(1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 245-250
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(1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 245-250

Pelzet Maddalena. Nacque a Firenze da uno scorticatore di agnelli, Gaetano Signorini, e da Porzia Piccardi, il 21 febbraio del 1801. A dodici anni entrò nell’Accademia di Belle Arti, sotto gl’insegnamenti del rinomato attore Morrocchesi, e a quindici a pena si recò a Palermo prima attrice giovine della Compagnia Zannoni e Pinotti, ove sposò il suo condiscepolo e concittadino Ferdinando Pelzet, giovane di eletti studi e di forte intelligenza, salito poi a bella rinomanza più tosto come istruttore drammatico, che come attore. Era nato il 1791, morì il 1881.

Dopo essere stata alcun tempo prima attrice a Roma con Vestri e Belli-Blanes, tornò, il’ 18, a Firenze, ove diventò primo ornamento della nuova Compagnia Nazionale Toscana. La vediamo il '22-'23 con Assunta Perotti e Luigi Fini ; poi, per un triennio, nella ducale di Parma, capocomico il Mascherpa. Fu con Raftopulo il’ 27, e con Rizzo il '28, per tornar poi col Mascherpa sino a tutto il '31.

Formò società il triennio seguente con Luigi Domeniconi, poi andò a riposare un anno a Firenze, per non abbandonar lo sposo, colpito da fiera malattia. Tornò un nuovo triennio col Da Rizzo ; e si scritturò il '40-'41-'42 a' Fiorentini di Napoli nella Compagnia Alberti, Visetti e Prepiani ; ma non vi restò che il primo anno, per malaugurato e preparato insuccesso. Fu infine, per due anni, nella seconda del Domeniconi, condotta da Gaetano Coltellini, e diretta da Antonio Colomberti, in qualità di Prima attrice tragica, e Madre nobile, dalla quale passò a Firenze, ove stette, fuor dell’arte, sino alla morte, che avvenne per idropisia l’8 novembre del 1854.

Di lei dissero Cesare Scartabelli nella Polimazia, e Francesco Regli nel suo dizionario. Molti eletti ingegni dettarono poesie ed epigrafi di alta ammirazione, di cui metto un piccol saggio alla fine. Ma quel che fu la Pelzet si vede più chiaramente dalle lettere sue al Niccolini e del Niccolini a lei. Queste pubblicate, parte da Atto Vannucci nel secondo volume dei Ricordi di G. B. Niccolini e parte da Giulio Piccini (Jarro) in un opuscoletto di soli quarantacinque esemplari, nell’occasione delle Nozze Ridolfi-Borgnini : quelle da Filippo Orlando nella prima serie de' Carteggi italiani inediti o rari.

In un momento di stizza, il Niccolini (la Pelzet, di passaggio a Firenze, vi s’era fermata da tutta una mattina fin verso le tre pomeridiane, facendogli credere invece, che avrebbe proseguito il viaggio) le scrive :

Voi conoscete troppo la mia onestà e la mia sincera ed altissima stima pei vostri rari talenti nell’arte per temere che in me venga meno l’ammirazione che riscotete da tutta l’Italia. Io dirò sempre che siete una moglie virtuosa e una grande attrice.

E chiude così la stessa lettera :

Non temete ch' io venga ad annoiarvi quando passerete per Firenze : ma per la rara abilità della signora Maddalena Pelzet attrice sarà sempre pieno di ammirazione il suo dev.mo servo G. B. Niccolini.

E in altre ancora :

….. Io godo della vostra riputazione più che della mia : avete il suffragio dell’Italia, e voi non avete bisogno di me per avere un gran nome nell’arte vostra, pure non ho desiderato essere un buon tragico quanto adesso che conosco andare in voi le doti dell’animo del pari con quelle dell’ingegno.

….. in voi è tanta l’abilità e l’eccellenza nell’arte, che non avete bisogno d’esser protetta :

….. state dunque certa che io godo della vostra gloria come se fosse cosa mia, e mi piace che abbiate nell’arte quel primo seggio che tenete nel mio core, e nei miei pensieri. Quanto a me che, come sapete, vi amo d’un purissimo affetto, io sento che, per giungere dove io vorrei, mi mancano le forze : e sinceramente vi dico che siete più innanzi nella vostra arte di quello ch'io sia e possa esserlo nella mia.

….. Voi avete per voi il suffragio d’Italia : io che sono l’ultimo dei suoi scrittori, riconosco intieramente da voi la fortuna delle mie tragedie, ed è impossibile far meglio la parte di Teresa.

