le si ha un chiaro cenno delle sue qualità fisiche e morali. Il Gozzi
aveva
assegnata la parte di Don Adone cugino del Duca a
ra. Il comico Vitalba, buon uomo, ma cattivo attore, per sua sciagura
aveva
i capelli tendenti al biondo come quelli del Grat
ndo di notte dal teatro si era incontrato in un sicario, il quale gli
aveva
scagliato con una forza da atleta un ben grosso b
l bottiglione, che avrebbe potuto non che difformarlo, accopparlo, lo
aveva
colpito al collo difeso da un colletto a più dopp
r guadagnarsi il pane, che obbediva ciecamente il capocomico, che non
aveva
nimici da dover temere d’essere accoppato, o diff
tiche. Viveva ancora alla pubblicazione delle sue Notizie istoriche e
aveva
un solo figlio per nome Costanzo (il nome della m
per l’ingegno e l’arte del Collalto, alla grandezza della quale egli
aveva
, come ho già detto, contribuito in Venezia co’suo
ntorno all’Avventuriere onorato (Ediz. Pasquali) egli dice : Io anzi
aveva
prima un tal Personaggio scritto nella nostra fav
ollalto era l’autore (Mem. III, 3) : Quest’ uomo intimamente comico,
aveva
l’ arte di far parlar la sua maschera, ma a viso
appresentava fra l’ altre una Commedia di sua particolare fatica, che
aveva
per titolo : i tre veneziani gemelli. Il primo ar
la tutta in francese, e diella colle stampe alla luce. Grande abilità
aveva
il Collalto ; ed i doni della natura erano stati
a traverso una orribile maschera nella quale il suo ingegno superiore
aveva
saputo trionfare. Nè si smenti nella rappresentaz
a il frutto de’suoi guadagni, e ringraziava lo sventurato che il caso
aveva
offerto alla sua generosità. Egli si è spento nel
rio del Principe elettorale di Sassonia Giovanni Giorgio III, ch'egli
aveva
accompagnato nel suo viaggio in Olanda, nacque il
go Augusto, l’amante dell’arte, che dopo la riconquista della Polonia
aveva
condotto a fine il disegno di una Corte splendida
all’Opera di Dresda, ove morì del 1753, di ventidue. Tommaso Ristori
aveva
— dice il suo passaporto d’allora, tuttavia esist
Riva Alessandro, cognato della celebre Gaetana Goldoni (ne
aveva
sposato la sorella Anna Andolfati), fu un egregio
Goldoni. Sappiamo che il 1821 viveva a Padova fuor dell’arte, in cui
aveva
lasciato di sè fama di un de' più integerrimi uom
inault, poi si scritturò con Giovan Battista Costantini, Ottavio, che
aveva
compagnia a Parigi nelle fiere di San Germano e d
nebleau davanti alla Corte, nonostante alcuna indisposizione, ch'egli
aveva
avuta, e ritenuta passeggiera, sul finire dell’ap
3 maggio. « Alto e ben fatto, – dice il Dizionario dei teatri, – egli
aveva
la voce un po' sorda, e sembrava patir gran pena,
egli aveva la voce un po' sorda, e sembrava patir gran pena, allorchè
aveva
da dire un brano un po' lungo. Fuori di ciò egli
esi del Sansone, tragedia italiana in prosa di Luigi Riccoboni, che l’
aveva
recitata con grande successo la prima volta il 28
enerini trent’anni addietro, e al tempo della sua maggior gloria, non
aveva
potuto ottenere che uno zecchino veneto al giorno
va potuto ottenere che uno zecchino veneto al giorno, il De Marini ne
aveva
601 all’anno, il Blanes 600, Pertica 450, e Betti
nno, il Blanes 600, Pertica 450, e Bettini 400. Egli, il Fabbrichesi,
aveva
lo stipendio annuo di 50,000 franchi ; il diritto
talia centrale, destando entusiasmo dovunque con quella compagnia che
aveva
accolto un nuovo e grande artista, non mai supera
a quale stette l’Aliprandi dal ’38 al ’51. Il capocomico Fabbrichesi
aveva
scritturato quegli artisti, dopo che il re Ferdin
to sul trono delle Due Sicilie, alla caduta di Giovacchino Murat, gli
aveva
confermato il sussidio annuale di ducati 8 mila,
a lettera del 14 agosto 1691 al Duca di Modena. La Compagnia del Duca
aveva
domandato di poter recitare a Verona, ove andò po
vi fece grande incontro. In quello stesso anno l’Elettore di Baviera
aveva
licenziato la Compagnia italiana, e il Fontanelli
vece scritturato Daniele Alberti mio padre, valentissimo artista, che
aveva
più volte contrastata la palma al Pertica e al Ve
itirar dal teatro e procurargli una vita tranquilla in famiglia. Egli
aveva
molto faticato, ed aveva diritto ad un onesto rip
rargli una vita tranquilla in famiglia. Egli aveva molto faticato, ed
aveva
diritto ad un onesto riposo….
era sollevar meritamente il pubblico all’ entusiasmo ; ma la Cagliero
aveva
certe maniere tutte sue, certe inflessioni di voc
ra rosa fiorita. E niente di studiato, niente di ricercato in lei. Se
aveva
da ridere, lo faceva di gran cuore, e la sua risa
e la sua risata argentina si comunicava subito negli spettatori ; se
aveva
da piangere, senza punto preoccuparsi, piangeva l
co e secondo brillante, passò brillante assoluto in quella che Cesare
aveva
formato il ’53 ; e poco mi resta da dire sul migl
che si staccavan da lui le scene e le tende a lui indispensabili, che
aveva
tavola imbandita, che le sventure altrui faceva s
ezza d’indole che lo faceva fiacco, debole, infingardo. Come artista,
aveva
molto ritratto della maravigliosa verità del frat
5 diede improvvisamente addio alle scene per ritirarsi a Bologna, ove
aveva
segretamente sposata la Principessa Maria Hercola
ntiglioso e prepotente. Villano e sprezzante di tutto e di tutti, non
aveva
amici perchè voleva suppeditar tutti con il suo p
suoi particolari : Sentivasi egli una mattina indisposto di salute ;
aveva
ordinato un brodo, e tardando a riceverlo, si rec
fini col percuotere il vecchio. Questi che stava sventrando un pollo,
aveva
in mano un lungo coltello e affilato. Alla provoc
a e Ottavio nel 1660 come servetta sotto il nome di Diamantina, che l’
aveva
già fatta celebre a Roma. Ella era graziosa oltre
uralezza, ed ecclissò al suo apparire in Francia la Diamantina, che l’
aveva
preceduta nella Compagnia, e che aveva recitato d
n Francia la Diamantina, che l’aveva preceduta nella Compagnia, e che
aveva
recitato dal 1653 al 1660 nel teatro del Petit-Bo
a d’età non fresca, non capace nella commedia alla sprovveduta, e che
aveva
molte pretese di preminenze, e d’etichette, ma so
tanza raccolta coll’arte sua, e depositata alla Tesoreria di Venezia,
aveva
potuto formarsi, fuor delle scene, una agiata se
assegnò gratuitamente due stanze in quello stesso teatro, in cui ella
aveva
raccolto sì copiosa messe di applausi, di onori e
n valido difensore dalle accuse del Piazza, che nel romanzo Il Teatro
aveva
dato di lui il seguente ritratto : Era questi (i
re, cossa per cosa, Regasse per ragazze. Triviale quanto un facchino,
aveva
un’ ambizione invincibile per far da Eroe, e reci
ento, ove aprì una bottega di commestibili ed altro. Fr. Bartoli, che
aveva
la fregola del sonetto, ne dedicò uno anche a lui
li si presentò una vecchierella dicendoci piangendo che da 3 anni non
aveva
notizie di un figlio che stava in Sicilia, comico
dai di un albergo decente, ma non troppo caro. Un giovane signore che
aveva
assistito al nostro sbarco, propose di condurci i
tisti da lui stipendiati per dare un corso di recite in quella città,
aveva
seco la moglie Luigia, nata dal comico Cavicchi,
ure un Cavicchi caratterista, fratello della moglie di Gagliardi, che
aveva
per consorte una delle attrici di quella riunione
a riva ; ma il vento erasi rinforzato, le onde un poco agitate, e non
aveva
corso che un piccolo tratto, allorchè quelle gli
portava erano un A e un G ; e il Sindaco, supponendola mia figlia, l’
aveva
fatta seppellire in chiesa, ponendovi una lapide
ima, e si scorgeva quasi il fondo. Il cuore mi batteva forte, forte :
aveva
posto l’anima ne’miei occhi. Mi parve vedere sott
che all’ estremità delle sue lunghe treccie di capelli, l’alga marina
aveva
formato due grosse palle, le quali impedivano a q
ica del Paladini, padre dell’attuale Celeste Paladini-Andò. Mio padre
aveva
fatto conoscenza con quei comici, palesò i propri
ne, e col figliuolo in braccio, ritornò a Fano, ove la madre Caterina
aveva
già ottenuto il perdono del marito per quel figli
re conosciuto nella cerchia limitata dei comici, già qualche successo
aveva
sorriso. In una farsa : Le disgrasie di un bel gi
ò e per più giorni non escì di casa, egli credeva di essere rovinato,
aveva
perduto ogni fiducia in sè stesso e già pensava a
sentato nella farsa : A tamburo battente. Una farsa che mio padre non
aveva
studiato, che non aveva visto fare da nessuno, ne
tamburo battente. Una farsa che mio padre non aveva studiato, che non
aveva
visto fare da nessuno, nella quale non aveva sgam
aveva studiato, che non aveva visto fare da nessuno, nella quale non
aveva
sgambetto, nessun lazzo, nessun trucco. Mio padre
rnesto era formata pel triennio 1857-1860. Come ti ho detto mio padre
aveva
un ruolo secondario, inferiore, cioè quello del G
aria, agitazione, trambusto, ma…. c’era Benedetti. Egli nel frattempo
aveva
calmato gli animi, aveva parlato con Ernesto e co
to, ma…. c’era Benedetti. Egli nel frattempo aveva calmato gli animi,
aveva
parlato con Ernesto e con lui andò a casa del pap
à Goriot di Balzac. Anche questa scelta era ardita perchè Papà Goriot
aveva
ormai una tradizione sulla scena, una tradizione
aterno e su quelli delle case vicine. Il padre soleva dire che quando
aveva
attorno i suoi figli si sentiva in mezzo ad scell
nche i fratelli Antonio e Carlo ; il primo, coinvolto nei moti del 31
aveva
dovuto emigrare a Parigi dove si guadagnò un nome
i palpiti veri che gli venivano dal cuore. Di animo generoso, quanto
aveva
era degli altri, e se nel momento del bisogno gli
li altri, e se nel momento del bisogno gli si ricordavano crediti che
aveva
per prestiti fatti, andava su tutte le furie, esc
guancia, con tutti i riguardi di sanità. Palesandole il bisogno ch'io
aveva
della sua protezione, la trovai si disposta a far
tti particolari, che divertir potranno chi legge. In un mese di tempo
aveva
ella cangiate ventisei serve. Ognuna, che se le p
non i fatti, e le scagliò in faccia tutta la roba di bottega che seco
aveva
, segnandola in fronte, e scottandola col caffè. I
che prendendo seco il fresco di notte vicino alla Porta orientale, le
aveva
scossa la polvere dell’ andrienne co' colpi della
a figlia d’un orologiajo, e la sposò. Venne con lei in Francia, e non
aveva
mai recitato. Morto Alborghetti, lo sostituì con
quale non voleva rendergli un pappagallo, scappatogli di gabbia, che
aveva
comprato dall’Alborghetti.
