CAPO I.
Stato del Teatro Francese prima della Medea di
Pietro Cornelio.
Lontana dall’arte di ritrarre al vivo e con leggiadria la natura, di rappresentar sagacemente la vita civile, di dar con delicatezza la caccia al vizio e al ridicolo, di toccar il punto vero del sublime e del grandioso, per non picciolo tratto del secolo XVII si mantenne in Francia la scena sul sistema delle favole di Hardy. Tragedie languide e basse, commedie grossolane e buffonesche, tragicommedie informi, oscene, stravaganti, comparivano in prodigiosa copia sino al 1640 su quel teatro che indi a poco dovea risonar de’ nomi illustri di Cornelio, Racine e Moliere.
Mairet, Rotrou, Ryer componevano favole poco vivaci e poco decenti. Il teatro inglese ove l’oscenità trionfa, non ha una scena peggiore di quella di Pamfilo e Nisa della Celiana di Rotrou, e la sua Crisanta rappresenta una deflorazione. Nella stessa Sofonisba Mairet incorse nella taccia di mettere alla vista le troppe dimestichezze degli amanti. Ryer compose una tragedia di Lucrezia senza avvertire a qual segno sia indecente sulle scene simile argomento.
Quanto alle regole sino al 1640 si disputava ancora se dovessero per sempre rigettarsi. Lo stesso Pietro Cornelio nel 1634 nella prefazione alla Vedova diceva di non volere nè totalmente seguirle, nè tutta usare la libertà del teatro francese. Un certo Durval nel 1636 le metteva affatto in ridicolo. Con tutto ciò Lope de Vega morto nel 1635, per aver egli calpestata ogni regola, mostrava di temer la censura non meno dell’Italia che della Francia, la quale nel di lui fiorire avea un teatro tanto sregolato quanto l’alemanno e ’l cinese, e di gran lunga inferiore a quel di Lope per invenzione e per ingegno e per vivacità.
Se vogliamo dunque risalir sino ai primi tentativi drammatici de’ Provenzali, il gusto e la ragione e l’esempio degli antichi e dell’Italia quasi per quattro secoli e mezzo lottarono contro la barbarie per discacciarla dalle scene francesi. Intanto uno scrittore di quelle contrade che volle anni sono filosofar a suo modo sulle nazioni, supponendo il teatro moderno, specialmente quello del suo paese, superiore all’antico, ne attribuisce l’ effetto alla libertà delle donne, e da questa fa discendere la gran varietà de’ caratteri. Passi la supposta totale superiorità del moderno sull’ antico; ma in Francia nella lunga riferita barbarie teatrale perchè nulla giovò la libertà donnesca? perchè non somministrò copia e varietà di caratteri? perchè poi un medesimo principio produsse in diversi paesi diversi effetti, facendo nascere in Italia un teatro ingegnoso e regolare, in Ispagna sregolato e vivace, in Francia basso, languido, stravagante ed osceno? Nè anche vero parmi che il libero conversar delle donne somministri copia di caratteri differenti. Gli uomini quanto più si associano, tanto più s’imitano e si rassomigliano ne’ costumi e nelle maniere.
Prima però che Cornelio si avvedesse delle proprie forze nel genere tragico, e che comprendesse quanto la regolarità contribuisca all’accrescimento dell’istruzione e del diletto col partorir l’illusione, il Trissino servì di modello a Mairet nel comporre la Sofonisba rispettando le tre unità1; ed il popolo nella rappresentanza seguitane nel 1629, ad onta de’ suoi difetti e della debolezza dello stile, ne senti il pregio e l’applaudì. Nè dopo che lo stesso Cornelio ebbe trattato quest’ argomento, il pubblico si dilettò meno della Sofonisba di Mairet2.
Il Venceslao di Rotrou venne appresso alla Sofonisba, e la sorpassò; anzi Voltaire ne comendò la prima scena e quasi tutto l’atto quarto. La sua Antigone vien censurata dagl’ intelligenti per non aver saputo l’autore condurre sino al fine il suo assunto senza indurre verso la metà dell’azione principale una peripezia di un’ altra azione differente. Tristano e Scudery si segnalarono ancora con qualche dramma bene accolto. Ma lo stile che solo sa preservare i componimenti dall’obblio, e il sublime tragico che eleva gli animi e concilia l’attenzione, attendevano un ingegno raro che si andava disviluppando.