(1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IX « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. Tomo IX. LIBRO IX. Continuazione de’ Teatri Oltramontani del XVIII secolo. — CAPO IV. Letteratura e Commedia Turca. » pp. 47-55
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(1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IX « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. Tomo IX. LIBRO IX. Continuazione de’ Teatri Oltramontani del XVIII secolo. — CAPO IV. Letteratura e Commedia Turca. » pp. 47-55

CAPO IV.

Letteratura e Commedia Turca.

Declinando dal settentrione e dando uno sguardo a Costantinopoli (ad oggetto di lasciar le ultime pennellate di questa istoria al teatro Italiano) termineremo questo libro IX, dopo un breve saggio sul grado di coltura della Turchia Europea e della commedia che vi si rappresenta, con descrivere il teatro Spagnuolo degli ultimi tempi.

Un pregiudizio volgare va impicciolendo in noi l’idea della coltura delle nazioni a proporzione della loro lontananza. Ciò che non ci rassomiglia, sembraci indegno della nostra stima e incapace di buon senso e di gusto. Questo pregiudizio rinfacciato da Saint-Evremond e dal presidente di Montesquieu alla nazione francese, trovasi abbarbicato presso tutte le altre ancora senza eccettuarne la Greca e la Romana; e soltanto alcuni pochi osservatori, a forza di riflettere e di comparare, ne vanno esenti.

Generalmente i Turchi, malgrado della loro comunicazione con varie corti Europee, che potrebbero darne più giuste idee, si reputano barbari e rozzi totalmente. La storia ci dimostra non esser sì grande la loro rozzezza e barbarie. Questa nazione guerriera che da più di 340 anni occupa il trono imperiale di Costantino, ebbe molti principi illustri ed abili in pace ed in guerra. Orcano stabilì varii collegii per istruzione e comodo della gioventù. Amurat I creò e disciplinò la temuta milizia de’ Giannizzeri. Amurat II si segnalò come guerriero e come monarca contro de’ Greci e degli Ungheri; conchiuse una tregua col re di Polonia ch’egli osservò, e che i Cristiani violarono ad onta de’ giuramenti. Ebbe anche il cuore sì nobile e superiore al trono, che l’abdicò in favore del figliuolo, nè ripigliò lo scettro se non per assicurarglielo colla disfatta che diede a Ladislao in Bulgaria, e per rinunziarlo la seconda volta. Il di lui figliuolo Maometto II sempre dipinto con nerissimi colori mostrò senza dubbio molta moderazione in permettere che il padre ripigliasse l’impero, e dee contarsi tra’ grandi conquistatori e tra’ principi magnanimi e prudenti. Egli possedeva varie lingue, amava le arti e la musica, e coltivava l’astronomia. Compiacevasi della pittura, e Gentile Belino pittore veneziano per alcun tempo dimorò nella sua corte, e se ne tornò carico di doni a. Soprattutto si dilettava della storia, e singolarmente di quella di Augusto e degli altri Cesari e di Alessandro e di Costantino e di Teodosio, i quali aveano regnato ne’ paesi a lui soggetti, e ne fece fare le traduzioni in lingua turca a. Al l’amore della storia debbesi la beneficenza usata da questo principe con uno storico italiano. Giammaria Angiolello vicentino compose in lingua italiana e turca la storia delle di lui gesta, gliela dedicò, e ne fu largamente rimunerato. Dopo di lui altri principi Ottomani si segnalarono in guerra senza trascurar le arti di pace. Selim I formidabile a’ nemici coltivava in pace felicemente la poesia turchesca. Solimano di lui figliuolo ancor poderoso e gran conquistatore e legislatore si formò sulla storia che studiava, e soprattutto su i Comentarii di Cesare che fe tradurre in lingua turca. La milizia musulmana nel secolo XVI era la più disciplinata di tutta l’Europa. Non si vá così in alto senza cognizioni e coltura. È un errore volgare che i Turchi abborriscano di ogni maniera le lettere e le scienze. Essi studiano l’arabo idioma ed il latino. Quei che attendono alle cose della religione e alla giurisprudenza, studiano i comenti dell’Alcorano, i decreti de’ Gran-Signori, e i Fetfà de’ Muftì, come noi ci occupiamo sulla Sacra Bibbia, su i santi Padri e sulle costituzioni de’ nostri legislatori. Sin dal XVI secolo abbondavano nella Turchia Asiatica ed Europea le biblioteche. L’olandese Golio ne’ suoi viaggi in Aleppo, nell’Arabia, nella Mesopotamia ed in Costantinopoli, trovò molti Turchi cortesi e illuminati, i quali gli permisero di osservare i codici delle loro libreriea In tutte le moschee considerabili si trovano collegii, dove s’ensegna a leggere e scrivere e spiegar l’Alcorano, ed anche l’aritmetica e l’astronomia e la poesia, la quale conserva l’indole orientale ripiena d’immagini forti e di metafore ardite. Si trova fra Turchi alcun poeta che passa per eccellente. Saadi autore del Gulistan, ovvero dell’Imperio delle Rose, fin dal secolo XVI passava per quelle regioni pel principe de’ poeti Turchi e Persiani. Egli viveva a’ tempi di Francesco Petrarca, ed il suo poema si tradusse nel secolo XVII da Oleario in tedesco, e da Genzio in latino. Ibraim Gran Visir e genero dell’imperadore Acmet III, fu un poeta che ne’ versi fatti da lui per la sultana che poi gli divenne moglie, mostrò d’intendere e sapere esprimere con grazia le delicatezze dell’amorea.