Un po' di tara dobbiamo fare alle lodi del Niccolini, il quale, con la debolezza di quasi tutti gli autori di teatro, ha lodi per gli artisti che han fatto piacere l’opera sua. A pochi anni di distanza, dopo di avere scritto a essa Pelzet : « non vi faccia specie se (l’Internari) avrà qui quell’applauso che giustamente le nega Bologna. Non è fiorentina e ne diranno bene per far male a voi…. », scriveva all’Internari : « siete senza contrasto la prima attrice tragica d’Italia ; » e per lo contrario dichiara la Santoni, che non ebbe un applauso nel Foscarini, incapace di recitar tragedie e commedie, e le scaglia contro la più volgare delle offese. Ma giudizi abbiamo di attori, i quali, nelle condizioni in cui furon dettati, paiono a me assai meno sospetti. Il Colomberti, per un esempio, suo direttore, di cui la Pelzet in una lettera al Niccolini del 27 luglio '43 da Bologna, dice ogni male possibile, perchè, essendo inabile a recitar la tragedia, la vuol bandita dal repertorio, e lascia lei, scritturata prima attrice tragica, inoperosa, lasciò scritto ch'ella « fu una delle migliori attrici della sua epoca, abilissima in ogni genere di rappresentazioni tragiche, drammatiche e comiche. »

S'è detto, più a dietro, che la Pelzet non restò a' Fiorentini di Napoli che uno de'tre anni, pei quali fu scritturata. Adamo Alberti così ci racconta ne'suoi Quarant’anni di Storia del Teatro de' Fiorentini di Napoli, l’esordire di lei :

L'ultima a presentarsi fu la signora Pelzet. Ella esordi il giorno 14 maggio (1840) col dramma tradotto dal francese intitolato Sedici anni or sono. Il dramma era stato da poco rappresentato dalla signora Tessari con esito felicissimo. La signora Pelzet era venuta a Napoli con molte lettere di raccomandazione dirette a persone stimabili ed influenti. La sera del debutto erano tutti in teatro, per cui la produzione fu molto applaudita, ma la signora Pelzet non persuase la maggioranza degli appaltati. Si trovò prima di tutto che era vecchia (non ancor quarant’anni ?), poi che era manierata, ed in ultimo che faceva pompa di una pronunzia eccessivamente fiorentina, lochè diveniva stucchevole e nojoso. Infine non fu nè un successo, nè un fiasco, si sostenne ma nulla di più.

E più innanzi :

La Pelzet andava ogni giorno decadendo dal favore ricevuto nel suo debutto. L'Impresa per sostenerla le fece rappresentare alcune tragedie da lei scelte, come la Rosmunda, la Medea ; ma il confronto colla signora Tessari era troppo fresco e la signora Pelzet cadde senza potersi alzare mai più ; tanto che ella stessa domandò di esser sciolta per l’anno venturo. Alla quale proposta l’Impresa aderì vedendo che questa attrice non poteva più esser di alcun utile per il teatro de' Fiorentini.

Ma un attore di quella Compagnia, Luigi Aliprandi, così annotò le parole dell’Alberti :

In proposito della signora Maddalena Pelzet, si potrebbe aggiungere qualche riflessione. Che non valesse la Carolina Tessari è innegabile ; ma come fu trattata dall’ Impresa ? — La si fece esordire dopo tutti gli altri artisti nuovi, come una generica, per lasciare che il pubblico accettasse qual vera prima attrice la Pieri-Alberti ; la si tenne inoperosa per molte sere ; le si fecero rappresentare varie parti nuove per lei e vecchie per il pubblico, non la si circondava dei migliori attori ; si trascuravano alcuni accessorj della scena ; le si faceva calare il sipario prima del tempo ; gli amici dell’ Impresa non l’applaudivano per non perdere l’ingresso di favore…. Tutto ciò poteva forse contribuire a farla piacere ? — La Pelzet comprendeva, e molto nobilmente sopportava !

