Arisi Francesco. Figlio di un corriere della città di Modena. Appassionato per l’arte comica, cominciò a recitare con plauso in Compagnie di poco valore, sostenendo la parte di primo innamorato, finchè la sorte non lo condusse in quella ben nota di Francesco Paganini, ove potè far apprezzare maggiormente le sue ottime qualità artistiche. L’Arisi fu valentissimo non solo nelle commedie scritte, ma in quelle anche improvvise.
Ecco il sonetto che un virtuoso (sic) gl’indirizzò a Bologna, il carnevale del 1778, riportato ad onor suo dal citato Bartoli.
Rammenti il Tebro i Rosci suoi, rammentila Senna i suoi Baron, nè l’Anglo austerotaccia de’ suoi Garrik, genj e portenti,ch’ebber su i cori e su le scene impero.Felsina, al Tebro, e a Senna non consenti,ed al Tamigi sprezzatore alteronon invidj il piacer degli eccellentiattor, che tanto insuperbir li fero.Su le tue scene Arrisi oggi rinnovai prodigi che un di l’attica scenavide ; e i cor penetrando agita, e scuote.Vedi al suo orror impallidire a provail ben (bel ?) femmineo sesso, e a la sua penaturbar la fronte, e inumidir le gote.
Sposò l’Anagilda Fortunati, figlia dell’Arlecchino più conosciuto col soprannome di Toto, la quale, a detta del Bartoli, diventò coll’assistenza del marito una commediante di buon nome. La troviamo insieme con lui, terza nell’elenco della Compagnia Paganini, poi prima donna a soggetto in quella di Giuseppe Pellandi nel 1797-98, poi madre nobile in quella di Morrocchesi nel 1802, nella quale il marito era caratterista.