geva a studiare l’opera di questo conte bergamasco, nato nel feudo di
Calepio
nel 1693, e autore di alcuni saggi critici che av
oventi di diversa natura. In primo luogo mi incoraggiava il fatto che
Calepio
avesse destato, nel secolo scorso, l’attenzione d
italiani e del carteggio col Bodmer2, sino a Laura Sannia Nowé, che a
Calepio
aveva dedicato la propria tesi, nonché una serie
ti, che credevo non fossero più funzionali ad affrontare la questione
Calepio
, come ad esempio l’idea di una sua posizione di i
lombardo-veneta quando non addirittura italiana6; la convinzione che
Calepio
non fosse altro che un «dilettante gentiluomo» la
il testo è stato sezionato, individuare la rete di riferimenti a cui
Calepio
alludeva e di lì procedere, seguendo i filamenti
erazione erano molteplici: certo vi era quello di usare lo scritto di
Calepio
come un mero pretesto per distendersi, col perico
complicato dal fatto che, nel corso della sua argomentazione, spesso
Calepio
accennava implicitamente ad autori e posizioni ch
francavano, ad esempio, in prima istanza, l’ampiezza della cultura di
Calepio
che appariva tale sin da un primo cursorio riscon
contestualizzazione e discussione delle singole prese di posizione di
Calepio
nel panorama della storia della critica, dell’est
to ampio e volto a trattare in maniera estesa, a partire dal testo di
Calepio
, l’evoluzione di singole unità teorico-drammatich
ima in cui si offrono i riferimenti indispensabili ai testi citati da
Calepio
; una seconda di discussione, più o meno ampia, su
roblemi toccati. Guida alla lettura del Paragone Nel primo capo
Calepio
affronta la questione della proprietà catartica d
o dal Gravina. Come il Muratori della Perfetta poesia italiana, anche
Calepio
è convinto che la tragedia sia il genere per ecce
trovano peraltro nella Bellezza della volgar poesia di Crescimbeni —,
Calepio
dimostra una sensibilità etico-religiosa profonda
mpassione e il terrore, «purgar gli affetti del popolo». Tuttavia per
Calepio
l’insistenza sull’imperfezione del protagonista,
idattici, ma specificamente religiosi. Nel parziale scarto operato da
Calepio
rispetto alla teoria aristotelica si intuisce la
della favola, che non soddisfaceva l’esigenza catartica richiesta dal
Calepio
come prerogativa di ogni buon componimento tragic
animato le polemiche letterarie sei-settecentesche in Francia, e che
Calepio
dimostra di conoscere molto bene; Racine, in part
dalle prime pagine del Paragone si comprende che la dissertazione del
Calepio
risente fortemente di alcune querelles che avevan
izioni; non meno rilevante è tuttavia l’incidenza, nella scrittura di
Calepio
, della Querelle des Anciens et des Modernes. L’au
ocle, lavoro critico giovanile e documento della precoce militanza di
Calepio
— impegnato a difendere l’Edipo Re dalle accuse r
à della peripezia formata da meraviglia, riconoscimento e «passione».
Calepio
affronta singolarmente questi tre punti insistend
condo il bergamasco, il testo greco. A partire da questa ricognizione
Calepio
ritrova un ulteriore dato per perseguire la propr
a, ma come l’elemento che costituiva il «dilettevole» della tragedia,
Calepio
si scaglia contro Corneille: il drammaturgo sareb
a concezione fortemente distintiva dei generi e degli stili letterari
Calepio
mostra un forte distacco dalla poetica seicentesc
o esito conclusivo. Quanto invece alle «passioni», il ragionamento di
Calepio
non è conforme a quello, in alcuni tratti ben vic
si, di personaggi malvagi — e in questo caso è palese la vicinanza di
Calepio
alle Osservazioni sopra la Rodoguna di Scipione M
ne adeguatamente al momento della purgazione finale. Gli argomenti di
Calepio
, che ruotano anche attorno alla necessità di mett
da ragioni di ordine puramente teatrale. Al centro della polemica di
Calepio
si trova anche un insigne testo tragico tardo-cin
ondividendone talvolta le tesi e bocciandone talaltra le proposte; un
Calepio
tutt’altro che estraneo al panorama teorico e con
e in generale italiano. Un altro punto assai importante dell’esame di
Calepio
riguarda il rapporto fra gli episodi introdotti e
le più tarde posizioni di Metastasio e Manzoni — è invece la tesi di
Calepio
riguardo al rispetto delle unità in genere (Parag
zza condivisa dall’eroe messo in scena con l’uditore più modesto, per
Calepio
— che da questo punto di vista supera anche la po
a propria imparzialità rispetto alle opere e agli autori considerati,
Calepio
formula un giudizio profondamente negativo della
ntefatti, affidata spesso a lunghe e noiose narrazioni. L’opinione di
Calepio
nei confronti dei confidenti che popolano la trag
e oracoli tipici della tragedia di derivazione classicistica: secondo
Calepio
questo tipo di stratagemmi appiattiva le prove it
ti già rilevati da altri interpreti dell’epoca, da Martello a Maffei,
Calepio
è indubbiamente il primo a indicare con chiarezza
o sembra riprodurre senza troppe remore molte delle considerazioni di
Calepio
, ancora alla fine del secolo il Napoli Signorelli
rodotti all’interno di un contesto mimetico. Anche i Francesi, ripete
Calepio
, hanno le loro pecche, come dimostrano alcuni mon
ssique francese: i personaggi in preda alle passioni infatti, secondo
Calepio
, non potrebbero verosimilmente esprimersi ricorre
e fra personaggi, che per esistere abbatte la quarta. Nel capo quinto
Calepio
tratta del costume a partire da una premessa di a
n margine alle tragedie corneilliane, e in particolare alla Théodore.
Calepio
non contempla nel sistema tragico che va delinean
ggiungere quella purgazione che costituisce l’utilità della tragedia.
Calepio
ragiona poi ancora sulla fedeltà alla storia nell
à del poeta di trasgredire il racconto tramandato, nel Settecento — e
Calepio
non fa eccezione — prevale la concezione secondo
a pochi ma solidi nuclei argomentativi. Proseguendo nell’esposizione
Calepio
affronta la questione del decoro dei personaggi,
del progressivo raffinamento del gusto e delle tecniche drammatiche.
Calepio
si richiama in questo caso ancora alla Querelle d
l Seicento: così l’Alexandre innamorato di Racine risulta grottesco a
Calepio
, il quale riprende in questo frangente una delle
a e familiare che ha tolto la necessaria maestosità ai versi tragici.
Calepio
si inserisce all’interno di un dibattito tutto se
ovviamente dal dramma seicentesco. Andrà osservato che il discorso di
Calepio
è ancora una volta sostenuto, in primo luogo, dal
beni al Maffei, ruotava principalmente attorno al dato stilistico, in
Calepio
si affaccia anche una rilevante problematica di s
co-rappresentativo. Le escrescenze liriche del linguaggio tragico che
Calepio
condanna non sono tuttavia le «parolette», per co
ingua tragica grave, per nulla fiaccata da calchi del Canzoniere; per
Calepio
è lirico e petrarchesco ogni artificio elocutivo,
onale. Certo, come notava il Maffei nella sua Recensione al Paragone,
Calepio
ha una concezione prettamente retorica del dato s
ure. Anche dal punto di vista drammaturgico il prototipo delineato da
Calepio
parrebbe avere fortuna nel Settecento, se si pens
i una stagione ormai tramontata. Venendo alla lingua tragica francese
Calepio
riconosce in effetti una particolare cura per il
i garantire alla lingua tragica la maggior verosimiglianza possibile.
Calepio
parrebbe scorgere nella lingua dei tragici france
ati in occasione della querelle Orsi-Bouhours. Anzi, con il Bouhours,
Calepio
intrattiene un duro corpo a corpo, volto a delegi
a al teatro francese il difetto di «star sempre sui trampoli», già il
Calepio
aveva denunciato la gonfiezza della lingua tragic
sotto il profilo metrico lo scopo principale del progetto teatrale di
Calepio
è quello di raggiungere la verosimiglianza; di co
nevrina Bibliothèque Italique 10. L’edizione del 1770 non è curata da
Calepio
e non può considerarsi per nulla testimonianza de
arte di Scipione Maffei sul primo tomo delle Osservazioni letterarie.
Calepio
doveva scorgere, nelle reprimende del Salìo e del
o già solide basi, come documentano le carte conservate nell’Archivio
Calepio
, faldone P1.d, in cui si trova un nuovo piano di
ornelio; — si è sostituita l’abbreviazione «ecc», sempre impiegata da
Calepio
per indicare l’interruzione di una citazione test
rino Bibliothèque Italique. Il Bodmer era interessato ad ottenere dal
Calepio
alcune informazioni circa i trattati italiani di
dini, Bologna, Commissione per i testi di lingua, 1964, pp. 5-17), il
Calepio
rispondeva alle richieste del sodale affrontando
ti, Baruffaldi e Zanotti. La corrispondenza prosegue; Bodmer manda al
Calepio
alcuni suoi capitoli intorno alla «virtù della fa
proseguisse il Teatro Italiano curata dal Bodmer con il consiglio di
Calepio
(ivi, p. 87) —, il Paragone viene portato avanti
Francia, giusta la determinazione che feci a vostro stimolo», scrive
Calepio
il 6 novembre 1729, sebbene poi aggiunga che due
non m’avea proposto» (ivi, p. 103). Già a quest’altezza il lavoro di
Calepio
, inizialmente pensato come un’introduzione alla r
o a rilento, anche per alcuni ritardi nella ricezione delle opere che
Calepio
intendeva esaminare — fra le quali la Polissena e
to (ivi, p. 119). All’inizio del 1731 l’opera è finalmente conclusa e
Calepio
scrive al sodale per manifestare il suo intento d
i italiani. Dopo la rilettura dello svizzero, che esprime peraltro al
Calepio
alcune perplessità — egli ad esempio è convinto c
so le risposte del bergamasco soddisfano il Bodmer, il quale chiede a
Calepio
il permesso di stampare il Paragone. La risposta
chiede a Calepio il permesso di stampare il Paragone. La risposta di
Calepio
, del 10 settembre 1731, è positiva: «Circa la per
di stampata, sebbene anonima, come già era accaduto, per scrupolo del
Calepio
, con la lettera sui costumi italiani, e l’identit
to da una speculazione sul fine della poesia e sul compito del poeta;
Calepio
, rifacendosi ad un’ampia tradizione, che si cerch
gi principali di una storia teleologica dell’origine della poesia che
Calepio
recupera nel principio della sua opera maggiore:
e classique en France [1927], Paris, Nizet, 1957, pp. 38-39. [1.1.2]
Calepio
ripercorre le tappe fondamentali della formazione
a nascita di questa forma drammaturgica nel Cinquecento è imputata da
Calepio
al desiderio di imitare l’antecedente greco, senz
tragica in Francia, come ad esempio Jacques Grévin e Robert Garnier.
Calepio
cita fra i primi autori tragici francesi, oltre a
l’indole del teatro tragico (1744) ripete la coppia di nomi citata da
Calepio
, attribuendo a Ronsard una Didone (Gian Rinaldo C
rse andrà identificata come la Didon se sacrifiant (1558) di Jodelle.
Calepio
mette in luce la derivazione italiana della prima
ire et critique de la littérature, Paris-Lyon, Périsse, 1840, p. 96).
Calepio
citava Jodelle e Ronzard tra i capostipiti della
rso successo della tragedia rinascimentale francese è dovuto, secondo
Calepio
, non tanto alla pedissequa imitazione della trage
ettere in pratica tutte le disposizioni aristoteliche. In questo caso
Calepio
contesta lo sviluppo dell’argomentazione di Corne
subito in Francia diversi attacchi nel corso del secondo Seicento, e
Calepio
doveva certamente avere cognizione, sebbene proba
dello critico del Parallèle, che anima al fondo lo stesso Paragone di
Calepio
. A questo copione si attiene l’Abbé de Villiers,
siècle», Littératures classiques, LIX, 1, 2006, pp. 193-221. [1.1.6]
Calepio
si riferisce ad un passaggio preciso del Discours
ico-drammaturgica alla Poetica —, risulta in questo brano evidente. A
Calepio
non poteva certo piacere la conclusione del ragio
stano l’arbitrarietà dell’operazione esegetica condotta dal francese,
Calepio
formula un perentorio giudizio nei confronti dei
oltre la modalità con cui Corneille presenta le proprie tesi appare a
Calepio
inconsistente: se anche Cinna — protagonista dell
o risultata meno tragica. Al di là di tali vane sottigliezze, ciò che
Calepio
rinfaccia a Corneille è la pregiudiziale rinuncia
rhétorique et dramaturgie cornéliennes, Genève, Droz, 1990. [1.1.10]
Calepio
riporta il giudizio espresso da Dacier nella conc
ui lui fussent plus favorables» (ivi, p. xix). [1.1.11] L’accenno di
Calepio
va in questo caso ai prodromi della filosofia car
no degli obbiettivi polemici maggiormente tenuti in considerazione da
Calepio
nel Paragone, si presentava come un esame dei fon
ettecento, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2007, pp. 113-164.
Calepio
rivendica infine la propria moderazione nel giudi
Lazzarini ed autore di tragedie composte sul modello greco —, in cui
Calepio
viene accusato di essere un partigiano dei modern
ifesa, con l’apologia di Sofocle del signor conte Pietro de’ Conti di
Calepio
di Bergamo, Venezia, Zatta, 1770, pp. 288-289). S
di questo articolo, un elemento fondamentale nella poetica tragica di
Calepio
, ossia quella catarsi che garantisce l’utilità de
ella sezione precedente. Il luogo della Poetica citato in apertura da
Calepio
è il celeberrimo 1449b 27, nel quale Aristotele d
inquecenteschi, l’entità delle passioni oggetto di questa purgazione;
Calepio
, ammettendo che essa «si possa estendere al regol
uelle stesse passioni», ossia pietà e terrore. La linea che abbraccia
Calepio
è quella maggioritaria, frutto di una lettura con
[1.2.2] Nel proseguire il suo personale corpo a corpo con la Poetica,
Calepio
prende in esame il passaggio in cui Aristotele de
e un protagonista «che non si distingue per virtù, né per giustizia»,
Calepio
propende invece per un eroe sostanzialmente virtu
re per la verità attraversato da alcune suggestioni protestanti che a
Calepio
potevano forse giungere sia dalla vicina Svizzera
onsenso della ragione. Sarà infine da registrare anche il consenso di
Calepio
in merito alla tragedia basata sulla figura del m
da un consistente numero di fogli di appunti conservati nell’Archivio
Calepio
della Biblioteca Civica Angelo Mai di Bergamo. In
, p. 165). Anche in questo caso, tuttavia, si noti, l’approvazione di
Calepio
non nasce dalla condivisione di una nozione di sa
n dee in terra sperarsi» (ivi, p. 166). A partire da questa posizione
Calepio
ritrova nel Thémistocle (1729) del padre gesuita
stocle (1729) del padre gesuita Melchior Folard — forse conosciuto da
Calepio
nella traduzione italiana del 1745, fatta per una
quattro tragedie, Firenze, Bonducci, 1751, p. 460), viene respinta da
Calepio
, il quale ammetteva che il rappresentare caratter
ieccheggia quella, fondamentale nel computo della poetica proposta da
Calepio
, già espressa in Paragone III, 1, [1], al cui com
p. 81-94. [1.2.3] Rifacendosi al medesimo passo appena commentato da
Calepio
(1542b 34-1543a 11), Corneille assumeva una posiz
p. 157). [1.2.4] Entrando nel merito dell’autocommento corneilliano,
Calepio
trova fuorviante l’individuazione del nodo tragic
iò che la giustizia consente, anche a rischio di oltraggiare l’amata.
