(1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro II. — Capo V. Stato de’ Teatri in Francia, Inghilterra, e Alemagna nel medesimo Secolo XVI. » pp. 242-251
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(1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro II. — Capo V. Stato de’ Teatri in Francia, Inghilterra, e Alemagna nel medesimo Secolo XVI. » pp. 242-251

Capo V.
Stato de’ Teatri in Francia, Inghilterra, e Alemagna nel medesimo Secolo XVI.

Francia

Seguitavano intanto i Fratelli della Passione e i clerici o scolari a divertir la Francia. I Misteri degli Atti degli Apostoli e l’Apocalisse di Luigi Chocquet si rappresentarono in Parigi nell’Hôtel de Flandres, e s’impressero nel 1541 in tre volumi. Vi si veggono varie combriccole di demoni, i quali ne sembrano i buffoni166. Rappresentavansi oltre ai misteri, varie farse chiamate momerie, o mascherate, molto buffonesche e satiriche. Quando cadde dalla grazia di Luigi XII il marescial di Gié perseguitato da Anna di Brettagna regina-duchessa, fu egli motteggiato in una di tali farse. Facendosi allusione al nome Anna della regina e al grado di maresciallo del favorito, dicevasi nella farsa che un maniscalco (che in Francia parimente si chiama maréchal) avea voluto ferrare un asino (in francese âne), e ne avea ricevuto un calcio molto impetuoso, onde era stato rovesciato e fatto precipitar giù dalle mura167. Il re medesimo non era risparmiato nelle momerie. Egli ne tollerava la satira, contentandosi solo di prescrivere agli attori di rispettar la regina, altrimenti gli avrebbe fatti impiccare.

I Giuochi de’ Piselli Pesti erano un’altra spezie di farsa francese. Sembra che una delle più famose di esse sia stato l’Avvocato Patelin, la quale ebbe tanta voga che Patelin da nome proprio divenne appellativo, e restò per significare adulatore, e produsse patelinage, e pateliner. L’argomento e alcune scene di quella farsa che non manca di sale e di grazia comica, possono vedersi presso M. de Fontenelle. Io ne ho veduta, pochi anni fa, sul teatro spagnuolo in un Intermezzo l’azione principale e la difesa del Pecoraio fatta da Patelin, e la contesa dell’avvocato e del cliente che lì vale delle di lui istruzioni per non pagarlo.

Da simili rappresentazioni scorgesi che tutto ciò che comparve sulle scene francesi anche sotto Francesco I, era un misto grossolano di religione e buffoneria, che scandalezzò il pubblico talmente che i Fratelli ne perderono il teatro, il quale tornò a convertirsi in ospedale. Se gli sforzi di quel re, amante del sapere e degli uomini di lettere, non giunsero a sgombrar la nebbia della barbarie che ancor copriva la Francia168, almeno vi apportarono un crepuscolo, che scoprì la sciocchezza e gl’inconvenienti di quella mescolanza. Instarono i Fratelli per comprar le ruine del palazzo del duca di Borgogna e fabbricarvi un altro teatro, e ’l parlamento consentì. Ma nell’istesso decreto del 1548, col quale si accordava la permissione di tali rappresentazioni, si prescrisse che dovessero essere puramente profane, e che mai più non vi si mescolassero le cose della religione. Fé la legge ciò ch’era ornai tempo che facesse il gusto. I Fratelli vi si sottomisero; però non parve loro conveniente di montar più in palco, e si applicarono a instruire alcuni nuovi attori, finché nel 1588 cederono il teatro a un’altra compagnia che si formò in Parigi con real permesso.

