Canova Giovanni Angelo. Nacque a Torino il 1781. Fu prima negoziante, poi datosi al teatro, divenne artista di grido nelle parti di padre e tiranno. Il 1805 era nella compagnia Consoli e Zuccato, quando il Vestri vi entrò come generico, e quasi gli fu maestro. Fu co’ primari capocomici, e condusse poi compagnia egli stesso, della quale fu principalissimo ornamento l’Angela Bruni, sua moglie (V.). Rappresentando a Lucca il 6 dicembre 1836 in Compagnia Pelzet il Galeotto Manfredi per sua serata, invitò il pubblico con queste parole :
La fiera gelosia che agita la sospettosa Matilde, fomentata dall’ arte scaltrita dell’ambizioso Zambrino, la debolezza del generoso e troppo credulo Manfredi ; infine l’ingenuità della giovine ed onesta Elisa, formano l’inviluppo di questa tragedia, la di cui catastrofe, terribile non meno che esemplare degna la rende di tenere un posto distinto tra le classiche italiane.
Se Alfieri, Niccolini, Ventignano e Pellico hanno chiamato in folla al Teatro l’intelligente e colto Pubblico Lucchese, prova non dubbia della squisitezza di gusto, che lo distingue ed onora, possibile che il Monti sia per esser negletto e non curato ? Ah non sarà mai ! Non, per rispetto al chiarissimo autore, non, per compiere le speranze dell’attore che l’offre ; infine, non, per onore di questo…. sì lo ripeto, di questo si colto ed iutelligente Pubblico Lucchese.
Unitosi ai Carbonari, fu nel 1821 arrestato e condannato al carcere duro a vita in Lubiana. Liberato il 1837 per grazia sovrana, tornò per alcun tempo alle scene, che abbandonò poi definitivamente il 1844 per diventare maestro di declamazione nella Società filodrammatica di Torino. Quivi avea pubblicato nel 1839 alcune lettere sopra l’arte d’imitazione dirette alla prima attrice italiana Anna Fiorilli-Pelandi, alle quali va innanzi una bella lettera di Iacopo Feretti al discreto Lettore sul merito dell’opera. In esse il Canova si manifesta comico di larghe vedute, che non vuol l’arte impastoiata nei vincoli di canoni assurdi.
Ad afforzar le sue idee, cita spesso e volentieri le parole della Clairon che non conosceva nè regole, nè convenzioni che potessero inspirare tutte quelle diverse sensazioni e gradazioni di spirito e di sensibilità, che sono necessarie per formare un grand’artista comico. I soggetti trattati con molto acume e senza pur l’ombra della pesantezza sono : la nobiltà dell’arte, l’educazione comica, la scelta ed unità di caratteri, lo studio de’ caratteri, la natura e il colorito, la pronunziazione, la mimica, la direzione, il contegno e la controscena, il vestiario in costume e l’acconciatura, le doti naturali, la moralità dell’arte (Teatro greco, romano, medievale, e moderno) e in ultimo, la moralità dell’attore accoppiata a quella del teatro.
Vengon dopo : una lettera di Angelo Maria Ricci e una di Vincenzo Folcari, all’incitamento dei quali è dovuta la pubblicazione dell’interessante operetta.
Angelo Canova morì nel ’54 circa, compianto da quanti lo conobbero e come artista e come uomo.