrà a
sobrio e maschio, talmente, dico, tengon viva e sveglia l’attenzione
del
pubblico, che parmi potersi contar questa tralle
e del pubblico, che parmi potersi contar questa tralle buone tragedie
del
lodato autore. Tutte le parlate di David mi sembr
contro di David con Micol è tralle più appassionate. Bella è la terza
del
II, in cui dopo le insidiose insinuazioni di Abne
e presentandosi manifesta candidezza e grandezza d’animo. Nella terza
del
III esprimonsi acconciamente le notturne agitazio
più diletteranno, se si rappresentino bene. Contrastano nella quarta
del
IV l’energiche profezie di Achimelech coll’empiet
oti. Bellissima è la patetica divisione di David da Micol nella prima
del
V, nè men pregevole è l’appassionato monologo di
con curiosa lettera a Carlo I d’Inghilterra nel 1786, ha pregi degni
del
genere. Robusto, appassionato, sublime n’è lo sti
Agide, subalterno dell’ingrato vendicativo re Leonida, vela col manto
del
pubblico spartano l’odio privato, e lo studio di
he tutti palesa i proprj nobili sensi patriotici, e le insidiose mire
del
suo collega nel regno, disviluppano a maraviglia
mpi, e a me ne involi La gloria eterna. III nel IV la scena terza
del
giudizio di Agide. Egli distrugge le altrui imput
Agesistrata. Ella gli reca in dono un ferro onde liberarsi dal poter
del
tiranno; Agide ne gioisce: Ag. Oh gioja . . or
’ sensi ... Or dammi, e prendi L’ultimo amplesso. La conchiusione
del
tutto corrisponde robustamente a sì belle parti.
Leonida ed Ansare vengono per fare uccidere Agide. I soldati, ad onta
del
comando di Leonida, rimangono immobili. Agide gli
dicata al generale Washington, e v’intervengono sei personaggi, oltre
del
Popolo Romano che anche parla. Dopo varie buone t
sso il giogo de’ Tarquinj. La parlata di Bruto nell’atto I e la vista
del
corpo trafitto di Lucrezia infiamma l’indignazion
o I e la vista del corpo trafitto di Lucrezia infiamma l’indignazione
del
Popolo, che decreta l’espulsione de’ tiranni, e n
e decreta l’espulsione de’ tiranni, e nomina i primi consoli. L’esame
del
delitto de’ figli di Bruto nell’atto IV, i quali
commetterebbe salvando solo que’ due; e i suoi sentimenti sono degni
del
primo de’ Romani liberi. Conchiude: E’ necessar
. . . . La mannaja sovr’essi . . . . L’orrido stato Mirate or voi
del
padre . . . Ma già in alto Stan le taglienti sc
le taglienti scuri ... oh ciel! partirmi Già sento il cor ... Farmi
del
manto è forza Agli occhi un velo . . . Agli o
zza. Mirra si rende degna di tutta la compassione, e pure è macchiata
del
più abominevole ardore che trovisi dall’antichità
quelli che a se Mirra stessa impone per seppellire nel fondo più cupo
del
cuore la sua passione fatale e per trionfarne. A
trarre. Ciniro al fin le dice che i suoi modi le hanno tolto l’amor
del
padre. Mir. Oh dura, Fera, orribil min
o? Ove morir? Ma il brando Tuo mi varrà. Si trafigge con la spada
del
padre. Ciniro resta abbattuto dall’orrore, dall’i
uro stile espresso1. Non ci voleva che l’Alfieri sagace investigatore
del
cuore umano a trattar quest’argomento scabroso e
ta bizzarramente al Popolo Italiano futuro, in cui confabulano, oltre
del
Popolo, sei personaggi, Bruto, Cesare, Antonio, C
i dove tratta di libertà. V’ introduce i più grandi uomini de’ Romani
del
tempo di Cesare segnalandoli co’ distintivi del l
ndi uomini de’ Romani del tempo di Cesare segnalandoli co’ distintivi
del
lor carettere tramandatoci dalla storia. Cesare è
e con qualche superiorità. Qual cosa v’ha di più grande della 2 scena
del
III tra Cesare e Bruto? Il parlar veramente roman
lla maschia eloquenza di Bruto? Tutto a me sembra degno della gravità
del
coturno. Cesare indi gli svela l’arcano che egli
ja! ... Io veggo Sul tuo ciglio spuntare un nobil pianto. Rotto è
del
cor l’ambizioso smalto, Padre or tu sei. Ma d
si presenta a’ nostri sguardi. Esse possono contarsi tralle migliori
del
secolo; e con quelle del Varano, del Maffei, del
uardi. Esse possono contarsi tralle migliori del secolo; e con quelle
del
Varano, del Maffei, del Granelli, con alcune dell
possono contarsi tralle migliori del secolo; e con quelle del Varano,
del
Maffei, del Granelli, con alcune delle ultime del
arsi tralle migliori del secolo; e con quelle del Varano, del Maffei,
del
Granelli, con alcune delle ultime del Pepoli, col
quelle del Varano, del Maffei, del Granelli, con alcune delle ultime
del
Pepoli, coll’Aristodemo del Monti (mal grado dell
ei, del Granelli, con alcune delle ultime del Pepoli, coll’Aristodemo
del
Monti (mal grado delle eccezioni che vi s’incontr
a, l’abito verde mar, il cangiante, il bianco di cera, quello a color
del
mele. In somma, per vedere sin dove giunga il lor
e inserite nella Biblioteca teatrale della stamperia Pepoliana. Sono:
del
prelodato sig. Bordoni la Metromania del Piron, i
a stamperia Pepoliana. Sono: del prelodato sig. Bordoni la Metromania
del
Piron, il Bugiardo del Cornelio, i Litiganti del
Sono: del prelodato sig. Bordoni la Metromania del Piron, il Bugiardo
del
Cornelio, i Litiganti del Racine, il Malvagio del
ordoni la Metromania del Piron, il Bugiardo del Cornelio, i Litiganti
del
Racine, il Malvagio del Gresset; del sig. Frances
Piron, il Bugiardo del Cornelio, i Litiganti del Racine, il Malvagio
del
Gresset; del sig. Francesco Apostoli la Madre Civ
giardo del Cornelio, i Litiganti del Racine, il Malvagio del Gresset;
del
sig. Francesco Apostoli la Madre Civetta del Quin
il Malvagio del Gresset; del sig. Francesco Apostoli la Madre Civetta
del
Quinault; del sig. Luigi Roverelli l’Amante impru
l Gresset; del sig. Francesco Apostoli la Madre Civetta del Quinault;
del
sig. Luigi Roverelli l’Amante imprudente del mede
re Civetta del Quinault; del sig. Luigi Roverelli l’Amante imprudente
del
medesimo; di Antonio Simon Sografi il Tartufo del
l’Amante imprudente del medesimo; di Antonio Simon Sografi il Tartufo
del
Moliere; di Francesco Tortosa l’Avaro del medesim
io Simon Sografi il Tartufo del Moliere; di Francesco Tortosa l’Avaro
del
medesimo; di Elisabetta Caminer Turra l’Ammalato
Avaro del medesimo; di Elisabetta Caminer Turra l’Ammalato imaginario
del
medesimo; dell’ ab. Giuseppe Compagnoni il Dispet
nario del medesimo; dell’ ab. Giuseppe Compagnoni il Dispetto amoroso
del
medesimo; dello stesso sig. Compagnoni l’Anfitrio
petto amoroso del medesimo; dello stesso sig. Compagnoni l’Anfitrione
del
medesimo; dell’ab. Giacomo Bartoluzzi il Circolo,
o; dell’ab. Giacomo Bartoluzzi il Circolo, ovvero la Serata alla moda
del
Poinsinet; dell’ab. Giacomo Faini la Contessa d’E
moda del Poinsinet; dell’ab. Giacomo Faini la Contessa d’Escarbagnas
del
Moliere; dell’ab. Carlo Pezzi l’Amor Medico del m
ontessa d’Escarbagnas del Moliere; dell’ab. Carlo Pezzi l’Amor Medico
del
medesimo; di Girolamo Zanetti Giorgio Dandino del
Pezzi l’Amor Medico del medesimo; di Girolamo Zanetti Giorgio Dandino
del
medesimo; del nominato ab. Pezzi il Signor di Por
edico del medesimo; di Girolamo Zanetti Giorgio Dandino del medesimo;
del
nominato ab. Pezzi il Signor di Porcognacco del m
Dandino del medesimo; del nominato ab. Pezzi il Signor di Porcognacco
del
medesimo; di Gaetano Faini le Furberie di Scapino
di Porcognacco del medesimo; di Gaetano Faini le Furberie di Scapino
del
medesimo; del sig. Stefano Dada gli Originali del
o del medesimo; di Gaetano Faini le Furberie di Scapino del medesimo;
del
sig. Stefano Dada gli Originali del Fagan. ADD
Furberie di Scapino del medesimo; del sig. Stefano Dada gli Originali
del
Fagan. ADDIZIONE V* Epoca della morte del Gol
fano Dada gli Originali del Fagan. ADDIZIONE V* Epoca della morte
del
Goldoni. Egli godeva di una pensione che gli
e poscia ridonata, ne godè molto poco, essendo morto a’ 9 di febbrajo
del
1793. ADDIZIONE VI* La Tirannia domestica in
ONE VI* La Tirannia domestica in versi, e la Commedia nuova in prosa
del
Signorelli: altre commedie degli ultimi anni.
a la Commedia Nuova traduzione dal castigliano di quella già riferita
del
prelodato sign. de Moratin. Il Signorelli segue l
n iscena con piacere. Vanno in sei tomi nell’edizione prima di Torino
del
1793 e 1794, e si sono impresse anche in Firenze
lica per procacciar soccorso alla propria famiglia; tale 3 il Giudice
del
proprio delitto fatto per niun conto comico; tale
con rincrescimento una deflorazione violenta. Alcuna tralle commedie
del
Federici dee riconoscersi per totalmente tragica,
, Incostanza, Astrea, Capriccio, Ragione, Tempo, Scrutinio Segretario
del
Tempo, Errore, e vi si vede or la reggia di Astre
vi si vede or la reggia di Astrea or della Fortuna, ora una Spezieria
del
Tempo, ora una officina dell’Errore, ora il gabin
vola corrispondente al disegno dell’autore, interessando il carattere
del
Brigadiere Senval colla sua beneficenza e col rav
li; mostrandovisi un Ministro tiranno ed empio che occupa la gioventù
del
Principe in dissipazioni e piaceri, ed intanto eg
n l’Udienza stabilita scopre gli sconcerti dello stato e le malvagità
del
suo Ministro che vien punito: 5 il Tempo fa giust
resta con esorbitanti usure sotto l’altrui nome, e lo riduce all’orlo
del
precipizio; ai quali sconcerti ripara la Moglie c
a, la guarisce; solo in tal favola si mira come ozioso il personaggio
del
conte Ippolito che si enuncia come suo marito, e
ica; ne vien poi procurato il cangiamento con un fallimento apparente
del
padre e con un abbandono e un’ alienazione di tut
iovane amato colle proprie ricchezze i mezzi di soddisfare l’avarizia
del
Padre che ricusava di dargliela per non esser ric
a del Padre che ricusava di dargliela per non esser ricco; ma uno zio
del
giovane più ricco dell’Americano gli dona il suo,
vata nel giornale della Letteratura Italiana di Mantova nella Parte I
del
tomo II. Il conte Tommasini Soardi Veronese ha co
ligenti, e singolarmente quelle scritte in prosa. Nè queste nè quella
del
Savioli sono state da me lette per render loro co
ne comprovano la caduta mortale. L’impressione giustificò il giudizio
del
pubblico che la derise. Essa è in fatti una prosa
o il racconto de’ nostri poeti comici ecc. ADDIZIONE VII* Fisedia
del
co: Pepoli Piacque al fecondo conte Pepoli di
tore come un nuovo genere passa in Buda, sul Danubio e nelle montagne
del
Crapac nello spazio di più di due mesi. V’interve
principessa innamorata di un vassallo, un militare che ama la figlia
del
suo re, una pastorella che amoreggia e scherza e
quinta, sesta e nona dell’atto III, terza e sesta colla conchiusione
del
IV. Non sono così persuaso bene di alcune cose de
colla conchiusione del IV. Non sono così persuaso bene di alcune cose
del
II. Passi che Rodolfo tornato dal Crapac in Buda,
alla spagnuola in giornate, si ravviserà in esso una pretta commedia
del
Vega o del Calderòn ec.; ovvero in dodicimila com
uola in giornate, si ravviserà in esso una pretta commedia del Vega o
del
Calderòn ec.; ovvero in dodicimila commedie spagn
edie spagnuole, ed in altrettante inglesi, alemanne e francesi ancora
del
tempo di Hardy, Monchretien e Jodelle, si riconos
esentazione, per osservar la legge II della Fisedia: e molte commedie
del
Solis del Roxas, del Moreto, non eccedono pel tem
e, per osservar la legge II della Fisedia: e molte commedie del Solis
del
Roxas, del Moreto, non eccedono pel tempo quale i
rvar la legge II della Fisedia: e molte commedie del Solis del Roxas,
del
Moreto, non eccedono pel tempo quale i tre e qual
i giorni. Il Ladislao conforme alla III legge non distende la libertà
del
luogo contro la verisimiglianza, benchè l’azione
a or nella reggia di Buda, or sul Danubio, ora in varj siti dei monti
del
Crapac lontani dalla capitale dell’Ungheria più g
le dell’Ungheria più giorni di camino: e l’azione di qualche commedia
del
Roxas non oltrepassa poche miglia di distanza acc
cchina di veruna sorte. Nel Ladislao il Pepoli si serve della prosa e
del
verso a norma delle circostanze e della natura, g
i Shakespear, Otwai, Dryden ecc. osservano la medesima legge. L’autor
del
Ladislao mesce liberamente l’interesse ed il ridi
slao mesce liberamente l’interesse ed il ridicolo colla preponderanza
del
primo per la legge VIII: e tutte le favole ingles
ge VIII: e tutte le favole inglesi, spagnuole ed anche francesi prima
del
XVII secolo, servano la stessa regola. Nel Ladisl
eggia. ADDIZIONE IX* Altre opere buffe in Napoli. Altre opere
del
Federico sono le seguenti: la Rosaura del 1736 co
in Napoli. Altre opere del Federico sono le seguenti: la Rosaura
del
1736 colla musica di Domenico Sarri: Da un disord
1736 colla musica di Domenico Sarri: Da un disordine nasce un ordine
del
1737 colla musica di Vincenzo Ciampi: l’Alidoro d
e nasce un ordine del 1737 colla musica di Vincenzo Ciampi: l’Alidoro
del
1730 colla musica di Leonardo Leo: l’Alessandro d
Ciampi: l’Alidoro del 1730 colla musica di Leonardo Leo: l’Alessandro
del
1742 colla musica del medesimo Leo: la Lionora de
1730 colla musica di Leonardo Leo: l’Alessandro del 1742 colla musica
del
medesimo Leo: la Lionora del medesimo anno colla
Leo: l’Alessandro del 1742 colla musica del medesimo Leo: la Lionora
del
medesimo anno colla musica del Ciampi nelle parti
la musica del medesimo Leo: la Lionora del medesimo anno colla musica
del
Ciampi nelle parti serie e di Niccolò Logroscino
ntini nel 1754 col titolo le Chiajese Cantarine colla medesima musica
del
Fischetti, ma con alcune mutazioni fattevi dal Lo
te la Tavernola abbentorata ecc. ADDIZIONE X* La Pietra simpatica
del
Lorenzi. Dopo molti anni di silenzio il medes
è mancato qualche altro melodramma istorico in Italia, come il Pirro
del
toscano sig. Gamerra, il Creso del sig. Pagliuca
istorico in Italia, come il Pirro del toscano sig. Gamerra, il Creso
del
sig. Pagliuca napoletano, ed il Socrate dell’esge
sentato. Trovasi il Socrate impresso in Roma nel 1790 nel tomo quarto
del
suo Saggio poetico. Disse nella prefazione l’auto
ngono studiate comparazioni sulle tracce di qualche splendido difetto
del
Poeta Cesareo. Quelle di passione non oltrepassan
arlanti, e ben quindici di comparazioni, fralle quali una ve n’ha fin
del
Cavallo Trojano che entra in Troja col manto dell
ale veggonsi con maestria scolpiti i caratteri di Giosaba madre falsa
del
bambino conteso e di Bersabea madre vera, che chi
erni nell’attendere e nel sentire la strana decisione. In una lettera
del
sig. conte scrittami a’ 26 di ottobre del 1796 co
a decisione. In una lettera del sig. conte scrittami a’ 26 di ottobre
del
1796 condiscendendo cortesemente alla mia richies
bbe, il Viaggio di Tobia, Aretusa ed Alfeo ed altre per la ricorrenza
del
santo Natale. Antonio di Gennaro già Duca di Bel
to Natale. Antonio di Gennaro già Duca di Belforte morto nel gennajo
del
1792 lasciò tralle altre sue poesie alcuni compon
ezione, fattasene nel 1796, un Oratorio per musica nella liquefazione
del
sangue di san Gennaro nel maggio del 1765, in cui
io per musica nella liquefazione del sangue di san Gennaro nel maggio
del
1765, in cui intervengono Onnipotenza, Religione
cconciamente le calamità che afflissero la nostra città e buona parte
del
regno nel 1764. Vi si legge poi la Primavera comp
maggio di fiori e di frutta presentato a’ Sovrani nel primo di maggio
del
1775; si ammira in esso il più bell’elogio fatto
più bell’elogio fatto dalla Primavera personificata ai pregi naturali
del
sito e del clima di Partenope e delle ubertose ca
ogio fatto dalla Primavera personificata ai pregi naturali del sito e
del
clima di Partenope e delle ubertose campagne che
rompe l’incanto, discendono dall’isola e dal ponte varcato da Rinaldo
del
Tasso, e dalla pianta recisa nella selva incantat
ell’immortale alloro che svelse dall’amata pianta. Lo stil drammatico
del
Gennaro è quello, a mio credere, signorile, che n
serve al metastasiano nè si eleva oltre la naturalezza e la proprietà
del
genere, che nulla ha di snervato e prosaico, e nu
di durezza per affettare eleganza. ADDIZIONE XII* Morte d’Ercole
del
Pepoli: tragedie in musica del Calsabigi. Non
nza. ADDIZIONE XII* Morte d’Ercole del Pepoli: tragedie in musica
del
Calsabigi. Non tutti però i pochi partigiani
i cui mi si avvisa la morte inopinata seguita in Firenze nel dicembre
del
1796, e il consigliere imperiale Ranieri de’ Cals
96, e il consigliere imperiale Ranieri de’ Calsabigi morto nel luglio
del
1795. Fece il primo imprimere in Venezia nel 1790
accresce moto e vivacità all’azione, sacrificj decorati, l’apparenza
del
rogo ardente sull’Oeta. Singolarmente dee notarvi
celebrare dalla fama l’estrema bellezza di Elfrida (Elfthryth) figlia
del
ricco conte di Devon, e pensando di averla in mog
a imparzialità che ci guida. Atto I. Elfrida impaziente per l’assenza
del
marito si trattiene a parlar con Evelina sua conf
egante e spesso come prosaico, potrebbe dirsi altrettanto dello stile
del
Calsabigi, e si potrebbero addurre molti squarci
andamento di un padre agli occhi d’una figlia? Ciò è ben duro e fuori
del
verisimile. Evelina lascia Elfrida col padre, e d
Si vede che il poeta vorrebbe in grazia della musica elevare il tuono
del
quartetto che non può esser se non parlante. Ques
e conchiude cosi: Org. Torni d’Elfrida al core . . . Elfr. Torni
del
Padre al core . . . Evel. Torni nel nostro core
quello appunto che si riprende in certe scene finali degli spagnuoli
del
passato secolo. Si dirà che altri ancora l’ha fat
que nel sistema musicale presente vi son pure ostacoli all’imitazione
del
vero, ad onta di tanti censori severi del Zeno, e
ure ostacoli all’imitazione del vero, ad onta di tanti censori severi
del
Zeno, e del Metastasio? Lascino dunque codesti ce
all’imitazione del vero, ad onta di tanti censori severi del Zeno, e
del
Metastasio? Lascino dunque codesti censori che no
elvolto riguardo al padre; e quando poi lo vede agitato per la venuta
del
re, stupisce, e lo rincora; Ti perdo, Elfrida, di
giardino alquanti dì, e veder la sposa. Orgando che sin dalla scena 7
del
I, al dir di Evelina, ito era ad ossequiare il re
serve anzi a stancar Elfrida e lo spettatore per le troppe esitazioni
del
marito. Ciò che la rende importante è il segreto
impeto dopo di aver chiamate in soccorso (poderoso al certo!) contro
del
padre Evelina e le compagne nella guisa che fan n
e quel celebre è pura borra, che riempie il verso, è ozioso, e minore
del
tremendo. Adelvolto risponde che si difenderà sol
gando. Il re dice, Non più si dia della battaglia il segno, verso
del
Metastasio, nella Semiramide, Olà si dia della ba
parole che lo compongono appartengono a tutti; ma così infilzate son
del
nominato poeta picciolo tanto e spregevole agli o
filzate son del nominato poeta picciolo tanto e spregevole agli occhi
del
gran Calsabigi. Sopravviene nella scena 2 Elfrida
no alla loggia dove sta il re, seguita poi da chi? da’ vassalli forse
del
marito; ma questi vassalli esser altri non posson
se del marito; ma questi vassalli esser altri non possono che villani
del
ritiro campestre di Adelvolto; Or pare verisimile
ri oziosi in un’ accademia di musica. In fine Elfrida approfittandosi
del
letargo universale conduce via fieramente il mari
ndosi del letargo universale conduce via fieramente il marito ad onta
del
padre e del re. Adelvolto è condannato all’esigli
targo universale conduce via fieramente il marito ad onta del padre e
del
re. Adelvolto è condannato all’esiglio. Egli però
Ciò che non ha fatto per iscelta, è obbligata a proporlo pel comando
del
re che esilia il marito. Ella vuol seguirlo. E se
posa di due mariti. Viene il padre nella scena settima, e la riprende
del
volere accompagnare Adelvolto. Fermiamci qui. Org
adre, e il tuo cor lo sa. Anche quì l’autore ha onorato un pensiero
del
Metastasio col trascriverlo dall’Artaserse: “Se
me prosaico e inelegante, nel tempo stesso che si dichiara ammiratore
del
Calsabigi, osservi il seguente passo di Elfrida,
ovisi in Metastasio: Soltanto mi sgomento, Padre, che un giorno avrai
del
barbaro mio stato pietà, rimorso e orror. L’espre
anto possono ricevere espressione e calore. Si vede impresso nel fine
del
dramma un estratto di una lettera che l’autore at
chi anni scorsi, cioè a dire dal Zeno e dal Metastasio. Con pace però
del
signor d’Herbert non vi sarà neppure un Bettinell
i nè un Vannetti che applaudirono al vivente Calsabigi 1 disprezzator
del
Metastasio, i quali non confesserebbero ad un bis
uesta catastrofe sia nova? L’invenzione di troavrsi eseguita la morte
del
reo dopo la grazia ottenuta, è bene invecchiata p
orare che tal catastrofe fu introdotta in teatro colla Inès de Castro
del
signor La Mothe; che fu ripetuta nell’Agnese del
colla Inès de Castro del signor La Mothe; che fu ripetuta nell’Agnese
del
sig. Colomes; che più? che fin anco il Pagano l’h
era nova l’anno 1793 nell’Elfrida? Elvira altra tragedia per musica
del
lodato autore seguì l’Elfrida, e si recitò nel ca
r musica del lodato autore seguì l’Elfrida, e si recitò nel carnevale
del
1794, benchè fusse composta nel 1793. Il pubblico
na non la importuni col suo candido chiarore. I drammi musicali prima
del
Zeno e del Metastasio usarono sovente siffatte es
mportuni col suo candido chiarore. I drammi musicali prima del Zeno e
del
Metastasio usarono sovente siffatte espressioni l
fatto; nel terzo segue Adallano, e non parla mai, se non che al finir
del
dramma profferisce in compagnia di Selinda gli ul
r del dramma profferisce in compagnia di Selinda gli ultimi tre versi
del
finale. Or valeva ciò la pena di moltiplicar i pe
i ai due confidenti; a che dunque rivangarli? per informar l’uditorio
del
passato con tale scarsezza d’arte. Ma ecco arriva
’union nostra. Che roba! dirò valendomi della gentile esclamazione
del
medesimo Calsabigi in disprezzo del Metastasio. L
endomi della gentile esclamazione del medesimo Calsabigi in disprezzo
del
Metastasio. Lasciam da parte che ciò dee parer pr
re che lo stil tragico schiva simili leziosaggini: come però al cader
del
secolo decimottavo menar buona al poeta Livornese
a far proteste scambievoli di fedeltà, e ad invocare i genj benefici
del
cielo in compagnia de’ confidenti; di maniera che
cimero resta lagnandosi dell’odio di lei con Almonte terzo confidente
del
dramma, e parte seco, e nium altro rimane in isce
, al pentimento, al ribrezzo ed al rossor, conchiudendo, Tu non hai
del
tuo delitte Nè vergogna, nè pudor, dove basta
elitte Nè vergogna, nè pudor, dove bastava dire, non hai vergogna
del
tuo delitto, per evitare lo sconcio di dire non h
ergogna del tuo delitto, per evitare lo sconcio di dire non hai pudor
del
delitto; si dice pudor di virtù, di virginità ec.
a di se stessa. Sfida Ricimero, e canta un’ aria imitata da un’ altra
del
Metastasio. Scitalce dice nella Semiramide, “Se
’ire e l’armi Il mio valore Ti renderà. Comendiamo l’imitazione
del
Calsabigi; questa è la maniera di formarsi lo sti
co? L’ingenua Elvira con tutta ragione stupisce dell’astuzia comica
del
padre, e apertamente ricusa Ricimero; e alle mina
e, Padre, un bel core hai per Elvira in seno! Qui segue un duetto
del
padre e della figlia. Havvi poi subito una cavati
ubito una cavatina di Elvira1. Viene Selinda, con cui Elvira si lagna
del
passato senza che si faccia un picciol passo per
torte. Questi nienti di pura galanteria riempiono tutta la tragedia
del
Calsabigi. Odorico nella 5 scena dalle sue logge
zia con Arbace nel Catone. Ma qual distanza infinita trall’importanza
del
motivo che spinge Catone a richiederle, ed il pur
come certa in sua giustificazione? Una figlia d’alti natali, zelante
del
proprio decoro, sino a quel punto innocente o non
rsonaggi in ogni incontro, se non con tempesta oscura, con manto nero
del
giorno, col cielo annerito per essere il sole app
di sangue, non è la cosa più polita, ma in fine non è la più funesta
del
mondo. Ella vuol dire che si accinge a versare il
siero eterogeneo che la fa discendere dall’immaginazione alla realità
del
basso mondo. Ella dice: Tu non ci sei (nel mondo)
i con un braccio involto di fascia. Sembra che il poeta sia in dubbio
del
suo disegno. Da una parte vorrebbe dalla ferita d
dica volgarmente oggidi, sel saprà qualche patrocinatore delle poesie
del
Calsabigi, e vedrà se possa ammettersi in componi
ico s’intenerisce oltre modo colla figlia; ora un ribrezzo o riprezzo
del
sangue crederei che possa indicare piuttosto orro
ossa indicare piuttosto orrore che tenerezza. O dunque il ribrezzarsi
del
Calsabigi è voce inusitata e di nuovo conio, o ma
a dell’avrò divisa dal da soffrir per cosa musicale, mostra lo stento
del
poeta, e cagiona equivoco e sospensione, non pote
gli diventi moglie. Ed il buon vecchio mentendo un poco gli dice, che
del
primo suo rifiuto fu causa un cieco errore, e ne
sorridendo un tal poco poteva dire, che Odorico a lui stesso (sc. 10
del
I) avea negato il suo assenso con asprezza, indig
o figlio e degno di lui e degli avi, poteva facendo ecco al sogghigno
del
marito, dir sottovoce al padre che si ricordasse
e d’averlo chiamato barbaro, e che per tale scelta a lei disse (sc. 2
del
II) Degli avi obbliasti L’onore geloso. Sar
mai farà che l’Elvira si rivegga sulle scene, mal grado della musica
del
sig. Paisello, la quale piacque al Calsabigi e di
pi e troppo severi doveri, i quali non si affanno co’ drammi istorici
del
Calsabigi disprezzatore inesorabile del Metastasi
i affanno co’ drammi istorici del Calsabigi disprezzatore inesorabile
del
Metastasio e perciò magistralmente applaudito dal
veruno dei drammi mitologici e istorici di lui. Bisogna dire che dopo
del
Zeno e del Metastasio onore delle scene armoniche
drammi mitologici e istorici di lui. Bisogna dire che dopo del Zeno e
del
Metastasio onore delle scene armoniche dell’Itali
il Varano, il Conti, il Marchese, il Martelli, il Granelli non vanno
del
pari coi Crebillon e i Voltaire, essi si appressa
efield. *. Al Capo I, Art. 1, pag. 171, dopo le ultime linee
del
testo, e le parole e fra i di lui opuscoli nel 17
mento, intitolando la sua tragedia Don Carlos enunciata al numero 100
del
Mercurio del 1793. Vi si aggiugne però che la cor
lando la sua tragedia Don Carlos enunciata al numero 100 del Mercurio
del
1793. Vi si aggiugne però che la corte di Madrid
Don Carlos suo figliuolo? 1. Se ne vegga alcun esempio. Nella sc. 5
del
1 si dice: Io temo sol che con tuoi dubbj offend
ricca gemma Fur costoro traditi, in cui è losco il senso. Nella 5
del
IV: Cavossi il guanto, e lo si trasse in alto, v
on tolga. Questa ricercata maniera non lodata ma tollerata in bocca
del
Poeta narratore, come soffrirsi in bocca di una f
torici nazionali, che stimiamo superflua. ***. In fine dell’artic. I
del
Capo I, pag. 218, lin. 14, dopo le parole, si app
c., e si aggiunga da capo ciò che segue. 1. Appena nella scena prima
del
1 taluno oserebbe notare come espressione frances
l. ORIG. Rach. Oh momento fatal che mi rischiara, Ma che il rigor
del
mio destin non cangia! E come, oddio! tanti ann
vere ad Emilio, E di Rachele a lui novelle io chiesi, E l’avvisai
del
mio ritorno ancora. Rach. Oimè! tutto comprendo
luogo. E pur qui è manifesto che ciò nuocere non poteva alla condotta
del
dramma. Il Calsabigi che dovea intendere la prati
alla condotta del dramma. Il Calsabigi che dovea intendere la pratica
del
teatro, poteva riflettere quanto poco fosse da sp
correzione fatta all’originale giovava anzi che noceva alla condotta
del
dramma; là dove l’aver l’autore nell’edizione a s
l Giudizio di Paride, della quale è fama che il Poeta Cesareo chiesto
del
suo avviso, affermò con acconcio ed urbano scherz
Toselli Giovanni. Nato a Cuneo il 6 gennajo
del
1819 da Giacomo e da Anna Clara Pignetta, fu avvi
itare in dialetto piemontese, e si diede a mostrarsi sotto le spoglie
del
Gianduja, specialmente negl’inviti ch'egli faceva
to suo segretario, accettò il suo consiglio di continuar nell’impresa
del
recitare in dialetto ; e tanto allora ebbe a pale
anni Toselli, meglio di quanto facesse il compianto Luigi Pietracqua,
del
quale mi piace riferir qui tradotte le belle paro
leggi : teorica nova) non morrà più mai nè nella memoria nè nel cuore
del
nostro popolo che pensa colla sua testa e giudica
chi l’ha mai neanche sognata, l’aurea, serena, magistrale naturalezza
del
nostro povero Toselli ? Chi può ricordar senza ri
lli ? Chi può ricordar senza rimpianto le sue incomparabili creazioni
del
Pover paroco, del Tonio in Gigin a bala nen, del
rdar senza rimpianto le sue incomparabili creazioni del Pover paroco,
del
Tonio in Gigin a bala nen, del Medeo in Sablin a
omparabili creazioni del Pover paroco, del Tonio in Gigin a bala nen,
del
Medeo in Sablin a bala, del Travet, del Ciochè de
er paroco, del Tonio in Gigin a bala nen, del Medeo in Sablin a bala,
del
Travet, del Ciochè del vilage, del Papà grand, e
el Tonio in Gigin a bala nen, del Medeo in Sablin a bala, del Travet,
del
Ciochè del vilage, del Papà grand, e di tante alt
Gigin a bala nen, del Medeo in Sablin a bala, del Travet, del Ciochè
del
vilage, del Papà grand, e di tante altre sue glor
a nen, del Medeo in Sablin a bala, del Travet, del Ciochè del vilage,
del
Papà grand, e di tante altre sue glorie imperitur
ato nel campo dell’arte nostra come un vero innovatore e rigeneratore
del
Teatro moderno. Ed è per questo che il suo nome g
eculazione volse a male tanto che il Toselli dovè perder la proprietà
del
teatro ; e privo di mezzi, cessar di recitare in
atro di famiglia con animo di rappresentar le vecchie commedie morali
del
Teatro dialettale ai Teatri d’Angennes e Scribe ;
rtisti comici d’Italia, era insignito. Morì a Genova il 12 di gennajo
del
1886, e il 9 di aprile dello stesso anno, la sua
ere. Che secolo maraviglioso quello che si conosce in Italia col nome
del
Cinquecento! Che sfoggio di ricchezze letterarie!
