CAPO VIII.
Teatro Lirico: Opera Comica: Teatri
materiali.
I.
Opera Eroica.
L’opera francese fondata dal Lulli e dal Quinault che tira dal fondo dell’immaginazione e dall’allegoria e dalle favole un ammasso di prodigj e stravaganze, nel nostro secolo non ha calcato miglior sentiero. Il palazzo del Sole, la reggia di Plutone, divinità, fate, silfi, incantatori, apparenze, miracoli, trasformazioni, edifizj alzati e distrutti in un istante, anelli che rendono invisibili le persone che pur si vedono, pugnali vibrati nel seno altrui che ammazzano chi li vibra, uomini▶ miracolosi dalla barba turchina, ed altre simili stranezze, sono i tesori del teatro lirico della Francia. Un certo M. de Leyre passato in Italia dimenticossi di quanto facevasi nel proprio paese e scrivea da Parma a Parigi che gl’ incantamenti e le stravaganze dell’arlecchino fra noi alimentavano l’ignoranza e gli errori popolari. Egli non seppe osservare che le arlecchinate delle nostre scene si hanno in conto di prette buffonerie ancor dalle nostre femminucce, nè vi è pericolo che possano dentro le Alpi produrre sì temuto effetto. Al contrario chi avesse l’umore di codesto Francese, ben potrebbe con maggior fondamento dubitare che simile disgrazia avvenisse in Francia per lo stile serio e grave che può accreditare appo gl’ incauti le loro rappresentazioni liriche ripiene delle stesse mostruosità che alimentano l’ ignoranza e gli errori popolari.
Reca in vero stupore che i migliori letterati, i Fontenelle, i Voltaire, i Batteux, i Marmontel, lungi dall’inspirare a’ compatriotti il saggio gusto dell’opera istorica di Stampiglia, Zeno e Metastasio, o si applicarono a comporre essi stessi opere mitologiche, o presero a screditar l’opera istorica per sostener la miracolosa. Fontenelle fu autore di Teti e Peleo, Voltaire di Pandora e di Sansone, Marmontel di varie favole musicali alla francese. Le Batteux52, e lo stesso Marmontel53 dicevano che le rappresentazioni favolose sono la parte divina dell’epopea posta in ispettacolo. Ma i Francesi, facendo un aforismo delle parole del Voltaire54, non dicono che i numi della favola, gli eroi invulnerabili, i mostri, le trasformazioni, e tutti gli abbellimenti convenevoli a’ Greci, a’ Romani e agl’ Italiani del XV e XVI secolo, sono proscritti in Francia fin anco nell’epopea? Perchè dunque con gusto contradittorio ammettono tutto questo nella poesia scenica, in cui parlano gli ◀uomini, e non un poeta che si figura inspirato, ed i prodigj si rendono incredibili perchè smentiti da’ sensi? Se questo sistema al loro credere non può avere la verità richiesta nell’epopea, l’avrà poi sulla scena? Ebbe dunque ragione M. Diderot allorchè declamò contro l’assurdità del teatro lirico francese, e deplorò l’ ingegno di Quinault occupato in un genere cattivo. Egli però non fu solo a suggerire miglior sistema sull’esempio degl’ Italiani. Fortunatamente all’articolo sull’opera fornito nell’Enciclopedia dal Marmontel (il cui ragionamento per mille guise assurdo svilupperemo meglio altrove) se ne trova soggiunto un altro più degno della filosofia, che se ben m’appongo appartiene al celebre filosofo Ginevrino. Vi si dimostra che tosto che la musica apprese a dipingere e a parlare, sparvero gl’ incanti e la mitologia, e le divinità furono scacciate dalla scena quando imparò ad introdurvi gli uomini55.
Scrissero ne’ principj del secolo pel teatro lirico la Mothe, Danchet, Menesson, la Roque, Pellegrin sovente deriso ma lodato pel suo Jeste, Fuselier e Cahusac morto nel 1764 autore di Calliroe, e Bernard che compose le Sorprese dell’amore, e Castore e Polluce una delle migliori opere francesi posta in musica dal famoso Rameau.