lottar colla fame, e da cui uscì pien di debiti e col solo abito che
aveva
in dosso per chiedere un rifugio alla famiglia. M
lo abito che aveva in dosso per chiedere un rifugio alla famiglia. Ma
aveva
appena il padre pagato ogni suo debito, a condizi
ro italiano dice semplicemente : Thomassin, absolument inutile. Egli
aveva
sposato verso il '72 M.lle Giovanna Nicoletta Tis
Il Campardon reca una citazione di lui contro certo Fontaine che gli
aveva
rapita la moglie appena diciannovenne (gennajo 17
mo (Mem., I, XXXIV), » e che « senz’aver avuta un’educazion regolata,
aveva
spirito e cognizioni. Amava la Commedia con passi
la poi pubblicamente in teatro, stando tutto il giorno alla finestra,
aveva
ubbriacato il povero vecchio a cui si mostrava cr
ata dalla madre, vecchia attrice che s’era ritirata dal teatro, e che
aveva
santamente divisato di legare gl’interessi del ci
834 in quella di Pasquale Tranquilli e Medoro Aliprandi. La Bugamelli
aveva
bella figura, bella voce, e volto espressivo. Lui
ni nel Teatro di S. Gio. Grisostomo, infelice, e laido secondo Zanni,
aveva
destato il risibile ne’ veneziani per modo, ch’er
Sotto-Prefetto. Perduto l’impiego, tornò all’amor della scena, in cui
aveva
fatto da giovine buone prove coi filodrammatici,
ne teatrale. Nella Compagnia Reale Sarda, almeno per l’anno 1825-26,
aveva
lo stipendio annuo di lire 6000 con tre serate a
a. Era di figura slanciata e graziosa, e di fisionomia simpatica ; ma
aveva
la voce un po’aspra. Il che non tolse ch’ella fos
i) e Cori. Visto il baccano che quella satira generò, l’autore che ne
aveva
fatti tirare soli 100 esemplari, la diede alle fi
, che, dopo la descrizione chiara e viva da lei fatta della tragedia,
aveva
detto : mentre Femia m’accusi, io ben m’avveggio
to la prima volta e la sola, che ho avuta seco conversazione, ch’egli
aveva
presa quella maniera di declamare senza scostarsi
sa quella maniera di declamare senza scostarsi dalla natura, dopo che
aveva
sentita la Truppa Italiana, che, già sono quattr’
ficenze da quelle illustri Dame e da quegli illustri Cavalieri, a cui
aveva
dedicato gli Sciti di Voltaire nella italiana ver
come lo stesso Gozzi afferma, inarrivabile nella bravura. Ormai egli
aveva
ottenuto l’intento : nullameno perseverò nella pr
area quasi godesse farlo sapere a tutto il mondo…. E che raffinatezze
aveva
apprese !… E con che voluttà a quelle si lasciava
n modo da nauseare chiunque l’accostasse ; ma anche nella recitazione
aveva
messo una cotale affettazione da riuscire sgradit
one da riuscire sgradita a quello stesso pubblico che poco a dietro l’
aveva
coperta di tanti applausi ! E il Gozzi doveva di
a, d’occhi neri, di molta vivacità, e d’una pronunzia che rapiva. Non
aveva
il talento e l’esperienza di quella che avevaia p
er una donna, e meno ancora per una donna di spirito. Questa Commedia
aveva
per titolo la Donna di garbo. Piacque infinitamen
ra, ed era colà che dovevano la prima volta rappresentarla. Io ancora
aveva
proposto di andarvi, allorchè cominciassero a rec
» del Conte Carlo Gozzi (vol. II, pag. 143), che è questo : il Sacco
aveva
una Compagnia troppo ricca di attori pagati, e vo
rattagemma. Si recò dal Barsanti, e gli disse in tutta segretezza che
aveva
saputo da buona fonte, come il Sacco fosse risolu
nti, completamente illetterato, chè l’avventurosa sua adolescenza gli
aveva
chiusa ogni via da istruirsi, fu nondimeno un art
ceva il segreto, s’immedesimava, si trasfigurava nel personaggio, che
aveva
preso a ritrarre, illudeva in somma sè stesso pri
obliar mai quel bello ideale, che la mano stessa del Bello eterno gli
aveva
stampato nell’anima, costringeva gli spettatori a
collega : …… Cominciò a dire e sostenere che il Re Ferdinando II lo
aveva
nominato Direttore dei due R. Teatri, San Carlo e
trò qual segretario, e quale scrittor di commedie ; e come da ragazzo
aveva
talvolta recitato con la sorella (V. Aliprandi-Al
Trieste 1877 L’Orfano calabrese Id. 1877 Prima di entrare in arte
aveva
già scritto Zio e Nipote, Giovani e vecchi, Maria
suprema e lunghe ore di supremo sconforto, è arduo. Egli il quale non
aveva
che un fine nella vita : lo studio ; e un fine ne
prima i ruoli di amorosa, poi di prima donna assoluta. Ma ormai egli
aveva
una spina nel cuore, che gli dava spasimo forte e
quello di suo padre, il quale risentitolo a Roma e a Firenze (non ne
aveva
più l’idea dall’'89 a Ferrara), non solamente gli
evole modestia scriveva, a' primi del '900, di sè : « …. lo studio mi
aveva
reso più forte nelle interpretazioni, ma io adess
namorato, e fu cognominato Vitalbino, per la gran somiglianza ch'egli
aveva
nella recitazione con Antonio Vitalba. Chiamato a
intera. Alla chiusura del teatro nell’ '80, Zanuzzi, che ad ogni modo
aveva
compiuto i suoi anni di servizio, fu congedato co
Comico italiano ordinario del Re, nella quale dichiarava ch'ella non
aveva
con lui alcun vincolo di parentela, e si chiamava
come si ha da una sua lettera al Card. Gio. Carlo De’ Medici, che lo
aveva
richiesto per l’autunno. Il 1661, il Duca di Mode
nda la pace in compagnia (il Grisanti con lettera delli 28 maggio gli
aveva
scritto di certi dissapori), minacciando di casti
nomadi, nelle quali seppe mantenersi in quel grado di riputazione che
aveva
acquistato coll’arte sua, accompagnata alle grazi
poteva benissimo servirsi del moroso Camerani…. Ma per la donna ? Chi
aveva
da fare la serva ? Io stimo la signora Catrolli,
dalla Compagnia era uscito il Caccia, primo nell’ elenco, ed egli ne
aveva
assunto il nome e l’importanza. A Roma poi andò ;
del '93 era a Fermo, il dicembre a Chieti, il carnovale a Roma. Egli
aveva
in compagnia la moglie, che recitava le prime don
aprile dell’anno prima in ancor giovine età la moglie Elena Savi, che
aveva
esordito come amorosa il 28 maggio 1760 con molta
va con Zanuzzi al sobborgo di S. Dionigi, come pure (ivi, 19) che non
aveva
disposizioni felici per la commedia, ma che era g
hino muto per forza, scenario italiano del Riccoboni, in cui egli non
aveva
da dire che poche parole. La sera della rappresen
à, dirò che, rubatagli una vistosa somma di danaro da un uomo ch’egli
aveva
accolto in casa sua e per lungo tempo nutrito, so
sclamare : Non è del danaro che mi accoro, ma…. della fiducia che mi
aveva
ispirato quel tristo…. Lo amavo ! ! Dalla quale s
ese aggiungiamo quella di Carlo Goldoni, il quale, come abbiam visto,
aveva
con una sua commedia, offerto modo a Carlino di m
i pregiatissimo foglio, e da quello, e dal precedente di cui V. E. mi
aveva
onorato, veggio la stima, ch’ella fa di tale sogg
Domenico e Tommasino in Francia, e di Sacchi in Italia. La natura lo
aveva
dotato di grazie inimitabili : la sua figura, i s
e prediligere nella società. Carlino era il favorito del pubblico :
aveva
saputo così bene guadagnare la benevolenza del Pa
o lo spettacolo del domani, fe’segno ad uno degli spettatori, l’altro
aveva
già preso la porta, di accostarsi alla ribalta ;
nnalzata alle stelle sul teatro della Commedia italiana. Figurarsi se
aveva
dovuto dolersi, dopo sì gran successo, di vederla
no avesse avuto un successo buono schiettamente, il Des Boulmiers che
aveva
alzato alle stelle il Figlio d’ Arlecchino, non l
el bene, che la commedia era stata ben ricevuta, e che il pubblico lo
aveva
incoraggito. È lecito dunque a chi specialmente l
per la pieghevolezza dell’indole e dell’ingegno de’comici italiani. E
aveva
ragione : e le sue parole potrebber benissimo ess
urosa. Ma non di me io voglio parlare – per carità ! Giovanni Toselli
aveva
un ideale,… e questo ideale aveva un nome semplic
are – per carità ! Giovanni Toselli aveva un ideale,… e questo ideale
aveva
un nome semplice, ma profondamente significativo
le sue figliuole Clara e Carlotta, attrici della Compagnia Pedretti (
aveva
preso in moglie da giovine una Anna Dogliotti), e
0. A conferma di quanto scrisse il giornaletto citato, diremo ch’egli
aveva
grossa la testa, sproporzionata alla persona esil
col Tasso, e più altre commedie del Goldoni ; nè minore successo egli
aveva
con l’Atrabiliare e il Filosofo celibe del Nota,
o mi par provi in quale stima fosse tenuto da S. A. il Riccoboni, che
aveva
già cominciato a far tanto parlar di sè pe' suoi
brighella, co'suoi pantaloni, imperava sovrana, e Riccoboni, che non
aveva
avuto dalla natura il genio di opporre a quella u
Duca d’Orléans, il Reggente, sperando di realizzare colà il sogno che
aveva
tentato invano di realizzare in patria. Ma, ahimè
o che Riccoboni, prima di partir dall’Italia e di stringere il patto,
