Albergati Ercole, detto Zafarano, bolognese, e al servizio del Marchese di Mantova, fu molto pregiato come inventore e costruttore di meccanismi scenici, e fu nel 1487 « adoperato da Giovanni Bentivoglio nelle feste per le nozze del figliuol suo Annibale con Lucrezia d’Este, a costruire archi e trionfi, etc. etc. » Ludovico Gonzaga, vescovo eletto di Mantova, zio del Marchese, e quanto lui appassionatissimo pel teatro, desiderando nel 1488 celebrare il Corpus Domini con una rappresentazione, si rivolgeva il 28 maggio a Cristoforo Arrivabene per avere Zaffarano, il quale, anche se non voleva lui « fare demonstratione sive representation veruna nel corpo di Christo, doveva almeno rinvenire ale, cavigliare, barbe, diademe et lo ferro che tene Christo in alto, più le parole, qual dicono li angeli et propheti et si pur non potesse servirne delle robe, saltem ne favorisca delle parole ; » e in una prima festa drammatica data nel 1501, nel suo reggimento di Gazzuolo, si valse dell’Albergati per gli addobbi teatrali. Nell’aprile del 1500, lo troviam di nuovo a Bologna presso il Bentivoglio, il quale scriveva che « la sua fama si fa immortale per tutta Italia. »
Forse l’Albergati recitò la prima volta nell’Orfeo del Poliziano
l’anno 1490, nel palazzo del Marchese Francesco in Marmirolo (A. D’Ancona, op. cit.). « Girolamo Stanga — dice il Bertolotti (Musici alla Corte dei Gonzaga in Mantova dal secolo XV al
XVIII — Milano, Ricordi s. a.) — sul finire di ottobre 1490, scriveva
al Marchese Francesco le difficoltà per la ripetizione a Marmirolo dell’ Orfeo,
accennando Filippo Lapacino e Zafrano, che dovevano prendervi parte,
oltre al Citaredo Atalante che si attendeva da Firenze. » E più giù :
« Sotto il soprannome di Zafarano s’intende Ercole Albergati
bolognese, che da oltre l’anno 1484 era già presso i Gonzaga e nel 1495 il Marchese
gli donava terreni nel vicariato di Borgoforte, dono accresciutogli nel
1498. »
Nè egli solo era al servizio del Marchese di Mantova, ma tutta la
famiglia sua, che prendeva parte con lui alle rappresentazioni, come si rileva da un
passo della lettera che Johannes De Gonzaga (sic) scrive il
25 gennaio 1495 a Isabella d’Este, sorella di Alfonso I e moglie di F. Gonzaga, illustrissima et eccellentissima Madonna sua patrona osservandissima,
per darle ragguaglio di una rappresentazione allegorica di Serafino dell’Aquila, nella
quale prese parte egli stesso, cantando alcune terzine, assai lascivamente
vestito, como a la Voluttà si convene, con il Leuto in brazzo. Ma ecco il
passo :
Cussì finita questa Representazione (che, considerata la brevità del tempo, fu assai bella) Zafarano nostro introe in sala, con un’altra Representazione, per lui e di sua famiglia composta tutta, perchè nel triunfale curro de la Pudicicia aveva quattro figlioli, due maschi e due femine, essendo la sua figliola maggiore ne la summità del curro collocata, tra due unicorni. Qual, condutta a la presenzia de li convivanti, recitoe alcuni versi latini, con bona audagia, gran modestia et ottima pronunzia, subjungendo, poi, alcune rime vulgare, tutte in laude etc. etc. (F. Torraca, Il Teatro Italiano dei secoli XIII, XIV e XV. Firenze, Sansoni, 1885).