izia di Niccolò Macchiavelli, e onorò della sua presenza la Sofonisba
del
Trissino, la Rosmonda del Rucellai, e la Calandra
li, e onorò della sua presenza la Sofonisba del Trissino, la Rosmonda
del
Rucellai, e la Calandra del cardinal Dovizio da B
za la Sofonisba del Trissino, la Rosmonda del Rucellai, e la Calandra
del
cardinal Dovizio da Bibbiena, rappresentata da al
tezione sì dichiarata di un principe così dotto inspirò ne’ letterati
del
suo tempo tale ardore per la buona poesia e spezi
, il Protogonos di Giano Anifio, o sia Giovanni Aniso, dell’Accademia
del
Pontano ec. ma quasi tutte le altre composte furo
a; e alcuni anni dopo si pubblicò in Venezia insieme con una commedia
del
medesimo Carretto intitolata Palazzo e Tempio d’A
a que’ tempi luminosi; e non so donde si abbia ricavato il compilator
del
parnasso spagnuolo la rara scoverta che la traged
il compilator del parnasso spagnuolo la rara scoverta che la tragedia
del
Carretto fosse stata una spezie di Dialogo allego
qual si richiede nella tragedia, verserà pietose lagrime al racconto
del
veleno preso dalla regina e dei di lei discorsi,
affollate intorno a Sofonisba moribonda, di Erminia che la sostiene,
del
figliuolino che bacia la madre, e dell’inutile sf
o nel libro I, rappresentato nel 1585 in sul teatro di Vicenza, opera
del
famoso architetto Palladio, é traduzione di quell
i nel 1640, e di nuovo nel 1646. Quella tragedia é degna dell’ingegno
del
gran Torquato, e non già un «parto debole e imper
evole sulla storia delle belle lettere, scienze ed arti. Costui prima
del
1735 non conobbe cosa veruna del teatro italiano,
ttere, scienze ed arti. Costui prima del 1735 non conobbe cosa veruna
del
teatro italiano, e ne avrebbe ignorato per sempre
ite notizie che ne reca, se non si fosse immerso nel laborioso studio
del
Mercurio di Francia; e pur volle affibbiarsi, com
nimenti drammatici, e perciò sconobbe la tragica maestà e ’l patetico
del
Torrismondo, e tra le sue madornali eresie letter
costanziata bocca di Torrismondo, la lunghezza di alcuni ragionamenti
del
consigliere, e una maniera di sceneggiare che ogg
ezione della tragica poesia. Egli é solo da osservarsi nella tragedia
del
XVI secolo, che i soprallodati peregrini ingegni
lora non si prefissero se non di rimettere sui nostri teatri la forma
del
dramma de’ greci, non già il loro spettacolo con
a che noi ora chiamiamo tragedia é una invenzione de’ Moderni, ignota
del
tutto agli Antichi». Or crede egli mai che ’l can
fossero? Non son essi i primi nostri scrittori italiani, specialmente
del
cinquecento, quelli che inoltrarono all’Europa l’
mente del cinquecento, quelli che inoltrarono all’Europa l’erudizione
del
greco teatro? Non ci hanno essi insegnato tutto c
italiani a coltivarla. Per mezzo degli autori dell’Italia liberata e
del
Goffredo rifiorì la tragedia greca; e per l’immor
e palme in tutti i generi poetici che maneggiò, per divertir la corte
del
duca di Ferrara compose cinque commedie, i Suppos
osto occupato a dirigerne la rappresentazione, e vi sostenne la parte
del
prologo, secondo che, ricavali dalle seguenti par
sto prese per esemplari le commedie latine nella forma e disposizione
del
dramma; ma non ebbe bisogno di trar da esse o dal
o Gravina avesse mirato da questo punto di vista la commedia italiana
del
cinquecento, non avrebbe senza veruna riserba ava
di poesia elevata e sonora, Vedasene un saggio nel seguente squarcio
del
prologo della Cassaria, dove dipinge i vecchi che
un gran numero di ben regolare commedie. Tralle prime fu la Calandra
del
cardinal Bernardo Dovizio da Bibbiena, pubblicata
a poi in Lione in presenza d’Errico II. Nel 1548 uscirono i Simillimi
del
Trissino, l’Aridosio di Lorenzo de’ Medici, e la
el Trissino, l’Aridosio di Lorenzo de’ Medici, e la Sporta e l’Errore
del
Gelli. Ma se si chiedesse, quali fossero le più e
l Gelli. Ma se si chiedesse, quali fossero le più eccellenti commedie
del
cinquecento, direi che poco o nulla cedono a quel
ibal Caro, le tre commedie di Sforza degli Oddi, quelle dell’Aretino,
del
Contile, del Varchi, del Cecchi, di Giambatista l
tre commedie di Sforza degli Oddi, quelle dell’Aretino, del Contile,
del
Varchi, del Cecchi, di Giambatista la Porta, e di
e di Sforza degli Oddi, quelle dell’Aretino, del Contile, del Varchi,
del
Cecchi, di Giambatista la Porta, e di Niccolò Sec
mettere a lato della Mandragola, da lui sola fra le italiane degnata
del
titolo di buona? E se ne avesse letta pur una l’i
del titolo di buona? E se ne avesse letta pur una l’inesorabile autor
del
Belisario, avrebbe mai caratterizzata la commedia
ntel d’un letterato filosofo enciclopedista, il qual volesse dar idea
del
teatro ateniese sulle rappresentazioni de’ neuros
ttore di alcune tragedie già obbliate, diceva nel Mercurio di Francia
del
mese di marzo 1772, che «la gesticolazione e i la
oi di cagionarne la decadenza. Le favole pastorali che dopo il Cefalo
del
Correggio furono composte nel cinquecento, sono u
o ferrarese coll’Aretusa rappresentata e cantata ne’ cori in presenza
del
duca Alsonfo II d’Este nel 1563, e Agostino Argen
senza dell’istesso duca. Ma pervennero al colmo della gloria l’Aminta
del
gran Torquato160, e ’l Pastor Fido del celebre G
l colmo della gloria l’Aminta del gran Torquato160, e ’l Pastor Fido
del
celebre Guarini, i cui cori furono parimente cant
a poesia italiana. La traduzione dell’Aminta in bel versi castigliani
del
Jauregui, e quella del Pastor Fido del Figueroa,
raduzione dell’Aminta in bel versi castigliani del Jauregui, e quella
del
Pastor Fido del Figueroa, meritano tutta la stima
minta in bel versi castigliani del Jauregui, e quella del Pastor Fido
del
Figueroa, meritano tutta la stima degl’intelligen
poesia castigliana, l’andaluzzo Herrera, buon poeta e felice imitator
del
Petrarca. Occupa (dice Apostolo Zeno) tra le più
o Zeno) tra le più stimate pastorali il terzo luogo la Filli di Sciro
del
conte Guidubaldo Bonarelli che rapportiamo qui, b
o Bonarelli che rapportiamo qui, benché fosse impressa ne’ primi anni
del
secolo seguente 1607 in Ferrara. Il Pentimento Am
o cieco d’Adria, comparve in pubblico nel 1583 dopo l’Aminta, e prima
del
Pastor Fido. Né merita meno di esser mentovata qu
ta, e prima del Pastor Fido. Né merita meno di esser mentovata quella
del
Bracciolini intitolata L’Amoroso Sdegno, come anc
ntata avanti al gran duca nel 1590, ai cui cori fece la musica Emilio
del
Cavaliere, romano. Finalmente in questo secolo pu
un tutto e un’azione ben ordinata; e ciò non avvenne prima della fine
del
secolo XVI. Non si sarebbero mai immaginato i mo
il Baillet, ripresone a ragione dal Bayle) s’inducesse per l’esempio
del
Vecchi a formar del dramma e della musica un tutt
ne a ragione dal Bayle) s’inducesse per l’esempio del Vecchi a formar
del
dramma e della musica un tutto inseparabile in un
un componimento eroico e meglio ragionato, o sia che le medesime idee
del
Vecchi gli sopravvenissero senza che l’uno sapess
l’uno sapesse dell’altro, egli é certo che ’l Rinuccini col consiglio
del
signor Giacomo Corsi intelligente di musica mostr
fne rappresentata nel 1507 avanti la gran duchessa di Toscana in casa
del
prenominato Corsi, grande amico del Chiabrera, e
gran duchessa di Toscana in casa del prenominato Corsi, grande amico
del
Chiabrera, e l’Euridice in occasione del matrimon
nominato Corsi, grande amico del Chiabrera, e l’Euridice in occasione
del
matrimonio di Maria de’ Medici con Errico IV, fur
rianna posta in musica da Claudio Monteverde, si cantò nel matrimonio
del
principe di Mantua coll’infanta di Savoia, e nel
e’ più renomati filosofi moderni della Francia165. 153. Nel prologo
del
tomo VI. 154. Il signor Riccoboni nella seconda
l tomo VI. 154. Il signor Riccoboni nella seconda parte dell’Istoria
del
Teatro Italiano diede il piano e la critica di qu
ia del Teatro Italiano diede il piano e la critica di quella tragedia
del
Trissino, della quale i francesi hanno due antich
rsi fatta da Claudio Mermet, e impressa in Lione nel 1585. Ad esempio
del
Trissino maneggiarono poi nella Francia l’istesso
arlo Duclos nell’Istoria di Luigi XI vol. 3 pag. 167. Della Sofonisba
del
Trissino havvi anche una moderna traduzione franc
uali. L’autore anonimo, forse tratto da soverchio zelo per la riforma
del
teatro italiano, copia così le parole del general
verchio zelo per la riforma del teatro italiano, copia così le parole
del
generale della Dunciade francese, M. Marmontel, s
e, M. Marmontel, senza citarlo «La commedia italiana dopo la Calandra
del
cardinal Bibbiena, e la Mandragola del Macchiavel
edia italiana dopo la Calandra del cardinal Bibbiena, e la Mandragola
del
Macchiavelli, é stata condannata al genere grosso
ura» . Crederò io che l’anonimo abbia lette le commedie dell’Ariosto,
del
Bentivoglio, del Caro, del Varchi ec.? Egli avea
che l’anonimo abbia lette le commedie dell’Ariosto, del Bentivoglio,
del
Caro, del Varchi ec.? Egli avea più obbligazione
nimo abbia lette le commedie dell’Ariosto, del Bentivoglio, del Caro,
del
Varchi ec.? Egli avea più obbligazione del france
del Bentivoglio, del Caro, del Varchi ec.? Egli avea più obbligazione
del
francese di conoscerle. Or a tali commedie adatte
catti, mancando di quel lume di ragione che ci fa conoscer le facoltà
del
nostro spirito, credersi dotati di buon senno, pe
tura italiana, fecesi a riconvenire in Parigi il mentovato compilator
del
Mercurio, M. de la Harpe, quegli per appunto ch’é
o sornotare un momento nell’onde di Lete, hassi creduto che la gloria
del
suo ingegnoso compatriota Regnard fosse stata com
lanciati dall’ingegno, che han risvegliato gli spiriti degli abitanti
del
rimanente dell’Europa. E’ stato più volte detto,
, trinciar da filosofo e da dottore. Né si può negare che l’influenza
del
clima abbia una gran forza su gl’ingegni, le indo
Leggi, egregiamente ce ’l pruovano, e la storia, i viaggi, la pratica
del
mondo, e l’esperienza ce ne assicurano. Il clima
ate praepositi». E ’l famoso favolator M. de la Fontaine nella favola
del
topo e dell’elefante: Se croire un personnage, e
us fou, mais pas si sot Or giacché i francesi, secondo il compilator
del
Mercurio, «sono più riflessivi degl’Italiani e de
me sciapite e noiose, di libri frivoli, oziosi, inutili e distruttivi
del
vero sapere, del buon gusto, e delle buone letter
ose, di libri frivoli, oziosi, inutili e distruttivi del vero sapere,
del
buon gusto, e delle buone lettere, i quali appena
onio, Monzù de la Harpe, reca poco appresso nel sopraccitato articolo
del
suo Mercurio questa ridicolosa rodomontata di M.
corda, scappata dalla bocca di niuno di coloro che abitano sulle rive
del
Manzanare e della Garonna: «Mons est la Capitale
e?» Giustamente le ingiurie con altre ingiurie si reprimono: la legge
del
taglione rende offesa per offesa. Ma quantunque i
tti. (Burchiello) 158. Erculan. pag. 216 dell’edizione veneziana
del
1570. 159. «Da’ moderni italiani (scrisse D. Gi
ie di Menandro, descrivendo nel libro II Carm. I le doti dell’animo e
del
corpo, ed il sapere di un giovanetto napolitano,
ne celebra eziandio la grande abilità nel recitar con grazia i drammi
del
mentovato comico greco. 160. Giambatista Manso,
duno che allora l’udì, e che l’ha poscia letto, così per l’eccellenza
del
componimento, giudicato per ogni sua parte perfet
er ogni sua parte perfettissimo in se medesimo, come per l’invenzione
del
poeta eziandio ec.» Indi il gran duca di Toscana
ntalenti «la qual cosa riuscì (scrive monsignor Fontanini a carte 132
del
suo eruditissimo Aminta Difeso) con tale magnifìc
inucci narra questo fatto nella parte II delle Notizie de’ Professori
del
Disegno pag. 104. A quella favola pastorale il po
gl’intermedi che furono dati alle stampe da Marco Antonio Foppa appié
del
secondo volume dell’opere postume del Tasso. L’Am
pe da Marco Antonio Foppa appié del secondo volume dell’opere postume
del
Tasso. L’Aminta fu pur anche adornato di note mus
estrier delle Rappresentazioni in musica. 162. V. la Perfetta Poesia
del
Muratori lib. III cap. 4. 163. Castelvetro, Patr
che partoriscono le faccende poetiche, proviene dalla dolce alleanza
del
vero colla finzione. «Ogni imitazione poetica (di
in versi gli uomini? Havvi in tutte le nazioni un linguaggio comune,
del
quale si vale il turco e ’l francese, il parto e
tti e la de Amicis, traendo profitto dell’ingegno creatore e armonico
del
Metastasio e dell’armonia de’ Sarri, degli Hafs,
tatore ch’é sul fatto, se ne sovviene, ma non altrimenti che sovviene
del
verso, del musico, delle gioie false, delle scene
sul fatto, se ne sovviene, ma non altrimenti che sovviene del verso,
del
musico, delle gioie false, delle scene dipinte, e
are Aquilio come si dee, come richiedesi al di lui stato? Del verso e
del
canto siamo già convenuti che servir debbono di m
io guerriero antico. Chi sente puerilità, crede subito, ch’egli parli
del
concetto; ma non la chiama puerilità perché (gran
anch’io per fermo, (e ciò non pregiudicherà mai alla gloria immortale
del
gran poeta cesareo) che si fatto dramma non ha tu
tà filodrammatica, esordì colla parte di Paolo in Francesca da Rimini
del
Pellico, e tale ne fu il successo che tutti lo co
so che tutti lo consigliarono a gettare i pennelli per darsi all’arte
del
comico. Il nonno, contrarissimo sul mutamento, pr
, si diede il Marchetti a declamar nelle società napoletane le poesie
del
Giusti e del Berchet, per le quali s’ebbe non so
Marchetti a declamar nelle società napoletane le poesie del Giusti e
del
Berchet, per le quali s’ebbe non so quanti giorni
li s’ebbe non so quanti giorni di carcere. Tutto intento nel pensiero
del
teatro, conobbe a Napoli varj comici, tra' quali
oli varj comici, tra' quali Rafaele Negri, padre di Adelaide Falconi,
del
quale sposò più tardi l’altra figliuola Ergilda.
ava il più bel duetto artistico che mai si potesse credere. Alla fine
del
carnovale del 1868 fu aggredito in Milano ; derub
duetto artistico che mai si potesse credere. Alla fine del carnovale
del
1868 fu aggredito in Milano ; derubato dell’orolo
carnovale del 1868 fu aggredito in Milano ; derubato dell’orologio e
del
portamonete, e minacciato di morte se avesse parl
malò poco dopo ; e, trasportato a Viareggio, quivi morì il 6 febbraio
del
1869. Sulla pietra che suggella il suo sepolcr
del 1869. Sulla pietra che suggella il suo sepolcro nella cappella
del
Vecchio Camposanto, è la seguente epigrafe : Qui
Salvini Giuseppe, nato da onesti parenti a Livorno sul cadere
del
secolo decimottavo, fu maestro di calligrafia egr
ano l’Italia, perchè, innamoratosi della giovinetta Guglielma, figlia
del
capocomico Tommaso Zocchi (V.), fu trattenuto ad
capocomico Tommaso Zocchi (V.), fu trattenuto ad arte nella Compagnia
del
futuro suoceto, della quale il Salvini era un de'
si finalmente, fece parte della Società Internari-Paladini, e si recò
del
'30 a Parigi, lasciando la moglie malata in Itali
miglia, sostituita per favore nel suo carattere di serva dalla moglie
del
caratterista Taddei. Dopo due mesi e mezzo di sog
due mesi e mezzo di soggiorno a Parigi, ricevette notizie dal suocero
del
rapido aggravarsi della malattia di lei, e dovè,
poi, sempre con lui, in quella di Gustavo Modena ('43-'44), a fianco
del
quale egli sosteneva Achimelech nel Saul, Lusigna
lla piazza. Il quale onorario, considerati i tempi, fa fede, mi pare,
del
gran conto in che Giuseppe Salvini era tenuto dal
ice natura potente ingegno accurata industria fatto esempio singolare
del
decoro della proprietà della grazia onde la dramm
una cosa col vero fra l’unanime applauso dei forlivesi che nel teatro
del
comune il carnovale del m dccc xliii ammiravano
unanime applauso dei forlivesi che nel teatro del comune il carnovale
del
m dccc xliii ammiravano tanta eccellenza i soc
volta di usanze forestiere le liberalità rimuneratrici della danza e
del
canto serbi a più utili studj e non torni in bas
mette che s’ignorino in verun angolo dell’Europa le principali regole
del
verisimile, nè che si sprezzino se non dagli stol
asta a produrre opere grandi nella poesia, nell’eloquenza, nelle arti
del
disegno e nella musica? Al contrario ove lo spiri
musica? Al contrario ove lo spirito filosofico tutta riempia la mente
del
suo rigore per modo che paga del metodo e dell’an
to filosofico tutta riempia la mente del suo rigore per modo che paga
del
metodo e dell’analisi nulla si curi di arricchir
di Madrid. Apresi il teatro dopo la quaresima con quelle composizioni
del
secolo passato che conservano le due compagnie co
adotte la Sposa Persiana, il Cavaliere e la Dama, il Burbero benefico
del
Goldoni. Nel mese di agosto del 1786 (quando più
aliere e la Dama, il Burbero benefico del Goldoni. Nel mese di agosto
del
1786 (quando più fremevano gli Huertisti e i Lamp
o del 1786 (quando più fremevano gli Huertisti e i Lampigliani contro
del
Signorelli) chi avrebbe potuto immaginarsi che do
resentata chi avrebbe sperato che si ripetesse sette volte nel teatro
del
Principe con applauso, e con profitto della cassa
itolo che non finisce mai, e un’ azione di 1300 anni, cioè dagli anni
del
mondo 3138 sino a’ tempi di papa Onorio III. Ed O
a Onorio III. Ed Ormesinda? e Sancio Garcia? e le commedie d’Yriarte?
del
giovane Moratin? Dopo Crebillon e Voltaire havvi
in Francia? Dopo Regnard e Des Touches e qualche altro de’ primi anni
del
secolo, havvi più un solo comico? Monache dispera
tragici e i comici successori degli autori di Radamisto, dell’Alzira,
del
Giocatore. Ma fra questi comparisce sovente in is
Ma fra questi comparisce sovente in iscena a farli arrossire l’autore
del
Misantropo e del Tartuffo? Pensatelo voi! De M
parisce sovente in iscena a farli arrossire l’autore del Misantropo e
del
Tartuffo? Pensatelo voi! De Moliere oublié le
ello è sparito a fronte della smania di mostrar dello spirito a costo
del
buon senso, e, quel che è peggio, di certa chiama
i modelli tarderà ancora a rinvenir dallo stordimento? Io mi lsingava
del
contrario sin dal 1777: ma essa ha pure applaudit
ore della moda capricciosa, dee guarir l’Italia dell’umore anticomico
del
Lillo e dell’anglomania comico-lugubre francese.