aveva
indirizzato al Duca di Parma il seguente memorial
essendo la sua scrittura una semplice aggiunta a quella della moglie,
aveva
accennato : e forse la ragione di quell’accenno,
all’antica Atellana, e dello Zanni arlecchino dall’antico Sannio, che
aveva
sotto certo rispetto le stesse caratteristiche de
stradale da Castel S. Giovanni a Stradella. Nel primo di questi paesi
aveva
recitato la sera il Medico olandese, e dovea reca
questo nome, e riafferrare tutte la sparse e isvariate buffonerie che
aveva
udite sul famoso guitto, fu un baleno. Ma non pot
olutamente conoscere il professore, che, almeno da quel cartellone, m’
aveva
tutta l’aria di essere un natural discendente del
o Anzampamber. Oltre ai vari manifesti, che provano la parte che egli
aveva
in quella Compagnia, tra’ quali, non ultimo, quel
i Dominique, la Caterina, assunse lo stesso nome. Isabella Franchini
aveva
sposato Francesco Biancolelli, comico, del quale
ato figlio Domenico. Carlo Cantù, comico, sotto nome di Buffetto, che
aveva
già ammirato e i meriti e le virtù di lei, la tem
mbi : Colombina gli fe’dono d’un suo ritratto in miniatura, del quale
aveva
già fatto promessa per lettera, e sul quale egli
quali, Buffetto con nuova generosità offerse alla moglie quanto egli
aveva
potuto avanzar nell’arte in quattordici anni circ
orentini nella Compagnia di Domenico Di Fiore, il quale, caso strano,
aveva
l’anno dopo a prima donna nel Giardino fuori Port
giugno del 1774. Egli, dice il Campardon, di cui un celebre satirico
aveva
detto che faceva molto onore al suo stato, ispirò
per inconsideratezza, come dice il Goldoni. Nelle cose improvvise non
aveva
chi le stesse appetto : e nelle premedicate fu ta
o e di talenti, e mostrava felici disposiricai per la commedia : ella
aveva
abbandonato suo marito per giovanile inconsiderat
à dalla Compagnia di San Luca (Gold. Pasquali, T. XIII). Vitalba che
aveva
così ben sostenuta la parte di Belisario, in quel
Goldoni, pranzando e cenando colla Passalacqua, proprio dopo ch'ella
aveva
giurato di averlo lasciato per sempre, era ammogl
izia, e per dargli avviso di avere sputato un po' di sangue, il che l’
aveva
messo in grande apprensione. Con altra lettera in
ssò Scaramuccia da Firenze a Napoli. Quivi diè fondo a tutto quel che
aveva
messo in serbo, acquistando un superbo equipaggio
gida Bianchi) eran nella camera del Delfino, poi Luigi XIV. Egli, che
aveva
circa due anni, era di pessimo umore, e nulla pot
: Gabriella Locatelli, Giulia Gabrielli e Margherita Bertolazzi ; e n’
aveva
fatto gli scenarj Giacomo Torelli da Fano. Alla f
, Cap. VIII) : Nel 1653 era stato mandato al Re (di Francia), che lo
aveva
richiesto al Granduca (FerdinandoI I), Tiberio Fi
n figlio di Scaramuccia era giunto a tal grido di favore che il Re lo
aveva
fatto cavaliere di San Michele e Suo Gentiluomo d
modo. La lontananza di Marinetta, una naturale inclinazione ch’ egli
aveva
all’ amore, e la vecchiezza sopravveniente, l’ave
quale disse un mondo di bene di detta donna, e perchè lei medesima l’
aveva
vista quando era al Refugio, e che la Superiora d
l’ aveva vista quando era al Refugio, e che la Superiora del luogo le
aveva
detto molto bene della medesima, li promesse di f
uesto non vuolse mai, e quando ha sentito che era partito, il che gli
aveva
significato con un biglietto, salta e dice roba s
vembre 1685. – Già vi scrissi che il Carlieri la signora Fiorilli gli
aveva
pagate le 20 doppie ; ne avrà sentite delle belle
Che il giorno avanti era stata a Versailles dove Mad. d’Arpajoux gli
aveva
detto che bisognava che lei mandasse via il detto
orno più strapazza tutti, che è odiato, che non è per anco morto. Che
aveva
data una fanciulla cantatrice a Madama di Guisa ;
iulla cantatrice a Madama di Guisa ; che questa per fargli dispetto l’
aveva
licenziata, ma che lei l’ha obbligata a dargli 50
prigone per le sue infamità. Doppo averli dati nove mila franchi che
aveva
a l’[o]tel de villa per agiu[s]tare un suo abicio
mila franchi che il fratello era erede della terra e perchè la terra
aveva
molti debiti prestai dechontanti 9mila e sei cent
e all’ entrata del Gherardi nella Compagnia italiana. Il Gherardi che
aveva
perduto la causa, non doveva dunque avere il cuor
uardo cosi triste, cosi disperato che impietosiva. Il buon Dio non le
aveva
mandato niente, neppur un soldo, e pioveva. La ve
abbra si movevano, come mormoranti una preghiera. Un giovanotto che l’
aveva
riconosciuta e s’era fermato, esclamò, indicandol
to alle delusioni avute in quell’arte alla quale con ardore di amante
aveva
dato la mente ed il cuore. Nè a quelle delusioni
oscerlo, dichiarando che l’interpretazione del nostro concittadino lo
aveva
sorpreso. E infatti se fu sempre notevole in tutt
gennaio 1792 da Natale e da Teresa Sambo in Parrocchia di S. Giacomo,
aveva
ottenuto, fatti gli studi liceali, un posto di al
un giocatore. Recatasi a Padova la Compagnia di Angelo Rosa, il Duse (
aveva
già sposato una Elisabetta Barbini, padovana, e n
sa, il Duse (aveva già sposato una Elisabetta Barbini, padovana, e ne
aveva
avuto il figlio Eugenio), vi si scritturò in qual
sso la parodia, rivaleggiando con lui nel Gigi undese, ch’egli stesso
aveva
composto. Non sempre, specialmente a Padova, si p
Ma la morte lo colse anzi tempo, e quel povero teatro, in cui il Duse
aveva
militato decorosamente e trionfalmente ventotto a
ouvre dai Fedeli la sera del 14 settembre 1613, dice che il Pellesini
aveva
allora ottantasette anni : sarebbe nato dunque il
medesimo anno la sua Compagnia si fuse con quella dei Confidenti che
aveva
a capo la Vittoria (Piissimi). Forse fu in quell’
a, composta, coll’Isabella e con la Piissimi, l’altra prima donna che
aveva
recitato il 6 La Cingana, delle solite dieci pers
tra recitare in principio di stagione il complimento d’uso. La Romana
aveva
già recitato il suo a Udine, scrittole a bella po
rat) ; e nel chiedere all’uditorio la completa indulgenza, il Goldoni
aveva
un po’ caricata la dose, pare, sul nome della Fer
i Giancola. Esordì al Fosso, a Napoli, con Tommaso Tomeo nel ’65. Non
aveva
al principio della sua vita artistica portato mas
elle volte istoriava al S. Carlino i cartelloni delle commedie in cui
aveva
parte principale suo padre. Quanto valesse Vincen
herea, stretta amicizia con l’oratore ungaro, di passaggio a Venezia,
aveva
lasciato la città, nella quale aveva raccolto tan
ungaro, di passaggio a Venezia, aveva lasciato la città, nella quale
aveva
raccolto tanta messe di lodi, per recarsi in Ungh
3), arrivò, nel principio di quaresima, il Vitali. Di buona famiglia,
aveva
avuto un’ educazione eccellente, ed era stato pri
o medico di Verona, compianto da tutti, fuorchè dai medici. Il Vitali
aveva
in Compagnia un Casali e un Rubini (V.), che furo
sternazione schiettamente sentita tutti i pubblici d’Italia, ch’ egli
aveva
mosso per tanti anni alle più sane risate. L’infi
vessero il di lui genio ! E, pur troppo, non è facile !… » Il critico
aveva
ragione : nessun attore fu più soggettista di L.
ri, esercitò l’impiego d’inserviente sopra il veneto foro. Gran genio
aveva
il Bellotto per esercitarsi nella maschera da Pan
uisa. Finalmente, non potendo più resistere all’ inclinazione ch’egli
aveva
per il teatro, s’insinuò nell’ amicizia d’alcuni
Ernesto Rossi e con la Ristori). Quando andai con lui era maritato, e
aveva
una figlia ; per dire la verità, le prime partici
di otto o nove anni, e occorrendogli un’ amorosetta, la bimba, che m’
aveva
preso in gran simpatia, tanto pianse e si disperò
ecc. Chi l’avesse detto !… Saltiamo. Andai con Moro Lin (allora egli
aveva
compagnia italiana), scritturata per parti di amo
. Finito il carnevale, andai come servetta assoluta con Peracchi, che
aveva
allora in compagnia Cesare Dondini, Pasta, Rodolf
ico Corsini, altro stenterello) e il Pontevecchio, ove la necessità l’
aveva
ricondotto. Si scritturò il ’65 con Michele Sivor
un anni lo compensaron davvero della travagliosa e dura vita ch’ egli
aveva
fatto peregrinando di Compagnia in Compagnia, di
isillusioni e delle stanchezze. C'era venuto per vocazione vera, e ci
aveva
portato un animo generoso, una mente colta, un’is
, un’istruzione non comune. Scriveva con garbo in prosa ed in verso ;
aveva
anche fra le sue carte qualche non infelice tenta
rampollo d’una nobile famiglia di Venezia, che per rovesci di fortuna
aveva
ottenuto un impiego giudiziario a Verona. Quivi f
lzet, che il Pezzana, montato in furore per le critiche del Montazio,
aveva
minacciato per la strada di bastonarlo.
