Ferravilla Edoardo, attore dialettale milanese, nato a Milano il 18 ottobre del 1846 dal Marchese Filippo Villani e da Giulia Ferravilla, artista di canto portoghese, è, per originalità, il più grande degli artisti italiani del nostro tempo. Finito il corso tecnico, si mise a fare il contabile, e a poco men che vent’anni a recitar parti di brillante nella Società filodrammatica Gustavo Modena. Uscito il programma di Cletto Arrighi, che di lui fu illustratore accurato e amoroso (Milano, Aliprandi, 1888) per la formazione della Compagnia milanese stabile, il Ferravilla vi fu accolto come amoroso, rimanendo per alcuni mesi attore poco men che sconosciuto. Ma capitatogli di dover sostituire l’artista che recitava la parte di Gervesin nel Barchett de Buffalora, egli si trovò già a tale altezza, che parve quasi impossibile toccarne altra maggiore in quel genere. Non fu più riproduzione, ma creazione : la particina diventò poema, al quale tenner dietro senza interruzioni nel cammino glorioso gli altri (se non molti, così grandi e perfetti da valerne infiniti), quali il Massinelli, el sur Pedrin, il Sindaco Finocchi, il Tecoppa, Gigione, el sur Pancrazi, el Maester Pastizza, el sur Pànera, el sur Pistagna, e altri ancora che non son poi che una derivazione più o meno isvariata di questi. Non dunque oserei dire che il Ferravilla si sia venuto migliorando, affinando nell’estrinsecazione de’suoi tipi. Il suo genio si esplicò e palesò di getto : fu quel che fu, e quel che fu è oggidì. Grande oggi come allora ! E siccome quel ch’egli è, è perfezione, così accade che quei dieci o dodici tipi da lui creati, che avrebber dovuto, più che venire a noia, nauseare un ascoltatore assiduo di venti anni, si trovin oggi come venti anni addietro, al suo cospetto, freschi, saltanti, vivi, quasi opera d’arte non mai veduta, nè imaginata ! E in codesta perfezione di esecuzione tutto ha che vedere fuor che lo studio macchinale : il Ferravilla anzi, sotto certi rispetti, ha punti di contatto coi grandi nostri della commedia dell’arte. E tale e tanta la sua spontaneità, che il tipo così fortemente e profondamente studiato, non solo come attore, ma come autore, è, quasi ogni sera, nelle parole, nella voce, nei gesti, non già nell’essenza, rinnovato dal soffio potente e immediato dell’arte. Egli ha bene il diritto di essere messo assieme a’ grandissimi che diedero al mondo tipi immortali, se bene i suoi sien condannati pur troppo a perire : chè è per essi di tal guisa la creatura legata al suo creatore, che dileguato l’uno, anche dileguerà l’altra, non lasciando tra’ posteri che un vago ricordo, andatosi serbando e ahimè modificando nella viva voce delle generazioni succedentisi. Se ciò potesse non essere, se Edoardo Ferravilla fosse corporalmente immortale, i Massinelli, il Pànera, il Pastizza, e gli altri personaggi da lui generati, troverebbero il lor posto accanto ai Don Abbondj e alle Perpetue.




Si è notata in genere la felicità e comicità delle frasi nuove e inattese passate ormai in proverbio, che han fatto il Ferravilla popolare. Certo : quando la signora dice alcuna parola in francese al sur Pedrin, quel comme ? di lui, che non ha capito un’acca, è una graziosa trovata ; quando la prima donna, ormai sulla quarantina, dice al Maester Pastizza di aver ventun anno, quel io ne ho dodici di lui è una graziosa trovata ; quando, detto al servitore di togliersi di testa il cappello, el sur Pedrin si sente rispondere : « ma anche lei ha il cappello in capo, » quella sua replica : « ma io sono il padrone, ignorante vigliacco » è una graziosa trovata ;…. e di tal passo potrei andare innanzi sa Dio quanto, chè tutte le commedie del repertorio di Ferravilla, e quelle scritte da lui specialmente, son tempestate del più fine umorismo. Ma quelle trovate, che son trovate di autore intelligente, di osservatore profondo, avrebber lo stesso resultato, dette da altri ? Le stupidaggini del Massinelli nella Class di asen, e il cretinesco soggetto della tragedia di Otello, detto dal Càmola nella Bagolamento-fotoscultura, otterrebber con altri gli scoppi d’ilarità prodotti dalla voce, dalla pronunzia, dallo sguardo, dal gesto di Ferravilla ? Il comme del sur Pedrin è ben comico : ma la causa dell’irrefrenato proromper del pubblico in matte risate noi dobbiam ricercare in qualcosa più che nella parola. Quale poema il lungo silenzio che precede quel comme ! L’occhio stupido, incerto ; l’incerto piegar della testa coll’orecchio e la mente tesi verso la donna che ha parlato, per afferrar qualcosa di quello che ha detto, poi con timidità, con circospezione, con la paura quasi di essere inteso, il proferir di quel comme scivolato, sdrucciolato…. ecco ciò che costituisce tal grandezza e finezza di arte da collocar lui fra i primissimi nostri ! L’io ne ho dodici del Maester Pastizza da quali eloquenti pause non è preceduto ? Nulla di quel che l’artista vuol significare al pubblico nel suo muto linguaggio si perde ! Quando l’orchestra suona la sinfonia del maestro, quanta espressione in quell’impercettibile sorriso di compiacimento, di modestia e di orgoglio insieme, ch’egli fa ogni tanto al futuro nipote che gli è quasi alle spalle !


