Capo II.
La Poesia Drammatica a imitazione degli antichi rinasce
in Italia nel Secolo XIV.
L’amor delle scienze e la delicatezza del gusto, nobili frutti de’ governi moderati, producono i veri poeti. A misura che questi si elevano, la lingua si sublima e perfeziona, e conscia delle proprie forze va in traccia di nuovi oggetti per esercitarle. Ebbe appena Dante in Italia (come fece Omero in grecia ed Ennio nel Lazio) innalzata e arricchita la lingua italiana moderna, che si adoperò nella Poesia Drammatica. Il celebre Storico Padovano Albertino Mussato, nato all’anno 1261 come prova l’abate Tiraboschi, e morto nel 1330, ci fa sapere che nel 1300 già comunemente si scriveano nell’Italia in versi volgari le imprese de’ re, e si cantavano ne’ teatri123. Erano dunque già comuni in Italia i divertimenti teatrali nel 1300, cioé prima del 1304 quando nella Toscana, e propriamente nel borgo San Priano si fece la rappresentazione sacra teatrale, di cui parlano Giovanni Villani e l’Ammirato nelle loro storie, il Vasari nella vita di Buffalmacco, il Cionacci nelle osservazioni sopra le rime sacre di Lorenzo de’ Medici, e ’l Crescimbeni nella storia della poesia, il quale però stimola d’argomento profano124.
Crebbero poi fra noi con tutta prestezza gli studi scenici, e vi si coltivarono giusta la forma regolare degli antichi da quelli stessi gran letterati, a’ quali dee l’Europa il rinascimento del gusto della lingua latina e dell’erudizione, al dotto Muffato, dico, e al non mai pienamente lodato Petrarca. Il primo ci lasciò due tragedie latine, fatte a imitazione di quelle di Seneca, una intitolata Eccerinis dal famoso Ezzelino da Romano, tiranno di Padova, che ne é l’argomento, l’altra Achilleis da Achille. Il secondo quasi fanciullo125, compose una commedia intitolata la Filologia, la quale volle involare agli occhi de’ posteri126. Troviamo ancora nell’opere del Petrarca fatta onorata menzione di un celebre attore de’ suoi giorni, sommante erudito, nominato Tommaso Bambasio da Ferrara, della cui amistà si gloriava questo principe de’ nostri lirici, come il principe degli oratori latini di quella di Roscio, a cui lo comparava per la dottrina e per l’eccellenza nel rappresentare127. Pier Paolo Vergerio il vecchio, nato circa il 1349, come prova il Tiraboschi128, scrisse in età ancor giovanile una commedia intitolata Paulus, Comoedia ad juvenum mores corrigendos, la quale conservasi in un codice a penna nell’Ambrosiana di Milano129.
Al di là dalle Alpi i soli provenzali scriveano in tal periodo componimenti, che rassomigliavano ai teatrali, ma lontani assai dall’imitar gli antichi., Non trovavasi tra’ provenzali né un Mussato, né un Petrarca, né un Vergerio. Essi ignoravano, dice M. De Fontenelle, che nel Mondo eranvi una volta stati greci e latini. Le loro composizioni chiamate drammatiche, nude d’azione, eran piuttosto dialoghi che drammi130. Il trovatore Luca de Grimaud, il quale per altro era genovese, satireggiò ne’ suoi drammi o dialoghi provenzali il pontefice Bonifacio VIII. Batista Parasols Limosino, morto nel 1383, scrisse cinque tragedie contro Giovanna I contessa di Provenza e regina di Napoli ancor vivente.
Si approssimava il secolo verso il fine, correndo l’anno 1380, allorché tra’ francesi cominciò il canto reale. Esso consisteva in versi in lode della vergine e de’ santi, cantati a competenza da’ vari branchi di pellegrini venuti da’ santuari131. Da principio fermavansi a cantar nelle piazze, facendo come uno steccato co’ loro bordoni, e appresso montarono su di un rustico palco in una casa fissa comprata espressamente da alcuni cittadini per trar profitto della folla che concorreva a quello nuovo e devoto divertimento.
Nulla di tali cose troviamo ancora nelle Spagne. Tra gli aragonesi s’incontrano solo poeti e giullari. Nel 1328 celebrandosi le feste per la coronazione del re d’Aragona, i giuliari Ramaset e Novellet cantarono molti versi composti dall’infante Don Pietro, fratello del re.
Si trovano bensì rappresentazioni sacre in Alemagna. Varie cronache rapportate dal Menkenio nel tomo II e III degli scrittori delle cose germaniche riferiscono, che Federico Margravio di Misnia e Langravio di Turingia assistette a una rappresentazione delle dieci vergini mentovate nel vangelo, fatta pubblicamente da’ preti della città d’Eisenach nel 1322, quindici giorni dopo Pasqua.
Anche in questo secolo troviamo i misteri rappresentati dagli ecclesiastici e scolari in Inghilterra; anzi essi talmente se ne credevano i propri e legittimi attori, che non soffrivano che altri se ne ingerisse. Gli studenti di San Paolo nel 1378 presentarono una supplica a Riccardo II affinché si degnasse proibire a certi ignoranti di rappresentar le storie del Vecchio Testamento in pregiudizio del clero132.