oto prima col nome di Pascariello, poi con quello di Scaramuccia, che
aveva
già prima di recarsi in Francia, quand’era al ser
na querela di lui del 7 dicembre 1691, contro certa Maria Lemaine che
aveva
tentato involargli i pegni di un credito per la p
gari. Pensò bene di mutar nome, e per conservare le iniziali ch’ egli
aveva
sulla biancheria, si fece chiamare Pellegrino Bla
er la medesima. Era il Blanes di alta e bella persona : i capelli
aveva
biondocastagni, e nella fisionomia maschia ricord
gelica Palli a Livorno, scagionandosi dell’accusa che l’Internari gli
aveva
mossa di voler guadagnare sulla recita della Mati
tempo della maggior gloria di Bellotti-Bon, che fu quello in cui egli
aveva
un’unica, e quale ! compagnia, non è cui non si r
pubblico non d’altri poteva occuparsi. A codesto ascendente ch’ egli
aveva
sullo spettatore, a codesta specie di fascino ch’
in Atene, donde non uscì più, troncando la carriera artistica ch’egli
aveva
abbracciata con tanta passione, e nella quale dav
titolata : Arme e bagaglio, « in cui intorno alla sua propria persona
aveva
tutto il bisogno onde apprestare una mensa lautam
tto del granduca Ferdinando, come ajuto di suo padre. Ma la Legge non
aveva
per lui alcuna attrattiva, sicchè un giorno, dato
no più onnipossenti quelle armonie, più pene Il Bartolini a Firenze
aveva
scolpito un busto del celebre artista, ridente da
creato non ad altro che al genere comico : era pingue della persona,
aveva
il ventre sporgente innanzi ; alto però quanto si
do con sottilissimo accorgimento e filosofia nel costume che l’autore
aveva
espresso nel personaggio ch' ei prendeva a rappre
illo sereno di una notte estiva, ma pure spiacevano in un artista che
aveva
ingegno e forza da correggere in questa parte il
correggere in questa parte il mal gusto popolare. Or dunque il Vestri
aveva
anche tolto da sè quella menda, facendo come Gold
della persona, era noto in arte per la strana rassomiglianza ch’egli
aveva
con Napoleone I. Nonostante l’avanzar dell’età, e
, ma dovè poi cedere alle più che gentili insistenze del D’Arbes (gli
aveva
messo, come acconto, nella scatola da tabacco alc
ll’arte, intitolata Pantalone paroncino, per la quale poi, il D’Arbes
aveva
richiesto il Goldoni d’un sonetto di chiusa. La l
Casanova che viveva allora a Parigi, e che oltre quella del Faraone,
aveva
anche di sfuggita, la occupazione di scrittore, f
ontà del suo carattere. Buon marito, ottimo padre, sincero amico, non
aveva
altro difetto, se pur difetto può dirsi, che quel
mesi di settembre e ottobre, in ragione di 1200 lire al mese. E il Re
aveva
in grande pregio non soltanto l’ingegno del Beltr
to dall’ospedale. Recava in testa un cappello a nastri svolazzanti, e
aveva
una calza rossa e una verde. In sul principio L’I
tercasse con parole ; che egli ben sapeva come si fa, e che in Italia
aveva
veduto ciarlatani prender una picciola pallotta i
turalmente, non ebbero alcun danno, mentre la rovina, in altra parte,
aveva
cagionato la morte di alcuni cittadini. Gridato p
maschera che egli creò. Questo tipo, più moderno del Brighella, non
aveva
nella Compagnia de’Gelosi altro carattere che que
fosse data all’arte comica. Ma appassionatissima pel canto, al quale
aveva
mostrato sin da giovinetta singolari attitudini,
cedenti, cominciò a recitar quindicenne nella Compagnia che suo padre
aveva
in società con Vedova. Col padre capocomico, assu
a di una piccola compagnia secondaria, adattata al piccolo Stato, che
aveva
traversato i monti in cerca di fortuna, o forse a
enuto in Brescia sino alla sua morte che accadde nel 1825, quand’egli
aveva
67 anni. La figlia maggiore, Giuseppina, sposata
Valerini (V. D’Ancona, Lettere di Comici italiani, ecc.). Il Bachino
aveva
la moglie che recitava le parti di Silvia, e che
a : dopo di avere parlato del fisico (non era nè bella, nè brutta, ma
aveva
un non so che, che saltava subito agli occhi, e a
r parte de’ suoi confratelli, diceva che il mestiere di comica non le
aveva
impedito di essere cristiana, e che la terra era
fu fatto e letto con successo a Verona in casa del Direttor Imer, che
aveva
in un giorno di riposo invitato a pranzo il Goldo
teri, che dovea sostenere, e tanto internandosi in quelli, che quando
aveva
intorno l’abito di Giustiniano, non degnava rispo
o alla scuola del Vestri, ebbe sempre per guida la naturalezza. Forse
aveva
un difetto : la sua natura emergeva troppo nei ca
n faceva ridere e piangere ad un tempo ? E nel Michele Perrin, che io
aveva
veduto rappresentare a Parigi da Buffet ? Nel Mic
n bolognese nasuto che faceva il sartore di professione, e cangiata l’
aveva
in quella di commediante. Il suo pregio maggiore
ceva la barba a Brighella, e questo cuciva la roba dell’ altro ; cosi
aveva
il comodo di star sempre vicino alla sua Bella. C
tudj e si laureò in legge : ma vinto dall’ amor pel teatro, nel quale
aveva
già fatto egregie prove co' filodrammatici, si sc
mpresa Pasquale Tessero, cognato di lei. E veramente quella scena che
aveva
date tante e così grandi gioje all’artista, non p
a esser guardata da lungi senza rimpianto. La larghezza delle offerte
aveva
solleticato non poco l’amor proprio della Ristori
potentissimo l’antico amore dell’arte, che quello di sposa e di madre
aveva
per alcun po'assopito. Ma ad attuare il nuovo dis
a, in alcun punto solamente e lievemente modificato. Ella
aveva
attinto da noi il culmine sommo della rinomanza.
sono sublimi, ella trova nelle sue parti ciò che l’autore stesso non
aveva
indovinato, e le sviscera in ogni più tenue grada
ione di tragedie di Alfieri e di Schiller, un successo colossale, che
aveva
davvero del fanatismo e del delirio, e che fu, si
u vittima della sua buona fede, e dovette recarsi in Grecia, dov'egli
aveva
una figlia maritata, e dove sperò inutilmente sco
eva una figlia maritata, e dove sperò inutilmente scovare colui che l’
aveva
rovinato. Da dodici anni egli vive a Zante, mante
issime, ma, più volte, di seicento. Anima ribelle se ce ne fu mai,
aveva
la ribellione acquistata in una sicurezza piena e
Tellini. Il padre voleva farne un avvocato, ma egli, che già da bimbo
aveva
mostrato un amor grande al teatro, a una recita d
sciogliesse dal contratto, per non trovarsi con Ernesto Rossi che gli
aveva
mancato di fede, il Rossi in data 17 settembre 18
a : Amleto con Ernesto Rossi era un poema vasto, smisurato, quale non
aveva
mai visto, nè vidi poi. L'analisi ch'egli fa in u
e Luigi (V.), doventò prima donna applauditissima della Compagnia che
aveva
formata suo marito in società col celebre caratte
rsi sciolti alla Contessa Teresa Della Pace. Dice il Bartoli ch' egli
aveva
perduto la vista ; ma che poi, ricuperatala compl
e dal Re a lui e a quelli della sua banda) in quella stessa occasione
aveva
consentito a riconoscere Maestro Andrea per capo
ò il '93 per desiderio del suo futuro capocomico Cesare Rossi, che l’
aveva
scritturata qual prima attrice assoluta per l’ann
palchi e della platea, ingannando il tempo con tirate di commedia che
aveva
imparate la sera in teatro. Il fiorentino Giovan
ta. La modista era lei, la Marini. La sala metteva paura. Il pubblico
aveva
avuto per una settimana i grandi della Compagnia,
alvini, la Clementina Cazzola, e non dico altro. Della Marini nessuno
aveva
mai sentito ripetere il nome. Quand’ecco arriva s
o vecchio, cioè Pantalone, Andrea Cortini del Lago di Garda, il quale
aveva
la figura disavvantaggiosa, e non era buon parlat
esta donna, grande nell’arte, a segno da incantar gli spettatori, che
aveva
la dentiera posticcia, che aveva scorsa l’ Europa
egno da incantar gli spettatori, che aveva la dentiera posticcia, che
aveva
scorsa l’ Europa, conquistatrice di mille cuori,
rtici Pietro. Sappiamo dalla Corilla Olimpica dell’ Ademollo, ch'egli
aveva
cantato nel 1731 e 1742. Faceva e recitava le com
oriosa artista. Era nella Compagnia il giovane Erminio Pescatori, che
aveva
lasciato Parma, sua patria, nel '58, per darsi al
n compiuto il quattordicesimo anno, sostituì con Tommaso Salvini, che
aveva
rilevato la Compagnia del padre, l’Amalia Checchi
salito in gran fama qual Pantalone e capocomico. Pier Maria Cecchini
aveva
proposto con lettera del 1612 da Venezia al Duca
del 5 febbrajo 1496 al Marchese di Mantova Francesco Gonzaga, che gli
aveva
domandato le commedie volgari già rappresentate a
i entrare alla Comedia Italiana, ma non vi riuscì. Antonio Fracanzani
aveva
mutato il suo nome italiano in quello di De Fréca
sua persona. » Pare fosse qualcosa più di un semplice attore, dacchè
aveva
a Varsavia, per lui la moglie e il ballerino Vulc
ricercava gli effetti nella varietà delle voci, di cui, dicesi, egli
aveva
uno scatolino. L’originale non dava dunque troppa
e che formavano la delizia di chi l’ascoltava. Non era bellissima, ma
aveva
delle grazie non poche, e potevasi dir di lei :
lie di Mezzettino, e vi cantò la canzone dell’ Usignuolo, colla quale
aveva
già esordito lo zio Angelo. Il Gueullette in una
Bologna, ove si trova tuttora. Sposò l’attore Giuseppe Galletti (egli
aveva
esordito con Feoli ed Ajudi, e fu con Domeniconi
e del carteggio col Bodmer2, sino a Laura Sannia Nowé, che a Calepio
aveva
dedicato la propria tesi, nonché una serie di app
olidata, muovendosi con agio all’interno di quella che Merio Scattola
aveva
definito con grande perspicacia «comunità di cita
nel Paragone, si nota una sensibilità moralistica comune a quella che
aveva
mosso il progetto arcadico, sulla scorta anche de
el Lessing, anche il Martello sottolineava l’effetto purificatore che
aveva
sullo spettatore la possibilità di sfogare la pro
neille e Racine si modula sui toni del «Parallèle», forma critica che
aveva
animato le polemiche letterarie sei-settecentesch
lato, oltre a Corneille, i vari Le Bossu e Terrasson, e che in Italia
aveva
sostenuto anche il Crescimbeni della Bellezza del
da una contraddizione che pareva insita nel testo della Poetica e che
aveva
assillato numerosi esegeti, dal La Mesnardière a
ronti delle tragedie di Duché, il quale, nell’Absalon e nel Jonathas,
aveva
modificato il racconto biblico per rendere più vi
