(1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome III « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO SECONDO — CAPO PRIMO. Antichità Etrusche fondamento dell Romane. » pp. 4-14
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(1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome III « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO SECONDO — CAPO PRIMO. Antichità Etrusche fondamento dell Romane. » pp. 4-14

CAPO PRIMO.

Antichità Etrusche fondamento dell Romane.

Ogni riconoscenza ed applauso esigono dalla grata posterità le utili fatiche del Muratori, del Maffei, del Gori, del Guarnacci, del Passeri, dell’Accademia di Cortona ed anche del Dempstero, i quali sparsero da non gran tempo non picciola luce sulle antichità Etrusche. Essi le vendicarono in parte delle ingiurie del tempo che di tenebre le avvolse, e ci rapì ancora la Istoria degli Etruschi che no aveva in greco distesa in venti libri l’imperador Claudio. Meritava al certo le cure di sì valorosi antiquarii una nazione che aveva dominato in Italia prima de’ Romani e de’ Galli, che fiori prima della stessa Greciaa, è che colla lingua, co’ suoì riti ed arti ed usanze tanto contribuì al l’origine ed alla coltura dell’antica Roma.

Se voglia riguardarsi al suo dominio, l’Etruria di molto estendevasi oltre della Toscana presente; perciocchè i Tirreni secondo Polibiob, abitavano in tutte la terre poste tra l’Apennino e il mare Adriatico, e possedevano i Campi Flegrei che erano tra Capua e Nola. Capua stessa, anticamente chiamata Volturno, al dir di Livio, fu città Etruscac Lo stesso Istorico ci fa sapere che gli Etruschi possedettero la massima parte dell’Italia e colle colonie si sparsero ancora per le Alpi, e tennero il paese de’ Grisoni anticamente chiamato Rhaetia a

Se si attenda al grado di coltura a’ cui pervenne, essa inventò e sece ne’ dilatati suoi dominii fiorir tante arti di commodo e di lusso. Testimoni indubitati della perizia di tali popoli nell’architettura abbiamo non solo l’invenzione e il nome di un ordine diverso da quelli che ci tramandò la Grecia, ma le reliquie degli antichi edificii che in parte esistono ancora ne’ paesi Toscani. Sebbene dello stupendo capriccioso Labirinto di Porsena, monumento sepolcrale fabbricato nell’antichissima città di Chiusi, giunse all’età di Plinio soltanto la memoriab; pure non pochi altri antichi rottami ci rimangono che manifestano la loro esperienza nel costruire. Nel luogo selvoso, ove era Populonia una delle dodeci principali città dell’Etruria, appajono molte vestigia di sì famosa città, e specialmente una porzione di un grande ansiteatro, che si congettura essere stato tutto di marmi: tralla Torre di san Vincenzo ed il promontorio dove era la nomata Populonia, veggonsi le reliquie di un altro anfiteatro, presso al quale giaceva un gran pezzo di marmo con lettere Etrusche: di un altro osservansi i rottami èfralle antichità della città di Volterraa Tralle antiche fabbriche Etrusche tuttavia esistenti vogliono ricordarsi quelle che ammiransi nelle rovine dell’antica Posidonia o Pesto nel Regno di Napoli. Tali sono i rottami delle sue Mura formate di grandi pietre squadrate levigate e connesse all’usanza de’ Toscani imitati poscia da’ Romani. Tali i due Tempii, de’ quali il primo semplice, grave, solido contiene sei colonne, ed altrettante dalla parte opposta, e si allontana dalla maniera Dorica Greca e dall’ordine Toscano de’ tempi posteriori; ed il secondo più picciolo che dinota essere stato da’ Toscani eretto posteriormente, quando già essi appreso aveano a congiungere alla solidità il gusto di ornare. Tali finalmente sono le reliquie de’ Portici, di un Atrio, e l’Anfiteatro a.

Del magistero degli Etruschi nel dipingere oltre a’ Vasi colorití, de’ quali savella il Masseib ed altri posteriormente scoperti, ci accerta il lodato C. Plinioc, affermando che quando in Grecia cominciava la pittura a dirozzarsi, cioè a tempo di Romolo, non avendo il Greco pittore Butarco dipinto prima dell’olimpiade XVIII, in Italia già quest’arte incantatrice era perfetta, e le pitture di Ardea, di Lanuvio e di Cere erano più antiche di Roma fondata, secondo la cronologia del Petavio, nella VI olimpiadea:

Agli Etruschi si attribuisce eziandio l’arte della Plastica, o modellatrice. Clemente Alessandrinob dice, φασὶ Τουσκανους την Πλας ῖκὴν επινοῆσαι. Vero è che in Plinio si osserva che altri l’attribuisce a’ Greci, i quali da Corinto vennero in Italia con Demarato padre di Tarquinio Prisco. Ma secondochè ben riflette il Maffei nel Ragionamento degl’Itali primitivi, a quei, che vennero con Demarato si riferisce altresì in parte la pittura, e pure, per quel che osserva lo stesso Plinio, era essa già perfezionata in Italia molto prima.

