(1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO VI. Storia drammatica del XVII secolo. — CAPO V. Tragedie Latine d’Oltramonti: Tragici Olandesi: Teatro Alemanno. » pp. 286-290
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(1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO VI. Storia drammatica del XVII secolo. — CAPO V. Tragedie Latine d’Oltramonti: Tragici Olandesi: Teatro Alemanno. » pp. 286-290

CAPO V.
Tragedie Latine d’Oltramonti: Tragici Olandesi: Teatro Alemanno.

Prima di accennar qual fosse lo stato degli spettacoli scenici del secolo XVII in Alemagna, si vuol notare qualche sacra tragedia latina di alcuni celebri letterati sparsa qua e la oltre le Alpi e i Pirenei. Giorgio Bucanano compose il Jefte ed il Batista impresse in Londra nell’officina Elzeviriana l’anno 1628, nelle quali sostenne i personaggi principali con molta dignità nel collegio di Guyenne il celebre Michele Montagna. Daniele Einsio pubblicò la tragedia degl’ Innocenti. Ugone Grozio cui si dee una dotta collezione di frammenti di antichi tragici, scrisse il Giuseppe, o Sofamponea, ed il Cristo paziente stampate nel 1648 in Amsterdam.

Quanto ai componimenti nel nativo idioma, benchè in Olanda altro non sia stata la commedia che una farsa grossolana piena di stranezze e scurrilità indecenti, pur si trova qualche tragedia da mentovarsi. Il Vondel si è distinto fra’ suoi per alcune tragedie al pari di Cornelio e di Shakespear, benchè a questi tanto inferiore. La lunghezza delle scene, le stravaganze e le irregolarità che vi si osservano, non lasciano risplendere abbastanza qualche pensiero nobile che in esse si rinviene. Il suo Palamede ebbe voga perchè la morte di questo Greco si applicava a quella di Olden-Barnevelt gran pensionario della repubblica. I Fratelli o i Gabaoniti riscosse maggiore applauso, e si tradusse anche in tedesco. Antonide-van-del. Does anche scrisse una tragedia della Conquista della Cina benchè di poco felice riuscita. Venghiamo al teatro Alemanno.

Comparve in Alemagna a quel tempo un ingegno elevato che sulle orme del Petrarca mostrò a’ suoi la buona poesia, e traducendo qualche dramma Greco, Latino e Italiano aprì il sentiero della vera drammatica colà sino al suo tempo sconosciuta. Fu questi Martino Opitz di Boberfeld nato nel 1597 e morto nel 1639. Mentre nel 1625 Pietro Cornelio produceva in Francia il suo primo componimento scenico, Opitz trasportò in tedesco le Troadi di Seneca. Tradusse poi nel 1627 la Dafne del Rinuccini, nel 1633 imitò un’ altr’opera italiana intitolata Giuditta 123, e nel 1636 tradusse l’Antigone di Sofocle corredandola di dotte note. Tutti questi componimenti scritti con eleganza superiore a quanto erasi colà prima di lui prodotto, bastarono ad additar la via, ma non a perfezionar la bell’ opera di fondarvi il vero gusto; e forse la morte che lo rapì di soli quarantadue anni del suo vivere, ne impedì il pieno trionfo.

Lo secondarono con debolezza alcuni scrittori, ma in vece di tener dietro alla luce permanente de’ buoni esemplari imitati da Opitz, corsero appresso a uno splendore efimero che gli abbacinò. Andrea Grifio corrotto dallo spirito secentista dal 1650 al 1665 pubblicò l’Arminio, Cardenio e Celinda, Caterina di Georgia, la Morte di Papiniano, e Carlo Stuardo tragedie; di più Santa Felicita tratta da una tragedia latina di Niccolò Causin, i Gabaoniti tradotta dalla mentovata tragedia olandese del Vondel, la Balia tradotta dalla commedia italiana di Girolamo Razzi, il Pastore stravagante tradotto da un’ altra francese di Giovanni De la Lande; e finalmente due sue commedie gli Assurdi Comici, e l’Uffiziale tagliacantone, e due opere Piasto e Majuma.

Daniele Gasparo di Lohenstein giunse all’eccesso del mal gusto imitando con maggior caricatura il Marini. Compose cinque tragedie, Epicari, ed Agrippina pubblicate nel 1665, Ibraim nel 1673, e Sofonisba, e Cleopatra nel 1682, le quali presentano di quando in quando qualche lampo d’ingegno in mezzo alle mostruosità.

Uno de’ più noti imitatori di Lohenstein fu Giovanni Hallemann, il quale dal 1660 al 1673 compose sei tragedie, Marianna, l’Amor celeste, il Teatro della fortuna, la Tenerezza paterna, la Vendetta divina, la Vendetta astuta, in oltre la Virtù trionfante commedia, l’Amore ingegnoso pastorale, e l’Innocenza moribonda opera. Ma Hallemann con pari gonfiezza, e co’ medesimi difetti del suo modello vide i proprj drammi più lungo tempo applauditi e rappresentati.

Per far argine alle ridevoli stravaganze de’ nominati scrittori, Cristiano Weisse rettore del collegio di Zittau precipitò nel basso e nel triviale. Le sue favole comiche e tragiche si rappresentarono da’ collegiali dal 1677 in poi. Tutto congiurava a tener lontano dall’Alemagna il buon gusto teatrale. Quindi avvenne che i commedianti per mendicare ascoltatori ricorsero ai Gran Drammi Politici ed Eroici tragedie grossolane condite dalle buffonerie di Han Wourst, che vuol dire Giovanni Bodino o Salciccia, e corrisponde all’arlecchino Italiano e al grazioso Spagnuolo.

Adunque con giusta ragione il coronato Filosofo di Sans-souci parlando dello stato delle arti del Brandeburgo al finir del passato secolo e al cominciar del presente ebbe a dire124: “Gli spettacoli Alemanni erano allora poco degni di esser veduti. Ciò che da noi chiamasi tragedia, è un misto mostruoso di gonfiezze insieme e di bassezze buffonesche, ignorando i nostri autori le più comunali regole del teatro. La commedia è ancor più deplorabile, altro non essendo che una farsa grossolana ristucchevole per chiunque abbia fior di gusto, di buon costume e di politezza. La regina Sofia Carlotta tratteneva in Berlino l’opera italiana, il cui compositore era il celebre Bononcini; e da quel tempo cominciammo a contare qualche buon musico nazionale. Erasi in corte introdotta una compagnia comica francese che rappresentava i componimenti di Moliere, di Cornelio” ecc.

Ed in fatti dopo la Dafne di Opitz, e l’Elena e Paride rappresentata in Dresda nel 1650 s’introdusse tra’ Tedeschi il gusto dell’opera, ed ogni principe dell’Imperio volle avere una sala d’opera musicale. Una se n’eresse anche in Amburgo. Pensarono poi a formarsi un’ opera nazionale; ma sia per debolezza di coloro che ciò tentarono, ovvero sia per l’indole dell’idioma, essi riuscirono così infelicemente, che atterriti dalle critiche tralasciarono di più comporre opere tedesche. Così l’opera italiana e la commedia francese furono i soli spettacoli ammessi nelle corti de’ principi Alemanni.