Ma il teatro lirico e la scenica poesia pastorale nulla in Francia ha di più vago, di più dilicato, di più interessante per le parole e per la musica del Divin du village di GianGiacomo Rousseau. “In Francia (dice M. Romilly56) non si ha idea di un colorito più fresco, nè di un tono più acconcio di semplicità campestre. Quante e quante volte non si son ripetute queste giolive canzoni, Tant qu’ à mon Colin j’ ai sçu plaire, e Je vai revoir ma charmante maîtresse! Ecco quello che dee piacere in ogni tempo; ecco il linguaggio che giugne al cuore perchè dal cuore parte”. Merita ancora di mentovarsi la novità musicale degna dello spirito singolare di Rousseau provata in Lione felicemente col Pigmalione e ripetuta in Parigi nel 1775 con tutto l’applauso. Per dare un saggio della declamazione teatrale e della melopea de’ Greci, fe recitare quella sua favola senza farne cantar le parole. La musica esprimeva a maraviglia gli affetti del personaggio, ne secondava i pensieri, i movimenti, ne dipingeva la situazione, ma riempiva soltanto gl’ intervalli e le pause della declamazione. Molti pezzi di questa musica furono composti dallo stesso Rousseau, e gli altri da M. Coignet. Il sig. Elmotte ha voluto imitare il Pigmalione colla sua scena lirica le Lagrime di Galatea, la quale benchè lontana dall’originale non lascia tal volta di commuovere.
Quanto a’ maestri di musica, oltre ai nominati, si sono distinti in Francia Campra, Destouches, Mouret, Coignet, Rameau anche musico teorico, e singolarmente il gran Rousseau per le sue composizioni teoriche e pratiche, oltre a i profondi esami che dopo del Sauveur ne fecero i noti matematici d’Alembert e la Grange.
Si distinsero tralle celebri attrici dell’opera mad. Pellisier per l’ arte di rappresentare, e mad. le More per l’eccellenza della voce. Si encomiò tralle ballerine mad. Camargo come inarrivabile saltatrice al pari di ogni uomo, e mad. Sallè bella ed eccellente ballerina seria ammirata anche fuori della Francia, entrambe celebrate nelle opere di Voltaire. Mad. Alard contasi anche tralle famose ballerine, come tra’ ballerini di gran nome Dauberval e Vestris Italiano traspiantato in Parigi. Niuno ignora i meriti di Noverre e per le lettere che scrisse intorno all’arte sua, e pel modo di ballare, e per l’invenzione de’ balli, potendosi contare tra’ primi ristoratori dell’arte pantomimica, per aver rinnovata la muta rappresentazione con gesti e con graziosi passi naturali misurati dalla musica in azioni compiute eroiche e comiche.
II.
Opera Comica.
Nel 1715 si ripigliò lo spettacolo dell’opera comica avendo alcuni commedianti della fiera ottenuta la permissione dell’accademia di musica di rappresentare certe farse piacevoli in vaudevilles (così chiamandosi una specie di cantilena comune propria de’ Francesi diversa dalle ariette) miste di prosa e accompagnate da’ balletti. Rappresentano ancora le parodie de’ componimenti recitati nella Commedia Francese e nel Teatro Lirico, la qual cosa unita al concorso che ingelosiva gli altri commedianti, fu cagione della proibizione a quelli della fiera di dare tali rappresentazioni. Supplirono essi co’ cartelloni, ne’ quali scriveano in prosa ciò che non si poteva dir colla voce, ma in fine questo spettacolo fu totalmente abolito. Si riprodusse l’opera comica nel 1724 e durò sino al 1745, dopo di che alla fiera non si rappresentarono che pantomimi. M. Monnet ristabilì l’opera a S. Germano nel 1752 con tutte le stravaganze e buffonerie e co’ vaudevilles nazionali cari a’ volgari. M. Le Sage è uno de’ drammatici che ha tirato il maggior concorso colle sue piacevoli farse musicali. Fuselier, Roy, Orneval, Carolet, Vadè, Collè assai felice ne’ drammi in vaudevilles, hanno molto lavorato per l’opera comica. Pannard morto nel 1764 scrisse un gran numero di componimenti in vaudevilles applauditi, di parodie e di opere buffe. L’attore Favart dee contarsi tra’ più fecondi e piacevoli scrittori d’opere buffe. È riuscito singolarmente nel vaudeville, ma scrisse anche parodie e burlette con arie, come sono, il Mondo a rovescio, Bertoldo in città, il Cinese in Francia, il Dottor Sangrado, &c. Ascendono a più di ottanta le di lui favole, ma ne scrisse alcune in compagnia d’altri. La sua Chercheuse d’esprit, dice Palissot, si stima meritamente la più ingegnosa opera buffa francese. La di lui moglie attrice già morta ne compose pure alcune ben ricevute, e fralle altre Bastiano Bastiana nel 1753, gli Ammaliati nel 1757, e Annetta e Lubino nel 1762. Reputo pregio dell’opera abbandonare l’immenso mucchio delle stravaganze di questo spettacolo che eccede in iscempiaggini le più grossolane buffonerie musicali dell’Italia. Basta dire soltanto che in questi ultimi anni le magie, i delirj e le più scurrili stranezze sono cresciute soprammodo nel paese dove nacquero Fedra, Cinna e Zaira. Servano per pruova di ciò il Vello d’oro rappresentata nel 1786 la piggiore delle cattive opere musicali, e quelle rappresentate nel 1787 come l’Alcindoro di Chabannes, il Re Teodoro a Venezia del sig. Moline opera eroicomica che manca di comico e di eroico posta in musica dal celebre nostro Paisello, e Tarare di Beaumarchais stravaganza in cinque atti con prologo che incresce al buon senso, benchè diverta i volgari colle decorazioni spettacolose, e l’Amfitrione in tre atti nato e morto in un giorno nel 1788.