tro francese il difetto di «star sempre sui trampoli», già il Calepio
aveva
denunciato la gonfiezza della lingua tragica fran
ica anti-francese ed in specie anti-bouhoursiana: il gesuita francese
aveva
infatti ingiustamente attaccato la lingua poetica
di pronuncia delle due lingue, dalla cui analisi procedeva — come già
aveva
rilevato il Muratori — una netta superiorità dell
mente spinto l’autore a progettare una riedizione del Paragone di cui
aveva
gettato già solide basi, come documentano le cart
spetto, si contano le tragedie di Antonio Conti, di cui il bergamasco
aveva
potuto leggere in prima istanza solo il Cesare, e
ntenzioni del bergamasco, il quale tra gli anni Quaranta e Cinquanta,
aveva
avviato un lavoro di riscrittura che probabilment
osa pace ad una battaglia pericolosa per lo marito Siface, perciocché
aveva
gelosia che Massinissa col benefizio della pace s
perisce però che in conseguenza del primo oracolo di Calcante, che l’
aveva
a ciò condannata avanti ogni sua colpa, non essen
nome della tragedia ogni sorta di fatti illustri indistintamente, non
aveva
essa ricevuta ancora dalle regole la spezial form
questo punto e distende la sua narrazione nell’esprimere la gioia che
aveva
Marcella della sua vendetta, e quindi la morte di
rimo atto; né ha però avuto il comun seguito. Il Castelvetro, che non
aveva
veduto se non l’Orbecche del sopradetto Giraldi,
ta Essere stato lungamente intento a far la casa colta come ordinato
aveva
la reina […] si perde l’occasione di molti nobil
elle mostruosità di cui la corruttela del secolo prossimamente scorso
aveva
empito le nostre favole, mi fa concepire quanto s
i sdegnarsi conveniva attender l’esito infelice che nella favola egli
aveva
. Plutarco parimenti narra36 ch’Euripide si difese
ne della dignità de’ caratteri appare certo che il costume del secolo
aveva
non poco contribuito: però nelle tragedie scritte
ad operar per odio del padre e della madre, mentre secondo Livio non
aveva
altro stimolo che ’l desiderio di regnare. Improp
ti poeti, si scorgon tratti d’una grandezza che la tragedia prima non
aveva
avuto, ma di quando in quando per passi troppo fa
ggiace ad alcun male, e per le molte belle qualità che per altro egli
aveva
. Che se l’autore intende qui per passione la sola
r dare allei tormento. S’accresce l’incredibile, perché il motivo che
aveva
il re di farlo custodire separato dalla madre, co
nouvelle: Vous le faites farder en ces lieux par Barsès. Se Antioco
aveva
avuto queste precauzioni non serve il riferirglie
o alle tragedie del de la Motte che pure in quei giorni il Bodmer gli
aveva
spedito (ivi, p. 119). All’inizio del 1731 l’oper
a raccogliere insieme ordinatamente quelle osservazioni che già tempo
aveva
fatto sopra tale argomento. Quando avrò finito di
teposto anche a Giulio Cesare Scaligero, il cui commento alla Poetica
aveva
avuto una grande fortuna nella Francia seicentesc
lasmato in chiave pedagogica quegli strumenti letterari che il popolo
aveva
inventato esclusivamente per il proprio diletto (
ti avvalersi, ad insegnamento del popolo, di quegli esercizi che egli
aveva
per proprio diletto inventati. Onde conoscendo eg
libretti molto si è insistito; Alain Viala lo giudica un borghese che
aveva
intravisto una possibilità di ricco mantenimento
te coerente con i dettami della Poetica. La drammaturgia di Corneille
aveva
subito in Francia diversi attacchi nel corso del
. 103-105). Maître Tafignon, semisconosciuto avvocato della Borgogna,
aveva
tentato di capovolgere il giudizio di La Bruyère
uta alla volontà di preservare l’utilità della tragedia — che Platone
aveva
messo in discussione — e che il filosofo greco ig
e il freddo col freddo, e il caldo col caldo”, e ch’egli all’incontro
aveva
cercato nella sua Tragedia di preservar lo spetta
bardi, il bergamasco rifugge dalla tragedia del martire gesuitico che
aveva
avuto in Corneille il suo massimo esponente. Rest
gesta di Rodrigue, delegato dal padre a vendicare il torto che questi
aveva
subito da Don Gomez, genitore di Chimène, il qual
he questi aveva subito da Don Gomez, genitore di Chimène, il quale lo
aveva
schiaffeggiato pubblicamente. A partire da questo
peccato, accentuava la colpa di Edipo, considerandolo un iracondo che
aveva
ucciso Laio in un accesso di rabbia. Castelvetro,
tatori tra Cinque e Settecento. Il ritratto dell’Œdipus imprudens che
aveva
tratteggiato il Robortello era destinato ad esser
e bisognoso di quelle aggiunte di personaggi ed episodi che Corneille
aveva
a ragione apportato — e di un Edipo innocente: Vo
2, p. 183). Peraltro già Tasso nel suo Discorso sopra il poema eroico
aveva
stimato Oreste, assieme ad Elettra e Giocasta, co
dalla stessa Préface del drammaturgo francese. In questa sede Racine
aveva
lodato la scelta euripidea del soggetto, dal mome
e. In questo caso viene biasimata la posizione di Terrasson, il quale
aveva
sostenuto che Antigone fosse un personaggio assol
Re e l’Elettra di Sofocle erano state considerate da Dacier, il quale
aveva
pubblicato nel 1692 una traduzione di entrambe le
uella doppia. Nella Préface alla sua versione il classicista francese
aveva
scritto che l’obiettivo di Sofocle era di far ved
el di lei amante, secondo uno schema interpretativo che il bergamasco
aveva
già precedentemente proposto per l’Orestea di Esc
figli di Nicio scontano il prezzo della malvagità del padre, il quale
aveva
tradito la fiducia del re Loteringo, che in punto
aveva tradito la fiducia del re Loteringo, che in punto di morte gli
aveva
affidato la figlia in moglie. Fra le tragedie lod
ato vittorioso dal duello in cui ha ucciso i Curiazi in un duello che
aveva
determinato la salvezza di Roma, si scontra con l
olta l’aver convolato a nozze senza il permesso del padre, il quale l’
aveva
destinata ad un altro matrimonio. Nel Torrismondo
e in considerazione le tragedie di Pomponio Torelli, del quale Maffei
aveva
recentemente ripubblicato la Merope nel Teatro It
e e del Seicento, Calepio dialoga chiaramente con il Maffei, il quale
aveva
appunto allestito l’antologia del Teatro Italiano
iù del bergamasco, un estimatore delle tragedie con eroi innocenti —,
aveva
rimproverato il Gravina per l’introduzione di per
e due tragedie come il Cicerone e I Taimingi, nei cui proemi l’autore
aveva
riflettuto proprio sulla natura mediocre dei prot
rotagonista dell’Ulisse il giovane (1720), tragedia grecheggiante che
aveva
goduto di una certa fortuna, tanto editoriale qua
troducendo la catastrofe finale —, quella stessa Merope di Maffei che
aveva
all’epoca avuto un grande successo, e che, come s
alepio chiude il paragrafo era dispiaciuta a Giuseppe Salìo, il quale
aveva
accusato il bergamasco di oscurità e trascuratezz
nti. Come già ricordato dallo stesso Calepio in precedenza, Corneille
aveva
affermato che la catarsi, se mai doveva compiersi
e definitivamente la portata della purgazione, come già il bergamasco
aveva
sostenuto (Paragone I, 4, [2]). La premura con cu
lacide, il quale nel frattempo a causa dell’infatuazione per Théodore
aveva
rotto il fidanzamento con Flavie, oppure la prost
e la Théodore. Corneille, per rendere vivace la propria composizione,
aveva
infatti messo in bocca a dei santi discorsi più p
Milano, Bompiani, 2003, p. 104). Diversamente da Calepio, d’Aubignac
aveva
invece lodato la Théodore proprio per la natura d
. 66 [Amsterdam, Bernard, 1715, t. I, pp. 156-157]). [1.4.4] Calepio
aveva
già mostrato come il soggetto del duello fra Oraz
vventure di Edipo un episodio dell’intreccio secondario. André Dacier
aveva
stigmatizzato l’introduzione di questo episodio,
par Georges Couton, Paris, Gallimard, 1987, p. 384). Anche d’Aubignac
aveva
rimproverato a Corneille l’eccessiva ed affettata
Georges Couton, Paris, Gallimard, 1987, p. 309). Voltaire stesso non
aveva
lodato la torsione politica del teatro corneillia
e del Cid in quel drammaturgo che, rinunciando a muovere le passioni,
aveva
scritto più che altro dialoghi sulla politica all
ia la modestissima Fedra di Francesco Bozza —, dopo che il bergamasco
aveva
riconosciuto la superiorità delle prove di Aretin
lettori sei-settecenteschi, primo fra tutti quel Nicolas Boileau che
aveva
lodato la costruzione della sventurata protagonis
par Georges Forestier, Paris, Gallimard, 1999, p. 408). Il Terrasson
aveva
criticato la costruzione del Britannicus, conside
on poteva avere luogo in maniera esaustiva. Racine, come di consueto,
aveva
affrontato nella Préface la questione del caratte
gici nella Poetica di Aristotele. Ad ogni modo la soluzione di Racine
aveva
goduto di una certa fortuna, come dimostra l’Ifig
Calepio in prima battuta riferisce le censure che la critica francese
aveva
mosso alla tragedia di Racine: molti esponenti de
e e conosciuto probabilmente attraverso la traduzione italiana che ne
aveva
offerto Anton Maria Salvini nel 1725. Infine, il
caso alla disputa fra tragedia di argomento storico o mitologico, che
aveva
rivissuto nel Settecento, risolvendosi a tutto fa
e in Italia nel Seicento e che la fondazione dell’Accademia d’Arcadia
aveva
riportato in auge. Queste pastorali prevedevano i
a di Emanuele Tesauro. Calepio, con la scorta di Castelvetro, che già
aveva
condotto la medesima operazione nella sua Poetica
incapaci di destare pietà e terrore. Questi eroi eccellenti, come già
aveva
ammesso Calepio nel primo capo, muovono gli spett
perficiale per il puro gusto di essere intrattenuto. [2.1.6] Calepio
aveva
già avuto modo di esprimere il proprio giudizio i
ome propria più dell’epica che della tragedia (Poetica, 1460a 12-14),
aveva
preso il Cid ad esempio del perfetto utilizzo del
o obietta tuttavia che ciò deriva esclusivamente dal fatto che — come
aveva
già illustrato nel primo capo (Paragone I, 4 [5])
imano ad uccidere Mustafà, per favorire colui che credeva suo figlio,
aveva
in realtà commissionato l’omicidio del proprio fi
ille, secondo cui il riconoscimento di un personaggio post mortem non
aveva
un grande effetto sulla scena in quanto l’agnizio
icacia della catastrofe. Nella sua Merope, andrà ricordato, il Maffei
