(1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 288-292
/ 153
(1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 288-292

Bartoli-Ricci Teodora. Moglie del precedente, figlia di Emilia Gambacciani, pisana (V. Ricci Emilia), e di Antonio Ricci, ballerino padovano, nacque a Verona, ove trovavasi la madre a recitare nel Teatro dell’Arena in Compagnia di Gerolamo Medebach. Fu tenuta a battesimo dalla moglie del capocomico, e fu chiamata col nome della madrina. Istruita nel ballo dal padre, esordì come ballerina nelle danze — dice Francesco Bartoli — delle opere musicali, in compagnia di sua sorella Caterina. Appassionatissima dell’arte comica, trovò modo di mostrare la sua grande attitudine a Giovanni Roffi, col mezzo del quale, fu accettata l’anno 1769 nella Compagnia di Pietro Rossi, di cui faceva parte Francesco Bartoli. A questo fu da quel capocomico affidata per la sua educazione teatrale ; e fra un ammaestramento e l’altro, trovaron modo di comprendersi a vicenda, tanto che a’ progressi nell’arte andaron di pari passo i progressi nell’amore : la Teodora si presentò al pubblico genovese nell’autunno dello stesso anno come artista provetta, e nell’autunno dello stesso anno divenne la moglie di Francesco Bartoli. Fu applauditissima poi a Torino, al Teatro Carignano, e fu colmata di beneficenze da quelle illustri Dame e da quegli illustri Cavalieri, a cui aveva dedicato gli Sciti di Voltaire nella italiana versione del D’Orenzo. Salita già in fama, e occorrendo ad Antonio Sacco, capocomico di grido, una giovane attrice che prendesse il posto della Regina Cicucci dal Sacco licenziata, fu proposta e accettata subito la Teodora Ricci. A questo punto lascio il Bartoli per ricorrere alla fonte del Conte Carlo Gozzi, il protettore della Compagnia, che nelle sue memorie inutili molto parlò, e fors’anche troppo, della nostra artista.

La Teodora fu scritturata, in unione al marito, innamorato, con l’onorario annuo di soli cinquecento venti ducati. Quel soli è del Gozzi, il quale anche aggiunge essere stato quello un prezzo miserabile ad una povera comica obbligata ad un vestiario teatrale decente, e alle spese de’viaggi frequenti, ecc. ecc. Quanto al fisico della Ricci, ecco quanto lo stesso Gozzi ne scrive :

Vidi quella giovane di bella figura, quantunque una sua gravidanza l’alterasse. La sua faccia, benchè diroccata dal vajuolo, non lasciava d’essere teatrale in qualche lontananza. Le sue belle chiome bionde supplivano a qualche difetto del viso. I suoi vestiti, che spiegavano la sua indigenza, erano però accomodati e portati da lei con tant’arte leggiadra, che non lasciava riflettere se fossero di lana o di seta, nuovi o logori.

………………………..

La sua bocca, non picciola, indebolita, e rovinata negli angoli da’tarli del vajuolo, sforzava quella povera giovine ad un involontario difetto.

………………………..

La Ricci per pregiudizio, o per un naturale altero e schizzinoso, ogni momento sentiva e vedeva delle cose spregevoli e schife con l’udito e lo sguardo suo, e le dinotava col contorcere le sue labbra. Ciò ha rinforzato e viziato il suo difetto per modo, che divenne un abito inestirpabile, o piuttosto natura.

Il Gozzi cominciò di punto in bianco a proteggere la nuova arrivata, come quella che più se ne sentiva bisognevole. E codesta protezione, avvertita subito dagli altri comici, fu cagione di chiacchiere non inaspettate certo, ma pur sempre dolorosissime. Si ricorse persino alle lettere anonime per denigrarne la fama di artista : ma in vano. La Ricci lottò contro formidabili rivali, e finì coll’uscir vittoriosa dalla lotta : dopo l’enorme fiasco con la Innamorata da vero di esso Gozzi, colla vecchia tragedia Il Conte d’Essex, col Fasiel del D’Arnaud, tradotto a posta dal Gozzi, fu alla fine, col Gustavo Wasa del Piron, tradotto dal Gritti, prima, poi colla Principessa filosofa del Gozzi, battezzata artista insigne, e, come lo stesso Gozzi afferma, inarrivabile nella bravura. Ormai egli aveva ottenuto l’intento : nullameno perseverò nella protezione, poichè voleva fare di lei un’attrice completa ; toglierle tutte quelle angolosità che provenivano pur troppo dall’ignoranza : ignoranza assai frequente in molte delle attrici dell’Italia d’allora ! Ahimè ! In che ginepraio si cacciò pover’uomo ! Egli voleva moralizzare colla sua protetta, ogni tanto le faceva il predicozzo, le metteva innanzi agli occhi, semplici e forti di colorito i quadri della virtù e del vizio…. Le si proferiva non solamente protettore morale, ma anche materiale ; in ogni circostanza ella non avrebbe avuto che da rivolgersi a lui, ed egli l’avrebbe soccorsa…. Indarno ! La Ricci era una ragazza ignorante, vana, ambiziosa, civetta, cinica, invidiosa.