S’incideva parimente e si scolpiva per ogni dove in Etruria, giacchè tante tavole di bronzo e di marmo intagliate e tante statue ed altri marmi e bronzi scolpiti se ne rinvengono sparsi per l’Italia. Ammiravasi in Populonia la famosa statua di Giove fatta tutta di una vite che si conservò lungamente senza veruna macchiaa. Mostrasi in Volterra una statua marmorea di Marte e molte urne di alabastro con grande artificio istoriate, nelle quali veggonsi incisi caratteri Etruschi, come ancora una statua di donna vestita con un fanciullino fasciato nelle braccia. Fecesi da uno scultore Toscano in Roma la statua di Giove Capitolino sotto Tarquinio Prisco. Disotterransi tratto tratto diversi monumenti da’ migliori antiquarii stimati Etruschi. Tale si giudicò il puttino di bronzo che monsignor Carrara presentò al pontefice Clemente XIV, da cui fu collocato nel Museo Vaticano. L’Auditore Giambattista Passeri nel 1771 l’illustrò con una dissertazione latinaa. Di un altro putto Etrusco che vuolsi trovato sin dall’anno 1587 vicino al Lago Trasimene e poi rubato dal Museo del Conte Graziani Perugino e ricuperato dopo molti anni, favellarono il p. Ciatti nella Perugia Etrusca, mons. Fontanimi, il senator Filippo Buonarroti ed il proposto Anton Francesco Gori.

Convien quì parimente notare che non mancarono nell’Etruria alcuni insigni incisori di gemme. Da più periti antiquarii vengono con particolarità rammentati e tenuti per Etruschi Admone, cui si attribuisce l’Ercole bibace, una delle più prezìose gemme Etrusche, ed Apollodoto, di cui si ammira una gemma colla testa di Minerva incisa a punta di diamante, ed un’ altra rappresentante Otriade del Museo dell’ab. Braccia.

In pruova poi di essersi nell’Etruria coltivata la poesia, il tempo ci ha conservate alcune tavole di bronzo, nelle quali leggonsi incisi alcuni inni sacri. Sappiamo altresi che aveva spettacoli teatrali, oltre ai dialoghi satirici Fescennini. E per le cose sceniche troviamo mentovate le tragedie e la ludicra degli Etruschi; e ci si dice che le donne ancora rappresentavano ne’ loro teatrib. Etrusco, secondo Livio, è il vocabolo hister da’ Romani convertito in histrio ed usato in vece di ludio per l’attore scenico, nel qual senso si è continuato ad usare in varie lingue volgari Europee. Volunnio, secondo Varrone, scrisse alcune tragedie in lingua Etrusca. Che sieno però state composte prima che l’Etruria fosse soggiogata da’ Romani, siccome pretenderebbe dare a credere Dempsteroa, è cosa incerta, nè apparisce dal passo di Varrone. Ed il chiarissimo Tiraboschi saviamente oppone, che anche sotto il dominio Romano potevano gli Etruschi poetare nella loro lingua patria. Di fatti ognun sa che i Romani stessi studiavano le lettere Etrusche; e secondo Dionigi Alicarnasseo il Greco Demarato fece non meno nelle Greche che nell’Etrusche lettere ammaestrare i figliuoli.

Roma certamente si formò sopra la nazione Etrusca. Giusta l’usanza religiosa che questa teneva, Roma nascente volle descrivere il circuito delle proprie mura per mezzo di un solco fatto coll’aratro tirato da un toro ed una vaccaa. Ad imitazione degli Etruschi aggiunse Romolo il pomerio alla sua cittàb. Si prese da essic la pretesta che i Romani portavano sino ai quindici anni, e la trabea ornamento reale e la toga e i fasci consolari e le trombe militari e la sedia curule de grandi magistratid. Feste, arte aruspicina, regolamenti politici, giuochi gladiatorii, baccanali, istrioni, tutto tolse Roma dall’Etruria. Ma tutto ne imitò di mano in mano a misura che andava prendendo forma. Gli spettacoli destinati al ristoro della società dopo la fatica, furono un bisogno conosciuto dalla nuova città più tardi di quello di assicurare contro gli attentati domestici e stranieri la propria sussistenza per mezzo della religione, della polizia e delle armi, Perciò quando l’Etruria sfoggiava contante arti e con voluttuosi spettacoli, e quando la Grecia produceva copiosamente filosofi poeti e oratori insigni e risplendeva pe’ suoi teatri, Roma innalzava il Campidoglio, edificava templi, strade, aquidotti, prendeva dall’aratro i dittatori, agguerriva la gioventù; batteva i Fidenati e i Vei, scacciava i Galli, trionfava de’ Sanniti, preparava i materiali per fabbricar le catene all’Etruria, alla Grecia, e ad una gran parte del nostro emisfero.