Calepio
non si sofferma tanto sul dilemma affettivo che a
ione di uomo dabbene, elevandosi ad una dimensione eroica che appunto
Calepio
respingeva. Secondo l’autore del Paragone quindi
Gallimard, 1987, p. 145, cfr. supra) Corneille commetterebbe, secondo
Calepio
, un grave errore di valutazione, indotto probabil
nseniste. Anche l’abate Terrasson, poco oltre censurato aspramente da
Calepio
, riprenderà la concezione corneilliana dell’innoc
come errore saltuario, distinto dalla μοχθηρία, ossia, per dirla con
Calepio
, «l’abito vizioso», e soprattutto dalla ἀτύχημα,
nza della tragedia. Ciò peraltro dimostra che l’attenzione rivolta da
Calepio
alla tragedia di Sofocle è in prima battuta legat
, 2014, pp. 113-148. [1.2.6] Per chiarire il significato di μοχθερία
Calepio
rimanda ad un passo dell’Etica Nicomachea (Libro
esemplificare il personaggio ideale della tragedia sarebbero, secondo
Calepio
, coerenti con l’argomentazione precedentemente sv
te la loro colpevolezza. Come Tieste fu incestuoso — e in questo caso
Calepio
concorda con Corneille, prendendo le distanze da
che si fa travolgere dall’ira in seguito ad una modesta provocazione.
Calepio
riprende quindi l’interpretazione di Vettori, rip
Motte, autore di un Œdipe (1726) tenuto in maggior considerazione da
Calepio
, nel quale, rappresentando il protagonista come c
purché sia chiaro che tutta la vicenda è dipendente da quell’errore,
Calepio
prende in esame la giustificazione che dava Dacie
aver compreso il termine ἁμάρτεμα — anticipando la stessa critica che
Calepio
muoverà nel Paragone al drammaturgo francese. La
nza che gli imputava Corneille anziché scusare Sofocle, agli occhi di
Calepio
, lo rende reo di aver rappresentato un eroe malva
e vizi del protagonista della tragedia sofoclea sono funzionali, per
Calepio
, a legittimare la validità di una tragedia incent
nalizzata a purgare le passioni e non a destare ammirazione. [1.2.8]
Calepio
procede ad un sondaggio sulla presenza nelle trag
nel pubblico anche il terrore della crudele punizione. L’appunto che
Calepio
muove alla tragedia in questione è legato al fatt
assinio della madre commissionatogli da Apollo, risulta agli occhi di
Calepio
un uomo generalmente virtuoso, che pecca per paur
che del perfetto protagonista illustrate da Aristotele e condivise da
Calepio
, ma sono comunque funzionali ad ottenere la purga
il caso dell’Agamennone, nel quale il protagonista, sebbene appaia a
Calepio
senza macchia, sconterebbe in realtà le colpe del
colpa che di fatto è alla base del ciclo tebano. L’argomentazione di
Calepio
circa la natura del protagonista nelle tragedie d
amento», salva, fra le favole di Eschilo, proprio le tre che indicava
Calepio
, adducendo le medesime ragioni: «Se noi gli occhi
e di ogni poesia, vol. III, Milano, Agnelli, 1743, p. 241). [1.2.10]
Calepio
rinnova il diffuso giudizio secondo cui Euripide
acier, La Poëtique d’Aristote…, Paris, Barbin, 1692, p. 211). Secondo
Calepio
nell’Ippolito, approvato da questo punto di vista
volge Pirro verso la fine della vicenda, macchiandosi della colpa che
Calepio
attribuisce al personaggio euripideo. In merito a
ar Georges Forestier, Paris, Gallimard, 1999, p. 817). L’allusione di
Calepio
va in questo caso probabilmente alla anonima Diss
ra che ne avrebbe inquinato la nobiltà. [1.2.12] In apertura di capo
Calepio
specificava che il protagonista della tragedia do
die esemplari dal punto di vista del protagonista rimangono anche per
Calepio
quelle sofoclee, a partire dall’Edipo Re, di cui
on, Dissertation critique sur l’Iliade d’Homere, cit. t. II, p. 196).
Calepio
è invece convinto della mediocrità del personaggi
trattavano il medesimo soggetto — risulta invece debole agli occhi di
Calepio
, in quanto mette in scena una di quelle tragedie
«semplici» come l’Edipo Re, considerate migliori dal filosofo greco.
Calepio
condanna anche in questo caso un modello drammatu
es en François avec des Remarques, Paris, Barbin, 1692, pp. 252-253).
Calepio
si mostra d’accordo con questa lettura, benché no
ari, Levante, 2007. Articolo III. [1.3.1] Nella trattazione di
Calepio
la tragedia italiana si configura fin dall’esordi
ncede alla protagonista il veleno con la quale essa si darà la morte.
Calepio
in poche righe riassume il nucleo centrale della
o tragico lontano dal concetto di purgazione così centrale invece per
Calepio
(Stefano Verdino, Il Re Torrismondo e altro, Ales
illeau, 1731, pp. 10-11). [1.3.2] Oltre alla Sofonisba del Trissino,
Calepio
considera ottima, per quanto riguarda la natura d
. In questa tragedia, di argomento medievale e non più classico — per
Calepio
evidentemente non è l’aderenza ai modelli greci n
a, risolto tutto a favore dei moderni, in quanto la Rosmonda appare a
Calepio
molto più «ordinata per lo proprio fine», ossia a
ur considerandola probabilmente meno perfetta rispetto alla Rosmonda,
Calepio
apprezza anche l’Oreste del Rucellai, tragedia a
battista Giraldi Cinzio, ignorato dal Maffei nel suo Teatro Italiano,
Calepio
riserva molte lodi circa la qualità dell’eroe tra
edele ai classici e ad Aristotele rispetto alla variante trissiniana,
Calepio
apprezza particolarmente l’insistito ricorso al p
rsonaggi delle tragedie giraldiane doveva fatalmente andare a genio a
Calepio
. Nell’Orbecche egli poteva vedere una donna colpe
lia, causando la distrazione e la sconfitta dell’amato Marco Antonio.
Calepio
non apprezza soltanto la natura del protagonista
moglie. Fra le tragedie lodevoli per la mediocrità del protagonista,
Calepio
cita poi la Canace di Sperone Speroni, dove si ra
li riteneva invece — e questa è la lettura evidentemente avallata dal
Calepio
— rei di un peccato di giovinezza, dal momento ch
Maffei aveva recentemente ripubblicato la Merope nel Teatro Italiano.
Calepio
si mostra disposto a riconoscere la maggiore spet
ondaggio sulla tradizione tragica italiana del Cinque e del Seicento,
Calepio
dialoga chiaramente con il Maffei, il quale aveva
ti — il desiderio di pubblicare tragedie inedite o sconosciute —, nel
Calepio
emerge in prima battuta l’attenzione alla qualità
dovranno riconoscere alcune differenze: quanto al primo Cinquecento,
Calepio
non cita l’Edipo tradotto da Orsatto Giustiniani
ere critiche a queste stesse opere. Mancano invece, nella rassegna di
Calepio
, riferimenti all’Astianatte di Bongianni Gratarol
ome esemplare da Crescimbeni ma pubblicato solo grazie al Maffei, che
Calepio
probabilmente conosceva, come dimostrano successi
testi. Sarà interessante notare invece, fra le tragedie menzionate da
Calepio
e non dal veronese, la massiccia presenza delle o
altro ipotesto storiografico, conosciuto già dal Maffei prima che da
Calepio
, ossia il sesto dialogo della Bellezza della volg
, Bulzoni, 2011, pp. 213-250. [1.3.4] Passando alla contemporaneità,
Calepio
esamina ora la natura dei protagonisti delle trag
I, a cura di Enrico Mattioda, Modena, Mucchi, 1998, pp. 85-93). Anche
Calepio
disapprova la soluzione graviniana, accusando il
vra il teatro tragico italiano, Firenze, Magheri, 1825, pp. 152-153).
Calepio
riconosce in particolare un contrasto insanabile
, art. xiii, 1712, pp. 421-422. Ciò che in questa sede in particolare
Calepio
rimprovera a Gravina, è il perseguimento di una t
ti e memorie dell’Accademia d’Arcadia, n. s., IV, 2015, pp. 155-187).
Calepio
ravvisa invece nel Papiniano — che pure è scritto
-222. Dal canto suo anche il Quadrio, che condivideva la posizione di
Calepio
circa la qualità del protagonista tragico — dimos
-226. [1.3.5] Neppure le tragedie di Pier Jacopo Martello convincono
Calepio
sotto il profilo dei protagonisti messi in scena.
o Martello, Modena, Mucchi, 1994, pp. 202-206). Il Procolo, citato da
Calepio
, è il risultato ambiguo di un doppio movimento: d
no che vessava la sua città. Di qui un risultato appunto ambiguo, che
Calepio
non manca di registrare. Calepio cita successivam
ui un risultato appunto ambiguo, che Calepio non manca di registrare.
Calepio
cita successivamente due tragedie come il Ciceron
tro tragico del Settecento, Pisa, Pacini, 1999, p. 78-79. [1.3.6] Se
Calepio
citava poche tragedie seicentesche come esemplari
mo del Lazzarini che faceva le pulci alla sua Merope. A differenza di
Calepio
, il veronese giudicava il protagonista dell’Uliss
ane” che prende parte al dramma. Come già altre volte si è visto, per
Calepio
il peso di una colpa degli antenati è ragione suf
virgiliana, come già avveniva per la tragedia di Giraldi approvata da
Calepio
sotto il profilo del personaggio principale. La T
una trappola che lo porterà alla morte. Come si vede l’attenzione di
Calepio
si sofferma anche su pièces recentissime, in quan
fin da Dio la virtù, e punita l’usurpazione», secondo quanto scriveva
Calepio
nella lettera inviata al veronese in seguito alla
lle Osservazioni letterarie (cfr. Laura Sannia Nowé, «La risposta del
Calepio
alle riflessioni del Maffei sul Paragone della tr
a ragione molto più successo delle altre sopracitate. A differenza di
Calepio
, Sebastiano Paoli, promotore dell’edizione napole
rugino, Venezia, Bassaglia, 1747, p. xx). La puntualizzazione con cui
Calepio
chiude il paragrafo era dispiaciuta a Giuseppe Sa
a d’Italia con quella di Francia, Padova, Comino, 1738, pp. 174-175).
Calepio
si giustificava nella Confutazione, pubblicata po
ncia, Venezia, Zatta, 1770, pp. 229-231). Articolo IV. [1.4.1]
Calepio
inaugura il quarto articolo del primo capo afferm
onaggi impropri o episodi fuorvianti. Come già ricordato dallo stesso
Calepio
in precedenza, Corneille aveva affermato che la c
faire Rodrigue dans le Cid, et Placide dans Théodore», ivi, p. 149).
Calepio
, nei successivi paragrafi si impegnerà a dimostra
r Georges Forestier, Paris, Gallimard, 1999, p. 260). In questo senso
Calepio
si dimostra molto più vicino alla posizione di Ra
tto pienamente, piuttosto che a quella di Corneille. [1.4.2] Secondo
Calepio
la vicenda di Rodrigue nel Cid non suscita il tim
rontata all’obiettivo della tragedia basata sulla catarsi che propone
Calepio
. Inoltre il lieto ricongiungimento finale degli a
l bergamasco aveva sostenuto (Paragone I, 4, [2]). La premura con cui
Calepio
condanna la tragedia corneilliana, che avrà appun
ris, Gallimard, 1987, p. 700). Nella contrapposizione fra Corneille e
Calepio
sono in gioco prospettive differenti, dovute ad u
ressa principalmente procurargli un godimento. Sulla critica mossa da
Calepio
a Corneille rimando per completezza al mio «Il “d
ncapace di imporsi con Marcelle per esaudire il desiderio del figlio.
Calepio
reputa, diversamente da Corneille, molto infelice
a di Domenico Bosco, Milano, Bompiani, 2003, p. 104). Diversamente da
Calepio
, d’Aubignac aveva invece lodato la Théodore propr
1996, p. 66 [Amsterdam, Bernard, 1715, t. I, pp. 156-157]). [1.4.4]
Calepio
aveva già mostrato come il soggetto del duello fr
ti, nei quali si rappresentano i tormenti delle due donne, sembrano a
Calepio
molto più intensi degli ultimi, nei quali la vice
.5] Come già mostrato analizzando le pièces di Sofocle e di Trissino,
Calepio
considera Edipo e Sofonisba soggetti molto adatti
t annotés par Georges Couton, Paris, Gallimard, 1987, p. 20). Secondo
Calepio
tuttavia l’inserimento di questa sottotrama amoro
roft, Exeter, University of Exeter Press, 1995, p. 10). La critica di
Calepio
è sostanzialmente concorde a quella del d’Aubigna
ine, a cui Roma offre una pace vantaggiosa, dispiace profondamente al
Calepio
, il quale nota con disappunto la torsione del sog
255-270. [1.4.7] Le restanti tragedie di Corneille sono ritenute da
Calepio
ancor più difettose sotto l’aspetto della qualità
Sertorius, tragedia sulla guerra civile spagnola in epoca romana che
Calepio
chiama in causa in questo frangente, indicandola
lle à l’œuvre, Paris, Klincksieck, 1996. [1.4.8] Racine non appare a
Calepio
meno irregolare di Corneille rispetto alla costru
chester-Paris, Éditions de l’Université de Manchester, 1968). Secondo
Calepio
non mancano infatti, fra le tragedie raciniane, o
il figlioccio Ippolito, è la prima tragedia ad essere considerata da
Calepio
migliore di un corrispettivo italiano — benché il
ier-Coustelier, 1715, t. I, pp. 205-206). In risposta a queste parole
Calepio
afferma invece che Britannico non è del tutto inn
, Lang, 2006. [1.4.9] Le altre tragedie di Racine risultano, secondo
Calepio
, molto difettose sul piano della qualità dei prot
ie et annotée par Georges Forestier, Paris, Gallimard, 1999, p. 688).