Uscita di casa per darsi all’arte, dopo di aver fatto in famiglia la serva alla madre e alle sorelle, con un sentimento di guitteria della peggiore specie, s’accorse che, pur troppo, in teatro, è sempre l’abito che fa il monaco, specialmente nelle attrici, e specialmente al cospetto del capocomico. Il primo passo al mal costume fu il suo matrimonio col Bartoli, maniaco per la letteratura, più guitto di lei nel vestiario, macilento, che teneva il fiato co’denti, e che per soprammercato sputava sangue. Nel Bartoli vide una larva di appoggio, e, lontano, lontano, nell’orizzonte, ben chiaro, un futuro di assoluta libertà. Lui dotto, o presunto dotto ; lei ignorante al sommo grado : immagini il lettore le scene di quella coppia. Entrò di mezzo il Conte Gozzi…. La proferta della protezione morale alla Ricci, le fece fare una smorfietta di ringraziamento ; la proferta di quella materiale, le fece spalancar tanto d’occhi, e mandar fuori certi oh ! ah ! uh ! di gratitudine profonda, della quale volle subito dar prova, o mostrar di dar prova, chiedendo, e ottenendo. Il vecchio capocomico, anch’esso, con meno onesti intendimenti di quelli del Gozzi, la circuì con promesse di donativi…. Ella si schermì dapprima, più per timore di perdere la protezione del Gozzi, che per virtù ; e finì coll’accettare un bellissimo taglio d’abito di raso bianco : le attrici…. pieghevoli comincian sempre di lì. Al capocomico Sacchi, vecchio bavoso, schifoso, geloso, successe il Gratarol, segretario del Veneto Senato, l’eleganza in persona, che s’andava cattivando la benevolenza delle comiche, col recar loro ne’ camerini le saccoccie piene di confetti (diavoloni) di ogni specie ; la Ricci non era caduta, era precipitata. Non v’era più bisogno della malignità dei comici per architettare aneddoti saporiti : la sua vita sbrigliata e sregolata era ormai palese…. Gittata a capo fitto nel turbine del vizio, parea quasi godesse farlo sapere a tutto il mondo…. E che raffinatezze aveva apprese !… E con che voluttà a quelle si lasciava ! Sentiamo ancora il Gozzi :

Narrava d’aver appreso a non portare più brache, perchè le brache, massime in certo tempo, chiudono e conservano sotto a’ panni delle femmine un tanfo di schifi odori. Le donne (diceva ella) devono tener esposte le loro membra all’aria, che giuocando sventoli, e purghi i fetori.

Coll’immaginazione fissa a Parigi dov’ella doveva andare, Venezia era divenuta per lei una cloaca. Gli abitatori di Venezia, e dell’ Italia tutta, non erano per lei che goffi, dozzinali, ignoranti, insopportabili.

Non vedo l’ora (esclama ella sanata dei pregiudizj) di passare a Parigi, laddove de’ finanzieri ricchi sfondati, scagliano de’ borsoni di luigi d’oro alle Attrici, con maggior facilità che in Italia non si dona una pera.

Sia benedetto (diceva pavoneggiandosi) il far all’amore senza riguardi d’una stupida educazione. Noi mortali non abbiamo altra felicità che il fare all’amore sino alla morte. Dicendo ciò, da vera spregiudicata, non faceva il menomo conto d’aver un marito e due figli.

Nè solo parlava, si vestiva, si profumava alla francese, in modo da nauseare chiunque l’accostasse ; ma anche nella recitazione aveva messo una cotale affettazione da riuscire sgradita a quello stesso pubblico che poco a dietro l’aveva coperta di tanti applausi ! E il Gozzi doveva di cose di teatro essere intendente non mediocre ; chè la nuova maniera di recitare della Ricci, da lui indicata come guasta e manierata, finì coll’essere notata di punto in bianco, al suo esordire a Parigi. Nullameno fu accolta (se dobbiam credere al D’Origny, istoriografo contemporaneo del Teatro Italiano) allo stipendio della Compagnia, sebbene affettata nella pronunzia, studiata nell’espressione, impacciata nel gestire. Difetti che pare svanissero in breve. La Teodora Ricci esordì il 29 aprile 1777 nella protagonista della Femme jalouse, commedia italiana ; poi sostenne la parte di amorosa nel Double Mariage d’Arlequin. (V. D’Origny, Annales du Théatre italien, depuis son origine jusqu’a ce jour. Paris, Duchesne, 1788, vol. II).

Tornata in Italia, doventò, la primavera del 1782, la prima donna a vicenda della Compagnia di Maddalena Battaglia (V.). Il marito Francesco riporta un sonetto del cavalier Gaetano Tori modenese, egregio poeta – dice lui – e Ministro inviato alla Real Corte di Torino per S. A. S. il Signor Duca suo padrone.

Eccolo :

Alza verde arbuscel da fondo umile
de le foglie l’onor, dei tronchi i vezzi,
e già si stende, e già divien simile
a Pino che i virgulti ombri e disprezzi.
Invan nembo l’insulta irato o vile,
che a cacciar del rival l’onte e i disprezzi
si l’afforza dal mare aura gentile
che fia che ognun le frutta e i fior n’apprezzi.
Con la face del ver che a i vati splende,
Ricci, la cetra a Te risponde, e quanta
festa, lode, piacer l’agone accende.
De lo sdegno, del duol teco si ammanta
l’alma ; Ricci, per Te lieta si rende ;
il Teatro, Torin t’applaude e vanta.