CAPO VI.
Teatri Materiali.
Molti teatri si eressero in Italia nel secolo XVII da’ valorosi architetti ma i più considerabili furono quello di Parma, di San Giovanni Crisostomo in Venezia, di Fano, e di Tordinona in Roma.
Il teatro di Parma non fu opera del Palladio terminata dal Bernino come alcuno affermò nè si chiamava Giambatista Magnani l’architetto che vi fu impiegato, come leggesi nel trattatodel Teatro, e nelle Lettere sopra la Pittura dell’Algarotti, e nel Discorso premesso alle sue tragedie dal Bettinelli. Giambatista Aleotti di Argenta ingegnere illustre nell’architettura idraulica, nella civile e nella militare, il fe costruire d’ ordine del duca Ranucio I Farnese nel 1618. Si aprì secondo la prima costruzione nel 1619, dedicandosi a Bellona e alle Muse, come leggesi nell’iscrizione latina soprapposta al proscenio. Si ampliò poscia e si prolungò dal marchese Enzio Bentivoglio, e si rendè capace di tal numero di persone che nelle feste celebrate l’anno 1690 per le nozze di Odoardo Farnese con Dorodea Sofia di Neoburgo, vi si contarono quattordicimila spettatoria.
La figura di questo teatro è mistilinea congiungendosi a un semicerchio due rette laterali. La scena dal muro alla bocca del proscenio ha di lunghezze 125 piedi parigini e 93 di larghezza. La platea larga 48 ha una scalinata di quattordici scaglioni ed un gran palco ducale nel mezzo. Sopra di essa si alzano due magnifiche logge, l’una d’ordine dorico, l’altra d’ordine jonico, ciascuna con una scalinata di quattro sedili. Il nominato autore dell’opuscolo del Teatro osserva che la bocca del palco scenico eccessivamente angusta e molto lontana dalla scalinata nuoce al vedere, là dove si avrebbe potuto far più larga e più vicina agli spettatori e così parve anche a me allorchè vidi la prima volta quel gran teatro. I lati retti della platea congiunti alla strettezza della bocca del palco occultano a chi siede lateralmente buona parte della scena. Oltre a ciò si oppone al solito effetto della simmetria l’architettura dei due grandi ingressi laterali posti fra la scalinata ed il proscenio, essendo ornati di due ordini diversi dal rimanente. Ma la magnificenza, la vastità, l’artificio onde è costrutto, per cui, mal grado di tante centinature, colonne isolate, agetti e risalti, parlando ancor sottovoce da una parte si sente distintamente dall’altra tutto ciò farà sempre ammirar questo teatro come uno de’ più gloriosi monumenti dell’amor del grande e della protezione delle arti che mostrarono i principi Farnesi. Ed oggi singolarmente che i teatri trovansi tanto lontani dall’antica solidità e magnificenza, non è picciol vanto per l’Italia e per lo stato di Parma il potere additare un teatro tanto magnifico e poco lontano dalla maniera antica, specialmente agli stranieri avvezzi a’ loro teatri assai meschini. Non pertanto per la medesima vastità (per cui ha potuto un tempo servire per una specie di naumachia, come dimostrano le antlie e i sifoni, per li quali ascendeva l’acqua per inondare l’orchestra) esso non è più in uso, e solo rimane esposto alla curiosità de’ viaggiatori ed incresce il vedere che sin dal 1779 quando io lo vidi, mostrava talmente i danni del tempo e dell’abbandono che non senza qualche ritegno si montava sulla scena per osservarsi minutamente.
Celebra per le pompose rappresentazioni musicali che vi si eseguirono, è il teatro di San Giovanni Crisostomo di Venezia. Non fu il principe che fe costruirlo, ma alcuni nobili particolari che soggiacquero alla spesa. La costruzione fu nella nuova maniera con palchetti sostituiti modernamente alle antiche scalinate, cioè con più ordini di stanzini collocati a guisa di gabbie l’un sopra l’altro, i quali avendo l’uscita a’ corridoi, lasciano il passaggio alla voce per dissiparvisi, in vece di essere rimandata alla scena. Non può negarsi che tali stanzini diano alle brigate che vi si chiudono, comodo di conversare, prender rinfreschi e giocare. Ma se si riguarda al fine principale delle sceniche rappresentazioni, essi riescono a tutt’altro opportuni che a godere di uno spettacolo destinato a commuovere per dilettare. I palchetti del teatro nominato di Venezia non bastando al gran concorso che cresceva, ebbero indi un aumento di altri tre per ciascun ordine su i lati del proscenio. Gli altri teatri Veneti per lo più innalzati sopra rovine di antichi edifizii, appartengono parimente al secolo XVII, a riserba di quello di San Benedetto. Ma niuno di essi sembra degno di sì cospicua città, la quale può gloriarsi di aver prima di ogni altra avuti teatri costruiti a norma del compasso immortale de’ Palladii e de’ Sansovini.