aveva
giocato una partita completamente diversa, introd
l’amata Polissena, ottemperando all’ordine degli dei. Apollo infatti
aveva
imposto che, per placare l’ombra adirata di Achil
della regina Cléopâtre, la quale, gelosa della principessa Rodogune,
aveva
costretto i due figli ad uccidere la ragazza, ben
é entrambi ne fossero stati innamorati e, in seguito al loro rifiuto,
aveva
tentato di ucciderli entrambi, riuscendo ad elimi
prospettiva militante, la soluzione compositiva che lo stesso Calepio
aveva
perseguito, in qualità di autore, nelle sue due t
ite, il Perdicca e il Seleuco. Nella prima di queste due pièces, egli
aveva
infatti introdotto un Coro largamente presente, s
unzi, secondo una pratica che la drammaturgia italiana cinquecentesca
aveva
ripreso dalla tragedia greca, e che invece era st
tés par Georges Couton, Paris, Gallimard, 1987, p. 272). Diversamente
aveva
agito, mettendo in scena lo stesso soggetto, Giul
r questo motivo, e per non svilire la dignità dell’azione principale,
aveva
preferito affidare un breve resoconto del martiri
convinzione con l’esperienza diretta del suo Œdipe; anch’egli infatti
aveva
concepito la sua favola, in ossequio all’autorità
no accordo con il Maffei, il quale nell’antologia del Teatro Italiano
aveva
in tal senso operato sulle tragedie cinquecentesc
i l’omicidio di Agamennone e l’aiuto ricevuto da Strofio, il quale lo
aveva
salvato dalle mani dei congiurati, allevandolo co
salvato dalle mani dei congiurati, allevandolo come un figlio, e gli
aveva
concesso in sposa proprio la figlia Pilade. Il Ma
ntento a dimostrare la scarsa poeticità dell’endecasillabo sciolto —,
aveva
provato a riscrivere il racconto di Torrismondo i
one: egli loda in particolare la Phèdre di Racine, migliore, come già
aveva
avuto modo di scrivere, della Fedra di Seneca e d
Calepio, a causa della cattiva gestione degli episodi. Il Bergamasco
aveva
già illustrato come l’Horace, in virtù della gran
dia nel solco di Petrarca», Quaderni veneti, III, 2014, pp. 169-175),
aveva
goduto di un discreto successo in seguito alla su
elemento topico della critica sei-settecentesca; lo stesso Corneille
aveva
riconosciuto nei Discours tale difetto, citando l
9, pp. 95-186). Lo stesso Calepio, così rigido nella sua censura, non
aveva
fatto a meno dei confidenti nei suoi giovanili es
mentari aristotelici cinquecenteschi, da Scaligero a Castelvetro, che
aveva
introdotto le unità nella convinzione che l’obbie
iaggio in Grecia, resa celebre dalla riscrittura di Guarini, il quale
aveva
plasmato l’antefatto del Pastor Fido (II, 2, vv.
afo immediatamente successivo. Articolo III. [3.3.1] Corneille
aveva
sostenuto nel primo dei suoi tre Discours, che la
Bosco, Milano, Bompiani, 2003, pp. 84-86. Anche il gesuita René Rapin
aveva
condannato senza mezzi termini l’impiego dell’amo
questi argomenti, d’altra parte, direttamente da Voltaire, il quale,
aveva
espresso la medesima posizione nel suo Discours s
e, 1787, pp. 147-148), poi da Francesco Saverio Salfi, il quale, come
aveva
fatto Calepio, insiste sull’efficacia dell’episod
na tempesta che lo minacciava, proprio sul punto di arrivare a Creta,
aveva
infatti promesso a Nettuno di sacrificare la prim
e la prima persona che avesse incontrato dopo lo sbarco, e il destino
aveva
voluto che questi fosse proprio il figlio Idamant
tta in italiano da Francesco Albergati Capacelli e Agostino Paradisi,
aveva
goduto al tempo di una discreta fortuna: essa è a
, l’unico a venire risparmiato delle critiche calepiane in quanto non
aveva
introdotto nelle sue tragedie digressioni amorose
altro eletta a modello di tragedia religiosa da Antonio Conti, che ne
aveva
anche fornito un’elegante traduzione italiana (An
di Amedeo Quondam, Roma-Bari, Laterza, 1974, p. 316). Non a caso egli
aveva
tratto ispirazione proprio da questa tragedia per
lla tragedia ad informare il pubblico degli antefatti. Giraldi Cinzio
aveva
affidato questo prologo talora a personaggi coinv
e e l’infingardo Nicio circa il futuro di moglie e figlia —, talaltra
aveva
investito di questo compito divinità: è il caso d
ne, aperta dall’intervento di Giunone. Inoltre, nella Didone, Giraldi
aveva
inserito un altro personaggio sovrannaturale e in
era comportato diversamente nella sua Polissena, dove nel primo atto
aveva
proposto un dialogo a tre voci fra i personaggi c
lezza della volgar poesia, Roma, De’ Rossi, 1712, pp. 91-92). Gravina
aveva
affidato al prologo, recitato dalla prosopopea de
già precedentemente criticato (Paragone III, 1, [4]). Sulla questione
aveva
riflettuto anche il Muratori, il quale predicava
zialmente contrario a questo tipo di personaggio — al quale del resto
aveva
fatto ricorso a sua volta, in veste di drammaturg
edia classicistica del primo Settecento — dal Lazzarini al Recanati —
aveva
rilanciato l’uso di oracoli e vaticini che davano
I, 1). Nel Seicento, in realtà, il personaggio secondario di Rosmonda
aveva
goduto di una certa fortuna: nella sua Difesa del
1660, p. 98); il francese Vion d’Alibray, traduttore del Torrismondo,
aveva
a sua volta espresso il suo apprezzamento per la
à nei paratesti dell’Œdipe, conosciuti senz’altro dal Calepio, che ne
aveva
contestato le teorie nella sua Apologia di Sofocl
e che Alvida è diventata regina; costui, interrogato da Frontino, che
aveva
riconosciuto in lui l’uomo al quale aveva affidat
nterrogato da Frontino, che aveva riconosciuto in lui l’uomo al quale
aveva
affidato la piccola Alvida appena nata, fa poi co
tragedia Temisto, il cui soggetto era tratto da Igino, Giuseppe Salìo
aveva
rappresentato la storia di Temisto, figlia di Ips
o, figlia di Ipseo e seconda moglie di Atamante, re di Tebe, il quale
aveva
sposato in prime nozze Ino, figlia di Cadmo. Atam
il quale aveva sposato in prime nozze Ino, figlia di Cadmo. Atamante
aveva
avuto due figli da Ino e due da Temisto: per sfug
o, i quattro erano stati mandati ancora piccolissimi da Ipseo, che li
aveva
amati tutti alla stessa maniera. Una volta morto
oprio da questa notizia, nonché dalla prescrizione di Ipseo, il quale
aveva
destinato a ciascuno dei quattro ragazzi da lui c
’astuta Ino però, temendo una possibile vendetta da parte di Temisto,
aveva
scambiato gli abiti dei figli, inducendo la prota
attutto dall’artificioso e romanzesco stratagemma degli anelli. Salìo
aveva
risposto nel suo Esame critico all’accusa di Cale
uando il Balio torna in scena per svelare a Temisto ch’ella in realtà
aveva
ucciso i propri figli («non la morte di Ipseo, né
io nell’Aminta del Tasso il protagonista, benché inizialmente felice,
aveva
motivo di sperare in una diversa disposizione di
osimiglianza in quanto allo sviluppo del sentimento amoroso. L’Aminta
aveva
avuto un’importanza singolare nel corso della pol
Io sono stato lungamente intento/ a far la casa colta,/ come ordinato
aveva
la regina;/ però non aggio inteso alcuna cosa/ di
inquecento, soprattutto a causa dell’innovativa soluzione metrica che
aveva
adottato lo Speroni, ossia una commistione di set
tre si rivolge, nell’ultimo soliloquio della pièce, al veleno con cui
aveva
intenzione di uccidere la rivale («Ô toi, qui n’a
u, la quale, nel tentativo di sovvertire il giudizio di Voltaire, che
aveva
giudicato Corneille superiore a Shakespeare, cita
3) e del Famigliar di Cleopatra (V, 4). Rispetto al Trissino, che non
aveva
fatto uso di monologhi, (cfr. Stefano Verdino, Il
ivida e istantanea di una passione straordinaria. Lo stesso astigiano
aveva
avallato con decisione questa lettura: trattando
va recitato a bassa voce; che le condizioni nelle quali il soliloquio
aveva
luogo fossero verosimili per giustificare un simi
4, vv. 245-247). Merope, all’udire il nome del vecchio servo al quale
aveva
affidato il figlio in fasce, si arresta, e questa
troduzione del nome di Polidoro nella battuta del giovane «straniero»
aveva
sollevato numerose perplessità fra i letterati de
ia. Così, spinto da alcuni amici, nelle edizioni successive il Maffei
aveva
eliminato il nome di Polidoro, dando vita ad una
o, rivolge ad Apollo, riferendo il contenuto di alcuni presagi che le
aveva
lasciato il sonno notturno (cito dalla traduzione
imili a parte: egli non ne ritrova traccia in Corneille — il quale ne
aveva
fatto uso soltanto nella commedia Le Menteur, pur
Bruto, e lui corruppe il primo», III, 6). Anche in questo caso Conti
aveva
replicato al Bergamasco, rifacendosi al modello d
ll’attacco dell’introduzione del Coro nella tragedia moderna. Se egli
aveva
in precedenza condannato il Coro stabile (Paragon
infatti entrare nel merito di un’azione alla quale verosimilmente non
aveva
dovuto assistere —, che egli ritiene poco funzion
o Galilei, animatore di quella Camerata Bardi all’interno della quale
aveva
preso le mosse un’impegnativa riflessione sul rap
atori, il quale, nella versione manoscritta del Della perfetta poesia
aveva
incluso una lunga sezione dedicata alla musica, i
dell’unità di luogo non era stata prescritta da Aristotele — ma egli
aveva
dovuto tralasciarla di proposito perché troppo la
Descrizione de’ costumi italiani — probabilmente senza averle lette —
aveva
provveduto a richiedere al Bodmer la cancellazion
lviii-lix). Il Gorini stesso nel trattato Della perfetta tragedia che
aveva
premesso all’edizione della Rosimonda e poi rista
osservanza di questa regola creava degli inverosimili che Calepio non
aveva
notato. Il marchese se la prendeva in particolare
go, era necessario affrontare la questione meno rigidamente, come già
aveva
fatto Corneille: «Quando si dice unità di luogo,
utto e per tutto: d’altra parte già nel celebrare l’Ulisse il giovane
aveva
scritto in precedenza che, nonostante la bellezza
io Giuseppe Salìo: in lui andrà identificato quel «poeta novello» che
aveva
affermato l’indiscutibile superiorità della trage
nell’avversario un uomo incapace — al contrario di quanto egli stesso
aveva
sempre rivendicato di saper fare — di giudicare i
e, come ammette nel Proemio, rimasto scontento di come l’autore greco
aveva
trattato l’agnizione di Oreste, si impegna ad all
un pubblico moderno. Allo stesso tempo la Merope di Maffei, la quale