III.
Teatri materiali.
In Francia si amano universalmente gli spettacoli scenici. Havvi almeno venti case private solo in Parigi dove varie società particolari rappresentano tragedie e commedie e certe favole novelle composte per tali brigate espressamente. Lo spirito di rappresentazione che anima i Francesi, i gran modelli nazionali che riempiono le loro scene, il gusto di cui credonsi tutti con privilegio esclusivo in possesso, tutto ciò non basta ad obbligarli a volgere un solo sguardo alla meschinità de’ loro pubblici teatri. Le sale di tutti gli spettacoli di Parigi (dicono i nazionali) cioè quelle della Compagnia Francese, dell’Italiana e del Teatro Lirico, sono senza magnificenza, strette, prive di ogni gusto, ingrate per le voci, incomode per gli attori e per gli spettatori. Non è vero ciò che diceva Voltaire che solo in Francia prevale l’impertinente costume di fare assistere allo spettacolo la maggior parte dell’uditorio all’erta. Anche in Madrid quei che chiamansi musqueteros ne godono senza sedere. Ma è ben vero però che nè in Ispagna nè in Italia gli spettatori si frammischiano con gli attori sulla scena stessa, come avviene in Francia, lasciando appena dieci passi liberi alle rappresentanze. “Cinna e Atalia, al dir del medesimo Voltaire, doveano rappresentarsi in sì meschini edifizj e con decorazioni così grossolane”? In tal disordine può sperarsi veruna illusione teatrale? Di simili inconvenienti lagnasi pure l’autore del libro intitolato la Mimographe. Nel teatro dell’opera alzato in Parigi nel 1769 co’ disegni di M. Moreau di figura ovale lunga si contano quattro ordini di logge senza divisioni, e nella platea larga 39 piedi e lunga 32 si vede una scalinata dirimpetto alla scena.
Nel palazzo di Versailles si edificò nel 1770 da M. Gabriel un teatro di figura semicircolare con una scalinata che gira intorno e con una sola loggia. La corte occupa il parterre e nel mezzo siede il re.
Ampliata Parigi nella parte detta il Baluardo si sono costrutti altri cinque teatrini da fiera, ne’ quali si balla sulla corda e si cantano drammi burleschi. I tre che si fecero prima sono: quello di Nicolet intitolato i Gran ballerini da corda, quello di Audinot detto l’Ambigu comico, e quello de l’ Ecluse nominato Varietà piacevoli. Gli ultimi due sono, l’uno degli Allievi del ballo dell’opera, l’ altro de’ Commedianti fanciulli del Bosco di Bologna.
Nel 1756 si costrusse il teatro di Lione da M. Soufflot, che è il più grande di tutti i teatri francesi. Di figura ovale ha la platea lunga 54 piedi e larga 40; vi sono gradini intorno ed in faccia alla scena, e tre ordini di logge continuate senza veruna divisione di palchi similmente fornite di scalini. Questo edifizio (dicesi nel trattato Del Teatro) è ben provvisto di convenienti accessorj, ed ha la facciata retta a tre ordini di finestre con gran ringhiera nel mezzo e con balaustrata in cima arricchita di statue.
Più picciolo è il teatro di Mompellier benchè regolare e di migliore apparenza al di fuori. E’ costruito a campana lungo 44 piedi e largo trenta. Havvi un portico nella platea, e tre ordini di logge continuate divise a palchetti soltanto da alcuni balaustri che impediscono il passaggio da uno in un altro ma non la vista.
Dicesi che in Bordò da pochi anni siasi cost uito un teatro magnifico sopra tutti gli altri della Francia.