Calepio
è evidentemente un lettore attento anche dei para
] In Alexandre le Grand, tragedia di Racine al tempo molto criticata,
Calepio
non vede agire alcun tentativo di destare pietà e
). [1.4.11] Della Thébaïde (1664), prima tragedia scritta da Racine,
Calepio
si limita a notare l’acerbità, per passare poi al
ie et annotée par Georges Forestier, Paris, Gallimard, 1999, p. 260).
Calepio
giudica vane queste considerazioni, dal momento c
ne. Il personaggio di Andromaque, non è peraltro ritenuto mediocre da
Calepio
, il quale la considera irreprensibile e senza col
e adatta ad innescare la catarsi. [1.4.13] Mithridate è giudicato da
Calepio
un personaggio eccessivamente malvagio, capace di
o Roxane a far eseguire la condanna a morte nei confronti di Bajazet.
Calepio
in prima battuta riferisce le censure che la crit
o, essa non è atta a generare pietà e terrore. [1.4.15] L’analisi di
Calepio
si limita alle tragedie dei due maggiori tragici
sua Difesa, con l’Apologia di Sofocle, Venezia, Zatta, 1770, p. 173).
Calepio
se la prende in particolare con l’Adherbal (1697)
all’amore, e morire, gli fa scegliere questa seconda opzione. Secondo
Calepio
ciò è dettato dal fatto che «l’oggetto del Poeta
alcuni drammi per musica di Metastasio, verterebbe in realtà, secondo
Calepio
, non tanto sullo scontro fra natura e religione,
uccisione della ragazza da parte del geloso sultano Orosmane appare a
Calepio
una punizione eccessiva che fa dubitare della pro
la tragedia del Settecento, Modena, Mucchi, 1989, pp. 9-79. [1.4.16]
Calepio
tira a questo punto le somme delle considerazioni
so nelle proprie Préfaces. La questione verrà nuovamente trattata dal
Calepio
nel quarto capo. Sull’incrocio fra storia e teatr
ane potrebbero stare al pari con loro. Questa considerazione fatta da
Calepio
dovrà essere catalogata fra le invero non troppo
i Hannibal S. Noce, Bari, Laterza, 1980, p. 424. Anche questa nota di
Calepio
è accompagnata dal riconoscimento di un parziale
aggiungimento del vero fine tragico, ossia suscitare pietà e terrore.
Calepio
si spinge ad ascrivere le loro prove ad un genere
l’effetto proprio di questo genere letterario. [1.4.18] In chiusura,
Calepio
, muove un’ulteriore critica alla tragedia italian
rtà non sarebbero più ammissibili, tanto più che la storia — aggiunge
Calepio
— è ricchissima di personaggi adatti a fornire l’
ciano sì che lo spettatore creda plausibili le vicende rappresentate.
Calepio
non si riferisce in questo caso alla disputa fra
uschioni, Milano, Marzorati, 1971, p. 129). Su questo specifico punto
Calepio
tornerà in Paragone V, 6, [4]. Come molti altri s
io tornerà in Paragone V, 6, [4]. Come molti altri suoi contemporanei
Calepio
, il quale pure era stato a sua volta un Arcade, c
o. Fra le tragedie costruite invece sull’evidenza del fatto orribile,
Calepio
considera frutto di invenzione la Medea di Euripi
urono i Corinzi. Il racconto di Eliano era diffuso all’epoca: oltre a
Calepio
anche Giovanni Antonio Volpi (Rime del signor G.
tanze che rendono efficaci le peripezie. Articolo I. [2.1.1]
Calepio
ricapitola i difetti fondamentali delle tragedie
έτεια), agnizione (ἀναγνώρισις) e fatto orrendo (πάθος), trasposte da
Calepio
in meraviglia, riconoscenza e passione. Questa su
rlava di «rivolgimento» — ma come si vedrà la meraviglia di cui parla
Calepio
è appunto legata alla peripezia —, «riconoscenza»
ficativo in questo caso è la riflessione teorica di Emanuele Tesauro.
Calepio
, con la scorta di Castelvetro, che già aveva cond
antica, Bari, Laterza, 2007. [2.1.3] Il riferimento del discorso di
Calepio
va ancora in prima battuta al passaggio di Aristo
La bellezza della volgar poesia, Roma, De’ Rossi, 1712, pp. 133-134).
Calepio
, nel rimarcare con insistenza le differenze fra p
tà. Al contrario di quanto scrivevano Tasso e Crescimbeni quindi, per
Calepio
, il largo impiego della meraviglia è uno degli el
diletto piuttosto che di un beneficio etico per il lettore. [2.1.4]
Calepio
rileva una meraviglia propria della tragedia, con
stare pietà e terrore. Questi eroi eccellenti, come già aveva ammesso
Calepio
nel primo capo, muovono gli spettatori a provare
, 170, 2016, pp. 92-112. [2.1.5] Come già anticipato nel primo capo,
Calepio
ritiene che la tragedia francese sia sbilanciata
sione rispetto al fine autentico della tragedia implicherebbe secondo
Calepio
una deresponsabilizzazione della letteratura trag
niera superficiale per il puro gusto di essere intrattenuto. [2.1.6]
Calepio
aveva già avuto modo di esprimere il proprio giud
, ancora legata ad un’ottica seicentesca e molto lontana da quella di
Calepio
, porta l’autore a privilegiare una concezione sin
eprimer leurs passions et à corriger leurs vices» (ivi, pp. 176-177).
Calepio
si oppone alla lettura di Terrasson, insistendo a
a di nessuno» (Poetica, 1453a 35). Riproponendo i medesimi argomenti,
Calepio
rivendica la proprietà tragica della favola sempl
France, Espagne, Allemagne), Genève, Droz, 2014. Non vale inoltre per
Calepio
la giustificazione, continuamente riproposta in e
. I, a cura di Werther Romani, Bari, Laterza, 1978, p. 361). [2.1.9]
Calepio
trova riscontri della sua interpretazione di un m
[2.2.1] Il secondo caposaldo della composizione tragica citato da
Calepio
è la riconoscenza. Anche in questo caso il dibatt
al teatro italiano, Firenze, All’Insegna dell’Ancora, 1816, pp. 7-8).
Calepio
, come si avrà modo di vedere, si mostra concorde
Settecento, Chieti, Solfanelli, 1992, pp. 62-69 e pp. 75-76. [2.2.2]
Calepio
ribatte alle critiche mosse da Corneille all’agni
rincipale dell’azione. L’esempio positivo dell’uso dell’agnizione che
Calepio
riporta è tratto dalla drammaturgia italiana seic
spero Bonarelli — esempio assai più confacente al gusto “regolare” di
Calepio
rispetto al Costantino in prosa di Ghirardelli —
Firenze, Le Lettere, 2011, pp. 180-189. [2.2.3] In questo frangente
Calepio
controbatte ad una specifica considerazione di Co
u devoir contre l’amour occupe la meilleure partie du poème», ibid.).
Calepio
è tuttavia convinto che in questa maniera si perd
pubblico non tanto un sentimento di compassione — giacché, sottolinea
Calepio
, «qual pietà merita un traditore?» —, bensì un be
ione alla rappresentazione di favole incapaci di destare compassione,
Calepio
precisa che il suo intento non è quello di prescr
onoscenze soltanto per conformarsi al canonico modello dell’Edipo Re.
Calepio
riproduce le riflessioni del Gravina, il quale, n
ndam, Roma-Bari, Laterza, 1973, p. 511). [2.2.6] L’agnizione, scrive
Calepio
, può essere trascurata più facilmente all’interno
ttamente il fine prefisso alla tragedia. Articolo III. [2.3.1]
Calepio
viene quindi a trattare delle passioni, elemento
oltre che di Torelli, di Gregorio Caloprese e Gian Vincenzo Gravina.
Calepio
si propone in questo caso di analizzare i tre pun
supportare l’intreccio tragico, altrettanto non si può dire, secondo
Calepio
, dei drammi francesi, in cui i personaggi princip
attirare la compassione nei confronti del protagonista della vicenda,
Calepio
ritiene che proprio su questo punto le pièces fra
l teatro di Pierre Corneille che non potevano incontrare il favore di
Calepio
. Il Bergamasco preferisce al dramma francese il b
006, pp. 45-62: 48-49). [2.3.3] Un altro bersaglio della polemica di
Calepio
in merito all’incapacità dei Francesi di preparar
p que ce prince voudrait porter à cet assassin de son père”», ibid.).
Calepio
non contesta al de La Fosse l’inosservanza del da
o nelle Stigie arene», V, 4). Questa gestione degli affetti è secondo
Calepio
assai più patetica della condotta tragica adottat
na, la compassione per Pirro. Ritornando alla Préface della Polyxène,
Calepio
considera inconsistente l’appello del drammaturgo
ntés et annotés par Georges Couton, Paris, Gallimard, 1987, p. 159]).
Calepio
concorda con Corneille, dal momento che reputa od
[2.4.1] Ciò che deve risaltare nel finale della tragedia, secondo
Calepio
, è il nucleo delle due passioni catartiche per ec
azione ridurrebbe tuttavia notevolmente l’effetto della «purgazione».
Calepio
addita a modello, fra le tragedie italiane in cui
stotele, come la favola doppia. Infatti, rispetto al primo capo, dove
Calepio
contestava, in accordo col filosofo greco, il man
operanti esclusivamente al fine di nuocere. Il caso preso in esame da
Calepio
è quello della Rodogune, già censurata in questo
ccomber» (Pierre Corneille, «Discours de la tragédie», cit., p. 155).
Calepio
si impegnerà nel paragrafo successivo a confutare
ia dei Discours, ai quali egli fa costantemente riferimento. [2.4.3]
Calepio
rinfaccia a Corneille in prima battuta una mancan
la Rodogune nel Settecento sarà per lo più il medesimo che pronuncia
Calepio
, sebbene per motivi diversi; se Voltaire, nei suo
. 789-821. [2.4.4] Neppure Racine viene risparmiato dalla critica di
Calepio
, il quale nota un problema simile a quello rileva
i Eriphile caratterizza il personaggio come un malvagio agli occhi di
Calepio
, negando di fatto il perfetto compimento della pu
totle, Euripides, Madison, Wisconsin University Press, 1991, p. 202).
Calepio
, dal canto suo, riconosce ancora una volta in que
la concentrazione dello spettatore dal nucleo emotivo della vicenda,
Calepio
ritiene assai più utile il ricorso a personaggi s
ndo una prospettiva militante, la soluzione compositiva che lo stesso
Calepio
aveva perseguito, in qualità di autore, nelle sue
s vengée, et vengée à tes yeux.”», V, 8, vv. 1817-1838. La critica di
Calepio
è mossa ancora una volta da una profonda divergen
tre alla Théodore, anche il Polyeucte di Corneille viene biasimato da
Calepio
, in quanto il martirio finale dell’eroe non viene
orneille si era soffermato su questo punto nell’Examen del 1660 — che
Calepio
dimostra di conoscere —, asserendo che in quel co
rges Couton, Paris, Gallimard, 1987, p. 982). [2.4.8] In questo caso
Calepio
fa riferimento ad alcune battute della Lettre con
rks of Voltaire, vol. 1A, Oxford, Voltaire Foundation, 2001, p. 347).
Calepio
, prendendo spunto da queste considerazioni, tacci
nsione dell’opera (Poetica, 1455b 15-24). A differenza di Aristotele,
Calepio
insiste sul diverso spazio assegnato agli episodi
utata a giovare al pubblico attraverso la sollecitazione della pietà.
Calepio
propone, non diversamente da Corneille, una trage
questo punto si rimanda a Paragone I, 1, [1]). Il piacere tragico per
Calepio
è al contrario diretto: è per l’appunto nella deb
mente catartico. Su questo nodo fondamentale della poetica tragica di
Calepio
cfr. Paragone I, 2, [2], nonché Enrico Zucchi, «I
6, pp. 92-112. [3.1.2] Secondo la classica concezione settecentesca,
Calepio
individua nella tragedia greca il modello di semp
fino al Settecento, con l’accessus e il commento di Donato, al quale
Calepio
poteva facilmente attingere. La tragedia non potr
. [3.1.3] Discutendo delle tragedie italiane a livello di intreccio,
Calepio
distingue due differenti tipologie di tragedia: u
a, era tutt’altro che semplice, ma non viene ritenuta censurabile dal
Calepio
, il quale pure parrebbe riconoscere in questi sog
uttavia, anche i drammaturghi italiani si dilungano talvolta, secondo
Calepio
, in dissertazioni sterili su oggetti che non sono
te tragedie italiane avevano soltanto valore esornativo o erudito, il
Calepio
si trova in pieno accordo con il Maffei, il quale
onsigliero — con una battuta di ben 309 versi — l’antefatto. Forse il
Calepio
allude, con questa sua reprimenda, all’intero bra
ca, come mostrano gli esempi del Martello e del Maffei, oltre che del
Calepio
stesso, queste lunghe digressioni erano percepite
attenzione all’allestimento è l’introduzione del Coro, considerato da
Calepio
dannoso per la verosimiglianza del dramma, nonché
nte —, esso diventa fonte di ulteriore prolissità. Il ragionamento di
Calepio
viene esemplificato con la citazione della Progne
e di un mito ovidiano», Parole rubate, III, 2011, pp. 27-62. [3.1.6]
Calepio
approva, come avrà modo di ribadire più diffusame
entés et annotés par Georges Couton, Paris, Gallimard, 1987, p. 134).
Calepio
si trova quindi sostanzialmente in accordo con il
mmaturghi francesi, ed in particolare Racine, hanno talvolta, secondo
Calepio
, introdotto digressioni ed episodi secondari con
ietro minaccia di uccidere l’amante qualora lei non avesse accettato.
