(1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [D]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 788-789
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(1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [D]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 788-789

Dondini Achille. Altro figlio di Carlo e Teodora, che seguì l’arte dei parenti, nacque nel 1818 a Ragusa Sicula, e fu attore di pregio per le parti di brillante e di caratterista. Dopo di avere sostenuto in Compagnia Mascherpa il ruolo di generico e secondo brillante, passò brillante assoluto in quella che Cesare aveva formato il ’53 ; e poco mi resta da dire sul miglior tempo della sua vita artistica, essendo essa legata intimamente a quella del fratello. Quando questi lasciò il capocomicato, Achille staccatosi da lui, abbandonò le parti brillanti per darsi a quelle caratteristiche e promiscue, nelle quali riuscì artista di buon nome. Fu per vario tempo capocomico, e tale lo vediamo citato nella memoria tolentinate con moltissima lode. Il 19 febbraio del ’60 sposò Maria Masi a Roma ; nata a Rimini il ’45 da Filippo Masi, già Capitano del papa, poi soldato della nostra Indipendenza, poi comico, e da Casilde Bocci, pur romagnola. Essa recitò con molto plauso le parti di prima donna giovine ; ma una malattia di cuore la condusse giovanissima (febbraio del ’72) al sepolcro. Da tal matrimonio nacque Cesarino. Morta la Masi, Achille Dondini si unì con una Rosina Ingargiola di Castelvetrano in Sicilia, artista di qualche pregio, dalla quale ebbe quattro figli : l’Amelia, moglie di Ferruccio Benini, l’Ida, moglie di Camillo De Riso, l’Ada, ora in Collegio nel Friuli, e un secondo Cesarino che comincia a recitar con la madre e la sorella Ida a Corfù.

Povero Achille Dondini ! A lui avevano affibbiato il nomignolo di brindellone, educata modificazione di un altro più usitato e volgare, che ha significato di minchioncione. Sì, se per minchioncione s’avea da intender colui che avea la casa e la borsa aperte a tutti ; il cuore, l’animo, gli affetti intimi affidati a tutti ;… ch’era ottimista per eccellenza, che finiva col prestar gratis a’ comici che si staccavan da lui le scene e le tende a lui indispensabili, che aveva tavola imbandita, che le sventure altrui faceva sue…. Sì ! proprio minchioncione e peggio ! Fu noto in tutta la Società artistica per le sue distrazioni, natural conseguenza di quella sua mitezza d’indole che lo faceva fiacco, debole, infingardo. Come artista, aveva molto ritratto della maravigliosa verità del fratello. In alcune parti, come del Maestro ne’ Rantzau, ebbe assai pochi che l’uguagliassero, niuno che lo superasse. La sua esagerata modestia, frutto anch’essa della sua incomparabile bontà, gli nocque non poco nella vita dell’arte. Una volta (1875), andatigli male gli affari, mancando di fondi, temendo famiglia e comici rovinati per cagion sua, ne impazzì : e fu per tre o quattro mesi ricoverato al Manicomio di S. Isaia in Bologna. Vissuto alcun tempo in una certa agiatezza, morì poverissimo a Pordenone il 1° aprile dell’ ’86, fulminato su la scena, mentre s’accingeva a mangiare nel 1° atto del Tiranno di S. Giusto di Pilotto.