Imer Giuseppe, genovese, fu celebre innamorato e direttore della Compagnia di S. E. Grimani al S. Samuele di Venezia. Carlo Goldoni, che principiò a scrivere per essa (a Verona nell’ estate del 1734 lesse il Belisario, che fu poi rappresentato a Venezia il 24 novembre), ci dice di lui, che era « pulitissimo ed onestissimo (Mem., I, XXXIV), » e che « senz’aver avuta un’educazion regolata, aveva spirito e cognizioni. Amava la Commedia con passione, era di natura eloquente, ed avrebbe molto ben sostenute le parti degli amorosi all’improvviso secondo▶ l’uso d’Italia, se la sua figura e grandezza avessero corrisposto ai suoi buoni talenti. Corto, grosso, senza collo, con occhi piccoli, e con un nasino schiacciato, era ridicolo nelle parti serie, e i caratteri caricati non erano alla moda. Aveva buona voce, e quindi immaginò d’introdurre nella Commedia gl’ Intermezzi in musica, che per molto tempo furono uniti alle opere serie e che soppressero per sostituire i balli in lor vece (Ivi, XXXV). » — « Non sapea di musica ; ma cantava passabilmente, ed apprendeva a orecchio la parte, l’intonazione ed il tempo, e suppliva al difetto della scienza e della voce coll’abilità personale, colle caricature degli abiti, e colla cognizion dei caratteri, che sapeva ben sostenere (Pref. Pasqu., XIII). » Degl’ Intermezzi ne’quali egli cantò, il Bartoli cita Il Trojano schernito in Cartagine nascente e moribonda, eseguito il ’43 e scritto dall’ Imer stesso, che altri più ne compose. Com’egli e per qual motivo entrasse in arte non sappiamo : Goldoni ci dice solamente che « non contento della sua sorte in Genova, si diede all’arte del Comico, nella quale potea far spiccare il suo talento e soddisfare il suo genio, portato ad una vita più comoda e più brillante (Ivi, XII). »
◀Secondo il Loehner, « la casa di Giuseppe Imer a S. Samuele, ove il poeta fu ospitato per più d’un anno, pare la stessa, in cui troviamo il capocomico nel catastico del 1740, a pochi passi dal teatro, e precisamente nella così detta Corte del Duca, appresso il palazzo Malipiero…. (Gold., Mem., I). » La qual cosa concorderebbe con quanto ci fa sapere il Casanova sulla minor figliuola dell’Imer, Teresa, « figlia d’un comico che abitava in una casa presso il palazzo del senator Malipiero, e le cui finestre davan sulla sua camera da letto. Codesta figlia, diciassettenne allora, vezzosa, capricciosa, galante, che studiava la musica per esercitarla poi pubblicamente in teatro, stando tutto il giorno alla finestra, aveva ubbriacato il povero vecchio a cui si mostrava crudele. Nullameno Teresa veniva ogni giorno a vederlo, ma sempre accompagnata dalla madre, vecchia attrice che s’era ritirata dal teatro, e che aveva santamente divisato di legare gl’interessi del cielo coll’ opere mondane. Ella conduceva a messa la figlia tutti i giorni, e volea si confessasse tutte le settimane ; il che non le impediva d’accompagnarla ogni dopo pranzo dal vecchio, che diventava bestiale ogni qualvolta ella negavagli un bacio, sotto pretesto che avendo fatte le sue devozioni al mattino non sapeva risolversi a offender quel Dio ch’ella avea forse ancora in sè stessa (Mem., I, IV). »
Codesta Teresa, divenuta poi l’amante di Casanova, poi, a Londra, la famosa Mistress Cornelys, colla scorrettezza della vita privata, e l’altra figlia, Marianna, cantante anch’essa, colla meschinità del suo talento, ma sopratutto, io credo, la moglie Paolina, ch’era nel 1736 terza donna della compagnia, furon la causa della rovina d’Imer, il quale, dice il Bartoli, « avanzato poi in età fu mantenuto decentemente da’ suoi padroni, i nobili Grimani, onde, dopo d’aver vissuto alienato dalla professione tutto il corso della sua vecchiezza, passò all’eterna beatitudine nel 1758 (op. cit., I, 278). »