Sebbene si é conservato il nome di Antonio Forestier e di Giacomo Bourgeois, autori di qualche farsa, o commedia perduta, vissuti sotto Francesco I, pure la forma della commedia e della tragedia fu conosciuta affatto in que’ paesi fino al regno di Errico II. Caterina de’ Medici, che introdusse in Francia il gusto e la magnificenza delle feste e degli spettacoli, nel 1561 ne fé rappresentar diversi in Fontainebleau, e fra gli altri una commedia tratta dall’Ariosto degli amori di Ginevra, verseggiata in parte dal poeta Pietro Ronsard. Gli attori erano i principali personaggi della corte, e madama Angouleme vi rappresentava Ginevra. Pure da’ signori e capi della corte vi fu rappresentato il Palazzo d’Apollidon, e l’Arco degli Amanti Leali, argomento preso dagli antichi romanzieri francesi169.

Che ne sia di tutto ciò, Ronsardo attribuisce al suo amico Stefano Jodelle la gloria di aver composte le prime tragedie e commedie francesi. Questo Jodelle morì nel 1573 d’anni 41, e secondo Pasquier, non mancava di talento, benché non avea pur veduti i buoni libri. Quindi é che le di lui languide tragedie sono scritte in istile molto basso e ineguale, senz’arte, senz’azione, senza verun maneggio di teatro. Cleopatra nell’atto III in presenza d’Ottaviano prende pe’ capelli un suo vassallo, e lo va seguitando a calci per la scena. Pur fu rappresentata la prima volta in presenza del re con applauso, e replicata con grandissimo concorso. Gli attori non erano pubblici commedianti, ma sì bene persone di nome, tra’ quali due poeti Belleau e La-Peruse. Più azione delle tragedie hanno le commedie di Jodelle, e dipingono i costumi di quel tempo con tutta sincerità. Eugenio é un abate, il quale marita a uno sciocco chiamato Guglielmo una giovane ch’egli ama e fa passar per sua cugina, e finalmente gli scopre il secreto:

J’aime ta femme et avec elle
Je me couche le plus souvent,
Or je veux que doresnavant
J’y puisse sans souci coucher.

e Guglielmo risponde,

Je ne vous y veux empescher.

«Quel secolo (dice Fontenelle) non era dilicato su tal materia, e professava apertamente la dissolutezza, che in altri tempi si cerca di dissimulare; egli é solo sorprendente (soggiugne) che gli ecclesiastici, i quali vi son ritratti, non abbian messo schiamazzo». Intorno al medesimo tempo Baïf fece una commedia intitolata il Bravo, ch’é il Miles di Plauto, e La-Peruse una Medea d’infelice riuscita.

Sotto Errico III Roberto Garnier compose otto tragedie, migliori di quelle di Jodelle, a giudizio di Ronsardo, Porzia, Cornelia, Marcantonio, Ippolito, la Troade, Antigona, i Giudei, e Bradamante. Molti squarci felici, tratti dalla sacra scrittura, notansi nella tragedia de’ Giudei e alcuni versi dell’Ippolito meritarono di essere inseriti da M. Racine nella Fedra.

A Garnier succedettero Montchrétien, Baron, e Hardy, i quali vendevano, dice M. de Voltaire, a i commedianti che andavano girando per la Francia, le loro composizioni a dieci scudi l’una. Hardy ne scrisse più di seicento, e per lo più con vergognosa fertilità ne scarabocchiava una in otto giorni. Sconobbe egli nel comporre le regole e la decenza. Donne violate, cortigiane, adultere, sono le persone principali delle sue favole. Le prime tenerezze di due innamorati, secondo l’espressione di Fontenelle, passano sotto l’occhio dello spettatore, e se ne occulta il meno che sia possibile. Qual teatro in Francia nel secolo XVI a fronte dell’italiano!

Inghilterra

Non erano meno grossolani delle farse francesi gli spettacoli scenici dell’Inghilterra in buona parte di questo secolo. I misteri, le moralità, le farse continuarono a rappresentarsi. Del re Eduardo VI, delle cui cognizioni Cardano fa grandi elogi, si dice, che avesse composta una commedia elegantissima, intitolata la Puttana di Babilonia. Di essa però afferma saviamente uno scrittor francese, che per quanto si esageri dagli zelanti antiquari il merito e l’eleganza di tal componimento, la perdita fattane non apporterà molta pena a chi considera le pietose buffonerie teatrali che si componevano in tal tempo da’ francesi, inglesi, e alemani.

