(1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO X. Ultima Epoca della Tragedia Greca. » pp. 208-215
/ 1560
(1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO X. Ultima Epoca della Tragedia Greca. » pp. 208-215

CAPO X.

Ultima Epoca della Tragedia Greca.

Fra più insigni coltivatori della tragica poesia greca conteremmo un altro pellegrino ingegno atto ad arricchirla di nuove meraviglie, se continuato avesse ad esercitarvisi il divino Platone. Egli secondo Eliano prima di tutto dedicarsi alla filosofia scrisse tre tragedie e une favola satiresca, per concorrere con una tetralogia nel certame tragicoa. Non pertanto delle di lui tragedie si racconta, che Socrate dopo averle ascoltate gl’insinuò di bruciarle, dicendo: Questo Platone ha bisogno del l’opera tua, o Vulcano.

Prima di consacrarsi totalmente al l’eloquenza oratoria il celebre Isocrate pure si provò nella poesia tragica. Il retore Melito nemico di Socrate coltivò parimente la tragedia. L’oratore Teodette, il quale con Teopompo e Naucrite concorse nel certame panegirico instituito da Artemisia in onor di Mausolo, compose fralle altre una tragedia bene applaudita intitolata Mausolo, la quale a tempi di Aulo Gellio ancora si leggeva.

Altri tragici di nome fiorirono altresì o poco innanzi o intorno al tempo stesso de’ tre prelodati corifei. Si segnalarono in tal carriera in Atene Platina, due Carcini, un altro Euripide cui Snida attribuisce dieci favole, con due delle quali riportò la tragica corona. Fuvvi parimente un di lui nipote del l’istesso nome che si esercitò in tal carriera. Ad un Alceo tragico si attribuisce la favola Cœlum, se è vero che sia stata tragedia, come la chiama Macrobio che ne rapporta tre versia. Giulio Polluce parla della favola Endimione, ma non si sa a quale di questi due ultimi Euripidi appartenga. Contemporaneo del l’insigne tragico di Salamina fu tra gli altri Senocle, il quale ne’ Giuochi Olimpici superò Euripide colle tragedie Edipo, Licaone, Bacchide e col dramma satirico Atamante. Intorno al medesimo tempo vissero Euforione, e Bione ed Agatone scrittore tragico e comico, onorato del l’amicizia di Platone. Che che di lui motteggi Aristofane nelle Tesmoforie, è certo che Aristotile nella Poetica celebra la tragedia di Agatone intitolata Αιθος, il Fiore, nella quale i nomi e le cose erano tutte inventate dal poeta, e non già tratte dalla storia o dalle favolea.

Eraclide Pontico, di cui Laerzio ha descritta la vita, coltivò le muse; ed Aristosseno afferma che avea Pontico composto alcune tragedie che volle pubblicare sotto il nome di Tespi. Dicesi che era uno scrittore capriccioso che talvolta attribuiva ad altri le proprie produzioni, e talvolta si appropriava le altrui, cioè quelle di Omero di Esiodo, della qual cosa viene da Camaleone incolpato. Acheo Siracusano anche poeta tragico compose dieci tragedie, tralle quali l’Etone dramma satirico, dal quale si vuole che Euripide tirasse il concetto del proprio verso,

Saturis Venus adest, non iis quos premit fames.

Empedocle celebre Pitagorico Agrigentino e poeta fisico rinomato, scrisse ventiquattro tragediea. Dionisio il maggiore tiranno siracusano compose varie favole tragiche che niuno volle con lui tener per buone. Il celebre Dione cognato de i due Dionisii coltivò pure la poesia tragica. Mamerco tiranno di Catania più di una volta contendendo co’ poeti della Grecia orientale riportò qualche tragica coronab.