un amico Spagnuolo de’ 22 agosto 1786: Muy Señor mio = El dia catorze
del
presente vi representar en el Coliseo del Princip
Señor mio = El dia catorze del presente vi representar en el Coliseo
del
Principe su comedia de vm. la Faustina traducida
ustò generalmente, y en particular tubieron mucho aplauso la escena 8
del
acto I, la ultima del II, y la 7 del IV. El puebl
n particular tubieron mucho aplauso la escena 8 del acto I, la ultima
del
II, y la 7 del IV. El pueblo que no tiene que ver
bieron mucho aplauso la escena 8 del acto I, la ultima del II, y la 7
del
IV. El pueblo que no tiene que ver con las questi
a, si fece chiamare Pellegrino Blanes. Nel 1799 rappresentò al Teatro
del
Fondo in Napoli una delle prime parti del Bruto d
1799 rappresentò al Teatro del Fondo in Napoli una delle prime parti
del
Bruto di Alfieri, e fu applaudito. Venuto il Card
iù grandi creazioni furono Aristodemo, Icilio nella Virginia, Arminio
del
Pindemonte, e l’Egisto tanto nell’ Oreste che nel
stituita dal Vicerè d’Italia, che era stata diretta fino al Carnevale
del
1812, in cui si sciolse, dal celebre artista Salv
che non più si adoprassero in scena armi vere. L’Alfieri soleva dire
del
nostro attore : « voglio che le mie tragedie sien
fiorentino, mancato di vita ne’ 15 ottobre 1823, ha delle sue virtù e
del
suo ingegno lasciato negli amici il desiderio, e
i era uom dabbene, lo credemmo volentieri egregio attore ; ma s’altri
del
suo valor nell’arte comica facesse giudizio diver
so, non vorremo sdegnarcene, perchè teniamo la bontà in maggior conto
del
talento. Pur non dubitiamo d’affermare che l’Ital
alia soffre tanta penuria di valenti comici, ch’ ella dee della morte
del
Blanes, come di non lieve perdita, dolersi. E pi
Mirra. Il Bonazzi (Gustavo Modena e l’arte sua, Perugia, 1865) dice
del
Blanes che calzava con mitica dignità l’alto cotu
dei classici. Egli rappresentò la prima volta colla Pellandi la sera
del
15 gennaio 1813 la Polissena di G. B. Niccolini a
di G. B. Niccolini al Teatro Nuovo di Firenze, e la prima volta, pur
del
Niccolini, l’Edipo nel Bosco delle Eumenidi alla
l’Edipo nel Bosco delle Eumenidi alla Pergola di Firenze il 17 marzo
del
1823 ; rappresentazioni che dovetter colle replic
i voler guadagnare sulla recita della Matilde, riportava questa parte
del
battibecco colla valorosa artista. « Ah, malvagi
e, ediz. Vannucci. Le Monnier, 1866). Quanto ai costumi e all’indole
del
Blanes, possiam quasi ciecamente attenerci all’ot
le del Blanes, possiam quasi ciecamente attenerci all’ottimo giudizio
del
Niccolini, se ci facciamo a pensare al suo testam
1823, dal quale, dopo una viva raccomandazione dell’anima nelle mani
del
Signore, della Beatissima e Gloriosa sempre Vergi
del Signore, della Beatissima e Gloriosa sempre Vergine Madre Maria,
del
Patriarca S. Giuseppe, e di tutti i Santi protett
ca la sua morte fu fatto l’inventario degli oggetti trovati in casa e
del
corredo di teatro, che constava fra l’altre cose
quello dei libri di L. 1383. Eran anche tra gli oggetti due ritratti
del
Belli a olio su tela, che per quante ricerche io
rità dei costumi e la nobiltà dei sentimenti. È certo che alle tasche
del
Belli facevano capo e madre e fratelli e figli di
Presidente Lucini : al terzo atto fu gettato dal loggione il sonetto
del
quale unisco copia. Assieme a questo per effetto
copia. Assieme a questo per effetto di satira furon gettati dei fogli
del
libro dell’opera scaduta intitolata La schiava de
Domenico Vicerè. Belli-Blanes Enrico, nacque a Foligno il 1°aprile
del
1844 da Anna Miani e da Francesco Belli-Blanes, n
l 1°aprile del 1844 da Anna Miani e da Francesco Belli-Blanes, nipote
del
precedente. Ormai il nome di Blanes col quale sal
spalla, dalle quali dopo un solo anno, mercè la forte interpretazione
del
Duello di L. Gualtieri, passò a quelle di generic
re un successo. Artista nell’anima, coscienzioso, preciso al cospetto
del
pubblico, doventava un semplice e modesto mortale
on l’arte e con la bontà così ben meritare dell’affetto e della stima
del
suo Capocomico, che ne ottenne una figliuola in m
e una figliuola in moglie per nome Luigia. Il Bartoli dice che l’arte
del
comico e del lavorator di mode andava alternando
la in moglie per nome Luigia. Il Bartoli dice che l’arte del comico e
del
lavorator di mode andava alternando e che per la
e nella Compagnia di Maddalena Battaglia, ove stette sino all’autunno
del
1795, per recarsi poi a Roma ove stette tutto il
tra gli altri appiccato anche il Padre Giuseppe, domenicano,fratello
del
Belloni. Alle suppliche della moglie atterrita, a
o scritturato con la moglie seconda donna, sino al 1806. Fu una parte
del
1806 primo uomo e capocomico in società col Ferro
o (V. Battaglia). Dal ’6 al ’10 fu poi colla Compagnia reale italiana
del
Fabbrichesi, dalla quale si tolse per formar soci
amo rammemorare senza ribrezzo tra’ comici scrittori nella prima metà
del
secolo altri che Giuseppe Cañizares sebbene motte
secolo altri che Giuseppe Cañizares sebbene motteggiato da’ satirici
del
suo tempo come cattivo verseggiatore. Seguitando
no che sappia comporre una farsa piacevole atta a resistere agli urti
del
tempo, come son quelle di Aristofane o di Moliere
urti del tempo, come son quelle di Aristofane o di Moliere. Le favole
del
Cañizares da me vedute ripetere in Madrid sono: e
a Corte, el Domine Lucas. Nella prima si dipinge una specie di Cimone
del
Boccaccio, il quale non per amore ma per onore di
a loro executoria ossia carta di nobilità in ogni incontro. Il titolo
del
Domine Lucas è tolto da una commedia di Lope de V
o da una commedia di Lope de Vega che ebbe luogo nel Teatro Spagnuolo
del
Linguet; ma la favola del Cañizares è assai più p
de Vega che ebbe luogo nel Teatro Spagnuolo del Linguet; ma la favola
del
Cañizares è assai più piacevole, ed è la sola che
rò ama l’altra sciocca e semplice al pari di lui. Aumenta il ridicolo
del
carattere di Don Lucas il capriccio di voler fare
Ignazio Luzàn. Diede egli nel 1751 alla luce in Madrid sotto il nome
del
Pellegrino una giudiziosa traduzione in versi col
ome del Pellegrino una giudiziosa traduzione in versi coll’ assonante
del
Pregiudizio alla moda di M. La Chaussée intitolan
energia e d’interesse nella favola e nel costume. Nel Saggio teatrale
del
sig. Sebastian y Latre uscì anche una riforma del
Nel Saggio teatrale del sig. Sebastian y Latre uscì anche una riforma
del
Parecido en la Corte, in cui l’ autore procurò di
a questi ultimi anni sono tali che ci rendono preziose le stravaganze
del
passato secolo. E quando mai nel tempo del Calder
no preziose le stravaganze del passato secolo. E quando mai nel tempo
del
Calderone venne fuori una favola più mostruosa de
ando mai nel tempo del Calderone venne fuori una favola più mostruosa
del
Koulicàn di un tal Camacho? Quando si videro più
mostruosità insipidissime di trasformazioni e magie, che nella state
del
1782 per più di un mese si recitarono con maravig
ente di quello che Don Ramòn La Cruz ed altri simili poetastri fecero
del
Temistocle, dell’Artaserse, del Demetrio, dell’Ez
Cruz ed altri simili poetastri fecero del Temistocle, dell’Artaserse,
del
Demetrio, dell’Ezio, dell’Olimpiade deteriorate d
lle rappresentate in Madrid dal 1780 inclusivamente sino al carnevale
del
1782 della Conquista del Perù, del Mago di Astrac
id dal 1780 inclusivamente sino al carnevale del 1782 della Conquista
del
Perù, del Mago di Astracan, del Mago del Mogol? I
0 inclusivamente sino al carnevale del 1782 della Conquista del Perù,
del
Mago di Astracan, del Mago del Mogol? Io non ne n
al carnevale del 1782 della Conquista del Perù, del Mago di Astracan,
del
Mago del Mogol? Io non ne nomino i meschini autor
ale del 1782 della Conquista del Perù, del Mago di Astracan, del Mago
del
Mogol? Io non ne nomino i meschini autori per ris
la nazione; ma probabilmente essi troveranno ricetto nella Biblioteca
del
Sampere per morire in coro in siffatto scartabell
inedite a Don Leandro Fernandez de Moratin di Madrid degno figliuolo
del
prelodato Don Nicolas da cui ha ereditato l’indol
ato l’indole poetica, l’eleganza e la grazia dello stile, la dolcezza
del
verseggiare e la purezza del linguaggio. S’intito
nza e la grazia dello stile, la dolcezza del verseggiare e la purezza
del
linguaggio. S’intitola l’una el Viejo y la Niña (
Isabella col suo amante, e spezialmente per la 12 dell’atto I, e l’11
del
II; per l’angustia d’Isabella astretta dal vecchi
oduce tutto l’effetto; per quella in cui Isabella ode il tiro di leva
del
vascello nel quale è imbarcato l’amante; e finalm
inalmente per l’aringa eccellente d’ Isabella, in cui svela i secreti
del
suo cuore al marito, detesta l’ inganno del tutor
a, in cui svela i secreti del suo cuore al marito, detesta l’ inganno
del
tutore, assegna le ragioni di non aver ella parla
rtifizj indegni! Vana illusione e gelosia fallace In te si armaro
del
mio amore a danno! Fralezza femminile! Isa. I
sola specie ne conserva i pregi generali della buona versificazione,
del
buon dialogo, della regolarità, della grazia e de
na versificazione, del buon dialogo, della regolarità, della grazia e
del
giudizio. Lodevoli singolarmente nell’atto I sono
o con cui si prepara lo scoglimento colla mutazione che fa un parente
del
suo testamento. Egli volea lasciar Chiara erede d
che fa un parente del suo testamento. Egli volea lasciar Chiara erede
del
suo, ma sapendo che si faceva religiosa, fa la su
zia io vegga Di mia cugina, e non la senta io stessa Nel più vivo
del
cuore. Amato Padre, Poichè appresi da te le alt
gli scarabocchiatori di ciechi Colpi d’occhio, nuoce all’avanzamento
del
teatro spagnuolo la turba degli apologisti ed il
er instruire e dilettare. La prima si rappresentò in Madrid nel Coral
del
Principe nel 1788, e piacque. La dipintura di un
rità e destrezza. Conveniente è quello di Don Cristofano tutore e zio
del
Signorino accarezzato, che si occupa a riparare g
or la mañana di D. Mariano indica ch’egli venga a casa prima dell’ora
del
pranso; e se egli non ha desinato in sua casa, no
tralle cose più lodevoli di questa favola le origini della corruzione
del
carattere di D. Mariano indicate ottimamente nell
la di lui vita oziosa descritta da lui stesso in pochi versi nella 7
del
medesimo atto25: l’incontro comico della 13 dell’
spensierato, come nell’altra è una madre tale che corrompe il costume
del
figliuolo: vi si vede una D. Ambrosia vedovetta t
naturali dipinture de’ caratteri di Pepita, D. Ambrosia, D. Gonzalo e
del
Marchese, nel quale con molta grazia si mette in
no il proprio linguaggio castigliano con vocaboli e maniere francesi,
del
cui carattere diede in Ispagna l’esempio il rinom
cesi, del cui carattere diede in Ispagna l’esempio il rinomato autore
del
Fray-Gerundio. II. Tramezzi. Itramezzi ch
Yriarte. Ma coloro che in tutta la mia dimora in Madrid dal settembre
del
1765 alla fine del 1783 fornirono di tramezzi le
che in tutta la mia dimora in Madrid dal settembre del 1765 alla fine
del
1783 fornirono di tramezzi le patrie scene, non s
opo avergli fatto successivamente cicalare quanto basti per la durata
del
tramezzo, conchiudono perchè vogliono, non perchè
e si sono talvolta tollerate goffissime commedie o scempie traduzioni
del
medesimo La Cruz. Per natura egli ha lo stile dim
rade. 25. Voi non sapete vivere, egli dice a Fausto, siete schiavo
del
vostro impiego. Aggiugne: No señor, la liberta
di questi giorni me ne ha scritto da Madrid in data de’ 6 di ottobre
del
1789: oqq;Il nominato Don Ramòn (il quale, second
egli stesso ridicolamente millanta, ha di V.S. trionfato nel Prologo
del
suo Teatro) ultimamente ha composta una Loa che s
Teatro) ultimamente ha composta una Loa che si rappresenta nel teatro
del
Principe, di cui a’ miei dì non penso di veder co
li amori di lui colla sua Bel-de-port 1. ADDIZIONE II* Correzione
del
Tiraboschi sulle sacre rappresentazioni del secol
ADDIZIONE II* Correzione del Tiraboschi sulle sacre rappresentazioni
del
secolo XIII. Con nostro singolare compiacimen
a reputar drammatiche ed animate con parole le rappresentazioni sacre
del
secolo XIII della Compagnia del Gonfalone ed altr
con parole le rappresentazioni sacre del secolo XIII della Compagnia
del
Gonfalone ed altre simili. E perchè l’autorità ch
pubblicati dal più volte lodato sig. conte canonico Avogadro (Memorie
del
b. Errico P. 1) perciocchè in essi si legge che i
ca sacra rappresentazione si è eseguita da tempo immemorabile la sera
del
Venerdì Santo del Mortorio di Gesù Cristo dopo un
tazione si è eseguita da tempo immemorabile la sera del Venerdì Santo
del
Mortorio di Gesù Cristo dopo una solenne e pompos
ata sino al 1740, quando fu proibita. ADDIZIONE III* Osservazione
del
sig. Andres sul Mussato. E Pure se il sig. ab
ussato. E Pure se il sig. ab. Andres, nel dire che nelle tragedie
del
Mussato vide Padova i primi saggi di tragedia, vo
erasi recata Beatrice d’Este sua madre. ADDIZIONE V** Sull’autore
del
I atto della Celestina. V’Ha chi pone in dubb
a Celestina. V’Ha chi pone in dubbio, che il Cotta fosse l’autore
del
I atto della Celestina. Alcuno l’attribuisce a Gi
so Ferdinando de Roxas che la terminò, dice nel prologo di non sapere
del
Cotta o del Mena chi avesse composto quell’atto I
o de Roxas che la terminò, dice nel prologo di non sapere del Cotta o
del
Mena chi avesse composto quell’atto I. *. Al C
osto quell’atto I. *. Al Capo I, pag. 23, lin. 28, dopo le parole,
del
marchese Bonifacio da Monferrato, si aggiunga que
Zecca Niccolò. Comico egregio, che recitava nella prima metà
del
secolo xvii le parti di secondo Zanni sotto il no
rvito della prima edizione di Venezia 1634 : nella seconda di Bologna
del
1636, le parole trascritte in corsivo sono state
no state soppresse. Il Quadrio (op. cit., V, 239) riferisce le parole
del
Barbieri, aggiungendo : « i quai privilegi gli fe
il Duca di Mantova per li proprj suoi Stati ». Se non della grandezza
del
valor comico, abbiam certo una prova della versat
tilità dell’ingegno artistico dello Zecca in una sua lettera da Parma
del
29 aprile 1646 al Duca di Mantova, a cui manda un
etto della prima opera cantata a Piacenza, ed altro ne manderà presto
del
compositore Marelli. « E mi dispiace – dice – non
a il proprio Pantalone. » Da Parma passerà poi a Brescia. Il dicembre
del
'48 era a Piacenza, e il dì 8 (la lettera è pubbl
ò per tre sere nella parte di Bertolino. Dal’ 48 si salta all’autunno
del
'59, e l’8 novembre annunzia a un Segretario del
si salta all’autunno del '59, e l’8 novembre annunzia a un Segretario
del
Duca, che era per recarsi a Reggio ; ma gli era s
ndati a Modena, a servir S. A. pel carnovale. Una lettera v'ha ancora
del
21 aprile 1660 da Parma, la quale mostra la grand
liarità ch' era fra lui e le varie Corti, annunciando a un Segretario
del
Duca di Mantova la scelta degli appartamenti pel
Bertolotti, op. cit.). Di altri due Bertolini è ricordo nella Storia
del
teatro : di quello degli Uniti del 1584 (V. Batis
e Bertolini è ricordo nella Storia del teatro : di quello degli Uniti
del
1584 (V. Batista da Treviso), e del Broglia (V.)
el teatro : di quello degli Uniti del 1584 (V. Batista da Treviso), e
del
Broglia (V.) che recitava il 1672 a Bologna, e l’
stile grave e sublime e maestoso e spoglio della durezza e gonfiezza
del
predecessore, e a tirare l’attenzione dell’uditor
cenza delle decorazioni. E perchè gli parve necessaria all’esecuzione
del
suo disegno un’altra specie di attori, volle sepa
furioso percoteva il bestiame da lui creduto Ulisse e gli altri capi
del
campo Greco, tra molte bellezze generali e varii
presenta la troppo tarda venuta di Teucro ed il dolore di Tecmessa e
del
Coro allo spettacolo di Ajace ucciso. Oh quanto è
aggior coltura, nè già nel solo teatro, ma dove gravemente decidevasi
del
destino della patria, ci dee far risalire sino al
ina, e si meraviglia come a lui favelli a quel modo Agamennone nipote
del
barbaro e Frigio Pelope, figlio di Atreo famoso p
e gelosa. Nell’atto quarto Ilo viene a riserire alla madre l’effetto
del
regalo fatale della veste inviata al padre nell’a
e’ suoi compatriotti? Sommamente patetico in quest’atto è il silenzio
del
l’ingannata Dejanira alle accuse del siglio addol
tico in quest’atto è il silenzio del l’ingannata Dejanira alle accuse
del
siglio addolorato, silenzio eloquente artifizioso
lle Quistioni Tuscolane: O multa dictu gravia, perpessu aspera etc.
del
quale Ovidio nel nono delle Metamorfosi fece una
ono delle Metamorfosi fece una bellissima imitazione. Tragica e degna
del
gran Sofocle è pure l’ultima scena. Antigone con
duzioni si aggira sugli onori della sepoltura che erano tanto a cuore
del
l’antichitàa prestati da Antigone al fratello Pol
del l’antichitàa prestati da Antigone al fratello Polinice mal grado
del
vigoroso divieto di Creonte. E notabile nel l’att
uzione nel vietato imeneo. Antigone n’è sepolta viva, Emone figliuolo
del
re che ama questa principessa, si ammazza, ed Fur
decorare l’autore colla prefettura di Samo. Dove si conosce il pregio
del
l’arte, si premiano i talenti. In Groenlandia rim
Eschilo maneggiato con esattezza maggiore. L’intermezzo, ossia canto
del
Coro del l’atto secondo, è congiunto alle querele
maneggiato con esattezza maggiore. L’intermezzo, ossia canto del Coro
del
l’atto secondo, è congiunto alle querele di Elett
a fassì con più verisimilitudine di quello che avviene nelle tragedia
del
predecessore, per mezzo di un anello di Agamennon
azione di altre circostanze meno interessanti: passioni forti proprie
del
grande oggetto: locuzione sublime in tutte le sue
le rimane pure ad Eschilo inferiore, allorchè diminuisce l’attenzione
del
l’uditorio col far seguire la morte di Clitennest
o fior di senno, messe tutte insieme le opere di Jone, al solo dramma
del
l’Edipo ardisca contrapporle? Certo niuno b. Si a
ollo, il quale presagiva che un di lei figlio dovea essere l’uccisore
del
padre; imperciocchè essendo stato il bambino espo
frattanto nel rimanente della tragedia si dimostra appunto la falsità
del
raziocinio di que’ due spiriti-forti, e si accred
sposte, stabilendosi l’infallibilità di Apollo e l’insuperabile forza
del
fato, quella forza che è il gran perno su cui si
onoscitore n’era incantato con troppa ragione. Giocasta cui le parole
del
messaggiero non lasciano più dubbio alcuno del l’
Giocasta cui le parole del messaggiero non lasciano più dubbio alcuno
del
l’essere di Edipo, in se stessa riconcentrata e p
bbio alcuno del l’essere di Edipo, in se stessa riconcentrata e piena
del
proprio dolore dovette apparire agli spettatori A
spaventevole nel l’atto quinto il racconto della morte di Giocasta e
del
l’acciecamento di Edipo! Che spettacolo Edipo acc
he il Giustiniani ha così tradotto nella sua vivace elegante versione
del
l’Edipo: O nozze, o nozze Voi me quì generaste,
Il Coro conchiude la tragedia colla sentenza di Solone. Tutti i Cori
del
l’Edipo esprimono al vivo la sublimità dello stil
e di Sofocle, e si veggono mirabilmente accomodati alle particolarità
del
l’azione, nella qual cosa Sofocle riescì più di o
e riescì più di ogni altro tragico, Qualche altro frammento di quello
del
l’atto primo della versione elegante del lodato G
he altro frammento di quello del l’atto primo della versione elegante
del
lodato Giustiniani mostrerà alla gioventù studios
ster possendo Cadon da morte oppresse Le femmine dolenti Ne l’angosce
del
parto, Come spessa d’augel veloce torma Fende l’a
niere tutto il piombo e lasciato l’oro ? Egli è un altro capo d’opera
del
l’antichità Filottete, le cui saette fatali condu
della costante regolarità ed aggiustatezza di Sofocle nel l’economia
del
l’azione. Tutto in tal favola è grande e sino al
ofocle, tragiche e grandi. Può osservarsi in questa favola che i Cori
del
primo e del terzo atto sembrano più parlanti del
iche e grandi. Può osservarsi in questa favola che i Cori del primo e
del
terzo atto sembrano più parlanti del secondo, il
ta favola che i Cori del primo e del terzo atto sembrano più parlanti
del
secondo, il che trovandosi ancora in altre può va
gli atti con un canto corale e sommamente lontano dalla declamazione
del
rimanente. Il coro del quarto è accoppiato ai lam
corale e sommamente lontano dalla declamazione del rimanente. Il coro
del
quarto è accoppiato ai lamenti di Filottete, i qu
bbligato, o vogliam dire accompagnato dagli stromenti. La prima scena
del
l’atto quinto è molto vivace pel vago contrasto d
figura lirica l’apostrofe di Filottete al proprio arco ed al fragore
del
mare che sentiva stando nel l’antro di Lenno. Ma
usato di fatuità; ed il poeta, per convincere i giudici della falsità
del
l’accusa, presentò e lesse loro l’Edipo Coloneo d
che fecero gli Ateniesi contro quelli di Samo nel terzo o quarto anno
del
l’olimpiade LXXXIV. a. L’opinione ch’io porto
i due tragici. Aristotile così narra questo fatto, giusta la versione
del
Castelvetro P. II, particella 4 della Poetica: E
ò la moltitudine de’ rappresentatori da una a due, e diminuì le parti
del
Coro… Ma Sofocle ordinò che fossero tre i rappr
ava, e per conseguenza che gli attori introdotti contro l’esposizione
del
Castelvetro, avessero un uffizio diverso da quell
l’esposizione del Castelvetro, avessero un uffizio diverso da quello
del
ballo, del canto e del suono. Or quest’uffizio, s
one del Castelvetro, avessero un uffizio diverso da quello del ballo,
del
canto e del suono. Or quest’uffizio, secondochè i
elvetro, avessero un uffizio diverso da quello del ballo, del canto e
del
suono. Or quest’uffizio, secondochè io l’intendo,
ilo non avesse introdotti nelle sue favole che due soli attori, oltre
del
Coro, la qual cosa, come si è detto, sarebbe smen
di tre, almeno in tempo di Marziale, giacchè egli nel sesto epigramma
del
6 libro diceva a Luperoo, Comoedi tres sunt, sed
tta l’azione agli spettatori. Le scene formate in Napoli nel teatrino
del
real Palazzo sotto Carlo III Borbone colla direzi
nel teatrino del real Palazzo sotto Carlo III Borbone colla direzione
del
marchese Barone di Liveri possono esserne tanti e
no poste in opera nell aureo libro de’ Principii di una Scienza Nuova
del
dottissimo Giambattista Vico da prima sì poco let
soltanto la memorabile patetica supplica di Priamo ad Achille nel 24
del
l’Iliade per ricuperare e seppellire il corpo del
o ad Achille nel 24 del l’Iliade per ricuperare e seppellire il corpo
del
lacerato Ettore. Non era adunque una coda oziosa
, che vigorosamente ai Greci Duci resiste perchè non rimanga il corpo
del
fratello insepolto. Dopo la vita era per gli anti
potuto nemmeno dalla lunga tener dietro a questa incomparabile favola
del
più famoso Tragico della Grecia. Vedi la sua Nota
Vedi la sua Nota al I tomo della mia Storia de’ Teatri in sei volumi
del
l’edizione Napolitana. a. In tradurre questo pa
n tanti altri insigni membri delle Accademie de’ Segreti, de’ Lincei,
del
Cimento, degl’ Investiganti, de’ Fisiocritici, de
epurar la scienza dal gergo de’ Peripatetici e degli Arabi, per mezzo
del
calcolo, dell’osservazione e dell’esperienza, con
ce, il Morone, il Campeggi, il Porta diedero alla luce ne’ primi anni
del
secolo dieci buone tragedie se non esimie. Angelo
Poesia Rappresentativa pieno di ottimi avvisi, compose verso la fine
del
XVI la sua Tomiri che s’impresse nel 1607, regola
e alla luce il suo Ulisse nel 1614, nella quale dee lodarsi la scelta
del
protagonista, la naturalezza, la regolarità ed il
di concetti giusti, puro e lontano dalle arditezze che nell’avanzarsi
del
secolo si posero in moda. La Silandra dedicata a
a prodursi, ma non venne registrata come le altre due nella raccolta
del
Teatro Italiano. L’Alcippo breve componimento e p
j passi espressi con nobiltà meritò di esservi inserito pel carattere
del
protagonista ottimo per la tragedia, mentre Alcip
sa, dove rimane da Damocrita avvelenato. Non si vede ne’ componimenti
del
Ceba il coro fisso alla greca, ma quattro canzone
endato da varj letterati, e si vide impresso nella collezione tragica
del
Maffei, mi venne amichevolmente rimproverato l’av
andona con pari facilità militare. Non è meno comica la seconda scena
del
medesimo atto di molte donne Capuane co’ soldati
ragico, funesto. Le gemelle avvedute dell’inganno prendono dalla mano
del
loro fratello un veleno, e lo tracannano a gara,
e insieme col Torrismondo e colla Semiramide, come vedesi nel tomo II
del
Teatro Italiano? Seguirono alle nominate prime tr
l tomo II del Teatro Italiano? Seguirono alle nominate prime tragedie
del
secolo quelle del Gambaruti, del Finella, del Pig
ro Italiano? Seguirono alle nominate prime tragedie del secolo quelle
del
Gambaruti, del Finella, del Pignatelli, del Luzza
guirono alle nominate prime tragedie del secolo quelle del Gambaruti,
del
Finella, del Pignatelli, del Luzzago, del Braccio
nominate prime tragedie del secolo quelle del Gambaruti, del Finella,
del
Pignatelli, del Luzzago, del Bracciolini, del Man
ragedie del secolo quelle del Gambaruti, del Finella, del Pignatelli,
del
Luzzago, del Bracciolini, del Manzini, del Zoppio
ecolo quelle del Gambaruti, del Finella, del Pignatelli, del Luzzago,
del
Bracciolini, del Manzini, del Zoppio, del Chiabre
Gambaruti, del Finella, del Pignatelli, del Luzzago, del Bracciolini,
del
Manzini, del Zoppio, del Chiabrera e dello Scamac
l Finella, del Pignatelli, del Luzzago, del Bracciolini, del Manzini,
del
Zoppio, del Chiabrera e dello Scamacca. Tiberio G
el Pignatelli, del Luzzago, del Bracciolini, del Manzini, del Zoppio,
del
Chiabrera e dello Scamacca. Tiberio Gambaruti d’
e Tito: Ettore Pignatelli cavaliere Napoletano compose co’ materiali
del
greco romanzo di Eliodoro di Cariclea e Teagene l
sto periodo uscirono alla luce delle stampe tre buone tragedie latine
del
gesuita Bernardino Stefonio, il Crispo, la Flavia
pressi nel 1633 intitolati Rinnovazione dell’antica Tragedia e difesa
del
Crispo. Una delle più interessanti tragedie di qu
o. Una delle più interessanti tragedie di questo secolo è il Solimano
del
conte Prospero Bonarelli gentiluomo Anconitano, l
chi di varj tratti lirici lontani dal vero e dal naturale sulla morte
del
valoroso innocente Mustafà condannato da Solimano
he dal conte Pietro di Calepio61. Essi increscono molto più a cagione
del
luogo in cui si tengono, cioè vicino alla corte d
trove proseguirlo. Lo scioglimento prodotto dal racconto di due donne
del
cambio in culla di Selino si bramerebbe menato co
ttura anche a’ nostri giorni. Si trova nell’atto I qualche imitazione
del
Tasso. Il vanto che si dà Rusteno, il peggiore di
i che l’esortano a schivare le insidie. La sesta scena dell’ atto III
del
loro nobile contrasto è piena di vigore e di moto
s’oppone con nobile costanza. La morte poi dell’appassionata Despina,
del
generoso Mustafà; della disperata regina sono rap
ì in Padova l’anno 1657 un’ altra interessante tragedia, l’Aristodemo
del
conte Carlo de’ Dottori Padovano, che ne ricavò i
coraggiosa; ma bensì una Ifigenia sempre grande e costante nell’amore
del
pubblico bene, che si fa ammirare in tutte le vic
similitudine, e con tragico terrore si disviluppa. Fin anco i cantici
del
coro che vi si veggono introdotti, leggonsi con d
e, e mostra che se mancasse Arena (giacchè Licisco protesta non esser
del
suo sangue) non ricuserebbe di dar per vittima la
de in una lunga aringa, ma una madre penetrata dall’orribile immagine
del
sacrifizio della figliuola vedesi in Amfia dopo l
quisto. La sua colpa la salva, e la sua colpa Pur la condanna. E’
del
peccato grande Maggior l’effetto. La stagion cr
Quest’energia, questo tragico trasporto tratto destramente dal fondo
del
cuore umano desta l’utile terrore della tragedia,
Nell’atto V la Nutrice racconta a Tisi l’uccisione di Merope per mano
del
padre, e così conchiude: Un certo che sol morm
Silenzio non si dolse; Con un gemito sol rispose all’empio Fremer
del
padre, e i moribondi lumi In lui rivolti, ed os
non vederlo, e giacque. E quì ci sembra assai lodevole la condotta
del
poeta. Merope nobile e magnanima che incontrava d
o, sarebbe morta ammirata più che compianta: Merope trafitta per mano
del
padre stesso ingannato, trafitta senza colpa come
’interesse della favola. Porta poi Aristodemo all’eccesso la vendetta
del
proprio onore, e sembra più proprio della tragedi
l’innocente Merope. L’eruditissimo Apostolo Zeno preferisce lo stile
del
Solimano a quello dell’Aristodemo; e certo in que
conte di Calepio, benchè di molte se ne veggano anche nella tragedia
del
Bonarelli. Non dee omettersi però, che per l’econ
ettersi però, che per l’economia della favola la vittoria par che sia
del
Dottori. Nel Solimano la compassione si sveglia v
primo atto e va gradatamente crescendo con episodj opportuni e degni
del
coturno. L’interesse nella favola del Bonarelli è
o con episodj opportuni e degni del coturno. L’interesse nella favola
del
Bonarelli è principalmente per Mustafà e non per
Bonarelli è principalmente per Mustafà e non per Solimano; in quella
del
Dottori, quantunque in parte sia per Merope, in t
dall’atto primo. Il cardinale Sforza Pallavicino, noto per la Storia
del
Concilio di Trento, compose essendo ancor gesuita
Trento, compose essendo ancor gesuita una sacra tragedia della morte
del
santo re Spagnuolo Ermenegildo eseguita per ordin
na nel 1598, indi morto nella cittadella di tai città a’ 28 di Agosto
del
1646, il quale ad onta del suo stile per lo più m
la cittadella di tai città a’ 28 di Agosto del 1646, il quale ad onta
del
suo stile per lo più manierato manifestò ingegno
orgerà di quando in quando qualche passo energico. Tale è il discorso
del
finto Atlante nell’atto III, Dunque con forte des
energico e sublime in mezzo a molte liriche affettazioni. La Florinda
del
figliuolo della famosa attrice Isabella Giambatis
II e reimpressa nel 1704 in Viterbo: la Belisa tragedia di lieto fine
del
cavaliere Napoletano Antonio Muscettola data alla
ata alla musica impressa nella III parte di esse poesie dell’edizione
del
Raillard del 1691: e finalmente le tragedie di Ba
ca impressa nella III parte di esse poesie dell’edizione del Raillard
del
1691: e finalmente le tragedie di Bartolommeo Tor
ni. Noi ci affrettiamo a chiudere la non numerosa schiera de’ tragici
del
XVII secolo col cardinal Delfino e col barone Car
e col barone Caraccio. Fiorirono entrambi nel colmo della corruttela
del
gusto, entrambi se ne preservarono intatti, resis
uona tragedia, che seppero astenersi da’ lirici ornamenti de’ tragici
del
secolo XVI e dalle arditezze de’ letterati del XV
ornamenti de’ tragici del secolo XVI e dalle arditezze de’ letterati
del
XVII. Finì di vivere il cardinale Giovanni Delfin
do che Augusto col pretesto di nozze voglia esporla in Roma al rossor
del
trionfo. Questa tragedia dovrebbe collocarsi tral
ndanza e aggiustatezza delle sentenze, e alla ben sostenuta grandezza
del
carattere dell’Egizia regina, si accoppiasse più
più vivacità nella favola. Posteriore di alquanti anni alle tragedie
del
Delfino fu il Corradino del lodato Caraccio, esse
Posteriore di alquanti anni alle tragedie del Delfino fu il Corradino
del
lodato Caraccio, essendosi pubblicato la prima vo
teressante la violenta morte su di un palco data al legittimo padrone
del
reame di Napoli e di Sicilia, con fare che l’Angi
ara generosa di due amici di morir l’un per l’altro, e il cambiamento
del
nome per ingannare le ricerche del tiranno. Sofoc
l’un per l’altro, e il cambiamento del nome per ingannare le ricerche
del
tiranno. Sofocle introdusse la gara di Crisotemi
mico Leone per esporsi al furore di Marfisa; Olinto nella Gerusalemme
del
gran Torquato vuol comparir colpevole del furto c
a; Olinto nella Gerusalemme del gran Torquato vuol comparir colpevole
del
furto confessato da Sofronia per morire in di lei
e vuol farlo suo genero. Carlo prende questa varietà come ostinazione
del
nemico a tenersi occulto; se ne sdegna, lo rimand
nda alla prigione e ne risolve la morte. Federigo ignora la mutazione
del
re, e quando Corradino è chiamato dal custode per
ucciso su di un palco come un reo volgare per ordine dell’usurpatore
del
suo regno, è un personaggio tragico che nella sto
erchè al fine egli seppe con arte conservare all’argomento gran parte
del
suo patetico, ed avea stile e nota sublime; ma no
oletana. 58. Le colmò di lode il P. Bianchi nell’opera su i Difetti
del
Teatro contandole tralle più felici tragedie cris
nio Bibl. Hisp.) nato in Aveiro nel Portogallo, il quale fu discepolo
del
Poliziano in Firenze, e fecevi gran profitto, e d
sse ancora egli in Salamanca per lo spazio di venti anni in compagnia
del
Nebrissense, e passato in Portogallo fu Maestro d
a nota volle scagliarsi l’apologista Lampillas nel tom. I della P. II
del
Saggio Apologetico, attribuendola per abbaglio al
ne per distruggerla da tutto un Concilio Matritense, e sul testimonio
del
celebre Storico Mariana. Ora il Sig. Lampillas ha
or della Nota? Poteva (dice poi il medesimo apologista) nel principio
del
XVI secolo uno spagnuolo insegnare agl’ Italiani
gnorasse o dissimulasse la barbarie della Penisola verso il principio
del
XVI secolo (alla quale non mai derogheranno nè tr
che altri potesse citare), e spacciasse un fatto passato solo dentro
del
suo cervello, cioè che ne fosse sbucciato un auto
ingegno, pregio delle scienze e delle arti, onore dell’Italia non che
del
Regno, pure fassene quì menzione, perchè parecchi
e l’arricchì. Di quest’Accademia che durò per anni 27 sino alla morte
del
lodato Principe accaduta nel 1630, veggasi Jani P
0, veggasi Jani Planci Lynceorum Notitia premessa alla nuova edizione
del
Fitobasano di Fabrizio Colonna fatta in Firenze n
izio Colonna fatta in Firenze nel 1744 presso il Viviani. L’Accademia
del
Cimento che diede norma e regola alla Reale di Lo
o nel 1714. I principj dell’Accademia Senese de’ Fisiocritici, al dir
del
prelodato Amaduzzi, furono fondati da Pirro Maria
ica Rossanese formossi in Rossano di Calabria l’anno 1695 per le cure
del
dotto ab. Gimma. Nota III. Del Buonarrott
nzano di novità e di varietà. Nota IV. Il ballo (son parole
del
chiar. Bettinelli nella Nota VII dell’Entusiasmo
ra sua patria condussevi ballerini Italiani, siccome una rarità prima
del
1500. Nota V. “Wycherley (dice il sig. di
soggiugne) non è scuola di buoni costumi, ma sì bene dello spirito e
del
buon comico”. 126. L’Italia ha perduto uno de
mancato di vivere in età di circa anni sessanta il dì 16 di novembre
del
passato anno 1788; e perciò in questo e ne’ due u
cese, di Palissot, di Clement, di Sabatier des Castres, dell’Avvocato
del
Parlamento Floncel ecc. e del cav. Tiraboschi, de
di Sabatier des Castres, dell’Avvocato del Parlamento Floncel ecc. e
del
cav. Tiraboschi, del Conf. Ferdinando Galiani, de
res, dell’Avvocato del Parlamento Floncel ecc. e del cav. Tiraboschi,
del
Conf. Ferdinando Galiani, del Frugoni, del Duca d
nto Floncel ecc. e del cav. Tiraboschi, del Conf. Ferdinando Galiani,
del
Frugoni, del Duca di Belforte, dell’avvocato Diod
cc. e del cav. Tiraboschi, del Conf. Ferdinando Galiani, del Frugoni,
del
Duca di Belforte, dell’avvocato Diodati, del can
do Galiani, del Frugoni, del Duca di Belforte, dell’avvocato Diodati,
del
can de Silva de’ marchesi della Banditella, dell’
tà, all’amor patriotico poche fervide pennellate istoriche sulla vita
del
suo amato Vespasiano.