aveva
perso i tratti strutturali più evidenti del model
limentato di posizioni contrastanti: nella sua traduzione Castelvetro
aveva
accentuato la natura deliberativa del costume («H
se che italiana, le censure al costume delle tragedie italiane: Rapin
aveva
condannato l’improprietà dei personaggi dei poemi
alepio si dimostra assai vicino alla posizione del Muratori, come già
aveva
evidenziato Enrico Mattioda (Teorie della tragedi
identificavano nel diletto il fine principale della poesia. Egli già
aveva
condannato in questo senso la posizione di Castel
gio aristotelico esaminato nel primo articolo del capo (1450a 15-25),
aveva
dedotto, in profonda rottura con la già illustrat
he alle annotazioni del Robortello, il quale rilevava che ogni genere
aveva
un grado supremo di bellezza a cui arrivare senza
cco della cultura giansenista, il quale nel suo Traité de la comédie,
aveva
tentato di dimostrare la radicale e irrimediabile
2001, pp. 334-336), rivelando il suo carattere orgoglioso, sul quale
aveva
insistito lo stesso Dacier («Sophocle fait ici de
il proprio successo. Lo spostamento della tragedia verso l’epica, che
aveva
prodotto in particolare Pierre Corneille con la s
sponda ad una sensibilità profondamente diversa rispetto a quella che
aveva
animato l’operazione teorico-letteraria di Cresci
udizio fra Corneille e Racine: se il primo, con i suoi drammi eroici,
aveva
profondamente frainteso il vero senso della poesi
i sopra la Rodoguna e dallo stesso Calepio nelle pagine del Paragone,
aveva
esercitato il suo ambiguo fascino sul Bergamasco,
Settecento. Nel trattare del rapporto fra storia e poesia Aristotele
aveva
raccomandato che la poesia mantenesse la propria
cando il fatto che essa si basava sul verosimile e non sul vero e che
aveva
un carattere universale, a differenza della stori
reso; nella Préface del Bajazet egli si limita infatti a scrivere che
aveva
modificato in alcuni punti il soggetto storico, m
ato nell’altra sua tragedia religiosa, il Jonathas, nella cui Préface
aveva
affermato di aver rispettato scrupolosamente la s
e avventurarsi nel campo della tragedia di argomento sacro, Corneille
aveva
da parte sua esplicitato una distinzione importan
cattivi ingiustificata dal soggetto storico, sulla scorta di ciò che
aveva
peraltro prescritto Aristotele nella Poetica, con
454a 29). Questo difetto, tipico della drammaturgia di Corneille, che
aveva
bisogno di malvagi per far risplendere in control
impegnato prima nella carriera militare e poi nella finanza, il quale
aveva
debuttato sulla scena con il Caton d’Utique (1715
ra cui l’aver dato vita al personaggio malvagio di Pharnace, che poco
aveva
a che fare con la vicenda di Catone, ma era utile
aragone fra la Polyxène di de La Fosse e la Polissena di Marchese che
aveva
già introdotto in precedenza (Paragone II, 3). Se
1] Calepio ritorna sulla questione della qualità del protagonista che
aveva
già affrontato nel primo capo; pur riconoscendo c
enti dell’Arcadia: Antonio Caraccio, sodale del Crescimbeni, il quale
aveva
riconosciuto nel suo Corradino l’archetipo di per
anto pare scostarsi da quel processo di cristianizzazione che il mito
aveva
subito nel teatro francese del Seicento, proprio
sia, vol. III, Milano, Agnelli, 1743, p. 275). In precedenza l’autore
aveva
già sostenuto questa medesima posizione, ricorren
con la tradizione critica francese che sul décorum e sulla bienséance
aveva
fondato la propria drammaturgia, alla convenienza
), definendola come un tratto fondamentale della rappresentazione che
aveva
a che fare non con la morale in assoluto, ma con
001. [5.4.2] Introducendo un paradigma evoluzionista che già altrove
aveva
presentato (Paragone IV, 1, [1]) Calepio taccia l
n critique sur l’Iliade che Calepio conosceva bene, secondo cui Omero
aveva
tradito il decoro creando personaggi incoerenti,
ie de Racine intitulée Alexandre le Grand, diretta a Madame Bourneau,
aveva
criticato la rappresentazione galante che del gra
rire inverosimili. Già nel Cinquecento la rinascente tragedia europea
aveva
sfruttato le potenzialità delle donne forti, pres
con particolare attenzione, onde evitare pesanti critiche. Corneille
aveva
saputo in qualche misura scantonare rispetto a qu
gné e Donneau de Visé; quest’ultimo, dalle pagine del Mercure Galant,
aveva
ridicolizzato la strategia compositiva di Racine,
rigine «fendendo/ l’acqua con gran fragor»; successivamente il Maffei
aveva
dato una patina più vivace alla battuta che era s
i con cui egli lodava Seneca per il perfezionamento dei costumi a cui
aveva
sottoposto i personaggi di Euripide («E quantunqu
illo Guerrieri Crocetti, Milano, Marzorati, 1973, p. 209). Il Giraldi
aveva
peraltro insistito su questa argomentazione nel G
al decoro moderno si era rivelato invece Antonio Conti, il quale già
aveva
giustificato la propria scelta di soggetti romani
, Marelli, 1755, p. 71). Questa prudérie circa la natura del soggetto
aveva
di fatto reso difficile la riscrittura del nucleo
ne del modello dell’Edipo Re, dovuta alla teorizzazione aristotelica,
aveva
modificato sostanzialmente la percezione della de
almeno in parte, dalla critica tassiana sei-settecentesca che, quando
aveva
condannato il Torrismondo, ne aveva riprovato piu
ana sei-settecentesca che, quando aveva condannato il Torrismondo, ne
aveva
riprovato piuttosto l’eloquenza ingiustificatamen
on la rivedrà più (II, 790); quando si congeda da Andromaca, la quale
aveva
consegnato ad Ascanio vesti ricamate d’oro (III,
dosi discolpare delle infamanti calunnie che gli erano state rivolte,
aveva
verosimilmente il diritto di parlare bene di sè s
igone: introducendo un personaggio innamorato di un eroe con il quale
aveva
direttamente o indirettamente un conflitto in sos
lepio non fa grande distinzione in questo senso; se in precedenza già
aveva
accennato una critica alle favole imperniate su a
malvagio incorreggibile nella Sacra Scrittura. Al contrario, l’autore
aveva
dipinto Jonathas, nell’altra sua tragedia sacra,
essere introdotta in rapporto a una considerazione di Aristotele, che
aveva
creato diversi problemi ai commentatori, sul fatt
ninza dell’azione rispetto a tutti gli altri elementi della tragedia,
aveva
scritto che la maggior parte delle tragedie a lui
Poëtique d’Aristote…, Paris, Barbin, 1692, pp. 90). In Italia Gravina
aveva
ripreso la questione, smentendo l’interpretazione
otuto dipingere con maggiore interesse e naturalezza quell’azione che
aveva
invece preferito plasmare sull’archetipo della tr
drammaturgiche, egli passa ora a considerare quei medesimi testi che
aveva
esaminato nei capi precedenti sotto il profilo st
ffei dava della tragedia del Trissino nel Teatro Italiano. Il Gravina
aveva
espresso, prima del Maffei, un giudizio leggermen
era alla «sentenza» della Sofonisba, a partire dal Martello, il quale
aveva
raccomandato che la locuzione tragica fosse «chia
iane è legato all’imprescindibile criterio della verosimiglianza, che
aveva
assunto, dopo l’affermazione di un certo razional
Già il Maffei, editando l’Oreste nell’antologia del Teatro Italiano,
aveva
sottolineato questa maestosità precedentemente sc
no, t. I, Verona, Vallarsi, 1723, p. 78). Dopo di lui anche Riccoboni
aveva
elogiato lo stile mai forzatamente enfatico della
Calepio si esprime in maniera netta contro l’ibridismo stilistico che
aveva
caratterizzato la pratica letteraria seicentesca
e, specialmente dal momento della scissione dell’accademia, nel 1711,
aveva
condannato le «pastorellerie» drammaturgiche, pre
surava lo stile, orientato al lirico, dello Speroni, che nella Canace
aveva
fatto ricorso a versi brevi, alla rima e ad un or
in una sua Lettera a Sperone Speroni scrive, che tanto di leggiadria
aveva
nell’Aminta suo conseguito Torquato Tasso, quant’
te altre tragedie che peccano sotto il medesimo profilo e che Calepio
aveva
già ripreso dal punto di vista della costruzione
, considerati frutti maturi di quell’epoca letterariamente iniqua che
aveva
sciupato i benefici di cui la poesia italiana ave
amente iniqua che aveva sciupato i benefici di cui la poesia italiana
aveva
goduto nel precedente periodo di rigenerazione, s
senti da qualche scadimento retorico. Egli cita tutte le tragedie che
aveva
precedentemente menzionato nel primo capo come es
battuta il Corradino dell’arcade Annibale Caracci, che il Crescimbeni
aveva
canonizzato precocemente insieme ai drammi di Ott
huitième siècle, Paris, H. Champion, 2011), tutto questo discorso non
aveva
senso. Dal suo punto di vista il pubblico non ha
ne. [6.2.8] Sotto lo pseudonimo di Udeno Nisiely, Benedetto Fioretti
aveva
composto una raccolta di Proginnasmi poetici che
o un modus loquendi conveniente al suo ruolo e al suo carattere, come
aveva
fatto Omero, facendo parlare brevemente lo sparta
nei confronti dell’operato poetico e critico del Roggianese («Gravina
aveva
un capo assai grande, e pieno di buon latino e di
a noi famoso orribil monte», III, 5). Il Maffei, nel Teatro Italiano,
aveva
anticipato il giudizio di Calepio, reputando il p
questo caso il Bergamasco si conforma; il commentatore di Aristotele
aveva
infatti notato che fra le moderne tragedie france
aveva infatti notato che fra le moderne tragedie francesi la sentenza
aveva
perso la sua autentica semplicità, in favore di u
n sostanza, addita l’emergenza di un gusto barocco in quel teatro che
aveva
ottenuto la denominazione di «classique», anche p
tés par Georges Couton, Paris, Gallimard, 1987, p. 702). Ma, come già
aveva
scritto nell’articolo precedente (Paragone VI, 2,
i verosimiglianza. Nel colloquio con i figli, la madre raciniana, che
aveva
già introdotto un concetto arguto offrendo il pet
même», ivi, pp. 85-86). A questa offensiva intestina del de La Motte
aveva
risposto piccato il Boileau con le Réflexions sur
h si incolpa di essere stata la causa della morte del Conte, che pure
aveva
tentato di salvare nel corso della pièce, e la cu
osi chi la vendicherà per la morte della madre, dopo che lui stesso l’
aveva
vendicata per quella del padre (ivi, p. 64). [6.
