NOTE DEL FU D. CARLO VESPASIANO.
Nota I.
Tutto ciò che contiene questa scena di Augusto e di Cinna trovasi presso Seneca il filosofo lib. I de Clementia cap. 9.
Nota II.
Il gran Condè nell’età di venti anni trovandosi alla prima rappresentazione del Cinna, versò lagrime a queste parole di Augusto, Je suis maître de moi ecc. Il sig. di Voltaire che racconta questo fatto, soggiugne: c’étaient-là des larmes de héros. Le grand Corneille faisant pleurer le grand Condé d’admiration, est une époque bien celebre dans l’histoire de l’esprit humain.
Nota III.
Oltre a quanto dicesi dal Conte Pietro di Calepio nel Paragone della Poesia Tragica d’Italia con quella di Francia, ed al Marchese Maffei nel tomo I delle Osservazioni letterarie sulle moltissime locuzioni ricercate, strane, e difettose usate da Corneille e da altri Tragici Francesi, i nazionali stessi hanno confessato che l’arguzia è stata sempre il gusto dominante e ’l tentator tenebroso della nazione Francese. La resurrection des Lettres & des Arts (afferma Mons. di Fénélon) a commencé en Italie, & a passé en France fort tard. La mauvaise subtilité du bel esprit en a retardê le progrés. Un altro dotto autor Francese anche diceva: Sous le regne de Louis XIII, & dans le commencement de celui de Louis XIV le goût des pointes étoit dominant. On prodiguoit l’esprit, on le deplaçoit, on le rendoit ridicule. Corneille a trop payé le tribut à ce goût; Quinault en est infecté. Giambattista Rousseau scrivea a M. Brossette: Corneille a bien fait pis; au lieu d’exprimer dans ses amans le caractère de l’amour, il n’a exprimé que son propre caractère, & n’en a fait le plus souvent que des avocats pour & contre, des sophistes, & quelque fois même des theologiens. Può vedersi anche il giudizio portato da uno scrittore Inglese sulla maggior parte delle tragedie di Pietro Corneille nel Giornale di M. Freron nel mese di giugno 1769.
Nota IV.
Egli è troppo vero ciò che quì si dice. Nella sceltezza dell’elocuzione e nel grazioso verseggiare consiste quella bellezza che imbalsama e rende immortali i componimenti teatrali. Ce qui me distingue de Pradon, dicea Racine, c’est que je sai écrire. Ed il Sig. di Voltaire giudice competente in tal materia e nella patria lingua e versificazione, afferma: C’est la diction seule qui abaisse M. de Campistron au dessous de M. Racine . . . Il n’y a que la Poësie de style qui fasse la perfection des ouvrages en vers.
Nota V.
Ecco i versi:
Pour mérite premier, pour vertu singuliereIl excelle à trainer un char dans la carriere,A disputer des prix indignes de ses mains,A se donner lui-même en spectacle aux Romains.
Nota VI.
Moliere, secondo che riferisce M. d’Arnaud, avea trovato un di quegli uomini originali, i cui tratti sono caricati; si attaccò a quest’uomo, si pose con lui in carrozzino, l’ accompagnò sino a Lione, e non l’abbandonò, finchè non l’ebbe studiato in tutte le gradazioni di ridicolo che componevano questo personaggio.
Nota VII.
Il ne faut point (ottimamente il Sig. di Voltaire) qu’un personnage de comêdie songe à être spirituel; il faut qu’ il soit plaisant malgré lui & sans croire l’être. C’est la difference qui doit être entre la comedie & le simple dialogue.
Nota VIII.
Quando si rappresentò per la prima volta la commedia del Malvagio, mi ricorda (scrive colla solita ingenuità l’eloquente filosofo GianGiacomo Rousseau) che non trovavasi che il principal personaggio corrispondesse al titolo. Cleonte non parve che un uomo ordinario; egli era, dicevasi, come tutta l’altra gente. Questo abbominevole scellerato, il cui carattere così ben espresso avrebbe dovuto far fremere sopra loro stessi tutti quelli, che hanno la disgrazia di rassomigliargli, parve un carattere affatto mancato; e le sue nere perfidie passarono per galanterie, imperciocchè tale che tenevasi per molto onesto uomo, vi si ritrovava tratto per tratto.
Nota IX.
Luigi Riccoboni è stato il Roscio Italiano de’ nostri tempi, amato estimato da Pier Jacopo Martelli, dal Marchese Maffei, dall’Ab. Conti, e da parecchi letterati Francesi che frequentavano la di lui casa. Egli scrisse della commedia e della tragedia con molta erudizione e giudizio. Sua moglie, la sig. Elena Balletti, soprannominata Flaminia, componea molto bene in italiano, intendeva il latino e qualche poco di greco, e sapea a fondo l’arte della poesia drammatica. Tralle altre opere compose alcune commedie, e una dissertazione sulla declamazione teatrale ch’ella egregiamente eseguiva. Mirabilissima in particolare riuscì la di lei azione sempre che rappresentò ne’ nostri teatri la parte di Merope nella tragedia del Maffei. Il compilatore delle opere dell’Ab. Conti in una nota chiama questa valorosa donna Elena Balletti, ma l’ab. Quadrio nel tomo III, parte II, lib. II, dist. 3, cap. 3, la chiama Agata Calderini. Convengono entrambi nel nome comico di Flaminia. Il nostro autore ha quì seguita l’opinione del Quadrio.
Nota X.
Il Gulistan del poeta Saadi che vivea al tempo del Petrarca, fu tradotto nel secolo scorso in tedesco da Oleario e in latino da Genzio.