lire qualche altro lustro. Il lodato autore ha la mira alla Sofonisba
del
Trissino, alla Rosmunda dell’ Rucellai, e ad alcu
Rosmunda dell’ Rucellai, e ad alcune commedie dell’Ariosto, a quelle
del
Macchiavelli, alla Calandra del Bibbiena. Ma ques
lcune commedie dell’Ariosto, a quelle del Macchiavelli, alla Calandra
del
Bibbiena. Ma queste tragedie e commedie hanno cer
. Ma queste tragedie e commedie hanno certamente la data più indietro
del
1520, e per conseguenza la prima epoca in Italia
poca in Italia gloriosa della drammatica vuol collocarsi al principio
del
secolo. Secondo Lilio Gregorio Giraldia intorno a
pio del secolo. Secondo Lilio Gregorio Giraldia intorno a’ primi anni
del
secolo il Trissino avea per le mani la sua traged
del secolo il Trissino avea per le mani la sua tragedia, benchè prima
del
1514 non erasi tuttavia recitata. Si rappresentò
edie poi dalla narrazione a cui ci accingiamo di quelle dell’Ariosto,
del
Bibbiena e del Machiavelli, si vedrà che si scris
narrazione a cui ci accingiamo di quelle dell’Ariosto, del Bibbiena e
del
Machiavelli, si vedrà che si scrissero assai prim
del Bibbiena e del Machiavelli, si vedrà che si scrissero assai prima
del
1520, cioè intorno al 1498 o poco più; e per cons
he l’epoca della poesia regolare drammatica dovrà fissarsi sull’aprir
del
secolo XVI. Una felice combinazione per la dramma
Italiani a coltivarla. Per mezzo degli autori dell’Italia liberata e
del
Goffredo fiorì tra noi la buona tragedia; e pel c
lui satire e commedie l’esgesuita sig. Andres, per divertire la corte
del
duca di Ferrara compose cinque commedie, la Cassa
gentiluomini; anzi più di una volta egli vi sostenne ancora la parte
del
prologo, come ci dice Gabriele suo fratello in qu
na rappresentata in Ferrara al tempo di Leone X, ed anche l’anno dopo
del
sacco di Roma, si recitò dal principe don Frances
opo del sacco di Roma, si recitò dal principe don Francesco figliuolo
del
duca. Ariosto da prima, cioè ne’ suoi verdi anni
uppositi e la Cassaria. Ma innoltrato nell’età le riscrisse in verso,
del
quale però soltanto si servì nelle altre tre. Sce
ncenzo Gravina riguardata avesse da questo punto la commedia Italiana
del
Cinquecento, certamente non avrebbe senza riserba
eci, i Latini, gl’Italiani, gli Spagnuoli, e i Francesi stessi, prima
del
Moliere dipinsero i nobili ridicoli. Un sogno sim
chiavi come la maggior parte de’ Latini. Quindi è, che nelle commedie
del
l’Ariosto, e de’ contemporanei si trovano proverb
de’ Rettori di Ferrara, dove si rappresentava la commedia in presenza
del
principe e forse di que’ medesimi Rettori. Non me
ti prescritti da Aristotile e da Orazio. Dovrei bensì additare l’arte
del
poeta nella rivoluzione apportata all’azione dall
uccioli, nel prologo abbellito di vaghe e graziose dipinture si valse
del
metro medesimo di tutta la favola. In alcune circ
anza delle donne nel l’adornarsi, ove ravvisasi un’elegante parafrasi
del
verso Terenziano, Dum moliuntur, dum comuntur, a
oi sensi con tale opportuna esagerazione: Ch’io non la faccia chiara
del
grandissimo Ben ch’io le voglio? e ch’io non la c
an levato il cuor e l’anima? In questa guisa nelle commedie Italiane
del
cinquecento parlano gl’innamorati con tutto il ca
a per lei con la Lena ruffiana inesorabile; e per tenerla contenta fa
del
denaro impegnando la roba e la beretta. Il servo
impegnando la roba e la beretta. Il servo Corbolo sì per discolparlo
del
pegno fatto, come per trarre altro danaro da Ilar
ente più graziosa per lo stile, e più naturale di quella della galera
del
Moliere; perchè questo comico Francese la trasse
a tutti gli altri. La giunteria di Corbolo è sconcertata dalla venuta
del
Cremonino colla veste di Flavio nelle mani. Corbo
padrone di tale botte viene a riprenderla, per dubbio che pe’ debiti
del
marito della Lena non abbia a pericolare. Ed appu
uesta una commedia nobile; ma nel genere inferiore ha tutte le grazie
del
viluppo, e della piacevolezza de’ colpi teatrali
ia, e quella vendetta Italiana tanto esagerata nella Poetica Francese
del
moderno filosofante Marmontel come principio univ
servazioni critiche) e per la vaghezza dello stile, e per l’artificio
del
groppo, e pel calore ed il movimento dell’azione,
ia quell’Italiano meschino che prende per iscorta la Poetica Francese
del
Marmontel, dove trovansi stabiliti principii cont
endetta crudele de’ tradimenti amorosi (e pure dovea sapere l’autore
del
Belisario che non sono stati gl’Italiani che hann
hi, sono, per quello che si stà narrando, frutti per la maggior parte
del
secolo XVI. Ora per verificare il principio fonda
orie delle altre nazioni e della propria. Io gli presento un ritratto
del
costume italiano di quel tempo della maniera di c
conversare insieme l’uno e l’altro sesso somministratomi dalla favola
del
Negromante. Ecco quel che dice Cintio a Massimo l
ntinuando la ricerca di alcune bellezze e dell’artificio della favola
del
Negromante, osserviamo che il carattere di Mastro
n parte trapelato mette in agitazione Temolo e Fazio già insospettiti
del
Negromante che prima aveano cercato di guadagnare
crudel coltellata. Con tal preludio e co’ meriti a Nibio non ignoti
del
suo padrone, non è molto ch’egli creda che Mastro
sa di sali e motti graziosi. I pulcinelli, gli arlecchini, i graziosi
del
teatro spagnuolo, con tutte le loro possibili lep
mica Cesar ne vouloit pas tant parler des passions (che era l’avviso
del
di lei padre) que de la vivacitè de l’action et d
quale nel rimettergliela l’accompagnò con una lettera de’ 16 gennajo
del
1520. Or questa data, e le parole del secondo pro
con una lettera de’ 16 gennajo del 1520. Or questa data, e le parole
del
secondo prologo di tal commedia, ci danno l’epoca
a quarta scena dell’atto quarto, e terminata poi da Gabriele fratello
del
poeta. Non era stata se non abbozzata dal primo a
più venire. La rivoluzione nasce graziosamente dal ritorno improvviso
del
padre di Eurialo, da un famigliare della padrona
hanno soltanto la mira al giusto) l’esorta a risparmiarsi l’incomodo
del
viaggiare essendo vecchio, ed a consegnarne a lui
azzaro. La giovine promette; ma appena dice Accursio Ecco la casa là
del
nostro Eurialo, che trasportata dice, O cuor mio
Ariosto. Si novera tralle prime commedie di questo secolo la Calandra
del
cardinal Berardino Dovizio da Bibbiena terra del
o secolo la Calandra del cardinal Berardino Dovizio da Bibbiena terra
del
Casentino, nato nel 1470 e morto non senza sospet
iglione dice di questa recita che non essendo ancor giunto il prologo
del
Bibbiena, aveane egli composto uno, la qual cosa
uò indicare che la di lui commedia fosse scritta di recente, anzi non
del
tutto compiuta. Le parole con le quali si conchiu
anche la nominata marchesa di Mantova, costando da una delle lettere
del
Castiglione conservate in Mantova che ella fu in
nservate in Mantova che ella fu in Roma nel 1514, cioè su i principii
del
pontificato di Leone Xa. La terza volta seguì in
di Mario Equicola. Fu poi rappresentata in Lione nel 1548 in presenza
del
re Errico II e della regina Caterina Medici dalla
che l’uno sappia dell’altro, giungono in Italia, apprendono la lingua
del
paese, e Santilla vi dimora in abito virile col n
no la lingua del paese, e Santilla vi dimora in abito virile col nome
del
fratello. Dopo alcuni scambiamenti avvenuti per l
po alcuni scambiamenti avvenuti per l’amorosa follia di Fulvia moglie
del
dissennato Calandro (onde la favola prende il nom
dipinta al vivo la scempiaggine di Calandro che rassomiglia al Tofano
del
Boccaccio. Piacevoli sono i propositi che tiene c
pennello nazionale che abbia saputo ritrarli un secolo e mezzo prima
del
Moliere. Ma sebbene tutto sia comico e piacevole
anti, lo trasformi in femmina per l’istesso intento; e perchè non usa
del
modo più agevole già praticato? Allora che nell’a
la, la Clizia, e l’Andria. La Mandragola. La freschezza e la vivacità
del
colorito di questa favola, se l’oscenità dell’arg
ne. Volle ancora esporvi alla berlina l’abuso fatto da un tal Timoteo
del
credito dovuto a certo stato, che per tanti secol
se ne potesse con copiosi esempi giustificar la pittura, pure ad onor
del
tutto consiglia la prudenza a risparmiar la parte
bilmente sostenuta. Aristofane e Plauto seducevano gli eruditi comici
del
secolo XVI. Se si attenda alla felicissima dipint
on grado col celebre conte Algarotti che in essa ritrova la eleganza
del
dire di Terenzio, e la forza comica di Plauto. Ci
Italiani e Oltramontani ammirano nel Machiavelli, oltre all eleganza
del
dire, vivacità di pennello e forza comica, il sig
antichi bei tratti naturali sempre più interessanti colla freschezza
del
colorito, e per conseguenza allontanerebbe sempre
l re Carlo per Firenze, che andava con un grande esercitò all’impresa
del
regno, alloggiò in casa nostra un gentiluomo dell
ture lodevoli di questa favola ci si presentano i bellissimi ritratti
del
buon padre di famiglia e del traviato coloriti eg
a ci si presentano i bellissimi ritratti del buon padre di famiglia e
del
traviato coloriti egregiamente nella quarta scena
esce la verisimiglianza, specialmente nello scioglimento colla venuta
del
padre di Clizia. Il Machiavelli ha fatto con molt
cempiate traduzioni delle favole Plautine, se ne facessero sulle orme
del
Machiavelli fresche imitazioni libere che tirasse
ono, sol perchè l’asserirono la prima volta, trasformare le pastorali
del
XVI secolo in opere in musica, per sapere che vi
rebbero contare ancora tralle opere musicali questa commedia in prosa
del
Machiavelli per la medesima ragione; la qual cosa
velli per la medesima ragione; la qual cosa sarebbe una rara scoperta
del
secolo XVIII. Guardici però il cielo che ancor qu
ell’edizione di Parigi delle di lui opere, ch porta la data di Londra
del
1768. Se questo celebre Segretario Fiorentino ign
Mi si permetta di fermarmi anche un poco su i censori delle commedie
del
Machiavelli. Dalla lentezza e languore attribui
dres, che è la frase che egli adopra per intingolo perpetuo in parlar
del
teatro italiano, apparisce che egli parlar volle
gere le lodi date da molti a queste commedie, come se fosser l’ottime
del
teatro italiano, essendo in vero lor primo merito
erito lo stil fiorentino colle più licenziose e triviali profanazioni
del
costume onesto. Curioso oracolo veramente. Non h
racolo veramente. Non hanno dunque condo lui altro merito le commedie
del
Machiavelli che lo stil fiorentino? Ed intanto mi
chè parlando della rappresentazione che fecesi in Roma della Calandra
del
cardinal da Bibbiena (incomparabilmente o almeno
e, la condotta e la forza comica dell’azione, l’energia e la vivacità
del
colorito ne’ caratteri tratti bellamente dal vero
a, salsa, naturale, obbligano gl’imparziali a distinguere le commedie
del
Machiavelli dalle intere comiche librerie, ed a c
hiavelli dalle intere comiche librerie, ed a collocarle tralle ottime
del
teatro italiano di quel tempo felice. Per rendere
ntanandosi dal l’avviso comune, che per intera persuasione e per amor
del
vero e del bello che gli determini ne’ loro giudi
dal l’avviso comune, che per intera persuasione e per amor del vero e
del
bello che gli determini ne’ loro giudizii. Intorn
rrarese, essendo stato di anni sette e qualche mese nel 1513 condotto
del
padre alla corte del duca Ercole d’Este suo suoce
o di anni sette e qualche mese nel 1513 condotto del padre alla corte
del
duca Ercole d’Este suo suocero. Questo illustre l
rvi , i quali non abbiamo sinora trovati nelle commedie dell’Ariosto,
del
Bibbiena e del Machiavelli, regneranno per avvent
on abbiamo sinora trovati nelle commedie dell’Ariosto, del Bibbiena e
del
Machiavelli, regneranno per avventura come nel pr
, regneranno per avventura come nel proprio elemento in questa favola
del
Bentivoglio che di proposito dipinge un geloso? V
e ch’è un furbo, per ajutar Fausto giovine innamorato di Livia nipote
del
medico, lo consiglia a travestirsi colle vesti ch
mo, indi da due palafrenieri di un cardinale che lo chiamano da parte
del
padrone, e finalmente da un servo di casa pieno d
in casa, trova il fratello, si disinganna, chiede perdono alla moglie
del
torto che le faceva col sospettar di lei, e si co
ana? sono essi più pericolosi, non dico de’ Fajeli di ultima data, ma
del
Principe geloso, di Sganarello e di Giorgio Dandi
un secolo e mezzo si rappresentano in Francia, dove giusta il pensare
del
Marmontel, non vi dee essere nè gelosia nè vendet
del Marmontel, non vi dee essere nè gelosia nè vendetta? Nè il Geloso
del
Bentivoglio avrebbe dovuto essere da lui ignorato
I, ne’ quali si rinviene la piacevolezza degl’Importuni (les Facheux)
del
Moliere, ma col maestrevole vantaggio che essi so
la propria passione; e bella è poi la quinta in cui riceve la notizia
del
suo conchiuso matrimonio con Livia. Macro congeda
mitazione della Mostellaria di Plauto si ammira in quest’altra favola
del
Bentivoglio. Egli che pur sapeva si bene inventar
altra scorta che la natura, volle non per tanto dare un bell’esempio
del
modo di trasportare nelle moderne liugue le antic
prova; ma ci contenteremo di un solo dell’atto III, cioè di una parte
del
racconto che fa il servo al vecchio Basilio intor
che interessanti per li moderni, sapendo dar loro (con pace anche quì
del
signor Giovanni Andres) un’ aria fresca, delicata
l languore. L’eleganza, e la facilità di esprimersi, e di verseggiare
del
Bentivoglio riscosse da’ più dotti contemporanei
li è senza dubbio questo nobile scrittore, il quale nell’elezione poi
del
metro ha vinto l’istesso immortal cantore del Fur
quale nell’elezione poi del metro ha vinto l’istesso immortal cantore
del
Furioso. Egli gareggiò pure con felicità grande c
tore del Furioso. Egli gareggiò pure con felicità grande colla Clizia
del
Machiavelli, per aver sì acconciamente avvicinata
ostri costumi, e lo superò ancora colla sempre dilettevole difficoltà
del
verso, onde accrebbe leggiadria e vaghezza ai suo
one, di vivacità e d’interesse, benchè sottoposta alle leggi teatrali
del
verisimile; e consiste nell’estrema avversione ch
, furono da Jacopo Doroneti pubblicate nel seguente secolo sotto nome
del
celebre poeta Tansillo con i titoli del Cavalleri
el seguente secolo sotto nome del celebre poeta Tansillo con i titoli
del
Cavallerizzo, del Finto, e del Sofista; ma è ben
sotto nome del celebre poeta Tansillo con i titoli del Cavallerizzo,
del
Finto, e del Sofista; ma è ben noto che fu impost
el celebre poeta Tansillo con i titoli del Cavallerizzo, del Finto, e
del
Sofista; ma è ben noto che fu impostura tipografi
mpostore letterario che avea data alla luce la Talanta altra commedia
del
l’Aretino nel 1604 col titolo di Ninetta, pubblic
manifestata da Apostolo Zeno nelle Annotazioni all’Eloquenza Italiana
del
Fontanini. Queste commedie non possono notarsi di
ndro Piccolomini nato nel 1508, da collocarsi tra gli uomini illustri
del
Cinquecento, oltre a tante opere riferite dal Ghi
so Panzana favella indi al medesimo uditorio, e descrive il carattere
del
napoletano Ligdonio. Ariosto, Bentivoglio, Aretin
o, Machiavelli si valsero per tutti i personaggi delle proprie favole
del
solo linguaggio toscano; in quelle degl’Intronati
o subalterno che parla in qualche dialetto particolare, come Ligdonio
del
Piccolomini, o in una lingua straniera, come Gigl
iseria; e la commedia nomata degl’Ingannati si recitò due giorni dopo
del
Sacrificio che fu come un’ introduzione agli spet
orni dopo del Sacrificio che fu come un’ introduzione agli spettacoli
del
carnovale del 1541. Domandando Gherardo dell’età
Sacrificio che fu come un’ introduzione agli spettacoli del carnovale
del
1541. Domandando Gherardo dell’età della figliuol
i dipartono dalla semplicità de’ prelodati autori, e vanno in traccia
del
ravviluppato assai complicato negli accidenti. Ab
epidezze, ma talvolta sono soverchio liberi, come pajono gli equivoci
del
lunghissimo prologo. Io non approverò mai le scen
lunghissimo prologo. Io non approverò mai le scene simili alla quinta
del
V atto di Cittina: Io non so che trispigio sia d
dosio, la Sporta e la Filenia. La prima fu comica imitazione in versi
del
celebre vicentino Trissino Trissino de’ Menecmi d
1603. Tralle migliori commedie di quel tempo si noverano le nominate
del
Gelli che Moliere non isdegnò d’imitar nell’Avaro
ani mentovati nel libro I della storia di notar Castaldo, nella sala
del
palazzo del principe di Salerno (in Napoli) dove
i nel libro I della storia di notar Castaldo, nella sala del palazzo
del
principe di Salerno (in Napoli) dove stava sempr
mpre per tale effetto apparecchiato il proscenio . Intorno alla mettà
del
secolo scrissero commedie con maggior felicità il
re, e visse sotto Clemente VII e Paolo III, e morì in Roma poco prima
del
1548, scrisse in prosa due belle commedie, i Luci
che ne dice il Quadrio, molte altre ne rimasero inedite. Dalla mettà
del
secolo sino all’ottanta in circa uscirono al pubb
ubblico altre commedie lodate. Il Vignali contemporaneo dell’Aretino,
del
Franco e del francese Rabelais e di un genio conf
commedie lodate. Il Vignali contemporaneo dell’Aretino, del Franco e
del
francese Rabelais e di un genio conforme, compose
resse in Venezia nel 1551. Giordano Bruno di Nola compose la commedia
del
Candelajo che si pubblicò in Parigi nel 1582, e v
cò col titolo di Boniface et le Pedant. L’Eustachia commedia in prosa
del
Guidani leccese s’impresse in Venezia per Aldo ne
cità e sceneggiatura ed economia, il paragone di quelle dell’Ariosto,
del
Machiavelli e del Bentivoglio. Lodate da molti, e
ra ed economia, il paragone di quelle dell’Ariosto, del Machiavelli e
del
Bentivoglio. Lodate da molti, e singolarmente da
si raccolti nella commedia. Nel leggerla non mi trovai molto contento
del
linguaggio dell’innamorato Licinio, il quale così
sar l’occhio in voi suo bel sole: deh uscite fuori, acciocchè i raggi
del
vostro aspetto illustrino questo luogo, come io i
cui genio simpatizzano, ed il pudore se ne offende. Le altre commedie
del
Pino sono lo Sbratta impressa un anno prima degl’
licarono dal 1581 al 1584 l’una dopo l’altra. La Spina ed il Granchio
del
cavaliere Lionardo Salviati, la Suocera di Benede
, la Cecca e la Costanza di Girolamo Razzi, il Pellegrino ed il Ladro
del
Comparini, il Furbo di Cristofaro Castelletti, la
, la Cingana e la Capraria di Gian Carlo Rodigino, l’Amore Scolastico
del
Martini, il Medico del Castellini, il Commodo di
ria di Gian Carlo Rodigino, l’Amore Scolastico del Martini, il Medico
del
Castellini, il Commodo di Antonio Landi, la Vedov
l Commodo di Antonio Landi, la Vedova di Giambatista Cini, la Teodora
del
Malaguzzi, il Capriccio del cosentino Francesco A
la Vedova di Giambatista Cini, la Teodora del Malaguzzi, il Capriccio
del
cosentino Francesco Antonio Rossi, i Furori di Ni
decenti, ed in altra la favola sia soverchio complicata. Al declinar
del
secolo non declinò il gusto della buona commedia.
S’impresse in Venezia nel 1581 la commedia intitolata gli Straccioni
del
commendatore Annibal Caro marchigiano, la quale p
i o le calze a campanelle. Il Caro congiunse egregiamente l’artificio
del
viluppo ella piacevolezza comica (lasciando a par
ca (lasciando a parte la sua maravigliosa eleganza e purezza e grazia
del
dire) e pose nel tempo stesso nella passione di G
o da poter chiaramente veder la costanza dell’animo mio, la grandezza
del
mio dolore, e il desiderio di venir dove tu se. T
dico, non increscerà di ammirar meco questa bellissima lettera degna
del
pennello maestrevole del Caro. Gisippo in essa è
ammirar meco questa bellissima lettera degna del pennello maestrevole
del
Caro. Gisippo in essa è chiamato Tindaro che è il
la mia madre nè di andar dispersa dalla mia patria, nè divenir favola
del
mondo? Ricordatevi che per voi sono state tante t
e io non voglio pregiudicare alla libertà vostra, vi rimando l’anello
del
nostro maritaggio. Nè per questo si scemerà punto
naturalezza dello stile, nè la patetica delicatezza degli Straccioni
del
Caro: ma son pur bene ravviluppate e ingegnose, e
vengono liberati per opera della balia di Teodelinda e di Elfenice, e
del
medico Erosistrato, nella cui casa si rifuggono.
si. Nel secondo in fine dell’atto I si vede un antro, che è la reggia
del
Sonno, in cui Iride ed il Sonno cantano due strof
le danno diritto a chiamarsi opera in musica, secondo la pretensione
del
Menestrier seguito dal Planelli. Questa Commedia
82, e nell’anno seguente si pubblicò l’Amante Furioso altra commedia
del
Borghini. Altre commedie regolari e piacevoli in
versi ed in prosa si pubblicarono dopo della riferita. Il Vellettajo
del
Masucci in versi si diede alla luce nel 1585: l’A
ettajo del Masucci in versi si diede alla luce nel 1585: l’Amico fido
del
Bardi rappresentata in Firenze nelle nozze di don
: la Vedova di Niccolò Bonaparte anche in prosa nel 1592: il Fortunio
del
Giusti parimente in prosa nel 1593. Il perugino
ssai e natural prosa tre commedie da mettersi accanto agli Straccioni
del
Caro quanto al loro genere e carattere. La prima
di una innamorata che al vedere l’amante esposto, per essere ostaggio
del
di lei fratello che esattamente la rassomiglia, e
ed al sapere già vicina l’ultima ora dello spazio concesso al ritorno
del
reo, sotto il nome del fratello si presenta alla
l’ultima ora dello spazio concesso al ritorno del reo, sotto il nome
del
fratello si presenta alla prigione e libera l’ama
cademici di quella città il primo di settembre nel 1598 alla presenza
del
cardinal Odoardo Farnese gl’Intrichi d’Amore comm
uttavia non abbiamo sinora sufficienti indizii da non istimarla opera
del
Tasso giovine. Il Manso per negarlo non ci disse
all’altra parte il lodato abatte Serassi quante volte discopre errori
del
Manso sulle cose che riguardano Torquato! Che sia
ma se non che fece in quella favola gl’intermedii, e che si dilettava
del
genere drammatico. Forse l’ultimo scrittore comic
e si dilettava del genere drammatico. Forse l’ultimo scrittore comico
del
cinquecento fu il vecchio Loredano che dal 1587 a
a celebre nell’armi e nelle lettere, parla il Quadrio. Della Porzia e
del
Falco commedie inedite di Giuseppe Feggiadro de’
rmigiano, che si rappresentò avanti al cardinal Grimani, e dell’altra
del
medesimo i Matrimonii recitata avanti al Duca Pie
nel citato ms. dell’Edovari. Di un’altra commedia latina detta Lucia
del
cremonese Giuliano Fondoli pure inedita fa parola
Giuliano Fondoli pure inedita fa parola il Tiraboschi nella parte III
del
VII volume. Di queste, e delle due commedie di Be
vedute sul teatro detto Italiano di Parigi, egli stesso può avvedersi
del
torto che fa alla propria erudizione e filosofia,
estro di Poetica Francese. E che direbbe egli se si volesse dare idea
del
teatro di Atene sulle rappresentazioni de’ Neuros
na rappresentata in Ferrara al tempo di Leone X, ed anche l’anno dopo
del
sacco di Roma, si recitò dal principe don Frances
opo del sacco di Roma, si recitò dal principe don Francesco figliuolo
del
duca. a. Vedi il Pigna nel libro II de’ Romanzi.
i vogliono, a dispetto degli uomini e delle muse, battere la carriera
del
teatro, e farsene anche a spese altrui legislator
a fare come faceva il pittore. a. L’autore della traduzione francese
del
Negromante fu Giovanni de la Taille, e si stampò
gi senza nota di anno verso il 1562, indi fralle altre opere poetiche
del
medesimo Francese anche in Parigi nel 1573 in ott
573 in ottavo. a. Nelle dichiarazioni apposte all’edizione Veneziana
del
Pitteri del 1746 si reca tutto il prologo della S
o. a. Nelle dichiarazioni apposte all’edizione Veneziana del Pitteri
del
1746 si reca tutto il prologo della Scolastica ra
a da Virginio Ariosto. a. Vedi le di lui Annotazioni alla Biblioteca
del
Fontanini tomo I. b. Tomo VII, P. III. a. Vasar
i Vita de’ Pittori ec. Tomo III. a. Vedi la giunta fatta alla P. III
del
tomo VII del Tiraboschi, il quale ciò afferma per
ttori ec. Tomo III. a. Vedi la giunta fatta alla P. III del tomo VII
del
Tiraboschi, il quale ciò afferma per avviso del c
a P. III del tomo VII del Tiraboschi, il quale ciò afferma per avviso
del
ch. ab. Bettinelli. a. Calandra atto III, scena
sa. a. E’ stata inserita nel 1786 nel tomo IV dell’ultima collezione
del
Teatro Italiano antico. b. Incomincia con ques
urno propose anche un verso di dodici sillabe ad imitazione di quelli
del
l’antico poeta Spagnuolo Giovanni di Mena, come q
Trinummus di Plauto che diede a recitare ai nobili giovani Accademici
del
Collegio di quella città, e che si eseguì egregia
etute le inconsiderate parole di colui senza citarlo nell’opera detta
del
Teatro proscritta in Roma nel 1771 e ristampata i
codesto scempiato cianciatore copista, fralle commedie dell’Ariosto,
del
Bentivoglio, del Macchiavelli, del Caro, dell’Odd
o cianciatore copista, fralle commedie dell’Ariosto, del Bentivoglio,
del
Macchiavelli, del Caro, dell’Oddi e di altri vent
sta, fralle commedie dell’Ariosto, del Bentivoglio, del Macchiavelli,
del
Caro, dell’Oddi e di altri venti almeno scrittori
ergli ne ripetevano i difetti più che le bellezze negli ultimi lustri
del
secolo XVII e ne’ primi del XVIII. Racine singola
i più che le bellezze negli ultimi lustri del secolo XVII e ne’ primi
del
XVIII. Racine singolarmente che avea scoperto il
vano amori. Ma egli lasciò le occupazioni teatrali prima di depurarle
del
tutto, e la scena francese dopo di lui si riempì
ca semplicità, attribuendo al gusto di essa l’effetto della debolezza
del
Longepierre. In tale stato trovavasi in Francia i
qualche soliloquio puramente narrativo, e per la poca corrispondenza
del
tempo della rappresentanza con quello degli eveni
del tempo della rappresentanza con quello degli evenimenti. Lo stile
del
Romolo si risente più della precedente del difett
degli evenimenti. Lo stile del Romolo si risente più della precedente
del
difetto generale delle tragedie francesi, cioè vi
enza, tanta angoscia sembrano convenire più ad un innamorato francese
del
tempo di Artamene, che ad un Romolo eroe, guerrie
Motte volle produrre un Edipo 30 per avventura non contento di quelli
del
Cornelio e del Voltaire. In effetto egli purga qu
durre un Edipo 30 per avventura non contento di quelli del Cornelio e
del
Voltaire. In effetto egli purga quest’argomento t
lieni dall’avventura di Edipo, introdotto con mal consiglio dal padre
del
teatro francese, quanto di quello non meno eterog
la galanteria di Filottete che con rincrescimento si legge nell’Edipo
del
Voltaire. La Motte provvidamente corregge pur anc
ogni utilità col rendere Edipo pienamente innocente nell’ammazzamento
del
re di Tebe. Dividendo poi la riconoscenza rende m
scenza rende meno maravigliosa la rivoluzione, ed incorre nel difetto
del
Voltaire. Nè anche si riconosce come vantaggioso
ndere poco interessante perchè non credibile la loro generosità verso
del
padre? Sarebbe lecito introdurre Achille dandogli
i sempre ben accolta dal pubblico; nè è da dubitarsi dell’ asserzione
del
suo autore che niuna tragedia dopo il Cid siasi r
tutte le altre. Lo stile della Inès generalmente è migliore di quello
del
Romolo; ma essa non ha nè la versificazione, nè l
vvelenata. I plagiarj di professione copieranno questo colpo teatrale
del
veleno che impedisce il frutto dell’impetrata gra
vrà poco peso per chi rifletta che Don Pietro è un marito per ipotesi
del
poeta tuttavia fervido amante, il quale gode fra
i più vero e con un forte colorito tutto suo. Lontano dalla grandezza
del
primo non meno che dalla delicatezza ed eleganza
ndezza del primo non meno che dalla delicatezza ed eleganza armoniosa
del
secondo, egli non cade però nè nell’enfatico di q
nella tragedia che ne porta il nome: il suo Pirro è più grande ancora
del
Pirro della storia: grande, feroce, malvagio, amb
erigo II re di Prussia in una lettera scritta a Voltaire nel febbrajo
del
1749 venga tutta la tragedia ripresa per trovarvi
i Oreste, e quello di Elettra! Contrario è l’amor di Elettra all’idea
del
di lei carattere tramandatoci dagli antichi: inte
reputano dal medesimo re di Prussia tragedie de toute beauté al pari
del
Radamisto. A noi, oltre a ciò che abbiamo detto d
to dell’Elettra, non sembra la Semiramide una delle migliori tragedie
del
Crebillon. Belo in essa è un traditore senza disc
ee a lui il coturno non solo varie favole degne di mentovarsi al pari
del
Cinna, dell’Atalia e del Radamisto, ma una poetic
olo varie favole degne di mentovarsi al pari del Cinna, dell’Atalia e
del
Radamisto, ma una poetica piena di gusto e di giu
le stesse, sparsa nelle sue opere multiplici e nell’edizione che fece
del
teatro di Cornelio. La prima direzione letteraria
inspirarono l’amore della bella letteratura greca e romana; le opere
del
Crebillon, e gli applausi che ne riscoteva, gli d
Sofocle, quello di Cornelio ed il proprio, o ciò che in una edizione
del
suo Edipo del 1729 scrisse contro M. de la Motte.