Calepio
ritiene evidentemente questo episodio amoroso ben
a réformation du théâtre, s. l., s. n., 1743, p. 179). Peraltro anche
Calepio
, con una punta di ambiguità, condannerà più avant
.2.2] Corneille torna ad essere il bersaglio polemico privilegiato da
Calepio
, a causa della cattiva gestione degli episodi. Il
el fratello. L’intreccio era stato apprezzato in un primo momento dal
Calepio
, il quale nella Descrizione de’ costumi italiani,
iligente rispetto dell’unità d’azione. Questa incauta affermazione di
Calepio
agisce da cassa di risonanza per la fortuna della
othèque Italique. Nelle sue notule, spesso importune, alla lettera di
Calepio
(cfr. a proposito Inge Botteri, «Un commento “ide
e d’ogni poesia, il Quadrio riprenda palesemente le argomentazioni di
Calepio
nell’affrontare la questione del rapporto tra sog
e della ragione d’ogni poesia, vol. III, cit., pp. 292-293). [3.2.3]
Calepio
condanna l’introduzione nelle tragedie francesi d
anto dal solito Quadrio, che ancora una volta dipende chiaramente dal
Calepio
(«Non dovranno quindi nell’Azione ammettersi, che
a: verso, stile, topoi, Napoli, Liguori, 1999, pp. 95-186). Lo stesso
Calepio
, così rigido nella sua censura, non aveva fatto a
sur ces deux articles, que sur celui des embellissements» (ibid.). A
Calepio
, al contrario, preme poco il rispetto dell’unità
istoteliche in favore di una maggiore aderenza al vero. Più deciso di
Calepio
nel criticare la prescrizione delle unità sarà, g
2.6] Viene qui ripresa una critica già più volte mossa ai Francesi da
Calepio
circa l’introduzione di episodi secondari che dis
tà e dal terrore. [3.2.7] L’ultima categoria di episodi censurati da
Calepio
è quella delle vicende che si introducono nella f
e, il compagno di Clytemnestre che i due puntano ad uccidere. Secondo
Calepio
l’arrivo nel terzo atto di Palamede — che aiuterà
nque ritenuta dall’autore del Paragone inefficace. L’ultima accusa di
Calepio
, circa la qualità comune a tutte «le persone chia
3.2] Saint-Évremond, nel seguito del passo al quale sopra si riferiva
Calepio
, aggiungeva che le donne dovevano essere introdot
Salìo, la Demodice del Recanati, e gli stessi Perdicca e Seleuco del
Calepio
ruotavano attorno ad una simile protagonista —, s
resa Dubois, Genève, Droz, 1970, p. 103). [3.3.3] In questo segmento
Calepio
espone un principio cruciale della propria teoria
irici, a cura di Hannibal S. Noce, Bari, Laterza, 1963, p. 236) —, il
Calepio
afferma che non è necessario introdurre degli epi
indegno di una tragedia. Maggiormente censurabili appaiono tuttavia a
Calepio
quelle tragedie che, pur trattando principalmente
come ha notato Laura Sannia Nowé (Laura Sannia Nowé, «La risposta del
Calepio
alle riflessioni del Maffei sul Paragone della tr
i, questo sarà fallo inescusabile» (Scipione Maffei, «Recensione a P.
Calepio
, Paragone della poesia tragica d’Italia con quell
dovrà essere annoverata anche la Descrizione de’ costumi italiani di
Calepio
, pubblicata sui tomi della Bibliothèque Italique.
2, 1998, pp. 60-71. [3.3.5] Le digressioni amorose costituiscono per
Calepio
, come è già emerso altrove, un elemento disturban
menti gravi e pietosi di cui consta l’intreccio, altrettanto, secondo
Calepio
, non si può dire degli Italiani. Egli si mostra g
147-148), poi da Francesco Saverio Salfi, il quale, come aveva fatto
Calepio
, insiste sull’efficacia dell’episodio amoroso nel
i registra, infine, ancora una volta, la ripresa della riflessione di
Calepio
nel Della storia e della ragione d’ogni poesia de
episodi amorosi: a causa di questa passione secondaria essi, secondo
Calepio
, proprio quando più dovrebbero mostrarsi gravemen
, come lui, di Erixéne, figlia di un antico nemico della loro casata.
Calepio
non trova coerente la figura di un Idomenée prima
grazie al valore di Jonathas, impone a Saul di non punire il figlio.
Calepio
giudica in questo caso superflui i personaggi sec
Davide e il suo regno, ma senza successo. Anche nell’Absalon, secondo
Calepio
, i caratteri femminili — segnatamente quelli di M
ttatore o che indeboliscono la potenzialità catartica dell’intreccio,
Calepio
addita quindi a modelli positivi drammi tratti da
ella tragica rappresentanza. Articolo I. [4.1.1] In apertura
Calepio
fuga i possibili sospetti di partigianeria che po
i letterati primo-settecenteschi, quali ad esempio Maffei e Martello,
Calepio
insiste sulla necessità di creare un contesto pia
amma in atti e scene. [4.1.2] L’esordio della tragedia è ritenuto da
Calepio
un momento particolarmente delicato della rappres
onsidera l’unico efficace dal punto di vista strettamente «teatrale».
Calepio
giudica negativamente le tecniche di avvio della
4, p. 576). Questa condanna dei prologhi è funzionale, nell’ottica di
Calepio
, ad introdurre un rimprovero alle moderne tragedi
del motivo, che sveglia tanto rumore», ivi, pp. 576-577). [4.1.3] A
Calepio
non paiono improprie soltanto le divinità che ent
0-241); tuttavia questa tragedia era considerata da Gravina — con cui
Calepio
intrattiene in queste pagine un lungo dialogo —,
ad Enea in un atto lascivo che ella considera un matrimonio (III, 1).
Calepio
non approva simili stratagemmi, considerandoli pr
a personificazione della Gelosia. Andrà osservato come in questa sede
Calepio
non se la prenda con il «prologo separato», di na
e satirici, a cura di Hannibal S. Noce, Bari, Laterza, 1963, p. 201.
Calepio
non si limita a criticare quei prologhi in cui co
colare non scevro di noiose e inessenziali narrazioni di cui, secondo
Calepio
, si potrebbe senz’altro fare a meno. Il drammatur
ui vengono condannati il Cid, il Pompée e la Rodogune. Quanto al Cid,
Calepio
ribadisce la consueta critica nei confronti del p
einture, 7e éd., Paris, Pissot, 1770, t. I, p. 300]). Molto vicino al
Calepio
si mostrava in questo frangente anche Antonio Con
elice. Nonostante queste immancabili stoccate al teatro di Corneille,
Calepio
è però disposto a riconoscere la superiorità dei
Francesco Saverio Quadrio, il quale riprende alla lettera le tesi di
Calepio
: «I loro successori [dei Greci] scoprendo l’imper
. III, Milano, Agnelli, 1743, p. 190). [4.1.6] La pecca maggiore che
Calepio
imputa alle tragedie francesi, dal punto di vista
qui, era invece il Muratori, al quale pare avvicinarsi il pensiero di
Calepio
(«I Soliloqui eziandio non paiono oggidì molto lo
o, grazie al ricorso a quella «meraviglia» propria del tragico di cui
Calepio
parlava, chiosando Aristotele, nel secondo capo (
avano tuttavia voci dissonanti, come quelle di Gravina e dello stesso
Calepio
, i quali nelle loro tragedie avevano svuotato del
potere corrotto tanto nel Palamede di Gravina, quanto nel Seleuco di
Calepio
. Interessante è anche la coincidenza fra l’opinio
uco di Calepio. Interessante è anche la coincidenza fra l’opinione di
Calepio
e quella del Valaresso, autore di una gustosa par
243. [4.1.8] Vengono menzionati altri tipi di prologo, agli occhi di
Calepio
certo meno interessanti in quanto più artificiosi
rologo, impiegato nel Cinquecento dal Giraldi, dal Groto e dal Dolce,
Calepio
— a differenza di Castelvetro (Lodovico Castelvet
polemica con Giuseppe Salìo, il quale nel suo Esame critico accusava
Calepio
di non conoscere a fondo la letteratura latina, e
Francesi in quanto alla tecnica con cui avviare l’intreccio tragico.
Calepio
contesta qui alla drammaturgia italiana un difett
larsi, 1723, p. 223). Quanto al Solimano, la medesima perplessità del
Calepio
verrà espressa dal Napoli Signorelli, pronto comu
d’Alvante e di Despina furono disapprovati anche dal conte Pietro di
Calepio
. Essi increscono molto più a cagione del luogo in
o passaggio, le tragedie italiane che fanno ricorso al Coro continuo.
Calepio
rimarca la netta differenza tra i drammi greci, n
una collettività che osserva e ascolta tutto ciò che accade in scena.
Calepio
asseconda in questo senso la generale disistima n
stano tra fine Seicento e metà Settecento per diverse ragioni; se per
Calepio
, attento alla credibilità della rappresentazione
uesta perplessità nei paratesti dell’Œdipe, conosciuti senz’altro dal
Calepio
, che ne aveva contestato le teorie nella sua Apol
estueux, qu’elle doit craindre de s’avouer à elle-même», ibid.) — che
Calepio
non poteva condividere, il Bergamasco recupera la
n, t. II, Paris, Cailleau, 1731, p. 77), viene recuperata, attraverso
Calepio
, da diversi letterati settecenteschi, i quali avv
ori di questa posizione: il solito Salìo accusava in questo frangente
Calepio
di assecondare una logica troppo «galante», negan
omati scrittori di cose poetiche, Padova, Comino, 1738, pp. 358-359).
Calepio
riteneva tuttavia sconveniente l’impiego del Coro
argomento medievale o moderno che ricorrevano impropriamente al Coro,
Calepio
cita la Vittoria del Torelli — incentrata sulle v
o spettatore e dialogante guasta questa segretezza. In definitiva per
Calepio
è la qualità del soggetto a fondare la possibilit
I. [4.3.1] Dopo aver trattato della maniera di avviare la favola,
Calepio
si sofferma sui mezzi attraverso i quali introdur
o: era mia figlia/ Dirce, e sorella sua», V, 2). Diverso da quello di
Calepio
è il giudizio di Napoli Signorelli sulla Semirami
ntichi e moderni l’autore, lodando la tragedia, critica l’ottusità di
Calepio
, attento a notare i singoli minimi difetti del dr
o, 1728, p. 57). La peripezia della tragedia prende le mosse, secondo
Calepio
, proprio da questa notizia, nonché dalla prescriz
un delitto atroce che la spingerà al suicidio. Dal punto di vista di
Calepio
la peripezia è in questo caso mal gestita, in qua
egli anelli. Salìo aveva risposto nel suo Esame critico all’accusa di
Calepio
, impegnandosi a dimostrare innanzitutto come la p
come la peripezia non si debba collocare nel punto in cui la situava
Calepio
, bensì soltanto nel finale, quando il Balio torna
Ipseo sia plausibile e l’artificio degli anelli verosimile, spingendo
Calepio
a replicare nella sua Confutazione, in cui viene
70, p. 236). Continuando con la rassegna delle tragedie contemporanee
Calepio
critica il Crispo del Marchese, in cui la peripez
ongiurati (II, 8). [4.3.3] La tragedia francese appare agli occhi di
Calepio
più naturale sotto il profilo della preparazione
quello che dovrà essere lo sviluppo della vicenda. Un’altra pecca che
Calepio
ravvisa nell’allestimento della peripezia da part
e dell’amore tragico tra Antigone ed Hémon, figlio di Créon. [4.3.4]
Calepio
biasima infine la sospensione della catastrofe ch
eranza, per poi ricadere nella disperazione e uccidersi, non appare a
Calepio
ben giustificato dal soggetto, nel quale non inte
causa di svariate inverosimiglianze, venga qui elevata a modello dal
Calepio
che guarda a questo dramma come ad un modello di
4.1] La tragedia francese riesce migliore di quella italiana, secondo
Calepio
, in quanto mette fin da subito gli spettatori nel
oileau, il quale nell’Art Poetique prescriveva — proprio come farà il
Calepio
— di fornire allo spettatore fin da subito, e in
ise Escal, Paris, Gallimard, 1966, pp. 169-170). La critica che muove
Calepio
è quella che sorregge l’intero impianto del suo P
sua storia e commosso dalle sue passioni. Anche sotto questo profilo
Calepio
ritrova imperfette le tragedie italiane, a partir
. A questi racconti indiretti, che svelano un’architettura posticcia,
Calepio
avrebbe preferito una più massiccia presenza di S
i timori. Anche la Canace di Speroni diventa oggetto della critica di
Calepio
, il quale afferma addirittura che la tirade del f
ne registrata la ripresa da parte del Quadrio dell’argomentazione del
Calepio
: «Pare nel vero, che nella Canace dello Speroni l
per un motivo preciso, intrinseco allo sviluppo della favola. Secondo
Calepio
il Torrismondo risulterebbe particolarmente caren
ro Italiano, vol. II, Verona, Vallarsi, 1723, p. 143). Le critiche di
Calepio
saranno ribadite nell’Ottocento; diversi sono i c
dell’Orso, 2007, p. 105. Sarà bene notare che in questo passaggio il
Calepio
parrebbe replicare un’argomentazione avanzata da
i segreti la Regina, il Solimano e altri personaggi. Ancora una volta
Calepio
insiste sulla necessità di assicurare alle favole
Indagando la verosimiglianza delle favole dal punto di vista politico
Calepio
censura anche alcune fra le più recenti tragedie
to profilo. Benché anche in Italia ci siano stati infatti, a detta di
Calepio
, grandi progressi negli ultimi tempi rispetto all
eso da questa accusa — dopo aver attestato la propria riconoscenza al
Calepio
che lo lodava in diversi punti del Paragone —, il
, e col mezzo loro sollevar Roma», ibid.). Articolo V. [4.5.1]
Calepio
entra a questo punto nel merito della disposizion
este notizie importantissime sull’antefatto è considerata mirabile da
Calepio
, che in questo frangente si accorda al parere del
xe («tout ce discours est un détail d’anecdotes», ibid.). In generale
Calepio
ritiene migliori i discorsi delle tragedie france
310]). [4.5.3] I Francesi sarebbero superiori agli Italiani, secondo
Calepio
, anche nella tecnica dei soliloqui, benché non si
Se l’improprietà dei monologhi corneilliani consiste appunto, secondo
Calepio
, nell’eccessiva ricercatezza, ai tragici francesi
può infatti giustificare un discorso fra sé. Nelle tragedie italiane,
Calepio
ritrova invece che i soliloqui siano introdotti t
es (III, 10) e uno a Ismene (V, 5). [4.5.5] Come anticipato, secondo
Calepio
, il monologo può sussistere soltanto se viene uti
da soli dagli altri attori che entrano in scena dopo di loro. Secondo
Calepio
il Bonarelli non ha avuto questa oculatezza nell’
’ngiuria soffre, e chi l’ha offesa, intendere», ibid.). Al contrario,
Calepio
apprezza invece, una battuta che Egisto, nella Me
terrompono l’esecuzione. Questo espediente viene molto apprezzato dal
Calepio
in quanto ritenuto verosimile e intrinseco allo s
ettecento, Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2000, pp. 12-13. [4.5.7]
Calepio
arriva quindi a trattare l’istituto, a suo parere
u Theatre Italien, t. II, Paris, Cailleau, 1731, pp. 77-78). Quanto a
Calepio
, egli ritiene che siano le tragedie italiane quel
aris, Sommaville, 1640, p. 268). D’Aubignac, punto di riferimento per
Calepio
in questo capo, sosteneva a sua volta che gli a p
tre, cit., p. 256 [Amsterdam, Bernard, 1715, t. I, p. 236]). [4.5.8]
Calepio
reputa la tragedia francese meno incline ad accog
tié?», II, 7, vv. 651-654). Venendo invece alla tragedia italiana, il
Calepio
riscontra come gli a parte abbondino nella dramma
i ha nella sopraccennata Tragedia», Scipione Maffei, «Recensione a P.
