Arrighi Giovanni. Nacque nell’agosto del 1846 in Livorno da Francesco Arrighi e Assunta Romiti. I suoi maggiori, di cui l’ultimo il padre, furon tutti gente di mare e povera gente, che da barcajuoli saliron poi al mestiere più proficuo di navicellai o scaricatori. Giovanni visse fino ai 16 anni in mezzo alle tradizioni marinaresche ed ebbe un fratello maggiore che potè illustrare il nome degli Arrighi con azioni eroiche, riconosciute da compensi sovrani, dal 1866 al’70, sempre sul mare. Segretario della Società democratica livornese sotto la presidenza di F. D. Guerrazzi, che assai lo amava, fece la campagna del’66 insieme a’suoi compagni con Garibaldi. Il giorno 16 luglio, a Condino, pare trovasse il modo di distinguersi per l’umor gaio e giocondo, che mostrò davanti al fuoco austriaco. Tornato in patria, e mortogli il padre, intento alla ricerca d’un impiego che gli desse da vivere, con il suffragio delle sole quattro classi elementari, sognò di diventare un artista drammatico, e cominciò coll’entrare in una società di dilettanti che recitavano in un buco di teatrino improvvisato, posto in un solaio ; passò poi in altra società meno peggio, sostenendo le parti di primo attor giovine, fino a che, incoraggiato dagli applausi e dai consigli de’concittadini, esordì alle Logge di Firenze con Adelaide Ristori nel’70, in qualità di secondo amoroso. Terminato il carnevale del’70, e formatasi in Firenze una nuova compagnia sociale fra gli artisti Giorgio Kodermann, Giustino Pesaro e Argia Santecchi, egli vi fu scritturato per tutto l’anno comico’71-’72. A quell’epoca, in quaresima, Valentino Carrera diede la Quaderna di Nanni, in cui Arrighi ottenne un clamoroso successo, creando la parte di Oreste, l’indimenticabile venditor di giornali. Passò poi nelle Compagnie di G. Peracchi, di Alessandro Salvini, di Ettore Dondini e Giovanni Contini come primo attor giovine. Fatta poi società con Achille Dondini, all’intento più specialmente di dar libero sfogo alla sua viva passione dell’arte, si buttò a capo fitto nel gran repertorio, facendo una sua particolar fatica dell’Amleto. Nè i soli concittadini gli furon larghi d’encomio ; chè recatosi al Quirino di Roma e alla Canobbiana di Milano, vi ebbe dal pubblico e dalla stampa il migliore incoraggiamento. Staccatosi poi dal Dondini, entrò nella Compagnia Virginia Marini e Giovanni Emanuel con la Reiter e Zacconi, in qualità di generico primario e primo attore di spalla. Fu con questa a Madrid e a Barcellona, ove rappresentò ne’Rantzau la parte del primo attore Gianni (l’Emanuel aveva scelto quella del vecchio Fiorenzo) ; e tanto egregiamente vi riuscì, che al domani, la stampa tutta si credè in dovere di unire a’nomi di Emanuel e di Zacconi, anche quello dell’Arrighi. Quindi passò direttore e attor da parrucca in Compagnia di Lorenzo Calamai, ove stette quattro anni, che furon gli ultimi della sua vita nomade di artista.
Ora è a Milano, ove s’è dato accanitamente allo scrivere, mescolando le commedie, i monologhi, le novelle, i bozzetti, a’romanzoni e drammoni popolari, co’quali ha preso una non comune famigliarità, e ne’quali riesce più specialmente per la vivezza dell’interesse e per la forza del sentimento.
D’ingegno pronto, d’indole mite, di rara modestia, sa farsi voler bene da quanti lo conoscono e come uomo e come artista.