Giacomo Torelli ed altri cinque cavalieri di Fano vollero supplire alla spesa di un teatro nella patria e su i disegni dello stesso Torelli verso il 1670 fecero costruire il bel teatro di quella città. Un arco accompagnato a due lunghe rette laterali terminate nel proscenio formano la figura mistilinea di tal teatro. La lunghezza è di 84 piedi parigini e la larghezza non giunge ai 50. Ha cinque ordini di palchetti alla moderna. Il proscenio per ogni lato ha due pilastri con una nicchia nel mezzo di essi colle figure di Pallade, e nel mezzo vi è scritto Theatrum Fortunae, Si osserva da chi ha veduto questo teatro che non è sottoposto al difetto comune quasi a tutti gli altri, che la voce si perda ne’ buchi de’ palchetti, perchè tutti convengono che vi si sente egregiamente ogni parola.
Roma non ha un teatro moderno corrispondente a sì famosa capitale. Niuno di
quelli che vi si veggono eretti, si avvicina alcun poco a quegli antichi
monumenti onde abbonda, e specialmente al teatro di Marcello. Quello di
Tordinona fu opera di Carlo Fontana, e la sua figura inclina alla circolare,
avendo nel maggior diametro piedi 52, e nel minore 48. Ila sei ordini di
palchetti
ma
(dice l’autore dell’opera del Teatro)
de’ comodi interni, e dell’abbellimento esteriore, non vi è
occasione di poterne fare neppure un cenno.
Molti altri teatri si eressero nel medesimo secolo e quasi ogni città n’ebbe uno qual più qual meno magnifico a proporzione, tutte volendo partecipare del piacere di uno spettacolo pomposo come l’opera in musica. Sono dunque da riferirsi a quel tempo il teatro di Urbino, in cui si ammirarono le invenzioni del Genga esaltate dal Serlio degli alberi fatti di finissima seta, prima che la prospettiva avesse insegnato in qualunque occorrenza a mostrare i rilievi a forza di ombre e di punti ben presi. Il teatro antico di Bologna era nella piazza, ma più non esiste era di forma quadrata diviso in gran palchettoni. Quello di Modena detto della Spelta, su opera del cavalier Vigarani distrutto nel 1767. Quello di Milano s’incendiò nel secolo XVIII innoltrato. Vi su un Teatro in Pavia. In Ferrara vi fu quello di Santo Stefano. Quello di Siena degl’Intronati si rifabbricò verso il 1670. Il teatro di Marco Contarini in Piazzuola nel Padovano fu di tal vastità che nel 1680 si videro in esso girar nella scena tirate da superbi destrieri sino a cinque carrozze e carri trionfali, e comparire cento Amazzoni e cento Mori a piedi e cinquanta a cavalloa:
Ed è questa la storia scenica Italiana del secolo XVII. Fioriscono ne’ primi lustri poeti tragici degni di mentovarsi al pari de’ precedenti, il Bracciolini, lo Stefonio, il Bonarelli, il Dottori, il Pallavicino, il Delfino, il Caraccio: si producono alla poesia pastorale drammatica componimenti da non arrossirne al confronto de’ primi in tal genere, la Filli, la Rosa, l’Armonia d’ Amore, la Gelopea, la Tancia: si contano tralle commedie ingegnose regolari e piacevoli quelle del Porta modelli della commedia d’intrigo, e degl’Intronati, del Malavolti, del Guarini, dell’Altani, dell’Isa, dello Stellati, del Gaetani, del Brignole Sale, del Bonarelli, del Maggi. Si attese poscia a spiegare tutte le pompe delle arti del disegno e della musica nell’opera ma vi si neglessero le vere bellezze, la regolarità e la sublimità della poesia, e si avvili coll’introduzione degli eunuchi, che, sebbene sin dal XVI secolo contraevano matrimonii nelle Spagne, non aveano per anche profanate le scene. Alterando al fine il sistema drammatico degli antichi si prese a tradurre ed imitar con furore il teatro spagnuolo, di cui si corressero alcuni difetti, si adottarono le stravaganze, e si perderono non poche bellezze. Nel Rosa, nel Bernini, nel Viviani, nell’Agli, nel Ridolfi, nel Dati si ebbero egregii attori accademici si mandò a Parigi il Fracanzano ed il Fiorillo o Scaramuccia da cui apprese Moliere, si costruì il gran teatro di Parma, e si sostituirono alle antiche scalinate i palchetti negli altri teatri di Fano, di Bologna, di Modena, di Roma, di Venezia.