lo di Cornelio ed il proprio, o ciò che in una edizione del suo Edipo
del
1729 scrisse contro M. de la Motte. Ci basti dire
eo e Dirce da lui stesso riconosciuto per inutile e freddo nell’Edipo
del
Cornelio, non bastò a fargli evitare l’antica gal
ti al supplicio, Tullia si è uccisa, Bruto è stato dichiarato giudice
del
figliuolo. L’incontro che ne segue sommamente tra
ato giudice del figliuolo. L’incontro che ne segue sommamente tragico
del
colpevole Tito con Bruto, compie ogni aspettativa
ndosi al Cornelio, al Racine, al Crebillon, mostrando però ne’ tratti
del
suo pennello una maniera a se particolare. Non gl
maniera a se particolare. Non gli manca alle occorrenze nè il sublime
del
creator del teatro francese, nè la seducente tene
particolare. Non gli manca alle occorrenze nè il sublime del creator
del
teatro francese, nè la seducente tenerezza del di
il sublime del creator del teatro francese, nè la seducente tenerezza
del
di lui elegante competitore, nè il maschio vigore
te competitore, nè il maschio vigore tragico dell’autor dell’Atreo, e
del
Radamisto. Ma egli si fa distinguere per l’umanit
e i Cinesi dell’Orfano della Cina, gli Arabi Musulmani e gl’ idolatri
del
Fanatismo, i Romani del Bruto e del Giulio Cesare
ella Cina, gli Arabi Musulmani e gl’ idolatri del Fanatismo, i Romani
del
Bruto e del Giulio Cesare, i Greci dell’ Oreste,
li Arabi Musulmani e gl’ idolatri del Fanatismo, i Romani del Bruto e
del
Giulio Cesare, i Greci dell’ Oreste, si distinguo
simi sono diversi da quelli de’ lodati tragici. Non va nell’ampolloso
del
Cornelio, non nell’elegiaco del Racine, non nell’
lodati tragici. Non va nell’ampolloso del Cornelio, non nell’elegiaco
del
Racine, non nell’aspro e inelegante del Crebillon
l Cornelio, non nell’elegiaco del Racine, non nell’aspro e inelegante
del
Crebillon; ma cade nel brillante e nell’epico fuo
itezze e di trasporti per la libertà fu composta dopo il 1730 e prima
del
1735 quando s’impresse. Shakespear ed il duca di
senza snervarlo con amori, come era avvenuto in Francia nel principio
del
secolo. Voltaire lo ricondusse alla natural digni
’atto II, in cui Cesare gli palesa di esser di lui padre, e la quarta
del
III, in cui Bruto supplica il padre a lasciar di
cena, che il Shakespear con arte minore fa dimorare sempre alla vista
del
popolo Romano. Zaira uscita alla luce nel 1732 f
la religione, ed il di lei gastigo può ammaestrare. In fatti lo stato
del
cuore di Zaira vien dipinto nelle parole di Neres
rca due lustri gli applausi concordi della più culta Europa la Merope
del
marchese Maffei, quando Voltaire s’invogliò di te
r attendere che si rallentasse il trasporto che si avea per la Merope
del
Maffei. Comunque ciò sia egli si valse del miglio
che si avea per la Merope del Maffei. Comunque ciò sia egli si valse
del
migliore della tragedia italiana, ma cercò di acc
rba e d’Ismenia nell’atto III, nè il parlar da parte usato nel calore
del
maggior pericolo, come fa lo stesso Narba ed altr
e fa lo stesso Narba ed altri ancora. Nell’ interessante scena quarta
del
medesimo atto III di Merope che crede vendicare i
el medesimo atto III di Merope che crede vendicare in Egisto la morte
del
proprio figlio, sorge alcun dubbio che non lascia
trucidare un innocente in vece di un reo, ma il figlio stesso in vece
del
suo uccisore. Se l’armatura apparteneva all’uccis
non combina, non basta a metterla nello stato di certezza della morte
del
figlio, potendovi essere diversi possibili, pe’ q
situazione, nè esser commosso quanto nel teatro greco e nella Merope
del
Maffei, per affrettar col desiderio la venuta del
reco e nella Merope del Maffei, per affrettar col desiderio la venuta
del
vecchio che impedisca l’ esecrando sacrificio di
fiori i loro difetti. L’epoca della pubblicazione e rappresentazione
del
Fanatismo o Maometto è dopo il 1740, benchè in un
zione del Fanatismo o Maometto è dopo il 1740, benchè in una edizione
del
1743 si dica composta sin dal 1736 e mandata allo
quadro ottimamente combinata di caratteri robusti animati colla forza
del
pennello di Polidoro e colla copia spiritosa del
animati colla forza del pennello di Polidoro e colla copia spiritosa
del
Tintoretto. Egli è vero che nella condotta dell’
anza: che non sempre apparisce dove passino alcune scene: che l’unità
del
luogo non vi si osserva: che l’azione procede con
i personaggi talora entrano in iscena non per necessità ma per comodo
del
poeta37. Ma molte scene inimitabili invitano i pi
terribile scioglimento che rende sempre più detestabile il carattere
del
ben dipinto impostore. Ma coloro che vedevano nel
la perdita di Palmira ed i rimorsi che in lui si svegliano alla vista
del
di lei sangue, danno a vedere al popolo lo spetta
frutto morale da far detestare il vizio ed amar la virtù. Ma l’autore
del
Maometto si prefigge d’ inspirare tutto l’abborri
struttiva ed utile alla società. L’Alzira una delle migliori tragedie
del
Voltaire composta e rappresentata dopo del Maomet
na delle migliori tragedie del Voltaire composta e rappresentata dopo
del
Maometto era stata dedicata alla celebre marchesa
aduzione de’ Principj di Newton, la quale terminò di vivere in agosto
del
1749. In sì bel contrasto de’ costumi Americani e
consiste nel perdonare ed amare l’inimico, sovrasti a tutte le virtù
del
gentilesimo. Quest’eroismo Cristiano trionfa nel
ore di Zamoro e di Gusmano; Alzira senza volerlo muove Zamoro a danni
del
suo rivale; Alzira dà il più vivace colore ed il
giustamente il titolo di questa favola. Sempre ne’ piani delle favole
del
Voltaire si desidera che ne sieno le circostanze
amp; me vois? Le Cristiane espressioni piene di nobiltà e grandezza
del
moribondo Gusmano meriterebbero di essere quì tra
ecorazione. Tutta l’azione però è fondata sull’apparizione dell’ombra
del
re Nino intento a vendicarsi di Semiramide per ma
o a se stesso vive sotto il nome di Arsace. Questa machina prediletta
del
teatro spagnuolo e dell’inglese, mi sembra nella
per la Persia e per la Grecia; per la Persia coll’ insinuare per bene
del
pubblico sentimenti di pace al suo successore, e
ioni tragiche non hanno un solido fondamento. Qual sicurezza ha Ninia
del
delitto della Madre? La lettera di Nino moribondo
le ton ouvrage; ma come ha egli saputo ciò che si è passato dentro
del
mausoleo? come sa egli che la reina muore per man
affei, pensò all’argomento della Semiramide o per la celebre tragedia
del
Manfredi, o almeno per l’ Astrato di Quinault e p
del Manfredi, o almeno per l’ Astrato di Quinault e per la Semiramide
del
Metastasio e del Crebillon ch’egli in una epistol
lmeno per l’ Astrato di Quinault e per la Semiramide del Metastasio e
del
Crebillon ch’egli in una epistola a mad. di Pompa
China rappresentata nel 1755 non è la stessa azione dell’Eroe Cinese
del
Metastasio, ma a quest’opera si rassomiglia per l
lla figlia; ella mal si difende; i Giudici non mostrano la convizione
del
delitto. Sono però squarci vigorosi i seguenti. L
magistrale punto non ci trattiene dall’affermare che tralle migliori
del
Cornelio e del Racine possono senza svantaggio co
to non ci trattiene dall’affermare che tralle migliori del Cornelio e
del
Racine possono senza svantaggio comparire queste
tragedie meno perfette e vigorose, sebbene vi si veggano varj tratti
del
suo pennello maestrevole. Noi non abbiamo dissimu
notare la mano con sei dita in una figura di Raffaele, ma il tragico
del
suo pennello, l’espressione inimitabile, la maest
llo, l’espressione inimitabile, la maestosa semplicità, la correzione
del
disegno, la verità del colorito, la vaghezza del
itabile, la maestosa semplicità, la correzione del disegno, la verità
del
colorito, la vaghezza del chiaroscuro, non si sen
icità, la correzione del disegno, la verità del colorito, la vaghezza
del
chiaroscuro, non si sentono da chi non conosce l’
izia. Voltaire sostenne l’ onore di Melpomene sulla Senna, a dispetto
del
cicaleccio de’ famelici inpudenti gazettieri pron
uel che Campistron è a Racine, ha prodotto Idomeneo, Tereo, la Vedova
del
Malabar, Guglielmo Tell, Artaserse, Ipermestra e
ucis ha scritti in francese l’Hamlet, Giulietta e Romeo ed il Re Lear
del
Shakespear. Anche M. Le Tourneur ne ha trascritte
come la Harpe, e M. Rochefort ha fatta un’ Elettra diversa da quella
del
Crebillon e dall’Oreste del Voltaire, seguendo So
rt ha fatta un’ Elettra diversa da quella del Crebillon e dall’Oreste
del
Voltaire, seguendo Sofocle. M. Dupuis ha tradotto
e rimase al teatro, e Voltaire gl’indirizzò un madrigale in occasione
del
suo Maometto. Poinsinet nato in Parigi nel 1735 s
prima. Palissot ne commenda lo studio d’imitare la nobile semplicità
del
Racine. Il marchese Le Franc de Pompignan nato a
no nel 1709 si esercitò in più di un genere, ed oltre alla traduzione
del
Prometeo di Eschilo, ha composto una Didone togli
di gusto e d’ingegno, come altresì di ogni conoscenza dell’eroismo e
del
patetico vero, di naturalezza ed eleganza di stil
a, ed il generale accettarla preferendo un litigio privato alla causa
del
sovrano? Chi leggerà senza ridere la tagliacanton
o alla causa del sovrano? Chi leggerà senza ridere la tagliacantonata
del
Bajardo del Belloy che vuole impaurire Gastone,
del sovrano? Chi leggerà senza ridere la tagliacantonata del Bajardo
del
Belloy che vuole impaurire Gastone, Si vous sç
ngere come eroi. Non è meno inconsideratamente delineato il carattere
del
Duca di Urbino enunciato come virtuoso, ma che in
’indirizza? forse a’ generali Francesi? Non già, ma ad Eufemia figlia
del
principale congiurato. V’ha in ciò punto di senso
ondurvi; e quest’altra, in cui scoppiata la mina si dice di Avogaro e
del
Disertore morti entrambi nel sotterraneo, L’un
re egli pretende giustificare le nere calunnie da lui seminate contro
del
conte Luigi Avogadro di Brescia, del principe d’
calunnie da lui seminate contro del conte Luigi Avogadro di Brescia,
del
principe d’ Altamura Napoletano, del marchese di
conte Luigi Avogadro di Brescia, del principe d’ Altamura Napoletano,
del
marchese di Pescara, del pontefice Giulio II e di
rescia, del principe d’ Altamura Napoletano, del marchese di Pescara,
del
pontefice Giulio II e di tutta la nazione Italian
e tennero i Veneziani il governo sino al 150943. Luigi XII pretensore
del
ducato di Milano muove a conquistarlo, riporta la
paci di disciplina e di cattivarsi la benevolenza de’ popoli, abusano
del
potere, insolentiscono e diventano al solito, com
onne, e quasi tutti i cittadini che non potevano più soffrire, al dir
del
cardinal Bembo, desiderano tornare sotto il domin
e la ritirata è viltà, lâcheté, mancanza di valore; ed Avogadro diede
del
suo coraggio non dubbie pruove entrando a viva fo
istorica su di Gastone44) chiedeva ad alta voce il supplicio di lui e
del
figliuolo . . . Invano per fuggir l’ignominiosa m
uo dovere”. Si descrive in seguito con tratti compassionevoli la gara
del
padre e del figliuolo per morir prima, ed il dolo
Si descrive in seguito con tratti compassionevoli la gara del padre e
del
figliuolo per morir prima, ed il dolore del popol
evoli la gara del padre e del figliuolo per morir prima, ed il dolore
del
popolo intenerito. “A questo spettacolo (dicesi i
este caddero a’ piedi suoi. Fu ciò un’ ombra che si mischiò al lustro
del
trionfo; ma i Francesi non videro che il trionfo”
on avrebbe cercato di approfittarsi di questo tratto istorico proprio
del
coturno narrato da un suo nazionale? Ma Belloy in
si di un nome illustre per denigrarlo e per vestirne un figlio infame
del
capo di Belloy! E che direbbero i suoi compatriot
i mettesse sulla scena un ladrone infame col nome di qualche principe
del
real sangue di Francia?47 È in oltre precetto di
da loro. Come principe e come politico chi può rimproverargli l’amore
del
suo paese? Ultimamente nella prefazione il Belloy
a e più implacabile in Italia che altrove”. Qual impudenza! E chi più
del
Belloy ingegnoso in immaginar vendette atroci? E
ro al campo Francese. Ma lasciamo le istorie, le note e le prefazioni
del
Belloy, e conchiudiamo che delle sue tragedie l’
iela di Vergy già più non rimangono che i nomi, mancando loro la nota
del
genio, l’armonia della versificazione, la correzi
loro la nota del genio, l’armonia della versificazione, la correzione
del
linguaggio e la forza, la bellezza ed ogni altra
o padre: ei ti condanna, Ma se Bruto non era ei ti salvava. Oimè!
del
pianto che in sì larga vena Sgorga dagli occhi
e della Zaira. Crebillon batteva un sentiero ben differente da quello
del
Voltaire; e questo valoroso scrittore si diffinì
Accreditato com’ egli è dalla stessa storia e migliorato dall’impegno
del
pittore non può che inspirare tutto l’orrore per
dell’antichità più venerata, de’ Francesi ne’ loro giorni più belli,
del
rimanente dell’Europa che se ne vale, risparmia a
bo. 47. Principi d’Altamura furono in regno i signori della famiglia
del
Balso già estinta nel principe Pirro, la cui unic
si, le atrocità, i sacrilegj commessivi, potendo vedersi nella storia
del
cardinal Bembo e nel Verdizzotti.
Sondra Giuseppe (o Sontra ?). Comico
del
Duca di Modena, noto col nome di Flaminio, fiorì
l Duca di Modena, noto col nome di Flaminio, fiorì nella seconda metà
del
secolo xvii. Fu arrestato insieme al Pantalone Ri
o xvii. Fu arrestato insieme al Pantalone Rinaldo Rosa (V.), d’ordine
del
Duca stesso, nel suo passaggio pel Po da Ferrara
e solite defezioni di compagnia, o semplici disobbedienze agli ordini
del
Duca capocomico. Il Principe di Toscana con lette
a di rilasciarli il commediante Sondra ; il che starebbe ad attestare
del
valore artistico di lui. Il 5 maggio del’99 il Pr
ezzo. Ademollo (T. di R.,143) riferisce i particolari della uccisione
del
famoso musico Siface, dallo Zibaldone di Anton Fr
face musico celebre ; mi disse Giuseppe Sondra detto Flaminio, comico
del
Principe di Toscana, che il Quaranta Marsilio lo
arie compagnie di giro, la maschera di Arlecchino, nella seconda metà
del
secolo xviii. Fu lungo tempo coi comici Lombardi,
e di una piccola compagnia. Morì di apoplessia a Venezia la quaresima
del
1778.
iede al teatro recitando le parti di secondo innamorato (era l’estate
del
1740, al Teatro Ducale di Milano). Nella chiesa p
rese moglie, con cui visse molti anni senza figliuoli, e che gli morì
del
1768 in Venezia. Passato nella Compagnia di Vince
osi a Siena, tentò in vano di passare a seconde nozze con una giovane
del
paese, per nome Caterina, divenuta poi la moglie
rina, divenuta poi la moglie di Antonio Fiorilli. Sempre in Compagnia
del
Bazzigotti fu il carnovale del '70 in Ferrara, do
Antonio Fiorilli. Sempre in Compagnia del Bazzigotti fu il carnovale
del
'70 in Ferrara, dove, scoperto alla fine, risolse
e di palesare il suo stato al Marchese Camillo Bevilacqua, coll’aiuto
del
quale potè ottenere la protezione del Cardinal Cr
Camillo Bevilacqua, coll’aiuto del quale potè ottenere la protezione
del
Cardinal Crescenzi, Legato di Ferrara, che inviol
de'cappuccini, e da una sua lettera a un Facchini di Ferrara, in data
del
2 febbraio 1771, firmata Fra Gian Fedele d’Alessa
tutta la Marca Anconitana, e fece con grande successo il quaresimale
del
'77 a Bologna, in quella stessa chiesa della Masc
e e sostenere il martirio per la fede di Cristo, ma la morte lo colse
del
'78, mentre stava predicando in Romagna.
an parte della Francia, e ne'più famosi teatri fece chiarissime prove
del
suo valore. Ritornato poi a Ferrara venne a morte
are in teatro le azioni umane e le persone d’ogni sorta. » Dei viaggi
del
Verato in Francia non si hanno, ch'io sappia, non
zione dello Sfortunato, pastorale di Agostino Argenti, data il maggio
del
1567 a Ferrara ; alle rappresentazioni che si fec
hesane 19.0.10 (V. Solerti, Il Teatro ferrarese) ; e alla recitazione
del
Sagrificio del Beccari, data in Sassuolo nel 1587
(V. Solerti, Il Teatro ferrarese) ; e alla recitazione del Sagrificio
del
Beccari, data in Sassuolo nel 1587 con prologo de
one del Sagrificio del Beccari, data in Sassuolo nel 1587 con prologo
del
Guarini, pel matrimonio di Pio di Savoja, Signor
orto il 1589, fu sepolto in Santa Monica di Ferrara. Ecco l’epitaffio
del
Tasso, non scritto dopo la morte del Verato (il T
ica di Ferrara. Ecco l’epitaffio del Tasso, non scritto dopo la morte
del
Verato (il Tasso avea già lasciato Ferrara dell’
me si legge nella didascalia di un codice estense : Fatto ad instanza
del
Verato eccellente istrione : Giace il Verato qui
ltri piè socchi e coturni. Giovan Battista Guarini intitolò dal nome
del
Verato le sue difese del Pastor Fido contro Giaso
. Giovan Battista Guarini intitolò dal nome del Verato le sue difese
del
Pastor Fido contro Giason de Nores.
l’origine degl’ informi dialetti moderni, e specialmente nel fermento
del
X e XI secolo, fuvvi per necessità molta somiglia
edurre da ciò, che la lingua Provenzale derivi dalla Catalana? L’amor
del
dialetto nativo fe dire all’Ab. Lampillas 36 che
l loro nativo idioma; e credè ciò provato a maraviglia coll’ epitafio
del
conte Bernardo avvelenato nell’anno 844. Quest’ep
ù che ci sembra ingiusta e sconvenevol cosa il distendere il giudizio
del
Fontenelle, intorno all’ignoranza de’ trovatori P
ncora i Giullari, e nel 1328 celebrandosi le feste per la coronazione
del
re d’Aragona, i giullari Ramaset e Novellet canta
ellet cantarono molti versi composti dall’infante Don Pietro fratello
del
re. Tuttavolta insino a questo giorno con molta d
o Francese che nel 1780 cominciò a pubblicare in Lione una collezione
del
Teatro Francese. Quando il re Filippo detto il Be
nferno nero e puzzolente in mezzo a più di cento diavoli che ridevano
del
loro supplizio: vi si vide ancora una volpe prima
rappresentare i misteri che nel 1380 si stabilì sul teatro per mezzo
del
Canto Reale. Esso consisteva in versi in lode del
rdo II, affinchè vietasse a certi ignoranti di rappresentar le storie
del
Vecchio Testamento in pregiudizio del clero39. Se
ranti di rappresentar le storie del Vecchio Testamento in pregiudizio
del
clero39. Senza contrasto sul principio del secolo
Testamento in pregiudizio del clero39. Senza contrasto sul principio
del
secolo XIV furono in Alemagna alcune rappresentaz
vio di Turingia assistette a una rappresentazione delle dieci vergini
del
Vangelo eseguita pubblicamente in un gioco piacev
i dopo Pasqua destinata al pubblico divertimento41. 36. Dissert. VI
del
suo Saggio. 37. V. il tomo II del Ristretto dell
divertimento41. 36. Dissert. VI del suo Saggio. 37. V. il tomo II
del
Ristretto della Storia di Francia dell’Ab. Millot
entations en Musique. 39. V. il libro Inglese intitolato il Compagno
del
Teatro, o dettaglio istorico degli scrittori dram
matici della Gran Brettagna presso la Gazzetta Letteraria dell’Europa
del
mese di marzo 1765. 40. V. la Dissert. premessa
ri, col nome di Dottor Gratiano Partesana da Francolino, a differenza
del
Bagliani che aveva preso quello di Forbizone da F
la traduzione che lo stesso Bianchi ne dà. Dal Gratiano Innamorato
del
Codice Corsiniano : « Raccolta di Scenarj più ace
e a trento che gli riferiscono la marmoria di merendarmela al secondo
del
organo e costì acorrere vi do argumentando caricr
vico De’ Bianchi da Bolo gna detto il Dottor Gratiano. Altra lettera
del
Bianchi fu pubblicata dal D’Ancona. In questa (Ca
li attori il balzar di compagnia in compagnia per soddisfare al voler
del
Padrone. Ora è Pedrolino che si vuol togliere all
si, talvolta il capocomico si raccomandava affinchè non fosse privato
del
tale attore o della tale attrice, talvolta anche
che i comici si rifiutavan di andare, o dando garbatamente le ragioni
del
rifiuto, come abbiam visto per Francesco Andreini
come vediamo pel Bianchi ; il quale, fatto invitare dall’ambasciator
del
duca in Milano il 20 luglio del 1585 di recarsi a
uale, fatto invitare dall’ambasciator del duca in Milano il 20 luglio
del
1585 di recarsi a recitare a Mantova nella Compag
op. cit.). Le Cento | e quindici | conclusioni | in ottava rima |
del
Plusquamperfetto | Dottor Gratiano Partesana da |
e Quattro Stagioni. La stessa operetta è citata dal Guerrini al N.°58
del
suo saggio bibliografico (op. cit.) come opera di
oce ; ma è un errore evidente ; poichè la lettera dedicatoria in data
del
1587 è sottoscritta da Lodouico Bianchi da Bologn
manco tempo, che non ha so par. E via di questo tenore. La maschera
del
Dottore come quella del Capitano, mutava il paese
so par. E via di questo tenore. La maschera del Dottore come quella
del
Capitano, mutava il paese e il nome senza mutarne
, mutava il paese e il nome senza mutarne l’essenza : e mentre quella
del
Capitano anche poteva mutar foggia di vestire ad
e poteva mutar foggia di vestire ad libitum degli attori, la maschera
del
Dottore, sotto qualsiasi nome fosse rappresentata
iesa, o Scatolone come il Francesconi, o Campanaccio (le nuove Pazzie
del
Dottore), o Hippocrasso (l’Erofilomachia), o altr
oni, a dir vero (op. cit.), piacque a taluno rappresentar la maschera
del
Dottore con serietà ; ma di tal maniera non ci re
ppresentazioni più o meno classiche : segno evidente che il tipo vero
del
Graziano ebbe al cospetto del pubblico per base u
siche : segno evidente che il tipo vero del Graziano ebbe al cospetto
del
pubblico per base unica la saccenteria ignorante,
stivan la toga e in iscuola e per via ; e saggiamente si pensò di far
del
dottore bolognese un altro vecchio che potesse fi
ca senza metter fuori una sentenza o una citazione latina. Non è fuor
del
possibile che sia preso questo carattere dal vero
pedanti far lo stesso. Vi son stati de’ Commedianti che sul carattere
del
Dottore la pensaron in modo diverso. Gli uni impr
ù gravi autori. Gli altri volsero il carattere più al comico, facendo
del
Dottore più che un sapiente, un ignorante, che pa
cismo. I secondi, oltre a codesto saper qualcosa, dovevano anche aver
del
genio ; però ch’io son persuaso volerci assai più
jo che avvolge le nostre scene ne’secoli xvi e xvii, dice : La parte
del
Dottore non ha da esser tanto grave, servendo per
, che no savend struzer la ignuranza, al s’espon al pericol d’ì sassà
del
popol. A voi mi pertant che ti set l’Asen, ma col
et Carnifex in Furcis ; ma Asen cargà de sapienza per andar al mulin
del
Tribunal a smasenar el frument de le ciàciare ; P
ei, ch’ l’era Asen, ma filosof ; el Porc d’ Enea, ch’al fu prognostic
del
Regn ; el Papagal ch’el dsè ad ottavian : Ave Cae
ar fet pratic int ’al mstiir. Ecco per quel che concerne la maschera
del
Dottore le parole di Pier Maria Cecchini, il famo
re le parole di Pier Maria Cecchini, il famoso Fritellino : La parte
del
Dottor Gratiano tanto grato à chi l’ascolta (quan
anatoria si è ritrouata, ed è che pensando questa di correggere l’vso
del
parlar rouerscio, si è posta à dir latini, &
se ogni giorno cento beuanti gli fanno fede, che sono i primi huomini
del
Mondo ? Per rappresentare adunque (secondo il mio
ch’ella sia la più curiosa, la più noua, & la più incognita cosa
del
mondo ; onde senza dar punto segno di ridere dars
l’andar l’è per dezà. Per quel che concerne l’origine della maschera
del
Dottore, dice il Sand (op. cit., II, 30) : La ma
II, 30) : La maschera nera che non copre se non la fronte e il naso
del
Dottore, le sue guancie d’un rosso esagerato, son
rosso esagerato, son la satira personale d’un giureconsulto bolognese
del
decimosesto secolo, che avea una gran macchia di
a dai più, i quali anche son d’accordo nell’affermare che la maschera
del
Dottore cominciò ad aver vita sulle scene italian
Se non sotto questo nome (Grasiano da Francolino), pure la caricatura
del
legista cattedratico del vecchio studio bolognese
(Grasiano da Francolino), pure la caricatura del legista cattedratico
del
vecchio studio bolognese deve essere, quasi quant
intanto che fu dottore, letterato e mescolato alle faccende politiche
del
suo tempo. Se dunque l’ottava maccaronica riferit
ed è quasi impossibile credere il contrario, verificò una genealogia
del
dottore da Francolino accettata ed ammessa nel te
ci troviam di fronte a quel Tommaso Bambagi, per l’appunto Ferrarese,
del
quale scrive il Petrarca nella lettera a Pietro d
. IV) : …. E da Ferrara a tal uopo avevan chiamato Tommaso Bambasio,
del
quale voglio che tu sappia, e se la mia voce può
uonasse per suo diletto, ma a eterna gloria di Dio. Anzi dalle parole
del
Petrarca il Napoli Signorelli desume anche la fre
iche in copia maggiore di quello che oggi possa riferirsi. Le parole
del
Petrarca dicon davvero troppo poco ; e non mi par
oco ; e non mi pare sia il caso di dedurne recisamente la conseguenza
del
Signorelli. Possibil mai che una notizia di sì gr
o la curiosità de’ letterati che sino al secolo xvi trovaron le scene
del
nostro teatro di prosa ravvolte della più fitta t
e, il canto…. Comunque sia : il nome di Roscio c’ è, e le conseguenze
del
Signorelli, come semplice ipotesi, non sono da es
CAPO IV. Teatro Americano. Dalla scarsa popolazione
del
l’immenso Continente Americano, dalla quasi gener
pochi monumenti teatrali ritrovativi abbiano preceduto la drammatica
del
Vechio Mondo; ma per non interrompere la serie de
e la serie de’ teatri Europei, parleremo quì degli spettacoli scenici
del
l’America. Prima che ci fossero note le contrade
vano, gesticolavano e beveanoa. La sola Repubblica di Tlascala nemica
del
l’impero Messicano, e poi stromento della distruz
giustamente chiamarsi pantomimi. Dilettavansi sommamente que’ popoli
del
ballo guerriero, che solea rappresentare una sped
cautele colle quali si accampano, l’accortezza con cui pongono alcuni
del
loro partito in agguato, la maniera di sorprender
vversario, lo strepito e la fierezza della battaglia, lo strappamento
del
pericranio a quegli che sono uccisi, la presa de’
e la congettura. La più solenne festa celebrata da’ Peruviani in onor
del
Sole chiamavasi Raymi e durava nove giorni. V’int
ia per dar questo passo, e appunto troviamo che le favole drammatiche
del
Perù furono inventate e coltivate da’ filosofi co
lmente la probabilità delle congetture sul l’origine degli spettacoli
del
Perù col riflettere che si eseguivano da’ medesim
avano ricchi doni e favori particolaria. Non erano adunque gli attori
del
Perù schiavi abjetti come i Cinesi, bensì persone
elle vaste regioni, che abbracciano forse poco meno della terza parte
del
globo terrestre, quando essi considerandole come
te con tante alterazioni, vi formano una popolazione assai più scarsa
del
l’antica distrutta alla giornata da tante cagioni
ntico continente. Nella Nuova Spagna non solo trovansi gli spettacoli
del
l’antica, ma la famosa città del Messico può preg
gna non solo trovansi gli spettacoli del l’antica, ma la famosa città
del
Messico può pregiarsi di aver prodotto nel passat
la loro antica foggia di vestirsi e menano per le strade le immagini
del
sole e della luna. Alcuni di loro sogliono farsi
esentare certe feste teatrali e specialmente una tragedia della morte
del
l’ultimo inca Atahualpa accusato dal l’americano
volta divenuto vittima qualche Spagnuolo. Ma in Lima celebre capitale
del
Perù edificata nel 1535 da Francesco Pizarro oggi
ttrice figliuola di una Peruviana e di un Italiano chiamata Mariquita
del
Carmen, e conosciuta pel soprannome di Perrachola
che io numerassi tra gli argonauti Italiani, che aprirono il cammino
del
Nuovo Mondo agli Europei, il Vespucci ed il Cabot
se una menzogna? Egli è vero che il Fiorentino Vespucci si approfittò
del
l’opportunità avuta risedendo in Siviglia col l’i
pritore la gloria di dare il nome al Nuovo Mondo. Ma ciò dee privarlo
del
l’onore di essere stato uno de’ primi viaggiatori
ggiatori in quei paesi? Non si portò egli in Terra-Ferma un anno dopo
del
Colombo, cioè nel 1499? Egli accompagnò, a qualun
za e d’imperizia nella nautica? Non è questo anzi l’ordinario effetto
del
rigiro e della cabala tanto più potenti quanto pi
da i due medici e geografi Ebrei Portoghesi, i quali per ispogliarlo
del
l’onore e dei vantaggi del suo glorioso progetto,
Ebrei Portoghesi, i quali per ispogliarlo del l’onore e dei vantaggi
del
suo glorioso progetto, dopo averlo tormentato (
tto, dopo averlo tormentato (sono espressioni dello storico Inglese
del
l’America) con cavillosi interrogatorii per indur
lui memoria stessa non ne fu oltraggiata? Non s’inventò la storiella
del
Sanchez naufragato morto in casa del Colombo, del
iata? Non s’inventò la storiella del Sanchez naufragato morto in casa
del
Colombo, del cui viaggio ei si prevalse, la quale
nventò la storiella del Sanchez naufragato morto in casa del Colombo,
del
cui viaggio ei si prevalse, la quale si accennò d
vola, e lo storico filosofo Robertson avesse dimostrato nella nota 17
del
tomo I di essere stata conosciuta come un maligno
anni per mostrare la di lui insuffcienza. Ben fu egli in altra parte
del
l’Europa impiegato; e sin dal 1497 scoperse per l
ra-Nova, ideò prima di ogni altro un passaggio pel Nord-ovest al mare
del
Sud, ed aperse la strada a un gran numero di nocc
nato tra’ primi viaggiatori al Nuovo Mondo? Appunto per questi meriti
del
Vespucci e de’Cabotti Giovanni e Sebastiano nella
Storia generale de’ Viaggi (senza dissimularsi l’accennato artifizio
del
Fiorentino) se ne ammira la singolar perizia dell
Spagnuola e de’ Teatri? a. Solis lib. III cap. 15 della Conquista
del
Messico. a. Stor. del l’Amer. tom. II, lib. 4 s
a. Solis lib. III cap. 15 della Conquista del Messico. a. Stor.
