CAPO V.
Letteratura e Commedia Turca.
Declinando dal settentrione e dando uno sguardo a Costantinopoli ad oggetto di lasciar tutto l’ultimo tomo a’ teatri dell’Italia e delle Spagne, termineremo questo libro con un saggio de’ progressi della coltura della Turchia e della commedia che vi si rappresenta.
Un pregiudizio volgare va impiccolendo in noi l’idea della coltura delle nazioni a proporzione della loro lontananza. Ciò che non ci rassomiglia sembraci indegno della nostra stima e incapace di buon senso e di gusto. Questo pregiudizio rinfacciato da Saint-Evremond e da Montesquieu alla nazione Francese trovasi abbarbicato presso tutte le altre ancora senza eccettuarne la Greca e la Romana; e soltanto alcuni pochi osservatori a forza di riflettere e di comparare ne vanno esenti.
Generalmente i Turchi, mal grado della loro comunicazione con alcune corti Europee, che potrebbero darne più giusta idea, sono stimati barbari e rozzi. La storia però ci fa vedere che non sia sì grande la loro rozzezza e barbarie. Questa nazione guerriera che da più di 330 anni occupa il trono imperiale di Costantino, ebbe molti principi illustri ed abili nella pace e nella guerra. Orcano stabilì varj collegj per comodo della gioventù. Amurat I creò e disciplinò la temuta milizia de’ Giannizzeri. Amurat II si segnalò come guerriero e come monarca contro de’ Greci e degli Ungheri: conchiuse una tregua col re di Polonia ch’egli osservò, e che i Cristiani violarono ad onta de’ giuramenti: ed ebbe il cuore sì nobile e superiore al trono, che l’abdicò in favore del figliuolo, nè ripigliò lo scettro se non per assicurarglielo colla disfatta che diede a Ladislao in Bulgaria, e per rinunziarlo la seconda volta. Il di lui figliuolo Maometto II sempre dipinto con nerissimi colori mostrò senza dubbio molta moderazione in permettere che il padre ripigliasse l’impero, e dee contarsi tra’ più grandi conquistatori, e tra’ principi magnanimi e prudenti. Egli possedeva varie lingue, amava le arti e la musica, e coltivava l’astronomia. Compiacevasi anche della pittura, e Gentile Belino pittore Veneziano per alcun tempo dimorò nella sua corte, e se ne tornò carico di doni75. Soprattutto si dilettava della storia, e singolarmente di quella di Augusto e degli altri Cesari, e di Alessandro, di Costantino e di Teodosio che aveano regnato ne’ paesi a lui soggetti, e ne fece fare le traduzioni in lingua Turca76. All’amore della storia debbesi la beneficenza usata da questo principe con uno storico Italiano. Giammaria Angiolello Vicentino compose in lingua italiana e nella turca la storia delle di lui gesta, gliela dedicò, e ne fu largamente rimunerato. Dopo di lui altri principi Ottomani si segnalarono in guerra senza trascurare le arti di pace. Selim I formidabile a’ nemici coltivava in pace felicemente la poesia turchesca. Solimano di lui figliuolo ancor più poderoso e gran conquistatore e legislatore si formò sulla storia che studiava, e soprattutto su i Comentarj di Cesare che fe tradurre in lingua turca. La milizia turca nel secolo XVI era la più disciplinata di tutta l’ Europa. Non si va così in alto senza cognizioni e coltura. É un errore volgare che i Turchi abborriscono d’ogni maniera le lettere e le scienze. Essi studiano l’Arabo e ’l Persiano, come noi il Greco ed il Latino. Quei che attendono alle cose della religione e alla giurisprudenza, studiano i comenti dell’Alcorano, i decreti de’ Gran-Signori, e i Fetfà de’ Mufti, come noi ci occupiamo sulla Bibbia, su i santi Padri e sulle costituzioni de’ nostri legislatori. Sin dal XVI secolo abbondavano ne’ paesi della Turchia Asiatica ed Europea le biblioteche. L’ Olandese Golio ne’ suoi viaggi in Aleppo, nell’Arabia, nella Mesopotamia e in Costantinopoli, trovò molti Turchi cortesi e illuminati, i quali gli permisero di osservare i codici delle loro librerie77. In tutte le moschee considerabili si trovano collegj dove s’insegna a leggere, scrivere e spiegar l’Alcorano, ed anche l’aritmetica, l’astronomia e la poesia, la quale conserva l’indole orientale ripiena d’immagini forti e di metafore ardite. Si trova fra’ Turchi alcun poeta che passa per eccellente. Saadi autore del Gulistan, ovvero dell’imperio delle rose, fin dal secolo XIV è passato in quelle regioni pel principe de’ poeti Turchi e Persiani (Nota X). Ibraim Gran Visir e genero dell’imperadore Acmet III, è stato un poeta che ne’ versi fatti per la sultana che poi fu sua moglie, ha mostrato d’ intendere e sapere esprimere le delicatezze dell’ amore78.
