Drago Adolfo. Figlio di Giovanni Battista, commerciante, e di Carlotta Bracco, nacque a Genova nel 1851. Entrato a diciassette anni nella filodrammatica italiana, ebbe per direttrice la Carolina Fabbretti-Giardini, che lo avviò con amore a quell’arte, a cui si sentì fin da bimbo trascinato. Lasciò gli studi d’ingegneria pei conti correnti della Banca Anglo-italiana, e questi, (’70-’71), per le parti di amoroso e generico in Compagnia di Cesare Vitaliani, passando poi, primo attor giovine, il ’71-’72 con Augusto e Florido Bertini, il ’72-’73 con Peracchi, il ’73-74 con Achille Dondini, il ’74-’75 con Ajudi e Benelli prima, poi con Dondini e Galletti sino al ’77-’78, nel quale anno formò compagnia in società con Ettore Dondini. Tornò scritturato il ’78-’79 con Ciotti e Belli-Blanes, e l’80-’81 con Adelaide Ristori, per tornare poi al capocomicato che tenne sino al momento del suo contratto per l’America in Compagnia Cerruti e Lotti, durato dalla primavera del ’96 al novembre del’97.A questo punto cessan le note artistiche di Adolfo Drago, tornato ora alla città natale, sicuro di trovar nel seno della vecchia madre un conforto alle delusioni avute in quell’arte alla quale con ardore di amante aveva dato la mente ed il cuore. Nè a quelle delusioni andaron tuttavia disgiunte le più grandi soddisfazioni d’artista : chè cimentatosi anche nell’ardua prova delle interpretazioni shakspeariane ne uscì trionfante, sì per la intelligenza, come per la recitazione caldissima. E se non ebbe in arte maestri, se non ebbe la fortuna di metter piede mai nelle compagnie privilegiate, ebbe nullameno quella di brillare accanto agli astri massimi Salvini e Ristori. Non andrà dimenticato il grande avvenimento di una recita dell’ Otello al Paganini di Genova con Drago Otello e Salvini Jago, della quale metto qui a testimoniar del valore artistico di Adolfo Drago, il giudizio apparso nel supplemento al n. 82 del Caffaro, 13 marzo 1891.

Il Drago fu, a giudizio di tutti, degno compagno di Salvini, e il grande attore fu il primo a riconoscerlo, dichiarando che l’interpretazione del nostro concittadino lo aveva sorpreso. E infatti se fu sempre notevole in tutto il dramma, nel terzo atto apparve davvero sorprendente. Il lento lavorìo della gelosia ha già alterato quell’uomo ; colpito al cuore dalle insinuazioni di Jago, egli si dibatte ancora, vuole cacciare il sospetto, vuole convincersi, affermandolo alto, che Desdemona è pura, ma dopo una lunga lotta finisce col soccombere.
Nessuno dei tanti Otelli della scena moderna, incarna questa lotta tremenda con più efficacia e con maggiore verità del Drago, nessuno mostra con più evidenza di contrasti la passione che strazia il Moro. Con quale disperato rimpianto dice egli addio a tutti i suoi sogni d’amore e di gloria ! Con quale furore balza alle rinnovate calunnie di Jago, lotta un’ultima volta contro di lui, s’abbandona tutto alle sue furie, giura vendetta.
Fu una scena meravigliosa a cui il pubblico assistette stupefatto e quasi non credendo ai propri occhi, dinanzi a quei due uomini trasfigurati in quella stupenda manifestazione d’arte ; e quando la tela cadendo ruppe l’incanto, un applauso entusiastico, incessante li salutò, confermando all’uno la fama gloriosa, battezzando solennemente l’altro come grande e vero artista ; e questo giudizio resterà.