del
l’Amer. tom. II, lib. 4 secondo la traduzione del
Messico. a. Stor. del l’Amer. tom. II, lib. 4 secondo la traduzione
del
Pilori. a. T. I, lib. 2, cap. 27. a. Non trov
CAPO I. Drammi Latini
del
XVI secolo. Leone X che illustrò i primi anni
e di essersi dichiarato cittadino Romano Giuliano de’ Medici fratello
del
pontefice, le Bacchidi del medesimo Comico col ce
tadino Romano Giuliano de’ Medici fratello del pontefice, le Bacchidi
del
medesimo Comico col celebrarsi le nozze de’ Cesar
ze de’ Cesarini co’ Colonnesi, il Formione di Terenzio con un prologo
del
Mureto fatto recitare dal cardinale Ippolito da E
te il giovine, e l’Ippolito di Seneca rappresentato avanti il palagio
del
cardinale Raffaele San Giorgio, in cui sostenne i
secolo. Giano Anisio, ossia Giovanni Anisio napoletano dell’Accademia
del
Pontano compose la tragedia Protogonos pubblicata
come impertinenti. Io non debbo dissimulare questo neo della tragedia
del
Tilesio; ma non è giusto poi lo spregiarla tanto,
c tibi munus Faxis perpetuum, rogo. La regolarità, la convenevolezza
del
costume, la verità delle passioni dipinte, l’eleg
la lettura degli antichi. Contrasta colle grazie e veneri dello stile
del
Tilesio la maestà e la grandezza del suo compatri
olle grazie e veneri dello stile del Tilesio la maestà e la grandezza
del
suo compatriota ed amico Coriolano Martirano cele
San Marco in Calabria. Fiorendo verso il 1530 egli divenne il Seneca
del
regno di Napoli anzi dell’Italia, per lo studio c
re a competenza colle sue libere imitazioni. Per dar conveniente idea
del
suo gusto e giudizio, additeremo in ciascuna favo
i Greci. Nella Medea non potè Martirano approfittarsi delle bellezze
del
piano di quella di Seneca, perchè seguì la greca,
quella di Seneca, perchè seguì la greca, ma intanto scansò il difetto
del
tragico latino di far parlare nell’atto IV pedant
cerbus est quibus etc. Ma in contracambio dove campeggia il patetico
del
greco pennello egli ritiene interamente le più im
ua partenza, tutte quelle che ha con Giasone, il racconto della morte
del
re e della figliuola, nel quale però si è il Cose
ione astenuto dalle sentenze accumulate dal Greco tragico. L’Ippolito
del
Martirano accompagna degnamente e senza arrossire
enza arrossire al confronto quelli di Euripide e di Seneca e la Fedra
del
Racine. Merita di notarsi singolarmente la scena
eneca e la Fedra del Racine. Merita di notarsi singolarmente la scena
del
delirio di Fedra che recammo nel tomo IV delle Vi
tomo IV delle Vicende della Coltura delle Sicilie. Anche il racconto
del
mostro marino è una prova del gusto del prelato C
oltura delle Sicilie. Anche il racconto del mostro marino è una prova
del
gusto del prelato Cosentino, che orna moderatamen
le Sicilie. Anche il racconto del mostro marino è una prova del gusto
del
prelato Cosentino, che orna moderatamente l’origi
tar Seneca che quando Teseo dovrebbe solo essere occupato della morte
del
figliuolo, lo rende curioso di sapere la figura d
upato della morte del figliuolo, lo rende curioso di sapere la figura
del
mostro, Quis habitus ille corporis vasti fuit?
sta tutto il terrore la riconoscenza di Agave che nella pretesa testa
del
leone ucciso ravvisa quella del figliuolo. Traduc
enza di Agave che nella pretesa testa del leone ucciso ravvisa quella
del
figliuolo. Traducendo ed imitando le Fenisse semb
ca o qual altro sia stato l’autore della Tebaide, recare nella lingua
del
Lazio, senza i difetti di stile che gli s’imputan
tro avviso niuna delle bellezze originali si è perduta nella versione
del
Cosentino. Vi si vede con somma naturalezza e viv
Pari verità e sobrietà di stile e giudizio si scorge nell’imitazione
del
Ciclope di cui mi sembra singolarmente notabile i
fedelmente che in altre l’originale, non avendo dovuto risecar molto
del
dialogo giusto non meno che grave e naturale di S
le sì sublime. Meriterebbe un lungo estratto, ma cel vieta l’ampiezza
del
nostro lavoro. Rechiamone un solo frammento del r
cel vieta l’ampiezza del nostro lavoro. Rechiamone un solo frammento
del
racconto eccellente della morte di Cristo fatto d
ultare l’eleganti traduzioni fatte dal prelato Cosentino delle Nubi e
del
Pluto, le più felici commedie di quel gran comico
ura dal diletto. In somma il vescovo Martirano quasi ne’ primi lustri
del
secolo colle otto sue tragedie e colle due commed
alia tutta, cioè fe rinascere con decenza e maestria la maggior parte
del
teatro Greco. Dovrà tutto ciò coprirsi d’ingrato
ultima moda! Passiamo alle tragedie Italiane. a. Vedi l’epistola 35
del
libro XXIII di Erasmo, il quale però parmi che lo
mmenda assai, e lo considera come il restauratore dell’antica decenza
del
teatro, e Paolo Giovio, e Pierio Valeriano, e Lea
orio Giraldi nel dialog. 1 de Poetis sui temp. b. Vedi l’epist. 50.
del
Sabellico. a. Martirano lo dipinge soltanto int
Salvini Alessandro. Figlio
del
precedente, nato a Padova il luglio del 1827, fu
Salvini Alessandro. Figlio del precedente, nato a Padova il luglio
del
1827, fu iniziato allo studio del disegno, divent
precedente, nato a Padova il luglio del 1827, fu iniziato allo studio
del
disegno, diventando in breve una lieta promessa n
studio del disegno, diventando in breve una lieta promessa nell’arte
del
pennello, nella quale si addestrò presso l’Accade
, Luigi XI, e lo abbiam più volte ammirato Jago perfetto in compagnia
del
fratello Tommaso. Di faccia espressiva, di voce b
e fu sepolto al Monte alle Croci. Icilio Polese nell’Arte drammatica
del
18 gennajo '73 narrava di lui il seguente aneddot
avuto lo spesato dal suo capocomico. » Salvini Tommaso. Fratello
del
precedente, nacque a Milano il 1° gennaio del 182
lvini Tommaso. Fratello del precedente, nacque a Milano il 1° gennaio
del
1829. Se io mi facessi a scrivere la storia teatr
della Francesca da Rimini, nel Romeo di Giulietta e Romeo, nel Carlo
del
Filippo, nell’Egisto della Merope ; il '48 a Roma
affi, poi a Firenze, alle Murate…. col Guerrazzi. Uscito la quaresima
del
'53 dalla Compagnia Domeniconi, si riposa a Firen
tardi, a fianco di Clementina Cazzola, che doveva poi essere la donna
del
suo cuore e la madre dei suoi figli. Il '57 va a
te a Firenze alle feste dantesche, recitando al Pagliano alcuni canti
del
poema divino, al Niccolini per la prima volta la
resso una giovanetta inglese, mortagli a ventiquattr'anni il dicembre
del
'78). Va il '69 in Ispagna e in Portogallo, il '7
e del '78). Va il '69 in Ispagna e in Portogallo, il '71 nell’America
del
Sud, il '73 nell’America del Nord, e il '74, di n
gna e in Portogallo, il '71 nell’America del Sud, il '73 nell’America
del
Nord, e il '74, di nuovo…. in quella del Sud ; il
del Sud, il '73 nell’America del Nord, e il '74, di nuovo…. in quella
del
Sud ; il '75 a Londra, al Drury-Lane ; il '76 di
’80 in Ungheria, in Russia, in Rumenia ; e, il novembre, nell’America
del
Nord per recitar prima, il 29, a Filadelfia, poi
'82 in Egitto, il marzo e l’aprile in Russia, l’ottobre nell’America
del
Nord ; poi in Italia, a Roma, Firenze e Trieste.
merica del Nord ; poi in Italia, a Roma, Firenze e Trieste. Alla fine
del
febbrajo '83 in Inghilterra e in Iscozia ; l’inve
5 in Ukrania ; alla fine dell’anno, per la quarta volta, nell’America
del
Nord con una compagnia inglese, prima a New-York,
Tutto l’87 riposo ; l’ 88 recita in Italia e torna l’ 89 nell’America
del
Nord. Nel carnovale '90-'91 interpreta per la pri
recite di addio, egli sta trattando per recarsi l’aprile e il maggio
del
1904 nell’America del Nord. A settantacinque anni
sta trattando per recarsi l’aprile e il maggio del 1904 nell’America
del
Nord. A settantacinque anni ! Di tra
ano ad esuberanza le sue facoltà fisiche : imperocchè, giovane, bello
del
volto e della persona, con una voce fresca, limpi
poter tu sei ! Guardati ! Arn. Insano, ch'osi tu ? Ard. Prostrarti
del
tuo Signore al piè. Arn. Me ? Tu vaneggi ! La sa
oema di sordine. Nessuno della presente generazione può farsi un’idea
del
come egli sapesse trar partito da una parola, da
di Orosmane ? E il Dannata la cortigiana vil di Otello ? E i sospiri
del
Figlio delle Selve alla rivelazione dell’amore ?
, si può dire, la peggio : Lanciotto, entrato fin allora nel criterio
del
pubblico con veste di odioso tiranno, fu, da allo
ntaneità apparente. Se mi fosse lecito un paragone, direi che l’anima
del
sommo artista era un superbo corridore, passante
a mente. Con la imponenza de'mezzi fisici, la commedia
del
salotto oggi gli si attaglierebbe meno che la vas
nell’ Otello, nello Scacco matto, nel Re Lear, in Giulietta e Romeo (
del
Ventignano), nel Milton, nella Colpa vendica la c
si direbbe ch'egli volle cader di proposito nell’opposta esagerazione
del
suo grande Compagno d’arte. Come sul suo petto no
’opposto dell’altro, egli fu in ogni tempo e in ogni dove sprezzatore
del
più piccol mezzo che procacciandogli successo, gl
liane pubblicò alcuni studj delle sue interpretazioni, e in un volume
del
Dumolard (Milano, 1895) i suoi Ricordi : iniziò a
tesche, e a Palazzo Riccardi, pur di Firenze, lesse intorno al teatro
del
'500. L'ultimo e nuovo suo trionfo può dirsi oggi
l’artista in ben trenta rappresentazioni e nelle più importanti opere
del
suo repertorio, noi siamo certi di poter chiedere
chiedere alla sua fibra titanica una nuova e gagliarda manifestazione
del
genio nel giorno primo di gennajo del 1909 : sole
uova e gagliarda manifestazione del genio nel giorno primo di gennajo
del
1909 : solennissimo giorno, nel quale il vecchio
fa menzione Sant’Antonino. Così il Quadrio, V, 236. Fiorì nella metà
del
xvi secolo. Nel Canto carnascialesco di Zanni e M
, o ver signore come vi piace, pur ch’io non v’inganni, state ad udir
del
mio canto il tenore. Tra le perdite grandi di mil
ò metter ancor questa di Zanni : perchè la dolce e leggiadra presenza
del
Cantinella e de’ compagni suoi era nel vero una m
isa i nobili astanti. Cantù Carlo, tra’ comici Buffetto, al servizio
del
Principe di Parma, nacque il 1609 e si diede all’
l 1609 e si diede all’arte nel 1632, come vediam narrato al principio
del
Cicalamento di cui abbiam già discorso ampiamente
il Cantù accenna al libro suo conosciuto e aplaudito, mercè la gratia
del
Sere.mo patrone, nella lettera da Roma delli 22 f
etto la maschera, e fattale una profondissima riverenza, li Cavalieri
del
recitare l’applaudirono. E come poi la Regina sep
endomi congiunto in matrimonio con Colombina Comica (in riguardo però
del
favore di V. A.) concorrendovi le nostre libere v
omposto il presente Cicalamento, intorno a ciò, il quale come tributo
del
mio debito l’espongo alla luce del Mondo sotto il
torno a ciò, il quale come tributo del mio debito l’espongo alla luce
del
Mondo sotto il patrocinio di V. A. sperando non s
gni lettori, una ode che, per le cose ivi dette e per la molta rarità
del
libro mi par metta conto pubblicar per intero. D
sue pene Su le carte canori anco i lamenti. Arse (ed oh strano ardor)
del
suo bel foco, Per ignota cagion lontano amante, N
cia al desiato arrivo Copulò con la pace il suo diletto. La maschera
del
Buffetto, come si vede anche dalla magnifica stam
della Commedia dell’arte, di cui non ha mutato che il nome. Un’ idea
del
suo idioma abbiamo chiara in questa lettera ch’ei
te Stella È tanto l’ardore, che per amor vostro intorno alla pignatta
del
mio cuore s’è acceso, che dando negli eccessi, il
ntimento, dubito che non crepi : mi sforzo però di dimenar il mescolo
del
mio affetto per disaccenderlo, ma non faccio null
che di questo artista, il quale oltre i monti incontrò tanto il favor
del
pubblico, non sia rimasta traccia in alcun libro
ò tanto il favor del pubblico, non sia rimasta traccia in alcun libro
del
tempo, nè in alcuno degli archivi di Parigi, tant
o degli archivi di Parigi, tanto consultati oggimai dagli storiografi
del
Teatro italiano in Francia. Al momento di accenna
Locatelli, secondo il parere dei Parfait, convalidato da un brevetto
del
Re in data 21 gennaio 1647 che gli accorda di pot
zzi, fatto da Giacomo Torello da Fano e stampato a Parigi il novembre
del
1645 : (è unito allo Scenario del Biancolelli rac
ano e stampato a Parigi il novembre del 1645 : (è unito allo Scenario
del
Biancolelli raccolto da Gueullette e appartenente
di Buffetto, cognata di Locatelli, sorella di Luisa Lucilla e figlia
del
celebre Scapino e di Spinetta (?), come si appren
o. Il solo fatto adunque che può lasciar dubbio sulla identificazione
del
Brighella trivelliniano con Buffetto nostro, è :
, ben noto in Francia, il cui costume vediam già nel quadro di Porbus
del
1572 indossato dal Cristianissimo Re Carlo nono,
1572 indossato dal Cristianissimo Re Carlo nono, non mi par cosa fuor
del
probabile. Ad altro Brighella che sostituì il Loc
uì il Locatelli, morto, accenna il Robinet nella sua lettera in versi
del
13 giugno 1671. ….. accrue depuis peu (pour ren
so che troviamo al servizio di Ranuccio Farnese, ceduto pel carnevale
del
1650-51 al Duca di Modena, e con lettera [http:/
aphie-theatre/images/rasi_comici-italiani-01-02_1897_img014.jpg] poi
del
3 gennaio 1651 da Piacenza raccomandato da esso R
spondere. Basti per curiosità che io metta qui alcune lettere inedite
del
Cantù, di cui una riprodotta in fac-simile, comun
l’agiustamento non solo lo fecci ma per satisfare questi sig.ri amici
del
Angela condussi il medesimo Giorno pantalone dal
riputatione presente tuto il popolo et i Comici senza alcun riguardo
del
patrocinio del Ser.mo patrone et la cosa fu cossi
esente tuto il popolo et i Comici senza alcun riguardo del patrocinio
del
Ser.mo patrone et la cosa fu cossi. Mercordi pasa
o patrone et la cosa fu cossi. Mercordi pasato recitasemo el prodigio
del
marchese del uasto il quale non piaque troppo la
la cosa fu cossi. Mercordi pasato recitasemo el prodigio del marchese
del
uasto il quale non piaque troppo la Compagnia me
io sogionsi che haueua ragione di strapazarme alla presenza non solo
del
popolo ma di comedianti perche à più mani che me
entissime parole in questo ariuò li sbiri fui auisato da un Cauaglier
del
S.r Cardinale Rocci a fugire e lasar la spada cos
a spada cossi fecci ma me ariuorno in piazza et il dottore per ordine
del
S.r Ducca della recia et del nipote del S.r Cardi
uorno in piazza et il dottore per ordine del S.r Ducca della recia et
del
nipote del S.r Cardinale Cechini amici del angela
azza et il dottore per ordine del S.r Ducca della recia et del nipote
del
S.r Cardinale Cechini amici del angela fui intart
l S.r Ducca della recia et del nipote del S.r Cardinale Cechini amici
del
angela fui intartenuto sù el palco, et io me cond
la strada me hariuò el S.r Cupis et Sig.r Felipo mei mastro di camera
del
S.r Cardinale Sforza, et me dissero affermandomi
et che non bramo da lui nisuna satisfatione : in questo ariuò ordine
del
Gouernatore che me agiustassi ò che me conduceser
tanto più che questa tramma de farme far pace era per broio de amici
del
angela li quali non solo furno dal Gouernatore ma
cessero far la pace il qual S.r Cupis me disse io ui comando da parte
del
S.r Cardinale farnese, come suo camariero ch’ io
uale pesa 10 scudi conosco. il mio libro e aplaudito, mercè la gratia
del
Sere.mo patrone. Per le ingiurie riceuute inocent
iceuute inocentemente da un mal homo che non stima ne dio ne la Gente
del
mondo, io, ne mia moglie, non uolcuamo recitare p
randi al S.r mangielli et S.r Cupis acciò scriueno dolcemente a S. A.
del
tutto faccia dio che in tutto e per tutto me reme
o cose che fano catiuo, tanto più che il dottore per essere a l’ombra
del
patrone me a fatto questo che se non fusse me far
l’utile di chi sarà mio Compagno, il tutto però io scriuo con riserbo
del
gusto de S. A. alla cui binignita Umilmente prost
a che fu il Giorno di Carneuale riceuei la lettera scritami di ordine
del
Ser.mo patrone, et intendendo il mutamento solo d
come tutta Roma ne informato contra a ogni ragione et senza riguardo
del
Patrocinio di S. A. Argumentai che ancora le lett
questo mal omo contra ala mia inocenza che piu tosto con bona licenza
del
patrone morirei di fame perche mi figuro dale par
oggi che il primo sabato di quatragesima sono stato dal S.r marchese
del
Buffalo acciò ci fauorischa di entercedere la lic
quello è adesso, e cossi lui e restato satisfatto et io in conformita
del
comando ci tornerò e poi ne darò minuto raguaglio
lucha tanto io lo posso far uestire da frate in Roma col farlo figlio
del
monestero in bologna come se lo uestisse là non s
lo uestisse là non sò però a che me resoluerò perche uoglio el gusto
del
figliolo el quale più aderisse a essere prete che
ne detta lettera di resolutione che poi obligate più inpegno ci saria
del
tutto però me remetto alla benignità de S. A. che
t io con Colombina non li posso far seruicio ben che sia mio socero :
del
tutto pero me contento per seruire a S. A. ma alm
Medebach (Metembach) Girolamo. Il più celebre capocomico
del
secolo xviii, che dovè gran parte della sua celeb
tredici anni abbandonò Roma con una compagnia di attori, e l’autunno
del
1739 fece la sua prima comparsa a Venezia, ove ag
comici insieme, diretta da Gasparo Raffi, dal quale fu scritturato, e
del
quale, divenuto poi direttore della Compagnia, do
oni, fra gli altri, della domanda, il padre della sposa Gasparo Raffi
del
fu Lazzaro, romano, di quarantadue anni, l’attore
a. Pare che la Compagnia tornasse al Rangoni di Modena anche l’estate
del
'49. I patti di scrittura furon mantenuti da ambe
to, passando a scrivere pel Teatro San Luca : e ciò fu al 15 febbraio
del
1752. Ricorse allora il Medebach all’ opera dell’
osi da Milano, ove avea fatto il migliore degl’ incontri nell’ estate
del
'55, munito di Lettere-Patenti del Duca di Modena
gliore degl’ incontri nell’ estate del '55, munito di Lettere-Patenti
del
Duca di Modena, Francesco III, dettate nella form
oratissimo per molti anni, passando poi a seconde nozze con la figlia
del
noto dottore Scalabrini di Bologna, che sopravvis
marito, e che vediamo più tardi in Compagnia di Pietro Rosa. L'agosto
del
'62 fino a tutto il settembre recitò al Rangoni d
odena, d’onde dovea recarsi a Reggio per la fiera, invitatovi in nome
del
Capponi da Alessandro Frosini, che dice la Compag
ntinuò a condur Compagnia con relativa fortuna. Lo rivediamo l’estate
del
'63, del '66 e del '74 in Milano, e al suo partir
condur Compagnia con relativa fortuna. Lo rivediamo l’estate del '63,
del
'66 e del '74 in Milano, e al suo partirne, gli f
pagnia con relativa fortuna. Lo rivediamo l’estate del '63, del '66 e
del
'74 in Milano, e al suo partirne, gli furon volta
no, e al suo partirne, gli furon volta per volta rinnovate le Patenti
del
Duca. L'agosto del '70, nonostante il contratto g
ne, gli furon volta per volta rinnovate le Patenti del Duca. L'agosto
del
'70, nonostante il contratto già firmato, non and
) n’ebbe in poco tempo deserto il teatro, e dovè ricorrere, l’autunno
del
1772, a Maddalena Battaglia, prima donna allora d
re, si viene per lui a stabilire un’ epoca considerabile nella storia
del
nostro Teatro.
Romagnesi Marc’ Antonio. Figlio
del
precedente e di Brigida Bianchi, nacque a Roma (o
e parti d’ Innamorato, sotto nome di Cintio. Non si recò a Parigi che
del
1660. Aveva sposato a Bologna il 31 marzo 1653 El
so della Corte di Francia. Il Neri propenderebbe a crederla figliuola
del
celebre Dottor Violone, Girolamo Chiesa, ma non s
are a me, un diverso casato. Troviamo il Romagnesi a Mantova l’aprile
del
'55, come da una sua lettera al Duca di Modena de
a Mantova l’aprile del '55, come da una sua lettera al Duca di Modena
del
5, con la quale lo ringrazia dell’invito di recar
ulla sappiamo più fino all’anno 1667, in cui egli apparve sulle scene
del
Teatro italiano, sostituendovi il secondo amoroso
i addicevan le parti d’ Innamorato (1694), lo sostituì nella maschera
del
Dottor Baloardo, nella quale ci fu tramandato in
l Dottor Baloardo, nella quale ci fu tramandato in effigie dal bulino
del
Mariette, un de' più benemeriti della storia icon
bulino del Mariette, un de' più benemeriti della storia iconografica
del
nostro teatro. Soppresso il Teatro italiano ne
aliano nel 1697, Romagnesi naturalizzato francese dal 1685, ufficiale
del
Re, e amministratore della Compagnia italiana ins
’ode indirizzata a sua madre, e la risposta di questa. Ma come saggio
del
suo stile ve n’ ha ben altre che mi pajon di gran
ra poetica di Cintio. L'ode comincia : Fiamma de l’intelletto, mobil
del
mio voler, moto dell’alma, colmo d’estro, e dispe
n corron dubbi, la data della nascita di A. Lolli, che è il 28 agosto
del
1630 (non 1622, come s’è ritenuto fin qui erronea
re 18 e 24 minuti. Il Romagnesi fu veramente lodato da chiari ingegni
del
suo tempo, e ha versi diretti all’Abati e a Salva
rlo Virgilio. Agostino fu educato alle armi, e sappiamo da un sonetto
del
padre ch'egli militò ancor giovine contro i turch
l Duca di Mantova conte Boba. Ippolito studiò pittura sotto la scuola
del
famosissimo Domenico Maria Canuti, e finì Provinc
interdetto per demenza, morì a Charenton. Romagnesi Gaetano. Figlio
del
precedente. Di lui sappiamo soltanto che fu comic
recitato in Fiandra e nei Paesi Bassi, morì a Bruxelles il 26 ottobre
del
1700. Aveva sposato, morta sua madre, Maria Anna
nghilterra. Si rappresentavano nella Gran Brettagna per gran parte
del
secolo XVI i Misteri, le Moralità e le più assurd
colo XVI i Misteri, le Moralità e le più assurde farse. Dicesi appena
del
re Edoardo VI, grandemente esaltato da Cardano, c
rrico VIII Elisabetta, che suol riporsi insieme coi più gran principi
del
suo tempo Sisto V pontefice romano ed Errico IV r
alla gravità tragica. Atto I. Alcuni soldati che guardano il palazzo
del
re di Danimarca, si trattengono sull’apparizione
fantasima spaventevole. Esce un Morto, in cui ravvisano le sembianze
del
defunto re Amlet vestito di armi, il quale, nel v
unto re Amlet vestito di armi, il quale, nel voler parlare, al cantar
del
gallo sparisce. La scena si cangia nell’interiore
i cangia nell’interiore della reggia. Il re attuale e la regina madre
del
giovane principe Amlet trattano di alcuni affari
la regina madre del giovane principe Amlet trattano di alcuni affari
del
regno, indi il re accorda a Laerte la licenza di
sa precipitazione di sua madre che appena passato un mese dalla morte
del
re suo marito che tanto l’amava, si è congiunta i
o marito che tanto l’amava, si è congiunta in matrimonio col fratello
del
re, che ora ne occupa il trono. Sopravvengono Ora
o. Sopravvengono Orazio e Marcello due de’ soldati che videro l’ombra
del
re trapassato. Dice Amlet che sempre egli l’ha pr
lve di recarsi nel luogo dove apparve. Si cangia la scena in una casa
del
vecchio Polonio. Laerte prende congedo da sua sor
ad imbarcarsi. Prosegue sul medesimo stile colla figlia in proposito
del
principe Amlet che l’ama, versando copiosamente r
in tuono famigliare, e le impone di più non parlargli. Torna la scena
del
muro della reggia, dove giugne Amlet accompagnato
to segue a raccontare come suo fratello innamorato della sua moglie e
del
regno lo fece avvelenare mentre dormiva nel giard
rio della scena comica. Viene la figlia Ofelia, e gli narra la novità
del
giovine Amlet divenuto folle. Nella reggia il re
alla morte di mio padre. Lo trafiggerò così nella parte più sensibile
del
cuore, osserverò i suoi sguardi, se cangia colore
ordinata sarà il lacciuolo per sorprendere e avviluppare la coscienza
del
re. Anto III. Reggia. Il re desideroso di legge
del re. Anto III. Reggia. Il re desideroso di leggere nell’interno
del
nipote si tiene in disparte per intendere ciò che
Si abbocca al fine con Ofelia; ma il loro dialogo delude le speranze
del
re nascosto, il quale ne deduce non essere amore
ascosto, il quale ne deduce non essere amore la cagione de’ trascorsi
del
nipote, e così conchiude: Altra idea chiude egli
o egli ha aggiunto alla tragedia scelta, tenga l’occhio attento sopra
del
re e l’esamini con tutta la cura, e dice che farà
tazione muta a suono di trombette. Gli attori che sostengono le parti
del
re, e della regina del dramma, si abbracciano aff
trombette. Gli attori che sostengono le parti del re, e della regina
del
dramma, si abbracciano affettuosamente; la regina
namento. Of. Al parere adunque questa scena muta contiene l’argomento
del
dramma. Si finge nella prima scena che il re e l
ama per commissione della regina. Egli manda via tutti, e parte. Sala
del
palazzo reale. Il re ordina a Rosencrantz e a Gui
mi dimentico che siete la regina congiunta in matrimonio col fratello
del
vostro primo marito; e al ciel piacesse che così
a alla madre, L’obbliga ad ascoltarlo; le rimprovera l’assassinamento
del
padre, ed il di lei obbrobrioso matrimonio col re
ito dalla compassione e dalla tardanza obblia l’importante esecuzione
del
tuo orribile precetto? Parla. Mor. Non obbliarla.