Calepio
, Paragone della poesia tragica d’Italia con quell
Egli, peraltro, non si dimostrava neppure d’accordo con l’analisi di
Calepio
, affermando che tanto la Sofonsiba di Trissino qu
regata prima a scostarsi alquanto», Scipione Maffei, «Recensione a P.
Calepio
», cit., p. 66). Nella tragedia del Settecento, ol
cit., p. 66). Nella tragedia del Settecento, oltre che nella Merope,
Calepio
trova altri a parte, che considera difettosi reli
51-272. Articolo VI. [4.6.1] Nel sesto articolo di questo capo
Calepio
passa ad esaminare la partizione del dramma in at
rà da notare che, in materia di partizione del dramma in atti e scene
Calepio
parrebbe guardare ancora al modello teorico di Co
, Marsilio, 2007. [4.6.2] I tragici francesi sarebbero stati secondo
Calepio
meno difettosi sotto questo profilo: qualche tras
usique nonché di alcune tragedie di argomento sacro già menzionate da
Calepio
; anche in questo frangente il Bergamasco non forn
impatience», ivi, III, 2, p. 47). Nonostante l’ingegnoso stratagemma,
Calepio
non considera minore l’inverosimiglianza di quest
cura di Antonio Stramaglia, Bari, Levante, 2000, pp. 81-84. [4.6.3]
Calepio
torna quindi all’attacco dell’introduzione del Co
ritiene poco funzionali allo sviluppo dell’intreccio. Del Coro greco
Calepio
apprezzava la funzione morale che era stata icast
2013, pp. 243-275). Il passaggio dei Problemi di Aristotele citato da
Calepio
per suffragare la propria tesi (Aristotele, Probl
nuta scenica del Coro, e a questa sembra fare maggiore riferimento il
Calepio
. Angelo Ingegneri, partendo sempre da quel Proble
à notato che l’interpretazione del passaggio dei Problemi proposta da
Calepio
solleverà le furiose proteste del Salìo nell’Esam
6.4] La questione della verosimiglianza era fondamentale anche per il
Calepio
, che perciò ritorna sul problema dell’utilità del
rammaturghi italiani suoi contemporanei che facevano ricorso al Coro,
Calepio
distingue fra coloro che impiegano il Coro mobile
a, CXXXIX, 427, 1962, pp. 392-423: 411). [4.6.5] In questo passaggio
Calepio
affronta il nodo spinoso dell’unità di luogo, ele
Georges Couton, Paris, Gallimard, 1987, p. 188). Con questa proposta
Calepio
si trovava senz’altro d’accordo, dal momento che
. [4.6.6] Nella sua solita scorreria fra i testi tragici italiani il
Calepio
riscontra difetti notevoli nell’Ezzelino del Baru
icendarsi di due scene dello stesso atto, il che probabilmente induce
Calepio
a pronunciarsi in maniera così negativa. Nell’Ezz
onsiderando le sue prove drammatiche assai carenti in altri punti. Il
Calepio
, d’altra parte, dopo aver lodato incautamente le
lle quali l’osservanza di questa regola creava degli inverosimili che
Calepio
non aveva notato. Il marchese se la prendeva in p
punto di vista della rappresentazione di scene segrete, tanto care a
Calepio
, mentre lodava altre tragedie corneilliane, fra l
privata, e poi dalla Casa privata per andare in piazza», ivi, p. 46).
Calepio
viene poi discorrendo della Giocasta del Baruffal
uvio e dal trattato dei giochi scenici di Callimaco. Tuttavia secondo
Calepio
questo stesso principio era stato già adottato, b
, Edizioni dell’Orso, 2007, pp. 105-106. Articolo VII. [4.7.1]
Calepio
riassume in quest’ultimo articolo il giudizio che
nsegna dell’Orso, 1730, p. 5). Il principale riferimento polemico del
Calepio
è tuttavia in questo passaggio Giuseppe Salìo: in
Padova, Comino, 1728, pp. 17-18). Punto sul vivo dalla citazione del
Calepio
e scettico nei confronti dell’assunto secondo cui
o ridimensionava la portata della condanna degli istrioni espressa da
Calepio
, argomento peraltro topico all’inizio del Settece
con un doppio paragone riguardante la tenuta scenica delle tragedie:
Calepio
confronta prima la tragedia greca con quella ital
italiana non regge il paragone di quella francese. Ciò che conta per
Calepio
in questo segmento è la capacità dell’opera teatr
o — riesce superiore tanto alla tragedia greca che a quella italiana.
Calepio
preferisce all’Ifigenia in Tauride di Euripide qu
e: anche in questo caso la versione di Martello è preferibile secondo
Calepio
a quella di Euripide; il drammaturgo emiliano nel
i Cori e prevedendo la divisione in atti e scene, era considerata da
Calepio
preferibile rispetto a quelle del Liviera e del T
l’Edipo Re di Sofocle. A questo proposito sarà importante notare che
Calepio
, smentendo l’opinione con cui Maffei pretendeva d
1] Riaffiora qui uno degli elementi essenziali dell’argomentazione di
Calepio
, ossia la rivendicazione della sua imparzialità e
let de La Mesnardière, La Poëtique, Paris, Sommaville, 1640, p. 107).
Calepio
, nel ribadire il fatto che i costumi sono element
tragedie francesi e quelle italiane su questo punto, a differenza di
Calepio
, considerava migliori le prime, preferendo la Sof
e donne. Articolo II. [5.2.1] Il primo aspetto del costume che
Calepio
prende in esame è la moralità dei personaggi, ele
veicolare messaggi positivi per gli spettatori. Sotto questo profilo
Calepio
si dimostra assai vicino alla posizione del Murat
lle est propre, et convenable à la personne qu’on introduit» (ibid.).
Calepio
contesta questa lettura del testo aristotelico su
teorici, a cura di Amedeo Quondam, Roma-Bari, Laterza, 1973, p. 513).
Calepio
riprova inoltre il fatto che Corneille rivendichi
esentare i caratteri come la storia o il mito li tramandava. [5.2.3]
Calepio
prosegue nell’esame delle affermazioni corneillia
ours de l’utilité et des parties du poème dramatique», cit., p. 131).
Calepio
non può avallare questa interpretazione del testo
il gusto del pubblico contemporaneo, sarebbe riuscito invece, secondo
Calepio
, a rendere amabile il vizio agli occhi degli spet
neille, «Discours de la tragédie», cit., p. 149), cosa che ovviamente
Calepio
non poteva accettare. Circa la Théodore andrà ino
neille, Œuvres complètes, t. II, cit., pp. 1315-1317. L’insistenza di
Calepio
sulla diversità che separa il fine del genere epi
o Calepio», Critica letteraria, XLIV, 170, 2016, pp. 92-112. [5.2.5]
Calepio
biasima la gran parte dei caratteri brillanti ma
Paris, Pissot, 1770, t. I, p. 122). Nella seconda parte del paragrafo
Calepio
si impegna a dimostrare l’infondatezza di un altr
ole di Euripide, t. XX, Padova, Stamperia del Seminario, 1754, p. 69.
Calepio
menziona inoltre uno degli Opuscoli di Plutarco —
entés et annotés par Georges Couton, Paris, Gallimard, 1987, p. 146),
Calepio
si trova in profondo disaccordo: rivendica infatt
sa, protagonisti di due tragedie sofoclee. Per quanto riguarda Edipo,
Calepio
riprende le argomentazioni già sostenute contro l
, secondo il dettato di Aristotele. Al contrario, già in quella sede,
Calepio
, riprovando la traduzione di Dacier, rilevava il
della letteratura italiana, CXXXIX, 427, 1962, p. 403). La lettura di
Calepio
entrava dunque in netto contrasto con la tradizio
buono e generoso. Benché, per confutare l’affermazione di Corneille,
Calepio
si impegni a mostrare che non mancano personaggi
emplare di Ulisse sarebbe, secondo le considerazioni tradizionali che
Calepio
riprende, il pio Enea del poema virgiliano. A tal
atta dal III libro della Poetica — non dal II, come indica la nota di
Calepio
—, al capo XX, dedicato ai costumi (Mores), ed è
Si situa qui uno dei passaggi più importanti del Paragone, nel quale
Calepio
rivendica sia la peculiarità del genere tragico —
i cui viene biasimata la costruzione meravigliosa e al fondo barocca.
Calepio
dimostra una sensibilità prettamente settecentesc
comportava il fallimento del progetto drammaturgico in cui credeva il
Calepio
: nella sua prospettiva lo spettatore non doveva r
eicento e Settecento, X, 2015, pp. 109-126. [5.2.8] Ancora una volta
Calepio
introduce una netta distinzione di giudizio fra C
oteva essere apprezzata da un uomo della mentalità e della cultura di
Calepio
. L’eccessiva brillantezza dei caratteri compromet
cessiva brillantezza dei caratteri comprometterebbe talvolta, secondo
Calepio
, l’esito stesso di alcuni drammi: il tratteggiare
dente; questo stesso confronto era stato già proposto nel Paragone da
Calepio
, insistendo allora sui difetti del personaggio di
eguatezza del costume di alcuni protagonisti dell’opera corneilliana,
Calepio
non trascura di riconoscere la generale abilità d
perata dal Maffei nelle Osservazioni sopra la Rodoguna e dallo stesso
Calepio
nelle pagine del Paragone, aveva esercitato il su
o meno modificare la storia nello sviluppo dell’intreccio tragico. Se
Calepio
in generale ammette l’intervento dell’autore anch
106). Ogni possibilità di alterazione veniva quindi di fatto negata.
Calepio
si trova perfettamente d’accordo con il Crescimbe
, a cura di Amedeo Quondam, Roma-Bari, Laterza, 1973, p. 265). Con il
Calepio
si schiera invece il Quadrio, il quale si esprime
les mœurs», ibid.), ma ciò non lo rende meno colpevole agli occhi di
Calepio
, il quale lo rimprovera non tanto per essersi sco
es aux vertus de Caton», ibid.). La perfetta tragedia che contemplava
Calepio
non si basava certo, come si è ampiamente mostrat
ltri casi, anche qui il Quadrio riproduce puntualmente il giudizio di
Calepio
sulla tragedie di Deschamps e del de La Fosse, am
th-Century Studies, IV, 1981, pp. 54-65. Articolo III. [5.3.1]
Calepio
ritorna sulla questione della qualità del protago
orto di parentela anche all’avversario del marito, Corradino; secondo
Calepio
questo personaggio femminile sarebbe troppo sbiad
a nutrice, ad architettare la calunnia, procacciandosi la condanna di
Calepio
: un personaggio che tenta volontariamente di comp
, p. 66). [5.3.2] Un altro difetto di costume consisterebbe, secondo
Calepio
, nel far sì che un delitto rappresentato venga pu
, felici perché finalmente riuniti nel trapasso. Questo finale, che a
Calepio
evidentemente non piacque, voleva, nell’idea di M
ersonaggi secondari di carattere malvagio potrebbe risultare, secondo
Calepio
, dannosa per il pubblico e per l’economia della p
ldati romani per mettere a morte il cristiano (IV, 2). In particolare
Calepio
parrebbe condannare la scena — quasi da commedia
modo punito. Il Quadrio riproduce anche in questo caso le opinioni di
Calepio
, prescrivendo, come faceva il Bergamasco, che i m
entesca, Modena, Mucchi, 2000, pp. 57-71. Articolo IV. [5.4.1]
Calepio
passa quindi a discorrere del decoro, suprema sin
ifico è senz’altro Orazio nel passaggio dell’Ars Poetica riportato da
Calepio
(vv. 114-118), in cui cerca di specificare cosa è
evoluzionista che già altrove aveva presentato (Paragone IV, 1, [1])
Calepio
taccia la letteratura greca di aver infranto la r
le di Terrasson, autore di una Dissertation critique sur l’Iliade che
Calepio
conosceva bene, secondo cui Omero aveva tradito i
Salìo, acceso avversario di Giraldi, Tassoni, Muratori e dello stesso
Calepio
, contro i quali si era scagliato nel suo Esame cr
alcuni rinomati scrittori, Padova, Comino, 1738, pp. 25-26). [5.4.3]
Calepio
rimprovera ai Francesi il fatto che essi rapprese
a, vol. II, a cura di Ada Ruschioni, Milano, Marzorati, 1971, p. 595.
Calepio
concorda con questa posizione e critica, oltre al
nel campo dei Greci per recuperare l’amata Polyxène. [5.4.4] Secondo
Calepio
i personaggi femminili, che pure egli ritiene nat
par François Granet], t. I, Paris, Gissey et Bordelet, 1740, p. 246).
Calepio
se la prende in questo caso con l’Œdipe di Cornei
Forestier et Céline Fournial, site IdT — Les Idées du théâtre). Anche
Calepio
critica la rappresentazione falsata dei costumi o
lieu», Littératures classiques, LXXXI, 2, 2013, pp. 91-106. [5.4.6]
Calepio
passa infine agli elementi minori del costume, ge
ssez que j’étais votre fille?», III, 2, vv. 874-876). Quanto all’età,
Calepio
invece trova inappropriato il fatto che i persona
d., Histoire du Theatre Italien, t. I, Paris, Caillot, 1730, p. 310).