A tutto ciò si aggiunga quanto riferimmo sin dal 1789 nel tomo V di questa istoria sulla fede dell’ab. Giambatista Toderini veneziano che dimorò cinque anni in Constantinopolia. Egli dimostra che i Turchi hanno libri di rettorica, logica, aritmetica, geometria, algebra, chimica, metafisica musulmana, medicina, storia naturale, e macchine per osservare e misurare, come telescopii, globi terrestri, quadranti, ottanti, astrolabii, sfere, e tavole per la trigonometria. Nevi Efendi è un autore turco che ha insegnata la fisica come mezzo per giugnere alla cognizione divina, e Lari e Casmir filosofi nazionali l’hanno commentato. Sotto Mustafà III si è stabilita in Costantinopoli un’ accademia di marina chiamata Muhendis Khanè, cioè camera di geometria aperta verso il 1773. Il primo precettore in essa è stato Seit Hassan Choja algerino perito nella nautica e nelle lingue araba, turca, inglese, francese, italiana, al quale succedette Seit Osman Efendi nativo di Costantinopoli abile geometra, che vi godeva una pensione di quaranta piastre al mese oltre a tutto il mantenimento necessario.

Per ciò che propriamente appartiene alla nostra storia teatrale, osserviamo che lo spirito imitatore, fecondo da per tutto, ha prodotto ancor fra Turchi uno spettacolo scenico. Ma la drammatica di questi moderni signori della Grecia troppo è lontana da quella del tempo di Socrate. Differiscono tanto le moderne favole sceniche, quanto da Atene il borgo di Setina.

Ecco un argomento di una commedia turchesca rappresentata in casa di un ambasciadore di Moscoviaa. Un padre parte da Costantinopoli per Aleppo, e raccomanda a un suo figliuolo una schiava Giorgiana, di cui egli è innamorato. Nell’assenza del padre se ne invaghisce anche il figliuolo, manifesta la sua passione, ed è ascoltato e corrisposto. Temono gli amanti del ritorno del padre, e pensano di fuggirsi ad Andrinopoli. Sono prevenuti dal di lui arrivo. Una somma tristezza s’impossessa del giovane amante, e cade infermo. Tenero il padre indaga l’origine della sua malinconia, la trova, riflette, compatisce, si vince e cede al figliuolo la bella Giorgiana. L’azione è comica, interessante, capace di viluppo e di scioglimento popolare, dà luogo al maneggio della tenerezza, e nulla ha di romanzesco e stravagante, nè abbisogna del volgar soccorso di macchine e di magie e trasformazioni. Dura tre anni, cioè a dire incomparabilmente meno, non dico delle favole cinesi, ma delle alemanne, spagnuole ed inglesi del secolo XVII. Lo stile delle commedie turchesche è sommamente osceno; ma abbiamo osservato che non sono più decenti le commedie di Aristofane, le inglesi, alcune francesi di Hardi, la Celestina dialogo drammatico spagnuolo, ed il dottor Carlino della medesima nazione, e la Calandra dell’Italia.

I commedianti turchi non hanno teatro fisso, ma vanno come i Cinesi rappresentando nelle case dove sono chiamati. Per un uditorio di uomini vi sono compagnie di uomini senza veruna donna, nelle quali scelgono giovanetti di vago aspetto che rappresentono le parti di donne; e per una adunanza femminile vi sono compagnie di sole donne, alcune delle quali rappresentano da uomini.

Comuni sono ancora fra Turchi le rappresentazioni de’ Pupi. In occasione di nozze si passa la giornata della cerimonia ballando, o vedendo rappresentare i Pupi. Le notti di quaresima della luna di ramazan si spendono a mangiare, fumare, prender caffè e sorbetti, sonare e vedere le burlette de’ Pupi al lume delle lampadi, di che può vedersi il Viaggio al Levante del Tournefort. Si compiacciono parimente i Turchi e i Persiani de’ pantomimi, ne’ quali riescono eccellentemente i Costantinopolitani.