(1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 682-683
/ 171
(1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 682-683

Vitalba Antonio, detto Ottavio, padovano, primo amoroso della Compagnia dell’ Imer, per la quale cominciò a scrivere il Goldoni, fu comico eccellente, e bastano, credo, queste parole dello stesso Goldoni a dare un’ idea chiara dell’ artista e dell’ uomo :

……Antonio Vitalba Padovano, comico il più brillante, il più vivo che siasi veduto sopra le scene. Parlava bene, e con una prontezza ammirabile, e niuno meglio di lui ha saputo, come dicono i commedianti, giocar le Maschere ; cioè sostenere le scene giocose colle quattro Maschere della Commedia italiana, e farle risaltare e brillare. Qualche volta però gli arlecchini si dolevan di lui, perchè scordandosi il carattere dell’amoroso, faceva egli l’arlecchino. Mi sovviene, che rappresentandosi il mio Bellisario (in cui sosteneva egli un tal personaggio), nella scena tenera e dolente, in cui comparisce senz'occhi, con un bastone alla mano, moralizzando sulle vicende umane, diede un colpo di bastone a una guardia per far ridere l’uditorio.

Nelle scene più serie, e più interessanti cercava di cavar la risata ; e non esitava a rovinar la Commedia, quando gli potea riuscir di far ridere. Eppure piaceva al pubblico ; ed era l’idolo di Venezia ; e licenziato qualche anno dopo dalla Compagnia di San Samuele, fu preso con avidità dalla Compagnia di San Luca (Gold. Pasquali, T. XIII).

Vitalba che aveva così ben sostenuta la parte di Belisario, in quella di Gualtiero (della Griselda) si sorpassò (Mem., T. I, XXXVIII). Vitalba era un bell’uomo, un eccellente comico, un gran donnajuolo ed un gran libertino. Era invaghito della Passalacqua…. (Ivi).

Per questo drammetto, o pettegolezzo amoroso in tre, Goldoni, la Passalacqua, Vitalba, nel quale il povero Goldoni non fa la più bella figura al mondo, vedi il mio monologo La Spigliatezza (Mil., 1888).

Del resto, Antonio Vitalba, che uscì vittorioso dall’intrigo, fino a burlarsi di Goldoni, pranzando e cenando colla Passalacqua, proprio dopo ch'ella aveva giurato di averlo lasciato per sempre, era ammogliato ; e il Loehner riferisce dai registri di San Samuele l’atto di morte della moglie Costanza in età di circa 35 anni, avvenuta il 17 ottobre 1736, cioè quasi un anno dopo l’intrigo.

Della sua vita artistica sappiamo che l’estate del 1724 si trovava a Padova, poi a Treviso, d’onde scrive a un medico due lettere : per ottenere alcuna commendatizia, e per dargli avviso di avere sputato un po' di sangue, il che l’aveva messo in grande apprensione. Con altra lettera in risposta alle ordinazioni del medico, avverte non poter prendere il latte sino a Bologna, per dove sarebbe partito pochi giorni dopo ; e domanda se debba prenderlo cotto o naturale, e s’abbia da mescolargli altro, e quanto n’avrà da prendere e per quanti giorni ; e quanto sangue stimerà bene si faccia levare, e cosa debba prendere prima della cavata di sangue.

Tornò a Treviso il settembre dello stesso anno per andar poi a passar tutto l’autunno a Bologna ; e rinnova istanza per avere una lettera di raccomandazione, e neanche a farlo a posta ridà notizia di nuovo sputo di sangue…. Ma si vede bene che Vitalba era pauroso all’estremo. Curioso il metodo di cura seguito scrupolosamente. « Io prendo — scrive — l’acqua col litro la mattina, sugo di portullona e piantagine, e li protesto che la fame la patischo, voglio un poco vedere cosa è per essere. »

Il marzo del '25 era novamente in Bologna, d’onde prega il solito medico di disimpegnargli un abito scarlatto, ricamato d’argento, senza il quale non può cominciar le recite, promettendogli di restituirgli il denaro che dovrà sborsare, non appena sarà a recitare a Ravenna ov'è un regalo di cento Filippi. E prega di spedir l’abito a Francesco Cattoli detto Traccagnino (V.), a Venezia, il quale ha incarico di farglielo avere a Bologna.

Dal '25 si passa a una lettera del '35, in cui dopo di avere accennato a un nuovo sputo di sangue avuto il '29 a Padova, racconta come la passata quaresima (1734) tornando da Roma fosse caduto con tutto il calesse in mezzo a un fiume, e avesse dovuto restar due giorni in una casa di contadini per asciugarsi, dalla quale partì a cavallo, essendo il calesse infranto, con vento e neve così terribili, che credette morirsi per via. Arrivato a Bologna stette bene due mesi, ma poi fu preso da vertigini e febbri acutissime, per le quali fu ordinata nuova emissione di sangue. Da Bologna potè recarsi a Genova, ma non cessandogli la febbre, si volse tosto a un medico che gli ordinò cascia con entro gialapa (sciarappa), quale gli mosse dimolto e operò assai. Gli ordinò anche la china ; ma Vitalba, dubbioso del merito reale del medico, giovanissimo, ricorse a uno rinomato, il quale trovatagli una ostruzione al ventre, gli ordinò sei pillole ogni mattina per dieci giorni. La febbre non gli venne più così gagliarda, ma egli si trovava in tale stato di affiacchimento, da non potersi reggere in piedi, specie la sera, quando doveva recitare : e di ciò si duole col solito medico, al quale chiede ajuto di nuovi consigli.

Il '38 dedicò una traduzione in prosa dell’ Alzira, tragedia di Voltaire, all’ambasciatore di S. M. Cattolica in Venezia Don Luigi Regio Principe di Campo Fiorito, ecc. (Ven. Alvise Valvasense.

Fr. Bartoli dice che Vitalba recitò sempre sotto il nome di Florindo, e fu comico al servizio di S. A. S. il Sig.r Duca di Modena Francesco I ; ma è un errore, chè egli stesso si firma : Antonio Vitalba detto Ottavio Comico. Anche lo fa nascere a Bologna, mentre Goldoni lo dice padovano. Fra le produzioni, in cui più specialmente emerse, lo stesso Bartoli cita Il Vagabondo, L' Amante fra le due obbligazioni e il Don Giovanni Tenorio nel Convitato di Pietra, per le quali ogni spettatore bisognava che confessasse esser egli un comico perfetto, a cui nulla mancava per dirlo un Roscio de' suoi tempi. Entrato nella Compagnia di Antonio Sacco, si recò in Portogallo con lui, e di là tornò a Venezia, applauditissimo sempre. Antonio Vitalba morì a Bologna in età non avanzata, la primavera del 1758.