E il Massinelli ! L’incomparabile, il vecchio e pur sempre giovine Massinelli ! Il modo di salire al posto, di scenderne, di ascoltar le parole sommesse dei compagni sulla scoperta fatta dal maestro delle buccie di salame ; e quel comico venir alle mani, e le risposte all’esame, e il dialogo improvviso, e tutto, tutto di quella ineffabile scipitaggine non è nel tutto di Edoardo Ferravilla perfezione di arte ? E a vederlo e sentirlo nel Maester Pastizza e nella scena musicale a soggetto, chi crederebbe ch’egli sappia o poco o niente di musica ? Il toccar di quei tasti, lo sdrucciolar di quelle scale ! E quei recitativi strascicati, nasali, quegli accordi solenni, quella canzoncina, tutto, tutto non è così ben veduto e bene sentito e bene reso, da far di Ferravilla un artista senza confronti ?
E dove mettiam noi l’arte del cammuffarsi o truccarsi, che è somma in lui ? Guardatelo in tutte queste illustrazioni che riproduco dalla citata opera dell’Arrighi per gentil concessione del suo editore Carlo Aliprandi !! Chi potrebbe nel sur Càmola, con quelle guancione di ovatta, trovar segni di raffronto colla faccia impresciuttita del maester Pastizza ? E nel Pedrin o Massinelli coll’incomparabile vecchio della scena a soggetto ? A tal proposito, ben fece la Perseveranza in un articolo su l’Annada in umid. Rivista del 1872, a metter fuori il nome di Garrick ; poichè il nostro attore italiano coll’amico del Spos sequestraa, che in due minuti si trasforma su la scena da vecchio, può infatti competere col celebre attore inglese. Naturalmente le notizie sul Ferravilla non possono esser sì diffuse come quelle di altri grandi che apparvero e appariranno in quest’opera. Sommo all’inizio della sua carriera, si è serbato sommo sino a oggi, percorrendo l’Italia, attore, autore e capocomico. Ebbe alcun tempo società con lo Sbodio e il Giraud, poi fu scritturato assieme a tutta▶ la Compagnia dal Capitani. Oggi torna solo. Di lui, degli aneddoti che van per le bocche di tutti su di lui, molto scrisser tra gli altri e il citato Arrighi e Jarro e il Fontana. Paolo Mantegazza gli dedicò l’Almanacco igienico popolare del 1895 con parole di caldissima lode, dalle quali per gentil concessione di lui riferisco le seguenti :


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…… ma voi non sapevate, che creando questi personaggi, così idealmente veri, così comici, aprivate a noi tutti una miniera inesauribile di gioconde allegrezze, di sana ilarità.
…… E quando vi abbiamo per ◀tutta una sera ascoltato e applaudito, all’uscire dal teatro, la nostra bocca è saporosa, il fango è stato lavato in modo misterioso e miracoloso. Ci sentiamo sani di dentro e di fuori e contenti di essere nati e di essere ancora vivi.
Sani e allegri, perchè senza odio abbiamo riso delle miserie comiche dell’umana famiglia, perchè voi ci avete fatto ridere largamente, pienamente e deliziosamente.
E ci avete divertito senza fare solletico alle nascoste prurigini della lascivia, senza averci tetanizzati cogli ordegni della moderna drammatica, senza aver adulato nessuna delle nostre basse passioni.
Ci avete divertito coll’arte sana, che non ha artifizii di belletti, nè sapori d’assenzio ; ma che sgorga limpida e pura dalla roccia granitica della natura umana ; sempre bella, quando è nuda ; sempre bella anche nel suo lato ridicolo e comico.
E si torna a casa più sani, più felici e più buoni di prima, perchè l’allegria fa buon sangue e il buon sangue fa buone azioni.
Voi senza saperlo dal vostro palcoscenico avete guarito molte malattie di fegato, molte dispepsie, moltissime ipocondrie. Voi siete il migliore contravveleno della nevrastenia dominante, il migliore rimedio di tante e tante malattie fisiche e morali, che affliggono il bipede implume del secolo xix.
E con tutto ciò non siete forse un grande igienista ?
Possiate esercitare questa arte benefica per cent’anni ancora e possa la sana gioia, che voi seminate con tanta larghezza, esservi restituita in tanta salute e in tanta gloria.

E questa chiusa, questo giudizio dell’ illustre igienista ci richiama alla memoria un altro grande attore della commedia dell’arte del secolo xviii, Carlo Bertinazzi, celebre arlecchino, più noto sotto il nome di Carlin. Anch’egli fu indicato da un famoso medico francese come farmaco a un povero diavolo che aveva tutto l’aspetto di un ipocondriaco. Se non che, il povero diavolo, sconosciuto al medico, era il Bertinazzi in persona. Non sarebbe anche qui il caso, a vedere il Ferravilla fuor della scena, con quell’aria d’uomo triste o almen d’uomo annojato, di consigliargli di andare un po’a sentire il Ferravilla ?