Ma quando Parigi non avea un poeta teatrale più esperto di Hardy, Londra contava fra’ suoi commedianti il famoso Shakespear. Questo attore e autor tragico fiorì dopo la metà del secolo XVI, e non conobbe meglio de’ cinesi le regole della verisimiglianza. Chiuse, com’essi, in una rappresentazione di poche ore i fatti di trent’anni, e restò al di sotto dell’istesso Tespi per non aver saputo separar il tragico dal comico. Tuttavolta egli fu un ingegno pieno d’entusiasmo che lo solleva talvolta presso ad Euripide; e non senza ragione i suoi compatrioti affermano ch’egli abbonda di difetti innumerabili e di bellezze inimitabili. Brilla soprattutto nel colorir con forza ed evidenza i caratteri de’ grandi uomini inglesi e romani, vedendovi si a meraviglia marcati i loro temperamenti, difetti, e virtù . Il Macbeth, il Re Errico IV, Hamlet, e ’l Mercante di Venezia passano per le più belle tragedie di Shakespear. Abbiamo osservato nel teatro italiano l’esattezza, e lo studio che posero tanti letterati per far risorgere la greca poesia drammatica, per gli cui sforzi furono imitati, ed esposti all’ammirazione universale i più gran tratti maestrevoli dell’antichità. Osseviamo in Shakespear la mancanza dell’erudizione supplita dall’ingegno che lo menava a rifletter sull’uomo, ed a studiar i movimenti del proprio cuore, e a dipinger dal vero le passioni. Egli non conobbe l’arte, e ritrasse vigorosamente la natura. Che tragico incomparabile risulterebbe dall’uno e dall’altro studio! Fin d’allora cominciò ad allignare in Inghilterra un gusto più attivo, più energico che altrove, il quale ama a vedere più che a pensare, una propensione al grande, al terribile, al tetro, al malinconico più che agli amori, una vivacità in somma, una robustezza, un amor del complicato più che del semplice. Shakespear scrisse ancor commedie, e gl’inglesi non si stancano di veder il di lui Cavalier Falstaff, e le Commari di Windsor. Egli soleva usare in un medesimo componimento il verso e la prosa. Morì d’anni 55 nel 1616, e per onorarne la memoria, gli fu eretto un magnifico monumento nell’abadia di Westminster. Giovanni Fletcher di lui contemporaneo contribuì ancora agli avanzamenti del teatro brittannico, e tra le sue favole passa per eccellente quella che intitolò Il Re non Re.

Alemagna

I giuochi del carnevale continuarono a rappresentarsi in Alemagna per tutto il secolo XVI, non ostante che altre farse intitolate giuochi piacevoli, giuochi buffoni ec., ed alcune altre col titolo di commedie, tragedie, e comico-tragedie vi comparissero in numero prodigioso. Il solo Hanns Sachs, o Giovanni Sax, calzolaio di Norimberga, compose sessantacinque giuochi di carnevale dal 1518 fino al 1553, settantasei comedie, e cinquantanove tragedie, quali cose si racchiudono in cinque grossi volumi in foglio. Il suo nome é passato in proverbio nell’Alemagna, dove per dinotare un attivo e secondo poeta, suol dirsi, é un Hanns Sachs. Non pertanto, secondo, che osserva il compilatore del teatro alemano pubblicato in Parigi nel 1772, in mezzo a tante goffaggini e bassezze che sovrabbondano nelle di lui opere, qualche volta si trovano alcune piacevolezze e pensieri che sorprendono. Egli seppe valersi, non si sa per qual modo, d’un gran numero d’argomenti tratti dagli autori greci e latini, ch’egli non potea leggere, non essendosi allora tradotti ancora nell’idioma tedesco. Successe a questo Sachs Giacomo Ayrer, notaio, e procuratore di Norimberga, che pubblicò sino al secolo XVII trentasei giuochi di carnevale. Oltracciò compose moltissimi drammi chiamati cantanti, de’ quali se ne sono conservati nove. Il signor Gottsched chiama questi drammi precursori dell’opera italiana, per non aver saputo quante feste, serenate, ed altre cose cantate ne’ teatri hanno preceduto almeno d’un secolo e mezzo ai drammi cantanti alemani.