Calepio
tocca infine il problema della coerenza dei perso
la norma dell’«egualità», anche l’Oreste del Rucellai, che lo stesso
Calepio
censurerà nell’articolo successivo, accusandolo d
, vol. I, Bologna, Pisarri, 1739, p. 384). Articolo V. [5.5.1]
Calepio
riproduce in questo frangente considerazioni trad
ne, dovuta ad un’eccessiva vicinanza ai modelli greci, emerge secondo
Calepio
in tre punti: quando viene prescelto un soggetto
va la Merope di Maffei — attraverso un ragionamento che probabilmente
Calepio
avrebbe condiviso, giacché, come si è visto, l’at
itazione troppo stretta degli esemplari greci, perdono in maestosità,
Calepio
cita l’Oreste del Rucellai e la Merope del Torell
successivamente nell’Appio Claudio di Gravina. Quanto alla Sofonisba,
Calepio
riprende puntualmente la critica che alla tragedi
tti romani con affermazioni simili a quelle contenute nel Paragone di
Calepio
. Conti infatti ammetteva che nella storia romana
., Il Cesare. Tragedia, Venezia, Bassaglia-Bettinelli, 1743, p. 8). A
Calepio
sembra tuttavia poco decoroso che l’imperatore si
, Prose e poesie, vol. I, Venezia, Pasquali, 1739, p. n.n.). [5.5.3]
Calepio
passa quindi ad esaminare la questione del decoro
ndannava il Gravina — citando in nota proprio il presente giudizio di
Calepio
che sottoscrive in pieno — accusandolo di aver pr
794) e di Francesco Saverio Salfi (La Virginia bresciana, 1797-1798).
Calepio
ritrova infine delle gravi mancanze circa il deco
rrismondo e altro, Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2007, pp. 95-97).
Calepio
censurava questi versi, ritenuti indecenti, separ
d altre prose, Torino, Fontana, 1845, p. 146). Sconveniente appare al
Calepio
anche il discorso di Merope, nel finale dell’omon
13, pp. 22-46. [5.5.5] Passando infine alla coerenza dei personaggi,
Calepio
censura il personaggio di Oreste nella tragedia d
seguito, quando chiede conforto al Coro di donne (ivi, pp. 120-122).
Calepio
reputa che in questo caso il Rucellai abbia tenta
unt lacrimae rerum et mentem mortalia tangunt”», Eneide, I, 459-462).
Calepio
elenca poi altri punti nei quali l’eroe virgilian
do Palinuro muore, abbandonando la nave che guidava (V, 869). Secondo
Calepio
questa consuetudine lacrimosa indebolisce la figu
, 1739, p. 384). D’altra parte, qualche anno dopo la pubblicazione di
Calepio
, Pietro Francesco Bottazzoni rifletteva ancora su
ristiana, Napoli, Moscheni, 1733, p. 16). Articolo VI. [5.6.1]
Calepio
viene ora esaminando l’osservanza, da parte dei d
ddistinti. Il prototipo del primo tipo di anomalia viene ritrovato da
Calepio
nel Philoctete che compariva, come personaggio in
la morte di Laius, al quale si era dimostrato sempre avverso. Secondo
Calepio
i tratti eroici di Philoctete, che si manifestano
taire», Symposium, LXIV, 4, 2010, pp. 258-274. [5.6.2] Al contrario,
Calepio
ritrova manchevoli Racine e Crébillon nel rispett
sub auras,/ Paeonis revocatum herbis et amore Diana», VII, 765-769).
Calepio
riporta infine la testimonianza di Orazio, il qua
Diana pudicum/ liberat Hyppolitum», IV, 7, 25-26). Per questo motivo
Calepio
reputa inverosimile l’amore per Aricie che, nella
i fronte ad ogni sentimento di natura erotica. Dello stesso parere di
Calepio
si mostrerà Juan Andrés («Quanto è freddo, e noci
ratura, Parma, Stamperia Reale, 1785, p. 315). [5.6.3] La critica di
Calepio
è indirizzata congiuntamente all’Électre di Crébi
irro e Polissena che popolano la scena francese tra Sei e Settecento.
Calepio
considera tuttavia inverosimile che Elettra possa
», in Id., Électre. Tragédie, Paris, Ribou, 1709, p. n.n.). Come nota
Calepio
, al solito attento lettore dei paratesti che acco
osse circa la possibilità di introdurre gli amori di Itys ed Electre,
Calepio
rivendica in questo caso la natura “moderna” dell
rebbe forse quello di scegliere soggetti inventati, oppure poco noti.
Calepio
non fa grande distinzione in questo senso; se in
o, e l’Acripanda di Decio da Orte, agita al tempo dell’impero egizio.
Calepio
riprende in questo caso un’opinione piuttosto com
in un passo che probabilmente è alla base della presa di posizione di
Calepio
; benché egli avvertisse che una tragedia dal sogg
edie storiche si mostrava anche Antonio Conti, il quale, concorde col
Calepio
, raccomandava che l’invenzione non entrasse in co
zia, Albrizzi, 1732, p. 10). Il Quadrio invece, ritenendo, al pari di
Calepio
, Conti e Muratori, preferibili le tragedie storic
e l’Ulisse il giovane di Lazzarini che invece, significativamente, il
Calepio
omette in questo frangente per evitare di condann
one d’ogni poesia, vol. III, Milano, Agnelli, 1743, p. 164). [5.6.5]
Calepio
biasima anche alcune tragedie italiane ree di non
le, prova a preservare la vita della schiava Cassandra. D’altro canto
Calepio
istituisce una gerarchia di valori circa le varie
béralité: comme M. Corneille a fait dans son Héraclius», ivi, p. 57).
Calepio
passa infine a censurare le tragedie di Duché, gi
o cfr. Paragone V, 2, [2]. Tra i modelli positivi, quanto al costume,
Calepio
propone ancora Conti, capace di seguire rigorosam
poranei, che il Gravina estendeva ai drammaturghi sei-settecenteschi.
Calepio
inclina per una lettura più moderata; a suo dire
questi abbiano la cognizione di essere istruiti. Sotto questo profilo
Calepio
ritiene che Sofocle abbia allestito al meglio le
rende al contrario apprezzabili proprio le tragedie moderne. [5.7.3]
Calepio
riprende ancora una volta le tragedie italiane de
ettagliato il giudizio di Ginguené: questi, pur riconoscendo, come fa
Calepio
, la capacità del Trissino di disegnare caratteri
au poète tragique», ivi, p. 20). Se si passa tuttavia al Settecento,
Calepio
riconosce anche fra le tragedie italiane dei pers
eti d’ambedue le nazioni. Articolo I. [6.1.1] In questo capo
Calepio
si sofferma sulle proprietà stilistiche del disco
precedenti sotto il profilo stilistico. Come già faceva Crescimbeni,
Calepio
analizza tanto la bellezza «interna» delle opere
Verona, Targa, 1739, p. 9). Vi ricorreva anche la poetica arcadica, e
Calepio
parrebbe allinearsi in generale alla posizione es
i-Bouhours, Verona, Fiorini, 2001, infra. Articolo II. [6.2.1]
Calepio
, sin dal principio del suo discorso, imputa alla
uto maldestramente imitare la semplicità greca, che tra l’altro, come
Calepio
nota («Inoltre agli stessi concetti manca la nece
12). Tra Sette e Ottocento sono diversi gli autori che formulano, con
Calepio
, una condanna più o meno severa alla «sentenza» d
tamperia Reale, 1785, p. 293). [6.2.2] Un altro difetto capitale che
Calepio
riscontra nello stile delle «antiche tragedie» it
dialogica. Ciò che in questo passaggio, e negli articoli successivi,
Calepio
va mettendo in discussione è il contributo di Pet
vità dell’esperienza lirica all’interno degli altri generi letterari,
Calepio
prescrive al contrario una netta separazione tra
i dell’Aminta e del Pastor Fido parlassero alla maniera dei filosofi,
Calepio
censura i personaggi delle tragedie cinquecentesc
rio stato d’animo. I due passaggi incriminati e riportati a testo dal
Calepio
rappresentano l’esempio non tanto di una realizza
comparire all’interno di un contesto lirico, essa viene giudicata da
Calepio
superflua — e scarsamente verosimile — quando è p
a e sulla maniera di affrontarle tenendo saldo il timone della virtù.
Calepio
, in tutta questa sezione, riprende le posizioni s
coglio tra l’onde inevitabil pose», Orbecche, V, 3). A differenza del
Calepio
inoltre il Martello non fa menzione del Trissino
cimbeni, Gravina e Muratori. [6.2.3] Oltre al Trissino e al Giraldi,
Calepio
riprende pure l’Aretino per il medesimo incedere
tanto i primi due versi — a cattivo esempio di retorica tragica; come
Calepio
anche il Napoli Signorelli riteneva che questo ti
matica, Milano, s.e., 1801, p. 6). Ancora concorde con il giudizio di
Calepio
in quanto allo stile delle tragedie cinquecentesc
-377). Il Napoli Signorelli riprendeva dichiaratamente il giudizio di
Calepio
, riconoscendo nell’Oreste uno stile più alto e de
he e alle parole troppo latine, come osservò anche il Conte Pietro da
Calepio
, e non va esente dal cicaleccio», Pietro Napoli S
bembiano», ivi, pp. 72-73). [6.2.4] In questo interessante passaggio
Calepio
si esprime in maniera netta contro l’ibridismo st
bene notare che il rifiuto di tale poetica arcadica non è motivata in
Calepio
da una predilezione per lo stile grave, da cui pr
ragedie di Vittorio Alfieri, Pisa, ETS, 2009) — era giustificata, nel
Calepio
, dal tentativo di preservare il raggiungimento de
confaceva con la nozione propriamente scenica di verosimiglianza che
Calepio
difendeva. L’autore ribadisce invece un luogo ric
o accademico della Crusca, Venezia, Pasquali, 1736, p. 144), porta il
Calepio
a collocare la tragedia di Speroni nel dominio de
di lingua, 1982). [6.2.5] I due passaggi della Canace riportati dal
Calepio
si situano all’inizio del dramma (Sperone Speroni
a rima; del secondo, tratto da un dialogo fra Deiopea e la cameriera,
Calepio
condannava l’ornato ingiustificatamente ampolloso
i elencate altre tragedie che peccano sotto il medesimo profilo e che
Calepio
aveva già ripreso dal punto di vista della costru
l. III, Milano, Agnelli, 1743, p. 208). Nella chiusura del paragrafo,
Calepio
mostra di apprezzare maggiormente dal punto di vi
ndria, Edizioni dell’Orso, 2007, pp. 136-137. [6.2.6] La rassegna di
Calepio
prosegue con l’Astianatte — edita dal Maffei nel
1973, p. 553). Risoluto anche il Muratori, qui ripreso da vicino dal
Calepio
, nel condannare le soluzioni argute delle tragedi
preso in esame lo stile delle tragedie settecentesche, che appaiono a
Calepio
generalmente più regolari rispetto ai drammi del
Baruffaldi, Maffei e Conti — non v’è una soluzione stilistica comune;
Calepio
parrebbe apprezzare tanto tragedie improntate ad
arini — ma questo si potrà meglio argomentare con le affermazioni che
Calepio
colloca nel paragrafo successive — rappresentava
ò che ora viene messo in evidenza è la presa di distanze, da parte di
Calepio
, dal modello poetico difeso dal Martello nella Pr
re, atte a ricordargli la natura fittizia della rappresentazione, per
Calepio
, immerso in una cultura profondamente differente,
sultando eccessivamente cruda per la sensibilità degli osservatori —,
Calepio
ricorre a una delle tesi sulle quali insiste magg
che godettero di una certa fortuna lungo tutto il Seicento, e che il
Calepio
, appassionato lettore degli scritti di poetica it
nze, Pignoni, 1620, pp. 105-107). A partire da questo riferimento, il
Calepio
richiama l’importanza di un dettato breve e maest
sso carente. Applicando tale principio ai drammaturghi contemporanei,
Calepio
concede, come anticipato, la propria preferenza a
e e noiose, a differenza dei trattati, ammirati da molti — e anche da
Calepio
—, ma non dal Baretti, al solito incline ad espri
annunzio», II, 2). Di certo questo parlare figurato doveva apparire a
Calepio
inutile e importuno in un contesto scenico: egli
e lo stile poetico di Gravina viene reputato nel complesso rivedibile
Calepio
, ed era inevitabile che così fosse, apprezza la q
14-315 [Amsterdam, Bernard, 1715, t. I, pp. 289-290]). In questo caso
Calepio
riprende il d’Aubignac non soltanto nel merito de
tragedie di Pomponio Torelli (1539-1608), Pisa, ETS, 2011. [6.2.11]
Calepio
definisce questa commistione di sentenze moralist
ricerca della sentenza ad effetto distoglieva i drammaturghi, secondo
Calepio
, dal raggiungimento del fine originario della tra
, 5). Il Maffei, nel Teatro Italiano, aveva anticipato il giudizio di
Calepio
, reputando il personaggio della Cameriera poco ut
poco si addicono simili ragionamenti. Nel primo caso preso in esame,
Calepio
dubita che una nutrice possa avere le conoscenze
(Annibale Marchese, La Polissena. Tragedia, Napoli, Naso, 1715, p. 2;
Calepio
nella trascrizione tralascia due versi e mezzo tr
. Articolo III. [6.3.1] Nel preambolo di questo terzo articolo
Calepio
, dopo aver esaminato l’elocuzione delle tragedie
La Fosse, Voltaire, Crébillon e degli altri variamente censurati dal
Calepio
nel corso del Paragone, avevano perduto l’origina
e poesie, Venezia, Pasquali, 1739, p. CLVI. Nei paragrafi successivi
Calepio
si impegnerà a dimostrare come la pur lodevole el
Musée Voltaire, 1987, p. 103). Tuttavia il vero bersaglio critico di
Calepio
appare in questo caso il Bouhours, tanto degli En
il profilo, per così dire, concettuale, quanto sotto quello estetico,
Calepio
asserisce che i Francesi si siano distinti, super
etto estetico, la sentenza dei tragici francesi seicenteschi appare a
Calepio
nel complesso migliore di quella italiana, dal mo
ente gli trova assai più naturali», Scipione Maffei, «Recensione a P.
Calepio
, Paragone della poesia tragica d’Italia con quell
tario di passi estratti dalle tragedie di Corneille che sono, secondo
Calepio
, redarguibili sotto il profilo stilistico, in qua
critico del Francese, delegittimando la sostanza del suo giudizio, il
Calepio
, riprendendo una strada che era stata già intrapr
onale fortuna — come una semplice traduzione dell’avantesto spagnolo.
Calepio
passa quindi ad esaminare il Pompée, ritrovandolo
del marito era stata data una degna sepoltura (V, 1, vv. 1491-1492),
Calepio
denuncia gli esiti cupamente comici dell’immagine
entés et annotés par Georges Couton, Paris, Gallimard, 1987, p. 910).