ò distruggere i miei disegni crudeli, e far correre il pianto in vece
del
sangue che tu domandi. Reg. A chi dici tu queste
. La madre stima tutto ciò illusione pura della disordinata fantasia
del
figlio. Amlet la disinganna, mostrando tutta la s
porsi nel suo letto e fralle sue braccia, di scoprirli che la pazzia
del
figlio è finta, e che tutto è un artificio. La re
divenuta pazza. Ella stessa viene cantando, e dà indicii che la morte
del
padre ha cagionato lo sconcerto della ragione di
e poi parte. Pieno il re di timori e di sospetti per le mormorazioni
del
popolo, accenna che è venuto di Francia il fratel
’accaduto, gli dice poi di non aver potuto ancora vendicare il sangue
del
di lui padre nell’uccisore. Amlet, sì per l’amore
. Amlet, sì per l’amore che ha per lui la madre, come per l’affezione
del
popolo. L’esorta a fidarsi di lui. Un messo reca
ffezione del popolo. L’esorta a fidarsi di lui. Un messo reca lettere
del
principe pel re e per la madre. Il re leggendo in
ad una scommessa, tenendo alcuni la parte di Laerte, ed altri quella
del
principe. Preventivamente si prepareranno alcuni
erra. Ne mostra l’ordine ad Orazio. Aggiugne che egli scrisse in nome
del
re di Danimarca al re d’Inghilterra di far, per q
orire immediatamente i due messaggi, e sugellò la lettera col sigillo
del
padre che seco avea, sul quale erasi formato quel
fida, ed ordina che si rechino in quella sala i fioretti. Altro messo
del
re vuol sapere se Amlet pensa battersi subito con
, e dà al competitore un altro colpo. La regina vuol bere alla salute
del
figlio; il re cerca impedirlo; ella si ostina, e
e . Tu sei morto, Amlet, non ti resta che mezz’ora di vita; la punta
del
ferro che tieni in mano, è avvelenata, e… mi ha m
a que’ cadaveri, ed aggiugne l’ultima disposizione di Amlet in favore
del
principe di Norvergia. Ognuno vede la popolarità
uno ne vede altresì l’irregolarità ed il disprezzo delle sagge regole
del
verisimile. Ma i dotti stranieri ed Inglesi conve
gole del verisimile. Ma i dotti stranieri ed Inglesi convengono tutti
del
difettoso e del mirabile del dramma, delle bellez
ile. Ma i dotti stranieri ed Inglesi convengono tutti del difettoso e
del
mirabile del dramma, delle bellezze e delle mostr
ti stranieri ed Inglesi convengono tutti del difettoso e del mirabile
del
dramma, delle bellezze e delle mostruosità che vi
e e delle mostruosità che vi si notano. Basti per tutti il sentimento
del
Voltaire intorno al merito dell’autore dell’Amlet
rsi che aveano ragione… Essi al par di me vedevano i falli grossolani
del
loro autor favorito; ma ne sentivano meglio di me
r lampi che balenavano in una oscurissima notte. Tale è il privilegio
del
genio; esso corre senza guida, senz’arte, senza r
egno che lo scorgeva ad’ internarsi nell’uomo, a studiare i movimenti
del
proprio cuore, e a prendere dal vero i colori del
imitarsi; in prima perchè la parte più sana riprenderà l’impertinenza
del
buffone, e perciò, sembrando tal mescolanza sconv
che volendo intenerire e commuovere impedisce egli stesso la riuscita
del
suo disegno distraendo lo spettatore colla buffon
vilegio esclusivo il Sherlock vantasi ammiratore, avrebbero ravvisato
del
patetico e del sublime in questo sangue che si s
vo il Sherlock vantasi ammiratore, avrebbero ravvisato del patetico e
del
sublime in questo sangue che si sforza di uscire
orazione di Shakespear è quella appunto che è sfuggita alla diligenza
del
Sherlock che da venti anni lo stà studiando. Il m
diligenza del Sherlock che da venti anni lo stà studiando. Il merito
del
Shakespear in tale argomento consiste singolarmen
immagini, formano le principali prerogative della poesia onde trionfi
del
tempo. Tutte queste incoerenze, io dico, delle qu
erenze, io dico, delle quali si compone il bel Consiglio a un giovane
del
Sherlock, potrebbero recarci stupore, se fossero
nelle idee . Si faccia parimente grazia a codesto preteso matematico
del
non aver conosc iuta la storia letteraria Italian
o linguaggio non avevano che il greco, e mandarono a spiegar la pompa
del
loro sapere a Costantinopoli i Metodii, i Crisola
odii, i Crisolai, i Barlaami: a quell’Italia, che dopo la distruzione
del
Greco Impero tutta si diede alle greche lettere,
a a communicarle al rimanente dell’Europa, cioè alla Spagna per mezzo
del
Poliziano ammaestrando Arias Barbosa ed Antonio d
Nebrixa, ed all’Inghilterra per opera di Sulpizio, di Pomponio Leto e
del
Guarini, maestri de’ due Cuglielmi Lilio e Gray:
enheltz b. E chi vorrà incolpare quest’Irlandese di picciola levatura
del
non essere istruito della letteratura Italiana, q
tura, oscura ed affettata l’espressione ; aggiugendo che al principio
del
secolo susseguente quel padre del teatro inglese
sione ; aggiugendo che al principio del secolo susseguente quel padre
del
teatro inglese pensò a ripulire il linguaggio nel
troppo erano imbrattate le prime . Inglese era Samuel Johnson, e dopo
del
Rowe e del Pope e del vescovo Warburton, è stato
o imbrattate le prime . Inglese era Samuel Johnson, e dopo del Rowe e
del
Pope e del vescovo Warburton, è stato comentatore
e le prime . Inglese era Samuel Johnson, e dopo del Rowe e del Pope e
del
vescovo Warburton, è stato comentatore delle oper
e e del Pope e del vescovo Warburton, è stato comentatore delle opere
del
Shakespear pubblicate in Londra in otto volumi ne
ducente a far meglio conoscere per mezzo di un nazionale il carattere
del
poeta drammatico inglese. I critici (dice Johnson
la natura universale. Hanno detto che i suoi Romani non erano vestiti
del
proprio costume; e che ai re da lui introdotti ma
o scioglimento. Perchè componeva per vivere, avvicinandosi al termine
del
lavoro si dava tutta la fretta per ritrarne frutt
mini e le donne civili nè parlano nè operano diversamente dalle genti
del
contado. Quando vuole essere oratore (attento, si
l’innocenza che pericola, più sensibilmente manifesta l’ineguaglianza
del
suo ingegno. Non può essere lungo tempo tenero e
Non può essere lungo tempo tenero e patetico… Il difetto più notabile
del
nostro poeta è il gusto singolare che avea pel gi
ere di dire un’ arguzia ecc. ecc. Inglese per finirla era Gray autore
del
componimento scenico intitolato Come la chiamate
alle altre sue glorie contare di essere stato dichiarato l’innamorata
del
tenero Sherlock che consiglia con tutto gusto e g
i ha egli registrate senza esame, e senza ben ricucirle col rimanente
del
suo libretto. Io ne ho voluto accennare soltante
. Ma chi bramasse distinta contezza delle madornali eresie letterarie
del
Sherlock, legga le Tre Lettere dell’erudito Aless
pha, nelle quali introdusse il coro alla maniera greca. Contemporaneo
del
Shakespear fu Giovanni Fletcher, il quale anche c
spear fu Giovanni Fletcher, il quale anche contribuì agli avanzamenti
del
teatro brittannico. Tralle di lui favole passa pe
gno 1634 scritta al conte di Execester. a. Storia de’ Poeti Inglesi
del
Warton tom. III. a. Disse la gran Madre Natura p
om. III. a. Disse la gran Madre Natura presso Melpomene nell’Arminio
del
Pindemonte. b. Tis nature allebut nature metho
tà. a. Questa non è una giustificazione, ma un giudizioso disviluppo
del
pensare del drammatico Inglese. a. Non vo lascia
ta non è una giustificazione, ma un giudizioso disviluppo del pensare
del
drammatico Inglese. a. Non vo lasciare però di a
to venivagli alla bocca contro dell’Italia, anzi contro della storia,
del
gusto e della ragione? Io ignoro quanti siensi ap
oria, del gusto e della ragione? Io ignoro quanti siensi approfittati
del
di lui consiglio se non per poetar bene, almeno p
LIBRO VI ADDIZIONE I* Sullo stile
del
Caraccio. Chi non voglia arrogarsi una magist
he asserisce. E per dimostrare la sublimità e la sobrietà dello stile
del
Caraccio, basta inviare i leggitori al di lui poe
er chi ne volesse un saggio recheremo quì un passo della scena quarta
del
I atto in cui l’autore rileva i terrori notturni
i notturni della Regina, calcando le tracce di Alvida nel Torrismondo
del
gran Torquato. Ella dice: Lassa che appena i la
le strida e i pianti Che percuotono i legni, o ingoian l’onde. E
del
figlio talor la voce io sento In un profondo ba
te di sangue. Vediamone ancora un altro frammento della scena terza
del
III, in cui Corradino avendo saputa la deliberazi
da un Crescimbeni e da altri gran letterati, come i primi ristoratori
del
buon gusto in Italia. Non avremmo noi quì ripetut
rire in una prefazione che lo stile di lui si risente dell’infelicità
del
suo tempo. Di grazia indicano veruna infelicità d
e dell’infelicità del suo tempo. Di grazia indicano veruna infelicità
del
seicento i passi allegati? ne indica tutta la tra
raccio; sono i due versi seguenti detti da un Messo nella scena prima
del
IV atto: O superbia superba, o de le menti Go
L’emulator di Pindaro, seguendo il satirico Lucilio, l’usò nell’ode 2
del
libro II, Crescit indulgens sibi dirus hydrops,
la poesia scenica, da un concettuzzo falso e proprio della corruzione
del
secolo XVII. Sa egli però che di tali ornamenti n
molti se ne hanno non solo nel Caraccio, ma in altri celebri Italiani
del
XVI e in cento Francesi, e nell’istesso P. Cornei
mmenso popolo di Mori Spagnuoli. ADDIZIONE V* Convitato di pietra
del
Zamora. In Ispagna si è continuato a mostrar
argomento trattato con minori assurdità. In Italia si tradusse quella
del
frate dal Perrucci siciliano. ADDIZIONE VI**
i degli apologisti Spagnuoli. E Lasciando gl’innumerabili insetti
del
Parnasso Spagnuolo che professano di tutto ignora
onfrontino le loro scritture. ADDIZIONE VII* Esame delle tragedie
del
Virues. La gran Semiramis a buona ragione no
lti fatti e molti ammazzamenti, ed è la più spropositata delle favole
del
Virues. Ad eccezione di uno o due personaggi che
a non disapprovata dal Montiano, è poi la cosa più sciocca e ridicola
del
dramma, sembrando che Attila dovrebbe dipingersi
e inconseguenze continue; lo stile ineguale ora plebeo e della feccia
del
volgo, ora fuor di proposito elevato, sempre scon
’Isabella dell’Ariosto amata da Zerbino. Ed appunto nella prima parte
del
la favola del Virues accade a Marcella l’avventur
’Ariosto amata da Zerbino. Ed appunto nella prima parte del la favola
del
Virues accade a Marcella l’avventura d’Isabella c
accade a Marcella l’avventura d’Isabella che condotta da tre seguaci
del
suo amante resta in potere di uno di essi preso d
è data in custodia alla vecchia Gabrina. Manca poi al Virues la guida
del
poeta ferrarese, e si avvolge nel resto in avvent
ppresenta questa regina amante di Enea come cantò Virgilio. La favola
del
Virues si aggira sul matrimonio che Jarba vuol co
personaggi subalterni cicalano a dismisura, Elisa, figura principale
del
quadro, in cinque atti recita appena 170 versi, e
ros ha huerfanitos Hallaros ha horfanitos pag. 285, lin. 1
del
corrente anno 1789 dell’anno 2789 *. A
à il 1668 con l’ Ippolita e la Cintia, e ove tornò poi il ’75, comico
del
Serenissimo Signor Duca, con la Flaminia e la Vit
laminia si nascondeva la Marzia Fiala, modenese, prima donna e moglie
del
Capitano Sbranaleoni, e sotto quello di Vittoria
se Teodora Areliari. Non così agevole è l’identificare le due attrici
del
’68, le quali potrebbero essere la Ippolita Gabbr
izioni che sono nelle date dei documenti. Egli fu a recitare l’estate
del
1686 a Vicenza, raccomandato da S. A. al Conte Fr
Venezia raccomandato sempre da S. A. all’abate Grimani. Il 13 maggio
del
1688, il Duca di Modena scriveva al Conte Marco V
bito per Modena Costantini e suo figlio Gio. Battista, e il 13 aprile
del
1689 un tal dottore Pietro Francesco Torricelli f
ati di percosse nella persona di Graddellino Commediante. Da una nota
del
Tralage sappiamo che il Costantini esordì al teat
a parte di primo Zanni, sotto nome di Gradelino ; e secondo il parere
del
vecchio Riccoboni, riferisce il Gueullette che il
dopo il suo esordire. Il Gherardi nella prefazione alla sua Raccolta
del
Teatro Italiano, dice di non aver conosciuto che
ha nominati nella prefazione, si è perchè essi sono stati alla Porta
del
Teatro italiano. Il Costantini dunque, dopo la s
itorno a Parigi, poichè riferisce il Campardon una querela colla data
del
5 febbraio 1696 sporta dal Costantini a nome di t
ul lor teatro, composte dal musicista Gillier : arie, che per decreto
del
17 dicembre 1694, non potevano essere stampate da
Perotti-Nazzari Assunta. Moglie
del
precedente, artista di gran valore per ogni speci
munda, Antigone, Sofonisba, Merope, Ottavia di Alfieri, alcuni drammi
del
Metastasio e del Federici, e molte commedie del G
Sofonisba, Merope, Ottavia di Alfieri, alcuni drammi del Metastasio e
del
Federici, e molte commedie del Goldoni, del Nota,
lfieri, alcuni drammi del Metastasio e del Federici, e molte commedie
del
Goldoni, del Nota, del Giraud ebbero in lei un’in
i drammi del Metastasio e del Federici, e molte commedie del Goldoni,
del
Nota, del Giraud ebbero in lei un’interprete valo
el Metastasio e del Federici, e molte commedie del Goldoni, del Nota,
del
Giraud ebbero in lei un’interprete valorosa : e V
davvicino ; e le scrisse una lettera di lode, congratulandosi con lei
del
modo stupendo con che declamava i suoi versi, e d
i diversi caratteri. Con grandissimo successo recitò a Roma l’autunno
del
1807 la parte di Gilda nell’ Aio nell’imbarazzo d
raud. Il ritratto che do qui, alcun po'ridotto, fu pubblicato a Roma
del
1806 da Luigi Perego Salvioni, con in fronte il s
ende egli stesso a coronare il merto. Mortole il marito, rimase fuor
del
teatro un anno in segno di lutto, poi formò con L
risolse di abbandonar l’arte. Le traversìe ch'ella patì dopo la morte
del
marito furon terribili. Prima, un amico di lui, t
r andare a pranzo dalla poetessa improvvisatrice Rosa Taddei, sorella
del
celebre caratterista. Povera Perotti ! E che anim
tere tosto che ne’ buoni esemplari additata lor si fosse quella forma
del
Bello che il Gusto inspira ed alimenta negli anim
nte a credere. La necessità di apprendere l’artificio e il portamento
del
nostro sonetto, della canzone, dell’ottava, della
si riscaldarono Garcilasso, Errera, Argensola ed altri valorosi poeti
del
secolo XVI. Ma perchè nella drammatica non valse
e la commedia italiana non si confaceva gran fatto a’ patrii costumi
del
cielo ispano. Forse ciò avvenne ancora, perchè i
no anche sotto Filippo III, scorrendo con piede ardito per ogni parte
del
Parnasso, osarono calcar nella scenica un nuovo s
de’ più sobrii scrittori, caratterizzò come inintelligibili le poesie
del
Gongora. Quevedo se ne burlava ancora. Il giudizi
a molti anni defunto amico Nicolàs Fernandez de Moratin. Tra’ sonetti
del
Gongora alcuno ve n’ha esente da notati difetti:
, le quali lasciò imperfette. Tutte le ciance e i traslati aggroppati
del
Polifemo e delle Solitudini si trovano nell’Isabe
arlando di un vecchio canuto chiama i di lui capegli raggi pettinati
del
sole della prudenza , e fila da cui pendono (c
teresse. Del Dottor Carlino non si ha che il primo atto e buona parte
del
secondo. Questa favola è più comica, e sebbene la
vole posta alla vista sulle scene che nella lettura. Da questa favola
del
Gongora si vede che la commedia spagnuola non è s
ll’Aminta; e nelle due sole scene che lo seguono si narra l’avventura
del
bacio dato da Mirtillo del Guarini ad Amarilli co
scene che lo seguono si narra l’avventura del bacio dato da Mirtillo
del
Guarini ad Amarilli col pretesto di farsi guarire
pel teatro sotto Filippo III gli autori che soggiungo. Contemporaueo
del
Gongora fu Giovanni de Tasis y Peralta conte II d
stofero Suarez de Figueroa giureconsulto si distinse colla traduzione
del
Pastor fido impressa in Valenza nel 1609; ed il s
l 1609; ed il sivigliano Giovanni Jauregui buon pittore e poeta emulo
del
Quevedo e del Gongora che produsse in Roma la bel
sivigliano Giovanni Jauregui buon pittore e poeta emulo del Quevedo e
del
Gongora che produsse in Roma la bella sua version
dines y Campos Sabeos tragicommedia, cui poscia ne aggiunse un’ altra
del
medesimo titolo, le quali s’impressero nel 1624 i
e due sulla Pastorella Alfea. Scrissero ancora commedie verso la fine
del
regno di Filippo III e principio del seguente due
ro ancora commedie verso la fine del regno di Filippo III e principio
del
seguente due castigliani Antonio Hurtado de Mendo
e molti stimano, essa merita di conoscersi originalmente sì in grazia
del
coronato inventore, che per la commedia stessa la
rra, e la morte da lei ordinatane e pianta. Giornata I. Bianca amante
del
conte e fiera nemica occulta d’Elisabetta ne tram
mpi si reputava un favore e una prova d’inclinazione della dama verso
del
cavaliere che la riceveva. Si dividono scambievol
della poesia con gesti di scimie delle mani, de’ piedi, degli occhi,
del
corpo tuttoa, va dipingendo, non già lo spirito d
edi, degli occhi, del corpo tuttoa, va dipingendo, non già lo spirito
del
sentimento e delle passioni, ma le parole delle m
tto grondante di sudore per lo studio che pone ad imitare i movimenti
del
becco, delle ali, degli artigli di un uccello, lo
, degli artigli di un uccello, lo strisciar della serpe, il corvettar
del
cavallo, ed il guizzar del pesce. Il conte vuol r
lo, lo strisciar della serpe, il corvettar del cavallo, ed il guizzar
del
pesce. Il conte vuol riferire che entrò nel giard
. In ciò si spendono ben 125 versi, ne’ quali entra una scarsa vena
del
Tamigi che si fa un salasso di neve, una folta ch
ata di un boschetto pettinata dal vento con difficoltà , l’incertezza
del
conte in discernere, se le gambe della dama che
oltre alla potente inclinazione che glielo raccomanda. Essex da’ moti
del
di lei volto si accorge esser ella la donatrice d
la regina tiranneggiata dal fasto e rapita dalla propria debolezza, e
del
conte combattuto dall’amore di Bianca e dalla spe
bolezza, e del conte combattuto dall’amore di Bianca e dalla speranza
del
possesso di una regina dotata di bellezza. Ma que
llezza. Ma questo punto dell’azione vien raffreddato dalle pedanterie
del
poeta. Si sente cantare questa redondiglia: Si a
me sostiene come più opportuno il parlare. Ognuno vede la stravaganza
del
secolo che convertiva i personaggi in poeti impro
Bianca colla banda che porta sopra di se, avendola ricevuta dal servo
del
conte. La regina l’osserva, si agita, dà ordini,
eri cotanto audaci. (Oh grandezza tu sforzi il labbro a parlar contro
del
cuore!) Parte l’una colerica e gelosa, l’altro ab
ensa a qual rischio la tua vita esponi. Specchiati in questa immagine
del
vero, E ingelosir chi tutto può, paventa. Così l
traggiata, giura vendicarsi colle proprie mani. La Regina tralle cure
del
regno e dell’amore si addormenta. Bianca esce con
i addormenta. Bianca esce con una pistola alla mano che porta il nome
del
conte. Questi sopraggiugne e l’osserva maraviglia
e domanda il perdono che suol concedersi a’ rei che veggono la faccia
del
sovrano. Nega la Regina di altro potere a suo prò
ra scritta dal conte a Bianca. Scopre il di lei delitto e l’innocenza
del
padrone, e la reca alla Regina. Se ne rileva ch’e
enne le situazioni tragiche nel suo Conte d’Essex; ma nella dipintura
del
carattere del conte egli rimane al di sotto dell’
ioni tragiche nel suo Conte d’Essex; ma nella dipintura del carattere
del
conte egli rimane al di sotto dell’originale. Nel
lepio, muore più per disperazione che per grandezza d’animo. Il gusto
del
monarca a guisa del suono si propaga e si diffond
disperazione che per grandezza d’animo. Il gusto del monarca a guisa
del
suono si propaga e si diffonde in tutti i sensi p
Dio e far penitenza in una solitudine, e muore santamente. Nell’atto
del
Guevara si vede alla prima la dipintura naturale
rappresenti in Valenza nel teatro dell’Olivera. Apparisce l’interiore
del
teatro, e si veggono nella platea sparsi alcuni v
e, come è stato costume anche in Madrid sino ad alcuni anni fa (prima
del
tumulto accaduto in tempo di Carlo III), vanno gr
tempi da’ commedianti) facendo la parte di Rosa Solimana. Nel meglio
del
recitare si distrae, e fa riflessioni morali sull
a favola, dice a vista degli spettatori e de’ compagni, Afuera galas
del
mundo, afuera ambiciones locas que solo me haveis
locas que solo me haveis servido en esta farsa engañosa por testigos
del
delito; e gettati via gli abiti teatrali parte p
Baltassarra, le preghiere e le lagrime di un suo amante, i tentativi
del
demonio per distorla. Nell’atto terzo il Roxas co
per distorla. Nell’atto terzo il Roxas continuò a mostrare le astuzie
del
demonio, finchè si vede Baltassarra già spirata.
no di notarsi è il carattere comico di un toledano chiamato Don Lucas
del
Cigarral bellamente dipinto. Vedasene uno squarci
. Se taluno dirà d’aver la posta Corsa sino a Siviglia, Egli, ad onta
del
mar che si frappone, Fino al Perù la corsi anch’i
sere ben graziosa, ha il merito di prevenire l’uditorio sul carattere
del
protagonista. Il poeta con altre pennellate ancor
ed io possiamo averne quanti vorremo. Venite questa notte a trattare
del
primo, che ci sarà tempo poi per gli altri. Mio c
ndata in occasione di nullità o divorzio. In Toledo a’ 4 di Settembre
del
1638. Don Luca Cigarral. In conseguenza del suo
Toledo a’ 4 di Settembre del 1638. Don Luca Cigarral. In conseguenza
del
suo carattere procede don Luca nella briga attacc
lla col suo cugino per vendicarsene; perchè essendo poveri, mal grado
del
loro amore, forza è che vivano malcontenti. I car
issime commedie dell’istesso Lope si rappresentano, havvene più d’una
del
Montalbàn che si ripete quasi in ogni anno in Mad
rviene Sancio re di Castiglia, e nel II l’azione segue sotto il regno
del
di lui successore Ferdinando, rendono mostruosa q
la figliuola di Lindona che ella avea gettata in mare per vendicarsi
del
principe Garzia di lei padre. Los Amantes de Ter
principe Garzia di lei padre. Los Amantes de Teruel. In questa terra
del
regno di Aragona corre una tradizione degli amori
nell’arrivar ricco per isposare la sua innammorata e trovarla moglie
del
suo rivale, l’altra al vedere estinto l’amante. L
ad un tempo in isposa. Il vecchio riceve con sommo piacere le istanze
del
ricco, ma alle fervide insinuanti preghiere del p
mo piacere le istanze del ricco, ma alle fervide insinuanti preghiere
del
povero egli rimane intenerito ed irresoluto a seg
di Teruel per mantenersi, e gliene dà altri quattromila per le spese
del
viaggio. Non può disporsi Isabella a sposar Ferdi
io di questa scena. Vieni tu con salute? dice Isabella. Saprai poi
del
mio stato , risponde Diego; ma tu come stai? Mort
i muore accanto. La relazione ch’ella prima di spirare fa della morte
del
suo amante al marito, e l’estreme sue querele mal
i assurdità. In Italia però dal Perrucci siciliano si tradusse quella
del
frate, ed i pubblici commedianti la ridussero a s
e una dipintura di un discolo, la spogliò della varietà intemperante,
del
bizzarro, del miracoloso, e ne dissipò il concors
a di un discolo, la spogliò della varietà intemperante, del bizzarro,
del
miracoloso, e ne dissipò il concorso. Fece altret
sipò il concorso. Fece altrettanto Carlo Goldoni. Il dramma originale
del
Tellez ha trionfato per più di cento anni su tant
anni su tanti teatri, e si riproduce da’ ballerini pantomimi; ad onta
del
re di Napoli che esce col candeliere alla mano ai
el giro di ciascun anno costantemente vi si ripetono. Ogni prima Dama
del
teatro spagnuolo per far pompa di abilità apprend
lato la Raquel che si trova inserito nel Parnasso Spagnuolo. L’azione
del
dramma incomincia dall’esiglio degli Ebrei decret
i decretato da Alfonso, per cui viene Rachele ad implorar la clemenza
del
sovrano, prosegue col reciproco innammoramento, e
tà, la buffoneria alternata con gli evenimenti tragici, non offuscano
del
tutto l’energia e la verità che si osserva nella
ia. Deificato da alcuni fu trattato da altri qual mostro e corruttore
del
teatro. Non meritava la cieca idolatria de’ primi
là tutto il ridicolo della smania cavalleresca e de i duellisti mercè
del
piacevole pennello di Miguèl Cervantes, i persona
strada de las tres Cruces, alludendo con equivoco meschino alle croci
del
Calvario e alla calle de las tres Cruces di Madri
adrid. Con simile equivoco si dice che la Samaritana abita alla calle
del
Pozo. Con istrano anacronismo intervengono in un
be, Davide e Geremia, i quali affermano che egli la meriti pel quarto
del
Padre; dopo di che il Mondo si determina a dare a
o non averla sinora concessa a veruno se non per onore. Nel Laberinto
del
Mondo l’Innocenza rappresentata dalla Graziosa, c
eos che è Gesù Cristo venuto su di una nave a redimere il mondo, dice
del
mare, … por mi cuenta he hallado Que no es grazi
o . Non so se nell’auto riferito Calderòn si propose ancora in grazia
del
sublime e del maraviglioso di mentovar l’uso del
nell’auto riferito Calderòn si propose ancora in grazia del sublime e
del
maraviglioso di mentovar l’uso del chocolate prim
ose ancora in grazia del sublime e del maraviglioso di mentovar l’uso
del
chocolate prima della venuta di Cristo; almeno no
fine per sempre da teatri spagnuoli. Erano già tre mesi nel settembre
del
1765 quando giunsi in Madrid, che per real rescri
el settembre del 1765 quando giunsi in Madrid, che per real rescritto
del
gran monarca Carlo III se n’era proibita la rappr
za numero, e si stravolge il bellissimo episodio di Olinto e Sofronia
del
gran Torquato: la Aurora en Copacavana che a sten
uato: la Aurora en Copacavana che a stento m’induco a crederla lavoro
del
Calderòn. In essa i Peruviani sono delineati a ca
rescelgo in questo genere tragico, malgrado delle buffonerie, la Hija
del
aire, el Tetrarca de Jerusalen, la Niña de Gomes
Tetrarca de Jerusalen, la Niña de Gomes Arias. Sotto il nome di Hija
del
aire (figlia del vento) Calderòn non altrimenti c
alen, la Niña de Gomes Arias. Sotto il nome di Hija del aire (figlia
del
vento) Calderòn non altrimenti che l’italiano Muz
nozze con Mennone indi con Nino re degli Assiri. Nella seconda trattò
del
di lei regno dopo la morte di Nino, della maniera
di lei regno dopo la morte di Nino, della maniera come tolse il freno
del
governo al figliuolo inetto e regnò sotto spoglie
i timori di Marianna riguardo al mostro, e perchè non abbia a temere
del
pugnale, lo getta in mare, supponendo il poeta ch
Tolomeo col pugnale fitto nel corpo, e prima che spiri fa un racconto
del
trionfo di Ottaviano e dell’armata ebrea distrutt
iano e dell’armata ebrea distrutta dalla tempesta. Ma egli a dispetto
del
pugnale che l’ha trafitto, vuole tutto ciò riferi
cometa errante, che corre la sfera dell’aria contro l’umano vascello
del
di lui corpo . Un poeta più sobrio avrebbe ad un
estina nel tempo che contendevano Ottaviano e Marcantonio dell’impero
del
mondo, concepisca il disegno di farsi padrone di
a della sua morte. La gelosia gli fa vedere la sua Marianna in potere
del
nemico che ne tiene varii ritratti. Pensa ad impe
rianna si presenta ad Ottaviano coperta di un velo, e domanda la vita
del
consorte. Egli non vuole udirla, e le dice, Si e
d un’ avventura notturna; là dove egli prima per dissipare i sospetti
del
Tetrarca magnanimamente diede ragione della manie
volontaria. Puerilmente ancora Ottaviano s’invaghisce un’altra volta
del
ritratto che spontaneamente le avea consegnato, e
Chi riconosce più in tal conflitto e strano inseguimento l’Ottaviano
del
resto della favola? Il Tetrarca viene col disegno
na. Si maraviglia de’ fregi donneschi sparsi per la stanza; si avvede
del
suo pugnale che era rimasto in potere dell’impera
ntra Marianna e l’ammazza, e poi si getta in mare. Questa è la favola
del
Tetrarca de Jerusalèn che l’autore volle chiamar
nato da Gerusalemme a Menfi e da Menfi a Gerusalemme, la cura puerile
del
poeta di accreditar gli errori volgari dell’influ
. E chi non vede quanto più la Marianna di Tristano rassomigli quella
del
Dolce, il quale, se ne togli qualche languidezza
errore, se non avesse scemata l’odiosità prodotta dall’insana sevizia
del
tiranno coll’infruttuoso suo pentimento; o se dop
uenti false e inverisimili. Ella domanda al Moro: Dime que has hecho
del
dia, Atezada nube parda? Sombra que has hecho del
Dime que has hecho del dia, Atezada nube parda? Sombra que has hecho
del
sol? Noche que has hecho del alba? È presa da’ M
Atezada nube parda? Sombra que has hecho del sol? Noche que has hecho
del
alba? È presa da’ Mori, ma vien liberata da alcu
a di quella casa stessa, e per errore porta seco Dorotea. All’apparir
del
dì nell’atto III la riconosce, e si trovano nel m
elo Mi vendichi di te ; l’aria ti manchi, Ti nieghi il sol la luce, e
del
tuo sangue Ti vegga asperso, e dell’infame busto
mostrò, chè il ciel dispone Ch’io nell’essere amata ed abborrita Sia
del
pari infelicea ! Or tu vorrai Darmi in sua man, n
gnor, pietà, mercè, Deh non lasciarmi, oimè! Presa in Benamexì In man
del
Cagneria Chè se per non serbar la data fede, Fug
miserabil vecchio Pensa qual resterà, quando l’infausta Novella a lui
del
mio destin pervenga. Vendicarsi vorrà, quando non
Signor, pietà, mercè, Non mi lasciare, oimè! Presa in Benamexì In man
del