Alle riferite cose da noi scritte sin dal 1777 nella Storia de’ Teatri in un volume giova aggiugnere alcuna notizia più recente sulla fede dell’ab. Giambatista Toderini Veneziano che ha dimorato cinque anni in Costantinopoli, ed ha scritto tre volumi sulla Letteratura Turchesca impressi nel 1787. Egli dimostra che i Turchi hanno libri di rettorica, logica, aritmetica, geometria, algebra, chimica, metafisica Musulmana, medicina, storia naturale, come altresì globi terrestri, quadranti, ottanti, astrolabj, sfere, telescopj, tavole per la trigonometria. Nevi Efendi è un autore turchesco che ha insegnata la fisica come mezzo per giugnere alla cognizione divina, e Lari e Casmir filosofi nazionali l’hanno comentato. Sotto Mustafà III si è stabilita in Costantinopoli un’ accademia di marina chiamata Muhendis Khanè, cioè camera di geometria aperta verso il 1773. Il primo precettore in essa è stato Seit Hassan Choja Algerino perito nella nautica e nelle lingue araba, turca, inglese, francese e italiana, al quale è succeduto Seit Osman Efendi nativo di Costantinopoli abile geometra, che vi gode una pensione di quaranta piastre al mese, oltre a tutto il mantenimento necessario in casa.
Per ciò che propriamente appartiene alla nostra storia teatrale, osserviamo che lo spirito imitatore fecondo da per tutto ha prodotto fra’ Turchi ancora uno spettacolo scenico. Ma la drammatica di questi moderni signori della Grecia troppo è lontana da quella del tempo di Socrate. Differiscono tanto le moderne favole sceniche di Costantinopoli dalle antiche, quanto da Atene il borgo di Setina. Ecco un argomento di una commedia turchesca rappresentata in casa di un ambasciadore di Moscovia79. Un padre parte da Costantinopoli per Aleppo, e raccomanda a un suo figliuolo una schiava Giorgiana di cui egli è innamorato. Nell’assenza del padre se ne invaghisce anche il figliuolo, manifesta la sua passione, ed è ascoltato e corrisposto. Temono gli amanti del ritorno del padre, e pensano a fuggirsi ad Andrinopoli. Sono prevenuti dal di lui arrivo. Una somma tristezza s’impossessa del giovane amante, e cade infermo. Tenero il padre indaga l’origine della sua malinconia, la trova, riflette, compatisce, si vince e cede al figliuolo la bella Giorgiana. L’azione è comica, interessante, capace di viluppo e di scioglimento popolare, dà luogo al maneggio della tenerezza, e nulla ha di romanzesco e stravagante, nè abbisogna del volgare soccorso di machine, magie e trasformazioni. Dura tre anni, cioè a dire incomparabilmente meno, non dico delle favole cinesi, ma delle alemanne, spagnuole e inglesi del passato secolo. Lo stile delle commedie turchesche è sommamente osceno; ma abbiamo osservato che non sono più decenti le commedie di Aristofane, le inglesi, alcune francesi di Hardi ecc., la Celestina, il dottor Carlino ecc. della Spagna, e la Calandra dell’Italia. I commedianti turchi non hanno teatro fisso, ma vanno come i Cinesi rappresentando nelle case ove son chiamati. Per un uditorio di uomini vi sono compagnie di uomini senza veruna donna nelle quali scelgono giovanetti di vago aspetto che rappresentino le parti di donne; e per un’ adunanza femminile vi sono compagnie composte di sole donne, alcune delle quali rappresentano da uomini.
Comuni sono ancora fra’ Turchi le rappresentanze de’ Pupi. In occasione di nozze si passa la giornata della cerimonia ballando, o vedendo rappresentare i pupi. Le notti di quaresima della luna di ramazan si spendono a mangiare, fumare, prender caffè e sorbetti, sonare e vedere le burlette de’ pupi al lume delle lampadi, di che può vedersi il Viaggio al Levante del Tournefort. Si compiacciono parimente i Turchi e i Persiani de’ pantomimi, ne’ quali riescono eccellentemente i Costantinopolitani.