Calepio
disapprova in questo caso il «pueril contrapposto
e perduta per sempre (III, 5, vv. 1094-1096). Nei passi qui riportati
Calepio
scorge la medesima inverosimiglianza stilistica c
ire avec esprit» (ivi, pp. 58-59). [6.3.5] Dell’Horace, soggetto che
Calepio
riteneva particolarmente adatto a creare tragedie
et annotés par Georges Couton, Paris, Gallimard, 1987, pp. 864-865).
Calepio
censura l’inflessione arguta dei ragionamenti di
s par Georges Couton, Paris, Gallimard, 1987, p. 865, vv. 640-646). A
Calepio
appare inoltre fredda l’immagine con cui Orazio s
586), quando già la catastrofe si è consumata (ivi, p. 896). [6.3.7]
Calepio
conclude la rassegna di passi corneilliani difett
Corneille, nel rispondere a delle accuse simili a quelle avanzate da
Calepio
circa la composizione di alcuni brani della sua t
2, [7]), in risposta ad una considerazione affine fatta dal Martello,
Calepio
sostiene che ogni elaborazione retorica eccessiva
: citation, imitation et création, Paris, H. Champion, 2000. [6.3.8]
Calepio
non risparmia neppure Racine, talvolta troppo vic
erla e a colpire in lei la madre del fratello: questo espediente, che
Calepio
considera a tutti gli effetti un “concetto”, è gi
p. 101). [6.3.9] Poco plausibile, né tantomeno funzionale, appare a
Calepio
l’apostrofe, densa di antitesi e poliptoti, con c
ie et annotée par Georges Forestier, Paris, Gallimard, 1999, p. 107),
Calepio
trova un’altra pointe che indica la sopravvivenza
s Forestier, Paris, Gallimard, 1999, p. 683). L’esempio menzionato da
Calepio
viene riportato anche da Andrés nel corso di una
ergamasco, condanna tanto questo verso quanto quello della Phèdre che
Calepio
citerà nel paragrafo successivo («Le flot qui l’a
one sono invece tratti dalla scena settima — e non ottava come scrive
Calepio
— del secondo atto (II, 7, vv. 719-720), quando l
este parole con cui palesa al marito la visione appena avuta. Secondo
Calepio
è poco credibile che una persona appena ripresasi
ine, Esther, in Id., Œuvres complètes, t. I, cit., p. 975). [6.3.11]
Calepio
non risparmia neppure la Phèdre, a cui imputa due
5), sulla bocca di Taxile. Il secondo brano della Phèdre riportato da
Calepio
è situato invece nel quinto atto (V.6, vv. 1522-1
gli eventi occorsi ad Hyppolite; in un momento di grande concitazione
Calepio
preferirebbe una maggior sollecitudine nel raccon
7), la cui eco si percepisce chiaramente in tutta l’argomentazione di
Calepio
. Il de La Motte infatti metteva in guardia i poet
a della troppo ravvicinata imitazione di Lucano — ancora una volta il
Calepio
segue alla lettera questa teoria —, mentre Racine
1999, pp. 1635-1636 e 1659. [6.3.12] I due versi dell’Iphigénie che
Calepio
discute in questo passo sono tratti dalla prima s
cupazione di Agamennone non si esprimerebbe convenientemente, secondo
Calepio
, a causa del ricorso all’antitesi topica e invero
so meccanismo retorico è adoperato da Thomas Corneille, come denuncia
Calepio
, in una battuta di Polixène ne La mort d’Achille.
dell’argutezza comporta — e ciò viene ritenuto estremamente grave da
Calepio
— un’effettiva incoerenza a livello di inventio.
adenti per eccesso di affettazione ai drammi francesi settecenteschi,
Calepio
menziona l’Électre (1708) di Prosper Jolyot de Cr
cata per quella del padre (ivi, p. 64). [6.3.14] Fra i contemporanei
Calepio
critica anche il de La Fosse, incline ad imprezio
braires Associés, 1747, p. 60). Questo lamento richiama alla mente di
Calepio
un verso ovidiano dei Tristia (I, 4, 10), giudica
n drammatico. In conclusione è bene notare come l’esame stilistico di
Calepio
verrà pienamente condiviso anche dal Napoli Signo
rnelio, dal marchese Scipione Maffei, dal Muratori, dal Gravina e dal
Calepio
, di certo lambiccamento di pensieri, di concetti
irtù ed anche gli attributi accidentali nelle loro favole (osserva il
Calepio
) diventano le persone agenti. L’odio giura, vede,
3, pp. 192-193). Articolo IV. [6.4.1] In questo breve articolo
Calepio
mette in discussione l’opinione — divulgata icast
’être la plus simple et la plus naïve langue du monde», ivi, p. 112).
Calepio
, dopo aver dimostrato che la grande letteratura t
s par Georges Couton, Paris, Gallimard, 1987, p. 134). Tuttavia, nota
Calepio
, la scrittura corneilliana non si conforma a ques
arazioni programmatiche contenute nei Discours si troverebbe, secondo
Calepio
, in un passaggio successivo del testo, nella batt
la sua generazione e di quella successiva. Articolo V. [6.5.1]
Calepio
prosegue il suo regesto di difetti stilistici pre
e satirici, a cura di Hannibal S. Noce, Bari, Laterza, 1963, p. 180).
Calepio
si scaglia, infine, contro l’ornamento eccessivo
scena nella letteratura settecentesca, Modena, Mucchi, 2000. [6.5.2]
Calepio
prende di mira in prima battuta la profusione di
fuite», Antoine de La Fosse, Polyxène, IV, 4, cit., p. 76). [6.5.3]
Calepio
si sofferma quindi sull’uso dei «segni», ossia de
amai logori e utili soltanto a riempire la misura del verso; a questi
Calepio
preferirebbe un linguaggio più schietto e piano c
ora una volta è l’Alexandre le Grand di Racine ad essere attaccato da
Calepio
; in questo caso egli mostra come nella seconda sc
azioni, ma a partire da un presupposto teorico diverso; mentre per il
Calepio
questi artifici documenterebbero la natura eccess
sto poco differenziar dalla prosa», Scipione Maffei, «Recensione a P.
Calepio
, Paragone della poesia tragica d’Italia con quell
a Sannia Nowé, Modena, Mucchi, 1988, p. 59). L’errata valutazione del
Calepio
procederebbe da una confusione circa il significa
partire dalla recensione maffeiana, si era interessato al trattato di
Calepio
, fornendone un lungo esame all’interno della rivi
complètes, t. I, cit., p. 657). [6.5.7] «Poetiche» sono definite dal
Calepio
anche le immagini poste in bocca ad Ulisse, quand
iegati nel linguaggio drammaturgico francese, viene poi dimostrata da
Calepio
attraverso la citazione di un verso de Le Comte d
la segnalata nel Comte d’Essex di Thomas Corneille viene ritrovata da
Calepio
nel Manlius Capitolinus (1698) di Antoine de La F
Associés, 1747, p. 225). [6.5.10] Tornando al Corésus di de La Fosse
Calepio
ritiene poco felice un detto troppo pomposo di Ag
que di François-Michel Deschamps è ritenuto pieno di simili poetismi;
Calepio
cita a testo un altro traslato in cui si attribui
ique, IV, 2, La Haye, Johnson, 1715, p. 46). [6.5.11] In conclusione
Calepio
non risparmia neppure l’Œdipe di Voltaire, nel qu
petrarchesco non è legata ad uno specifico avantesto, dal momento che
Calepio
si limita a rilevare la natura lirica dei pensier
.1] Dopo aver condannato l’uso dei traslati e delle personificazioni,
Calepio
passa a criticare l’impiego di allegorie e apostr
italiana, vol. I, cit., p. 383). Quanto al testo raciniano citato dal
Calepio
, esso è tratto da un lungo discorso di Iphigénie
higénie (Iphigénie, III, 3, vv. 1537-1540). [6.6.2] In prima battuta
Calepio
critica qui l’immagine allegorica del fiume in pi
t. I, Paris, Compagnie des Libraires Associés, 1747, p. 27). [6.6.3]
Calepio
chiama in causa l’Atrée et Thyeste di Crébillon (
enta della tragica sorte che l’ha privata della madre e dei fratelli;
Calepio
condanna l’apostrofe all’amore che caratterizza g
i, V.6, vv. 1494-1496, p. 116.) [6.6.5] Parimenti difettosa appare a
Calepio
l’apostrofe con cui nel Mithridate di Racine l’er
Roma (Mithridate, III, 1, vv. 817-820). Anche in questo caso, secondo
Calepio
, versi simili si addicono più ad un poeta lirico
irico che non ad un personaggio tragico. Articolo VII. [6.7.1]
Calepio
passa quindi a discutere della perifrasi, altra f
n penser dans les ouvrages d’esprit, Bologna, Pisarri, 1703, p. 606).
Calepio
ammette che questa figura possa piacevolmente orn
re il passaggio di tre giorni e tre notti (Phèdre, I, 3, v. 191-194).
Calepio
concorda ancora una volta col de La Motte che, a
le personificazioni, dei traslati, delle allegorie e delle apostrofi,
Calepio
giunge a discutere degli epiteti che caratterizza
en ce qui regarde la Poësie, t. III, Paris, Coignard, 1692, p. 112).
Calepio
segnala la noia che produce la ripetitività e l’a
Œuvres, t. I, Paris, Compagnie des Libraires Associés, 1747, p. 57).
Calepio
fa quindi riferimento alla tradizione retorica e
i superflui, introdotti soltanto al fine di creare delle parole-rima;
Calepio
riporta l’esempio di una battuta di Mathan in cui
53). Sarà da notare come ancora una volta il Quadrio convenga con il
Calepio
, riprendendo alla lettera le argomentazioni del B
versi de’ Francesi Articolo I. [7.1.1] In questo ultimo capo
Calepio
si accinge a trattare l’ultimo punto di questa lu
ipalmente il Lazzarini dell’Ulisse il giovane. Nel corso del capitolo
Calepio
paleserà la propria preferenza per questo ultimo
esia, Roma, Carocci, 2014, pp. 325-351. [7.1.2] Vengono elencate dal
Calepio
due nuove maniere di verseggiare prettamente sett
’Accademia d’Arcadia, V, 2015, pp. 155-188). Secondariamente, ciò che
Calepio
non approva del sistema metrico graviniano è il r
eni, La bellezza della volgar poesia, Roma, De’ Rossi, 1712, p. 126);
Calepio
dal canto suo si accoda a questa opinione dominan
on al Gravina. [7.1.3] Oltre alla soluzione adottata dal Gravina, il
Calepio
prende le distanze anche dalle scelte metriche de
o italiano, se nelle sue parti considerar lo vogliamo», ivi, p. 183).
Calepio
dimostra di avere ben presente queste pagine di M
o II. [7.2.1] Riprendendo le tesi dei classicisti settecenteschi,
Calepio
considera i versi antichi, e soprattutto greci, s
i Virgilio nel XVI secolo, Milano, Unicopli, 1989. Passando al greco,
Calepio
cita subito l’esempio di traduzione dell’Iliade c
concise e puntuali. Sul giudizio, estremamente positivo, espresso dal
Calepio
in merito alla traduzione del Salvini, cfr. anche
on Maria Salvini», Filologia e letteratura, XV, pp. 379-409. [7.2.2]
Calepio
insiste sul fatto che questa prolissità nel rende
u même discours plus longues aussi que l’original», ivi, p. 576-577).
Calepio
è convinto tuttavia che questo unico esempio non
Vita di Carlo Maria Maggi, Milano, Malatesta, 1700, p. 179). [7.2.4]
Calepio
accenna qui ad un episodio piuttosto rilevante de
zialmente esuberante e indiscreto — come aveva sperimentato lo stesso
Calepio
, che aveva avuto da ridire su alcune annotazioni
i che definisce gli «interventi ideologici» del Seigneux sul testo di
Calepio
, cfr. Sergio Romagnoli, Introduzione a Pietro Cal
t., pp. 301-302). Egli ammette inoltre che l’italiano è, come riporta
Calepio
a testo, più grazioso e adatto ai soggetti teneri
apoli, Ricciardi, 1974. [7.2.5] Rispetto alle critiche del Seigneux,
Calepio
si limita a richiamare la consolidata gerarchia t
o piccati alla Dacier esaltando l’«exactitude» della lingua francese,
Calepio
rinfacciava la scarsa estensione del vocabolario
o e filosofico, ma questo parziale vantaggio non costituisce, secondo
Calepio
, un elemento che avrebbe permesso ai francesi di
creando una sorta di illusione ottica negli astanti. [7.2.7] Secondo
Calepio
la tesi del Terrasson secondo cui l’introduzione
e satirici, a cura di Hannibal S. Noce, Bari, Laterza, 1963, p. 151),
Calepio
oppone a questa premessa il fatto che Martello am
i settenari, e della Sofonisba, in cui abbondavano gli endecasillabi.
Calepio
si inserisce qui nell’ampia discussione intorno a
gone pubblicata sulle Osservazioni letterarie il veronese opponeva al
Calepio
l’eccessiva musicalità della soluzione mista, più
eva la gravità della dizione tragica («Tornando a metri, antepone [il
Calepio
] a tutti il verso undicisillabo puro, o misto col
disegno, come gli Antichi faceano», Scipione Maffei, Recensione a P.
Calepio
…, in Id., De’ teatri antichi e moderni, a cura di
i, 1739, p. clviii). Sull’apprezzamento del Conti per l’endecasillabo
Calepio
si soffermava peraltro nelle Giunte postume, cont
empre diverse; che fosse eccellente per gravità, varietà e chiarezza.
Calepio
procede ad una requisitoria contro ognuna di ques
tta, 1770, pp. 188-192). Si distacca in questo caso dall’opinione del
Calepio
anche il Quadrio, che spesso ne aveva parafrasato
e dimensioni», Francesco Saverio Quadrio, ivi, pp. 212-213). [7.3.2]
Calepio
ritorna quindi sulla trattazione del Martello nel
cussione l’intero sistema prosodico francese, con punte polemiche che
Calepio
dimostra qui di non condividere. Egli tuttavia ri
alessandrino, che si compone di due emistichi uguali, in cui, secondo
Calepio
, la seconda parte si riduce ad essere una ripetiz
ità nell’ascolto. [7.3.4] Il verso martelliano erediterebbe, secondo
Calepio
, la stessa rigidità dell’alessandrino, in quanto
esprimere interamente qualunque difficile sentimento», ivi, p. 182).