A’ tempi di Tolomeo Filadelfo spiccarono nella poesia tragica sette scrittori celebrati sotto lo specioso titolo di Plejade diversa in parte da un’ altra Plejade mentovata da Isacco Tzeze composta di poeti di varii generi. Secondo Efestione la Plejade Tragica si componeva di Omero il giovane figlio di Mira poetessa Bizantina, di Sositeo, di Alessandro, Anantiade, Sosifane, Filisco e Licofrone. quest’ultimo è il più noto per l’erudito quanto oscuro poema di Cassandra, e per le varie tragedie, delle quali se ne trovano venti rammentate da Suida. Tra esse nominansi due Edipi, Andromeda, Iceta, Ippolito, Cassandride, Penteo, Pelopida, Telegono. Mori questo poeta trafitto da un colpo di freccia, siccome appare da versi di Ovidio in Ibin,

Utque cothurnatum periisse Locophrona narrant,
Haereat in fibris missa sagitta tuisa.

Il celebre Callimaco Cirenese autore degl’inni ed epigrammi e di altri pregevoli lavori poetici, dee contarsi ben anche tra coloro che si distinsero nella poesia rappresentativa e specialmente nella tragica sotto Tolomeo Filadelfo fino al l’Evergete che cominciò a regnare l’anno secondo del l’olimpiade CXXVII. Suida tralle poesie di Callimaco rammemora drammi satirici, tragedie e commedie. Debbesi al medesimo poeta la cura di descrivere i poeti drammatici cronologicamente sin dal loro principio. Nuova rinomanza ha questo poeta acquistata a’ giorni nostri per l’elegante versione fatta delle sue poesie dal chiarissimo Giuseppe Maria Pagnini Escarmelitano che oggi ha ripigliato l’antico nome di Luc’Antonio e presiede al l’Accademia Imperiale in Pisa. La di lui eccellente edizione col testo si esegui nel 1792 in Parma con i caratteri del riputato Giambattista. Bodoni.

Declinando l’età e la sorte delle città Greche, non solo da quelle regioni mai più non uscirono Euripidi o Sofocli o Eschili, ma per una specie di fatalità gli scritti de’ più rinomati drammatici di quelle contrade piene di gusto e d’ingegno furono consegnate alle fiamme. Ecco come ne favellò presso l’Alcionio Giovanni Medici essendo cardinale: Sovviemmi di avere nella mia fanciullezza udito da Demetrio Calcondila peritissimo delle Greche cose, che i Preti Greci ebbero sventuratamente tanto di credito e tale autorità presso i Cesari Bizantini che per di loro favore ebbero la libertà di bruciar la maggior parte degli antichi poeti, e specialmente quelli che parlavano di amori; alla qual disgrazia soggiacquero le favole di Menandro, Difilo, Apollodoro, Filemone, Alesside. Per la qual cosa fu mestieri per istruire la gioventù in difetto de’ mentovati e di altri sostituire i poemi di san Gregorio Nazianzeno, i quali comechè utilissimi fossero per infiammare i cristiani ad un più fervoroso culto della religione, erano però ben lontani dal l’ispirar l’atticismo e l’eleganza ed il gusto della Greca favella.

Nel quarto secolo si compose la nota tragedia sacra intitolata Cristo paziente, la quale per più secoli si attribui al prelodato san Gregorio, e ne’ tempi più a noi vicini ad Apollinare seniore Alessandrino, scrittori che principalmente fiorirono sotto Giuliano Apostata. Questo Apollinare oltre alla nominata tragedia espose sulle scene altri fatti del Vecchio Testamento imitando Euripide, e scrisse ancora commedie sulle tracce delle favole di Menandroa.

Si corruppe finalmente la Greca lingua, e se più tardi in que’ paesi si scrisse alcuna favola drammatica, fu dettata nel Greco moderno. Leone Allacei nella Diatriba de Georgiis presso la Bliblioteca Greca di Alberto Fabrizio mentova Giorgio Cortazio Cretese, il quale nel corrotto greco idioma scrisse in verso una tragedia intitolata Erofila elegante per quanto comporta l’odierno linguaggio delle Grecia serva, e l’unica che abbia meritato ne’ bassi tempi di esser letta e pregiata