più nobile, e al contempo la più semplice lingua del mondo. Bouhours
aveva
infatti sostenuto che la lingua francese, a diffe
Jacopo Martello, il quale, all’interno del trattato Del verso tragico
aveva
sostenuto che la poesia tragica doveva adeguarsi
a “semplicità” piuttosto che della verosimiglianza e conseguentemente
aveva
raccomandato, a discapito della mimesi di una lin
d una complessiva messa in discussione del sistema retorico sul quale
aveva
poggiato le proprie fondamenta la grande letterat
onflitto con la raffinatezza dello stile, essenzialmente barocco, che
aveva
caratterizzato il grande teatro seicentesco. I tr
e, si accumulino due di quei traslati per nulla originali su cui egli
aveva
puntato il dito in precedenza, giocati questa vol
aris, Compagnie des Libraires Associés, 1747, p. 135). Anche Voltaire
aveva
preso ad esempio lo stile di questa pièce per dim
e, V, 4, Paris, Anisson, 1702, p. 98). Nella stessa tragedia il poeta
aveva
fatto figuratamente «marcher» anche la morte (Dav
sibilità era radicalmente cambiata e quella poetica gonfia e figurata
aveva
lasciato il passo ad una nuova idea di letteratur
ndi riferimento alla tradizione retorica e drammaturgica classica che
aveva
affrontato la questione degli epiteti, richiamand
, 1973, pp. 552-553). Tuttavia la teoria del verso cinque-seicentesca
aveva
catalogato come bassi e comici i versi sdruccioli
prende le distanze anche dalle scelte metriche del Martello, il quale
aveva
tentato di trasporre nel coturno italiano il vers
a cattiva traduzione in prosa curata da Père de La Valterie, il quale
aveva
lavorato su di un esemplare latino. Sulle traduzi
lche decennio prima dal Muratori, il quale, nella sua Vita del Maggi,
aveva
menzionato alcuni passaggi dell’orazione per dife
condo dialogo fra Italia, Francia e Svizzera nel primo Settecento che
aveva
avuto luogo nelle pagine della rivista ginevrina
, il veronese, rimodulando in chiave didattica il medesimo canone che
aveva
proposto il Crescimbeni nell’Istoria della volgar
Correvon, commentatore tendenzialmente esuberante e indiscreto — come
aveva
sperimentato lo stesso Calepio, che aveva avuto d
berante e indiscreto — come aveva sperimentato lo stesso Calepio, che
aveva
avuto da ridire su alcune annotazioni del Frances
conseguenza se la prende con un’affermazione del Terrasson, il quale
aveva
scritto che il poeta, benché non fosse un fisico
ta premessa il fatto che Martello ammetta pure che la lingua italiana
aveva
le potenzialità di forgiare una forma tragica per
si inserisce qui nell’ampia discussione intorno al verso tragico che
aveva
coinvolto i maggiori letterati dell’epoca, ripren
aglia a favore dell’endecasillabo era senz’altro Scipione Maffei, che
aveva
esperito come autore le potenzialità di questa so
e aveva esperito come autore le potenzialità di questa soluzione e ne
aveva
sostenuto la validità — soprattutto in rapporto a
questo caso dall’opinione del Calepio anche il Quadrio, che spesso ne
aveva
parafrasato le opinioni; l’autore del Della stori
a di una scena del Torrismondo del Tasso che il drammaturgo bolognese
aveva
approntato, dopo aver illustrato i difetti dell’A
gamasco confuta quindi le velleità classicistiche con cui il Martello
aveva
tentato di legittimare il suo nuovo verso come la
Lo stesso Metastasio autorizzava il ricorso alla rima, la cui assenza
aveva
condannato poemi di autori peraltro notevoli, com
n fine di verso. Sulle medesime caratteristiche della lingua francese
aveva
ragionato anche il Muratori, in risposta alle acc
ducendo le medesime espressioni figurate del testo francese, che pure
aveva
criticato in precedenza. [7.5.6] Nel finale, l’a
udar de La Motte si giustifica sulla base del ritardo con cui Calepio
aveva
ricevuto i tomi delle opere dell’autore da Jakob
evuto i tomi delle opere dell’autore da Jakob Bodmer, il quale gliene
aveva
raccomandato la lettura. Anche in questo caso, co
ca e teatrale del Francese, in cui l’autore torna su alcuni punti che
aveva
già sottolineato con particolare cura nel Paragon
aio 1714), sull’Extrait des Poësies d’Ansloo, un piccolo libretto che
aveva
dato modo a uno dei redattori, Julius Van Effen,
dattori, Julius Van Effen, di soffermarsi, più distesamente di quanto
aveva
già fatto nel primo tomo della rivista, sulla sup
uesta auto-censura di parte francese, perfettamente conforme a quanto
aveva
stabilito in precedenza sulla copiosità delle dig
rofilo, si era dimostrato assai più difettoso di Corneille, in quanto
aveva
rivestito del medesimo carattere amoroso ogni per
se» (ivi, p. 588). Calepio approva questo discorso; dal canto suo non
aveva
mai raccomandato di espungere digressioni ed epis
a sua eccessiva arroganza, con cui pretendeva di forzare la donna che
aveva
rapito a sposarlo, contro alla volontà del padre,
», ivi, pp. 607-608). Vengono qui ribadite le stesse osservazioni che
aveva
fatto il Du Bos nelle sue Réflexions, rilevando c
Pierre Nicole, proprio l’aspetto deleterio e inquinante che la opsis
aveva
sul pubblico. [Giunta.8] Il terzo Discours sur l
one del pubblico in virtù delle sue debolezze. D’altra parte egli già
aveva
approvato, in Paragone I, 4, [4], il soggetto deg
ca, ossia l’accreditamento della scrittura di tragedie in prosa: egli
aveva
infatti deciso di pubblicare, accanto alla versio
mostrava come il progressivo raffinamento delle tecniche compositive
aveva
comportato l’abbandono del primitivo tetrametro i
ornamento retorico, capace di destare maggior compassione: così egli
aveva
fatto nell’Orbecche, in cui il monologo del messo
’ Nores, molto diffuso all’epoca grazie a GianVincenzo Gravina che lo
aveva
riportato nel Della tragedia: «Né mi posso astene
ualche elemento inverosimile, dall’illusione creata a teatro, Calepio
aveva
constatato che il meccanismo di finzione che regg
problemi che comporta l’introduzione del verso rimato: d’altra parte
aveva
pronunciato un’omologa condanna alla rima in Para
che Misaël (III, 7) arrivi soltanto qualche battuta dopo che Antigone
aveva
ordinato a Barsés di farlo chiamare (III, 5). [G
tragedia del de La Motte fin dal principio, tanto che il drammaturgo
aveva
provveduto, nel Discours preposto all’edizione de
iglia, racconta il fallimento del proprio progetto di conquista: egli
aveva
infatti radunato un esercito che marciasse di not
si era già soffermato il de La Motte, concedendo che questo episodio
aveva
un aspetto piuttosto artificioso: «On a été sans
la sua tragedia, ma anche l’incredibile successo di pubblico che essa
aveva
ottenuto (Houdar de La Motte, Discours à l’occasi
io non era perito in seguito all’attacco di un leone, come il vecchio
aveva
in precedenza sostenuto, ma era stato assassinato
into a Tebe; provocato da uno dei servitori di Laio, infatti, egli lo
aveva
ferito e subito il sovrano era sceso dal carro pe
il quale, pur limitandosi soltanto a parare i colpi del vegliardo, lo
aveva
inavvertitamente colpito a morte: «Ce nouvel enne
rotagonista veniva ritenuto innocente dal de La Motte — così come già
aveva
creduto Corneille, parimenti censurato da Calepio
. 1. Una prima riscoperta della figura di Calepio e del Paragone
aveva
luogo nel primo Novecento nei grandi lavori stori
’Accademia delle Scienze di Torino, V (1982), pp. 159-291. Il Boldini
aveva
peraltro già lavorato in precedenza sul Calepio e
tuttavia, per riportare l’attenzione sull’opera del conte bergamasco,
aveva
la necessità di proiettare la sua opera nel conte
à, ma di costume riservato, contenta di ciò che guadagnava in Italia,
aveva
rifiutato a' tumulti di Parigi, e a quelle fortun
carsi a Livorno (1890) ad attendere a un commercio di legnami ch’egli
aveva
intrapreso due anni avanti con un suo nipote, e n
o. Recitava le parti di Dottore nella Compagnia che il Duca di Modena
aveva
formata pel 1688. (V. Torri Antonia). Abbiamo per
viello. Fr. Bartoli lo dice un eccellente comico, e aggiunge ch' egli
aveva
una presenza veramente marziale, e che i suoi dis
▲