Calepio
richiama quindi l’opinione del Nisiely, il quale,
asticamente la commozione dei personaggi. Articolo IV. [7.4.1]
Calepio
affronta in questo articolo la spinosa questione
nelle lingue romanze, nel passaggio della Ragion Poetica a cui allude
Calepio
in questa sede («Or tanto l’ignoranza naturale de
a cura di Ada Ruschioni, Milano, Marzorati, 1971, p. 590). Neppure in
Calepio
la rivendicazione di una prosodia verosimile impl
inquecento, con importanti osservanti sulle due tragedie criticate da
Calepio
in ragione della rima, ossia Canace e Sofonisba,
tilentante dell’alessandrino a rima baciata, riesce alla fine noiosa,
Calepio
riporta l’opinione di Corneille contenuta nell’es
e le irresoluzioni dei protagonisti. Concludendo, tuttavia, come nota
Calepio
, il Francese tornava parzialmente sui propri pass
rneille, Andromède, cit., p. 456). [7.4.3] Il difetto principale che
Calepio
attribuisce alla lingua poetica francese è la sca
Theodore Besterman, Oxford, The Voltaire Foundation, 1974, p. 492; il
Calepio
, passava anche in questo caso al contrattacco, me
ar Julien Benda, Paris, Gallimard, 1951, p. 54). Anche in questo caso
Calepio
tenta di delegittimare concretamente tale valutaz
trodurre la rima per ogni coppia di alessandrini spingerebbe, secondo
Calepio
, i drammaturghi francesi a inserire nei propri ve
gravità del verso tragico italiano rispetto al corrispettivo francese
Calepio
allega una sua traduzione del lungo discorso di S
italiane delle tragedie francesi, imperniate sull’uso dello sciolto,
Calepio
propende appunto per una commistione di endecasil
aggioritario (come osserva Zanon, op. cit., pp. 31-32), in quella del
Calepio
il rapporto è quasi equivalente, con una leggera
iagura/ Piegasse alcun di voi»). [7.5.3] Dal punto di vista retorico
Calepio
introduce processi di inversione e altre figure d
di settenari. [7.5.4] Questo passaggio, in precedenza condannato da
Calepio
poiché guastava la bellezza della scena, ricca di
onfigurazione dell’ultimo. [7.5.5] Molto letterale la traduzione del
Calepio
in questo passaggio; il Bergamasco si limita a tr
iderate inferiori alle tragedie italiane più recenti. Il giudizio che
Calepio
esprime in questa sede è dunque nettamente a favo
ie di Houdar de La Motte si giustifica sulla base del ritardo con cui
Calepio
aveva ricevuto i tomi delle opere dell’autore da
dire, avrebbe potuto giovare molto all’estensore del Paragone. Anche
Calepio
si mostra d’accordo, ammettendo che avrebbe desid
del 12 Novembre 1730). Nella lettera del 10 Dicembre del 1730, quando
Calepio
annuncia al Bodmer di avere definitivamente concl
nare che i tomi contenenti le tragedie del de La Motte siano giunti a
Calepio
nei primi mesi dell’anno e che egli si sia impegn
teatrali. Nei confronti delle innovazioni proposte dal de La Motte il
Calepio
mostra una certa simpatia, soprattutto in merito
nei Paesi Bassi per questioni religiose. Il contributo menzionato da
Calepio
è, nello specifico, una lunga discussione, compar
rançoise Gevrey et Béatrice Guion, Paris, H. Champion, 2002, p. 549).
Calepio
non poteva che sottoscrivere questa auto-censura
udar de La Motte, «Premier discours sur la tragédie…», cit., p. 550).
Calepio
condivide soltanto in parte queste ultime afferma
ntazione degli amori che venivano condannate in Paragone III, 3, [3].
Calepio
passa quindi ad esaminare la condanna delle tre u
occuper l’un et émouvoir l’autre», ivi, p. 557). Anche in questo caso
Calepio
non può non sottoscrivere le asserzioni del Franc
ed espressioni in senso letterale —, chiaro, nobile e conveniente, e
Calepio
ammette che nelle tragedie il de La Motte non ha
corso del de La Motte, scritto «à l’occasion de la tragédie Romulus»,
Calepio
mostra maggiori perplessità, legate non tanto all
du cœur la nouvelle force que leur donne la surprise» (ivi, p. 588).
Calepio
approva questo discorso; dal canto suo non aveva
1-2). Il punto dell’argomentazione del de La Motte che più dispiace a
Calepio
è tuttavia quello riguardante la strategia per co
della pièce, ammetteva, con frasi che finiscono appunto nel mirino di
Calepio
: «Voilà ce que je me suis proposé dans le caractè
sta di tale statura eccedeva di gran lunga i termini, raccomandati da
Calepio
, della bontà mezzana e della virtù mediocre; del
scrittura tragica. [Giunta.4] Ancora una volta, in questo paragrafo,
Calepio
insiste sui principi cardine della propria poetic
tile della composizione, a cui antepone il divertimento del pubblico.
Calepio
si era espresso in termini molto simili in preced
rançoise Gevrey et Béatrice Guion, Paris, H. Champion, 2002, p. 603).
Calepio
in primo luogo afferma che l’ammirazione non è fr
i caratteri che il drammaturgo metteva in scena (Paragone 5, 2, [4]).
Calepio
non giunge, in effetti, come farà invece il Lessi
isa e inequivocabile. Ad ogni modo va sottolineato come la lettura di
Calepio
tenda ad appiattire le differenze fra la teoria c
tius si poneva in conflitto con la poetica tragica portata avanti dal
Calepio
, con ben maggiore insofferenza il Bergamasco dove
pettatore nelle peripezie de’ miseri», Paragone III, 1, [1]). Secondo
Calepio
, peraltro, ciò che appassiona di più nel caratter
ondannata come carattere integralmente pravo nei trattati di Maffei e
Calepio
(Paragone II, 4, [2]; V, 2, [4]), tra i personagg
oudar de La Motte, «Discours à l’occasion de Romulus», cit., p. 606).
Calepio
, oltre ad avanzare una netta distinzione fra i pe
a il distacco fra la concezione di teatro del de la Motte e quella di
Calepio
: il Francese sembra rassegnato a concedere che un
[…] Tout cela ne va que bien indirectement à l’instruction», ibid.).
Calepio
riconosce da parte sua la verità delle opinioni d
de tragédie où des actes entiers se perdent en préparation» (ibid.).
Calepio
prende in parte le distanze da questa analisi; co
rançoise Gevrey et Béatrice Guion, Paris, H. Champion, 2002, p. 639).
Calepio
approva questo ragionamento, mentre non si trova
zione del carattere di Achille. [Giunta.10] Anche in questo segmento
Calepio
si dimostra in disaccordo con la lettura del de L
ebbe la meglio il partito del verso, come mostra non solo l’elenco di
Calepio
, ma anche il confronto quantitativo fra tragedie
78, p. 37). Il modello per la ricostruzione del dibattito da parte di
Calepio
— in realtà limitato al solo elenco dei protagoni
i cinque-seicenteschi, il Nisiely cita tutti i teorici menzionati dal
Calepio
(Udeno Nisiely, Proginnasmi poetici, vol. III, Fi
21). A questa prima fonte ne andrà aggiunta una seconda, più vicina a
Calepio
, ossia una pagina dell’Istoria della volgar poesi
a del Cinquecento, Firenze, Galletti, 1904, pp. 130-134. [Giunta.12]
Calepio
osserva come le precedenti discussioni in merito
l discorso del de La Motte permetteva peraltro anche in questo caso a
Calepio
di ribadire un elemento importante della propria
o, a cura di Luigi Poma, Bari, Laterza, 1964, p. 198). A questo punto
Calepio
passa bruscamente dal Discours sur l’Œdipe all’od
ise Gevrey et Béatrice Guion, Paris, H. Champion, 2002, pp. 705-709).
Calepio
non approva la punta estrema del pensiero del Fra
co. [Giunta.13] Davanti agli attacchi contro il verso di de La Motte
Calepio
ricorre ad argomenti tradizionali e correnti, ave
il Castelvetro, le cui pagine vengono in questi paragrafi lambite dal
Calepio
. Secondo Castelvetro il verso autorizzava gli att
ucchi, 1988, p. 47). Più che del Maffei, tuttavia, il ragionamento di
Calepio
appare debitore delle parole di Gravina, preciso
ci, a cura di Amedeo Quondam, Roma-Bari, Laterza, 1973, pp. 542-543).
Calepio
ammette a sua volta che in nome della verosimigli
.14] In questo punto riaffiora una tangenza dubosiana nel pensiero di
Calepio
: egli demarca ancora una volta con precisione i c
one di qualche elemento inverosimile, dall’illusione creata a teatro,
Calepio
aveva constatato che il meccanismo di finzione ch
-453). In questo caso, riprendendo le mosse da quelle considerazioni,
Calepio
insiste sul fatto che non sia necessario modulare
li endecasillabi in qualche modo replicavano —, è necessario, secondo
Calepio
, che a farsi carico dell’espressione degli affett
x à la raison» (Houdar de La Motte, La Libre Éloquence, ivi, p. 705).
Calepio
concorda perfettamente con il Francese sui proble
, p. 679): questo accrescimento della platea dei drammaturghi secondo
Calepio
avrebbe provocato al contrario uno scadimento del
provocato al contrario uno scadimento dell’arte tragica. [Giunta.16]
Calepio
passa quindi ad esaminare le tragedie del drammat
e Antioco IV. L’apice del patetico sarebbe infatti raggiunto, secondo
Calepio
, già nel primo atto, aperto dal pronunciamento di
tra salda nella propria fede affidandosi a Dio per ottenere vendetta,
Calepio
scorgeva probabilmente il vertice commotivo della
t, dit-il, me permet ta presence», ivi, V, 2, p. 65); questo sembra a
Calepio
un espediente di comodo impiegato dall’autore per
esse rinfocolare la fede di Misaël. [Giunta.17] Anche in questo caso
Calepio
afferma che la presenza dell’autore, intento ad a
gone aveva ordinato a Barsés di farlo chiamare (III, 5). [Giunta.18]
Calepio
disapprova anche l’uso dei monologhi e degli a pa
l re Antiochus per evitare la morte (ivi, V, 1, p. 64). L’a parte che
Calepio
condanna si trova invece nella terza scena del te
ali, caratteristica in cui invece solitamente i Francesi sembravano a
Calepio
nettamente superiori agli Italiani (Paragone IV,
gli Italiani (Paragone IV, 6, [1]). [Giunta.19] Passando al Romulus,
Calepio
attacca in prima battuta il carattere amoroso del
ise Gevrey et Béatrice Guion, Paris, H. Champion, 2002, pp. 599-600).
Calepio
concorda con il de La Motte su questa giustificaz
, p. 87). [Giunta.20] Il rimprovero di inverosimiglianza da parte di
Calepio
è diretto in questo caso ad un passaggio della sc
rs Discours sur la Tragédie, tome II, Paris, Dupuis, 1730, p. 102). A
Calepio
non pare credibile il fatto che non sia giunta no
, il quale riesce a catturare il re dei Sabini. A quel punto, secondo
Calepio
, l’esercito sconfitto dovrebbe disperdersi e fugg
ins, vos enfans», ivi, III, 5, p. 123). Anche in questo caso, secondo
Calepio
, il de la Motte non avrebbe prestato sufficiente
et Béatrice Guion, Paris, H. Champion, 2002, p. 586). [Giunta.21] A
Calepio
appare poco verosimile il modo in cui Romulus sve
na dirimente, nel dialogo fra i traditori Proculus e Murena, appare a
Calepio
meno affettata (ivi, IV, 1, p. 124). Il Bergamasc
14). [Giunta.22] Per quanto riguarda la fortuna dell’Inès de Castro,
Calepio
si limita ad accogliere le parole con cui il de L
sui propri passi e abbandonare Inès. Questo episodio avrebbe secondo
Calepio
uno spazio eccessivo e distoglierebbe l’attenzion
o con Inès, per salvare la vita dell’infante (III, 8; IV, 7-8; V, 1).
Calepio
registra poi delle pecche nella condotta della fa
interêts je me fis la victime», ibid.). Sul fronte stilistico invece
Calepio
giudica inadeguati gli elogi che la Regina fa di
plus modeste», ivi, I, 4, p. 161). In questa stessa scena, peraltro,
Calepio
nota un altro difetto di verosimiglianza: le paro
onio. Sempre restando allo stile, giudicato migliore che nel Romulus,
Calepio
non manca di notare alcune sconvenevolezze, come
Paris, Dupuis, 1730, p. 260). Gravemente biasimevole sembra invece a
Calepio
il fatto che l’autore insista nel dipingere Edipo
ivi, p. 262). Questa nuova configurazione di Edipo penalizza, secondo
Calepio
, l’intero dramma, in quanto impedisce di creare q
Motte — così come già aveva creduto Corneille, parimenti censurato da
Calepio
(cfr. Paragone I, 2, [5]). Nel Quatrième discours
69). Un altro problema della favola del de La Motte starebbe, secondo
Calepio
, nello scorporamento dell’agnizione — tipica dei
della memoria del padre. 1. Una prima riscoperta della figura di
Calepio
e del Paragone aveva luogo nel primo Novecento ne
lli, 1902, pp. 63-66), mentre per Bertana la dissertazione critica di
Calepio
era frutto di una irresoluta commistione di razio
ari, Laterza, 19232, pp. 373-382), specie in rapporto al carteggio di
Calepio
con Bodmer. 2. A Sergio Romagnoli si devono alcu
pp. 159-291. Il Boldini aveva peraltro già lavorato in precedenza sul
Calepio
e sui suoi rapporti col Bodmer (Rinaldo Boldini,
Vita e pensiero, 1953). A Romagnoli si deve anche l’ancor utile voce «
Calepio
, Pietro», in Dizionario Biografico degli Italiani
ecificamente al rapporto Calepio-Maffei è l’articolo «La risposta del
Calepio
alle Riflessioni del Maffei sul Paragone della po
o Conti scrittore, Roma, Bulzoni, 1977, in part. pp. 131-136), in cui
Calepio
e Conti sono accomunati nel segno di una comune v
i sofferma sul rapporto, fino ad allora completamente trascurato, fra
Calepio
e i classici della tragedia francese del Seicento
rte alimentato dagli studi del Romagnoli — si veda la voce dedicata a
Calepio
da lui curata per il Dizionario biografico degli
essariamente un approfondimento intorno all’accoglienza delle idee di
Calepio
nel panorama italiana, e gli studiosi successivi,
teneva Mario Fubini, «Una fama da ridimensionare: Pietro dei Conti di
Calepio
», in Id., Saggi e ricordi, Milano-Napoli, Ricciar