(1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 105-106
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(1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 105-106

Martinelli Drusiano. Fratello del precedente, Arlecchino anch' egli, era nel 1572 capocomico in Inghilterra, secondo il Collier, citato da Adolfo Bartoli (op. cit., CXXIX), e in Ispagna l’ '88 col fratello Tristano, come abbiam da una sua lettera alla madre del 18 agosto, di cui lo stesso Bartoli (ivi, CXXX) riferisce le parole : staremo tutto quest’anno qui in Spagna. Abbiam veduto nell’ articolo precedente, com’ egli nel '600 fosse, se non il direttore della Compagnia che andò a Parigi, per lo meno il conduttore o amministratore…. Nessun documento ci parla del valor suo artistico ; e forse egli era più bravo armeggione che buono attore, se, più tosto che Drusiano Martinelli, spesse volte veniva altrui designato fratello di Arlecchino, o marito di Madama Angelica, com’ egli medesimo si sottoscrive in una lettera al Duca di Mantova, del 17 settembre 1580, da Firenze. (V. Alberghini).

Ma se notizie non ci son pervenute di lui come attore, a bastanza ne abbiamo come uomo e come marito, in due lettere sue da Milano del 27 ottobre '91 e da Caravaggio del 9 novembre al capitano Alessandro Catrani, che il D'Ancona riferisce per intero (op. cit., II, 504), e in cui son descritti i garbugli e le minaccie di morte per conto di una Malgarita comica, che si potrebbe credere, come già dissi, la Luciani, moglie del Capitano Rinoceronte (V. Garavini), e che il D'Ancona propenderebbe invece a ritener quella Margherita Pavoli (V.), che il Duca raccomandava il '92 ai Comici Uniti. Da essa lettera, naturalmente, risulta evidente la onestà così di Angelica, proclamata dal compagno d’arte Leandro, come di lui homo dabene et che sempre fece onore alla sua patria, e la disonestà di Margherita, amante di Gasparo Imperiale, che, avuto il mandato di sfregiar nel volto l’Angelica, mentr'era in palco a recitare, lo aveva passato a un tal Piazza, che poi confessò tutto, non volendosi immischiare in sì losca faccenda. Da altre lettere pubblicate dallo stesso D'Ancona, lo sappiamo a Firenze il I° giugno del '92, e a Mantova il 20 luglio, dove pare armeggiasse presso il Duca, suo nuovo padrone, per certi suoi segreti. Poi troviamo ancora (ivi, 523) una lettera dell’ 11 marzo '98, in cui designa due individui imbauttati, che pare lo posteggiassero innanzi alla porta di casa. Dopo di averne avvertito infruttuosamente il luogotenente del bargello, e lo Schermidore Giulio Tornelli, ne scriveva per ajuto al Consigliere Chesipio. I due imbauttati, a detta del Martinelli, erano certo Ottavio Caura, e un guantaro, soldati entrambi di corte. Ma la lettera più curiosa, e che ci mette al nudo Drusiano e Angelica nella lor intimità conjugale, è quella che il Capitano Catrani scriveva di Mantova il 29 aprile '98 al Consigliere Cheppio, riferita anch' essa per intero dal D'Ancona (ivi, 523), nella quale spicca in mezzo alle accuse di uomo falso, calunniatore, senza onore, infame, questo brano edificante :

Mentre Drusiano è stato ultimamente in questa città che son da cinque mesi in circa, à visso sempre de mio con il vivere ch' io mandavo a sua moglie, et egli atendeva a godere e star alegramente sapendo bene de dove veniva la robba, et comportava che sua moglie stesse da me et venisse alla mia abitatione, et non atendeva ad altro che a dormire, magnare, et lasciava correre il mondo : come di questo ne farò far fede avanti S. A. da più testimonie degni di fede. Ma perchè circa otto giorni sono io li ho fatto intendere per la massaia che si trovi da vivere, che non voglio ch' egli viva de mio, mena rovina et parla di ricorso al Alt.ª Sua, et di più per haverli fatto sapere che quella casa è mia, poi che io ne pago il fitto (come mostrarò) et che se ne proveda d’una, tratta alla peggio sua moglie, con farli quella mala compagnia che S. A. potrà sapere ; et di più per haver saputo che 'l mobile che è nella suddetta casa, è maggior parte mio et che io lo vorrò quando mi tornerà comodo. Questi son li capi che lo han fatto mettere in fuga a parlar di ricorso a S. A. et non zelo di honore come à detto, poichè mentre io ò speso per mantenerlo, esso à consentito a qualunque cosa che io ho, come infame che egli è.

Da lungo tempo durava la tresca fra il Catrani e l’Angelica, se v'era di mezzo un figliuolo di sei anni, tenuto sempre dal Catrani che l’amava, e or per vendetta disputatogli al Duca dal Martinelli, il quale non cessò mai di vituperar la moglie, scacciandola di casa, e obbligando così il Catrani stesso a provvederla di un letto e lasciarli tanto da alimentare il figliuolo, se non volea che andasse mendicando, ovvero aprisse bottega pubblica. E di queste accuse e dello sparlar contro il Duca stesso, e dell’ avere il fratello Arlecchino strapazzato in Firenze e in Parma il servo di S. A. chiama il Catrani a testimonio Carletto che sosteneva in commedia le parti di Franceschina, Pedrolino e Cardone. E anche Tristano era siffattamente intricato nelle faccende del fratello, che da lui stesso sappiamo in una lettera del 2 maggio '98 al Duca, come entrambi fosser perseguitati e minacciati di morte ; onde chiedeva protezione al Duca, non volendo ricercar nè vendetta, nè giustizia, ma desiderando solo di viver da cristiani e giustamente.