Povera donna ! Nobilmente sopportava ; e s’andava poi sfogando con gli amici, fuor della scena, scrivendo lettere di fuoco, dalle quali però mi pare salti sempre fuori la correttezza del suo costume, e la bontà della sua indole. Nella medesima del '43, discorrendo del capocomico Domeniconi, dice :

Il prossimo carnevale torniamo in questa città, e voi dovreste parlare a Domeniconi, pregandolo, a nome mio, che faccia mettere in iscena questa tragedia (Antonio Foscarini) per la prima attrice tragica. Non entrate in altri gineprai con costui, il quale è troppo amico di questa genia, che egli si è affezionata a forza d’ipocrisia e da cui è contento di farsi mangiare il suo. Io ho fatto il contrario, e mio marito non ha potuto secondare i vizi dei comici e le loro abitudini, ed ecco il motivo per cui non abbiamo amici in quest’arte. Aggiungete i miei successi e l’invidia che hanno prodotto, e giudicate poi come posso vivere allegra con si cara compagnia. Non vedo l’ora di finirla, e voglio venire a mangiare pane e fagioli, ma lontana dalla scena e dai suoi indegni cultori. Vi giuro avanti a Iddio, che non ha rimproveri la mia coscienza ; e se ho potuto far del bene anche ai miei nemici l’ho fatto. Sono stata docile e conveniente, non sono stata attaccata al contratto ed ho fatto le più gran concessioni. Non ha servito nulla, e mi sono convinta che l’invidia non si placa.

E ha ragione veramente ! Ma ancora due anni di pazienza, e avrà lasciato per sempre la galera comica, com’ella dice in altra sua da Roma del 20 luglio '44 allo stesso Niccolini, al quale si raccomanda perchè sia dato un impiego a suo figlio, alla cui sussistenza non può pensare, avendo appena il pane per sè. E conchiude :

Ecco i frutti di ventisette anni di fatiche, di studi, di tribolazioni ! Ecco la ricompensa che hanno le attrici italiane ! Un poco di pane ! E sono tra le fortunate, perchè, come l’Andolfati e la Perotti, non morrò allo spedale.

La Rachel è andata a Marsilia per dodici rappresentazioni, ed ha avuto duemila franchi per sera. Farà tre cose : la Fedra, gli Orazj e la Stuarda che replicherà più volte ! Qua bisogna far di tutto, da Marta e da Maddalena, e questo nostro pubblico impastato di fango non è contento se non ci vede vomitare i polmoni !

Da un omaggio agli attori della Compagnia Pelzet e Domeniconi, per le recite dell’estate 1833 a Pistoja, tolgo la seguente epigrafe :

a
più splendida onoranza
di
maddalena pelzet
tragica maravigliosa comica inarrivabile
singolare commovitrice d’affetti
per portamento e nobile gesto commendevole ;
in matilde bentivoglio
gelosa amante ;
nella gismonda
di contrarie passioni pittrice :
nell’ester d’engaddi
fedele e magnanima
con bello esempio insegnò alle spose
anteporre l’onore alla vita
un ammiratore di tanto merito
pubbliche gratulazioni
e
festivi applausi
affettuosissimo
porge

DI GIUSEPPE MATTEI

Quand’io pendo dal tuo labbro gentile,
e il suon de'detti tuoi mi scende al core,
sia che del vizio alla licenza vile
ti faccian scudo la virtù, l’onore,
sia che di fida sposa e figlia umile,
o di tenera madre immenso amore
t’infiammi il petto, o che cangiando stile
arda tu d’ira e di crudel furore ;
in estasi dolcissima rapito
oltre l’usato il mio pensier veloce
al Ciel s’estolle, e dopo averti udito
muto io resto, nè so dir se potria
bearmi il cor, più della tua, la voce
di Melpomene stessa e di Talia.

LA ROSA DELL'AMICIZIA

di Antonio Guadagnoli

A lei, che Italia
orna ed onora,
ch'è la delizia,
l’amor di Flora,
Cara a Melpomene,
cara a Talia,
l’amistà candida
oggi m’invia.
La vidi nascere,
e a la fanciulla
d’odori eterei
sparsi la culla ;
e da'miei petali
volli poi tocca
la guancia tenera,
e quella bocca,
che a tante grazie
poscia s’apria,
sacra a Melpomene,
sacra a Talia.
La vidi crescere,
e a lei gradita
di liete imagini
spargo la vita ;
per lei si veggano
figlie d’amore
mille risorgere
ridenti aurore,
ed io precedere
possa quel di,
nunzio di gioje
sempre cosi.

DI LUIGI FORTI, COMICO

Di fresche rose e gigli
è il tuo bel viso ornato,
t’ha la madre d’amore
il crine inanellato ;
son d’alabastro i denti,
candido il sen qual neve ;
son di rubin le labbra,
il piede in danza lieve.
Beltà sì peregrina non invidia
le più bell’opre di Canova e Fidia.