Non é credibile l’immensa quantità di drammi, appellati commedie e commedie-tragedie, usciti in questo periodo in Germania. Essi sono ancor più stravaganti e bizzarri, che numerali. Una commedia intitolata Gesù Vero Messia: un’altra che s’intitola il Novello Asino Tedesco di Balaam: un Postiglione Calvinista: un Cavalier Cristiano d’Eisleben, graziosa commedia spirituale in cui si trova l’istoria di Lutero, e de i di lui più gran nemici il Papa e Calvino. Con simili produzioni teatrali si faceano colà la guerra i luterani e i cattolici, benché quelli più tardi si avvisarono di metter sulla scena le dispute teologiche, avendo incominciato a farlo nel secolo seguente colla Graziosa Commedia della vera, antica chiesa cattolica e apostolica ec. i cui personaggi sono Coridone, Menalca, Melibeo Anabattista, Tefila sua moglie, Lutero, Brenzio, Zuinglio, Carlostad, Francesco monaco, Brigida religiosa, Satana, il Papa Pio IV, il cardinal Campegio, Ozio vescovo, Gesù-Cristo, San Paolo, San Pietro.

Ancor quando non vennero animati dallo spirito di partito gli alemani di quel tempo presero gli argomenti dalla religione e dalla sacra scrittura. Nella biblioteca di Gesnero si fa menzione del Protoplaste e della Nomothesia, comico tragedie, e del Sacrificio d’Isacco commedia, di Geronimo Zieglero professor di poetica in Ingolstad; della Giuditta e della Sapienza di Salomone comico-tragedie, e di Zorobabel, commedia di Sisto Betuleio; delle commedie di Giobbe di Adamario, di Rut di Drisearo, e di Giuseppe di Ditero. Non furono queste stravaganti come le precedenti, ma vi si trascurano, come in tutte, le regole della verisimiglianza. Antonio Scoro d’Hoochstraton compose anche una comedia rappresentata da’ suoi scolari in Heidelberg, nella quale si personificava la religione che andava mendicando alloggio fra’ grandi, ed era esclusa, e che poi ricorreva, a’ plebei, ed era riacettata. L’imperadore se ne sdegnò, parendogli cosa di mal esempio, e comandò che l’autore ne fosse gastigato, ma egli ebbe tempo di fuggir via; e nel 1552 morì in Lausana170.

Il componimento che in questo secolo merita più attenzione per una certa regolarità ed eleganza, si é la Casta Susanna, dramma spirituale in cinque atti composto da Paolo Rebhun, curato d’Oelsnitz, impresso in Ziwckau nel 1536 e reimpresso nel 1544. Lo sceneggiamento n’é sopra tutti quelli di quel tempo ben connesso, e vi si osserva scrupulosamente le quantità delle sillabe in tutti i differenti metri che l’autore volle adoperare in ciascuna scena.

Si trovano ancora in tal periodo tre traduzioni dallo spagnuolo, dal latino, e dal greco. La prima s’intitola gli Amori di Melibeo e del Cavalier Calisto, tragedia in diciannove atti, fatta dal dottor Sigismondo Grimm, impressa in Augsbourg nel 1520, Celestina é il titolo originale di questa novella in dialoghi, che si é presa per rappresentazione teatrale: la seconda é l’Aulularia di Plauto, impressa in Magdeburg nel 1535; e la terza é l’Ifigenia in Aulide d’Euripide, impressa nel 1584, alla quale il traduttore ha voluto dare il nome di comoedio-tragoedia.