Cagnerì. Ma l’infelice è dall’inumano Gomes data
nella Barbata, vendè la sua benefattrice. Se l’argomento della favola
del
Calderòn è finto, egli immaginò quel che eseguì i
testabile Inglese. Se egli trasse dal fatto della Caraìba l’argomento
del
suo dramma, perchè mai trasportò dalla nazione in
’umana malvagità volle copiare se stessa, e far ripetere nel declinar
del
passato secolo ad un Inglese quel che già avea es
se quel che già avea eseguito uno Spagnuolo. Ma il merito particolare
del
Calderòn non si appalesa nelle favole istoriche,
uriosi disposti acconciamente, regolarità maggiore, stile più proprio
del
genere, e dialogo quasi sempre naturale. Quindi è
i più non compariscono sulle scene di Madrid, vi si sostengono quelle
del
Calderòn. Noi qui potremmo addurne diverse degne
se passano i personaggi d’uno in un altro impegno. Lo stile è proprio
del
genere eccetto quando gli amanti vogliono parere
r alcune situazioni comiche. Nella prima un principe ama l’innamorata
del
suo favorito, e sapendone i secreti toglie agli a
, di sposarsi, e di fuggirsi via. Nell’altra un servo diventa la spia
del
proprio padrone, che è il segretario di una princ
ttento. Indirizza poi a’ circostanti un discorso diverso dal secreto,
del
qual discorso però ogni prima parola di un verso
ue opposizioni. Primieramente la prima voce da prendersi nella favola
del
Calderòn è sempre il principio di un verso, e non
o di un verso, e non già di un periodo terminato. Di poi la lunghezza
del
discorso riesce inverisimile all’improvviso nel p
la di questi quattro versi dee servire per prima parola di ogni verso
del
discorso generale indirizzato a tutti gli altri;
no di questi versi fornisce le quattro prime parole de’ quattro versi
del
sentimento che si dirige agli astanti. Eccone la
esser la commedia scritta in versi. Contansi tralle migliori commedie
del
medesimo autore per situazioni interessanti e per
ben distinti: el Medico de su honra, Primero soy yo, Dicha y desdicha
del
nombre, el Garrote mas bien dado. La commedia No
di Beatrice c’induce a sospettare che Moliere ne avesse tolta l’idea
del
suo componimento le Donne Letterate; ma ciò è inc
està, e gli è detto che si contenga nel dovuto rispetto alla presenza
del
Podestà. Norabuena, egli risponde, Diciendo yo l
, e lo superavano per qualche altro pregio. Moreto giusta il costume
del
secolo scrisse varie commedie in compagnia di alt
un carattere, comparisce singolarmente nella sua commedia el Marquès
del
Cigarral. Questo marchese è un ridicoloso vantato
or di proposito. Lo stile di Moreto generalmente è moderato e proprio
del
genere comico, eccetto quando parla l’innamorato,
pressioni. Moreto non pertanto pieno di buon senso vide molti difetti
del
teatro spagnuolo, e più di una volta ne rise. In
all’uso spagnuolo. Essa è tanto regolare quanto gl’Impegni in sei ore
del
Calderòn; ma è più semplice, meno caricata di acc
itate da’ Nasarri e da’ Lampilli? E lasciando gl’innumerabili insetti
del
Parnasso spagnuolo che professano di tutto ignora
nella mia ben lunga dimora. El desdèn con el desdèn, altra commedia
del
Moreto, comparisce sempre con nuovo diletto sulle
altra e la chiede in isposa, così che la gelosia finisce di trionfare
del
cuore di Diana. E finalmente la languidezza, con
di Regnard. Egli l’ha inserita nel suo Teatro Spagnuolo con altre due
del
medesimo autore, cioè col Parecido en la corte, e
imento opposto introduce un fratello che non è la persona più scaltra
del
mondo nè la più atta a vegliare su gli andamenti
i cattivo esempio che danno peso appo i volgari alle massime perverse
del
libertinaggioa. Termineremo di parlar del Moreto
lgari alle massime perverse del libertinaggioa. Termineremo di parlar
del
Moreto colla commedia intitolata el Valiente Just
o i Mori a colpi di lancia. Egli gonfio non meno della ricchezza, che
del
legnaggio dice, … que en Castilla viò Ricos-homb
ivato cortigiano chiamato Aguilera. Don Tello parla con poco rispetto
del
re che crede assente, ed il finto Aguilera alzand
ondannato a morte. Perchè egli più di una volta ha mostrato disprezzo
del
valor personale del re che si teneva per prode, p
erchè egli più di una volta ha mostrato disprezzo del valor personale
del
re che si teneva per prode, per ordine secreto de
el valor personale del re che si teneva per prode, per ordine secreto
del
sovrano è condotto fuori della prigione e di Madr
, godendo di avere umiliato e convinto l’orgoglioso vassallo non meno
del
proprio podere che della gagliardia. Prima di pas
Prima di passare alle commedie di Antonio Solis, quest’ultima favola
del
Moreto ci torna in mente quante volte i poeti spa
alla caccia obbligato da una improvvisa tempesta si raccoglie in casa
del
lavrador Juan Pasqual, con cui nel tempo della ce
d è la migliore delle sue favolea. Notabili sono in essa il carattere
del
re Alfonso detto il savio, e quello di un uomo di
Interessante singolarmente è la scena della loro cena; ed i discorsi
del
re, e di Juan Pasqual sono ben degni degli elogii
anifesta il carattere. Arbitro di natura, alto sovrano Della terra e
del
ciel, quali non debbo Grazie alla tua pietà, che
re d’Inghilterra che smarrito in una foresta si ricovera solo in casa
del
mugnajo, dove ascolta i propositi de’ campagnuoli
contadinaa Verisimilmente l’autore ne tolse l’argomento dalle favole
del
Moreto e dell’anonimo o di Matos. Non per tanto m
copia delle mentovate commedie spagnuole. L’altro degno contemporaneo
del
Calderòn e del Moreto è il celebre autore della s
tovate commedie spagnuole. L’altro degno contemporaneo del Calderòn e
del
Moreto è il celebre autore della storia della Con
alderòn e del Moreto è il celebre autore della storia della Conquista
del
Messico Antonio Solis. Senza eccettuarne l’istess
l’istesso Moreto, egli ha rispettate più di ogni spagnuolo le regole
del
verisimile. Circa l’unità di tempo quasi mai non
non mai incorre in metafore stranissime, o nella mostruosa mescolanza
del
tragico col comico. M. Linguet hadel Solis tradot
alla Carreras che già si era ritirata dal teatro quando io nella fine
del
1783 lasciai le Spagne. L’una e l’altra con pari
e la Carreras, benchè giovane, tornar più sulle scene. Altra commedia
del
Solis è il Doctor Carlino, la quale anche si cont
aggio che dà il titolo alla favola è tratto della commedia imperfetta
del
Gongora, ed è felicemente dipinto; ma questa comm
di Don Domingo, cavaliere onorato e valoroso, ma talmente innamorato
del
proprio comodo e così avverso a quanto possa torg
ntonio Zamora che raccolte in due tomi si sono impresse ne’ principii
del
secolo XVIII, havvene due che oggi si rappresenta
to di pietra in parte rettificato. Zamora spogliò la mostruosa favola
del
frate di molte inverisimiglianze; colorì assai me
el frate di molte inverisimiglianze; colorì assai meglio il carattere
del
libertino; circoscrisse l’azione all’ammazzamento
io il carattere del libertino; circoscrisse l’azione all’ammazzamento
del
comendatore, rammentando per racconto i trascorsi
ll’ammazzamento del comendatore, rammentando per racconto i trascorsi
del
Tenorio in Napoli, e ritenne solo il prodigio del
lontano da molte stranezze nazionali di que’ tempi. L’altra commedia
del
Zamora solita a rappresentarsi è l’Hechizado por
uel genere comico che si appressa alla farsa. Pecca ancora nell’unità
del
tempo, durando l’azione intorno ad un mese; come
el tempo, durando l’azione intorno ad un mese; come altresi in quella
del
luogo, benchè non esca da’ contorni di Madrid; ma
eggono alcuna volta sulle scene, lo Schiavo in catene d’oro, il Sarto
del
Campiglio, il Duello contra l’Innamorata. Non v’h
a viene a fondare questa massima: que no es ciencia que se studia la
del
reinar , cioè che l’arte di regnare non si studia
nel maneggio degli affari; altrimenti il popolo nella scuola pubblica
del
teatro porterà a casa un grossolano pregiudizio c
a favola di Candamo risulta uno sciocco insegnamento, cioè che l’arte
del
regnare non s’impara se non col solo maneggio deg
lo V, di Cristina di Svezia ecc. L’altra commedia di Candamo il Sarto
del
Campiglio è una mescolanza di affari pubblici di
itè difficile. Incredibile è il numero de’ contemporanei e successori
del
Calderòn, i quali con minor vena, fuoco e felicit
ità hanno seguito il di lui metodo. Io potrei impinguare questa parte
del
mio libro con più migliaja di commedie e de’ già
no ridere senza gravità ; per servire alle leggi della storia che sol
del
vero si alimenta e si pregia, osserviamo che rari
inguet (cui non ha punto liberato dalle insolenze ingiuste per lo più
del
fu Vicente Garcia de la Huerta l’essere stato tan
iù del fu Vicente Garcia de la Huerta l’essere stato tanto benemerito
del
teatro spagnuolo) se avanzano che la vera tragedi
conosciuta dalla maggior parte della nazione. Quasi tutte le tragedie
del
secolo XVII appartengono a Cristofaro Virues, ave
molti fatti e molte uccisioni, ed è la più spropositata delle favole
del
Virues. Ad eccezione di uno o di due personaggi c
ata dal signor Montiano, mi sembra poi la cosa più sciocca e ridicola
del
dramma. Atila dovrebbe dipingersi furioso, se non
le inconseguenze continue, lo stile ineguale, ora plebeo della feccia
del
volgo, ora fuor di proposito elevato, sempre scon
prima parte Virues mostra il caso d’Isabella condotta da tre seguaci
del
suo amante e restata in potere di uno di essi pre
esto il più forte de i due, ferisce l’altro. Alarico nel componimento
del
Virues mentre Marcella dorme, invia Ismenio a pro
todia nell’Ariosto alla vecchia Gabrina. Manca poi al Virues la guida
del
Ferrarese, e si avvolge nel resto in avventure ma
personaggi subalterni cianciano a buon dato, Elisa figura principale
del
quadro, in cinque atti appena recita 170 versi e
ca, ritorna a Lesbo, e va a morire in Egitto. Forse dopo l’Elisa Dido
del
Virues non possiamo contare altre tragedie del XV
orse dopo l’Elisa Dido del Virues non possiamo contare altre tragedie
del
XVII secolo, che la traduzione delle Troadi di Se
nella quale si nota qualche squarcio sublime. Ma nè queste nè quelle
del
Virues sono mai state rappresentate ne’ teatri di
e ne’ teatri di Madrid negli anni che io vi dimorai. Tale è la storia
del
Teatro Spagnuolo fino alla fine del passato secol
e io vi dimorai. Tale è la storia del Teatro Spagnuolo fino alla fine
del
passato secolo da me con pazienza e fede compilat
antoni letterarii, ed infedeli adulatori di se stessi, e de i difetti
del
teatro nazionale. Allora (o che io m’inganno) da
nemeriti di una nazione, di cui non meno nel Discorso sopra le sviste
del
Lampillas, che nell’Orazione funebre per Carlo II
nell’Orazione funebre per Carlo III recitata ed impressa nell’aprile
del
1789, ed altre volte reimpressa, abbozzai un sinc
timo effetto; ed io ho procurato conservarlo imitandone la variazione
del
metro. Ecco i versi dell’originale. Señor Gomes
fo che non perde di vista la correzione de’ costumi e la proscrizione
del
ridicolo; ma confessa di non trovarvisi nè saviez
maggior difetto di essa sia che manchi d’interesse tanto il carattere
del
Mugnajo quanto l’avvenimento di Pegny col Milord,
ra che certi dialoghi intitolati Viage entretenido, dove si trattava
del
mestiere e della vita laboriosissima de’ commedia
un Huerta di Madrid sulla letteratura teatrale spagnuola e su l’opera
del
nominato Roxas; e quindi convien dire o che fu im
to impiegato, lasciò a’ quindici anni la scuola (distruggendo i sogni
del
padre che volea fare di lui un gran dignitario de
un gran dignitario della chiesa), per chiedere asilo al palcoscenico
del
Valletto, ove faceva gli annunzi e le comparse. N
la famiglia di Giuseppe Zacconi, e vi restò sino a tutta la quaresima
del
’66, recitando magro, allampanato la parte di Pil
ma del ’66, recitando magro, allampanato la parte di Pilade al fianco
del
vecchio Zacconi, Oreste, grasso e grosso allora c
tteria dominante in quella compagnia. Fu Giuseppe Bracci, il restante
del
’66, con Ferdinando Arcelli, il ’67 con Raffaello
col quale andò a sostituire l’egregio attore Marchetti. Il 10 ottobre
del
’73 si unì in matrimonio con la prima attrice gio
Luigi Monti. Da questo punto, si può dire, comincia la realizzazione
del
sogno artistico di Giuseppe Bracci. La quaresima
Marini, poi per un anno con Andrea Maggi con cui si recò nell’America
del
Sud. Ne tornò alla fine del ’91 per entrar nella
Andrea Maggi con cui si recò nell’America del Sud. Ne tornò alla fine
del
’91 per entrar nella Compagnia d’ Italia Vitalian
un triennio, e dalla quale si tolse per far parte sino alla quaresima
del
’97 della Compagnia Pasta-Di Lorenzo, in qualità
Chamillac di A. Daudet, nella quale si procacciò l’encomio meritato e
del
pubblico e della stampa.
Bartoli-Ricci Teodora. Moglie
del
precedente, figlia di Emilia Gambacciani, pisana
in Compagnia di Gerolamo Medebach. Fu tenuta a battesimo dalla moglie
del
capocomico, e fu chiamata col nome della madrina.
modo di mostrare la sua grande attitudine a Giovanni Roffi, col mezzo
del
quale, fu accettata l’anno 1769 nella Compagnia d
i, a cui aveva dedicato gli Sciti di Voltaire nella italiana versione
del
D’Orenzo. Salita già in fama, e occorrendo ad Ant
dora Ricci. A questo punto lascio il Bartoli per ricorrere alla fonte
del
Conte Carlo Gozzi, il protettore della Compagnia,
o, con l’onorario annuo di soli cinquecento venti ducati. Quel soli è
del
Gozzi, il quale anche aggiunge essere stato quell
e lontananza. Le sue belle chiome bionde supplivano a qualche difetto
del
viso. I suoi vestiti, che spiegavano la sua indig
sua bocca, non picciola, indebolita, e rovinata negli angoli da’tarli
del
vajuolo, sforzava quella povera giovine ad un inv
ro di esso Gozzi, colla vecchia tragedia Il Conte d’Essex, col Fasiel
del
D’Arnaud, tradotto a posta dal Gozzi, fu alla fin
D’Arnaud, tradotto a posta dal Gozzi, fu alla fine, col Gustavo Wasa
del
Piron, tradotto dal Gritti, prima, poi colla Prin
del Piron, tradotto dal Gritti, prima, poi colla Principessa filosofa
del
Gozzi, battezzata artista insigne, e, come lo ste
nanzi agli occhi, semplici e forti di colorito i quadri della virtù e
del
vizio…. Le si proferiva non solamente protettore
fa il monaco, specialmente nelle attrici, e specialmente al cospetto
del
capocomico. Il primo passo al mal costume fu il s
vecchio capocomico, anch’esso, con meno onesti intendimenti di quelli
del
Gozzi, la circuì con promesse di donativi…. Ella
i…. Ella si schermì dapprima, più per timore di perdere la protezione
del
Gozzi, che per virtù ; e finì coll’accettare un b
i, vecchio bavoso, schifoso, geloso, successe il Gratarol, segretario
del
Veneto Senato, l’eleganza in persona, che s’andav
liata e sregolata era ormai palese…. Gittata a capo fitto nel turbine
del
vizio, parea quasi godesse farlo sapere a tutto i
u accolta (se dobbiam credere al D’Origny, istoriografo contemporaneo
del
Teatro Italiano) allo stipendio della Compagnia,
s, Duchesne, 1788, vol. II). Tornata in Italia, doventò, la primavera
del
1782, la prima donna a vicenda della Compagnia di
a di Maddalena Battaglia (V.). Il marito Francesco riporta un sonetto
del
cavalier Gaetano Tori modenese, egregio poeta – d
ombri e disprezzi. Invan nembo l’insulta irato o vile, che a cacciar
del
rival l’onte e i disprezzi si l’afforza dal mare
gentile che fia che ognun le frutta e i fior n’apprezzi. Con la face
del
ver che a i vati splende, Ricci, la cetra a Te r
risponde, e quanta festa, lode, piacer l’agone accende. De lo sdegno,
del
duol teco si ammanta l’alma ; Ricci, per Te lieta
de nacque bella ed armata dalla testa di Giove per l’innesto non pure
del
latino parlare e del settentrionale, ma de’ rimas
mata dalla testa di Giove per l’innesto non pure del latino parlare e
del
settentrionale, ma de’ rimasti rottami de’ primit
dell’ Imperador Federico I Barbarossa, nel ritratto che dopo la metà
del
XII secolo fece dell’Italia, frall’altre cose con
trarca chiamato ille eloquii nostri dux, da Paolo Giovio il fondatore
del
Toscano linguaggio, e da altri il Poeta de’ Pitto
uaggio, e da altri il Poeta de’ Pittori; Dante afferma nel capitolo X
del
suo Convivio, che per l’Italico idioma altissimi
fazio marchese di Toscana con Beatrice di Lorena, dice coll’ autorità
del
celebre Donizione citato qual testimonio di vista
I Poeti Provenzali, che per quanto chiaramente ricavasi da due passi
del
Petrarca l’uno del Trionfo d’Amore cap. 4, e l’al
, che per quanto chiaramente ricavasi da due passi del Petrarca l’uno
del
Trionfo d’Amore cap. 4, e l’altro della Prefazion
us. I Trovatori fiorirono ed abbondarono principalmente verso la metà
del
XII secolo nella Provenza, Linguadocca, Guascogna
o desio d’onore, e per genio, nella lingua Provenzale, lingua, al dir
del
dottissimo Provenzale Abate Arnaud, che coltivata
di torneamenti ecc., non mancavano di venirvi in folla per dar saggio
del
loro valore, e farsi gran nome. V. il Sig. De la
65, l’Ab. Arnaud nel supplimento alla Gazzetta letteraria dell’Europa
del
dì 4 luglio 1764, tom. II, M. Millot nella Storia
otta dissertazione critica dello Scozzese Sig. Blair intorno ai poemi
del
Celto Ossian, e dall’erudite Memorie de’ Bardi Ir
ai poemi del Celto Ossian, e dall’erudite Memorie de’ Bardi Irlandesi
del
Sig. Cooper Walke, non solo conservavano per mezz
ella loro potente influenza su di essi, che avendo fatta la conquista
del
paese di Galles, per assicurarsela, per una polit
hilterra) barbara, ma non assurda, radunati in un luogo tutti i Bardi
del
paese, ordinò che fossero uccisi. In tempo di pac
o Gotica, o Teutonica, ch’era una eademque, e comune a tutti i popoli
del
Nort, e ch’è stata la madre delle lingue moderne
e l’hanno asserito il Crescimbeni ed altri, una invenzione de’ monaci
del
IV o del V secolo. Nota VII. Queste impre
asserito il Crescimbeni ed altri, una invenzione de’ monaci del IV o
del
V secolo. Nota VII. Queste imprese, secon
Dove siete andati, felici tempi, in cui ogni Principe, ogni Signore
del
bel paese, Ch’Appennin parte, e ’l mar circond
posta cura, e in tutte le produzioni delle arti dell’ immaginazione,
del
genio, del sentimento, e del gusto, per la leggia
, e in tutte le produzioni delle arti dell’ immaginazione, del genio,
del
sentimento, e del gusto, per la leggiadria, dolce
oduzioni delle arti dell’ immaginazione, del genio, del sentimento, e
del
gusto, per la leggiadria, dolcezza, energia, e ma
ia, dolcezza, energia, e maesià della lingua, pe ’l propizio influsso
del
cielo, per la serenità, fervenza, e temperatura d
enti e maravigliose prospettive, per la vaghezza, amenità e fertilità
del
paese, o come diceva il buon vecchio Ippocrate, p
l’armonica tempera, e per la delicatezza de’ sensi, per la proprietà
del
loro temperamento, per la massima parte melancoli
ed ama voci composte alla greca, stravolte, nuove e risentite, manca
del
tutto alla lingua Francese, per non esserne capac
tanto acconcia, quanto l’Italiana, siccome può vedersi da i Ditirambi
del
Redi, Menzini, Magalotti, Baruffaldi e Pecchia.
aldi e Pecchia. Nota X. Riccoboni nella II parte dell’Istoria
del
Teatro Italiano, il Marchese Gorini Corio nel suo
n quella di Francia, diedero il piano e la critica di questa tragedia
del
Trissino. Di tutte le traduzioni ed imitazioni di
Francesi riferite dal nostro autore, quella di M. Mairet, gentiluomo
del
Duca di Montmorenci, non solo fu tralle altre men
’unica che si sostenne in teatro per lunga pezza, ma fu anche, al dir
del
Sig. di Voltaire, la prima tragedia francese, in
el Sig. di Voltaire, la prima tragedia francese, in cui ad imitazione
del
Trissino si videro osservate le regole delle tre
fu bandito di Firenze sua patria come reo di congiura contro la vita
del
Cardinal Giulio de’ Medici, e che si ricoverò in
i, e che si ricoverò in Francia, dove di tal sorte incontrò la grazia
del
Re Francesco I, che n’ ebbe cariche onoratissime,
1556. Egli è stato creduto anche autore di quella diabolica tragedia
del
libero arbitrio; ma questa fu lavoro di Francesco
ci accerta il dotto autore anonimo delle Note fatte sopra una lezione
del
Marchese Maffei inserita nel I tomo della Bibliot
728. Nota XII. Per mezzo delle più celebri tragedie Italiane
del
XVI secolo, tutte secondo Aristotile e il Greco t
veano i nostri mostrata nell’imitazione de’ Greci. Or da questo passo
del
Ch. Abate Bettinelli, e assai più apertamente da
e, non hanno però prodotto prima di questo secolo, tolte le pastorali
del
Tasso e del Guarini, un poema drammatico che meri
però prodotto prima di questo secolo, tolte le pastorali del Tasso e
del
Guarini, un poema drammatico che meritasse lo stu
ione? Non meritano lo studio dell’altre nazioni i drammatici Italiani
del
XVI secolo, se non per altro, per la cultura, pro
lingua, come se di questa sola facesse tutto lo studio. Al principio
del
secolo XVI le lingue nazionali giacevano ancor ne
d’oro il secolo XVI. Nota XIII. Parlando il sig. di Voltaire
del
mal gusto de’ Francesi del secolo XVI dice: Pour
ota XIII. Parlando il sig. di Voltaire del mal gusto de’ Francesi
del
secolo XVI dice: Pour les Français, quels étaient
CAPO II. Pastorali Italiane
del
XVII secolo. Le pastorali uscite ne’ primi ann
orali Italiane del XVII secolo. Le pastorali uscite ne’ primi anni
del
secolo si avvicinano alle precedenti tanto ne’ pr
erare il Pastor fido; almeno per consenso de i dotti frutto pregevole
del
secolo XVII fu la Filli di Sciro che occupa il te
apimento di Corilla di Francesco Vinta uscita nel 1605; il Filarmindo
del
conte Ridolfo Campeggi. Alessandro Calderoni died
della Rovere. L’autore Guidubaldo de’ Bonarelli (fratello dell’autore
del
Solimano) morì d’anni quarantacinque l’anno stess
Marini. Un’altra rappresentazione se ne fece in Sassuolo con prologo
del
conte Fulvio Testi. Ne uscirono per L’Italia ed o
la critica più sobria attaccò il doppio amore di Celia per la rarità
del
caso, poco atto essendo un possibile raro o tropp
avviene che a misura che l’azione avanza, vada crescendo la distanza
del
finto dal vero, passa alla indifferenza, indi all
c. A queste delicate espressioni sugerite da una grande intelligenza
del
cuore umano, Celia è spinta a palesare le proprie
e avventure col Centauro e co’ due pastori; e de’ suoi strani amori e
del
veleno da lei preso si riempie la maggior parte d
ano l’attenzione in modo che non pajono accessorii. Pure in una parte
del
IV e nel V intero torna l’interesse ad essere tut
atto II desta curiosità il ben colorito amor fanciullesco di costei e
del
suo Tirsi in Tracia, e nel racconto che se ne fa,
di Tirsi, il quale avendo gettati via que’ cerchi dov’era l’immagine
del
Sultano, per una legge è divenuto reo di morte. E
nuto reo di morte. Egli per disperazione nella quinta scena si accusa
del
fatto, e Filli per salvarlo se ne accusa ancora,
nto e Sofronia. Lo scioglimento avviene senza violenza per la volontà
del
Sultano spiegata in note egizie in quel cerchio m
tributo crudele solito a riscuotersi da’ Traci. Leggonsi nelle opere
del
Chiabrera tre pastorali, la Meganira, la Gelopea,
e degl’intelligenti imparziali. Appartiene la prima al secondo lustro
del
secolo, ed in essa, oltre all’esser piaciuto all’
tate. L’azione che si finge accaduta nel Premontorio luogo amenissimo
del
borgo di San Pietro di Arena nella Riviera di Gen
aira sorella di Filebo vuol renderlo avveduto della inverisimiglianza
del
racconto fattoli da Nerino. Il loro dialogo è cos
li potrebbero mentovarsi, nelle quali non si vede tutta la corruzione
del
secolo, se voglia mirarsene con indulgenza qualch
ale di Michelangelo Buonarroti il giovane pubblicata ne’ primi lustri
del
secolo anche per gl’intermedii accomodati all’arg
poli nel 1666 nell’edizione quinta di Napoli con tutte le altre opere
del
Cortese. De’ suoi pregi e di qualche difetto dell
e nel 1626 la Cintia. Domenico Basile fece una traduzione napoletana
del
Pastor fido impressa nel 1628. Nel medesimo anno
no l’Aci di Scipione Manzano impressa in Venezia nel 1600, l’Amaranta
del
Villifranchi del 1610, e la Dori d’Isabella Coreg
one Manzano impressa in Venezia nel 1600, l’Amaranta del Villifranchi
del
1610, e la Dori d’Isabella Coreglia lucchese stam
re, il quale nacque in Arcidosso nelle montagne Sanesi. I parenti non
del
tutto sforniti di comodi l’aveano inviato a scuol
i l’aveano inviato a scuola; ma egli spaventato dalla villana sevizia
del
suo pedagogo lasciò la casa paterna, e si fuggì n
l’udito affinato dalla lettura che nel campo un altro caprajo faceva
del
Furioso e della Gerusalemme. Forza de’ grandi mod
a rappresentazione. La di lui fama pervenne al gran duca, in presenza
del
quale lesse il poema intitolato la Fesuleide, e n
i succedette nel ducato di Guastalla; ma tal componimento, per avviso
del
lodato religioso e mio, è poco degno di trattener
lice favola nei boschi divisa in cinque atti. Egli che ebbe la scuola
del
padre, non peccò nello stile, fu dolce facile pia
rimente nella biblioteca dell’Università di Torino l’Alvida pastorale
del
conte Ludovico San Martino d’ Agliè, cui par che
CAPO II. Pastorali Italiane. Le pastorali uscite ne’ primi anni
del
secolo si avvicinarono a quelle del precedente ta
e pastorali uscite ne’ primi anni del secolo si avvicinarono a quelle
del
precedente tanto ne’ pregi di semplicità e regola
erare il Pastor fido, almeno per consenso de i dotti frutto pregevole
del
XVII secolo fu la Filli di Sciro che occupa il te
a Regia di Giammaria Guicciardi impresse nel primo e nel secondo anno
del
secolo; la Dichiorgia, o sia contrasto dell’amore
apímento di Corilla di Francesco Vinta uscita nel 1605; il Filarmindo
del
conte Ridolfo Campeggi. Alessandro Calderoni died
della Rovere. L’autore Guidubaldo de’ Bonarelli (fratello dell’autore
del
Solimano) morì d’anni quarantacinque l’anno stess
ini. Un’ altra rappresentazione se ne fece in Sassuolo con un prologo
del
conte Fulvio Testi. Ne uscirono per l’Italia ed o
ù sobria fu quella che si fece al doppio amore di Celia per la rarità
del
caso, poco atto essendo un possibile raro o tropp
rsuaso; e se a misura che l’azione avanza, vada crescendo la distanza
del
finto dal vero, passa all’indifferenza, indi alla
A queste delicate espressioni suggerite da una grande intelligenza
del
cuore umano, Celia è spinta a palesare le proprie
e avventure col Centauro e co’ due pastori; e de’ suoi strani amori e
del
veleno da lei preso si riempie la maggior parte d
ano l’attenzione in modo che non pajono accessorii. Pure in una parte
del
quarto e nel quinto intero torna l’interesse ad e
atto II desta curiosità il ben colorito amor fanciullesco di costei e
del
suo Tirsi in Tracia; e nel racconto che se ne fa
di Tirsi, il quale avendo gettati via que’ cerchi, ov’era l’immagine
del
Sultano, per una legge è divenuto reo di morte. E
nuto reo di morte. Egli per disperazione nella quinta scena si accusa
del
fatto, e Filli per salvarlo se ne accusa ancora,
nto e Sofronia. Lo scioglimento avviene senza violenza per la volontà
del
Sultano spiegata in note Egizie in quel cerchio m
l tributo crudele solito a riscuotersi da’ Traci. Leggonsi nell’opere
del
Chiabrera tre pastorali, le Meganira, la Gelopea,
degl’ intelligenti imparziali. Appartiene la prima al secondo lustro
del
secolo, ed in essa, oltre all’ esser piaciuto all
tate. L’azione che si finge accaduta nel Premontorio luogo amenissimo
del
borgo di San Pietro di Arena nella Riviera di Gen
aira sorella di Filebo vuol renderlo avveduto della inverisimiglianza
del
racconto fattogli da Nerino. Il loro dialogo è co
li potrebbero mentovarsi, nelle quali non si vide tutta la corruzione
del
secolo, se voglia mirarsene con indulgenza qualch
ale di Michelangelo Buonarroti il giovane pubblicata ne’ primi lustri
del
secolo anche per gl’ intermedii accomodati all’ a
e nel 1626 la Cintia. Domenico Basile fece una traduzione Napoletana
del
Pastor fido impressa nel 1628. Nel medesimo anno
no l’Aci di Scipione Manzano impresso in Venezia nel 1600, l’Amaranta
del
Villifranchi del 1610, e la Dori d’Isabetta Coreg
one Manzano impresso in Venezia nel 1600, l’Amaranta del Villifranchi
del
1610, e la Dori d’Isabetta Coreglia Lucchese stam
re, il quale nacque in Arcidosso nelle montagne Sanesi. I parenti non
del
tutto sforniti di comodi l’aveano mandato a scuol
i l’aveano mandato a scuola; ma egli spaventato dalla villana sevizia
del
suo pedagogo lasciò la casa paterna, e si fuggì n
l’udito affinato dalla lettura che nel campo un altro caprajo faceva
del
Furioso e della Gerusalemme. Forza de’ gran model
i succedette nel ducato di Guastalla; ma tal componimento, per avviso
del
lodato religioso, è poco degno di trattenerci. Le
conservasi dal lodato Bibliotecario di Parma. Egli che ebbe la scuola
del
padre, non peccò nello stile; fu dolce, facile e
imente nella biblioteca dell’università di Torino l’ Alvida pastorale
del
conte Lodovico San Martino d’ Agliè, cui par che
ino al 1648, e comparve nella decimaquinta edizione di tutte le opere
del
Cortese in Napoli nel 1666. De’ suoi pregi e di q
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